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Le diverse esperienze di Quantitative Easing a livello internazionale: caratteri peculiari e relativo impatto sui mercati.

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Academic year: 2021

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I

INDICE

INTRODUZIONE ... 1

CAPITOLO 1 – QUANTITATIVE EASING (QE): PROFILI DEFINITORI E CARATTERI PECULIARI ... 3

1.1 Profili definitori e meccanismi di trasmissione del QE ... 3

1.2 Gli effetti diretti ... 6

1.2.1 I rendimenti delle attività finanziarie acquistate ... 6

1.2.2 I tassi d’interesse sul mercato monetario ... 7

1.2.3 Le aspettative di inflazione e il clima di fiducia ... 8

1.3 Gli effetti indiretti ... 8

1.3.1 I rendimenti delle altre attività finanziarie ... 9

1.3.2 Il tasso di cambio ... 10

1.3.3 I prestiti bancari ... 10

1.3.4 I saldi di finanza pubblica ... 11

1.4 La trasmissione all’economia reale ... 11

1.5 Il QE nel dibattito economico ... 13

1.6 QE: dalla teoria alla pratica ... 14

1.6.1 L’esperienza della Bank oj Japan ... 14

1.6.2 L’esperienza della Bank of England ... 17

1.6.3 L’esperienza della Federal Reserve ... 20

1.6.4 L’esperienza della Banca Centrale Europea ... 26

CAPITOLO 2 – GLI EFFETTI DEL QE DELLA BOJ SUI MERCATI GIAPPONESI ... 31

2.1 Effetti del Quantitative Easing sui mercati azionari ... 31

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II

CAPITOLO 3 – GLI EFFETTI DEL QE DELLA BOE SUI MERCATI

BRITANNICI ... 45

3.1 Effetti del Quantitative Easing sui mercati azionari ... 45

3.2 Alcune considerazioni di sintesi ... 50

CAPITOLO 4 – GLI EFFETTI DEL QE DELLA FED SUI MERCATI STATUNITENSI ... 55

4.1 Effetti del Quantitative Easing sui mercati azionari ... 55

4.2 Alcune considerazioni di sintesi ... 64

CAPITOLO 5 – GLI EFFETTI DEL QE DELLA BCE SUI MERCATI EUROPEI ... 69

5.1 Effetti del Quantitative Easing sui mercati azionari ... 69

5.2 Alcune considerazioni di sintesi ... 77

CAPITOLO 6 – QUATTRO QE A CONFRONTO ... 81

CONCLUSIONI ... 95

ELENCO DEI GRAFICI E DELLE FIGURE ... 101

BIBLIOGRAFIA ... 105

SITOGRAFIA ... 111

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1

INTRODUZIONE

Dall’avvento della crisi finanziaria globale del 2008 sentiamo sempre più parlare di Quantitative Easing (di seguito breviter QE) e di come le principali Banche Centrali del pianeta ricorrano a tale manovra per cercare di arginare la crisi eco-nomica. Il QE è una politica monetaria non convenzionale, che va ad iniettare li-quidità all’interno dell’economia con lo scopo di abbassare i tassi di interesse a lungo termine e combattere la recessione in quanto, con la caduta dei tassi d’interesse a livello zero come conseguenza della crisi globale, le politiche mo-netarie convenzionali attuate dalle Banche Centrali sono diventate inefficaci. Il primo stato ad attuare una politica di Quantitative Easing è stato il Giappone, sin dal lontano 2001, ma è con lo scoppio della crisi finanziaria del 2008 che i paesi più sviluppati hanno iniziato ad utilizzare il QE regolarmente per stimolare l’economia, incrementare la concessione di credito bancario e incoraggiare i con-sumi.

Lo scoppio della bolla dei mutui subprime negli Stati Uniti, che ha portato al fal-limento della Lemhan Brothers, uno dei principali operatori del mercato dei titoli di stato statunitensi, e alla crisi finanziaria globale del 2008, nonchè la più recen-te crisi del debito sovrano all’inrecen-terno dell’Eurozona, hanno obbligato le principali Banche centrali (Federal Reserve, Bank of England, Bank of Japan, Banca Cen-trale Europea) ad adottare misure eccezionali di politica monetaria come appunto il QE.

Gli Stati uniti e il Giappone hanno introdotto il QE a partire dal 2008 ( rispetti-vamente nel Novembre e Dicembre 2008), il Regno Unito da Gennaio 2009 ed infine l’Unione Europea ha optato per l’attuazione di un programma di QE sola-mente dagli inizi del 2015.

Nel corso di questa tesi verranno approfondite le esperienze di Quantitative

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l’implementazione di tale politica monetaria ha avuto sui mercati azionari Statu-nitensi, Giapponesi, Britannici ed Europei, prima e durante l’attuazione del QE. Sarà analizzata nello specifico la politica di QE in quanto tale: in cosa consiste il programma di acquisti, i meccanismi di trasmissione dei suoi effetti all’economia reale e la composizione dei singoli programmi attuati nelle esperienze considera-te.

In un secondo momento ci concentreremo esclusivamente sui mercati azionari e sull’effetto che il Quantitative Easing ha avuto su di essi all’interno di ogni sin-golo paese: a tal proposito verrà analizzato il comportamento dell’indice di borsa Nikkei 225 per quanto riguarda il Giappone, del FTSE 100 per il Regno Unito, dello S&P 500 per la borsa Statunitense ed infine l’indice Eurostoxx 50 per i mercati dell’Eurozona.

Infine, dall’analisi svolta singolarmente sulle quattro esperienze di QE, passere-mo ad un confronto “verticale” tra i mercati dei vari paesi considerati, in passere-modo tale da riscontrare eventuali elementi ed effetti comuni tra di esse,elementi che ci permetteranno di evidenziare o meno, un’omogeneità di comportamento dei mer-cati azionari di fronte all’attuazione di tale politica monetaria

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CAPITOLO 1 – QUANTITATIVE EASING (QE): PROFILI DEFINITORI E CARATTERI PECULIARI

1.1. Profili definitori e meccanismi di trasmissione del QE

Con Quantitative Easing, in italiano alleggerimento o allentamento quantitativo, o anche facilitazione quantitativa, si designa una delle modalità con cui avviene la creazione di moneta da parte della banca centrale e la sua iniezione, con opera-zioni di mercato aperto, nel sistema finanziario ed economico.

In particolare è definita come una “politica monetaria non convenzionale” con cui una banca centrale acquista titoli di Stato o altri titoli (anche tossici, “junk

bond”) dal mercato al fine di abbassare i tassi di interesse e di aumentare l'offerta

di moneta . L'aumento dell' offerta di moneta avviene inondando le istituzioni fi-nanziarie con capitale , nel tentativo di promuovere una crescita del credito e di liquidità .

Il Quantitative Easing è preso in considerazione soprattutto quando i tassi di inte-resse a breve termine sono pari o prossimi allo zero; a differenza delle cosiddette “politiche economiche convenzionali”, le quali intervengono sull'offerta di mone-ta tramite l'acquisto o la vendimone-ta di titoli ( quando la banca si propone di promuo-vere la crescita economica , acquista titoli di Stato, abbassa i tassi di interesse a breve termine e aumenta l'offerta di moneta ) ma risultano inefficaci in una situa-zione di tasso prossimi allo zero, le politiche non convenzionali e nello specifico il QE tendono a stimolare la crescita economica immettendo liquidità nelle istitu-zioni finanziarie ed incoraggiando queste ultime a prestare denaro ad aziende e famiglie.

L’operazione di Quantitative Easing, tuttavia, non è definita in modo preciso. Nella classificazione di Borio (Borio & Disyatat, 2009), il QE è il risultato della compartecipazione di tre operazioni base: target sulle riserve, acquisto di titoli di stato e comunicazione. Nella visione della Banca d’Inghilterra, invece, il QE è un qualunque acquisto di titoli pubblici, effettuato usando moneta di nuova

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creazio-4

ne. Nonostante le diverse sfumature, il cuore dell’operazione è condiviso da tutte le accezioni: un aumento della base monetaria nel sistema.

L'efficacia di tale politica però è messa in discussione soprattutto dal punto di vi-sta teorico. La critica teorica si basa sul fatto che, quando il tasso nominale egua-glia lo zero, moneta e titoli di stato a breve scadenza diventano perfetti sostituti. Infatti, la moneta diviene una riserva di valore in grado di reggere la concorrenza dei titoli: offre lo stesso rendimento (nullo), non ha costi di stoccaggio e come unica differenza ha scadenza infinita, non certo un problema data la sua liquidità intrinseca. Dunque, in caso di tasso nominale nullo, la variabile che deve essere considerata come indicatore del livello di liquidità nel mercato non è la semplice base monetaria, ma bensì è data dalla somma di moneta e titoli a breve, in quanto perfetti sostituti. Considerando questa nuova variabile, si deduce facilmente co-me una politica di QE non riesca ad accrescere la quantità di liquidità nel siste-ma, ma semplicemente operi uno scambio fra beni identici. Fin'ora però rimane un problema del tutto teorico in quanto nella pratica il QE qualche effetto positi-vo l'ha portato e citando anche le parole di Ben Bernanke, ex presidente della FED,: «Il problema del QE è che funziona nella pratica, ma non nella teoria».

