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Studio delle interazioni opportunistiche della specie Tursiops truncatus in presenza di reti a strascico e loro evoluzione nel tempo

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Academic year: 2021

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Indice

Riassunto

1. Introduzione

1.1. Il tursiope

1.1.1. Sistematica

1.1.2. Habitat e distribuzione

1.1.3. Struttura sociale

1.1.4. Alimentazione

1.1.5. Stato dell'arte

1.2. Scopo del lavoro

2. Materiali e Metodi

2.1. Area di studio

2.2. Raccolta dati

2.3. Archiviazione dati

2.4. Analisi dati

2.4.1. Indici di associazione

3. Risultati

3.1. Dato di sforzo

3.2. Dato di avvistamento

3.3. Dato di foto-identificazione

3.3.1. Risultati preliminari sull'applicazione

di HWI agli individui sessati

d

4. Discussioni

5. Conclusioni

6. Bibliografia

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Riassunto

Il bacino ligure, nonostante faccia parte del Santuario Pelagos, è largamente interessato da attività antropiche. In particolare è stato da tempo osservato come i tursiopi abbiano sviluppato comportamenti opportunistici in relazione alla presenza di reti a strascico.

Il presente lavoro si è concentrato sul comportamento del tursiope nell'area compresa tra Genova e Livorno in relazione alla pesca a strascico (trawling).

I dati provengono dal gruppo di ricerca “Delfini Metropolitani” e dal Centro CE.TU.S. di Viareggio nel periodo 2003 -2015.

Lo studio ha rivelato che il trawling è un comportamento ormai appreso nell'area, che interessa tutti gli animali in studio e non ha subìto sostanziali modifiche nel corso degli ultimi 13 anni. Il gruppo è stato considerato durante il trawling e quando invece non era associato ai pescherecci, e si è visto che il comportamento differisce.

I gruppi in trawling risultano mediamente più piccoli (8,77 contro 14,38 individui) e con meno piccoli (0,85 contro 1,68 piccoli). La forza media di legame tra individui (HWI medio) misurata nei due casi nei due casi, invece, in generale non differisce. Questi risultati appaiono sostanzialmente diversi da quelli osservati in studi precedenti su altri gruppi di tursiopi sottoposti all'interazione con la pesca a strascico.

La conoscenza più approfondita delle modalità con cui gli animali rispondono ad una interazione, in particolare se questa va a modificare la struttura sociale esistente, risulta di fondamentale importanza nell'ottica di attuazione e aggiornamento di piani e strategie di conservazione della specie.

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Introduzione

Il Mar Mediterraneo, sebbene sia considerato oligotrofico nel suo complesso (Margalef, 1984, 1985; Orsi Relini et al., 1992; Levy et al., 2000), presenta localmente un’elevata produttività primaria: tra le aree maggiormente interessate da questo tipo di fenomeno vi sono il bacino ligure e l'alto Mar Tirreno. La presenza di forti venti invernali quali il maestrale e la tramontana favoriscono il raffreddamento delle masse d’acqua superficiali che, aumentando di densità, sprofondano e permettono la risalita di quelle profonde ricche di nutrienti secondo il fenomeno di up-welling. In primavera, con l'innalzamento delle temperature ed in presenza di luce e nutrienti si creano le condizioni ottimali per la crescita del fitoplancton, che fiorisce in caratteristici blooms, sulla base del quale è reso possibile l'instaurarsi di una complessa ed eterogenea rete trofica, dagli organismi più semplici fino ai grandi organismi pelagici, che qui migrano in cerca di cibo.

Tra i mari che circondano l'Italia, il Mar Ligure e il Mar di Corsica sono quelli caratterizzati dalla maggiore biodiversità e dove si registra la più elevata concentrazione di cetacei (Notarbartolo di Sciara & Demma, 1994). L’abbondanza di questi organismi ha determinato l’istituzione di una delle più importanti riserve marine nazionali e internazionali: il Santuario dei Cetacei.

Il Santuario dei Cetacei, oggi Santuario Pelagos, è la prima area marina di protezione e conservazione dei mammiferi marini istituita nel Mar Mediterraneo nel Novembre del 1999 dalla collaborazione di tre Stati: Italia, Francia e Principato di Monaco.

La proposta dell’istituzione di una protezione per i mammiferi marini nel bacino Corso-Liguro-Provenzale nacque attraverso alcuni

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progetti mirati allo studio e all’istituzione di una Riserva della Biosfera gestita da Italia, Francia e Principato di Monaco e fu presentata al Museo Oceanografico di Monaco il 2 marzo 1991. Nel 1993 una commissione di lavoro composta dai tre paesi costituenti portò alla redazione della “Dichiarazione congiunta relativa all’istituzione di un santuario mediterraneo per i mammiferi marini”. La dichiarazione fu sottoscritta a Bruxelles dai rispettivi Ministri dell’Ambiente, in concomitanza con il Consiglio Ambiente della CE.

Nel 2001 le Parti della Convenzione di Barcellona hanno inserito il Santuario nelle SPAMI-s (Specially Protected Areas of Mediterranean Importance) e nel 2002 è entrato in vigore l’Accordo sul Santuario finalizzato alla salvaguardia di questo territorio.

Pelagos comprende un’area di circa 87.500 km2 (circa il 4%

dell'intero Mediterraneo) (Fig. 1) all’interno del bacino corso-ligure-provenzale, per un totale di 2412 km di costa. In territorio italiano occupa una superficie a mare di 2.557.258 ha (circa 25.573 km2) nelle

regioni di Sardegna, Toscana e Liguria (Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, elenco ufficiale delle aree naturali protette – 5° aggiornamento 2003).

È delimitato:

• a Ovest, da una linea che va da Punta Escampobariou (presso Tolone: 43°01’70’’N, 06°05’90’’E) a Capo Falcone sulla costa occidentale della Sardegna (40°58’00’’N, 08°12’00’’E);

• a Est, da una linea che va da Capo Ferro sulla costa nord-orientale della Sardegna (41°09'18''N; 09°31'18''E) a Fosso Chiarone sulla costa toscana (42°21'24''N; 11°31'00''E).

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Fi g. 1 : Sa nt ua rio P ela go s.

Nonostante la finalità di tutela per cui quest'area è stata istituita, risulta vastamente interessata da forti pressioni antropiche che intervengono sia direttamente che indirettamente sull'ecosistema marino in generale e i cetacei in particolare. Tra queste: presenza di grossi centri urbani con conseguente estesa antropizzazione delle coste; numerosi ed importanti porti commerciali e turistici che determinano il transito di grandi navi commerciali, passeggeri e flotte di pescherecci durante tutto l'anno a cui si aggiunge una maggiore intensificazione del traffico diportistico nel periodo estivo (Fig. 2).

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Fi g. 2 : t ra f f i co na va le d ell 'a nn o 2 0 1 4 n el S a ntu a ri o Pe la g o s ( w ww .m a r ine tra f f ic .c o m)

1.1 Il tursiope

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1.1.1 Sistematica

Phylum Chordata Classe Mammalia Ordine Cetacea Sottordine Odontoceti Famiglia Delphinidae Genere Tursiops

Per un lungo periodo nella comunità scientifica vi è stata discrepanza di opinioni sul numero di specie Tursiops (Gervais, 1885). A causa dell'ampia distribuzione e variazione nei caratteri morfologici, inizialmente ne furono descritte numerose specie e sottospecie, portando ad un lungo periodo di confusione tassonomica (Moller & Beheregaray, 2001). L'avvento di moderne tecniche diagnostiche molecolari e genetiche (Le Duc et al., 1999; Wells & Scott, 2009) unitamente ai classici procedimenti di confronto morfologico (Hale et al., 2000) e osteologico (Wang et al., 2000; Wang & Yang, 2009) hanno permesso la risoluzione del contrasto. Ad oggi la comunità scientifica riconosce unanimemente due specie:

Tursiops truncatus (Montagu, 1821) (Fig. 3): così definito per la conformazione del rostro corto e tozzo, è un delfino cosmopolita (Wells & Scott, 2009) fatta eccezione per le zone polari artiche ed antartiche. Se ne possono riconoscere due ecotipi, uno costiero e l'altro pelagico (Perrin, 1984; Ross & Cockcroft, 1990), distinguibili dal punto di vista

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morfologico e fisiologico. La colorazione grigia con sfumature in degradazione dal dorso scuro al ventre rosato e la pinna dorsale triangolare e ricurva ne permettono il riconoscimento in mare.

