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Caratterizzazione neuropsicologica di bambini ed adolescenti con CD/ODD ed elevati livelli di aggressività: risultati preliminari dello studio europeo MATRICS

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA

FACOLTA' DI MEDICINA E CHIRURGIA

DIPARTIMENTO DI MEDICINA CLINICA E SPERIMENTALE

Tesi di Specializzazione in Neuropsichiatria Infantile

Direttore della Scuola di Specializzazione

Prof.ssa Battini Roberta

Caratterizzazione neuropsicologica di bambini ed adolescenti con

CD/ODD ed elevati livelli di aggressività:

risultati preliminari dello studio europeo MATRICS

Relatore

Relatrice

Candidata

Dott. Gabriele Masi

Dott.ssa Annarita Milone

Dott.ssa Francesca Placini

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Abstract

Bambini e adolescenti con Disturbo Oppositivo Provocatorio (ODD) o Disturbo della Condotta (CD) mostrano un modello ripetitivo e persistente di comportamento aggressivo con significativa compromissione del loro funzionamento globale e conseguenze negative sia per i pazienti che per le loro famiglie costituendo un gravoso problema di sanità pubblica. Nell’ultimo decennio sono stati fatti molti sforzi per ottenere una migliore caratterizzazione neuropsicologica dei sottotipi di Disturbo della Condotta e si è assistito ad un rapido progresso nella comprensione della neurobiologia dei tratti psicopatici, in particolare della componente calloso-anemozionale. Numerosi studi hanno rilevato, in soggetti con questi disturbi, deficit nelle abilità verbali, nelle funzioni esecutive (ad esempio, difficoltà nell’attenzione selettiva, scarsa flessibilità cognitiva, compromissione delle abilità nel processo decisionale, con alterazione dei meccanismi di ricompensa e punizione) e nel processamento delle emozioni, nonché un’alterazione di parametri autonomici quali frequenza cardiaca, conduttanza cutanea e livelli di cortisolo. Tuttavia i dati relativi a queste caratteristiche sono ancora contrastanti e la proporzione dei differenti tipi di deficit non è stata ancora completamente chiarita. Comprendere quindi in che modo i soggetti aggressivi affetti da Disturbo della Condotta o Disturbo Oppositivo Provocatorio si distinguano da soggetti con sviluppo tipico dal punto di vista del funzionamento neuropsicologico, nonché studiare le correlazioni tra aggressività e specifici funzionamenti neuropsicologici (attenzione, memoria di lavoro, cognizione sociale, capacità decisionale, comprensione delle emozioni, motivazione, etc..) appare fondamentale al fine di ottenere informazioni più precise relativamente ai meccanismi cognitivi alla base dell’aggressività e ai meccanismi biologici sottostanti ai diversi tipi di aggressività (reattiva vs proattiva).

Il presente studio è stato condotto nell’ambito del WP-6, parte del progetto europeo sui disturbi della condotta: Multidisciplinary Approaches to Translational Research In Conduct Syndromes (MATRICS). Il progetto ha lo scopo di implementare la conoscenza dei correlati neuropsicologici comportamentali, neurochimici, (epi)-genetici e neuroanatomici dell’aggressività nel Disturbo di Condotta (DC) e di identificare nuovi target di potenziali terapie farmacologiche e non-farmacologiche per il trattamento dell’aggressività. L’obiettivo primario della presente trattazione è di valutare il funzionamento cognitivo neuropsicologico in bambini e adolescenti con livelli clinicamente rilevanti di aggressività e diagnosi di Disturbo Oppositivo Provocatorio (ODD) o Disturbo della Condotta (CD) e compararli con soggetti di controllo con sviluppo tipico. Tali aspetti saranno esaminati all’interno dello studio caso-controllo (fase I, screening e valutazione clinica, e fase II, testing baseline caso-controllo) tramite una serie di task selezionati da due batterie neuropsicologiche computerizzate ed innovative EMOTICOM e CANTAB, che indagano le funzioni esecutive calde e fredde, aspetti della cognizione sociale, il riconoscimento delle emozioni facciali e l’empatia.

I risultati preliminari hanno evidenziato che i nostri pazienti mostrano una compromissione delle capacità di attenzione selettiva, della memoria di lavoro e nelle capacità di inibizione. Il deficit nelle funzioni esecutive fredde si associa e modula le difficoltà riscontrate nel riconoscimento delle emozioni facciali, nell’identificazione di stimoli sociali salienti, nel processamento delle informazioni sociali con conseguente attivazione di comportamenti aggressivi che determinano una compromissione globale dei soggetti, che si estende dall’ambito di funzionamento personale (scolastico, lavorativo) a quello sociale (familiare, relazioni con i pari). Queste analisi preliminari consentono di ipotizzare la presenza di due sottogruppi di pazienti, uno che presenta tratti calloso-anemozionali più elevati, ed un altro che si caratterizza invece, per la presenza di una maggiore disregolazione emotiva, dato che appare in linea con la più recente letteratura in merito. Al contempo, i nostri risultati suggeriscono che le difficoltà attentive svolgono un ruolo significativo nel determinare la compromissione osservata in pazienti con tratti CU più elevati e che deficit nel riconoscimento delle emozioni e nella cognizione sociale possono essere riscontrati anche nei pazienti del sottogruppo con disregolazione emotiva. Pertanto nella presa in carico di bambini e adolescenti CD/ODD appare fondamentale effettuare una accurata valutazione psicopatologica, anche tramite l’utilizzo di task neuropsicologici computerizzati, che consenta di pianificare un trattamento individualizzato basato sulle caratteristiche individuali.

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1. INTRODUZIONE

1.1. Disturbi del comportamento

1.1.1. Definizione e criteri diagnostici (ICD-10 e DSM 5) pag. 1

1.1.2. Sottotipi di DC pag. 6

1.1.3. Epidemiologia pag. 8

1.1.4. Genetica e fattori di rischio pag. 9

1.1.5. Funzionamento del Sistema nervoso autonomo in CD pag. 12

1.1.6. Asse ipotalamo-ipofisario-surrenalico nel CD pag. 13

1.1.7. Comorbidità pag. 14

1.1.8. Traiettorie evolutive pag. 16

1.1.9. Terapie farmacologiche e non farmacologiche per ODD e CD pag. 29

1.2. Aggressività

1.2.1. Aggressività strumentale e substrati neurobiologici

dei tratti calloso-anemozionali pag. 23

1.2.2. Aggressività reattiva e suoi substrati neurobiologici pag. 25

1.2.3. Modelli neuropsicologici pag. 26

1.2.4. Neuroanatomia funzionale pag. 27

1.2.4. Trattamenti farmacologici per l’aggressività in età evolutiva pag. 31 1.2.5. Effetti dei farmaci in singola dose su specifici domini neuropsicologici pag. 32

2. SCOPO DELLO STUDIO

2.1. Obbiettivo primario pag. 39

2.2. Obbiettivi secondari pag. 39

2.3. Disegno dello studio pag. 40

3. PAZIENTI E METODI

3.1. Campione di studio pag. 45

3.2. Procedure sperimentali pag. 47

3.3. Parametri di studio pag. 52

3.4. Analisi statistiche pag. 53

4. RISULTATI

4.1. Descrizione del campione pag. 54

4.2. Caratteristiche cliniche del gruppo CD/ODD pag. 55

4.3. Questionari e scale di valutazione pag. 58

4.4. Performance ai Task pag. 63

4.5. Correlazioni pag. 68

5. DISCUSSIONE pag. 73

6. CONCLUSIONI pag. 79

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1. INTRODUZIONE

1.1. Disturbi del comportamento

1.1.1. Definizione e criteri diagnostici (ICD-10 e DSM 5)

I disturbi dirompenti, del controllo degli impulsi e della condotta sono tra i disturbi con maggiore prevalenza nell’infanzia e in adolescenza e rappresentano le cause più frequenti di richiesta di consultazione nei centri di neuropsichiatria infantile (Biederman, Newcorn, Sprich, 1991; Coghill, 2013).

All’interno di questa categoria diagnostica sono inclusi il disturbo oppositivo-provocatorio (ODD Oppositional Defiant Disorder), il disturbo della condotta (CD Conduct Disorder), il disturbo di personalità antisociale, il disturbo esplosivo intermittente, la piromania e la cleptomania, ed i disturbi da comportamento dirompente non altrimenti specificato (DSM-5, APA).

CD e ODD sono caratterizzati da una stabile difficoltà nel controllo delle emozioni e del comportamento, da pattern di comportamenti aggressivi e di violazione dei diritti altrui (es. distruzione di proprietà, ecc.), e dal mancato rispetto di norme sociali o figure di autorità. La presenza di questi disturbi è spesso associata ad evoluzione psicosociale negativa con compromissione del funzionamento personale (fallimento scolastico, isolamento sociale, comportamenti devianti, problemi con la legge, interazione precoce) e familiare (Loeber et al. 2000; Hamilton and Armando 2008).