Attraverso l’acquisto di attività finanziarie in cambio di riserve monetarie, la banca centrale modifica la composizione del portafoglio degli operatori econo-mici, riducendo la disponibilità sul mercato di tali attività – in genere caratteriz-zate da un rischio di credito contenuto e scadenze a medio-lungo termine – e au-mentando la quantità di altre attività molto liquide – le riserve di banca centrale. L’espansione del bilancio della banca centrale conseguente a queste politiche è determinata, sul lato dell’attivo, dall’incremento delle attività finanziarie; su quello del passivo, dall’aumento delle riserve di banca centrale. I meccanismi tramite cui opera questa misura di politica monetaria sono molteplici: non solo l’aumento della base monetaria, in cui si tende spesso a individuare il canale principale1 , ma anche altri, non legati direttamente all’immissione di riserve o

1

Ciò deriva dal fatto che, secondo la teoria quantitativa della moneta, nel lungo periodo a una variazio-ne del tasso di crescita della base movariazio-netaria corrisponde una variaziovariazio-ne di pari ammontare

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5

all’espansione del bilancio della banca centrale, bensì al mutamento nella com-posizione del bilancio del settore privato e all’effetto sulle aspettative e sul clima di fiducia degli agenti economici. I principali canali attraverso i quali il pro-gramma di acquisto di titoli pubblici e privati influenza l’attività economica e l’inflazione sono rappresentati nella Figura 1.

Figura 1 – Il meccanismo di trasmissione del QE

dell’inflazione. Nondimeno, l’impatto degli acquisti su larga scala di attività finanziarie non è necessa-riamente legato a un meccanico aumento delle riserve di banca centrale (Borio & Disyatat, 2009).

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1.2. Gli effetti diretti

La sostituzione di attività finanziarie a medio-lungo termine con riserve di banca centrale ha tre effetti diretti: (i) sui prezzi e i rendimenti delle attività finanziarie oggetto del programma, (ii) sui tassi di interesse del mercato monetario, (iii) sulle aspettative di inflazione e sul clima di fiducia di imprese e famiglie.

1.2.1. I rendimenti delle attività finanziarie acquistate

Il programma di acquisto ha in primo luogo un impatto diretto sui rendimenti dei titoli pubblici e privati che sono oggetto dell’intervento.

Il rendimento di un titolo può essere scomposto in una componente priva di ri-schio e una componente di premio per il riri-schio (che include il premio a termine, , il premio per la liquidità, e il premio per il rischio di credito ); la componente priva di rischio di un titolo con scadenza al tempo t, può a sua volta essere e-spressa come la media dei tassi a breve termine privi di rischio attuali e attesi, de-terminati dalle decisioni di politica monetaria e dalla presenza o meno di riserve in eccesso nell’economia.

Componente priva di rischio. Il programma di acquisto di attività finanziarie,

se-gnalando l’intenzione della banca centrale di mantenere condizioni monetarie ac-comodanti per un periodo protratto di tempo, induce una riduzione delle attese sui tassi del mercato monetario futuri e quindi della componente priva di rischio dei rendimenti delle attività finanziarie acquistate (signaling channel). La valenza segnaletica è rafforzata dal fatto che la banca centrale sarebbe esposta a perdite di bilancio qualora dovesse decidere di aumentare nel breve periodo i tassi di inte-resse ufficiali.

Premi per il rischio. Un programma di acquisto di attività finanziarie a

medio-lungo termine può determinare una riduzione del premio per la liquidità (poiché aumenta la domanda dell’attività finanziaria oggetto del programma) e del

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pre-7

mio a termine. La letteratura sia teorica sia empirica suggerisce che l’effetto su questa componente del rendimento dipende da alcune caratteristiche dell’attività stessa, tra le quali la durata e l’emittente. Poiché alcuni investitori hanno una pre-ferenza per le attività a medio-lungo termine, poco rischiose ed emesse nel paese in cui risiedono, una riduzione della quantità disponibile sul mercato di attività finanziarie con queste caratteristiche fa diminuire il rendimento che gli investitori sono disposti a ottenere per tali attività. Ad esempio, investitori istituzionali quali i fondi pensione potrebbero voler detenere un ammontare pressoché fisso di titoli di Stato a 10 anni. In questo caso titoli di Stato con vita residua diversa non sono perfetti sostituti: una riduzione della quantità di titoli con una particolare durata genera la cosiddetta “scarsità locale” (scarcity channel). L’imperfetta sostituibili-tà di queste attivisostituibili-tà fa sì che l’elasticisostituibili-tà del prezzo all’offerta sia molto elevata. In altre parole, acquisti da parte della banca centrale sono tanto più efficaci nel ri-durre i rendimenti quanto più la domanda di titoli nel segmento della struttura a termine su cui vengono effettuati gli interventi è inelastica al prezzo .

1.2.2. I tassi d'interesse sul mercato monetario

La sostituzione di attività finanziarie con riserve di banca centrale porta a un in-cremento delle riserve in eccesso rispetto al fabbisogno di liquidità del sistema bancario. Quando l’assetto operativo della politica monetaria è caratterizzato da un regime di “corridoio” dei tassi di interesse ufficiali2, in presenza di abbondan-te liquidità in eccesso i tassi di inabbondan-teresse sul mercato monetario abbondan-tendono a

2

In un sistema a “corridoio”, la banca centrale fissa tre tassi di interesse: il tasso di interesse a cui le ban-che possono rifinanziarsi presso la banca centrale nelle operazioni di mercato aperto (nel caso dell’Eurosistema il tasso di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali, ORP); il tasso di interesse che le banche ottengono sulla liquidità in eccesso rispetto alla riserva obbligatoria (tasso di interesse sui depositi overnight); e (iii) il tasso di interesse a cui le banche possono chiedere liquidità overnight direttamente alla banca centrale (nel caso dell’Eurosistema, il tasso di interesse sulle opera-zioni di rifinanziamento marginale).

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vergere al limite inferiore del corridoio, il tasso sui depositi overnight3. Pertanto uno degli effetti dell’acquisto di attività finanziarie da parte della banca centrale è un abbassamento dei tassi di interesse del mercato monetario (excess liquidity

channel). Tuttavia, in un contesto in cui vi è già un eccesso di liquidità e i tassi a

breve termine sono prossimi allo zero lower bound, questo effetto può risultare molto contenuto.

1.2.3. Le aspettative di inflazione e il clima di fiducia

Poiché la banca centrale ha come obiettivo la stabilità dei prezzi, nel momento in cui essa annuncia che utilizzerà una misura di politica monetaria in modo coeren-te e protratto nel coeren-tempo al fine di riportare l’inflazione in linea con il proprio o-biettivo, le aspettative degli operatori economici si muovono nella direzione di tale obiettivo; quanto più credibile è l’annuncio della banca centrale e quanto più decise e incisive sono le misure adottate, tanto maggiore sarà il livello di fiducia nella sua capacità di raggiungere l’obiettivo e tanto maggiore l’impatto sulle a-spettative di inflazione e sul clima di fiducia di imprese e famiglie (confidence

channel).

1.3. Gli effetti indiretti

La riduzione dei tassi a breve termine e dei rendimenti delle attività finanziarie acquistate dalla banca centrale influenza la domanda aggregata e la dinamica dei prezzi anche attraverso molteplici canali indiretti: modificando i rendimenti delle altre attività finanziarie (portfolio-balance channel); riducendo il costo e

3

In presenza di un deficit di liquidità il tasso sul mercato monetario converge al tasso sulle operazioni di rifinanziamento marginale, il maggiore dei tre tassi; in assenza di eccesso o deficit di liquidità il tasso di interesse sul mercato monetario converge al tasso ORP, in genere superiore al tasso di interesse sui depositi overnight, ma inferiore a quello sulle operazioni di rifinanziamento marginale.

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tando la disponibilità dei prestiti bancari (bank lending, interest rate e balance

sheet channels); deprezzando la valuta domestica (exchange rate channel);

allen-tando le condizioni di finanziamento del settore pubblico (government budget

constraint channel). L’intensità con cui vengono attivati i diversi canali dipende

dal tipo di attività finanziarie scambiate, dalle caratteristiche strutturali dell’economia e dalla fase ciclica. In particolare, l’importanza relativa di alcuni canali di trasmissione potrebbe essere diversa nell’area dell’euro e in Italia rispet-to a quella osservata in passarispet-to in altre giurisdizioni, risentendo del ruolo pre-ponderante che il sistema bancario riveste nel finanziamento dell’economia ri-spetto al mercato dei capitali.

