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La violenza sessuale ex art 609 bis.

Nel documento Gli abusi sessuali del clero cattolico (pagine 55-60)

Specificità: dal tema generale degli abusi sessuali alle sue diverse possibili articolazioni: pedopornografia,

1. Il delitto di violenza sessuale nel Codice Rocco del 1930.

1.2 La violenza sessuale ex art 609 bis.

Dopo l’entrata in vigore della Legge 66/99 e delle suddette novità, i delitti di violenza sessuale, così come quelli commessi in danno di minori, sono disciplinati dagli artt. 609 bis ss. c.p.

L’art. 609 bis, considerato quale fattispecie posta a fondamento del delitto di violenza sessuale, prevede che:

«Chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali è punito con la reclusione da cinque a dieci anni.

Alla stessa pena soggiace chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali:

1)abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto;

2)traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona.

Nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i due terzi».

Il summenzionato articolo nasce dalla fusione delle precedenti fattispecie delittuose, violenza carnale (art. 519) ed atti di libidine violenti (521), previste dal codice Rocco, conglomerate ora nella più generale nozione di atti sessuali.

Il bene giuridico tutelato è la libertà di autodeterminazione dell’individuo in campo sessuale. Questa libertà, quale espressione della personalità dell’individuo trova riconoscimento espresso all’art. 2 della Costituzione, può atteggiarsi sia in senso negativo che

119E. Musco, G. Fiandaca, Diritto penale, parte speciale. Vol. 2 tomo primo. I

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positivo120, inoltre la violazione di questo bene non comporta solo una frustrazione di quella libertà che deve esser riconosciuta ad ogni individuo, ma produce gravi ripercussioni sulla vittima di natura psicologica121.

L’art. 609 bis si articola in due fattispecie: al primo comma l’ipotesi di violenza sessuale per costrizione, al secondo comma l’ipotesi di violenza sessuale per induzione.

Prima di passare all’esame delle due fattispecie, occorre specificare alcuni aspetti comuni ad entrambe.

Per quanto riguarda il soggetto attivo, trattandosi di reato comune e non proprio, questo può essere commesso da “chiunque”, uomo o donna, compreso chi non ha la capacità di congiungersi carnalmente (come impotenti o impuberi). Con riferimento alla specifica ipotesi di violenza sessuale con abuso di autorità, in dottrina non è mancato chi ha qualificato codesta fattispecie come reato proprio, identificando il soggetto attivo solo nella persona di chi ricopre tale posizione di autorità122. Per quanto riguarda il soggetto passivo, deve trattarsi di una persona, di qualsiasi età, condizione o «destinazione sessuale», non importa se eterosessuale o omosessuale, in quanto non integrano la fattispecie de qua atti sessuali compiuti con cadaveri o animale, i quali possono assumere un diverso rilievo penale123. Si precisa che nella fattispecie di violenza sessuale per induzione, il soggetto passivo, deve versare in condizioni di incapacità fisiche o psichiche.

Il dolo è generico, in quanto è sufficiente che il soggetto agente, con coscienza e volontà, costringa il soggetto passivo a compiere o subire atti sessuali.

120

Ivi p.8.

121A. Cadoppi, P. Veneziani, Elementi di diritto penale, parte speciale, Vol.II- I

reati contro la persona, Cedam, 2014, p.10.

122

Ibidem

123I. Alfonso, Violenza sessuale, pedofilia e corruzione di minorenne, Cedam, 2004, p.78.

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La giurisprudenza ha ritenuto che affinché sia configurabile il reato di violenza sessuale è necessario che:

-vi sia il fine di concupiscenza (sussistente anche se l’agente non ottiene il soddisfacimento sessuale);

-la condotta posta in essere dall’agente sia concretamente idonea a compromettere la libertà di autodeterminazione del soggetto passivo, nella sua sfera sessuale124; o per la sussistenza del reato di violenza sessuale «basta qualsiasi atto finalizzato ed idoneo a porre in pericolo il bene primario della libertà di autodeterminazione del soggetto passivo al fine dell’eccitazione e/o del soddisfacimento dell’istinto sessuale. L’illiceità della condotta deve essere, pertanto, valutata alla stregua del rispetto dovuto alla persona e nella stessa deve essere ravvisabile la costrizione minacciosa o autoritaria o, comunque, l’intimidazione psicologica nei confronti del soggetto passivo e della sua possibilità di scelta»125.

Dopo aver evidenziato aspetti comuni, passiamo all’esame delle due ipotesi contenute all’interno dell’art. 609 bis.

Al primo comma ritroviamo la fattispecie della violenza sessuale per costrizione, che può concretizzarsi mediante l’uso della violenza, minaccia o abuso di autorità. In primis si richiede la costrizione del soggetto passivo, cioè l’obbligare qualcuno a fare o tollerare qualcosa contro la sua volontà126, e con il pieno dissenso, in quanto qualora una persona capace presti un consenso non viziato , non vi sarà tipicità del fatto, neppure a fronte di violenza, minaccia o abuso di autorità127.

124 Cass. Penae, sez.III, sentenza 22.05.2007 n°19718 in http://www.altalex.com/documents/massimario/2009/11/25/la-violenza-sessuale- alla-luce-della-casistica-giurisprudenziale-recente, consultato in data 01.07.2018. 125 Corte d’Appello di Milano, sez.II, sentenza 24.04.2007 in http://www.altalex.com/documents/massimario/2009/11/25/la-violenza-sessuale- alla-luce-della-casistica-giurisprudenziale-recente consultato in data 01.07.2018. 126

A. Cadoppi, P. Veneziani, Elementi di diritto penale, parte speciale, Vol.II- I

reati contro la persona, Cedam, 2014.