Nel ODD è presente un umore prevalentemente irritabile, i bambini o adolescenti manifestano comportamenti oppositivi, atteggiamenti polemici e sfidanti verso le figure di autorità (genitori, insegnati etc.), è presente una tendenza ad arrabbiarsi facilmente e si possono verificare scoppi d’ira con associata aggressività verbale o fisica diretta verso gli oggetti e le persone.

Nel CD sono presenti comportamenti caratterizzati da una stabile violazione delle regole e norme appropriate all’età, mancato rispetto dei diritti altrui che si manifesta con comportamenti aggressivi verso le persone, comportamenti distruttivi verso gli oggetti, tendenza alla disonestà e a alla manipolazione e inganno degli altri per trarre vantaggio.

Precedentemente alla pubblicazione del DSM-5, il ODD veniva considerato una espressione meno severa del CD, escludendo in tal modo la possibilità di una diagnosi di ODD e CD in comorbidità (DSM-IV, APA) come invece è stata inserita nella nuova edizione del DSM.

Nello studio di Biederman e coll. (1996) si valuta se ODD si possa considerare un precursore o un prodromo di CD, gli autori concludono che si devono considerare due gruppi di ODD, uno prodromico di CD ed uno subsindromico, senza tendenza allo sviluppo di CD in età adolescenziale. Questi due sottogruppi sono diversi se si considerano i loro correlati clinici e il loro percorso evolutivo

Sebbene il ODD e il CD abbiano caratteristiche distinte, la letteratura è concorde nell’identificare queste due condizioni come espressioni psicopatologiche altamente correlate (Krueger et al. 2005; Beauchaine et al 2017). Inoltre ODD e CD condividono fattori di rischio (sia nel dominio sociale che familiare), mostrano una comune predisposizione genetica, possiedono caratteristiche comuni nella presentazione fenotipica nonché rispetto ad aspetti neuropsicologici, emozionali e relazionali e condividono simili principi di trattamento.

Criteri diagnostici per Disturbo Oppositivo-Provocatorio secondo il DSM-5

A. Un pattern di umore stabilmente arrabbiato/irritabile, comportamenti polemici, sfidanti, o vendicativi della durata di almeno 6 mesi, con presenza di almeno 4 sintomi tra quelli presenti nelle seguenti 3 categorie, che si manifestano nell’interazione con almeno una persona che non sia un fratello/sorella.

Umore arrabbiato / irritabile: 1. spesso va in collera

2. è spesso suscettibile o facilmente irritabile 3. è spesso arrabbiato o rancoroso

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2 4. spesso litiga con le autorità (per bambini e adolescenti con gli adulti)

5. spesso sfida o rifiuta di seguire le richieste o le regole imposte dalle autorità (per bambini e adolescenti con gli adulti)

6. spesso provoca deliberatamente gli altri

7. spesso accusa gli altri per i suoi errori e per il suo comportamento Vendicatività:

8. è stato dispettoso e vendicativo almeno 2 volte negli ultimi 6 mesi

Nota: la persistenza e la frequenza di questi comportamenti dovrebbe essere utilizzata per distinguere un comportamento nei limiti della norma rispetto ad un comportamento problematico. Per bambini d’età inferiore ai 5 anni il comportamento dovrebbe essere presente la maggior parte di giorni per un periodo di almeno 6 mesi, se non diversamente specificato. Per individui d’età superiore ai 5 anni il comportamento dovrebbe verificarsi almeno una volta alla settimana negli ultimi sei mesi, se non diversamente specificato. Mentre questo criterio fornisce indicazioni su un livello minimo di frequenza per definire i sintomi, anche altri fattori dovrebbero essere tenuti in considerazione tra cui ad esempio se la frequenza e l’intensità dei comportamenti eccedano il range tipico per il livello di sviluppo, sesso e cultura dell’individuo.

B. Le alterazioni comportamentali sono associate con una disfunzione dell’individuo o nel contesto sociale a lui/lei correlato (famigli, amici, colleghi) o ha un impatto negativo sul funzionamento sociale, accademico e lavorativo

C. Il disturbo non si manifesta solamente nel corso di un disturbo psicotico, da uso di sostanze, depressivo o bipolare. Non sono soddisfatti i criteri per Disturbo dirompente del comportamento con disregolazione dell’umore.

Specificare la severità attuale:

Lieve: I sintomi sono limitati ad un contesto sociale (esempio a casa, a scuola, a lavoro, con i pari) Moderata: I sintomi si manifestano in almeno due contesti sociali

Severa: I sintomi sono presenti in tre o più contesti sociali.

Criteri diagnostici per Disturbo di Condotta secondo il DSM-5

A. Un pattern ripetitivo e duraturo di comportamento in cui vengono violati diritti basilari degli altri o le principi regole e norme sociali, che si manifesta con la presenza di almeno tre (o più) dei seguenti 15 criteri, nei precedenti 12 mesi di qualsiasi categoria sottostante e con almeno un criterio presente negli ultimi 6 mesi:

Aggressioni a persone o animali:

1. è prepotente, minaccia o intimorisce gli altri 2. dà inizio a scontri fisici

3. usa un’arma che può causare seri danni fisici ad altri (bastone, barra, bottiglia rotta, coltello, pistola)

4. è fisicamente crudele con le persone 5. è fisicamente crudele con gli animali

6. ruba affrontando la vittima (aggressione, scippo, estorsione, rapina a mano armata) 7. forza qualcuno ad attività sessuali

Distruzione della proprietà:

8. appicca il fuoco con l’intenzione di causare seri danni 9. distrugge deliberatamente proprietà altrui

Frode o furto:

10. entra in casa, automobile o viola proprietà altrui

11. mente per ottenere vantaggi o favori o per evitare obblighi (raggira gli altri)

12. ruba oggetti senza affrontare la vittima (furto nei negozi ma senza scasso, falsificazioni) Gravi violazioni di regole:

13. trascorre fuori casa la notte nonostante proibizione dei genitori, con inizio prima dei 13 anni d’età

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3 14. fughe da casa (dei genitori o comunità) la notte ameno 2 volte, o 1 volta senza ritornare per un lungo periodo

15. marina spesso la scuola, con inizio prima dei 13 anni

B. Il comportamento determina una significativa compromissione nel funzionamento sociale, scolastico o lavorativo.

C. Se l’individuo ha un’età superiore ai 18 anni, non sono soddisfatti i criteri per Disturbo antisociale di personalità.

Specificare se

- Disturbo di condotta con esordio durante l’infanzia: Gli individui manifestano sintomi caratteristici del disturbo di condotta prima dei 10 anni

- Disturbo di condotta esordio in adolescenza: Gli individui non manifestano sintomi caratteristici del disturbo di condotta prima dei 10 anni.

- Disturbo di condotta con esordio non specificato: i criteri per la diagnosi di Disturbo di condotta sono soddisfatti ma non ci sono abbastanza informazioni per determinare se l'esordio dei primi sintomi si colloca prima o dopo i 10 anni

Specificare

- Con limitate emozioni prosociali: per rientrare in questo specificatore un individuo deve aver mostrato almeno due delle seguenti caratteristiche in modo persistente nel corso degli ultimi 12 mesi, in multiple relazioni e contesti sociali. Queste caratteristiche riflettono il pattern tipico di funzionamento interpersonale dell'individuo lungo questo periodo e non solo occasionalmente in alcune situazioni, quindi per valutare i criteri di questo specificatore sono necessarie multiple fonti di informazione; oltre a quanto riportato dall'individuo stesso è necessario considerare punti divista di altre persone che hanno conosciuto l'individuo per lunghi periodi di tempo (es. genitori, insegnanti, colleghi, membri della famiglia, pari)

- Mancanza di rimorso o colpa: l’individuo non si sente colpevole nè è dispiaciuto quando fa qualcosa di sbagliato (escluso il rimorso manifestato quando colto sul fatto o di fronte alla punizione). L’individuo mostra in generale una mancanza di preoccupazione relativa alle conseguenze negative delle sue azioni. Per esempio non manifesta rimorso se ferisce qualcuno e non appare interessato delle conseguenze del mancato rispetto delle regole. - Mancanza di empatia/callosità: l’individuo è indifferente e non si preoccupa dei sentimenti

degli altri, viene descritto come freddo e noncurante. La persona sembra più preoccupata degli effetti delle sue azioni su se stesso che degli effetti sugli altri, anche quando queste determinano un danno sostenziale o feriscono gli altri.

- Mancanza interesse per la performance: l’individuo non manifesta preoccupazioni per una performance scadente o problemi in ambito scolastico, lavorativo o in altre attività importanti. La persona non affronta lo sforzo necessario per ottenere dei buoni risultati anche quando è chiaramente atteso che lo faccia, e tipicamente incolpa gli altri per i suoi insuccessi.

- Affettività superficiale o piatta: non esprime sentimenti o manifesta emozioni agli altri tranne che con modalità che sembrano superficiali o poco autentiche (ad esempio: azioni che contraddicono l'emozione manifestata, può rapidamente accendere o spegnere le emozioni o quando l'espressività emotiva è utilizzata per un guadagno (es.: le emozioni vengono mostrate per manipolare o intimidire gli altri).