1.3.1. I rendimenti delle altre attività finanziarie

Al fine di influenzare le decisioni di famiglie e imprese, l’acquisto di attività fi-nanziarie da parte della banca centrale deve avere un impatto sul prezzo di un ampio insieme di attività, non solo di quelle acquistate direttamente dalla banca centrale (portfolio-balance channel). La variazione della componente priva di ri-schio e dei premi a termine delle attività acquistate si trasmette, infatti, al valore attuale scontato di qualsiasi flusso di pagamento multiperiodale, che è alla base della formazione del prezzo delle attività finanziarie e reali (quali, ad esempio, gli immobili). Inoltre, stimolando la domanda aggregata (di consumi e investi-menti), il programma di acquisto di attività finanziarie favorisce una riduzione dei premi per il rischio di credito, poiché riduce la probabilità di default di un ampio ventaglio di emittenti (pubblici e privati). L’evidenza empirica per gli Sta-ti UniSta-ti mostra che il programma di acquisSta-ti di Sta-titoli di Stato a lungo termine de-ciso dalla Federal Reserve nel marzo del 2009 ha determinato una riduzione dei rendimenti sui titoli privati (corporate bonds) simile a quella osservata sui titoli di Stato, oggetto del programma. Evidenza simile è stata riscontrata per il Regno Unito, dove l’acquisto di titoli di Stato da parte della Bank of England avrebbe indotto gli investitori istituzionali a sostituire i titoli di questo tipo che

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deteneva-10

no in portafoglio con titoli privati, con un effetto sui rendimenti di questi ultimi simile a quello osservato per i titoli di Stato4. Per quanto riguarda la trasmissione al mercato azionario, l’evidenza empirica è meno netta. Da un lato, dopo l’annuncio dei programmi di acquisto di titoli di Stato negli Stati Uniti e nel Re-gno Unito gli investitori privati non hanno aumentato la quota di azioni domesti-che nel loro portafoglio, segnalando come le azioni siano un sostituto imperfetto dei titoli di Stato. Dall’altro, vi sono indicazioni che l’aumento dei corsi azionari osservato in seguito all’annuncio del programma sia stato favorito anche dai più elevati profitti attesi e dalle prospettive di allentamento delle condizioni di finan-ziamento delle imprese a esso connessi.

1.3.2. Il tasso di cambio

La sostituzione di attività finanziarie disponibili sul mercato con riserve di banca centrale e la riduzione dei tassi di interesse a lungo termine inducono un deprez-zamento del tasso di cambio (exchange rate channel). In presenza di una stretta integrazione dei mercati finanziari a livello globale, gli investitori sono infatti portati a modificare il proprio portafoglio non solo verso i titoli emessi nella pro-pria valuta ma anche verso attività finanziarie in altre valute. L’evidenza per i programmi di acquisto di titoli di Stato a lungo termine della Federal Reserve, della Bank of England e della Bank of Japan mostra un effetto significativo sul tasso di cambio delle rispettive valute5.

4

Per l’evidenza per gli Stati Uniti si veda ad esempio Gagnon et al. (2011); per il Regno Unito si veda Joyce et al. (2014).

5

Per gli Stati Uniti l’evidenza differisce per i vari programmi adottati: il dollaro si sarebbe apprezzato a seguito del primo programma di acquisto (QE1) per effetto del forte afflusso di investimenti dai paesi emergenti sul mercato azionario e obbligazionario americano; la valuta americana si sarebbe invece deprezzata a seguito del secondo programma di acquisto (QE2) per effetto del forte deflusso di capita-li. Nel complesso, Fratzscher et al. (2013) concludono comunque che circa un terzo del deprezzamen-to del dollaro osservadeprezzamen-to tra il 2007 e il 2011 sarebbe attribuibile alle politiche della Federal Reserve

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11 1.3.3. I prestiti bancari

Sia la quantità sia il costo dei prestiti bancari possono essere influenzati dal pro-gramma di acquisto, attraverso diversi canali.

Poiché il tasso di interesse medio applicato ai nuovi prestiti è legato ai tassi di in-teresse a medio e lungo termine per la quota di prestiti a tasso fisso e a quelli a breve termine per la quota a tasso variabile, l’impatto diretto del programma di acquisto sul costo medio delle nuove erogazioni dipende sia dal peso relativo dei contratti a tasso fisso e variabile sia dalla variazione dei tassi di interesse sulle diverse scadenze (interest rate channel).

Inoltre, il miglioramento della redditività delle banche, derivante dalle plusvalen-ze sui titoli pubblici e privati acquistati dall’autorità monetaria, potrebbe raffor-zare il grado di patrimonializzazione e di liquidità degli intermediari e favorire una riduzione del loro costo di finanziamento, migliorando le condizioni di offer-ta del credito bancario sia in termini di prezzo che di quantità (bank lending

channel). Tale effetto può tuttavia essere frenato dall’elevata rischiosità dei

pren-ditori e dal processo di aggiustamento dei bilanci delle banche se il programma di acquisto è adottato a seguito di una forte crisi finanziaria.

L’impatto sul credito potrebbe essere maggiore se la riduzione dei rendimenti a lungo termine, inducendo un’espansione dell’attività economica e un aumento della ricchezza netta di famiglie e imprese, aumentasse la loro capacità di ricorre-re al finanziamento esterno e riducesse la loro rischiosità (balance sheet

chan-nel).

1.3.4. I saldi di finanza pubblica

L’acquisto di attività finanziarie tende, infine, a esercitare un impatto favorevole sui saldi di finanza pubblica, poiché la riduzione dei rendimenti dei titoli sovrani comporta minori esborsi per il servizio del debito (government budget constraint

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1.4. La trasmissione all'economia reale

La variazione dei tassi di interesse a lungo termine e la conseguente trasmissione attraverso i mercati finanziari e il credito bancario influenzano le decisioni di spesa di famiglie e imprese e, quindi, la quantità e i prezzi dei beni e servizi pro-dotti e consumati all’interno dell’economia e il livello di occupazione e dei sala-ri6.

La diminuzione del costo del finanziamento, influenza le scelte intertemporali di famiglie e imprese (effetto di sostituzione intertemporale). Le famiglie sono in-centivate a indebitarsi maggiormente o a risparmiare di meno, aumentando i con-sumi correnti; le imprese vengono spinte a investire maggiormente7. L’effetto complessivo è un aumento della domanda aggregata.

Il deprezzamento del tasso di cambio rende i beni prodotti internamente relati-vamente meno costosi rispetto a quelli offerti dai competitori e dai partner com-merciali, aumentando quindi la competitività di prezzo dei beni prodotti nel pae-se o area in cui viene attuato il programma di acquisto, con un effetto espansivo sulla domanda interna e dall’estero verso tali beni (effetto competitività).

L’aumento dei prezzi delle attività finanziarie o reali, aumentando direttamente la ricchezza dei detentori di tali attività, ha un effetto espansivo sulla domanda ag-gregata (effetto ricchezza). L’efficacia di questo canale dipende dalla dimensione e composizione del portafoglio di attività finanziarie detenuto da famiglie e im-prese.

6

Questi effetti sono presenti anche quando la banca centrale utilizza lo strumento convenzionale di politi-ca monetaria (la variazione dei tassi ufficiali). L’intensità della risposta dell’economia reale a politiche convenzionali e non convenzionali può tuttavia essere differente.

7

Da un lato la riduzione dei tassi di interesse comporta per le famiglie un incremento dell’utilità di con-sumare un’unità di reddito addizionale oggi maggiore rispetto a quello che avrebbero risparmiandola e consumandola in futuro; dall’altro per le imprese il costo reale di un’unità addizionale di capitale si riduce.

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L’effetto complessivo sulla domanda aggregata e, quindi, sulla dinamica dei prezzi sarà, infine, tanto maggiore quanto più forte è l’effetto del programma di acquisti sulle aspettative e sul clima di fiducia di imprese e famiglie.

