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Atti del Workshop #Share water save water: Cooperate for a new water culture : 22 marzo 2013

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COOPERATE FOR A NEW WATER CULTURE

22 marzo 2013

Società Geografica Italiana

Villa Celimontana, Roma

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OOPERATE FOR A NEW WATER CULTURE

22 Marzo 2013

Società Geografica Italiana

Villa Celimontana, Roma

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Presentazione

L’Assemblea generale delle Nazioni unite nel 1993 ha dichiarato il 22 marzo Giornata mondiale dell’acqua al fine di aumentare la conoscenza e la consapevolezza sui problemi legati alle risorse idriche e mantenere alta l’attenzione sull’importanza della gestione sostenibile delle risorse idriche. Ogni anno la Giornata viene celebrata con iniziative a livello locale, nazionale e internazionale su uno o più aspetti specifici relativi all’acqua in base agli obiettivi indicati dall’UNESCO. L’Assemblea generale delle Nazioni

unite ha dichiarato il 2013 anno internazionale della cooperazione per l’acqua (Water cooperation, risoluzione A/RES/65/154).

Considerata l’importanza che ormai ricopre la celebrazione della Giornata mondiale, l’Istituto nazionale di economia agraria, in ragione della sua storia di ricerca e supporto in materie di risorse idriche in agricoltura, ha ritenuto opportuno partecipare alle iniziative previste attraverso la organizzazione di un workshop su temi innovativi e di interesse della water cooperation.

Il workshop è stato organizzato sotto il patrocinio della Commissione nazionale italiana per l’UNESCO, del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, di Roma Capitale, dell’Università

degli studi di Napoli Federico II e della Società geografica italiana, che si ringrazia anche per l’ospitalità offerta presso la propria sede.

L’evento si è posto l’obiettivo di affrontare più nello specifico temi di grande interesse quali l’importanza dell’ottimizzazione dell’uso dell’acqua, soprattutto nelle aree a scarsa disponibilità. Un tema specifico affrontato, che strettamente si collega ai principi di water cooperation, è il riutilizzo irriguo dei reflui recuperati.

Partendo dalla consapevolezza che un uso razionale e sostenibile delle risorse idriche può realizzarsi esclusivamente a seguito di un cambiamento culturale condiviso, il workshop si è posto l’obiettivo di coinvolgere nel dibattito l’opinione pubblica e in particolare le nuove generazioni attraverso la condivisione dei contenuti tramite l’uso di social network.

La diffusione di cultura e informazione si è arricchita, inoltre, grazie alla ospitalità della Società geografica, con l’esposizione della mostra fotografica storica “Bonifica idraulica, impianti e reti irrigue: da 150 anni insieme all’Italia” realizzata dall’INEA in collaborazione con ANBI in occasione delle

celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia e che, attraverso immagini di grande valenza storica, culturale e antropologica, racconta la storia della realizzazione delle grandi opere di bonifica e irrigazione che hanno contribuito allo sviluppo socioeconomico del Paese. Si è inteso sfruttare questa occasione di incontro e scambio anche per la presentazione del catalogo “Bonifica idraulica, impianti e reti irrigue: da 150 anni insieme all’Italia”, che riporta e descrive la mostra fotografica storica.

In lavori del workshop, pubblicati nel presente volume, hanno previsto una prima sessione nella mattina, le cui presentazioni hanno affrontato temi strategici a livello mondiale, quali l’acqua come fattore geopolitico nelle dinamiche tra popoli e territori, con importanti testimonianze che su questo sono venute dal Medio Oriente (Palestina e Giordania), le sfide che pone la water governance e i possibili

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approcci partecipativi delle comunità locali e degli agricoltori, il tema della competizione tra gli usi, anch’essa fonte di tensioni e conflitti, e infine gli strumenti per l’ottimizzazione dell’uso e della gestione di acqua condivisa.

A chiusura di questa sessione si è svolta una tavola rotonda sui temi, moderata dal giornalista Giuseppe De Filippi, cui hanno partecipato il Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, l’ANBI, l’Autorità di Distretto idrografico Appennino meridionale e i due ospiti di Palestina e Giordania.

Nella sessione pomeridiana si è affrontato più nello specifico il tema del riutilizzo dei reflui recuperati come azione per aumentare le disponibilità idriche in zone che soffrono di carenza, ma anche come azione di adattamento ai cambiamenti climatici. In particolare, nelle presentazioni si sono affrontati gli aspetti normativi, sanitari, ambientali e di tipo strutturale e infrastrutturale che hanno limitato la diffusione della pratica del riutilizzo e le esperienze in corso in Italia (Sardegna, Emilia-Romagna e Veneto) e nei Paesi del Mediterraneo.

Con la pubblicazione degli atti del convegno nella presente pubblicazione, l’INEA intende quindi contribuire alla diffusione di conoscenza e di una cultura di costante cooperazione, innovazione e modernizzazione necessarie all’agricoltura in materia di uso dell’acqua.

Il Responsabile del Servizio

Ambiente e risorse naturali in agricoltura Dott.ssa Raffaella Zucaro

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Servizio tecnico di ricerca Ambiente e risorse naturali in agricoltura Ambito di ricerca Politiche per l’ambiente e l’agricoltura

Atti del workshop “#SHAREWATERSAVEWATER COOPERATE FOR A NEW WATER CULTURE” – Roma 22 Marzo 2013

Coordinamento tecnico-scientifico: Raffaella Zucaro, Antonella Pontrandolfi e Stefania Luzzi Conti Segreteria organizzativa: Farid Al Aflak, Jackeline Canevello e Dario Esposito

Gli Atti del convegno sono a cura del coordinamento tecnico-scientifico.

La trascrizione dei testi degli interventi è stata svolta da Farid Al Aflak, Diana Fresa e Alessio Pisarri. La revisione è a cura di Antonella Pontrandolfi.

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INDICE

Pag.

1.

Introduzione dei lavori

Alberto Manelli 7

2.

Sessione 1 – In viaggio tra i sentieri dell’Acqua

2.1 Introduzione

Stefania Luzzi Conti 9

2.2 Geopolitica dell'acqua. Il ruolo della cooperazione

Fabio Pollice 11

2.3 Irrigation water management in Palestinian agricultural sector: strategies and policies

Shaddad Al Attili 19

2.4 ENPI CBC Med Programme: building sustainable water

management knowledge in the Mediterranean Basin

Esmat AlKaradsheh 24

2.5 Improving groundwater levels: bargaining and devolution in the Upper Guadiana basin

Carmen Marchiori 31

2.6 Una procedura per l’individuazione di regole per la gestione ottimale dei serbatoi artificiali ad uso plurimo

Domenico Pianese 36

3.

Tavola rotonda 43

Moderatore Giuseppe De Filippi

Partecipanti: Giuseppe Blasi, Massimo Gargano, Vera Corbelli, Esmat AlKaradsheh e Shaddad Al Attili

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Sessione 2 – Riuso in agricoltura delle acque reflue: sfide e opportunità

4.1 Introduzione

Antonio Massarutto 52

4.2 Esperienze e prospettive sul riutilizzo delle acque reflue depurate in Italia

Marta Valente e Giorgio Pineschi 52

4.3 Problemi e alternative di trattamento delle acque reflue destinate al riutilizzo

Francesco Pirozzi 60

4.4 La cooperazione FAO-Italia sul riutilizzo di acque reflue in sistemi agroforestali

di zone aride del Nord-Africa

Alberto Del Lungo, Salvatore Masi e Paolo De Angelis 65

4.5 Esperienze di riutilizzo irriguo: il caso del Consorzio di bonifica della Nurra

Franco Moritto 71

5. Conclusione dei lavori 78

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1. Introduzione dei lavori

Prof. Alberto Manelli, Direttore generale INEA

Buongiorno a tutti, siamo riuniti qui per un evento molto importante, oggi infatti è il 22 marzo Giornata mondiale dell’acqua. L’INEA nel settore irriguo ha svolto da sempre una funzione di ricerca e

di supporto molto importante, in quanto il binomio agricoltura-acqua è sempre stato fondamentale. La giornata come noto è stata istituita dall’Assemblea della Nazioni unite nel 1993 e proprio l’UNESCO, di

cui ci fregiamo di avere il patrocinio e che ringraziamo per il supporto che ci ha voluto dare, ha definito l’acqua come una delle più importanti condizioni per lo sviluppo nel mondo. Il 2013 è stato dichiarato l’anno internazionale della cooperazione per l’acqua, ed è per questo che oggi più che mai credo che una riflessione sull’uso dell’acqua e le problematiche ad esso connesse sia importante.