Tursiops aduncus (Ehrenberg, 1832): come suggerisce il nome il muso è più lungo e sottile, il corpo più snello e la pinna dorsale bassa e falcata. È diffuso con distribuzione costiera nell'Oceano Indo -Pacifico ed Indiano, compreso il Nord dell'Australia (Rice, 1998). La colorazione è grigia e gli adulti presentano distintive macchioline scure sul ventre.

Alcuni recenti studi genetici (LeDuc et al., 1999) su Tursiops aduncus lo avvicinano maggiormente al genere Stenella, in particolare alla stenella maculata atlantica (Stenella frontalis), più che a truncatus, ma il dibattito è controverso e ancora aperto.

Una terza specie di tursiope, fino a pochi anni fa considerata parte della popolazione australe di Tursiops truncatus, è stata scoperta e classificata nel 2011 nelle acque australiane basandosi su tecniche molecolari, genetiche e comparazioni morfologiche, osteologiche e di colorazione del manto (Charlton-Robb et al., 2011):

Tursiops australis (Charlton-Robb, 2011): localmente diffusa nel Sud-Ovest dell'Australia, tra il Golfo di Melbourne e la laguna denominata Gippsland Lakes. La differenza principale è la colorazione dei fianchi avorio-ocra chiaro.

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tursiopi possono presentare differente grado di “site-fidelity”, inteso come tendenza alla stanzialità, e genericamente possono essere osservate comunità appartenenti all'ecotipo costiero residenti per tutto l’anno, residenti a livello stagionale (Kenney, 1990; Wang et al., 1994; Wilson et al ., 1997; Barco et al ., 1999; Waring et al., 2009; Wells & Scott, 2009; Toth et al., 2011), migratrici o gruppi con un ampio home-range (Wells & Scott, 1990; Hohn, 1997).

L’ambiente caratteristico delle popolazioni mediterranee è quello costiero prevalentemente entro i 100m di profondità, ma frequentemente avvistato su batimetrie medie di 30m. Studi di Cañadas et al. (2002) hanno messo in evidenza l'unica tendenza pelagica nel Mar d'Alboran. Le aree maggiormente interessate dalla presenza di tursiopi nel nostro bacino sono: Mediterraneo nord-occidentale (Santuario Pelagos, Mar d'Alboran, Mare delle Baleari), i mari di Turchia e Malta, il Mar Adriatico, il Mediterraneo centro-orientale (Notarbartolo di Sciara, 2002).

Studi di abbondanza del tursiope a livello mondiale sono molto frammentari e di complessa interpretazione, così come nel bacino mediterraneo in cui tutt'oggi non ne esiste una completa mappatura. Nel 2011 è stato pubblicato un lavoro mirato a determinare l'abbondanza dei tursiopi nel Santuario Pelagos, con dati provenienti da un database di diversi anni di studio. È stata considerata come stima maggiormente significativa quella del 2006, in quanto anche rappresentativa di un maggior numero di aree: 884 (CI 95% = 729-1072) - 1023 individui (CI = 843-1234) (Gnone et al., 2011).

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1.1.3 Struttura Sociale

Il tursiope è un animale altamente sociale, le cui società sono definite “fission-fusion” (Wrsig & Wrsig, 1977) poiché

dinamicamente strutturate su un gruppo di individui che si modifica continuamente, con rotture temporanee (fission) della composizione originaria e successiva formazione (fusion) di nuovi sottogruppi. I fattori che determinano l'instaurarsi di questa particolare struttura sociale sono molteplici e la struttura delle (sotto)popolazioni o (sotto)gruppi dipende principalmente dal sesso e dall'età degli animali che le compongono. I gruppi di tursiopi hanno dimensioni variabili, da individui solitari ad aggregazioni di migliaia di delfini.

Si possono distinguere due differenti tipologie di associazione:

gruppo primario: la più piccola unità di animali strettamente associati ed impegnati in attività simili per un lungo periodo di tempo (Wells et al., 1980);

gruppo secondario: aggregazione temporanea tra gruppi primari.

Alcuni tra i primi studi condotti sulle modalità di associazione tra tursiopi sono quelli di Wells et al., (1987); Scott et al., (1990); Wells & Scott, (1990) a Sarasota Bay (Florida) e di Connor et al., (1992b) a SharkBay (Australia).

Oltre alle interazioni momentanee, che determinano il carattere fluido e dinamico della società, esistono quattro principali unità strutturali che si possono formare: coppia madre-piccolo; gruppo di sub-adulti; bande di femmine; maschi adulti (Pryor & Norris, 1991).

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Coppie madre-piccolo

È una associazione molto stretta e prolungata nel tempo. Normalmente il cucciolo rimane a stretto contatto con la madre ben oltre lo svezzamento (attorno al sesto mese di vita), per un periodo di tempo che va dai 3 agli 8 anni a seconda delle zone, per aumentare le proprie probabilità di sopravvivenza (Greiler et al., 2003). In ogni caso, con l'inizio di una nuova gravidanza e la nascita di un nuovo piccolo l'associazione si interrompe.

Sub-adulti

Dopo la separazione dalla madre, i cuccioli entrano a far parte del gruppo dei sub-adulti. È stato osservato che delfini di età ravvicinata tendono a formare associazioni all'interno di questi gruppi e che, nel caso di Sarasota Bay, vi è una asimmetria nella ripartizione tra maschi e femmine, con una presenza maggiore dei primi, probabilmente dovuta a molteplici concause. I sub-adulti tendono ad essere i più attivi, con episodi anche violenti.

Bande di femmine

Le femmine, spesso imparentate tra di loro, formano gruppi solidi, anche se non statici, di piccole dimensioni (Pryor & Norris, 1991), entro cui le madri con piccoli tendono ad associarsi. Queste bande sono caratterizzate da un basso o nullo tasso di aggressività (Scott et al., 2005), per cui cicatrici e lesioni sul corpo delle femmine sarebbero dovute per

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lo più a colluttazioni con i maschi durante il periodo riproduttivo (Mann et al., 2000; Scott et al., 2005).

Maschi adulti

Solitamente formano coppie o terzetti definiti “alleanze di primo ordine” (Connor et al., 1992a, 1992b) tra individui non consanguinei che durano per tutta la vita, ma sono stati osservati anche individui solitari. Queste alleanze possono temporaneamente unirsi fra loro in “alleanze di secondo ordine” a scopo riproduttivo (Connor et al., 2000) e di difesa del territorio.

Esistono altri tipi di associazione tra tursiopi quali le associazioni maschi-femmine, di solito limitate al periodo riproduttivo. Queste cessano quando la femmina riesce a sfuggire al gruppo di maschi che l'ha sequestrata (Connor et al., 1992b, 1996).

