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La responsabilità ecclesiastica nel caso degli abusi sessuali commessi da chierici.

Nel documento Gli abusi sessuali del clero cattolico (pagine 35-40)

La risposta offerta dal diritto dello Stato e dal diritto della Chiesa, esprime un modello retrospettivo e punitivo di responsabilità, che guarda al passato e focalizza l’attenzione sul responsabile66. Infatti, nella sua accezione retrospettiva, la responsabilità corrisponde ad un giudizio che accerta la violazione delle norme e dispone la sanzione; mentre, nella sua accezione prospettica, la responsabilità può esser definita come quell’insieme di doveri derivanti dall’esercizio di un ruolo sociale, che nel caso del ministro di culto presenta un’ulteriore complessità, derivante dal sistema normativo dell’organizzazione ecclesiastica67.

Entrambe le forme di responsabilità si offrono come modelli che derivano dalla struttura complessa della Chiesa, basata su

65 Secondo il giudice « l'imputato coscientemente approfittava della funzione esercitata per attuare i suoi scopi erotici ai danni dei giovani, che vedano in lui una sicura ed affidabile guida spirituale», p. 64 della sentenza.

66M.A. Foddai, Prevenire, punire, riparare: la responsabilità personale tra diritto

dello Stato e diritto della Chiesa in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, 16

novembre 2015. 67 Ibidem

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un’organizzazione piramidale, legata alla gerarchia ecclesiastica, e reticolare, individuata nella comunione dei fedeli68.

La Costituzione Lumen gentium69 ha ridefinito l’assetto organizzativo della Chiesa e come afferma il professore Feliciani «La Chiesa non si presenta come una comunità omogenea e indifferenziata in cui tutti i membri hanno gli stessi diritti e doveri, ma come una società costituita di ordini gerarchici»70.

Alla luce dei recenti studi, condotti da molteplici studiosi e professori di diritto canonico 71 , si potrebbe configurare una responsabilità della gerarchia ecclesiastica nel caso degli abusi sessuali commessi dai chierici, in quanto ai sentimenti di vicinanza ed umana solidarietà manifestati per le vittime degli abusi, si accompagna un forte risalto mediatico, di stampo «scandalistico»72, dato anche dall’eccessiva indulgenza o tolleranza dei vertici della gerarchia ecclesiastica, i quali sono stati accusati di aver operato veri e propri tentativi di insabbiamento o copertura 73.

Nel diritto canonico, la separazione tra legge e coscienza è meno vistosa, in quanto la relazione intrasoggettiva va vista alla luce della presenza di Dio, infatti, la responsabilità morale supera quella giuridica e non è accettabile scusare giuridicamente comportamenti moralmente doverosi, argomentando l’insussistenza di un obbligo giuridico, per cui il superiore non può dichiarare la propria

68 Ibidem

69 La Lumen Gentium è la seconda delle quattro costituzioni dogmatiche del concilio ecumenico Vaticano II. Fu emessa il 21 novembre 1964 e promugata da Papa Paolo VI il 21 novemre delo stesso anno.

70 G. Feliciani, Le basi del diritto canonico. Dopo il codice del 1983, Bologna, il Mulino, 2002, pag.75.

71 P. Consorti, La responsabilità della gerarchia ecclesiastica nel caso degli abusi

sessuali commessi dai chierici, fra diritto canonico e diritti statuali in Stato,

Chiese e pluralismo confessionale, 13 maggio 2013.

72A. Licastro, Danno e responsabilità da esercizio del ministero pastorale in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, maggio 2010.

73Lo stesso papa Benedetto XVI, nella Lettera pastorale ai Cattolici d’Irlanda del 19 marzo 2010, ha riconosciuto una risposta inadeguata, al problema dei preti pedofili, da parte delle autorità ecclesiastiche che ha portato alla mancata applicazione delle pene canoniche ed alla mancata tutela della dignità di ogni persona.

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irresponsabilità giuridica solo perché non sarebbe tenuto dalla legge a comportarsi in un certo modo, anzi evidenti esigenze di giustizia e carità lo rendono, in primis, moralmente responsabile e quindi giuridicamente responsabile74.