Ringrazio la Società geografica italiana che ci ha ospitato in questa meravigliosa sede, il Ministero per le politiche agricole alimentari e forestali che, oltre a vigilarci, ha sempre carattere propulsivo per le nostre iniziative, Roma Capitale e l’Università Federico II di Napoli, che ci hanno onorato del loro patrocinio.

Prima di tutto, come atto doveroso, vorrei ringraziare per avere accettato l’invito il Ministro Shaddad Al Attili dell’Autorità dell’Acqua palestinese: come INEA siamo onorati di averlo oggi qui con

noi. L’Istituto ha sviluppato da molti anni relazioni con diversi Paesi del Medio Oriente, partendo dalla constatazione che l’acqua rappresenta uno strumento in grado di favorire lo sviluppo economico, agricolo e sociale e su questi temi è necessario ci si soffermi a ragionare e trovare delle soluzioni comuni. Ringrazio anche l’esperto giordano Dott. Esmat AlKaradsheh, coordinatore del programma comunitario ENPI CBC Med1 per i Paesi del bacino del Mediterraneo, programma che ha come obiettivo

proprio quello di favorire la cooperazione e lo scambio di esperienze.

In questa giornata intendiamo affrontare temi molto complessi, quali quelli connessi alla gestione e uso delle risorse idriche, mettendo al centro l’acqua come fattore geopolitico e fortemente caratterizzante i territori, la loro storia e il loro sviluppo.

Partendo da questa considerazione abbiamo pensato di portare in questo contesto la mostra storica sui 150 anni della bonifica dall’Unità di Italia, che da circa 1 anno, dopo l’inaugurazione, ci è stata richiesta in esposizione da Consorzi e scuole. Personalmente non avevo competenza molto approfondita su questo tema ed è stato molto interessante per me vedere come lo sviluppo del nostro Paese sia coinciso con le fasi più importanti di investimento e con lo sforzo di dotare il territorio di una rete idrica efficiente: un altro esempio su come l’acqua rappresenti un filo conduttore e la spina dorsale per un popolo e per la sua unità. Presentiamo oggi anche il catalogo delle bonifiche, che racconta attraverso le foto storiche quello che è stato l’assetto complessivo di queste evoluzioni.

1 Il Programma di cooperazione transfrontaliero CBC ENPI (European neighbourhood and partnership instrument) è finalizzato

a promuovere una cooperazione armoniosa e sostenibile nel bacino del Mediterraneo, individuando soluzioni congiunte per sfide comuni, rafforzando il potenziale endogeno dei territori coinvolti e rendendo più sicuri i confini marittimi mediterranei dell’Unione europea (http://www.enpicbcmed.eu).

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Vale la pena ricordare che all’acqua vanno associate molteplici funzioni: oltre a quelle classiche, vanno riconosciute funzioni ecologiche e ricreative. Basti pensare che le grandi reti di canali del Nord del nostro Paese consentono la ricarica delle falde e hanno contribuito a costruire il nostro paesaggio rurale. Anche le nostre produzioni di qualità sono strettamente legate all’acqua e, considerato che l’Italia rappresenta, nel contesto internazionale, uno dei principali produttori di beni agroalimentari di qualità, è facile intuire l’enorme importanza associata al settore idrico nazionale e l’enorme interesse a promuovere e sviluppare tutti quegli strumenti che possano migliorarne la gestione e l’efficienza.

Colgo l’occasione per ringraziare la Dott.ssa Zucaro, con cui tra l’altro abbiamo visitato molti Paesi del Mediterraneo approfondendo le questioni connesse all’uso irriguo dell’acqua, per aver organizzato questo evento prevedendo la sessione specifica di approfondimento sulla cooperazione e strumenti per l’uso dell’acqua in zone aride. Dopo aver visitato questi Paesi è più facile capire cosa rende l’Italia particolare e vincente: l’uso delle tecnologie dell’acqua non tende ad andare a discapito dell’agricoltura e trasformarla in una industria, ma a mantenere forte il legame con il territorio. In alcuni Paesi a grande sviluppo tecnologico, infatti, abbiamo visto come è possibile produrre beni agricoli in maniera industriale, senza terra, sole e con poca acqua, con pezzature identiche: ma non è questo l’obiettivo delle produzioni italiane e ne dobbiamo essere orgogliosi.

Spero oggi sia un’occasione per fare dei passi avanti nella individuazione di soluzioni e forme di collaborazione che contribuiscano ad utilizzare le risorse idriche in maniera efficiente e sostenibile e ad offrire anche ad altri Paesi soluzioni utili: l’acqua, infatti, rappresenta un fattore geopolitico e spesso attraverso di essa si possono risolvere contenziosi politico-diplomatici. Ovviamente all’acqua abbiniamo le problematiche climatiche, in quanto la riduzione delle risorse idriche connessa ai cambiamenti del clima è un problema grave cui va trovata una soluzione efficace.

Infine, porto i saluti del nostro Presidente Tiziano Zigiotto, che ha creduto e si è speso per l’organizzazione di questo evento, perché come Istituto crediamo nell’importanza del dialogo e dello scambio di esperienze con altri Paesi, in quanto in tali relazioni intravediamo quella globalizzazione positiva che crea sistema e offre soluzioni.

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2. Sessione 1 – In viaggio tra i sentieri dell’acqua

2.1 Introduzione

Dott.ssa Stefania Luzzi Conti, INEA

Buongiorno a tutti, nella funzione di chair descrivo più nel dettaglio i lavori della giornata e il legame tra i diversi interventi in programma. La giornata programmata proprio per il 22 marzo è segno da parte dell’INEA e di voi tutti, relatori e gentili ospiti, di adesione alla Giornata mondiale

dell’acqua, spinti dal desiderio di contribuire alla diffusione e condivisione delle nostre reciproche conoscenze.

La giornata sarà articolata in diversi momenti volti ad affrontare il tema secondo differenti approcci, sia in termini di contenuti che in termini comunicativi.

In termini di contenuti sono previste due sessioni: nella prima sessione avremo modo di approfondire temi strategici a livello mondiale, come l’importanza dell’acqua da un punto di vista geopolitico. Esamineremo, infatti, l’aspetto legato all’importanza delle risorse idriche nella costruzione dello spazio geografico e approfondiremo i valori dell’acqua: ecologico, alimentare, politico, culturale, economico. Si evidenzierà il suo ruolo nelle dinamiche tra popoli e territori, approfondendo alcuni aspetti legati alla cooperazione come possibile strumento per la risoluzione e prevenzione dei conflitti. Saranno presentate delle importanti testimonianze del Medio Oriente, in particolare Palestina e Giordania, sulle problematiche legate all’uso dell’acqua in agricoltura, alla scarsità della risorsa e alle conseguenze sull’assetto geopolitico del territorio.

Concluderemo la mattinata con un focus sulla sfide poste dalla water governance e i possibili approcci partecipativi delle comunità e degli agricoltori; affronteremo il tema della competizione tra gli usi e gli strumenti per l’ottimizzazione dell’uso e per una gestione sostenibile.

La mattinata si concluderà con la tavola rotonda moderata dal dott. Giuseppe De Filippi, Redattore capo del TG5, cui parteciperanno il Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, l’ANBI, l’Autorità di Distretto idrografico Appennino meridionale e i nostri due ospiti del Medio Oriente.

I lavori riprenderanno nel pomeriggio su un tema più specifico quale il riutilizzo dei reflui depurati come ulteriore fonte di acqua per uso agricolo, con diverse presentazioni che affronteranno gli aspetti sia normativi, sanitari e ambientali, sia di tipo strutturale e infrastrutturale che determinano la diffusione della pratica del riutilizzo, evidenziandone positività e criticità. Inoltre, saranno presentati dei focus su alcune esperienze in corso in Italia e nei Paesi del Nord Africa.