1.1.4 Alimentazione

Numerosi studi sono stati condotti sulla dieta del tursiope (Walker, 1981; Clarke, 1996; Santos et al., 1996; Wells & Scott, 1999) e sulle sue abitudini alimentari (Hanson & Defran, 1993; Bearzi et al., 1999).

Il tursiope è un predatore all'apice della catena alimentare la cui dieta è caratteristicamente opportunista, basata su una notevole variabilità di prede in base alla disponibilità locale (Wells & Scott, 1999) e sulla diversità delle tecniche di alimentazione applicate

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(Shane et al., 1986; Rossbach & Hertzing, 1997; Randall et al., 1999). In numerose aree si evidenziano inoltre interazioni con la pesca (Wells & Scott, 1999), a sottolinearne il comportamento di “predatore opportunista” (Barros & Odell, 1990). Le prede su cui si basa la sua dieta sono quelle che abitano la fascia batimetrica in cui vive: è fondamentalmente ittiofago, ma si nutre spesso anche di cefalopodi, crostacei e molluschi (Fig. 5).

Fi g. 5 : ese mp io d i t ur si o pe a ca cc ia .

La dieta dei tursiopi del Mediterraneo occidentale è stata indagata in ultima analisi da Blanco et al. (2001) controllando sedici contenuti stomacali di animali spiaggiati. In questo studio le prede maggiormente presenti, sia nel numero che per frequenza, risultano essere pesci tra cui spicca per abbondanza il nasello (Merluccius merluccius). Tra i cefalopodi, la preda principale è l'Octopus vulgaris. Tutti i crostacei ritrovati sono decapodi, che sono anche la fonte principale di alimentazione del nasello. Con ogni probabilità la loro

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presenza nello stomaco dei tursiopi è dovuta almeno in parte ad una assunzione indiretta predando i naselli (Blanco et al., 2001). Questi risultati sono in linea con studi precedenti di Voliani & Volpi (1990), Orsi Relini (1994), Miokovic et al. (1997), in cui si evidenzia l'importanza del nasello oltre ad altri delle famiglie di Congridae, Sparidae e, in quantità minore, Gadidae. Il carattere demersale della maggior parte dei pesci ritrovati, che in questa zona del Mediterraneo vivono su profondità tra i 50m e i 200m della piattaforma continentale (Merella et al., 1998), conferma l'area di maggiore frequentazione dei tursiopi (Blanco et al., 2001).

Lo studio condotto da Santos et al. (2007) in Galizia (nord-ovest della Spagna) conferma la predazione su Merluccius merluccius, ma evidenzia una preponderante presenza nei contenuti stomacali di specie appartenenti alla famiglia Gadidae, in particolar modo di Micromesistius poutassou, assente nel Mediterraneo occidentale. Questi risultati sono conformi agli studi precedenti nell'Atlantico nord-orientale: Francia - Desportes, (1985); Scozia – Santos et al., (2001).

In Perù, lo studio di van Waerebeek et al., (1990) indica le acciughe (Engraulis ringens), i calamari (Patagonian squid) e le sardine del Pacifico (Sardinops sagax) come le prede più frequenti.

Un lavoro condotto nel South Carolina da Pate, (2008), concorda nella presenza preponderante di pesci rispetto a cefalopodi negli stomaci esaminati ed in particolare: famiglia Sciaenidae - Stellifer lanceolatus e Leiostomus xanthurus -, famiglia Engraulidae - Anchoa mitchilli - e tra i cefalopodi Lolliguncula brevi.

Questi esempi confermano come la dieta del tursiope sia fondamentalmente ittiofaga, con consumo più o meno significativo di cefalopodi a seconda dell'area, ma che si differenzi per specie predata in base all'area considerata. Tuttavia l'interpretazione di

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alimentazione opportunista con cui questi risultati vengono etichettati è raramente giustificabile: in assenza di informazioni sul tasso di incontro individuale tra delfino e specie di preda, è impossibile estrapolare un qualche grado di alimentazione selettiva (Santos et al., 2007).

La maggior parte degli studi concorda nell'affermare che sussiste una differenza significativa tra adulti e juveniles nella taglia dei pesci che vengono ingoiati (Cockcroft & Ross, 1990; Blanco et al., 2001; Santos et al., 2007; Pate, 2008), cosa che riflette l'aumento di esperienza, di abilità di caccia e di capacità d'immersione, oltre che un aumento delle dimensioni dello stomaco. L'inferiore capacità di immersione dei giovani si riflette anche in una dieta povera di prede demersali (Cockcroft & Ross, 1990).

Esistono inoltre differenze tra individui adulti maschi e femmine riguardo la percentuale di prede assunte e la loro dimensione, dovute presumibilmente a: differenti zone di alimentazione (Santos et al., 2007); due diversi comportamenti alimentari nelle femmine in accordo con la loro associazione con calves e juveniles (Blanco et al., 2001); una predilezione per i cefalopodi nelle femmine sessualmente mature e che allattano, in quanto aumenta il loro fabbisogno energetico (Robertson & Chivers, 1997; Cockcroft & Ross, 1990; Gannon, 2003; Pate, 2008).

È stato calcolato che un delfino in cattività mangi una quantità di pesce pari a 6-7 kg/die e che in mare aperto il range medio vada dai 5.2 ai 12 kg/die (Broadhurst, 1998; Kastelein et al., 2003).

La spiccata socialità di questa specie si rivela anche nelle tecniche di caccia, spesso vere e proprie coreografie di gruppo la cui coordinazione sottende ad una complessa strutturazione sia sociale che del linguaggio. Tra queste, degna di nota è la “margherita”: una

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caccia di gruppo in cui il banco di pesci viene messo in fuga, spinto verso altri individui in attesa e quindi accerchiato da tutti i delfini che, a turno, vi balzano nel mezzo e predano (Notarbartolo di Sciara, et al., 1993; Nuti & Chiericoni, 2001; Bearzi, 2003). Se il cibo scarseggia, sono privilegiati gruppi di caccia meno numerosi per ridurre la competizione (Shane et al., 1986; Cockcroft & Ross, 1990; Bearzi et al., 1997; Campbell et al., 2002) e sono state comunque descritte anche azioni solitarie (Shane, 1990): utilizzare la corrente come nastro trasportatore delle prede, o colpire e lanciare in aria con la coda il pesce che, stordito o gravemente ferito, non può fuggire.

1.1.5 Stato dell'arte

Interazioni con le attività di pesca

F ig . 6 : d u e t ur si op i se gu o no la s c ia d i u n pes ch ere cci o a s tr a sc ic o d a va n t i a V ia r eg gi o.

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Il tursiope ha da tempo sviluppato una tecnica di caccia direttamente competitiva con le attività di pesca.

L'habitat costiero di questo animale infatti, rendendolo uno dei cetacei più soggetti alle pressioni antropiche, l'ha spinto ad adattarsi alla presenza dell'uomo ed in qualche caso a trarne vantaggio.