1.5. Il QE nel dibattito economico

La politica di QE è stata sostenuta dai nuovi keynesiani, come per esempio Krugman, e sembra anche avere il sostegno di keynesiani tradizionali e post ke-ynesiani. Al contrario, è stato criticato sia da monetaristi che da nuovi macroeco-nomisti classici come Taylor. Un primo aspetto negativo è la possibilità che il QE crei una bolla dei prezzi in “hard assets”, titoli dal particolare valore intrin-seco come il petrolio, il gas naturale, oro e metalli preziosi, risorse agricole, che provoca notevole distruzione di ricchezza, quando in seguito scoppia. La gente ha bisogno di risparmiare, soprattutto alla luce del passaggio dal primato dei pre-stiti a benefici definiti a piani pensionistici a contribuzione definita. Le bolle ren-dono tale pianificazione per il futuro difficile e impongono risultati altamente ar-bitrari. Sponsorizzare queste bolle può quindi risultare altamente indesiderabile per le famiglie. Oltre agli effetti sul benessere delle famiglie, sponsorizzare le bolle può anche causare fragilità finanziaria sistemica in quanto banche, assicu-razioni e altri intermediari finanziari sono incoraggiati ad assumersi un rischio maggiore. Il costo di tali bolle è duplice: in primo luogo, vi è il costo di cattiva allocazione del capitale a usi improduttivi; in secondo luogo, vi è il costo di dan-no collaterale inflitto quando la bolla scoppia. Un secondo aspetto negativo ri-guarda i rischi connessi alla fluttuazione delle politiche. Nell’esempio degli USA vediamo che la Federal Reserve ha iniettato ingenti liquidità nel settore finanzia-rio. Questa liquidità porta due tipi di rischi. Innanzitutto innesca l'inflazione reale che spinge la Fed ad alzare i tassi di interesse nominali a breve termine brusca-mente. In secondo luogo, la Federal Reserve, per motivi di proprie preferenze po-litiche, alza i tassi di interesse di colpo. In entrambi i casi, il rischio è costituito da un’ improvvisa impennata dei tassi nel breve periodo, i tassi di interesse

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po-14

trebbero causare disagi significativi, come è già accaduto. Questo rischio è stato descritto da Thomas Palley attraverso la metafora di un auto che frena brusca-mente e fa sbattere gli occupanti contro il parabrezza. Il danno che ne proviene è inversamente correlato alla velocità della vettura. Un ulteriore problema è costi-tuito dagli effetti avversi internazionali. Il QE rischia di deprezzare il tasso di cambio in quanto i detentori di ricchezza nazionale utilizzano la liquidità per ac-quistare attività estere. Un altro problema nel contesto attuale sta nel fatto che va-lute sbagliate possono fare l'apprezzamento. Per esempio, il problema del deficit commerciale degli Stati Uniti è essenzialmente negli scambi con la Cina, ma il tasso di cambio della Cina è controllato. Di conseguenza, il deprezzamento del dollaro potrebbe avvenire a scapito di Brasile e Europa, che invece operano en-trambe rispettando le regole del gioco. In tal modo, il QE può aggiungere tensio-ni economiche internazionali e destabilizzare l'economia globale nella misura in cui punisce gli innocenti.

1.6. Quantitative Easing: dalla teoria alla pratica

Subito dopo lo scoppio della crisi economica nel 2007 e la successiva crisi eco-nomica mondiale si sono verificati grandi afflussi di capitali da parte delle prin-cipali Banche Centrali attraverso lo strumento del QE. In particolare hanno fatto ricorso a tale politica la Federal Reserve (FED), la Bank of England (BOE), la Banca Centrale Giapponese (BOJ, la quale come vedremo aveva già utilizzato ta-le strumento di politica monetaria a partire dal 2001)e la Banca Centrata-le Europea (BCE), immettendo migliaia di miliardi di dollari nell'economia mondiale, nel tentativo di rivitalizzare le loro economie.

1.6.1. L’esperienza della Bank of Japan

La Banca centrale Giapponese è stata una sorta di precursore nell'attuazione di un programma di Quantitative Easing, infatti in seguito allo scoppio della bolla dei prezzi delle attività avvenuto nel 1991, l'economia giapponese entrò in una

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pro-15

fonda fase di inattività e di recessione che costrinse la BOJ ad adottare un nuovo quadro monetario. Il 19 Marzo del 2001 fu la prima ad attuare misure di QE, de-finendola una politica di allentamento quantitativo (Quantitative Easing Policy, QEP) con l'obbiettivo di prevenire un ulteriore calo dei prezzi e di fissare una ba-se per la ripresa della crescita economica.

Tale politica fu costruita su tre pilastri fondamentali (Ugai, 2006):

I. cambiare l'obiettivo operativo principale per le operazioni di mer-cato monetario cambiando saldi di conto corrente (CABs, current

account balances) detenuti dalle istituzioni finanziarie presso la

BOJ e aumentando così la liquidità

II. impegnarsi continuamente a questi cambiamenti finchè l'indice dei prezzi al consumo (CPI) non si fosse stabilizzato a zero o ad un li-vello di crescita annuo

III. aumentare gli acquisti di titoli di Stato giapponesi a lungo termine (JGB)8

La prima misura attuata fu l'annuncio di un aumento del target per le riserve ban-carie detenute presso la banca centrale da 4000 a 5000 miliardi di Yen, aumento che avrebbe dovuto guidare il tasso overnight dallo 0.15% allo zero, target che raggiungerà il suo picco nel gennaio 2004 a 35000 miliardi, rimanendo tale fino al 2006. Tale cambiamento permise di soddisfare quello che era il primo pilastro del programma e l'abbondante liquidità portò il tasso overnight a scendere fino allo 0,001%.

Per quanto riguarda invece il terzo pilastro, il piano iniziale prevedeva l'acquisto da parte della Banca Centrale di 400 miliardi di Yen al mese di JGB, a partire dall'ottobre del 2002 però la BOJ decise di aumentare tale mole d'acquisto mensi-le fino a 1200 miliardi.

Ulteriori misure vennero poi attuate dal luglio 2003 fino a marzo 2006, consi-stenti con l'acquisto di titoli garantiti da attività, nella speranza di sostenere lo

8

I JGBs sono obbligazioni con scadenza compresa fra 2 e 40 anni (si veda www.mof.go.jp/english/jgbs/debt_management/guide.htm).

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16

sviluppo del mercato dei titoli e il rafforzamento del meccanismo di trasmissione della politica monetaria.

Infine fu soddisfatto anche il secondo pilastro del programma quando il CPI ri-tornò positivo nel novembre 2005 e a gennaio 2006 toccò livello 0,5%.

Con il raggiungimento di tutti e tre gli obbiettivi stabiliti sotto il QEP la Banca centrale decise di abbandonare la sua politica di allentamento quantitativo il 9 marzo del 2006.

Non molto tempo dopo la prima implementazione del Quantitative Easing, la Banca del Giappone fu costretta a reinvestire nella politica monetaria avviando il QE2. La BOJ annunciò il 2 dicembre del 2008 che avrebbe provveduto al prestito di una quantità illimitata di capitali alle banche commerciali a tassi vicino allo zero attraverso delle particolari operazioni chiamate

“special-found-supplying-operation” (SFSOs, Bank of Japan 2008a e Bank of Japan 2008b). Il SFSO

a-vrebbe offerto per tre mesi prestiti alle banche al tasso overnight, che era allora al 0,3 per cento, l'unico limite alla dimensione dei prestiti della BOJ alle banche era la quantità di garanzie disponibili ( commercial paper e obbligazioni societarie ). Il 19 dicembre 2008 , la Banca del Giappone ha dato seguito a questa azione ab-bassando il tasso overnight fino allo 0,1% e annunciando, per la prima volta dal 2002, un aumento degli acquisti a titolo definitivo di titoli di Stato giapponesi a lungo termine ( JGB ) e un nuovo programma per l'acquisto di strumenti finan-ziari, raggiungendo un livello di acquisti annui di JGB di 21 mila miliardi di Yen. Il 5 Ottobre del 2010 fu inoltre annunciato dalla BOJ un nuovo programma,

“As-set Purchase Program” (APP)9, il quale includeva piani per l'acquisto di una va-sta gamma di attività, tra cui titoli del governo a breve e lungo termine, commer-cial papers, obbligazioni societarie , fondi negoziati in borsa, e fondi comuni di investimento immobiliare giapponesi. Lo scopo, dichiarato dalla stessa Banca centrale, era quello di “incoraggiare il calo dei tassi di interesse a lungo termine e di vari risk premia per migliorare ulteriormente l'allentamento monetario.