Come ho accennato all’inizio, i lavori della giornata hanno anche delle novità in termini di comunicazione in quanto siamo consapevoli che un uso razionale e sostenibile delle risorse idriche può realizzarsi esclusivamente a seguito di un cambiamento culturale condiviso. Consapevoli dell’importanza di coinvolgere sempre più le giovani generazioni quali attori del cambiamento, per sostenere una visione condivisa di sviluppo sostenibile abbiamo diffuso il tema della giornata anche attraverso un social network. Da qui il titolo del convegno, “Cooperare per una nuova cultura

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dell’acqua” e l’hashtag su twitter #sharewatersavewater. I contenuti e le prime riflessioni pervenute sul social network saranno già oggi oggetto di riflessione e spunto per i partecipanti alla tavola rotonda che si terrà a conclusione delle presentazioni della mattinata.

Nel ringraziarvi ancora per la partecipazione passo la parola ai nostri relatori, cominciando dal Prof. Fabio Pollice del Dipartimento di Storia, società e studi sull’Uomo dell’Università del Salento che, coerentemente con il titolo della sessione, ci porterà in viaggio tra i sentieri dell’acqua. Partiamo quindi dal ruolo dell’acqua nella costruzione dello spazio geografico per arrivare, attraverso diverse tappe, al ruolo della cooperazione quale possibile strategia per affrontare e risolvere i problemi idrici del pianeta. Il Prof. Pollice nel suo intervento ci darà diversi spunti di riflessione, come l’approfondimento sul ruolo dalla cooperazione che pone l’accento sull’importanza di una nuova diffusione di cultura e sul coinvolgimento intergenerazionale, necessario per affrontare e cogliere appieno il senso dello sviluppo sostenibile e di un’etica dell’acqua e di tutte le risorse naturali.

Il successivo intervento ben si lega al concetto di cooperazione e pone in evidenza ulteriori problematiche legate all’uso dell’acqua, in quanto il Signor Ministro Shaddad Attili, Presidente dell’Autorità dell’Acqua della Palestina, ci presenta un quadro della situazione e delle principali problematiche legate all’uso e scarsità dell’acqua nei territori palestinesi e ai conseguenti impatti sulla popolazione e sullo sviluppo del Paese. Nonostante sia una situazione nota, sentire la diretta testimonianza da chi opera sul territorio ha un altro valore e pone diversi quesiti a cui noi qui concretamente non possiamo dare seguito, ma possiamo darne risonanza. Anche da un luogo di idee e scambio come questo possono essere veicolati messaggi così importanti sull’accesso all’acqua, che rappresenta un diritto fondamentale. E’ giusto che le popolazioni abbiano accesso ad essa e siamo consapevoli che questa problematica necessita di una soluzione rapida.

Il Dott. Esmat AlKaradsheh, coordinatore del programma ENPI CBC Med per l’area del

Mediterraneo orientale, ci presenta le principali problematiche legate all’uso delle risorse idriche in Medio Oriente e in particolare in Giordania, evidenziando alcune delle attività realizzate nel settore agricolo grazie al programma ENPI. Tramite il suo intervento potremo conoscere più da vicino le

misure messe in atto sul territorio e l’importanza di migliorare la cooperazione tra Paesi. Inoltre, l’analisi presentata porrà in risalto il ruolo dei progetti finanziati dall’UE quale volano utile a trasferire

competenze alla popolazione locale. Un’altra tematica rilevante dell’intervento che verrà analizzata riguarda l’uso di colture non sostenibili dal punto di vista idrico e le possibili vie da adottare per una condizione più efficiente e sostenibile.

In merito alla gestione del basso delle risorse idriche, la Dott.ssa Carmen Marchiori della London

school of economics and political science presenterà i risultati di una ricerca realizzata in Spagna nel

bacino superiore del fiume Guadiana. Lo studio, partendo dalle problematiche legate all’uso delle acque sotterranee e ai conseguenti problemi di approvvigionamenti illegali, dell’uso incontrollato delle acque di falda e delle conseguenti problematiche ambientali, problema peraltro presente anche in diverse aree del nostro territorio, propone quale possibile soluzione un approccio di water governance basato sul coinvolgimento e la partecipazione volontaria dei cittadini e degli agricoltori.

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2.2 Geopolitica dell'acqua. Il ruolo della cooperazione

Prof. Fabio Pollice, Società Geografica Italiana e Università del Salento

La mia presenza in questo workshop organizzato dall’INEA in occasione della Giornata mondiale

dell’acqua vuole essere un segno tangibile non solo della rilevanza che la Società geografica italiana attribuisce al tema delle risorse idriche, ma anche del profondo legame che unisce le istituzioni e della convergenza di interessi che da sempre le accomuna. Ne è testimonianza la presenza dell’INEA, nella

persona del suo Direttore, alla presentazione del Rapporto annuale del 2012 della Società geografica italiana che, non a caso, è stato dedicato all’agricoltura italiana nelle sue più recenti tendenze evolutive2. Non posso, dunque, esimermi dal ringraziare l’INEA per il graditissimo invito e per la

possibilità, invero assai gratificante, di discutere assieme ad altri autorevoli studiosi e a rappresentanti di istituzioni nazionali ed internazionali di un tema tanto importante quale quello dell’acqua e della responsabilità, che è in capo a ciascuno di noi, di contribuire ad un uso più sostenibile ed equo di questa risorsa, per la sopravvivenza stessa dell’Umanità e della vita sulla Terra.

La mia relazione prende spunto dal discorso pronunciato nel 2002 in occasione del World water

day dall’allora Segretario generale delle Nazioni unite Kofi Annan, che sottolineava come l’unico modo

per scongiurare il pericolo di violenti conflitti intorno al controllo delle risorse idriche fosse quello di lavorare congiuntamente a livello mondiale per garantire a tutta l’Umanità un “futuro idrico sicuro e sostenibile”. Volendo richiamare le sue stesse parole: «Fierce national competition over water resources

has prompted fears that water issues contain the seeds of violent conflict. […] If all the world’s peoples work together, a secure and sustainable water future can be ours».

Il controllo di un risorsa vitale, quale è l’acqua, può senza dubbio orientare l’azione politica degli Stati, come di altri livelli di governo a questi sotto-ordinati (il caso delle Regioni in Italia è sufficientemente emblematico in tal senso), ma non v’è dubbio che, in una prospettiva di crescente penuria di risorse idriche, solo la cooperazione possa impedire l’insorgere di conflitti e garantire una gestione sostenibile di questa risorsa, dalla scala locale a quella globale. Se l’obiettivo dei singoli Stati, come dell’Umanità nel suo complesso, è quello di garantirsi la disponibilità di acqua sufficienti a soddisfare il proprio fabbisogno, questo obiettivo non può essere raggiunto che attraverso la cooperazione e, dunque, la stessa geopolitica deve piegarsi a questa evidenza e riconoscere nella cooperazione l’unica strategia in grado di garantire la sicurezza idrica e prevenire l’insorgere di conflitti e controversie di natura nazionale e internazionale. Di qui il titolo della relazione che, lungi dal mettere in contrapposizione la geopolitica alla cooperazione, vuole dimostrare come la cooperazione stessa possa essere letta come l’unica strategia in grado di assicurare, nel lungo periodo, il perseguimento di obiettivi di benessere e stabilità politica e sociale.

La relazione prende in esame la geopolitica dell’acqua, ma non v’è dubbio che intorno a questa risorsa ruotino interessi non soltanto politici (più o meno direttamente connessi all’obiettivo della sicurezza idrica), ma anche interessi economici di attori di livello transnazionale, come le grandi

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multinazionali che, non a caso, stanno acquisendo un ruolo sempre più centrale nei Paesi che hanno avviato un processo di privatizzazione dell’acqua. Una privatizzazione che a livello internazionale è stata promossa e sostenuta (attraverso l’erogazione di prestiti finalizzati) da istituzioni di livello transnazionale come il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale. A riguardo, va invece ribadito che la commodificazione dell’acqua disconosce quello che è il suo valore fondamentale: essere un bene comune e non una merce affidata alla regolazione del mercato.

Come suggerisce il titolo stesso del convegno, #ShareWaterSaveWater. Cooperate for a new

culture of water, bisogna promuovere una “nuova cultura dell’acqua” fondata sui principi cardine dello

sviluppo sostenibile: preservare le risorse idriche (save water) utilizzandole nei limiti della loro riproducibilità al fine di garantirne la disponibilità alle generazioni future (principio dell’equità intergenerazionale); condividere le risorse idriche disponibili (share water) tra tutte le popolazioni della Terra senza alcuna forma di discriminazione nell’accesso e nell’utilizzo di tali risorse (principio dell’equità intragenerazionale) se non quelle dettate dai limiti ecologici.