Specificare la gravità attuale:

-Lieve: pochi problemi di condotta rispetto a quelli necessari per porre diagnosi, i problemi di condotta determinano un danno relativamente minore agli altri (mentire, stare fuori a lungo senza permesso, scarso rispetto delle regole)

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4 - Moderata: il numero di problemi di condotta e gli effetti sugli altri hanno un livello intermedio rispetto tra quello specificato in “Lieve” e quello specificato in “Severa” (rubare senza affrontare la vittima, vandalismo)

- Severa: molti problemi di condotta rispetto a quelli richiesti per porre diagnosi o i problemi di condotta determinano un danno considerevole agli altri (violenza sessuale, crudeltà fisica, uso di armi, furto, rapina, violazione della proprietà altrui).

I criteri diagnostici ICD-11

I disturbi di condotta, così come erano classificati nell’ICD-10, sono stati sostituti nell’ICD-11 dal gruppo dei “Comportamenti dirompenti e disturbo di condotta dissociale”. Questa nuova classificazione ha lo scopo di definire meglio la differente fenomenologia e gravità dei comportamenti osservati nelle due condizioni denominate “Disturbo oppositivo provocatorio” e “Disturbo dissociale di condotta”.

Una importante variazione introdotta dall’ICD-11 riguarda l’età di diagnosi di queste condizioni, infatti mentre nell’ICD-10 i Disturbi di Condotta erano definiti come disturbi dell’infanzia o dell’adolescenza, l’ICD-11 riconosce come età d’esordio più frequente la fanciullezza ma non esclude che i sintomi possano manifestarsi successivamente.

Per quanto concerne il Disturbo Oppositivo-Provocatorio la definizione diagnostica è concettualmente simile alla precedente categoria dell’ICD-10, ma gli specificatori permettono di classificare una forma in cui è presente un umore stabilmente irritabile o persistentemente arrabbiato.

Criteri diagnostici per Disturbo Oppositivo Provocatorio secondo ICD- 11

Secondo la definizione dell’ICD-11 il Disturbo Oppositivo-Provocatorio è un pattern persistente (e.g. sei mesi o più) di comportamenti notevolmente oppositivi, sfidanti, disobbedienti, provocatori o dispettosi che si verificano più frequentemente rispetto a quanto tipicamente osservato in individui di età e livello di sviluppo comparabile, e che non è limitato all'interazione con i fratelli.

Il disturbo Oppositivo-Provocatorio si può manifestare prevalentemente con un umore arrabbiato o irritabile, spesso accompagnato da gravi scoppi d’ira, o in un comportamento testardo, polemico e sfidante.

Il pattern di comportamento ha una gravità tale da determinare una compromissione significativa in ambito personale, familiare, sociale, scolastico e lavorativo o altre importanti aree di funzionamento.

-Disturbo oppositivo provocatorio con irritabilità/rabbia cronica.

Sono soddisfatti tutti i requisiti per la definizione di un disturbo oppositivo provocatorio. Questa forma di disturbo oppositivo provocatorio è caratterizzata dalla prevalenza di un umore persistentemente arrabbiato o irritabile che può essere presente indipendentemente da evidenti stimoli scatenanti. Tale affettività negativa è spesso accompagnata da frequenti e gravi scoppi d’ira di intensità e durata superiori a quanto atteso in relazione allo stimolo scatenante. La rabbia e irritabilità cronica sono caratteristiche del funzionamento dell’individuo, che si manifestano pressoché quotidianamente e sono osservabili in numerosi contesti e domini di funzionamento (casa, scuola, relazione con i pari) e non sono ristretti alla relazione con i genitori o altre figure di riferimento.

Il pattern di irritabilità e rabbia cronica non è limitato ad episodi occasionali (irritabilità tipica dello sviluppo) o a periodi di umor irritabile nel contesto di un episodio depressivo o maniacale. -Disturbo oppositivo provocatorio senza irritabilità/rabbia cronica

Sono soddisfatti tutti i requisiti per la definizione di un disturbo oppositivo provocatorio. Questa forma di disturbo oppositivo provocatorio non è caratterizzata prevalentemente da un umore persistentemente arrabbiato o irritabile, ma presenta dalla presenza di comportamenti testardi, polemici e sfidanti.

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Disturbo dissociale di condotta

Il disturbo dissociale di condotta è invece definito come caratterizzato da un pattern persistente e ripetitivo di comportamenti in cui vengono violati i diritti basilari degli altri o norme sociali, regole o leggi appropriate per l'età dell’individuo, che si manifesta con aggressione di persone o animali, distruzione di proprietà, furti o tendenza ad ingannare gli altri e una grave violazione di regole. Il pattern di comportamento ha una gravità tale da determinare una compromissione significativa in ambito personale, familiare, sociale, scolastico, lavorativo o in altre importanti aree di funzionamento. Per poter fare diagnosi il pattern di comportamento deve manifestarsi per un periodo di tempo significativo (almeno 12 mesi). Atti criminali o comportamenti antisociali isolati non sono di per sé elementi sufficienti per la diagnosi.

-Disturbo dissociale di condotta con esordio nell’infanzia

Per diagnosticare questo sottotipo è necessario che le caratteristiche del disturbo sono siano presenti durante l'infanzia, precedentemente all'adolescenza, ovvero prima dei 10 anni di età. - Con emozioni prosociali limitate: Sono soddisfatti tutti i requisiti per la definizione per disturbo dissociale di condotta con esordio in nell'infanzia. Inoltre l'individuo manifesta caratteristiche che sono talvolta chiamate callose e anemozionali. Queste caratteristiche includono una mancanza di empatia o sensibilità per i sentimenti degli altri, la mancanza di preoccupazione per il malessere dell'altro, mancanza di rimorso, vergogna o colpa in rispetto ai propri comportamenti e una relativa indifferenza alla rispetto alla probabilità di incorrere in una punizione, la mancanza di preoccupazione relativamente alla scarsa performance scolastica o lavorativa, una limitata espressione di emozioni particolarmente emozioni positive o affetto verso gli altri o manifestano le emozioni in un modo che sembra superficiale, poco autentico o strumentale.

- Con emozioni prosociali tipiche

Disturbo dissociale di condotta con esordio in adolescenza

Per diagnosticare questo sottotipo è necessario che nessuna caratteristica del disturbo sia presente durante l'infanzia, precedentemente all’adolescenza, ovvero prima dei 10 anni di età.

- con emozioni prosociali limitate - con emozioni prosociali tipiche

Appare evidente che nelle versioni più recenti dei principali sistemi di classificazione dei disturbi psichiatrici, ovvero nell’ICD-11 e nel DSM-5, le descrizioni generali delle caratteristiche cliniche di questi disturbi siano sostanzialmente sovrapponibili.

In linea con l’attuale letteratura scientifica che evidenzia la presenza di un decorso più severo, prognosi più infausta e maggiori influenze di neurosviluppo nei pazienti con esordio precoce dei sintomi di ODD/CD, entrambi i manuali individuano uno sottotipo ad esordio in adolescenza ed un sottotipo ad esordio nell’infanzia.

Così come nel DSM-5 anche nell’ICD 11 è stato introdotto uno specificatore per un sottotipo di CD caratterizzato dalla presenza di emozioni prosociali limitate che si esprime fenotipicamente nel ODD come un pattern più stabile e severo di comportamenti oppositivi, mentre nel CD come una tendenza a manifestare comportamenti antisociali caratterizzati da una maggiore aggressività, severità e stabilità.

Una differenza sostanziale con il DSM-5 riguarda l’inserimento nell’ICD-11 di un sottogruppo di pazienti “con umore persistentemente arrabbiato” come sottotipo del Disturbo oppositivo provocatorio. Questo sottogruppo di pazienti sarebbe soggetto ad un aumentato rischio di sviluppare un disturbo d’ansia e disturbo dell’umore (prevalentemente caratterizzato da depressione). In questo l’ICD-11 si discosta dall’approccio del DSM-5 che invece ha introdotto un disturbo equivalente, il Disturbo da disregolazione dell’umore dirompente, tra i disturbi dell’umore.

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1.1.2. Sottotipi di ODD e CD

Nella letteratura internazionale, numerose le ricerche mostrano come, all’interno della categoria dei disturbi del comportamento, i soggetti possano mostrare una elevate variabilità nella tipologia delle manifestazioni, severità dei comportamenti, evoluzione e prognosi, suggerendo una certa eterogeneità clinica ed etiopatogenetica

Il comportamento oppositivo in età evolutiva è uno dei predittori più forti di una vasta gamma di disturbi psichiatrici che includono problematiche della sfera esternalizzante ed internalizzante, alla base delle quali sono stati proposti e delineati tre sottotipi di ODD (Burke et al, 2010; Stringaris et Goodman, 2009, Aebi et al, 2010):

-il sottotipo irritabile/emozionale (frequenti scoppi d'ira, emozionalità negativa, atteggiamento

arrabbiato/risentito, facile nervosismo e fastidio);

-il sottotipo ostinato/provocatorio (atteggiamento polemico e litigioso con gli adulti, violazione

delle regole, tendenza ad infastidire ed incolpare gli altri);

-il sottotipo aggressivo premeditato/vendicativo (dispettoso e vendicativo).