Seguendo la seconda implementazione del QEP, la BOJ ha annunciato il 19 set-tembre 2012 una forte crescita dell'economia nella prima metà dell'anno, effetto

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17

che è stato attribuito ad entrambe le misure di QE attuate a partire dal 2001. No-nostante ciò l'economia è tornata nuovamente a soffrire nell'ultimo trimestre del 2012, rendendo necessario ancora una volta l'intervento da parte delle autorità. Il 16 Dicembre del 2012 venne eletto primo ministro in Giappone Shinzo Abe, il quale fondò la sua campagna proprio sulla lotta alla recessione dell'economia giapponese ponendosi come obbiettivo il raggiungimento del 2% di inflazione anziché dell'1%, e lo strumento designato per tale scopo fu il lancio di una terza ondata di Quantitative Easing (QE3; Bank of Japan, 2013). Il programma fu an-nunciato il 4 Aprile 2013 e prevedeva un piano di acquisto annuale di titoli di Stato giapponesi di 50-60 mila miliardi di Yen, più del doppio rispetto al livello massimo raggiunto durante il QE2, proprio perchè lo scopo di Abe era quello di raggiungere un inflazione del 2% entro il 2015. Infine nel 2014 e piu precisamen-te il 31 ottobre fu annunciata un'ulprecisamen-teriore modifica di tale politica che prevedeva un aumento degli acquisti da parte della BOJ di circa 20 mila miliardi di Yen, raggiungendo un livello di 80 mila miliardi all'anno (Bank of Japan, 2014).

1.6.2. L’esperienza della Bank of England

La Bank of England è stata inizialmente molto riluttante all'utilizzo di una politi-ca di Quantitative Easing, preferendo ad essa, in seguito allo scoppio della crisi finanziaria del 2007, manovre più “convenzionali”. Dopo le iniziali manovre di salvataggio a favore delle maggiori banche del paese, effettuate dalla Banca cen-trale in accordo con il Financial Services Authority (di seguito FSA), la BOE at-tuò tagli sorprendenti sul suo tasso di base, dal 5,75 per cento nel novembre 2007 al 0,5 per cento di un anno e mezzo dopo. Tale strumento però non funzionò sul banklending nel solito modo, infatti i tassi sui prestiti interbancari rimasero abba-stanza elevati e i volumi molto bassi (Mabbett & Hodson, 2009). Inoltre , la ca-pacità della Banca di manipolare il tasso di interesse reale fu ostacolata da un for-te calo dell'inflazione . L'inflazione consenfor-te alla Banca di otfor-tenere tassi di infor-te- inte-resse reali negativi , anche se il suo strumento tasso nominale è bloccato a zero .

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Non appena è apparso chiaro che i tagli dei tassi d'interesse sarebbero stati insuf-ficienti per rilanciare l'economia , la Banca e il Tesoro concordarono sulla neces-sità di utilizzare altri strumenti di politica monetaria non convenzionali, appunto il Quantitative Easing, e a tal proposito le autorità del Regno Unito annunciarono due piani di acquisto di attività nel Gennaio e Marzo 2009.

Il 19 Gennaio 2009, Her Majesty's Treasury, informalmente The Treasury, (di-partimento governativo del Regno Unito responsabile per lo sviluppo e l'esecu-zione delle politiche di finanza pubblica e la politica economica del governo bri-tannico) annunciò l'istituzione dell’ Asset Purchase Facility (APF), un piano ge-stito dalla BOE e attraverso il quale avrebbe condotto due programmi separati e distinti di acquisto di asset:

acquisti di attività private, per alleviare nello specifico le condizioni del credito

QE tradizionale, per uno stimolo dal punto di vista monetario.

L'annuncio del 19 Gennaio 2009 inaugurò l'inizio del programmo di acquisto di asset privati; il Tesoro autorizzò la Banca Centrale ad acquistare fino a 50 miliar-di miliar-di Sterline tra le attività del settore privato miliar-di alta qualità per aumentare la miliar- di-sponibilità di credito alle imprese, riducendo l'illiquidità degli strumenti sotto-stanti. Questi acquisti però venivano effettuati in modo particolare, poiché il Te-soro per finanziarli provvedeva al rilascio di Gilt ( Titoli di Stato britannici ) a breve scadenza, ovvero ogni bene che la BOE acquistava era accompagnato dal-la vendita di un Gilt a breve termine e quindi le passività deldal-la BOE (dal-la base monetaria) inizialmente non aumentarono. Quanto descritto sin ora però non può essere definito come quantitative easing, la stessa Bank ok England infatti definì tale acquisto di attività private come “un esempio di operato della Banca Centrale in qualità di market maker di ultima istanza”. Il programma fu progettato in mo-do tale che l'appeal della BOE come controparte diminuisse al migliorare delle condizioni del mercato ed infatti in fin dei conti la Banca Centrale non è arrivata ad acquistare ingenti quantità di beni privati, raggiungendo un picco massimo nel

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19

secondo trimestre del 2009 pari a meno di 3 miliardi di Sterline, solo il 6% del tetto massimo di 50 miliardi annunciato a Gennaio.

Il 5 marzo 2009 arrivò l'annuncio della BOE che la APF avrebbe gestito un pro-gramma di QE esplicito che aveva come obiettivo un incremento di 75 miliardi di Sterline della base monetaria, sino ad arrivare negli annunci successivi10 a 200 miliardi di Sterline (Novembre 2009). La stessa Bank of England afferma nel suo Red Book (il quale contiene il quadro di tutte le operazione effettuate dalla banca centrale sui mercati monetari in sterline) che: "obiettivo del Quantitative Easing è quello di aumentare l'offerta di moneta attraverso grandi acquisti di atti-vità e, così facendo, realizzare un livello di domanda nominale coerente con l'o-biettivo di inflazione a medio termine” (Bank of England, 2015). Il piano d'ac-quisti non subì alcuna modifica fino al 6 ottobre 201111, quando la BOE, preoc-cupata dalla possibilità di non raggiungere il suo obiettivo di inflazione fissato al 2% , decise di aumentare il target QE da 200 miliardi a 275 miliardi di Sterline , primo aumento degli acquisti da quasi due anni , ampliando ancora di più la base monetaria per finanziare tutti gli acquisti APF . Nonostante ciò tra il quarto tri-mestre del 2011 e il primo del 2012 l'economia britannica registrò una contrazio-ne del PIL e quindi la Banca Centrale decise di ampliare ancora il proprio QE provvedendo a due ulteriori aumenti del target, il primo, annunciato il 9 Febbraio del 201212, fino a 325 miliardi di Sterline e il secondo, 5 Luglio13 dello stesso anno, a 375 miliardi, livello che è rimasto invariato sino ad oggi.

In Figura 2 sono illustrati gli effetti che questa espansione ha avuto sia sulla composizione dell'attivo di bilancio della BOE che sulla base monetaria.

10

3/3/2009 – 5/11/2009 Lettere del Ministro delle finanze al Governatore della Bank of England 6/8/2009 Lettera del Governatore della Bank of England al ministro delle finanze (si veda www.bankofengland.co.uk)

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6/10/2011 Lettera del Governatore della Bank of England al ministro delle finanze

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9/2/2012 Lettera del Governatore della Bank of England al ministro delle finanze

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Figura 2: Attivo di bilancio della BOE e base monetaria.

NOTE: il patrimonio dell'Asset Purchase Facility è incluso nella voce “Other Assets” FONTE: Bank of England

1.6.3. L’esperienza della Federal Reserve

L'attuazione di misure di politica non convenzionali negli Stati Uniti è iniziata nell'autunno del 2008, quando lo scoppio della bolla immobiliare, due anni pri-ma, insieme con il fallimento di Lehman Brothers, ha minacciato di mettere in ginocchio l'economia del tutto. Prima dell'avvio di programmi d'acquisto di asset a titolo definitivo, la Fed si è concentrata su altre operazioni: ha ampliato le sue linee di swap in valuta estera tra le principali banche centrali, tra cui la BCE e la BOE, e ha dato inizio ad un piano di acquisto su larga scala di commercial paper,

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21

tramite l'istituzione il 27 Ottobre 2008 del CPFF ( Commercial Paper Funding

Facility).

Il metodo di finanziamento a breve termine del CPFF consisteva nella fondazione di una “società veicolo” (SPV) la quale provvedeva ad acquistare commercial papers, sia garantite che non ( rispettivamente unsecured commercial paper e

as-set-backed commercial paper), da emittenti di fiducia tramite fondi messi a

di-sposizione dalla Federal Reserve. Tali commercial papers rimanevano sotto la custodia della SPV fino a completa maturazione e a scadenza i proventi venivano utilizzati per rimborsare il prestito originariamente ottenuto dalla Fed. Questo programma può essere paragonato a quanto attuato in Inghilterra dal Gennaio 2009 con l'acquisto di attività dal settore privato.

Il metodo CPFF fornì iniezioni di liquidità a breve termine e contribuì a miglio-rare le condizioni di credito che stavano rapidamente deteriorando il mercato fino alla sua scadenza avvenuta il 1° Febbraio 2010 dopo aver effettuato acquisti per un importo totale pari a 849 miliardi di dollari e senza che la Fed abbia subito perdite derivanti da tali operazioni.