Le principali attività di pesca interessate dall'interazione con i tursiopi sono quelle che prevedono l'utilizzo di reti a strascico (Fig. 6), reti da posta e vasche di acquacoltura. Questa interazione comporta rischi sia per l'animale (bycatch nelle reti, contrasto violento diretto con i pescatori) che per l'uomo (danni economici alle reti e allo stock di prede commerciabili). Il rischio accettato dagli animali può essere spiegato nell'ottica di una strategia che permette loro di aumentare la quantità di cibo disponibile in un'unica zona diminuendo il dispendio energetico associato alla ricerca e cattura delle prede (Diaz López, 2006). Un delfino può coprire larga parte del suo fabbisogno energetico giornaliero spendendo un limitato periodo di tempo dietro ad un peschereccio (Corkeron et al., 1990)

La pesca a strascico

Le reti a strascico sono largamente utilizzate per pescare pesci e gamberetti (Graham, 2006) e almeno 15 specie di cetacei sono state osservate nutrirsi in associazione con i pescherecci (Fertl & Leatherwood, 1997). I tursiopi sono tra i più conosciuti e frequentemente osservati, particolarmente in relazione alla pesca di gamberetti (Leatherwood, 1975; Gruber, 1981; Delgado-Estrella, 1997; Fertl & Leatherwood, 1997; Broadhurst, 1998; Chilvers e Corkeron, 2001; Gonzavo et al., 2008; Perrtree, 2011). Gli animali si nutrono durante diverse attività del peschereccio (Tab. 1):

• seguono la scia durante lo strascico; • predano lo scarto del bycatch;

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• circondano il peschereccio fermo per predare i pesci attratti dalle particelle di cibo nelle reti o nell'acqua scaricata dalle sentine (Leatherwood, 1975).

Ta b . 1 : i 4 ti p i d i c om p ort a me nt o te nu ti d a i t ur si opi d ur a n te l'a ss oc ia z i on e co n i p esc he rec ci a s tra sci co ( da K ov a cs & Cox , 2 0 1 4 )

Seguendo la scia dello strascico, i tursiopi sfruttano la rete come fonte di cibo diretta (predando i pesci intrappolati) ed indiretta (predando i pesci che sfuggono alla cattura, ma che spesso feriti o disorientati non riescono a fuggire) (Gruber, 1981; Fertl & Leatherwood, 1997; Jaiteh et al., 2012). Sono stati osservati animali agire sulle maglie delle reti per fare uscire i pesci più piccoli e predarli (Broadhurst, 1998) ed entrare direttamente nella rete a mangiare (Jaiteh et al., 2012). I pescatori che operano sulle imbarcazioni e buttano il bycatch in mare creano una temporanea, ma stabile, fonte di cibo. Tutto questo ha indotto gli animali ad associare il cibo anche ad una risorsa antropica, instaurando una competizione con il pescatore (Kovacs & Cox, 2014) e aumentando il rischio di creare una situazione di potenziale pericolo: interagire con gli umani per ottenere cibo potrebbe avere impatti negativi sui delfini, in quanto li indurrebbe a mettersi situazioni e ad assumere

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comportamenti tali da renderli più vulnerabili (Gubbins, 2002). Inoltre, anche gli uomini corrono dei rischi, in quanto è stato notato un aumento dell'aggressività nei delfini che vengono nutriti direttamente dal pescatore (Bloom, 1991; Orams et al., 1996; Cunningham-Smith et al., 2006).

Il tursiope, in virtù della sua dieta opportunista, sfrutta spesso la preda maggiormente presente nell'area di caccia. In questo modo, anche se non interagisce direttamente con le attività di pesca, lo fa indirettamente: è evidente che spesso delfini e pescatori insistono sulla stessa risorsa. Per questo motivo gli animali sono percepiti come competitori e sono stati attivamente perseguitati in passato (Fernández-Cordeiro et al., 1996).

Il melù (Micromesistius poutassou) ad esempio, nelle acque della Galizia è una delle principali prede dei tursiopi, che cacciano sia maturi che immaturi. La maggior parte dei pesci cacciati risulta sopra la taglia minima di cattura delle reti a strascico, rendendo quindi gli animali dei diretti competitori. Stessa cosa per il nasello di cui vengono solitamente cacciati gli immaturi, ma principalmente di dimensioni superiori a quelle minime (Santos et al., 2007). Nello studio di Blanco et al. (2001) sembra che tursiopi e pescatori del Mediterraneo occidentale tendano a sfruttare differenti classi di taglia dei naselli, ma l'estensione dell'interazione tra le due parti richiederebbe una valutazione mirata dell'effetto di entrambe sulla popolazione di Merluccius merluccius.

Effetti della pesca a strascico sulla struttura sociale

Le attività antropogeniche possono alterare la struttura delle società animali (Chilvers & Corkeron, 2001; Díaz López & Shirai, 2008; Rutledge et al., 2010), influenzando quindi direttamente la fitness (Silk, 2007), il successo riproduttivo (Sterck, 1998), la struttura

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genetica della popolazione (Altmann et al., 1996), le metodiche di trasferimento di comportamenti e cultura tra generazioni (Whitehead, 2010).

La presenza di una attività antropica come la pesca a strascico, che diventa quindi un'importante fonte di cibo, ha molto probabilmente determinato una vera e propria modifica strutturale in alcune comunità di tursiopi: il lavoro di Chilvers & Corkeron (2001), analizzando dati sul gruppo di Tursiops truncatus di Moreton Bay (Australia) negli anni '90, evidenzia come questi siano distintamente divisi in due unità sociali e che alla base di questa distinzione ci sia l'interazione o meno con la pesca a strascico. I tursiopi trawler e nontrawler non sono quasi mai visti interagire tra loro, nonostante le loro core area sostanzialmente si sovrappongano. Dal 2005, tuttavia, in questa zona si è assistito ad una modificazione del management e delle leggi sulla pesca, che ha portato ad una riduzione di circa il 50% dello sforzo di pesca e l'istituzione o ampliamento di aree protette e parchi marini (State of Queensland, 2008). La maggior parte dell'area dello studio di Chilvers & Corkeron (2001) risulta oggi protetta: questo ha causato una nuova e significativa modificazione della struttura di gruppo dei tursiopi che vivono a Moreton Bay, come indagato da Ansmann et al. nel 2012. La società è divenuta meno differenziata, senza una marcata divisione in due gruppi, più compatta e con un maggior numero di associazioni più strette. Una delle ipotesi che potrebbe spiegare le osservazioni fatte è che la scomparsa della principale fonte di cibo dei trawler abbia spinto gli animali a spostarsi maggiormente nelle aree di solito utilizzate dai non trawler e a relazionarsi con loro nella caccia (Ansmann et al., 2012).

Mentre il trawling e l'acquacoltura sono noti influenzare la struttura dei tursiopi anche lungo le coste italiane, non ci sono ad

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oggi dati che dimostrino la presenza di segregazioni distinte tra comunità trawler e nontrawler (Pace et al., 2012) e non sono mai state descritte altrove che a Moreton Bay (Chilvers & Corkeron, 2001).

Informazioni su eventuali modificazioni delle comunità animali causate da interazione con attività antropogeniche sono essenziali per poter intervenire in ottica di “restoring”. La comunità di Moreton Bay è molto probabile che ne beneficerà in termini di conservazione: l'apprendimento sociale e lo scambio di informazioni facilita l'instaurarsi di nuovi comportamenti, permettendo agli animali di adattarsi a cambiamenti ambientali (Whitehead, 2010). Inoltre, il maggiore flusso genico aumenta la resilienza di una popolazione, più che se essa risulta frammentata in tante sotto popolazioni con perdita di eterozigosità (Allendorf,1986).

(24)

1.2 Scopo del lavoro

La struttura sociale di una popolazione, o gruppo di individui, gioca un ruolo chiave in numerosi aspetti della sua ecologia e biologia e il modo in cui gli individui interagiscono l'un l'altro è influenzato da differenti fattori (Lusseau et al., 2006).

L'area costiera compresa tra Genova e Livorno, pur facendo parte di Pelagos, risulta largamente sottoposta ad elevate pressioni antropiche, tra cui le attività di pesca. È largamente documentato di come i pescherecci a strascico siano sfruttati dai tursiopi, che li identificano come fonte di cibo e hanno imparato a depredarne le reti (Nuti et al., 2006; Bellingeri et al., 2011; Fossa et al., 2011).