Fig. 1 Anlasi fattoriale di conferma degi criteri diagnostici del DSM-5 (Aebi et al, 2010):

All'interno del CD si riconoscono diversi sottotipi di disturbo in base all'età d'esordio, alla gravità e alla qualità delle manifestazioni comportamentali e del funzionamento emotivo con la presenza o meno di emozioni prosociali limitate.

Nel DSM-5 vengono identificati diversi sottotipi sulla base dell'età d'insorgenza del CD con cut-off dei 10 anni, differenziando la forma ad insorgenza infantile (tipo con esordio nell'infanzia) da quella adolescenziale (tipo con esordio nell'adolescenza) ed inserendo una terza categoria per i casi in cui non sia possibile, per insufficienza d'informazione, determinare l'età d'insorgenza (esordio non specificato). Nella descrizione della tipizzazione in base all'età di insorgenza si specifica come le due forme abbiano aspetti evolutivi e fattori eziopatologici differenti. I CD ad esordio infantile presentano una maggiore persistenza dei sintomi in età adulta, una precoce instabilità e disfunzionalità familiare, maggiore vulnerabilità genetica, complicanze perinatali e sono più spesso associati a caratteristiche temperamentali e a profili neurocognitivi specifici. Di contro, il CD ad

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7 esordio pre- e adolescenziale è meno legato a fattori familiari traumatici o a stili educativi disfunzionali, a specifici deficit cognitivi e temperamentali, a fattori di rischio genetico ed appare maggiormente correlabile a fattori di rischio ambientali che motivano apprendimento sociale negativo come ad esempio la frequentazione di gruppi di pari dissociali o il raggiungimento di un certo stato sociale mediante comportamenti dissociali (Buitelaar et al., 2013; Masi et al., 2008). Il sottotipo del CD con emozioni prosociali limitate, si riferisce ad un'ulteriore sottotipizzazione, inserita per la prima volta nel DSM-5, che si basa sull'individuazione della presenza di specifiche caratteristiche temperamentali che nella letteratura internazionale vengono chiamate “tratti calloso anemozionali” (CU). Numerosi studi concordano sulla presenza di questi tratti temperamentali in minori con CD che presentano caratteristiche cliniche particolarmente gravi, fattori di rischio genetico più ampi e specifici aspetti neurocognitivi che li distinguono dai minori con CD che non presentano tratti CU (Frick et al, 2010). In particolare questo specifier caratterizza minori che presentano condotte aggressive di tipo proattivo/predatorio che il soggetto è in grado anche di progettare autonomamente e che sono tese al raggiungimento di obiettivi personali di vendetta, dominio o sopraffazione dell'altro. Per soddisfare i criteri per questo specifico indicatore, un soggetto deve avere mostrato almeno due delle seguenti caratteristiche per almeno 12 mesi in multipli contesti e relazioni. Le caratteristiche descritte riflettono tipici pattern individuali presenti sia in ambito relazionale interpersonale che nel funzionamento emotivo che si sono presentati in tutto il periodo considerato e non solo in situazioni occasionali. Per valutare la presenza degli specifici criteri sono necessarie informazioni da più fonti; accanto alle informazioni che il soggetto valutato può dare autonomamente, è necessario considerare anche le informazioni riportate da altri che hanno avuto conoscenza o contatti con il soggetto per periodi estesi (ad es. genitori, insegnanti, familiari, coetanei). Le caratteristiche di questo sottotipo sono le seguenti:

-Mancanza di rimorso o senso di colpa: il soggetto non prova rimorso o senso di colpa quando compie qualcosa di sbagliato (escludere il rimorso se questo viene espresso solamente quando l'individuo si sente scoperto e/o messo di fronte ad una punizione). Il soggetto mostra una generale mancanza di preoccupazione per le conseguenze negative delle sue azioni. Per esempio, l'individuo non è pentito dopo aver ferito qualcuno o non si preoccupa delle conseguenze derivanti dall'infrangere le regole. Il soggetto raramente ammette di essersi sbagliato e in genere incolpa gli altri per le conseguenze delle sue azioni.

-Insensibilità-mancanza di empatia: il soggetto disprezza ed è incurante dei sentimenti degli altri. L'individuo è descritto come freddo e indifferente. Il soggetto appare maggiormente preoccupato per gli effetti che le sue azioni hanno su di lui che per quelli sugli altri, anche quando comportano gravi danni agli altri.

-Indifferenza per i risultati: il soggetto non si preoccupa se presenta prestazioni scarse o comunque problematiche in ambito scolastico, lavorativo o in altre attività. L'individuo non mette l'impegno necessario per svolgere i suoi compiti in modo positivo, anche quando le richieste sono chiare ed in genere incolpa gli altri per i suoi insuccessi e per i risultati scarsi.

-Affettività superficiale o anaffettività: il soggetto non esprime o mostra i propri sentimenti agli altri, eccetto che in un modo superficiale o non sincero (ad esempio, le azioni contraddicono le emozioni mostrate; può “accendere” o “spegnere” rapidamente le proprie emozioni) o quando le espressioni emotive sono usate per ottenere un vantaggio (ad esempio, esprime emozioni per manipolare o intimidire gli altri).

I bambini con CD, in assenza dei tratti CU, mostrano elevati tassi di ansia ed appaiono fortemente turbati dagli effetti del loro comportamento sugli altri; questo gruppo di pazienti mostra elevati livelli d'impulsività, possibili deficit neuropsicologici, atteggiamento di attribuzione ostile nelle situazioni sociali e maggiori probabilità di associazione con ambienti familiari conflittuali e pratiche genitoriali ostili ed incoerenti; l'aggressività in questo gruppo di pazienti è ridotta o comunque per lo più limitata a manifestazioni reattive a stimoli emotivi e relazionali. Date queste caratteristiche, alla base dei comportamenti antisociali e aggressivi dei bambini con CD ad esordio nell'infanzia in assenza di tratti CU viene riconosciuto un deficit della regolazione cognitiva ed emotiva del comportamento (Frick e Viding, 2009).

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1.1.3. Epidemiologia

Oltre a rappresentare una delle principali cause di riferimento ai servizi di salute mentale in età evolutiva (Fairchild et al., 2019; Coghill, 2013) l’ODD e il CD, presentano un impatto socio-economico eccezionalmente elevato. Il CD, in particolare, è associato ad un impatto globale che rappresenta circa l'1% di tutti gli anni vissuti con disabilità secondo il Global Burden of Disease Study 2010, superando il disturbo dello spettro autistico ed il disturbo da deficit dell'attenzione ed iperattività (Erskine et al., 2014). Inoltre, fino al 60% degli adulti che hanno sviluppato un disturbo mentale presentava in età evolutiva un CD o, il suo comune precursore, un ODD (Kim-Cohen et al., 2003). Sebbene circa il 50% degli individui con CD mostri una remissione dei sintomi, altri presentano un quadro cronico e sviluppano disturbi della personalità e comportamenti criminali in età adulta (Simonoff et al., 2004).

La prevalenza mondiale, nella popolazione generale, del ODD varia dal 2 al 5%, con una stima media del 3.6% (Polanczyk, 2015). Il tasso del ODD può variare a seconda dell'età e del sesso del bambino. Prima dell'adolescenza si osserva una preponderanza del disturbo nel genere maschile (1.4:1), che non è sempre riscontrata nei campioni di adolescenti o di adulti. I primi sintomi del ODD appaiono solitamente durante l'età prescolare e raramente oltre la prima adolescenza (American Psychiatric Association, 2013; Maughan et al., 2004). Tuttavia, le stime dell'andamento della prevalenza del ODD variano notevolmente se si tiene in considerazione la sovrapposizione con il CD. Se si esclude una diagnosi di ODD nei bambini con CD è probabile che i dati di prevalenza del ODD diminuiscano nella tarda infanzia e nell'adolescenza, in relazione all'andamento dei CD con l'età. Al contrario, se si elimina l'esclusione, si osservano livelli di comportamenti oppositivi tali da soddisfare i criteri per un ODD che persistono nelle varie fasi dello sviluppo, con una riduzione per quanto concerne l'intensità dei sintomi (Maughan et al., 2004). La prevalenza mondiale, nella popolazione generale, di CD è stimata tra il 2 e il 2.5%, con una prevalenza del 3-4% nei maschi e dell'1-2% nelle femmine (Polanczyk, 2015). Tuttavia studi retrospettivi sulla prevalenza nell'arco della vita e studi prospettici sulla prevalenza cumulativa suggeriscono che circa il 10% degli individui presenta durante l'infanzia o l'adolescenza un quadro riconducibile ad un CD (Copeland et al., 2011). La prevalenza del CD e la preponderanza maschile nel rischio di sviluppo del disturbo sembrano essere abbastanza coerenti tra le varie aree geografiche che si differenziano per razza ed etnia (Erskine et al., 2013), mentre eventuali differenze possono essere determinate da fattori come lo status socio-economico e differenze culturali rispetto a ciò che è considerato un comportamento accettabile per genere ed età (Costello et al., 2001; Polanczyk, 2015). La prevalenza di CD inoltre è stata stimata a livello globale solo nel 5% dei paesi, con una disparità tra i paesi a basso ed alto reddito, a favore di questi ultimi (Erskine et al., 2017).