L’immagine che segue sintetizza assai efficacemente il concetto stesso di condivisione (fig. 1). Siamo nella Città dei morti, una delle aree più povere della capitale egiziana, eppure all’ingresso di molte abitazioni troviamo queste piccole strutture su cui sono disposti vari contenitori in terracotta da cui il passante può attingere l’acqua per dissetarsi. Una consuetudine che ha un grande valore simbolico e che dovrebbe divenire fonte di ispirazione per tutti coloro che, a diverso titolo, sono chiamati a garantire che l’accesso all’acqua potabile sia un diritto di ogni essere umano.

Figura 1 – La Città dei morti (Il Cairo)

Sebbene questa relazione intenda concentrarsi sul legame tra geopolitica e acqua, non ci si può esimere dal sottolineare quanto stretto sia il legame che in termini assai più generali unisce l’acqua alla geografia. L’acqua, fonte di vita, è l’elemento che più degli altri connota e differenzia lo spazio geografico contribuendo all’individuazione e alla caratterizzazione delle diverse regioni geografiche, tanto che spesso la denominazione stessa di queste regioni si confonde con quella dei corsi fluviali che in esse si dipanano o dei laghi attorno ai quali si estendono. Un esempio abbastanza emblematico è il rapporto tra la regione amazzonica e il Rio delle Amazzoni nell’America meridionale, o la nostra

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Padania che deve il suo nome alla denominazione latina del fiume Po. E non meno influenzate dall’acqua sono le denominazioni degli Stati, come la Giordania o il Colorado (fig. 2), e quello di moltissime altre regioni politico-amministrative.

Figura 2 – Il fiume Colorado

Nel contempo, se la geografia fisica risulta così profondamente influenzata dall’acqua, non meno determinante è l’influenza di questo elemento nelle sue diverse manifestazioni sulla geografia politica: i fiumi, ad esempio, da elementi di suddivisione naturale dello spazio geografico sono divenuti spesso confini politici, caricandosi nel tempo di valori storici e simbolici che ne hanno, non di rado, rafforzato la funzione di limes. Ma i fiumi, come il mare, non sono stati solo confini, ma anche eccezionali canali di comunicazione tra popoli e culture, favorendo gli scambi economici e culturali e con essi il progresso stesso della civiltà umana.

Ed è attorno ai fiumi che hanno avuto origine e si sono sviluppate le grandi civiltà che hanno fatto la storia della nostra specie; ancora oggi questi fiumi costituiscono il riferimento identitario di nazioni (fig. 3), etnie, culture e religioni, come nel caso del Gange nel subcontinente indiano. Una considerazione, quest’ultima, che ci porta a sottolineare quanto stretto sia anche il legame tra l’acqua e la geografia culturale.

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E l’acqua, in quanto risorsa produttiva, influenza anche l’organizzazione dello spazio economico, determinando vocazioni e indirizzi produttivi e contribuendo così a disegnare la geografia economica, dalla scala locale a quella globale. Ma le considerazioni sin qui sviluppate in merito al ruolo che l’acqua ha avuto e continua ad avere nella strutturazione dello spazio geografico, sono anche in grado di spiegare l’interesse geopolitico per il suo controllo. Al di là del suo fondamentale valore ecologico, l’acqua ha infatti un valore strategico complesso e articolato che discende dalla sua capacità, diretta ed indiretta, di produrre ricchezza e di contribuire a determinare il livello di benessere delle popolazioni che ne hanno il controllo. Non a caso uno degli indicatori utilizzati dall’United nations development

programme (UNDP) per misurare il livello di povertà umana è dato proprio dalla percentuale della

popolazione che non ha accesso all’acqua potabile (www.undp.org). Ecco perché chi controlla le risorse idriche, regolandone l’accesso da parte della popolazione, gode di un indubbio potere di controllo sulla popolazione e quanto maggiore è la scarsità della risorsa tanto maggiore è il potere di chi ne detiene il controllo.

Non stupisce, allora, che sia sempre più diffusa a livello dei Governi centrali e locali la prassi di considerare l’acqua come un asset strategico attorno al quale costruire una vera e propria strategia geopolitica tesa al suo controllo. E tutto questo non può non ingenerare conflitti, tanto più drammatici quanto più a rischio è la sicurezza idrica dei Paesi e dei territori coinvolti. Gli esempi purtroppo sono assai numerosi, dal “conflitto” arabo-israeliano che ha nel controllo delle risorse idriche uno dei nodi di più difficile risoluzione, alla questioni idriche tra Federazione russa e Repubblica popolare cinese, al progetto turco che rischia di infiammare tutta la regione mediorientale: il Southeastern anatolia

development project, che prevede un sistema di dighe e centrali idroelettriche che, al di là delle sue

finalità economiche dirette, permetterà alla Turchia di regolare il flusso idrico del Tigri e dell’Eufrate, i fiumi da cui dipende quasi integralmente l’approvvigionamento idrico dell’Iraq e buona parte di quello della Siria.

Come si è appena sottolineato, il valore di una risorsa strategica, quale è l’acqua, tende a crescere sia per effetto dell’incremento della sua domanda, sia per effetto della riduzione della sua disponibilità. Orbene, la domanda di acqua nell’ultimo secolo è cresciuta in termini esponenziali, mentre la sua disponibilità si è fortemente ridotta per effetto di vari fattori: dal cambiamento climatico all’inquinamento delle falde e delle acque di superficie. L’aumento della domanda mondiale non è determinato solo dall’incremento della popolazione3, ma anche e soprattutto dalla crescita dei

consumi per scopi agricoli, industriali e civili. Aumentano i consumi idrici dell’agricoltura perché, a fronte dell’incremento della domanda mondiale, vengono messi a coltura terreni in aree caratterizzate da regimi pluviometrici insufficienti a sostenere l’attività agricola, spesso sfruttando le acque di falda o, addirittura, quelle fossili come accade in alcune aree desertiche. Ma i consumi a scopi agricoli tendono ad aumentare anche per l’utilizzo di cultivar che hanno rese unitarie più elevate ma che necessitano di grandi apporti idrici, come sottolineato nel già richiamato Rapporto annuale della

3 In base alle ultime previsioni formulate dalle Nazioni unite, 2010 Revision, la popolazione dovrebbe continuare a crescere

ben oltre il 2070, anno in cui secondo le precedente proiezioni si sarebbe dovuto registrare il picco massimo per raggiungere nel 2100 i 10,1 miliardi di individui.

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Società geografica del 2012. Anche i consumi industriali sono cresciuti ad un ritmo molto accelerato in questi ultimi decenni, superando i 5 milioni di miliardi di litri (www.worldmeters.info/water). Sono cresciuti, naturalmente, anche i consumi civili sia per scopi alimentari che non alimentari. A determinare l’incremento della domanda idrica è stata, indubbiamente, anche l’evoluzione che si è registrata nella composizione dei consumi alimentari con la sempre più elevata incidenza di prodotti di provenienza zootecnica (la cosiddetta meat revolution), la cui produzione comporta consumi idrici superiori a quelli agricoli. E così, negli ultimi 100 anni, se la popolazione mondiale è triplicata, il consumo di acqua è aumentato di oltre 7 volte! Stando a quanto riportato nel World ecosystem

assessment del 2005, tra il 1960 e il 2000 la domanda mondiale di acqua è cresciuta di circa il 20%

ogni 10 anni e il ritmo di espansione, quantunque abbia mostrato di recente i cenni di un timido rallentamento, si è mantenuto alto anche in questi ultimi anni. Difatti, nelle previsioni formulate dalle Nazioni unite nel World water development report del 2012, viene sottolineato che la domanda mondiale di acqua potrebbe aumentare entro il 2025 di circa il 60% e superare le attuali disponibilità di acqua dolce.