La Federal Reserve di dimostrò inizialmente riluttante nel definire le proprie ope-razioni di politica monetaria non convenzionale come Quantitative Easing, infatti l'allora presidente della Fed, Ben Bernanke, le identificava piuttosto come Credit

Easing. L'obbiettivo delle politiche di Credit Easing è quello di ridurre specifici

tassi d'interesse e ripristinare le funzioni di specifici mercati, l'allentamento del credito può comportare a sua volta il QE ma, come abbiamo detto, concerne spe-cificatamente certi tassi e certi mercati. Il Presidente della Federal Reserve defi-niva il suo programma "Allentamento del credito " o “Credit Easing”, perché la Fed cercò di migliorare il funzionamento dei mercati dei titoli a lungo termine e diminuire i tassi di interesse a lungo termine , piuttosto che semplicemente au-mentare la base monetaria14 . Ciò nonostante nel dibattito economico attuale, quando si discute delle operazioni effettuate dalla Fed, queste vengono comun-que definite come operazioni di Quantitative Easing.

14

Nello stesso discorso Bernanke affermò: “in a pure QE regime, the focus of policy is the quantity of

bank reserves, which are liabilities of the central bank; the composition of loans and securities on the as-set side of the central bank’s balance sheet is incidental” (Bernanke,2009)

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Il programma di allentamento quantitativo degli Stati Uniti ebbe inizio nell'au-tunno del 2008. Il 25 Novembre la Fed annunciò un programma di acquisto di as-set su larga scala ( LSAP – Large Scale Asas-set Purchase ) che prevedeva una spe-sa di 100 miliardi di dollari in debiti GSE15 ( Government-Sponsored Enterprise, sono un gruppo di istituti finanziari creati dal Congresso degli Stati Uniti col fine di migliorare il flusso del credito e la cui attività è regolata da condizioni stabilite dallo Stato) e di 500 miliardi di dollari in MBS, titoli immobiliari garantiti da i-poteca, emessi dalle stesse GSE. Il 18 Marzo 2009, la Fed annunciò un ulteriore acquisto per 100 miliardi di Dollari di debiti GSE, 750 miliardi di MBS e 300 miliardi in titoli del tesoro a lungo termine16.

Questi due programmi di acquisto della Federal Reserve del Novembre 2008 e Marzo 2009 vengono comunemente definiti come “QE1”.

Dopo le prime manovre attuate dall'autorità americana, vi è stata una pausa nella realizzazione del QE, dovuta soprattutto al miglioramento delle condizioni eco-nomiche fino alla prima metà del 2010. In particolare da questo momento in poi cominciò una fase disinflazionistica che portò l'indice, agli inizi della seconda metà del 2010, a scendere fino all'1%. Cosi il 10 Agosto la Fed annunciò che, mantenendo le dimensioni del suo bilancio invariate, avrebbe reinvestito i pro-venti delle attività del LSAP in titoli del Tesoro. Anche Ben Bernanke in un di-scorso effettuato il 27 Agosto ribadì che la Fed avrebbe provveduto ad acquistare più beni laddove le condizioni lo avessero reso necessario. Ed infatti il 3 Novem-bre del 2010 partì la seconda fase del Quantitative Easing (QE2) quando il FOMC (Federal Open Market Committee) annunciò finalmente l'acquisto addi-zionale di 600 miliardi di dollari in Titoli del Tesoro USA, con lo scopo di pro-muovere ancor di più la ripresa economica e contribuire ad assicurare che l'infla-zione, nel corso del tempo, si mantenesse a livelli coerenti con quelli stabiliti dallo stesso comitato17.

15 Il GSE include Fannie Mae, Freddie Mac, Ginnie Mae e Federal Home Loan Banks 16

Federal Reserve Monetary Policy Releases ( in www.federalreserve.gov )

17

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23

Il QE2 ha continuato la sua azione fino all'estate del 2011 quando cominciarono a riemergere nuovi timori di recessione e stress finanziario. In risposta a questa si-tuazione, il 21 Settembre 2011 la Fed annunciò un nuovo round di acquisto di Ti-toli a lungo termine, ufficialmente chiamato “Maturity Extension Program and Reinvestment Policy” e definito anche “Operation Twist”(FOMC, 2011). Tale soprannome venne proprio dal modo in cui la Banca Centrale attuò il program-ma, ovvero vendendo 400 miliardi di Dollari in attività a breve termine ed acqui-stando per lo stesso importo attività a lungo termine; lo scopo era quello di ab-bassare i tassi d'interesse a lungo termine “torcendo” (twisting) la curva dei ren-dimenti e in questo modo non si va neanche ad aumentare la base monetaria. Nei mesi che seguirono, la crescita economica risultò notevolmente più lenta ri-spetto a quanto era stato previsto e si incominciò a speculare sul fatto che la Fed avrebbe dovuto proseguire con un ulteriore allentamento.

Il 20 giugno 2012 venne così annunciata l'estensione del programma “Operation Twist” fino alla fine dell'anno per una cifra di circa 267 miliardi di Dollari (FOMC, 2012), quando invece il piano originario prevedeva la cessazione delle operazione entro la fine del mese di Giugno.

Nonostante questo sforzo il mercato del lavoro rimase stagnante, anche il presi-dente Bernanke al suo discorso annuale dichiarò che " la stagnazione del mercato del lavoro , in particolare, è una grave preoccupazione "e che" la Federal Reserve fornirà interventi aggiuntivi se necessario”18. Così come poteva essere ampia-mente previsto , il 13 settembre 2012, il FOMC annunciò un terzo round di

Quantitative Easing , o QE3.

A differenza dei precedenti programmi di QE , tuttavia , la Fed questa volta pre-ferì stabilire un ritmo di acquisti mensile piuttosto che una quantità totale, ovvero l'acquisto di 40 miliardi di dollari di MBS al mese e continuare ( o espandere se necessario ) tali acquisti fintanto che le prospettive per il mercato del lavoro non fossero sostanzialmente migliorate e fosse stato raggiunto un contesto di stabilità

18

“Over the past five years, the Federal Reserve has acted to support economic growth and foster job

creation, and it is important to achieve further progress, particularly in the labor market. Taking due account of the uncertainties and limits of its policy tools, the Federal Reserve will provide additional po-licy accommodation as needed to promote a stronger economic recovery and sustained improvement in labor market conditions in a context of price stability.” (Bernanke, 2012).

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24

dei prezzi. Il 12 dicembre 2012, il FOMC annunciò inoltre che gli acquisti di Ti-toli del Tesoro a lungo termine effettuati sotto il Maturity Extension Program sa-rebbero continuati al ritmo di 45 miliari di Dollari al mese, ma in modo tale che gli acquisti non sarebbero più stati finanziati attraverso la vendita di titoli del Te-soro a breve termine, bensì inclusi all’interno del QE3.

La Figura 3 mostra come queste tre ondate di Quantitative Easing abbiano cam-biato la composizione di Bilancio della Fed, soprattutto per quanto riguarda l'ammontare di Titoli del Tesoro e MBS posseduti, e come la base monetaria si sia triplicata rispetto al livello del 2007.

Figura 3 : Attivo di bilancio della Fed e base monetaria.

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A differenza dei turni precedenti , quest'ultimo piano di acquisti della Fed venne descritto come a tempo indeterminato, o meglio dicendo che sarebbe andati a-vanti fino a quando il mercato del lavoro non fosse migliorato sensibilmente . L'idea di base delle autorità era quella di iniziare, nel momento in cui fosse stato ritenuto opportuno, una graduale riduzione degli acquisti, in modo da rendere chiaro che la banca centrale avrebbe continuato ad offrire sostegno all'economia , proprio ai livelli più bassi. Questa idea cominciò a palesarsi a partire dall'1 Mag-gio 2013 in occasione di alcune dichiarazioni del FOMC riguardo la possibilità di ridurre o aumentare la quantità degli acquisti di attività a seconda dei cambia-menti nel mercato del lavoro19, ed un ulteriore conferma si ebbe con il discorso tenuto di fronte al Congresso da Ben Bernanke il 22 Maggio, nel quale dichiarò apertamente che, grazie ai miglioramenti economici registrati, sarebbe stato pos-sibile rallentare quello che era il ritmo degli acquisti di titoli effettuati dalla Fed. Queste sorprendenti dichiarazioni portarono ad una sostanziale turbolenza dei mercati finanziari nel corso del secondo trimestre del 2013 e solo il 18 Dicembre arrivò l'annuncio ufficiale della Federal Reserve nel quale si comunicava il taglio del programma di acquisto di attività da 85 miliardi a 75 miliardi di Dollari al mese (FOMC, 2013b), taglio che faceva parte di un preciso piano in cui l'Autori-tà avrebbe ridotto mensilmente di 10 miliardi di Dollari la quantil'Autori-tà di titoli acqui-stati, con lo scopo di concludere l'intero programma entro la fine del 2014. Questi tagli continuarono come programmato senza intoppi fino al 29 Ottobre 2014, giorno in cui la Fed votò per l'interruzione definitiva del Quantitative Easing, pur impegnandosi a mantenere i tassi ad un livello basso per un certo periodo (Fed of New York, 2014).