Il presente lavoro di tesi, frutto di attività di stage presso l'Acquario di Genova e di numerose uscite di ricerca in mare nell'anno 2015, ha lo scopo di indagare le modalità di associazione degli animali allo strascico, valutandone gli impatti sulla struttura sociale. Conoscere le dinamiche con cui l'interazione avviene, evidenziando le differenze di comportamento dei tursiopi in presenza ed assenza della stessa, permette di avere un'informazione preliminare sul grado di influenza di questa attività antropica sulla (sotto)popolazione in esame.

Questo riveste un ruolo di fondamentale importanza nello sviluppo di una migliore pratica di tutela e di gestione dell'ambiente marino costiero.

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Materiali e metodi

.

2.1 Area di studio

L'area di studio del presente lavoro di tesi si estende da Capo Arenzano (Genova) a Livorno, interessando il Mar Ligure per circa 180 km di litorale tosco-ligure. La distanza massima dalla costa raggiunta è stata di circa 7,5 km nelle uscite liguri e di circa 21 km nelle uscite toscane, conformemente alla batimetria dei fondali. Il Mar Ligure si estende dalla linea immaginaria occidentale che collega Punta di Revellata (Corsica) a Cap Ferrat (Costa Azzurra, Francia) a quella orientale che collega Bastia (Corsica) al Golfo di Baratti (Piombino) (“Limits of Oceans and Seas”, International Hydrografic Organisation, 1986) (Fig. 7), e in base alla batimetria si possono individuare tre zone:

• Occidentale, con fondali a profondità elevata solcati da canyon e con una piattaforma continentale molto ridotta; • Centrale, con piattaforma continentale ristretta e due

profondi canyon sottomarini di fronte a Genova (canyon del Bisagno e del Polcevera);

• Orientale, con fondali molto meno profondi per la presenza di un'ampia piattaforma continentale.

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In questo studio i dati sono stati raccolti nella zona orientale e centrale del Mar Ligure. Per ragioni logistiche l’intera area è stata suddivisa in 4 zone, ognuna presentante un punto di approdo per le uscite in mare (Fig. 8) :

• Zona A, da Livorno a Punta Bianca.

La piattaforma continentale è molto estesa, i 100m di profondità vengono raggiunti ad una distanza media dalla costa di 21km. Un'intensa attività di pesca, sia a strascico che artigianale, e la presenza di importanti porti turistici determinano una considerevole pressione antropica su tutta l'area che si accentua notevolmente durante il periodo estivo per la grande presenza di imbarcazioni da diporto. Numerosi pescherecci insistono tra la batimetrica dei 20 e 60m durante tutto l'anno, spesso in associazione con i tursiopi (Nuti et al., 2006). L’elevato trofismo caratteristico di questa zona è dovuto principalmente agli apporti fluviali di Arno, Magra e Serchio.

Stazione di approdo: Porto di Viareggio.

• Zona B, da Punta Bianca a Punta Mesco.

Dal 1998 l’area compresa tra Punta Mesco e Punta di Montenero è “Area naturale marina protetta delle Cinque Terre”. La piattaforma continentale è molto estesa: l’isobata dei 100 metri corre ad una distanza media da costa di 12 km. L’attività di pesca è intensa e regolare. I tursiopi sono spesso presenti ed osservati in associazione con la pe sca a strascico (Bellingeri et al., 2008). La zona B è entrata a far parte del progetto di studio dal 2005.

Stazione di approdo: Società sportiva “Il Gabbiano” di Lerici. • Zona C, da Punta Mesco a Punta Chiappa.

Presenta la linea batimetrica dei 100m a 4 km da costa, con la sola eccezione del Promontorio di Portofino in cui questa profondità è raggiunta già dopo 1km. In quest'area sono frequentemente presenti i pescherecci a strascico e vi si trova un impianto di piscicoltura.

(27)

Stagionalmente risente di un incremento del traffico da diporto dovuto al turismo estivo.

Stazione di approdo: Lega Navale di Rapallo.

• Zona D, da Punta Chiappa a Capo Arenzano.

Caratterizzata da una piattaforma continentale ristretta con profondità che a pochi km dalla costa superano i 1000 metri (Corradi et al., 1987). Qui si verifica il fenomeno noto come up-welling, anche per la presenza dei due profondi canyon sottomarini di Genova. In quest'area la pesca a strascico è limitata a causa dell'intenso traffico commerciale dovuto al porto di Genova. Le imbarcazioni maggiormente presenti risultano quindi i traghetti e le grandi navi commerciali.

Stazione di approdo: Porto di Genova.

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2.2 Raccolta dati

I dati da analizzare comprendono un database storico dal 2003 al 2014, che è stato ampliato al 2015 mediante raccolta diretta di dati in mare.

La raccolta dati ha avuto luogo durante tutto l'arco dell'anno, con maggiore intensità durante il periodo primavera-estate, compatibilmente alle condizioni meteo-marine. Il limite per l'organizzazione di un'uscita è rappresentato dal valore 3 della scala Douglas (poco mosso, altezza media delle onde 0,50 – 1,25 metri).

Mentre le metodiche di raccolta dati sono uguali o analoghe nei due gruppi di studio, i mezzi utilizzati sono diversi a seconda delle zone:

• Zona A: la piattaforma di opportunità utilizzata dal Centro CE.TU.S. di Viareggio è un catamarano a vela Nautitech di 12m di lunghezza (“Krill”), dotato di due motori ausiliari Yanmar 30 CV. L'utilizzo di una imbarcazione con queste caratteristiche impone un'altezza di circa 2m sul livello del mare che, pur non essendo ottimale, aumenta la visibilità a lungo raggio. Inoltre la propulsione per lo più eolica diminuisce il disturbo acustico sull'ambiente, le limitate dimensioni permettono di avvicinarsi molto agli animali durante gli avvistamenti influenzando positivamente la raccolta di dati soprattutto fotografici, alla base dell'attività di ricerca. Le attività sono state effettuate ad una velocità costante di 5-6 nodi.

Per la raccolta dati è stata utilizzata la seguente attrezzatura: − GPS: Garmin etre x legend cartografico e Seiwa plotter cartografico con cartografia cmap;

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D7000 con teleobiettivo 30-300mm, Nikon D3000 con teleobiettivo 18-300mm.

Binocoli: Hoxin HB-750CW, Konus 7x50 Green Life Multicoated, Steiner 7x80 Multicoated;

Telecamera subacquea Go Pro Black edition;

Scheda cartacea per la raccolta dati di sforzo e avvistamento.

• Zona B, C, D: le piattaforme utilizzate dal gruppo di ricerca “Delfini Metropolitani” dell'Acquario di Genova sono due gommoni BWA a chiglia rigida di 5,10 metri di lunghezza, dotati di motore Honda Marine 40 CV a 4 tempi. Questo tipo di imbarcazione offre una limitata altezza sul livello del mare che ne riduce la visibilità, ma la facile manovrabilità, il ridotto impatto fisico e acustico e la vicinanza agli animali permettono una ottimale raccolta dati. Le attività di ricerca sono state effettuate ad una velocità costante di 7-8 nodi.

Per la raccolta dati è stata utilizzata la seguente attrezzatura: − GPS (Garmin Map76);

Macchina fotografica digitale reflex, Nikon D70-S, con obiettivo Nikon 70-200;

Scheda per la raccolta dei dati di sforzo e di avvistamento.