L’aumento dei consumi ha comportato un incremento diffuso dei livelli di stress idrico in un numero crescente di Paesi e questo fenomeno rischia di avere notevoli ripercussioni sul piano ambientale, economico e politico. Per il World resource institute i maggiori livelli di rischio idrico si registrano nell’Africa sahariana e sub-sahariana, nel Corno d’Africa, nella Penisola Arabica, nel Medio Oriente e, più diffusamente, in tutta l’Asia centrale attorno al 40° parallelo e in buona parte del sub-continente indiano. Ma il rischio idrico appare elevato anche in altre aree del pianeta, come la costa oceanica dell’America meridionale e settentrionale, parte dell’Indonesia e dell’Australia e non ultimo l’Africa meridionale. Come si vede dal dettaglio riportato nella figura successiva (fig. 4) ad essere interessata da livelli di rischio idrico abbastanza elevati è anche l’Europa mediterranea. Si tratta, tuttavia, di aree geografiche più circoscritte, come nel caso dell’Italia dove questi livelli di rischio si riscontrano nel Salento orientale, nella Sicilia sud-orientale, nella Calabria ionica e in Basilicata nell’area compresa tra le valli dell’Agri e del Basento.

Figura 4 – Il livello complessivo di rischio idrico (2012)

Fonte: World Resources Institute – Acqueduct

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Lo stress idrico, come sottolinea Margherita Ciervo in Geopolitica dell’acqua (2010): «Diminuendo la disponibilità della risorsa […] e producendo squilibrio ecologico, può causare e/o acuire tensioni sociali, conflitti e guerre per il suo controllo» e questo spiega il perché l’acqua sia divenuta un tema sempre più centrale sul piano geopolitico con l’obiettivo, sempre meno dissimulato, di garantirsi la disponibilità di risorse idriche sufficienti a soddisfare le esigenze attuali e quelle future (sicurezza idrica).

Se per taluni Stati la sicurezza idrica costituisce un obiettivo geopolitico, per molti altri l’acqua è un problema assai più drammatico: si stima che ancora oggi oltre un miliardo di persone non ha accesso all’acqua potabile. Fortunatamente negli ultimi decenni si sono moltiplicati gli sforzi a livello internazionale per fare in modo che a tutte le popolazioni del pianeta venga assicurato l’accesso all’acqua potabile, inserendo questo obiettivo nei Millennium development goals. Ebbene, questi sforzi hanno prodotto risultati sicuramente incoraggianti: tra il 1990 ed il 2010 (fig. 5), l’incidenza della popolazione che non ha accesso all’acqua potabile è passata dal 24 all’11% e ciò significa che siamo di fronte ad uno dei pochi “obiettivi del millennio” che può dirsi raggiunto, e tutto questo grazie soprattutto alla cooperazione internazionale nelle sue diverse declinazioni.

Figura 5 – Percentuale della popolazione che ha accesso all’acqua potabile

Il raggiungimento di questo obiettivo è, infatti, il risultato sia dell’impegno profuso dalle Nazioni unite e da altri organismi di livello internazionale, sia dell’opera incessante e puntuale di una rete, tanto vasta quanto diversificata in termini di dimensioni, caratteristiche organizzative e orientamenti strategici, di ONG, capaci con progetti concreti e mirati di garantire l’approvvigionamento idrico ad un

numero crescente di comunità locali. Quella della cooperazione decentrata o territoriale è forse una delle forme più convincenti di cooperazione allo sviluppo, proprio per la sua intrinseca capacità di favorire un’interazione diretta di natura collaborativa tra le comunità, piuttosto che tra le istituzioni.

La Giornata mondiale dell’acqua e, nello specifico, l’evento organizzato dall’INEA nella sede della Società geografica italiana, vanno dunque interpretati come un’occasione per ricordare al nostro Paese, e più in particolare alle nostre comunità locali che ne costituiscono lo scheletro

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socio-17

territoriale, che l’obiettivo di preservare le risorse idriche (save water) e condividerle con tutte le popolazioni del pianeta (share water) è un obiettivo che deve coinvolgere ciascun individuo. Si tratta di un obbligo morale a cui nessun può o deve sottrarsi. Di qui l’esigenza di fare della cooperazione una prassi collettiva che investa le comunità locali e su di esse si incentri. Quello dell’accesso alle risorse idriche è, peraltro, un problema che spesso necessita di azioni puntuali, tese a risolvere situazioni specifiche relative a piccole comunità spazialmente disperse. Una conferma viene ancora una volta dal Rapporto sul raggiungimento degli obiettivi del millennio, dove si sottolinea che ad avere difficoltà di accesso all’acqua potabile sono in primo luogo le popolazioni rurali. Nel 2010 queste difficoltà hanno riguardato, infatti, più del 19% della popolazione rurale mondiale, mentre nel caso delle popolazioni urbane questa incidenza è risultata essere inferiore al 4% (fig. 6).

Figura 6 – Suddivisione della popolazione urbana e rurale per accesso all’acqua potabile

I due fenomeni, tuttavia, sono strettamente collegati, in quanto la penuria d’acqua che si registra in talune aree rurali è assai spesso la conseguenza diretta dell’esigenza di drenare da questi territori risorse idriche per soddisfare i bisogni delle popolazioni urbane e delle relative attività economico-produttive. E così, per quanto assurdo e contraddittorio possa apparire, vengono sottratte risorse idriche proprio a quelle aree alle quali viene chiesto di produrre derrate alimentari per soddisfare le esigenze delle popolazioni urbane. Una contraddizione che si manifesta anche con riferimento alla composizione della domanda di prodotti agro-alimentari proveniente dalle aree urbane; domanda che impone spesso modificazioni degli assetti colturali con conseguenze assai negative sul piano dei consumi idrici. Tali conseguenze, in ragione della divisione internazionale del lavoro, assumono dimensioni assai più pervasive proprio nei Paesi in via di sviluppo, contribuendo così ad accrescerne lo stress idrico.

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In generale gli assetti colturali dovrebbero discendere da un’attenta valutazione delle caratteristiche dei suoli, del regime pluviometrico e delle disponibilità idriche e non essere il riflesso di mere valutazioni di mercato, come purtroppo accade assai di frequente laddove gli interessi economici, di cui sono spesso portatori attori di livello internazionale quali le multinazionali, prevalgono su quelli ambientali e sull’interesse specifico delle comunità locali. Il comportamento “predatorio” di taluni attori economici trova spesso l’appoggio delle autorità di Governo che giungono ad utilizzare questi stessi attori per esercitare una pressione espulsiva sulle popolazioni residenti, poiché minoranze etniche, linguistiche o religiose. E ancora una volta il controllo delle risorse idriche diviene uno strumento di controllo dei territori e delle relative popolazioni e la geopolitica dell’acqua torna ad assumere connotazioni marcatamente negative.

Quella che va, dunque, eradicata dalle nostre culture è l’idea che l’acqua possa essere assimilata ad una merce o ad uno strumento di controllo. L’accesso all’acqua è, come si è detto all’inizio, innanzitutto un diritto, che può avere una sola restrizione nel suo uso sostenibile, nella garanzia che gli usi attuali non ne compromettano quelli futuri, condizione ineludibile perché di questo diritto possano beneficiarne le generazioni a venire. La cooperazione è l’unico comportamento che può assicurarci che questo diritto assuma una dimensione effettiva e universale, ma perché questo accada è anche necessario costruire a livello internazionale un quadro normativo chiaro e coerente e istituzioni che siano in grado di orientare e sostenere l’azione degli Stati. Secondo il rapporto The global water crisis:

addressing an urgent security issue4 del 2011-2012, se non verrà modificata la gestione dell’acqua a

livello globale, entro vent’anni Cina, India e molti altri Paesi, dovranno affrontare una domanda che non saranno in grado di soddisfare, con evidenti ripercussioni sulla pace, la stabilità politica e lo sviluppo economico.

Così come il ciclo dell’acqua non conosce confini, allo stesso modo la sua gestione non può essere in capo ai singoli Stati, né può essere demandata al mercato; al contrario essa richiede la costruzione di un modello di governance globale che ispirandosi ai principi dello sviluppo sostenibile sappia contemperare l’esigenza di garantire a tutti i popoli l’accesso all’acqua con quello di non comprometterne la disponibilità a beneficio delle generazioni future e della stessa sopravvivenza della vita sul nostro pianeta. La cooperazione costituisce la risorsa strategica di questo percorso e ne è insieme la premessa. L’acqua, come è stato giustamente sottolineato da Riccardo Petrella nel 2003 «può divenire l’elemento attorno al quale costruire una narrazione differente rispetto a quella attuale, in cui i principi di cooperazione, solidarietà e bene comune si affermano come valori guida delle politiche della comunità umana nella possibile costruzione di un altro mondo»; ciò che in una recente volume dedicato proprio alla geopolitica dell’acqua Giancarlo Elia Valori ha definito la via verso un «nuovo umanesimo». Questo obiettivo riguarda tutti noi, nessuno escluso, perché è da noi che deve partire questo cambiamento epocale, perché non possiamo non essere noi i protagonisti e, non ultimo, perché è nell’interesse di ciascuno di noi che questo mutamento avvenga.