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“ The Committee is prepared to increase or reduce the pace of its purchases to maintain appropriate

policy accommodation as the outlook for the labor market or inflation changes. In determining the size, pace, and composition of its asset purchases, the Committee will continue to take appropriate account of the likely efficacy and costs of such purchases as well as the extent of progress toward its economic o-bjectives.” (FOMC, 2013a)

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26 1.6.4. L’esperienza della Banca Centrale Europea

La BCE è stata l’ultima tra le Banche Centrali ad attuare un programma di

Quan-titative Easing vero e proprio e viene anche accusata di essere giunta troppo tardi

alla sua attuazione. Infatti, al fine di perseguire il suo primario obiettivo statuta-rio, cioè stabilità dei prezzi e tasso di inflazione non superiore al 2%, inizialmen-te decise di non ricorrere a operazioni di QE, limitandosi ad acquisti minimi di bond, sostenuti attraverso aste di liquidità e non attraverso l'emissione di nuova moneta.

Lo scoppio della crisi nel 2007 causò sin da subito un aumento vertiginoso del debito sovrano delle economie più avanzate e nel Marzo 2008 la Banca Centrale Europea varò un primo piano di “Long-Term-Refinancing-Operation” (di seguito

breviter LTRO) della durata di sei mesi (ECB, 2008). E’ un piano di

rifinanzia-mento a lungo termine che consiste in un'asta di liquidità in cui la Bce concede un prestito di durata variabile definita dalla BCE stessa (in questo caso di sei me-si ma può estenderme-si anche per più anni) alle banche richiedenti, con un tasso di interesse pari alla media del tasso sulle operazioni di rifinanziamento principale calcolata nel periodo dell'operazione stessa ed in cambio la Bce riceve dalle ban-che una garanzia sul prestito, detta "collateral", composta solitamente da obbli-gazioni governative come titoli degli stati membri. A differenza però del

Quanti-tative Easing vero e proprio, la moneta creata dal nulla per i LTRO ha una

sca-denza poiché le operazioni di rifinanziamento rese disponibili alle banche con-templano la restituzione dei prestiti e la conseguente diminuzione delle dimen-sioni del bilancio della banca centrale.

Le continue turbolenze sui mercati e sul’economia in generale resero necessario un ulteriore intervento, il 15 Ottobre del 2008 la BCE annunciò di voler erogare altri finanziamenti alle banche ad un tasso fisso, essendo le banche fornite di col-lateral, ampliando anche l'elenco delle garanzie ammissibili. Queste operazioni a

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27

tassi fissi, chiamate “fixed-rate,full-allotment” (di seguito breviter FRFA)20, era-no operazioni molto diverse dalla convenzionale politica della BCE che in genere preferisce offrire un’assegnazione fissa di fondi a tassi determinati dal processo di offerta. In seguito il 7 Maggio del 2009 la Banca Centrale vara il Covered

Bond Purchase Programme (CBPP) il programma per l’acquisto di obbligazioni

garantite. In particolare s’impegna ad acquistare 60 miliardi di obbligazioni sia sul mercato primario, cioè di nuova emissione, che sul mercato secondario (ECB, 2009). Tuttavia non tutte le obbligazioni posso entrare in questo programma di acquisto, infatti, sono richieste delle condizioni specifiche come: il rientrare già a far parte della tipologia di collateral ed essere tra le controparti già ammesse per le operazioni tradizionali, avere un valore quantitativo non minore di cento mi-lioni, avere almeno una valutazione AA in rating o un valore equivalente, che deve però essere fornito da una delle maggiori agenzie (sono indicate Moody’s Fitch oppure Dominion Bond Rating Services DBRS), le attività sottostanti de-vono includere l’esposizione a soggetti privati o pubblici. Quando il programma è stato completato il 30 giugno del 2010, tutto l’ammontare previsto era stato as-segnato, con l’acquisto di 422 titoli obbligazionari differenti con una percentuale del 27% nel mercato primario e del 73% nel secondario e una maturity media di 4,12 anni. L’insieme di queste misure non fu però sufficiente in quanto la crisi del debito sovrano ha continuato a distruggere i mercati europei fino all’autunno 2011, cosi, il 6 ottobre 2011, la BCE annunciò un secondo turno del CBPP (ECB, 2011) e ulteriori LTRO di 12 mesi per fornire finanziamenti alle banche. In se-guito poi l’8 dicembre 2011, la BCE decise di prolungare il programma di LTRO fino a 36 mesi.

La crisi continuò nell'estate del 2012, con la solvibilità di Spagna e Italia e la so-stenibilità dell'euro che viene messa in seria discussione. Il 2 agosto 2012, il pre-sidente della Bce Mario Draghi annunciò che la BCE avrebbe espanso i suoi ac-quisti di debito sovrano e espresse esplicitamente le sue preoccupazioni per

20

Una procedura di gara , in cui il tasso di interesse è specificato in anticipo dalla banca centrale e in cui le controparti partecipanti la quantità di denaro che intendono negoziare a quel tasso di interesse. (Glossario Banca Centrale Europea)

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28

ro: “L'euro è irreversibile”. Il 6 settembre 2012, a seguito del noto discorso di Londra del 26 luglio di Mario Draghi alla Global Investment Conference, la BCE annuncia i dettagli operativi di un programma di operazioni monetarie definite “Outright monetary transactions” , ovvero un programma in base al quale la Bce e le 17 banche centrali dell’area euro potevano comprare titoli di stato di Paesi in difficoltà dal mercato secondario al fine di ridurre i loro costi di finanziamento. Queste misure ancora una volta non sono state sufficienti e si è continuato a per-sistere in condizioni di stagnazione con l'aggiunta del rischio di deflazione.

Figura 4: Attivo di Bilancio e base monetaria BCE

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29

La Figura 4 rappresenta quella che era la composizione dell’attivo di bilancio della BCE e il livello di base monetaria fino a questo momento.

Nel corso del 2014 la Bce vara un piano di TLTRO (ECB, 2014) , “targeted

LTRO”, una versione dell’LTRO vincolata all’erogazione di prestiti a imprese e

famiglie lanciata da Mario Draghi come miglioramento del precedente program-ma che consiste in un finanziamento bancario a lungo termine questa volta fina-lizzato, appunto “targeted”, al supporto creditizio di imprese del settore non fi-nanziario , ovvero dell’economia reale, i cui risultati sono però stati ben minori delle attese.

A questo punto, visto il persistere della stretta creditizia e l'esaurimento delle po-litiche monetarie convenzionali (abbassamento dei tassi di interesse allo zero, tasso di interesse negativo per i depositi presso la stessa BCE), è stata considerata con sempre maggior consenso l’applicazione di un vero e proprio quantitative ea-sing nell'eurozona.

Il 22 gennaio 2015, in seguito alla prima riunione annuale della Commissione è stato annunciato il lancio del full Quantitative Easing, con inizio fissato per il 5 Marzo dello stesso anno sino alla fine di Settembre 2016 (ECB, 2015).

Nella stessa riunione la BCE ha deciso che il programma sarebbe stato costitui-to da acquisti di asset mensili da 60 miliardi di Euro così ripartiti:

 circa 10 miliardi di €, corrispondente al valore medio degli acquisti mensili in titoli garantiti da attività e obbligazioni garantite effettuati in base ai programmi (TLTRO e CBPP) già lanciati in precedenza dalla BCE, continueranno ad essere dedicati a covered bonds e ABS ( Asset-Backed Securities),

 gli addizionali 50 miliardi saranno diretti al programma di acquisto del settore pubblico (PSPP – Public Sector Purchase Programme) : 6 miliardi al mese ( 12% di tutto il PSPP) verranno utilizzati per l’acquisto di titoli di debito di istituzioni sovranazionali situate nell’area euro e denominate in Euro; i restanti 44 miliardi saranno

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30

usati principalmente per acquistare titoli di debito sovrano, acquisti che a loro volta saranno effettuati per 4 miliardi direttamente dalla BCE (8% dei 50 totali) e per 40 miliardi dalle Banche Centrali Na-zionali dei singoli paesi membri

Tuttavia , sarà utilizzata anche una parte per acquistare obbligazioni emesse da agenzie nazionali situate nella zona euro, ma la BCE non ha specificato quale quota dei 44 miliardi di € dovrebbe essere spesa in particolare su queste obbliga-zioni, lasciando libertà alle singole BCN di scegliere tra i titoli di stato e i titoli di agenzie nelle rispettive giurisdizioni.