I dati raccolti sono di 4 tipi: 1. dati di sforzo

2. dati di avvistamento

3. dati sulle imbarcazioni (pescherecci) 4. dati fotografici

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Dati di sforzo

Per dati di sforzo si intendono i percorsi seguiti dalle imbarcazioni durante le uscite di ricerca in mare. I tracciati vengono registrati mediante dispositivi GPS (portatili e/o fissi) che vengono accesi al momento della partenza dal punto di approdo (fase on effort) e il dato di posizione viene acquisito da satellite ogni 20 secondi. Sul GPS sono registrati i punti di inizio e fine uscita (waypoint – WP). In genere la rotta seguita durante il rilevamento è libera, spesso abbinata al controllo dei pescherecci. Scaricando il tracciato su computer per l'analisi, è possibile ricostruire l'intera rotta seguita determinando tempi, distanze e posizioni. Il dato cartografico è combinato al dato cartaceo, preso direttamente a bordo dell'imbarcazione durante l'uscita su apposite schede cartacee. Tra questi: data, numero progressivo dell'uscita, orario di inizio e fine uscita con WP corrispondente, porto di imbarco e sbarco, condizioni meteo-marine.

Dati di avvistamento

Per dati di avvistamento si intendono tutte le informazioni registrate durante un eventuale incontro con gli animali.

Sul GPS si registrano i punti geo-riferiti di inizio (fase off effort) e di fine avvistamento/i; a questo dato si aggiungono tutte le informazioni prese durante la fase off effort sulla scheda cartacea: orario, specie target, numero di individui, eventuale presenza e numero di piccoli (individui di lunghezza inferiore a ½ di quella dell’adulto cui nuotano accanto (Cockcroft & Ross, 1990; Mead & Potter, 1990; Pribanic et al., 2000) , comportamento (determinato secondo le categorie di Shane, 1990) , direzione di movimento iniziale e finale sia assoluta che in riferimento all'imbarcazione, eventuale associazione con pescherecci a strascico.

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Durante la registrazione dei dati di avvistamento, essendo indispensabile avvicinarsi agli animali il più possibile, vengono adottati alcuni accorgimenti per diminuire l'impatto di disturbo sugli stessi: la rotta dell'imbarcazione si adegua e rimane parallela a quella degli individui, così come la velocità che deve rimanere al di sotto dei 7-8 nodi (Notarbartolo di Sciara & Demma, 1994). L'interazione con gli animali deve essere mantenuta comunque solo lo stretto necessario ad acquisire dati qualitativamente buoni.

Dati di imbarcazioni

Si intendono i dati riferiti alla presenza di imbarcazioni sulla rotta seguita durante l'uscita di ricerca, come le coordinate geografiche e la tipologia di mezzo incontrato (sulla base della propulsione e/o categoria commerciale e/o militare). Il dato è registrato sul GPS e su apposite schede cartacee. Nel presente lavoro viene considerato ed analizzato il dato riferito alla presenza di pescherecci a strascico sulla rotta seguita, abbinato all'eventuale associazione col tursiope.

Dati fotografici

Il dato fotografico è alla base della ricerca sui mammiferi marini ed in particolare sui cetacei. Permette infatti di estrapolare informazioni varie su individuo, sesso, stato di salute, associazioni ed interazioni, in modo non invasivo e di minimo impatto sull'animale. È quindi indispensabile che il dato raccolto sia di qualità, che permetta in particolar modo la foto-identificazione del maggior numero di individui presenti nell'avvistamento.

Per quanto riguarda il tursiope, il dato fotografico più importante è la pinna dorsale: si cerca di fotografare entrambi i lati della pinna diverse volte, in modo da aumentare le probabilità di

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ottenere una foto qualitativamente buona per essere analizzata (Fig. 9). Le fotografie, quando possibile, sono scattate perpendicolarmente all’asse del corpo (Würsig & Jefferson, 1990).

Fi g. 9 : es em pi o d i f o to d i b uo na q ua l it à p er la f o t o- id e nt if ica z io ne

In base alle condizioni meteo-marine, alla luce e al comportamento degli animali, vengono regolate la lunghezza focale, il tempo di scatto, l’apertura del diaframma e il grado di sovra-sotto esposizione; si predilige inoltre l’uso di un ISO basso (Mazzoli et al., 2004). In media in ogni avvistamento si acquisiscono tra le 150 e le 250 fotografie.

Secondo alcuni autori (Würsig, 1978; Ballance, 1987) l’intero gruppo di tursiopi è foto-identificato, con una probabilità del 95%, quando tutti gli individui foto-identificabili sono rappresentati da almeno quattro fotografie di buona qualità (Fig. 10).

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F i g.1 0: Pe rce nt ua le d i p ro ba bi l it à c he tu tt i i m e mb ri d el g rup po s ia n o f ot o-id en tif ic a ti v s i l nu me ro d i f ot o gra f ie per in d i vi d u i ( d a B a ll a nce , 1 9 9 0 ) .

2.3 Archiviazione dati

L'archiviazione dei dati qui illustrata ha seguito i programmi e le metodiche utilizzate dal Centro CE.TU.S. di Viareggio. I dati provenienti dal gruppo “Delfini Metropolitani” dell'Acquario di Genova sono stati archiviati utilizzando metodiche differenti, ma sempre analoghe, specificate più avanti.

Dati cartografici

Le tracce registrate tramite GPS vengono scaricate ed archiviate sul computer mediante il software MapSource (programma di proprietà della Garmin) utilizzante estensione .mps/.gdb per salvare i file. Una volta salvati rotta e waypoint di avvistamento, i files vengono convertiti in formato .gpx (standard di interscambio, formato aperto importabile in numerosi software) mediante il software GPSBabel. Per analisi dati e la visualizzazione si utilizza il software OpenCPN (Fig. 11).

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Fi g. 1 1 : es em pi o d i ca rt in a c o n p u nt i d i a vvi s ta m en t o r ea li z z a ta co n Op en C PN.

OpenCPN è un programma opensource pensato prevalentemente per la navigazione marittima e quindi utilizzato anche a bordo interfacciandolo con il pilota automatico, per la realizzazione di precisi transetti di ricerca. Le mappe utilizzate sono le C-Map93, contenenti tutte le informazioni relative a batimetria, ausili di navigazione, linee di costa ed informazioni topografiche di base. Il software consente di caricare e visualizzare contemporaneamente diversi files contenenti punti e tracce precedentemente salvati in formato .gpx.

L'Acquario di Genova si serve dei software OziExplorer ed ArkView 9.3 per archiviazione ed analisi dei dati geo-referenziali.

Le informazioni principali estrapolate sono: miglia percorse, tempo e velocità di percorrenza, coordinate geografiche degli avvistamenti.

Questi dati, assieme a quelli contenuti nelle schede cartacee compilate a bordo, servono ad aggiornare un apposito DataBase,

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creato con Access 2003, costituito di 4 tabelle tra loro collegate: Uscite

Avvistamenti Pescherecci Individui

Le prime tre tabelle possono essere compilate immediatamente poiché i dati sono subito disponibili grazie alle schede cartacee e al dato cartografico scaricato.

Nella tabella “Uscite” (Fig. 12) sono inseriti i dati riferiti a: ID uscita, data, file rotta, avvistamento, raccolta dati fotografici, specie, miglia percorse, ora di inizio e fine, presenza pescherecci, note.

Fi g. 1 2 : Ta be lla “ U sc ite ” .

Nella tabella “Avvistamenti” sono inseriti dati riferiti a: ID avvistamento, data, specie, tot individui, presenza piccoli, coordinate

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geografiche dell'avvistamento, minuti di osservazione, file rotta, raccolta dati fotografici, presenza individui foto-identificati, associazione pescherecci, ID uscita, note.

Nella tabella “Pescherecci” sono inseriti dati riferiti a: ID uscita, data, avvistamento, specie, presenza pescherecci, coordinate geografiche, attività del peschereccio (in movimento con strascico, in movimento senza strascico, fermo) (Fig. 13).