4 Il rapporto è stato stato redatto da 23 tra i maggiori esperti internazionali della materia ed è scaturito dalle riflessioni

dell’Interaction council, un gruppo no profit formato da 40 ex capi di stato e di Governo, dall’Institute for water, environment and health della United Nations University e dalla Walter and Duncan Gordon foundation.

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2.3 Irrigation water management in Palestinian agricultural sector: strategies and policies

Ministro Shaddad Al Attili, Autorità dell’Acqua Palestinese

Come Ministro a capo dell’Autorità Palestinese dell’Acqua è un piacere presentare la situazione idrica e dell’agricoltura nei territori palestinesi. In realtà, sono solito presentarmi come il “Ministro dell’acqua che non ha acqua”. Questo è dovuto non alla scarsità di risorse idriche sul territorio (fig. 1), ma alla mancanza di accesso alle risorse che, come si può immaginare, rappresenta un enorme problema per i palestinesi, che non hanno buoni standard di sicurezza né alimentare né idrica.

Figura 1 – Immagine satellitare del Medio Oriente

Nell’evoluzione storica del territorio palestinese, dal 29 novembre 2012 si è passati dallo status di territori occupati al riconoscimento di uno Stato della Palestina, che però è sotto occupazione (Gaza, West Bank e Gerusalemme, fig. 2).

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Figura 2 – Territori occupati

Le risorse idriche in Palestina sono rappresentate dal Lago di Tiberiade, il fiume Giordano, sacro per i cristiani, e il Mar Morto. Il Mar Morto legalmente appartiene a Siria, Giordania, Israele e Palestina, ma è un patrimonio di tutta l’Umanità per la sua unicità, rappresenta il punto emerso più profondo sulla Terra, il mare più salato e il suo stato di salute sta risentendo dei conflitti legati al suo sfruttamento e in generale dei conflitti presenti in quest’area: il mare si sta ritirando a causa di uno sfruttamento non sostenibile, anche perché non c’è un accordo tra i vari Stati sul bacino del fiume Giordano, accordo che dovrebbe esserci come per tutte le risorse transazionali. Ogni aspetto inerente lo sfruttamento di queste risorse deve essere approvato e programmato in conseguenza ad un accordo generale tra i vari Paesi, che non si riesce ad ottenere nelle attuali condizioni conflittuali.

Da quando c’è l’occupazione israeliana nello Stato della Palestina non è più permesso l’accesso al fiume Giordano e il Ministero dell’Acqua palestinese non può richiedere o prevederne l’accesso. Nel 1967 con l’occupazione della striscia di Gaza, del Sinai, della West Bank e delle alture del Golan, Israele ha sistematicamente tagliato l’accesso alle risorse ai palestinesi (fig. 3).

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Figura 3 – Gestione delle risorse idriche dello Stato di Israele

La Striscia di Gaza è uno dei punti più densamente popolati dell’intero pianeta. E la popolazione di Gaza beve acqua non potabile, i bambini che nascono a Gaza presentano la sindrome del “born blue”, mentre tutto intorno Israele scava pozzi per evitare che l’acqua giunga fino a dentro la città. Non è un problema di risorse finanziarie, non è un problema di risorse, non è un problema di tecnologia, abbiamo tutti questi elementi, ma ogni cosa deve passare per una negoziazione con le Autorità israeliane, situazione che blocca ogni tentativo di migliorare la situazione. Ogni progetto che viene eseguito deve avere l’approvazione militare, e per averla spesso passano anche 10 anni, come nel caso di un impianto di riutilizzo dell’acqua nella West Bank.

È quindi un problema anche per la cooperazione, che con grandi sforzi si sta comunque cercando di portare avanti e un esempio è dato dai lavori del Condotto della Pace, che dovrebbe collegare il Mar Rosso al Mar Morto per rimpinguare di risorse quest’ultimo. Anche se i maggiori problemi sono dovuti ai rapporti con Israele, una continua ricerca di intesa e di programmi è svolta anche con i cittadini palestinesi e con il Ministro dell’Agricoltura, che richiede quantitativi d’acqua che non possono essere assicurati, in quanto le scarse risorse a cui si ha accesso sono, ovviamente, destinate al consumo umano. Comunque, il 60% delle disponibilità sono dirottate per usi agricoli.

Dalla scorsa risoluzione dell’ONU la Palestina è uno Stato, quindi è riconosciuta una

cittadinanza, ma nei fatti la situazione non è cambiata. Pur avendo accettato un compromesso (il 78% della Palestina storica è diventata Stato di Israele) permane una condizione di occupazione e i 5 punti cruciali per la pace sono stati posti come negoziazione perenne tra noi ed Israele: Gerusalemme, gli insediamenti, i confini, le risorse, sono problemi che non sono stati risolti (fig. 4). Ci sono stati degli

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accordi temporanei, come nel 1995, che hanno portato ad un allocamento del 10% delle risorse idriche allo Stato della Palestina in attesa di valutare quante risorse effettive servissero per soddisfare le nostre necessità idriche. Ma questo non è mai avvenuto, non abbiamo mai avuto accesso alle risorse e ne vengono destinate ai palestinesi solo il 10%, diventando il diritto all’acqua un fattore da negoziare fino alla risoluzione del conflitto. Questo è uno dei motivi del fallimento degli accordi di Camp David nel 2000.

Figura 4 – Un’immagine del conflitto

Il rapporto pro capite di acqua è crollato (fig. 5) e l’organismo che rappresento, creato proprio per venire incontro ai cittadini, è inerme, nonostante la risoluzione dell’ONU dica chiaramente come

l’accesso all’acqua, e l’accesso all’acqua potabile sia un diritto fondamentale dell’Uomo, qualsiasi sia la razza, religione o nazionalità.

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Oltre al mancato accesso al fiume Giordano, lo Stato palestinese non è autorizzato a costruire dighe per raccogliere acqua, né a scavare pozzi. A fronte della situazione di stallo sui negoziati che riguardano anche l’accesso all’acqua, la popolazione è aumentata, quindi peggiorata in termini di sopravvivenza e sviluppo, in quanto né l’agricoltura né lo sviluppo sono possibili se l’acqua non è accessibile e usufruibile.

Quando nel 2005 gli israeliani hanno cominciato a lasciare alcuni dei territori occupati, abbiamo avviato un progetto per 41 milioni di dollari per costruire serre, per coltivare colture come pomodori, peperoni, ciliegie, ma per fare questo era necessario aprire i confini e permettere l’esportazione di tali prodotti. Non essendo questo possibile per problemi politici, gli agricoltori sono ritornati a coltivare banane, che richiedono troppa acqua rispetto alle disponibilità, ma che sono le uniche colture che possano vendere sul mercato palestinese. Delle riforme sono state fatte, soprattutto sotto l’aspetto normativo e legislativo, per combattere anche i fenomeni di abusivismo, ma è difficile in queste condizioni controllare lo scavo illegale di pozzi da parte della popolazione.

Il mio intervento è quindi politico, ma è necessario comprendere che qualunque aspetto tecnico non ha efficacia se non c’è volontà politica. Per questo oggi per la Giornata mondiale dell’acqua, che celebro qui con voi in Italia, vi chiedo: se l’acqua è un diritto fondamentale dell’Uomo, dove sono i diritti basici e fondamentali del popolo palestinese? Come posso parlarvi delle politiche agricole e dell’uso idrico, se non abbiamo accesso all’acqua?

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2.4 ENPI CBC Med Programme: building sustainable water management knowledge in the Mediterranean Basin

Dott. Esmat AlKaradsheh, National center for agricultural research and extension, coordinator of ENPI

CBC Med programme

Ringraziando prima di tutto l’INEA per l’invito estesomi nel partecipare a questo importante

giorno, non credo di dover sottolineare l’importanza che la cooperazione internazionale riveste in un delicato argomento quale l’acqua, visti anche gli esaurienti interventi di chi mi ha preceduto e che ringrazio.

L’acqua, infatti, è un problema mondiale, che scavalca i confini di spazio, tempo e appartenenza, e un problema presente in una specifica parte del mondo ha conseguenze in tutto il globo, quindi è necessario un network di azioni e risoluzioni comuni.