L'età d'esordio più comune del CD è durante la media infanzia o la prima adolescenza (Noch et al., 2006). Tuttavia l'esordio del disturbo si può verificare anche in età prescolare (Keenan et al., 2011); la resistenza ad effettuare una diagnosi in età precoce potrebbe essere correlata a preoccupazioni riguardanti lo stigma diagnostico, alla mancanza di criteri diagnostici adeguati a quella specifica fase di sviluppo, alle frequenti manifestazioni aggressive che si osservano durante la prima infanzia ed infine alla speranza che la maggior parte dei bambini prescolari riceverà un trattamento adeguato anche con una diagnosi di ODD (Broidy et al., 2003). Gli studi sul CD nei bambini di età inferiore ai 5 anni hanno rilevato una prevalenza simile o leggermente superiore (fino a 5%) rispetto alla prevalenza osservata nelle età più avanzate ed una minore differenza di genere (Wichstrǿm et al., 2012). Sebbene esistano dati contrastanti rispetto all'andamento della prevalenza del CD durante le varie fasi della crescita (Fairchild et at al., 2019), il quadro sintomatologico specifico varia nel tempo: i comportamenti aggressivi, infatti, diminuiscono in frequenza con l'aumentare dell'età, mentre i sintomi non aggressivi aumentano nell'adolescenza (Maughan et al., 2004).

Ad oggi non esistono chiari dati di prevalenza rispetto alle sottotipizzazioni del disturbo, ad esordio nell'infanzia o in adolescenza, tuttavia si osserva una sovra-rappresentazione del genere femminile nelle forme ad esordio tardivo con una restrizione delle differenze di genere maggiormente evidente nella media adolescenza, il che suggerisce la presenza di fattori di rischio legati al periodo evolutivo specifici per il genere femminile (Judy et al., 2015; Maughan et al., 2004). La prevalenza dei CD

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9 con tratti CU, ancora poco studiata, sembra attestarsi attorno al 30-40% dei bambini con CD (Fairchild et al., 2019).

Alcuni studi epidemiologici italiani rilevano tassi di prevalenza dei disturbi del comportamento in età evolutiva generalmente in linea, o comunque lievemente inferiori, con quanto osservato nelle altre aree del mondo, nonostante l'utilizzo di metodologie diagnostiche diverse (Gritti et al., 2014; Gigantesco et al., 2006; Frigerio et al., 2009;).

1.1.4 Genetica e fattori di rischio

In una recente metanalisi (Azeredo et al. 2018) è stato evidenziato come la letteratura scientifica individui una maggiore associazione tra esordio e mantenimento del CD e ODD e i fattori genetici rispetto a fattori ambientali, sebbene anche il ruolo di questo ultimi sia ampiamente riconosciuto. Numerosi studi hanno indagato il ruolo della genetica nei disturbi del comportamento. Negli studi più completi effettuati in popolazioni di gemelli utilizzando i criteri diagnostici basati su DSM-IIIR e DSM-IV, si evidenzia un tasso di ereditabilità stimato al 40-50% (Jaffee et al, 2005).

L’ereditabilità genetica sembra essere maggiore nei maschi rispetto alle femmine sebbene sia evidente un’ampia sovrapposizione in termini di fattori genetici implicati (Gelhorn et al, 2006). Inoltre il contributo genetico all’etiologia del CD sembra variare con l’età, aumentando dall’infanzia all’adolescenza e evidenziando una diversa componente genetica in diversi stadi della vita (Wesseldijk, et al. 2017).

Alcuni studi hanno analizzato i comportamenti correlati alla severità del quadro clinico ed in particolare uno studio condotto su gemelli ha evidenziato un maggiore ereditabilità per i comportamenti aggressivi rispetto a quelli non aggressivi, mentre altri autori hanno identificato una maggiore ereditabilità del CD con CU rispetto al CD senza tratti CU (Moore, et al. 2017; Van Hulle., Waldman,& Lahey 2018).

Una recente metanalisi (Fairchild et al. 2019) ha messo in luce la sostanziale assenza di studi che indaghino i correlati genetici dei sottotipi di CD identificati dal DSM-5 in relazione ad età d’esordio e severità.

Fairchild et al. sottolineano che in termini genetici, il CD non appare un costrutto uniforme e suggeriscono la maggiore idoneità di un approccio dimensionale più che categoriale nell’analisi dei contributi genetici al CD. Inoltre gli autori evidenziano l’importanza di distinguere i contributi genetici e identificare i fattori specifici per CD, in considerazione in particolare dalla elevata comorbidità con altri disturbi psichiatrici, che spesso non viene esaminata in studi a stampo genetico.

Come la maggior parte dei disturbi psichiatrici l’architettura genetica del CD è rappresentata da una ereditarietà poligenica, da una marcata eterogeneità genetica tra individui e dalla presenza di numerose varianti geniche tutte con un minimo effetto dimostrato. Questo sembra essere il motivo per cui gli iniziali studi di linkage non sono riusciti a individuare associazioni significative, in quanto maggiormente sensibili per ereditarietà di tipo monogenico.

Nell’ambito degli studi con approccio basato su geni candidati sono stati identificati geni con effetti pleiotropici che influenzano un ampio spettro di comportamenti esternalizzanti correlati con il CD. Vale la pena ricordare il caso del GABRA2, che codifica per la subunità alfa-2 del recettore GABA, che sembra essere coinvolto nel sistema dopaminergico mesolimbico, ampiamente studiato e per cui i dati di letteratura in merito ad un suo ruolo nell’etiologia del CD sono contrastanti (Dick et al, 2006; Melroy et al, 2014; Stephens et al, 2017); tuttavia in un approccio dimensionale appare interessante uno studio di Dick del 2013 che ha evidenziato una correlazione con la scala esternalizzante della CBCL piuttosto che con i criteri clinici per CD.

In considerazione del noto ruolo del sistema serotoninergico e dopaminergico nel modulare l’aggressività e i comportamenti antisociali, numerosi studi si sono concentrati nell’investigare possibili associazioni tra geni coinvolti nella trasmissione dopaminergica e serotoninergica e il CD. In questo modo è stata identificata una associazione tra comportamenti aggressivi e antisociali e polimorfismi in due geni del sistema serotoninergico: MAOA (MAOA-uVNTR low activity allele) e SLC6A4 (5-HTTLPR short allele) (Ficks and Waldman, 2014).

Numerosi studi hanno evidenziato una associazione indiretta tra aggressività e il polimorfismo Val158Met del gene COMT. E’ stato osservato che questa variante genica influenza il livello di

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10 attività dell’enzima determinando una velocità di degradazione della dopamina circa 4 volte maggiore della variante Val rispetto alla variante Met. L’effetto di questo polimorfismo è pleiotropico con influenza sia sulle funzioni esecutive che su misure relative a compiti di tipo emotivo (Mier, Kirsch, & Meyer-Lindenberg, 2009). Tale variante è stata associata alla presenza di comportamenti aggressivi o antisociali in soggetti con ADHD, ma non nella popolazione generale. Più recentemente sono state trovate associazioni anche tra problemi di condotta (aggressività, comportamenti antisociali, disinibiti, delinquenza) e il gene OXTR (recettore per l’ossitocina) e il gene AVPR1A (recettore arginina-vasopressina 1°) evidenziando ancora una volta una architettura genica di tipo pleiotropico (Veroude, K. et al. 2016).

Studi più recenti tipo GWAS hanno cercato di identificare varianti genetiche convolte nella genesi del CD e problemi comportamentali o costrutti correlati a CD. In generale i campioni di questi studi risultano scarsi e i risultati non godono di significatività statistica (Fairchild, et al 2019). Tuttavia in una metanalisi (integrando i risultati di diversi studi GWAS) è stata dimostrata una associazione significativa tra AVPR1A e comportamenti aggressivi (Pappa, I. et al. 2016).

Fattori ambientali

In una review del 2015, Polderman e colleghi, analizzando studi su gemelli, hanno evidenziato un contributo significativo della componente genetica nel CD, ma contemporaneamente riconoscevano il contributo dei fattori ambientali nella varianza del CD (circa il 14%). Questo dato rispecchia quanto precedentemente emerso da un ampio studio su gemelli population based che ha convolto 5600 individui, il quale evidenziava una percentuale del 32% per i fattori ambientali nella varianza del CD (Kendler et al, 2003).

Nella descrizione dei fattori di rischio ambientali si possono distinguere i fattori di rischio ambientali in prenatali, perinatali e postnatali.