Prendendo in considerazione la normativa canonica, non vi è dubbio che in capo al Vescovo vi sia un particolare dovere di vigilanza sull’attività ministeriale del presbitero, il cui negligente o abusivo adempimento può esser fonte di responsabilità; un dovere di controllo, anche durante la fase antecedente l’ordinazione sacerdotale, finalizzato all’accertamento dell’idoneità del candidato; obblighi di accertamento dei fatti, quindi alla punizione del colpevole e alla tutela dei soggetti coinvolti tramite l’adozione di misure idonee cautelari e disciplinari (can. 1395 §2 C.I.C.). Tali doveri fanno sì che il Vescovo si configuri come garante e l’inosservanza di tali specifici obblighi integra il nesso di causalità omissiva di cui all’art. 40, comma 2 , c.p.75.

Le autorità ecclesiastiche, generalmente, vengono accusate di condotte omissive nei riguardi dei preti pedofili, e la sussistenza del nesso di causalità - in questo caso legato alla ricorrenza in capo a soggetti con speciali qualifiche, e in relazione alla tutela di determinati beni ed interessi, di uno speciale obbligo di garanzia - è essenziale non solo per la contestazione della responsabilità penale, ma anche per l’accertamento di una qualche forma di responsabilità civile da atto illecito76.

Ovviamente, il Vescovo non è direttamente responsabile del delitto commesso dal chierico, di cui non può esser chiamato a rispondere in sede penale davanti ai giudici dello Stato, ma in caso di

74P. Consorti, La responsabilità della gerarchia ecclesiastica nel caso degli abusi sessuali commessi dai chierici, fra diritto canonico e diritti statuali , cit.

75Art. 40, comma 2, c.p. «Non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarloº».

76A. Licastro, Danno e responsabilità da esercizio del ministero pastorale in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, maggio 2010.

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scarsa vigilanza sussiste una vera e propria responsabilità soggettiva del vescovo, così come si evince anche dal can. 1389 §2, che stabilisce una giusta punizione per «chi per negligenza colpevole, pone od omette illegittimamente con danno altrui un atto di potestà ecclesiastica, di ministero o di ufficio»77.

L’ordinamento canonico non contempla la c.d. responsabilità oggettiva, è stato ribadito dalla Nota del 12 febbraio 2004 del Pontificio Consiglio per i testi legislativi78, nella quale si ritiene che «il Vescovo diocesano in generale e nello specifico caso del delitto di pedofilia commessa da un presbitero incardinato nella sua diocesi in particolare, non ha alcuna responsabilità giuridica in base al rapporto di subordinazione canonica esistente tra essi. L’azione delittuosa del presbitero e le sue conseguenze penali - anche l’eventuale risarcimento danni - vanno imputati al presbitero che ha commesso il delitto e non al Vescovo o alla diocesi di cui il Vescovo ha la rappresentanza legale». Quindi, vi è chi ritiene sia da escludere la configurabilità di qualsiasi posizione di responsabilità del Vescovo (o della diocesi o di altra entità soggettiva equiparabile) ex art. 2049 c.c., per fatti illeciti posti in essere dai suoi sacerdoti79.

L’art. 2049 c.c. configura un’ipotesi di responsabilità indiretta o per fatto altrui, secondo cui «i padroni e i committenti sono responsabili per i danni arrecati dal fatto illecito dei loro domestici e commessi nell’esercizio delle incombenze a cui sono adibiti». Affinché si possa imputare tale responsabilità è necessario che ricorrano due presupposti: un rapporto di subordinazione o di incarico e il c.d. nesso di necessaria occasionalità tra le mansioni espletate ed il fatto

77P. Consorti, La responsabilità della gerarchia ecclesiastica nel caso degli abusi

sessuali commessi da chierici, fra diritto canonico e diritti statuali in Stato, Chiese

e pluralismo confessionale, 13 maggio 2013.