Possiamo osservare come l’area del Mediterraneo abbia gravi problemi legati alle risorse idriche, visibile anche nella bassa disponibilità procapite di acqua (fig. 1).

Figura 1 – Water scarcity

La scarsità è un problema per l’ambiente, per la politica, per l’economia, per la sicurezza e per i conflitti che genera. In molte zone, infatti, non raggiunge neanche la soglia minima di stabilità, vivibilità e sicurezza.

Le risorse idriche nel Mediterraneo provengono in massima parte da falde acquifere il cui sfruttamento comincia a raggiungere la soglia di insostenibilità ambientale per le esigenze delle prossime generazioni (fig. 2).

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Figura 2 – Water scarcity, stress e vulnerabilità

La Giordania, per esempio, ha posto tra i problemi prioritari la scarsità d’acqua e la degradazione della terra. Nel Mar Morto dal 1896 ad oggi il livello del mare si è talmente abbassato da essere ormai diviso in due da un lembo di terra e questo fenomeno è da addebitare in gran parte allo sfruttamento per le attività umane (fig. 3).

Figura 3 – Trend dei livelli del Mar Morto

Per contrastare il problema di scarsità di acqua, in Giordania si è pensato, come nel resto del bacino del Mediterraneo, di affrontare il problema in tre fasi, nel breve, medio e lungo termine. Le

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attività a breve termine, più urgenti, riguardano una revisione della gestione della domanda di acqua e prevedono di lavorare su risorse alternative marginali e puntare a una gestione più ecologica.

Le attività a medio termine riguardano soprattutto il ricollocamento delle risorse, basti pensare, come in Palestina, che sono le produzioni agricole quelle che consumano la gran parte delle risorse idriche, più del 65% del totale. Quindi, bisogna destinare parte dell’acqua per l’agricoltura ad altri settori e avviare una riforma agricola che porti all’uso di colture meno idroesigenti. È importante anche una gestione dell’acqua locale che si basi sull’associazionismo e su organismi regionali ed è importante estendere la gestione delle politiche sull’acqua a una rete più vasta di consumatori. Per ultimo, c’è sicuramente la lotta alla siccità e la gestione transfrontaliera di approvvigionamento idrico, che tocca più da vicino le questioni legate alla cooperazione tra Paesi e leggi internazionali.

Nell’agenda a lungo termine rientrano tutti i grandi progetti che riguardano, ad esempio, azioni di desalinizzazione, canali, accumulo d’acqua attraverso serbatoi, grandi progetti come quello citato da S.E. Shaddad Attili riguardo al Condotto della Pace tra il Mar Rosso e il Mar Morto. Questa è in definitiva la panoramica di azioni che devono essere gestite per trovare una soluzione al problema delle risorse idriche.

Come accennato sono presente qui anche come coordinatore del programma chiamato ENPI

CBC Med, una denominazione che abbraccia le principali azioni internazionali di cooperazione tra Paesi

nel bacino del Mediterraneo, patrocinate e sostenute dall’Unione europea in vari settori, tra cui quello dei cambiamenti climatici e tutti gli aspetti ad esso correlati. Questo è il principale settore che l’UE ha voluto porre come base per le azioni di cooperazione in un periodo di tempo che va dal 2007 al 2013.

Riporterò alcuni esempi di progetti finanziati da questo programma. Innanzitutto, va evidenziato che si tratta di un programma multilaterale che vuole migliorare e rafforzare la cooperazione tra i Paesi che si affacciano sul bacino del Mediterraneo. Sono 14 i Paesi partner che rappresentano 76 territori e circa 110 milioni di persone: Cipro, Egitto, Francia, Grecia, Israele, Italia, Giordania, Libano, Malta, Palestina, Portogallo, Spagna, Siria e Tunisia.

Sono 4 le priorità individuate dai Paesi partecipanti: 1. sviluppo socio-economico;

2. sostenibilità ambientale a livello di bacino;

3. garantire la mobilità delle persone, dei beni e dei capitali; 4. promozione del dialogo culturale e della governance locale.

Il budget del programma è di 200 milioni di euro, gestiti da una struttura manageriale chiamata JMA, Joint management authority, in Italia rappresentata dalla Regione Autonoma della

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Figura 4 – Regioni coinvolte nel programma ENPI CBC Med

Vista la vastità delle aree su cui questo programma estende la sua azione, gli uffici principali coprono rispettivamente la parte Ovest con Valencia e quella Est con Aqaba. In generale, la struttura organizzativa del programma è cosi riassumibile:

Joint monitoring committee, ruolo di decision-making;

Projects selection committee, valutazione dei progetti;

Joint managing authority, gestione e implementazione del programma (Regione Autonoma

della Sardegna);

Joint technical secretariat, supporto alla gestione;

2 Branch office, a Valencia (Spagna) e Aqaba (Giordania), rapporti con i potenziali beneficiari sul territorio.

La gestione dei progetti ha seguito un preciso iter: un bando per standard project 2009-2019, un primo bando per strategic project 2010-2011 e un secondo bando per strategic project 2011-2012. La differenza tra progetti standard e strategici è relativa alla tipologia di intervento. Sono stati selezionati 56 progetti, di cui uno è in stato operativo, e l’Italia è presente con circa 109 organizzazioni che lavorano su progetti dal valore complessivo di circa 29 milioni di euro (fig. 5).

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Figura 5 – Ripartizione del budget del programma ENPI CBC Med

Il nostro obiettivo per il 2013 è cercare di coinvolgere più realtà possibili intorno al nostro programma, cercando anche di attuare un’opera di divulgazione su vari temi, organizzando meeting tematici sul miglioramento delle politiche per la pianificazione territoriale e lo sviluppo, la mitigazione e strategie di adattamento al cambiamento climatico, il dialogo culturale e il turismo sostenibile. Gli incontri servono per analizzare i risultati dei progetti, fornire la piattaforma per gli scambi di esperienze tra i partner, capitalizzare le migliori prassi e rendere i risultati e le conclusioni disponibili per tutti gli attori interessati. Infatti, a partire dal 2014 fino al 2020 ci sarà una nuova capitolazione da parte dell’Unione europea per una nuova serie di progetti e bandi, legati anche e soprattutto al water

management.

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Vorrei illustrarvi alcuni dei progetti che sono stati o sono ancora in fase di attuazione:

1- “Cooperazione nel Mediterraneo nel trattamento e valorizzazione degli ulivi, frantoi e acque reflue”, cui hanno partecipato Cipro, Israele, Italia, Portogallo e Giordania per la durata di 36 mesi ed un bilancio di circa 2 milioni di euro. Gli obiettivi principali sono quelli di promuovere e favorire una migliore applicazione di soluzioni pratiche ed economicamente efficienti per il trattamento delle acque reflue dei frantoi per le olive, al fine di ridurne l’impatto ambientale.

2 – “Diffusione di dispositivi basati su nanotecnologie per il trattamento e riciclaggio delle acque - NANOWAT”, a cui hanno partecipato Italia, Francia, Spagna e Israele, per la durata di 36 mesi e un

bilancio di circa 1,4 milioni di euro. Gli obiettivi sono: sviluppare nuove tecnologie, sulla base di nano-materiali e di energia solare per la depurazione efficiente delle risorse idriche; migliorare lo scambio di conoscenze tecniche, nuove professionalità e consapevolezza ambientale.

3 – “Promuovere la sostenibilità nell’uso delle risorse idriche sotterranee nel bacino del Mediterraneo: migliorare le competenze tecniche e amministrative in alcuni zone del bacino per attenuare l'inquinamento delle acque sotterranee – FOEME”, con la partecipazione di Israele, Autorità palestinese,

Giordania e Spagna, per la durata di 30 mesi e un bilancio totale di 1,5 milioni di euro. Lo scopo è migliorare le competenze tecniche e amministrative a livello comunale e la costruzione di una rete di collaborazione per condividere conoscenze ed esperienze.

4 – “Migliorare la sostenibilità ambientale della produzione agricola legata all’irrigazione in Libano e Giordania – ENSIAP”, che ha coinvolto Italia, Giordania, Grecia e Libano, per una durata di 36 mesi e un bilancio di circa 2 milioni di euro. Gli obiettivi specifici sono un contributo alla riduzione dell’impatto ambientale dell’irrigazione e del cambiamento climatico in Libano e Giordania attraverso una maggiore efficienza di impiego delle acque, l’introduzione di metodi di produzione ecosostenibili e la diffusione dell’uso di fonti energetiche rinnovabili.