Tra i fattori prenatali è stato recentemente identificato lo stress materno durante la gravidanza il cui ruolo nello sviluppo del CD sembra essere mediato da effetti dello stress sullo sviluppo della corteccia prefrontale (Sandman et al, 2018), inoltre l’ansia materna durante l'ultimo trimestre di gravidanza è associato allo sviluppo di problemi di condotta con esordio in infanzia che proseguono in adolescenza (Barker et al, 2009).

Il fumo in gravidanza è stato identificato come fattore di rischio per lo sviluppo di problemi di condotta, in particolare se il consumo di sigarette è superiore a 10/die (Gaysina D, 2013).

Il consumo di alcool materno in gravidanza è stato messo in relazione, in bambini che sono geneticamente suscettibili agli effetti dell'alcol, con un aumentato rischio di CD con esordio nell'infanzia ma non del sottotipo “Limitato all'infanzia” o “Con esordio in adolescenza” (Murray et al, 2016).

Tra i fattori perinatali si trovano complicazioni ostetriche, la psicopatologia genitoriale, malnutrizione ed esposizione a metalli pesanti (Fairchild, 2019).

Il ruolo del peso alla nascita nella psicopatologia esternalizzante sembra essere moderato dal sesso, infatti un basso peso alla nascita è stato messo in relazione con maggiori sintomi di ODD nei maschi, mentre nelle femmine un peso più elevato appare correlato con maggiori sintomi di CD. Inoltre una più bassa età gestazionale alla nascita è associata a maggiori sintomi di CD nei maschi ma non nelle femmine (Momany et al, 2017).

La malnutrizione sembra predisporre direttamente a problemi esternalizzanti, determinando una disfunzione cerebrale tramite un ridotto sviluppo e crescita delle cellule cerebrali, alternazioni neurochimiche e aumento degli effetti neurotossici, ma anche indirettamente attraverso un effetto sul profilo cognitivo e più specificatamente sui punteggi del QI (Liu, Raine 2006). Infatti minori abilità cognitive sono state sistematicamente associate ed una maggiore predisposizione a problemi esternalizzanti in infanzia e adolescenza (Galler et al, 2012).

Tra i fattori ambientali condivisi una grande importanza è stata riconosciuta alla qualità del parenting su multipli domini (positive parenting, coinvolgimento genitoriale, scarso monitoraggio/supervisione) nello sviluppo di problemi di condotta in generale e in particolare in correlazione con CD ad esordio nell’infanzia (Pisano et al, 2017). In particolare uno stile educativo particolarmente rigido e aspro, punizioni corporali, aggressività psicologica e inconsistenza educativa sembrano predire un aumento di tratti psicopatici e calloso-anemozionali (Waller et al, 2012; McDonald et al, 2011).

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11 Tra i fattori ambientali non condivisi invece si trova come fattore di rischio per CD, la frequentazione di pari devianti (Jaffee et al, 2012), un basso stato socioeconomico (Piotrowska et al, 2015), povertà e violenza nella comunità (Kersten et al, 2017).

Alcuni studi hanno evidenziato che il coinvolgimento con gruppi di pari devianti durante l’adolescenza può rinforzare comportamenti antisociali ma questo effetto può essere attenuato in presenza di un parenting efficace (Trudeau, 2012).

Il basso stato socio economico sembra essere maggiormente associato alla presenza di tratti calloso-anemozionali (Piotrowska et al, 2015) e di un disturbo di condotta cronico rispetto a quello limitato all’adolescenza (Moore et al, 2017).

Interazioni geni ambiente

È interessante osservare che il background genetico potrebbe non essere una causa sufficiente nel determinare lo sviluppo di comportamenti antisociali, se considerato da solo mentre sembra mostrare un effetto sinergico se associato all’esposizione a condizioni ambientali avverse. Uno dei focus maggiormente attuali della ricerca scientifica nell’ambito dei fattori di rischio che predispongono all’insorgenza di un CD, riguarda infatti la relazione che intercorre tra contributi ambientali e genetici e la loro modulazione reciproca. Per indagare questi aspetti risultano particolarmente idonei modelli eziologici maggiormente sofisticati come i modelli di GxE (Jaffee et al., 2012). La natura delle interazioni GxE può essere di diverso tipo. In ambito psichiatrico il modello più accreditato sembra essere il modello diatesi-stress, secondo il quale l’effetto di una vulnerabilità o predisposizione genetica (diatesi) risulta essere maggiormente sfavorevole a seconda del contesto ambientale in cui si verifica (Dick, 2011). Un secondo modello teorizza una differente suscettibilità individuale all’esposizione a fattori ambientali (Belsky et al., 2007) con maggiore o minore modificabilità in base al corredo genetico individuale, che si evidenzia come outcome negativo in condizioni avverse, ma anche come maggiore responsività a contesti ambientali favorevoli. A questo proposito in una recente metanalisi è stato evidenziato che alcuni individui portatori di varianti di geni candidati hanno manifestato una maggiore risposta ad interventi basati sulla famiglia rispetto a non portatori (Bakermans-Kranenburg and van Ijzendoorn, 2015) Un terzo modello, pattern meno frequente, propone la presenza di effetti contrastanti, positivi e negativi, in gruppi diversi.(Holtz et al, 2018).

Nell’ambito di un approccio cGxE (candidate gene-by-environment interactions) recenti studi hanno evidenziato una associazione tra il genotipo GABRA2 e i comportamenti esternalizzanti, che si modifica in funzione del controllo genitoriale e della frequentazione di gruppi di pari devianti. Nello specifico è stato osservato che adolescenti con genotipo GABRA2 esposti ad un minore controllo genitoriale manifestano una maggiore persistenza del disturbo (Dick et al., 2009) e che l’associazione tra il genotipo GABRA2 e i comportamenti esternalizzanti risulta maggiore in condizioni di frequentazione di pari devianti e minore quando non si verifica questa condizione (Villafuerte et al., 2014). E’ tuttavia necessario sottolineare che tali studi presentano campioni esigui e necessitano pertanto di essere replicati. Uno dei risultati che è apparso maggiormente solido in studi di metanalisi è rappresentato dall’interazione tra il genotipo MAOA e il maltrattamento infantile nel determinare lo sviluppo di comportamenti antisociali. (Nilsson et al, 2018). Studi di tipo GWAS finora hanno dato risultati inconsistenti e sebbene rappresentino un approccio promettente necessitano di campioni molto grandi (Holtz et al, 2018).

E’ stata evidenziata inoltre una correlazione tra il genotipo di un individuo e l’ambiente (rGE) in cui l’influenza ambientale può non essere indipendente dai fattori genetici e si realizza attraverso meccanismi di tipo passivo, attivo e evocativo.

Nel modello rGE passivo i genitori determinano sia la trasmissione genica che il contesto ambientale che risulta influenzato dall’assetto genico dei genitori stessi. Nel modello rGE attivo invece i bambini ricercano attivamente un contesto ambientale coerente con il loro genotipo. Nel modello rGE evocativo le risposte ambientali osservate sono in linea e determinate dall’assetto genico dell’individuo che le provoca. Il modello evocativo e passivo possono mascherare la presenza di fattori di rischio ambientali come ad esempio la presenza di tratti antisociali nei genitori che possono esitare in comportmanti maltrattanti verso la prole, uno stile di parenting meno sensibile o maggiormente severo (Holz et al, 2018).

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12 In generale è ampiamente riconosciuto che fattori ambientali possano determinare cambiamenti a livello epigenetico ovvero modificazioni del genoma che non includono un cambio nella sequenza nucleotidica bensì che coinvolgono modificazioni biochimiche che determinano l’attivazione/inattivazione di un gene.

Studi di metilazione (Cecil et al., 2014) hanno evidenziato una correlazione tra alcuni fattori di rischio prenatale (psicopatologia materna, atti criminali, dipendenza da sostanze) e maggiori livelli di metilazione del gene del recettore dell’ossitocina (OXTR) alla nascita, mentre altri evidenziano come la maggiore metilazione del gene dell’ossitocina sia associata a livelli maggiormente elevati di tratti calloso-anemozionali in adolescenza (Blair et al., 2014).

Un effetto delle avversità precoce è stato anche evidenziato rispetto alla metilazione di alcuni geni candidati, soprattutto alcuni coinvolti nel pathway della serotonina (Beach et al.,2011; Vijayendran et al., 2012). Più recentemente studi che utilizzano un approccio GWAS hanno messo in luce un pattern epigenetico con numerose regioni di ipo e ipermetilazione associate ad esposizione durante l’infanzia a fattori ambientali come il maltrattamento (Labonte et al., 2012), lo stress (Bick et al., 2012; Essex et al., 2013) e lo status socio-economico (Borghol et al., 2012). Numerosi studi si sono concentrati su disturbi esternalizzanti evidenziando come i livelli di metilazione predicono l’insorgenza di sintomi antisociali in donne che hanno subito un abuso sessuale durante l’infanzia (Beach et al, 2011), mentre una ipermetilazione del promotore del gene MAOA sembra riscontrarsi in carcerati con disturbo antisociale di personalità (Checknita et al., 2015). Lo stesso sembra essere valido per fattori di rischio prenatali tra cui quello più studiato risulta il fumo durante la gravidanza (Breton et al., 2009; Knopik et al., 2012; Lee et al., 2015).