78 Pontificio Consiglio per i testi legislativi, Nota esplicativa. VIII. Elementi per configurare l’ambito di responsabilità canonica del Vescovo diocesano nei riguardi dei presbiteri incardinati nella propria diocesi e che esercitano nella medesima il loro ministero, in Communicationes, 2004, pp. 33-38.

79A. Licastro, Danno e responsabilità da esercizio del ministero pastorale in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, maggio 2010.

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dannoso. In merito a ciò non è equiparabile il rapporto che lega il chierico alla diocesi, presso la quale presta servizio, alla tipica relazione giuslavoristica di lavoro dipendente, ma il fatto che non si tratti di un rapporto di lavoro in senso stretto non esclude la chiara sussistenza di un vincolo di subordinazione gerarchica tra il chierico ed il Vescovo, fondato sulla tipicità stessa della relazione canonistica, che non può avere effetti sulla conseguente qualificazione civilistica80 . Piuttosto, si potrebbe imputare al superiore una responsabilità solidale, infatti come afferma il professore Consorti «Ho l’impressione che il giudice civile non possa non configurare una responsabilità risarcitoria a carico del superiore per il delitto commesso dal chierico che approfitta del proprio stato di vita e della particolare situazione di facilità di rapporti con i minori che questa determina, per tradire la fiducia in lui riposta dai minori, abusandone sessualmente»81.

Lo stesso Tribunale di Bolzano, con sentenza n. 679 del 21/08/201382, in materia di abuso sessuale dei minori da parte di sacerdoti, ha condannato la Diocesi in via solidale a risarcire i danni per l’abuso subito dal minore.

4.1. Gli orientamenti della giurisprudenza statunitense.

Negli Stati Uniti, il sistema giuridico prevede una responsabilità del datore di lavoro per atti illeciti commessi dai suoi

80P. Consorti, La responsabilità della gerarchia ecclesiastica nel caso degli abusi

sessuali commessi dai chierici, fra diritto canonico e diritti statuali in Stato,

Chiese e pluralismo confessionale, 13 maggio 2013. 81 Ibidem

82 Sent. Trib. Bolzano, 21.08.2013, n, 679, gu. Pappalardo – Stefano Rossi. <<E' evidente che siffatto rapporto di dipendenza verticale fra responsabilità dei coobbligati in solido è esattamente riscontrabile nella specie, laddove gli enti ecclesiastici sono chiamati a rispondere ex art. 2049 c.c. Per effetto, in primo luogo dell'accertamento della responsabilità del preposto da fatto illecito. L'affermazione della responsabilità del preposto si configura come elemento costitutivo della conseguente responsabilità del preponente, il quale non potrà disconoscere i giudicato sulla responsabilità dell'autore del fatto illecito emesso nel giudizio fra questi ed i danneggiati e potrà difendersi solo sulla sussistenza degli altri presupposti a fondamento della propria responsabilità>>.

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dipendenti nell’ambito delle mansioni affidate, in applicazione della teoria del respondeat superior83

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In caso di abusi sessuali commessi da chierici, le vittime hanno fatto valere in giudizio non solo la circostanza che il Vescovo non abbia adottato le misure idonee ma hanno anche fatto presente, in merito alle mansioni del Vescovo, una supervisione negligente ed un inadeguato esercizio del potere di controllo. Quindi, si fa valere una sorta di responsabilità «ascendente» (ascendingliability) vicaria (vicariousliability), che trova fondamento proprio nella teoria respondeat superior84. Per cui, si cerca di imputare oggettivamente in capo ai vertici della gerarchia ecclesiastica le conseguenze patrimoniali degli atti illeciti posti in essere dai chierici. Il mancato esercizio dei poteri di supervisione e controllo da parte dei Vescovi, ha condotto le Corti americane non solo a condannare gli enti ecclesiastici al risarcimento dei danni diretti a riparare il pregiudizio concretamente sofferto dalla vittima, ma anche al pagamento dei c.d. danni punitivi, che hanno una duplice finalità: sia sanzionatoria sia di prevenzione speciale.

5. La Pontifica Commissione per la tutela dei minori: «se un

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