5 – “Trasferimento di conoscenze e innovazione per il risparmio idrico nel bacino del Mediterraneo - AQUAKNIGHT”, cui hanno partecipato Grecia, Italia, Cipro, Tunisia, Egitto e Giordania, per la durata di 36

mesi e un bilancio di circa 2 milioni di euro. Gli obiettivi sono lo sviluppo di progetti pilota per il trasferimento di esperienze nella pianificazione e gestione integrata delle reti di distribuzione idrica, lo sviluppo di capacità nella gestione delle acque nelle tecniche avanzate per il controllo delle perdite e la contabilizzazione dei consumi, la costruzione di una forte partnership per adottare le migliori politiche internazionali per la riduzione delle perdite idriche nelle reti di distribuzione urbana.

6 – “Uso sostenibile dell’acqua ad uso domestico nelle regioni mediterranee - SWMED”, con impegnati

per la durata di 36 mesi Italia, Malta, Palestina e Tunisia e un bilancio di 1,8 milioni di euro. L’obiettivo è la diffusione di un approccio di gestione sostenibile dell’acqua e delle tecnologie per migliorare i sistemi sanitari dei cittadini, riducendo il consumo pro capite di acqua.

7 – “Adattamento ai cambiamenti climatici attraverso una migliore gestione della domanda di acqua in agricoltura irrigata con l’introduzione di nuove tecnologie e migliori pratiche agricole - ACCBAT”. I Paesi

impegnati in questa promozione e supporto di innovative tecnologie per l’acqua sono Italia, Giordania, Libano e Tunisia per 36 mesi e un bilancio di circa 5 milioni di euro.

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Ora vorrei brevemente illustrare alcune immagini sui progetti che la Giordania ha svolto per affrontare i maggiori problemi riguardanti l’acqua e i cambiamenti climatici. In particolare, alcuni progetti svolti insieme al Libano (IRWA project) riguardanti tecnologie per il riutilizzo di acqua reflue, il

riutilizzo di acque piovane, il riutilizzo di acque grigie, la sensibilizzazione contro gli usi illegali dell’acqua attraverso delle associazioni di utenti, la scelta di colture a basso impatto idrico e studi sulla desalinizzazione (fig. 7).

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Come ultimo aspetto, vorrei affrontare quello della programmazione e dello studio di un mega progetto come quello del Condotto della Pace dal Mar Rosso al Mar Morto, con l’analisi tra risorsa e domanda in caso di implementazione. In figura 8 si evidenzia quali sono le previsioni al 2022 tra disponibilità, domanda e deficit, in particolare con le risorse idriche che giungeranno attraverso il Condotto si dovrebbe poter raggiungere una condizione di equilibrio, eliminando il deficit (in crescita).

Figura 8 – Disponibilità, domanda e deficit nel Mar Morto

Dobbiamo lavorare molto, quindi, per avere anche solo la possibilità di trovarci in futuro acqua per bere e sopravvivere.

2.5 Improving groundwater levels: bargaining and devolution in the Upper Guadiana basin

Dott.ssa Carmen Marchiori, London school of economics and political science

Ringrazio l’INEA per questo invito all’evento, a cui intendo contribuire con una ricerca svolta in

collaborazione con il Dott. Simon e il Dott. Sayre sull’utilizzo delle acque del bacino sotterraneo del Guadiana in Spagna e le problematiche adesso associate.

Il bacino del Guadiana è caratterizzato da alcuni elementi comuni ad altri bacini nel mondo. Attualmente sta vivendo un importante processo di trasformazione e di riforma per l’uso delle acque sotterranee (fig. 1). Gli obiettivi di questo studio sono finalizzati ad analizzare gli aspetti peculiari degli attuali processi di riforma e valutare la possibilità e l’efficienza di approcci decisionali alternativi per migliorare lo stato delle falde.

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Figura 1 – Inquadramento del bacino del Guadiana

Da un punto di vista metodologico, lo studio si basa su analisi quantitative e modelli matematici, sulla teoria dei giochi e simulazioni numeriche calibrate sulle reali condizioni idrogeologiche. Da un punto di vista geografico, il bacino della Guadiana si compone di quattro unità idriche, di cui la principale è la falda acquifera della Mancha occidentale, che contiene l’80% dell'acqua complessiva del bacino.

Questa è un’area fortemente agricola, la cui produzione si basa principalmente sulle risorse idriche per i propri bisogni, risultando fondamentale anche da un punto di vista economico. Allo stesso tempo si è registrata negli ultimi anni una riduzione del livello delle acque, rappresentando un problema sia economico che produttivo e occupazionale per la regione. Negli ultimi 20 anni il livello delle acque è diminuito di 40 m. Affinché questa riduzione delle risorse idriche si fermi, sarebbe necessaria una riduzione del 40% del suo consumo. Questo, però, è difficile che avvenga per gli elevati fabbisogni irrigui e per il fenomeno dell’uso illegale dell’acqua (fig. 2).

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Attualmente, il 46% dell’uso delle acque è illegale e finora ci sono stati due gravi ostacoli alla riduzione del fenomeno: insufficienti strutture di controllo e opposizione politica all’applicazione delle norme, frutto anche di fattori storici legati alle controversie politiche relative ai diritti sull’allocazione dell’acqua, dove le medio-grandi aziende agricole hanno goduto di vantaggi a discapito di quelle piccole, che pur rappresentano la maggioranza nell’area. Anni fa, le autorità governative avevano fissato un budget per la regione di 1 miliardo di euro, ma attualmente non sappiamo se queste risorse sono ancora disponibili.

Da un punto di vista strategico, l’approccio usato è stato di tipo centralizzato, principalmente basato sull’imposizione di norme sull’uso delle acque dall’alto. Questo approccio non ha prodotto grandi risultati, ma è ancora l’attuale strategia, soprattutto a causa della mancanza di risorse. Nuovi fondi potrebbero dare il via a una rivisitazione delle opportunità strategiche.

I nuovi paradigmi politici includono un decentramento delle responsabilità decisionali e una maggiore partecipazione dei diversi stakeholder nei processi decisionali. Un secondo approccio “bastone e carota” prevede una nuova politica di riacquisizione e distribuzione dei diritti sull’acqua, una politica di legalizzazione delle aziende e una maggiore regolamentazione che permetta di rinforzare la regione ed migliorarne l’efficienza. I vari stakeholder possono giocare un ruolo fondamentale in questa fase partecipando, insieme alle autorità politiche, alla fissazione dei criteri e delle norme della regione.

Questo approccio fa nascere alcune domande chiave: l’approccio del “bastone e della carota” può contribuire effettivamente alla stabilizzazione dei livelli dell’acqua? C’è spazio per un accordo mutualmente vantaggioso tra i diversi stakeholder? Quale sarà il ruolo del Governo centrale in questa decentralizzazione?

Nel modello decentralizzato è possibile individuare diversi livelli e per ogni livello un diverso attore principale con compiti e responsabilità definite. A un primo livello si individua il Governo nazionale, il quale definisce le regole relative ai processi di contrattazione locale. Nello specifico, definisce quanto spendere, gli importi da pagare in caso di mancato rispetto delle norme e di un mancato accordo tra le parti. In un secondo livello troviamo gli stakeholder locali, per la precisione 5 diversi gruppi locali sono stati individuati e 4 diversi tipi di agricoltori, classificati in base alle dimensioni (piccoli agricoltori senza diritti, piccoli, medi e grandi agricoltori con diritti) (fig. 3). Gli

stakeholder locali definiscono il coefficiente di multa in caso di utilizzo illegale di acqua e la

percentuale di agricoltori senza diritti che verrebbero legalizzati. Nel terzo livello i singoli agricoltori decidono in che modo ottimizzare le decisioni prese a livello locale e governativo. Abbiamo utilizzato un modello matematico, come spiegato precedentemente, per determinare differenti situazioni potenziali.

Figura

Figura 4 – Il livello complessivo di rischio idrico (2012)
Figura 5 – Percentuale della popolazione che ha accesso all’acqua potabile
Figura 6 – Suddivisione della popolazione urbana e rurale per accesso all’acqua potabile
Figura 1 – Immagine satellitare del Medio Oriente
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