Sebbene le evidenze siano tuttora scarse alcuni studi hanno indagato l’effetto di variazioni epigenetiche su endofenotipi cerebrali, evidenziando all’interno gruppo di soggetti omozigoti per il polimorfismo Val del gene COMT, una maggiore attivazione nella corteccia prefrontale durante un task di memoria di lavoro, in soggetti esposti a eventi stressanti e con una ipometilazione al sito GpC (Ursini et al., 2011), in un altro studio Nikolova e coll. (2014) hanno riscontrato che una ipermetilazione nel promotore del trasportatore della serotonina risultava predittiva per una aumentata attivazione dell’amigdala in risposta alla minaccia.

1.1.5. Funzionamento del Sistema nervoso autonomo in CD

Numerosi studi psicofisiologici hanno indagato il funzionamento del sistema nervoso autonomo (SNA) nei bambini ed adolescenti con CD. I soggetti con CD mostrano valori ridotti della frequenza cardiaca a riposo (FC), della conduttanza cutanea (SC) e dell'attività elettrodermica (EDA) rispetto ai controlli corrispondenti all'età, evidenziando un’attenuazione del funzionamento dello SNA Un assetto stabile caratterizzato da ridotti livelli di ansia e paura sembra favorire una disinibizione comportamentale e ad una minore probabilità da parte dei soggetti con CD di evitare comportamenti con conseguenze negative (Burke et al., 2002; Raine, 1993).

Il più grande studio in quest'area (n. sogg. = 710.264) ha dimostrato associazioni significative tra bassa frequenza cardiaca a riposo nell'adolescenza e condanne per crimini violenti in età adulta nei maschi (Latyala et al., 2016). Questo dato era già stato precedentemente descritto da Raine et al. (1990) che in uno studio longitudinale evidenziavano che una ridotta FC a riposo a 15 anni si correlava con reati penali successivi. Tuttavia, un recente studio europeo di grandi dimensioni non ha riscontrato differenze nella frequenza cardiaca a riposo degli individui maschi con CD rispetto ai controlli (Oldenhof et al., 2018). Van Goozen et al. (1998) hanno studiato il funzionamento della FC a riposo e durante esperienze di provocazione nei ragazzi tra gli 8 e gli 11 anni con diagnosi di problemi della condotta e li hanno confrontati con il gruppo di controllo dello stesso range d'età; all'interno del gruppo di bambini con problemi della condotta, i valori di FC erano risultati significativamente più bassi al basale e significativamente più elevati durante le condizioni di provocazione e frustrazione. Rogeness et al. (1990) hanno studiato la FC a riposo in bambini ricoverati in ospedale, concentrandosi su tre disturbi: CD, disturbo depressivo maggiore (MDD) e disturbo d'ansia da separazione (SAD). Gli individui con CD presentavano valori di FC a riposo più bassi rispetto agli altri due gruppi. Raine et al. (1997) hanno condotto uno studio longitudinale nelle Mauritius per studiare le correlazioni tra la FC a tre anni ed i comportamenti antisociali a 11 anni

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13 ed hanno dimostrato che una bassa FC a riposo durante l'infanzia predice comportamenti antisociali in epoche successive. Tuttavia, quando i comportamenti antisociali sono stati suddivisi in comportamenti aggressivi e non aggressivi, il legame con la FC è stato confermato solo per il primo gruppo; ciò suggerisce che la bassa FC a riposo risulta specificamente associata con la componente aggressiva del CD. Come ulteriore supporto a questa specificità, i ricercatori hanno anche evidenziato che tra i partecipanti l’associazione tra bassa FC a riposo e aggressività non era mediato da alcuna condizione di comorbidità. La correlazione tra valori ridotti di FC e fenotipi comportamentali caratterizzati da manifestazioni aggressive e delinquenziali è stata riscontrata anche in un recente studio di Portnoy et al. (2015).

Nei pazienti con CD sono stati inoltre riportati valori ridotti di SC a riposo e risposte di SC a stimoli emotivi ridotte, in particolare durante il condizionamento della paura (Fairchild et al., 2008; Herpertz et al., 2007; Van Goozen et al., 2000). Gao et al. (2010) in uno studio longitudinale prospettico con un periodo di follow-up di 20 anni, hanno dimostrato un'associazione tra alterazione del condizionamento della paura nell'infanzia (all'età di 3 anni) e crimini in età adulta (all'età di 23 anni), mentre lo studio di Synkelaki et al. (2013) effettuato in un campione di adolescenti criminali, ha suggerito una correlazione inversa tra il grado di condizionamento alla paura e la percentuale di reati.

Il CD appare inoltre associato a ridotti livelli di EDA a riposo, come riscontrato in una meta-analisi di Lorber (2004).

Nell'insieme questi studi suggeriscono che il CD è associato ad alterazioni neuroendocrine e psicofisiologiche, in particolare in condizioni di stress o carico emotivo, che influiscono sulla regolazione emotiva e si adattano alla teoria della disregolazione delle emozioni. Un ridotto funzionamento del SNA può essere predittivo di futuri comportamenti antisociali in quanto determina sensazioni meno intense di ansia e paura, riduce la necessità di esercitare la regolazione delle emozioni e di conseguenza aumenta la propensione ad esibire comportamenti a rischio ed antisociali (Burke et al., 2002; Fairchild et al., 2019).

1.1.6. Asse ipotalamo-ipofisi-surrene nel CD

L'asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA) è stato spesso inserito tra le basi neurobiologiche del CD. Diversi studi iniziali hanno riportato ridotti livelli di cortisolo basale nei soggetti con CD ed un'associazione negativa tra i livelli di cortisolo ed i sintomi del CD (McBurnett et al., 2000; Oosterlaan et al., 2005; Pajer et al, 2001; Shoal et al., 2003; van Goozen et al., 1998; Vanyukov et al., 1993). Vanyukov et al. (1993) hanno riscontrato, in un gruppo di pre-adolescenti tra i 10 ed i 12 anni, un'associazione negativa tra i livelli di cortisolo salivare ed i sintomi del CD riportati dai genitori e dai ragazzi stessi. Oosterlaan et al. (2005) hanno trovato una simile relazione negativa tra i livelli di cortisolo salivare e i sintomi di CD riportati dall'insegnante in un campione di bambini di età compresa tra 6 e 12 anni. Gli stessi autori hanno anche dimostrato che i livelli di cortisolo erano più fortemente correlati ai sintomi CD aggressivi, rispetto ai sintomi CD non aggressivi. Van Goozen et al. (1998) hanno evidenziato una correlazione negativa tra i livelli basali di cortisolo e le misure cliniche del comportamento antisociale nel gruppo ODD di ragazzi pre-adolescenti tra gli 8 e gli 11 anni rispetto al gruppo di controllo corrispondente all'età.

Pajer et al. (2001) hanno studiato il cortisolo plasmatico in un gruppo di adolescenti femmine di età compresa tra i 15 e i 17 anni ed hanno riscontrato un'associazione maggiormente significativa tra i livelli di cortisolo e le ragazze che presentavano comportamenti antisociali in assenza di altri disturbi psichiatrici, rispetto ai controlli corrispondenti all'età e alle ragazze con CD in comorbidità con un altro disturbo. Shoal et al. (2003) indicizzavano i livelli di cortisolo salivare a riposo tra i ragazzi pre-adolescenti di età compresa tra 10 e 12 anni, e successivamente confrontavano i livelli di cortisolo con tratti della personalità e del comportamento misurati a 15-17 anni di età; livelli atipicamente bassi di cortisolo durante la pre-adolescenza erano associati a maggiore aggressività, minore prevenzione dei danni e minore autocontrollo durante la tarda adolescenza.

In uno studio di Pompa et al. (2007) è stata riscontrata un'ipo-reattività del cortisolo al risveglio in un gruppo di adolescenti con disturbi del comportamento dirompente, confermata in uno studio di con Polier et al. (2013) in soggetti con CD e tratti CU.

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14 Alcuni autori tuttavia hanno riportato risultati contraddittori e limitate evidenze delle alterazioni del cortisolo basale (Azar et al., 2004; Fairchild et al., 2019; Kruesi, et al., 1989; Scerbo & Kolko, 1994; van Goozen et al., 2000), con alcuni studi che hanno dimostrato un'associazione positiva tra i livelli di cortisolo ed i sintomi del CD (McBurnett et al., 2005; van Bokhoven et al., 2005). Alcuni studi in effetti hanno riportato livelli più elevati di cortisolo nel pomeriggio o la sera, mostrando un profilo del cortisolo giornaliero più piatto, indice di meccanismi di feedback negativo alterati piuttosto che di una minore secrezione del cortisolo durante il giorno (Fairchild et al. 2008). Sebbene i risultati sui profili basali diurni o mattutini della secrezione di cortisolo siano contrastanti, ci sono prove coerenti che i bambini e gli adolescenti con CD o ODD mostrino una condizione di ipo-reattività del cortisolo allo stress (Fairchild et al., 2008; Popma et al., 2006).