Fi g. 1 3 : Ta bel la “ Pe sc her ecc i” .

Per compilare la tabella “Individui” è invece necessario procedere all'analisi del materiale fotografico attraverso la foto-identificazione. In questa tabella ogni delfino è identificato da un codice univoco come ad esempio TTCC001 o TTDM001, dove TT sta per Tursiops truncatus, CC per Centro CE.TU.S. / DM per Delfini Metropolitani, 001 è un numero progressivo. Nel file sono riportate tutte le date di avvistamento in cui gli individui sono stati

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foto-identificati.

La presenza di due gruppi di studio differenti (Centro CE.TU.S. ed Acquario di Genova) in aree limitrofe e ristrette ha portato ad una parziale compresenza in entrambi i database degli stessi delfini, a cui sono stati assegnati due nomi diversi.

Per questo progetto di tesi si è resa quindi necessaria la creazione di un'ulteriore tabella, definita “Individui Santuario Pelagos”, in cui unire gli individui dei due gruppi e assegnare loro un codice univoco di identificazione Santuario Pelagos (ad esempio TTSP001) sovrastante quello eventualmente assegnato dai due gruppi di ricerca allo stesso individuo. Questa tabella permette la ricostruzione dell'intera cronostoria di avvistamento dello stesso delfino nelle diverse aree in studio. (Fig. 14).

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Nella tabella è stato assegnato inoltre un codice univoco identificativo Santuario Pelagos ad ogni singolo avvistamento, di cui è stato specificato se in associazione con pescherecci. La tabella contiene anche informazioni sul sesso, se determinato, degli individui catalogati.

Dati fotografici: foto-identificazione e matching

La Foto-identificazione è una delle tecniche di mark-recapture utilizzabili per effettuare il censimento di popolazioni animali nel loro habitat naturale (Hammond, 1986). Permette di ottenere stime di diversi parametri di una popolazione, tra cui la dinamica (Bearzi et al., 2008), l'abbondanza (Seber, 1982; Hammond & Thompson, 1991.), la distribuzione spaziale (Mead & Poter, 1990; Ballance, 1990), la fedeltà ad un sito, gli spostamenti (Würsig & Jefferson, 1990) e migrazioni (Irvine et al., 1981, Wells et al., 1980), le associazioni tra individui (Slooten et al., 1993), la struttura sociale dei gruppi (Shane et al., 1986; Scott & Chivers 1990), i tassi di riproduzione (Scott et al., 1990), lo sfruttamento dell’ habitat (Ballance, 1992), la distribuzione batimetrica (Gnone et al., 2005).

Questa metodologia si basa sull’analisi fotografica di mark naturali presenti sul corpo dell'animale che ne permettono il riconoscimento in modo non invasivo (Maldini Feinholz, 1994). Questi possono derivare da interazioni intraspecifiche, aggressioni di predatori (McCann, 1974; Heithaus, 2001), o a causa di incidenti con imbarcazioni o attrezzi da pesca (Sears et al., 1990; George et al., 1994; Wells & Scott, 1997; Slooten et al., 2000). Per quanto riguarda i cetacei, in particolare gli odontoceti e il tursiope, la maggior parte delle lesioni è localizzata sulla pinna dorsale e sul peduncolo caudale

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(Caldwell, 1955; Irvine & Wells, 1972; Würsig & Würsig,1977; Wells, 1986; Ballance, 1987; Scott et al., 2005). La porzione fotografata in particolare è quindi la pinna dorsale, che è anche la parte del corpo che più facilmente emerge dall’acqua. Soprattutto il profilo posteriore risulta frequentemente rovinato e riconoscibile. Risulta evidente l'importanza di una fotografia di qualità ottimale per aumentare le probabilità di riconoscimento.

Spesso le ferite che gli animali si procurano tendono a subire modifiche durante la guarigione e/o rimarginare senza lasciare segni (Lockyer & Morris, 1990). Le uniche lesioni permanenti sono quelle che interessano i margini della pinna dorsale e che appaiono come lembi o porzioni (tacche) mancanti nel profilo (Scott et al., 1990). Queste tacche più o meno profonde nei tursiopi rendono identificabili più del 50% degli individui (Würsig & Würsig, 1977; Würsig & Jefferson, 1990).

Vengono definiti elementi primari per la foto-identificazione tacche, deformità e forma della pinna dorsale (Wilson et al., 1999); i graffi e le depigmentazioni vengono invece utilizzate solo in associazione con le lesioni permanenti e sono dette lesioni secondarie.

Esempi di lesioni permanenti e secondarie da esaminare durante il processo di foto-identificazione (Tab. 2):

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T a b. 2 : es em pi d i p ar a me tr i da co n si d era re p er la f o t o- id e n tif i ca z io ne , m a r ker na tur a li sul la p in na d or sa l e d ei tu rs io pi .

Le fotografie contenute nella cartella di ogni singolo avvistamento vengono suddivise in tante sottocartelle quanti sono gli individui riconoscibili, indicati temporaneamente come “ individuo 1, 2, 3..”. All’interno di que ste cartelle, accanto alle foto utili per la foto-identificazione, sono considerate anche le immagini che in maniera diretta e/o indiretta forniscono informazioni sul sesso degli individui (immagini della regione genitale, associazioni madri-piccoli) e sul loro comportamento. Le foto migliori dei singoli tursiopi, possibilmente una del lato destro e una del lato sinistro della pinna dorsale, sono poi confrontate con le foto degli individui presenti nel catalogo, operazione che prende il nome di matching.

Durante il matching l'individuo in analisi può risultare nuovo quando, identificati i marchi presenti sulla pinna, non compare nel catalogo e viene quindi inserito per la prima volta nel database con relativo codice identificativo e cartella fotografica; si parla invece di

ta cc he f or ma d ef o rm it à

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individuo “ricatturato”, se l’animale fotografato viene riconosciuto tra gli individui già identificati. In quest'ultimo caso si aggiorna la cartella fotografica presente con le fotografie migliori del nuovo avvistamento. In questa fase si prendono in esame quante più caratteristiche possibili per confermare il matching e ridurre la possibilità di falsi positivi (Scott et al., 1990a; Wursig & Jefferson, 1990). Numerosi falsi positivi (individui non catalogati che vengono scambiati per individui conosciuti) e falsi negativi (individui catalogati che non vengono riconosciuti) inficiano tutte le analisi successive falsandone i risultati.

2.4 Analisi dei dati

Premessa

• Le modalità di raccolta ed archiviazione dei dati da parte dei due gruppi di ricerca risultano, se non uguali, analoghe;

• la specie target è presente su tutta l'area;

• i pescherecci sono uniformemente presenti su tutta l'area indagata eccetto per l'area D di Genova, in cui però la presenza, benché inferiore, risulta comunque registrata anche in associazione ai tursiopi. Considerato il numero esiguo di uscite nell'area (≈ 8% delle uscite complessive) e la presenza di dati importanti su associazione tursiopi/pescherecci, si è deciso di mantenere i dati riguardanti quest'area all'interno delle analisi; • gli individui analizzati si definiscono appartenenti allo stesso

gruppo poiché sono stati tutti avvistati da entrambi i gruppi di ricerca.

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Eccetto le analisi preliminari generali sullo sforzo storico di ricerca dei due centri, i dati sono stati analizzati in relazione all'interazione con la pesca a strascico. Il punto di partenza ha previsto quindi l'eliminazione arbitraria di tutti quei dati (intesi come giornate di ricerca ed eventuali avvistamenti):

• fuori area di studio;

• durante la raccolta dei quali non erano presenti pescherecci in mare, come week end, giorni festivi e periodi di fermo pesca (www.federcoopesca.it).