La suddivisione dei 44 miliardi per gli acquisti dei titoli di debito sovrano viene invece eseguita tramite le cosiddette “Capital Keys”, le quali servono per calcola-re la partecipazione delle BCN al capitale totale della BCE e riflettono in pratica il peso percentuale del rispettivo Stato membro nella popolazione totale e nel prodotto interno lordo dell’UE, due determinanti che incidono in pari misura. Altri limiti sono presenti anche sulla quantità di acquisti di Titoli Stato di ogni paese membro, infatti tali acquisti non potranno superare il 25% del totale dei ti-toli emessi e l’importo massimo del 33% del debito con la BCE del paese stesso. Infine anche i titoli da acquistare sul mercato secondario dovranno soddisfare de-terminati requisiti, scadenza residua compresa fra due e trent’anni, essere deno-minati in euro e ammissibili come garanzia per le operazioni di politica moneta-ria della BCE; inoltre anche il paese emittente dovrà possedere un rating suffi-cientemente alto o beneficiare di un programma di assistenza finanziaria dell’UE. Il 3 Settembre 2015, il Governatre Draghi, in seguito alla consueta riunione an-nuale del board della Banca Centrale Europea, ha comunicato un ulteriore ag-giornamento del programma, affermando in conferenza stampa che si è pronti a continuare anche dopo Settembre 2016 in quanto, seppur il QE stia funzionando, gli effetti stanno arrivando lentamente a causa anche delle numerose congiunzio-ni internazionali (Draghi, 2015).

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CAPITOLO 2 - GLI EFFETTI DEL QE DELLA BOJ SUI MERCATI GIAPPONESI

2.1 Effetti del Quantitative E

L’esperienza giapponese di Quantitative Easing è senza dubbio la più lunga tra quelle effettuate sino ad oggi, ma proprio per questo risulta più facilmente

bile nei diversi momenti, tranches, di cui si compone. In particolare possiamo individuare tre differenti ondate di QE, la prima dal 2001 al 2006, la seconda dal

2008 al 2012 e la terza dal 2013 ed ancora in atto; per

andremo ad analizzare quello che è stato l’impatto della manovra monetaria a tuata dalla Banca Centrale Giapponese sui

concentrandoci sull’indice azionario l’indice Nikkei 22521.

Prima del lancio della prima tranche di QE, la borsa giapponese veniva da una lunga fase ribassista iniziata all’incirca dall’Aprile del 2000, perdendo nel giro

21 L'indice contiene i 225 titoli delle maggiori 225 compagnie quotate al TSE, e la media del segmento

viene calcolato giornalmente dal quotidiano maggiori capitalizzazione (l'unità di base è lo ta l'anno.

FONTE: it.finance.yahoo.com Grafico 1: Nikkei 225, lancio QE1

GLI EFFETTI DEL QE DELLA BOJ SUI MERCATI GIAPPONESI

2.1 Effetti del Quantitative Easing sui mercati azionari

L’esperienza giapponese di Quantitative Easing è senza dubbio la più lunga tra quelle effettuate sino ad oggi, ma proprio per questo risulta più facilmente

bile nei diversi momenti, tranches, di cui si compone. In particolare possiamo individuare tre differenti ondate di QE, la prima dal 2001 al 2006, la seconda dal

2008 al 2012 e la terza dal 2013 ed ancora in atto; per ognuno di questi periodi andremo ad analizzare quello che è stato l’impatto della manovra monetaria a tuata dalla Banca Centrale Giapponese sui mercati azionari

sull’indice azionario di riferimento della Borsa giapponese,

Prima del lancio della prima tranche di QE, la borsa giapponese veniva da una lunga fase ribassista iniziata all’incirca dall’Aprile del 2000, perdendo nel giro

25 titoli delle maggiori 225 compagnie quotate al TSE, e la media del segmento viene calcolato giornalmente dal quotidiano Nihon Keizai Shimbun dal 1971. Il listino contiene i titoli a maggiori capitalizzazione (l'unità di base è lo Yen), mentre i 225 componenti vengono ricalcolati una vo

FONTE: it.finance.yahoo.com : Nikkei 225, lancio QE1

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GLI EFFETTI DEL QE DELLA BOJ SUI MERCATI

L’esperienza giapponese di Quantitative Easing è senza dubbio la più lunga tra quelle effettuate sino ad oggi, ma proprio per questo risulta più facilmente divisi-bile nei diversi momenti, tranches, di cui si compone. In particolare possiamo individuare tre differenti ondate di QE, la prima dal 2001 al 2006, la seconda dal

ognuno di questi periodi andremo ad analizzare quello che è stato l’impatto della manovra monetaria

at-di riferimento della Borsa giapponese,

Prima del lancio della prima tranche di QE, la borsa giapponese veniva da una lunga fase ribassista iniziata all’incirca dall’Aprile del 2000, perdendo nel giro

25 titoli delle maggiori 225 compagnie quotate al TSE, e la media del segmento . Il listino contiene i titoli a 225 componenti vengono ricalcolati una

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vol-10 mesi il 41,4% del suo valore, e al momento del lancio del programma di a quisti l’indice Nikkei quotava 12190,97 punti. Con l’inizio della manovra di pol tica monetaria si è avuto subito un piccolo segnale di ripresa, infatti dal 19 Marzo 2001 si sono susseguite diverse sedute rialziste, che possono essere ritenute figlie

della spinta proven

Tale trend però ha visto esaurire la sua forza nel giro di pochi mesi, dopo aver raggiunto un guadagno del 18 % circa (Maggio 2001), è ripresa una lunga fase ribassista nella quale non si è più arrivati a raggiungere quota 14mila punti, live lo massimo raggiunto dall’indice Nikkei dopo il lancio del programma, addiritt ra scendendo e restando al di sotto del livello di partenza dell’indice nel Marzo 2001.

Ad Ottobre 2002, la Ba

suo programma di Quantitative Easing, portando il livello di acquisti fino a 1200 miliardi di Yen.

Questa modifica è stata attuata nel momento di maggior crisi dei mercati fina ziari, infatti a tale data il Nikkei era arrivato a quotare solo 9049,33 punti, il 25% in meno rispetto alla data del lancio del QE.

Grafico 2: Nikkei 225: 1/1/2013

FONTE: it.finance.yahoo.com

10 mesi il 41,4% del suo valore, e al momento del lancio del programma di a e Nikkei quotava 12190,97 punti. Con l’inizio della manovra di pol tica monetaria si è avuto subito un piccolo segnale di ripresa, infatti dal 19 Marzo 2001 si sono susseguite diverse sedute rialziste, che possono essere ritenute figlie

della spinta proveniente dall’autorità monetaria (Grafico 1).

Tale trend però ha visto esaurire la sua forza nel giro di pochi mesi, dopo aver raggiunto un guadagno del 18 % circa (Maggio 2001), è ripresa una lunga fase

uale non si è più arrivati a raggiungere quota 14mila punti, live lo massimo raggiunto dall’indice Nikkei dopo il lancio del programma, addiritt ra scendendo e restando al di sotto del livello di partenza dell’indice nel Marzo

Ad Ottobre 2002, la Banca Centrale Giapponese attua una prima modifica del suo programma di Quantitative Easing, portando il livello di acquisti fino a 1200

Questa modifica è stata attuata nel momento di maggior crisi dei mercati fina ta il Nikkei era arrivato a quotare solo 9049,33 punti, il 25% in meno rispetto alla data del lancio del QE.

: Nikkei 225: 1/1/2013 – 31/12/2013

FONTE: it.finance.yahoo.com

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10 mesi il 41,4% del suo valore, e al momento del lancio del programma di ac-e Nikkac-ei quotava 12190,97 punti. Con l’inizio dac-ella manovra di poli-tica monetaria si è avuto subito un piccolo segnale di ripresa, infatti dal 19 Marzo 2001 si sono susseguite diverse sedute rialziste, che possono essere ritenute figlie

iente dall’autorità monetaria (Grafico 1).

Tale trend però ha visto esaurire la sua forza nel giro di pochi mesi, dopo aver raggiunto un guadagno del 18 % circa (Maggio 2001), è ripresa una lunga fase uale non si è più arrivati a raggiungere quota 14mila punti, livel-lo massimo raggiunto dall’indice Nikkei dopo il lancio del programma, addirittu-ra scendendo e restando al di sotto del livello di partenza dell’indice nel Marzo

nca Centrale Giapponese attua una prima modifica del suo programma di Quantitative Easing, portando il livello di acquisti fino a 1200

Questa modifica è stata attuata nel momento di maggior crisi dei mercati finan-ta il Nikkei era arrivato a quofinan-tare solo 9049,33 punti, il 25%

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