Questi risultati contrastanti possono riflettere l'eterogeneità della gravità e dei sintomi del CD all'interno dei campioni di studio. Van de Weil et al. (2004) hanno individuato livelli di cortisolo relativamente bassi e relativamente alti tra i bambini con disturbi del comportamento dirompenti. I bambini che mostravano livelli di cortisolo relativamente bassi presentavano manifestazioni comportamentali significativamente più gravi rispetto ai bambini con livelli di cortisolo relativamente alti. All'interno di studi che non hanno separato i bambini con CD in gruppi basati sulla gravità, l'aggregazione dei livelli di cortisolo nel campione potrebbe mascherare relazioni significative. Inoltre, risultati contradditori riguardanti la relazione tra i livelli di cortisolo e CD possono essere dovuti a differenti tecniche utilizzante per le misurazioni dei livelli di cortisolo (ad esempio campioni salivari rispetto a campioni di sangue) e nella tempistica dei test. I risultati contrastanti possono anche riflettere la comorbilità all'interno dei campioni di soggetti con CD, come il disturbo post traumatico da stress (PTSD) e la depressione (Kessler et al., 1995; Wolff & Ollendick, 2006).

La comorbidità con un ODD o CD nei bambini con ADHD sembra predire l'ipo-reattività del cortisolo (Northover et al., 2016), sebbene l'ADHD non sia esso stesso associato con l''ipo-reattività del cortisolo (Snoek et al., 2004).

Pochi studi hanno valutato gli effetti dei tratti CU sulla reattività del cortisolo con risultati contraddittori rispetto ai tratti CU come predittivi di ipo-reattività del cortisolo (Northover et al., 2016; Stadler et al., 2011). La maggior parte degli studi condotti sono trasversali, pertanto risultano necessarie ricerche longitudinali per meglio valutare l'associazione tra reattività del cortisolo e l'insorgenza di tratti CU o problematiche della condotta nelle popolazioni ad alto rischio oltre che a valutare se la funzione ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA) si normalizza nei casi di remissione del disturbo (Fairchild et al., 2018).

Il potenziale legame tra iporeattività del cortisolo e CD supporta la teoria della disregolazione delle emozioni in base alla quale un ridotto livello di cortisolo può riflettere una mancanza di autocontrollo, che si traduce in maggiore impulsività, disattenzione e nei comportamenti aggressivi associati a questi tratti (Shoal et al., 2003). Alla luce delle influenze dell'ambiente sul funzionamento neuroendocrino nelle diverse fasi dello sviluppo e dei fattori di rischio ambientali implicati nella disfunzione dell'asse HP e del CD, ci si interroga sul rapporto di causalità nella relazione tra questi aspetti ed in particolare se l'alterazione neurobiologica predispone ad un CD o viceversa (Fairchild et al., 2019).

1.1.7. Comorbidità

Similmente a molti altri disturbi dell'infanzia, la ricorrenza del CD con altri problemi emotivi e comportamentali è molto comune (Angold et al., 1999; Fairchild et al., 2019). Loeber et al. (2000) suggeriscono inoltre che genere ed età sono parametri cruciali nello sviluppo dei disturbi in comorbilità con un CD; in un'indagine clinica, Kendall et al. (2001) hanno osservato che i soggetti di sesso maschile sembravano avere livelli più elevati di disturbi concomitanti e di comorbidità esternalizzanti rispetto ai soggetti di sesso femminile, sebbene non vi fossero differenze di età o razza tra i gruppi.

I pazienti con un CD hanno un rischio 15 volte maggiore di soddisfare i criteri per un ODD (Copeland et al. 2013), infatti il DSM-5 consente la possibilità di una diagnosi di comorbidità tra ODD e CD (APA 2014), dato che alcuni studi hanno mostrato come le traiettorie evolutive dei due

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15 disturbi siano spesso indipendenti (Buitelaar et al., 2011; Burke et al., 2010).

Il ODD ed il CD condividono un comune spettro comportamentale esternalizzante ed una dimensione temperamentale caratterizzata da disinibizione, scarsa tolleranza alle frustrazioni ed una prevalente emozionalità negativa. Tale tratto temperamentale rappresenta un fattore di rischio per lo sviluppo di comorbidità con altre patologie psichiatriche come il disturbo da uso di sostanze, ma anche per una possibile evoluzione verso un disturbo antisociale di personalità (Copeland et al., 2013; Masi et al., 2014).

Il disturbo da deficit dell'attenzione ed iperattività, ADHD, risulta frequentemente associato al ODD e al CD (fino ad un rischio 10 volte maggiore nei pazienti con CD) e tale coesistenza rende difficile distinguere quali alterazioni ed esiti attribuire a ciascun disturbo (Angold et al., 1999; APA, 2014). L’iperattività in età scolare costituisce un fattore di rischio per il CD in adolescenza (Taylor et al., 2004) tanto che le linee guida Europee suggeriscono di non considerare l'ADHD necessariamente come comorbidità, ma come un precursore del ODD e del CD.

I pazienti con CD e ADHD in comorbidità presentano età d'insorgenza precoce delle manifestazioni comportamentali, decorso persistente nel tempo, sintomi ed esiti maggiormente severi rispetto a pazienti con CD in assenza di tale comorbidità (Abikoff, 1992; Fairchild, 2019). La coesistenza di CD e ADHD rappresenta inoltre il fattore di rischio principale per l’uso e l’abuso di sostanze nelle fasi successive della vita, con un’incidenza variabile tra il 12 ed il 24% nell’età adulta. Spesso si riscontrano ritardi nello sviluppo neuropsicomotorio, come un’acquisizione ritardata delle tappe di sviluppo del linguaggio rispetto ai coetanei, una deficitaria coordinazione senso-motoria, tempi di acquisizione della lettura e della scrittura superiori rispetto a quanto atteso per l’età cronologica (Taylor et al., 2004).

La presenza di tratti CU nei pazienti con ODD e/o CD correla con un peggioramento della componente comportamentale aggressiva dall'infanzia all'adolescenza e non sembra essere influenzata né dalla specifica diagnosi di asse 1 (ODD o CD), né dalle comorbidità (Masi et al., 2013).

I pazienti invece con ODD e/o CD ed un pathways di sviluppo caratterizzato da emotività negativa, elevati problemi internalizzanti, difficoltà a regolare la rabbia e temperamento estremamente irritabile possono sviluppare una comorbidità con disturbi dell'umore, ad esempio un disturbo bipolare (Masi et al., 2008).

Per quanto riguarda la comorbidità con disturbi della sfera internalizzante, i pazienti con CD, in particolare i soggetti di genere femminile, mostrano un maggior rischio di presentare un disturbo depressivo maggiore, sebbene non sia ancora chiaro l'ordine temporale di tale associazione (Angold et al., 1999; Copeland et al., 2013).

Il CD può anche associarsi anche associato a disturbi d'ansia, con un tasso di prevalenza di circa 40% (Angold et al., 1999; Greene et al., 2002; Kendall et al., 2001), sebbene alcuni autori correlino la sintomatologia ansiosa prevalentemente al ODD (Maughan et al., 2004) o indirettamente al CD in associazione ad un quadro depressivo (Copeland et al., 2013). Attualmente non risulta chiaro in quali circostanze la comorbidità con un disturbo d'ansia funga da fattore di rischio o protettivo per il funzionamento globale, la gravità dei sintomi e l'esito dei trattamenti nei giovani con CD in quanto gli studi mostrano risultati ad oggi discordanti. Tuttavia numerosi studi suggeriscono che i disturbi esternalizzanti in comorbidità con i disturbi dell'umore siano associati ad una maggiore compromissione del funzionamento sociale del soggetto (Cunningham, 2010).

Il CD inoltre si trova spesso associato a Disturbi d’Ansia (ADs Anxiety Disorders) (Greene et al., 2002; Polier, et al, 2012), sebbene non siano completamente chiarite le ragioni di questa co-occorrenza. Alcuni autori hanno ipotizzato la presenza di uno specifico percorso di sviluppo del CD mediato dall’ansia, e che questo sia correlato ad una elevata reattività emotiva e alla disregolazione emotiva (Frick & Morris,2004). Questo sembrerebbe determinare una ipersensibilità nella percezione della minaccia e favorire comportamenti aggressivi di tipo reattivo. La prognosi per individui c con CD e ADs è incerta, alcuni autori riportano un effetto protettivo dell’ansia e un migliore outcome (e.g. Walker et al., 1991), mentre altri reputano che la presenza di un disturbo d’ansia determini una esacerbazione dei sintomi del CD (e.g. Sourander et al., 2007).

Un’altra frequente comorbidità è rappresentata da disturbi depressivi. Diversi studi hanno identificato specifici fattori di rischio per la depressione associata problemi di condotta, tra cui un basso QI, un contesto familiare sfavorevole (Fombonne, Wostear, Cooper, Harrington, & Rutter,

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