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Quindi, il dissenso della vittima deve perdurare per tutto il tempo della violenza.

Le modalità di costrizione sono: violenza, minaccia o abuso di autorità. Quanto alla violenza (vis absoluta) deve intendersi quale violenza fisica, capace di impedire ogni reazione del soggetto passivo e di costringerlo a subire la violenza sessuale128. In passato si richiedeva che la vittima provasse di aver reagito con veemenza e che avesse resistito con tutte le energie alla violenza, in forza del concetto della c.d. vis grata puellae129. Oggi basta l’uso di una violenza minima.

Altra modalità di costrizione è la minaccia, consistente nella prospettazione di un male che costringe la vittima a compiere o subire un atto sessuale contro la sua volontà130.

Ultima modalità di costrizione è l’abuso di autorità, introdotto con la L. 66/96, potrebbe essere assimilato alla fattispecie abrogata di cui all’art. 520 (delitto di congiunzione carnale commessa con abuso della qualità di pubblico ufficiale). Il novero dei soggetti attivi è stato esteso a tutte le ipotesi di esercizio di una qualsiasi forma di autorità sulla vittima, riferendosi il concetto di autorità a qualsiasi posizione di superiorità o di preminenza, indipendentemente dall’esistenza o meno di poteri di coercizione131.

Al secondo comma ritroviamo la fattispecie di violenza sessuale per induzione, che consiste nell’indurre il soggetto passivo a compiere o subire atti sessuale, mediante o l’abuso delle condizioni di inferiorità fisiche o psichiche, o l’inganno da parte del colpevole che si sostituisce ad altra persona.

128A. Cadoppi, P. Veneziani, Elementi di diritto penale, parte speciale, Vol.II- I

reati contro la persona, Cedam, 2014, p.12.

129

Ibidem, p.13.

130

Ibidem, p.14.

131E. Musco, G. Fiandaca, Diritto penale, parte speciale. Vol. 2 tomo primo. I

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Questa ipotesi trova il suo antenato storico nell’art. 519, comma 2, n.3, secondo il quale un soggetto che versava in condizioni di inferiorità, ovvero malati di mente, non essendo in grado di manifestare alcuna libera scelta sessuale o resistere al colpevole, poteva solo subire passivamente la condotta illecita posta in essere dall’autore.

Così per evitare episodi di abusi nei confronti dei soggetti più deboli, il Legislatore del 1996 ha modificato la precedente disciplina, eliminando le discrasie del passato ed introducendo una fattispecie in grado di tutelare soggetti che versano in determinate condizioni.

L’induzione si realizza quando, mediante un’opera di persuasione (ovvero, suggestione, pressione morale) spesso sottile o subdola, non necessariamente qualificabile in termini di inganno, l’agente spinge o convince la vittima a sottostare ad atti che questi, diversamente, non avrebbe compiuto 132 . Mentre, l’abuso «si concretizza nel caso in cui ci sia approfittamento delle condizioni di menomazione della persona offesa per accedere alla sfera intima della stessa, la quale, versando in situazione di deminutio mentale, viene ad essere ridotta al rango di un mezzo per il soddisfacimento della sessualità altrui: l’agente fruisce del corpo di una persona, la quale, per effetto di tale comportamento, da soggetto di una relazione sessuale, viene ridotta ad oggetto dell’atto o di più atti sessuali»133. L’induzione abusiva perpetrata non si identifica solo nell’attività di persuasione esercitata sulla vittima per convincerla a prestare il proprio consenso, ma altresì in ogni forma di prevaricazione, anche senza il ricorso di atti coercitivi ed intimidatori nei confronti della persona offesa, che non essendo in grado di opporsi a causa della sua inferiorità, sottostà al volere del soggetto attivo, divenendo così uno strumento per il soddisfacimento

132

E. Mengoni, Delitti sessuali e pedofilia, Giuffrè Editore, 2008, p.46.

133 Cass. 9/9/2013 n.36896 in

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dell’altrui volere134. In questi casi, il giudice non potendo avvalersi del contributo della vittima, dovrà servirsi dell’ausilio di consulenti o periti.

Il reato si ritiene configurato anche quando la vittima risulta disponibile o disinibita, in quanto priva dei propri freni inibitori, qualora la menomazione non sia di immediata percezione o qualora la vittima versi, per esempio, in uno stato di palese ubriachezza. La Corte di Cassazione, con sentenza n.18513/2015, ha affermato il seguente punto di diritto: «In tema di atti sessuali commessi con persona in stato di inferiorità fisica o psichica, perché sussista il reato di cui all’art.609 bis, comma 2 n.1, c.p. è necessario accertare che: 1) la condizione di inferiorità sussista al momento del fatto; 2) il consenso all’atto sia viziato dalla condizione di inferiorità; 3) il vizio sia accertato caso per caso e non può essere presunto, né desunto esclusivamente dalla condizione patologica in cui si trovi la persona quando non sia di per sé tale da escludere radicalmente, in base ad un accertamento se necessario fondato su basi scientifiche, la capacità stessa di autodeterminarsi; 4) il consenso sia frutto dell’induzione; 5) l’induzione, a sua volta, sia stata posta in essere al fine di sfruttare la (e approfittare della) condizione di inferiorità per carpire un consenso che altrimenti non sarebbe stato dato; 6) l’induzione e la sua natura abusiva non si identifichino con l’atto sessuale, ma lo precedono».

Nel documento Gli abusi sessuali del clero cattolico (pagine 55-60)