Fatte queste assunzioni, i dati sono stati analizzati nel loro complesso, senza quindi tener conto della suddivisione di zone di studio.

Dato di sforzo e avvistamento

Dai dati cartografici sono stati estrapolati numero totale di giorni di ricerca, km percorsi e numero di avvistamenti della specie target.

È stato calcolato lo sforzo di ricerca (km percorsi) e da questo l'indice di incontro (encounter rate – ER) di tutta l'area:

ER = N/km

Il numero di avvistamenti (N) viene diviso per i km totali percorsi e risulta normalizzato rispetto allo sforzo reale. L'E.R. è stato calcolato distintamente per ogni anno di studio, per verificare eventuali oscillazioni.

Durante l’interpretazione dei risultati è bene ricordare che lo sforzo (km) si trova al denominatore: così, se un elevato valore di E.R. è risultato di pochi chilometri, il dato deve essere interpretato con prudenza, dal momento che gli incontri potrebbero essere dovuti più al caso che a un’effettiva presenza della specie in esame.

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relazione alla presenza/assenza di pescherecci durante gli avvistamenti. Utilizzando la formula

a/(a+b)

dove “a” è il numero di avvistamenti di tursiopi in associazione ai pescherecci e “b” il numero di avvistamenti con compresenza di tursiopi e pescherecci ma non associati, si è indagato l'andamento di questo comportamento negli anni di studio. In questo modo sono stati eliminati tutti i dati in cui l'assenza di tursiopi e/o pescherecci avrebbe potuto essere frutto di errori nel campionamento. La linea di tendenza è stata testata applicando il test di Spearman.

Prendendo in considerazione il numero di individui per ogni avvistamento e procedendo al calcolo della media, con correlata la deviazione standard, si è confrontata la dimensione dei gruppi durante l'associazione con i pescherecci a strascico e non. Per testare la significatività della differenza tra le medie è stato dapprima applicato il test F, per verificare l'omogeneità tra le varianze delle due matrici di dati, e successivamente applicato il test non parametrico di Kruskal-Wallis per matrici a varianza non omogenea.

Si è valutata inoltre anche la presenza media di piccoli nelle due differenti occasioni, applicando il test del χ2

con le tabelle di contingenza per testarne la significatività.

Dato di foto-identificazione

Sulla base delle informazioni contenute nella tabella “Individui Santuario Pelagos” si è:

• valutata l'esistenza di un fenomeno di diffusione del comportamento di trawler, verificandolo annualmente con il calcolo di

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dove N indica il numero di individui;

• calcolata annualmente la cumulata del rapporto tra nuovi trawler e nuovi foto-identificati ;

Sui risultati ottenuti è stato applicato il test di Spearman per testare la significatività dell'andamento osservato.

Nessun cut-off è stato imposto in queste prime analisi generali su presenza/assenza dei delfini dietro allo strascico.

Entrando nel merito dei singoli individui foto-identificati all'interno della tabella “Individui Santuario Pelagos”, è stato necessario porre in modo arbitrario una soglia di cut-off del numero di avvistamenti minimo, al di sotto del quale il comportamento dell'individuo non viene considerato statisticamente significativo e l'individuo viene eliminato dall'analisi.

La discussione sul minimo numero di avvistamenti richiesti per includere un individuo nelle analisi è ancora aperta: si va da 2 (Slooten et al. 1993) o 3 (Rogers et al. 2004) avvistamenti per individuo a 10 (Quintana-Rizzo & Wells 2001) o 30 (Gero et al., 2005) avvistamenti per individuo. Nel lavoro di Chilvers & Corkeron (2002) viene discusso il compromesso tra la garanzia della rappresentatività dei dati (includendo individui con una bassa frequenza di avvistamento) e la loro affidabilità (utilizzando pochi individui ma con alte frequenze di avvistamento).

In assenza di un consenso univoco in merito in letteratura, è stato applicato un cut-off pari a 5 avvistamenti per individuo, avendo già questo dimezzato gli individui foto-identificati disponibili per le analisi.

(45)

2.4.1 Indici di associazione

Gli indici di associazione sono utili strumenti che utilizzano la frequenza di specifiche interazioni e comportamenti per calcolare la forza di una relazione. L'obiettivo è quello di testare la deviazione del comportamento associativo dal random e di identificare associazioni preferite ed evitate (Myers 1983; Kerth & Konig 1999; Whitehead & Dufault 1999).

In questo lavoro sono stati in particolare indagati i pattern di associazione tra individui in presenza ed assenza di pescherecci.

Per esaminare la struttura sociale di una (sub)popolazione l'elemento fondamentale risulta l'interazione tra diadi (Hinde, 1976). Queste interazioni definiscono le relazioni e, perciò, la struttura sociale. Tuttavia la misura delle interazioni in animali selvatici e poco accessibili risulta spesso di difficile perseguimento. È necessario quindi utilizzare un'alternativa: se si conoscono le circostanze in cui le interazioni tra animali si verificano usualmente (range spaziale, tipologie comportamentali,..) è possibile utilizzare le “associazioni” -presenza di diadi in queste circostanze – in vece del dato di interazione (Whitehead, 1997). Purtroppo, per quanto riguarda i cetacei le informazioni sulle circostanze in cui le interazioni si verificano sono spesso non disponibili, e questo difficilmente potrà cambiare in futuro. Si è quindi provveduto ad applicare il procedimento conosciuto come

“gambit of the group” = si assume che gli animali che sono clusterizzati (spazialmente e temporalmente) stiano interagendo l'un l'altro. Viene quindi utilizzata l'appartenenza ad un medesimo cluster (detto qui anche gruppo) per definire l'associazione (Whitehead & Dufault, 1999).

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quando si trovano entro un raggio di 100m (Irvine et al., 1981) o si muovono nella stessa direzione (Shane 1990; Möller et al., 2006) o interagiscono tra loro o sono impegnati nella medesima attività (Owen et al., 2002; Rogers et al., 2004; Möller et al., 2006).

L'applicazione del gambit è una se mplificazione della definizione di interazione, ma è spesso l'unic o procedimento perseguibile per lo studio della struttura sociale nei cetacei.

In questo lavoro, quindi, due individui si sono intesi associati tra loro (interagenti), e su questo dato è stato calcolato l'HWI, ogniqualvolta sono stati foto-identificati nello stesso avvistamento.

Per assicurare l'indipendenza del campionamento ed evitare autocorrelazioni è stato preso in considerazione solo il primo avvistamento di un individuo, nei casi in cui lo stesso delfino risulti avvistato più volte nello stesso giorno (Bëjder et al. 1998; Chilvers & Corkeron 2002). Sono stati utilizzati periodi di campionamento di un giorno per rimuovere gli effetti demografici subiti dalla (sub)popolazione in analisi durante il periodo di studio, come nascite, morti, fenomeni di immigrazione ed emigrazione (Whitehead, 1999).

SOCPROG 2.6

SOCPROG è un set di programmi che analizza dati sulle associazioni animali. È stata utilizzata l'ultima versione SOCPROG 2.6 (Whitehead, 2015) (Fig. 15).

(47)

Fi g. 1 5 : sc he rm a ta in iz ia l e d i S OC P R O G 2 .6

Viene impiegato per calcolare e testare l'indice di associazione tra individui. In Excel è stata creata una tabella ad hoc, contenente le informazioni necessarie al programma disposte su tre colonne: data di avvistamento, codice avvistamento, codice individuo foto-identificato (Fig. 16).

Fi g. 1 6 : Ta bel la cr ea ta per S OC P RO G s u ll a b a se d eg li i nd iv id ui f o to - i d en ti f ic a t i a lm en o 5 v ol te .

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