• Non ci sono risultati.

Lo sviluppo dell'economia cinese e gli investimenti diretti esteri - il caso Koerber

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Lo sviluppo dell'economia cinese e gli investimenti diretti esteri - il caso Koerber"

Copied!
165
0
0

Testo completo

(1)

Prefazione

Ho deciso di scrivere una tesi sulla Cina, in particolare l’economia cinese e gli investimenti diretti in Cina, perchè essa è il mio paese di origine.

Visto che sto finendo il mio percorso di studio e non ho mai affrontato come argomento qualcosa che riguardi il mio paese d’origine, ho deciso di dedicare questa mia ultima tesi all’economia cinese ed agli investimenti diretti esteri in Cina. La Cina oggi sta sviluppando molto velocemente, è sotto i riflettori di tutto il mondo, quindi penso che sia molto interessante analizzare gli sviluppi della Cina in questi ultimi anni. E’ coinvolgente analizzare anche gli investimenti diretti esteri in Cina, perchè oggi la Cina non è più un’economia chiusa come prima, ma ha rapporti con tutto il mondo. Tra gli investimenti diretti esteri, mi soffermerò in particolare su quelli italiani, e su che cosa gli investitori devono sapere prima di insediarsi in Cina.

A molti autori piace usare la frase “ la Cina è una minaccia ed un’opportunità”, questa è una frase verissima, infatti la Cina oggi è il più importante collaboratore degli peasi più potenti, come l’USA, il Giappone, ecc., ma nello stesso tempo una minaccia per gli stessi paesi. Questo perchè la Cina sta sviluppando ad una velocità mai vista prima e sta conquistando spazi in tempi molto brevi.

Tutto questo mi ha spinto ad analizzare tale argomento, che ritengo che una ragazza di origine cinese deve sapere e conoscere. Da questa tesi, infatti ho imparato tante cose sulla Cina e in particolare sull’economia cinese. Di seguito dedicherò una prima parte all’analisi dello sviluppo in questi anni dell’economia cinese, seguito da una seconda parte dedicato agli investimenti diretti esteri in Cina (in particolare italiani) e infine per concretizzare le informazioni teoriche, analizzerò il caso di un gruppo tedesco che ha investito in Cina in particolare a Shanghai, guidato da un gruppo di managers Italiani.

(2)
(3)

Ringraziamenti

Vorrei qui ringraziare i miei genitori che mi hanno sostenuto tutti questi anni di studio, sia in senso morale che economico; la professoressa Ada Carlesi, che mi ha sempre seguito nella redazione della tesi; tutti gli amici che hanno creduto in me, e soprattutto Luca Mazzoni, che ha condiviso con me tutti questi anni di impegno universitario.

Infine vorrei ringraziare la Koerger Engineering Shanghai e la Fabio Perini per avermi dato la possibilità di analizzare e conoscere un’azienda straniera in Cina.

(4)
(5)

Indice

Prefazione 1

Ringraziamenti 3

Indice 5

Introduzione 9

CAP. 1 Economia Cinese

1 Cenni sull’economia cinese 11

2 La Cina e il resto del mondo 14

2.1. La Cina e gli scambi con l’estero 14

2.1.1. Interscambio commerciale Italia-Cina 21

2.2. La Cina sfida il resto del mondo 23

2.3. La cina dopo il WTO 25

3 L’economia cinese nel 2005-2006 28

3.1. Andamento congiunturale e rischio paese 28

3.2. Grado di apertura del Paese al commercio

internazionale

31

3.3. L’interscambio commerciale nella prima metà del

2006

35

4 La Cina e il mercato mondiale del lavoro 37

5 Il centro dell’economia cinese: Shanghai 40

5.1. Introduzione 40

5.2. Economia 41

5.2.1. Il commercio estero 43

5.3. Pudong la nuova area di sviluppo 47

6 Problemi connessi allo sviluppo economico 49

CAP. 2 Investimenti diretti esteri italiani in Cina

1 Le principali teorie degli investimenti diretti esteri 52

(6)

sulla teoria dei giochi 56 2 Gli investimenti diretti esteri dei paesi industrializzati

nel 2000

57

3 Investimenti diretti Italiani in Cina 62

4 Investimenti diretti esteri (IDE) 64

4.1. Premessa: La Cina non è un mercato per tutti 64

4.2. Differenze e similarità tra IDE italiani in Cina e Sud est asiatico (SEA)

66

4.3. Chi sono e Come investono le imprese italiane? 70

4.3.1. Chi 70

4.3.2. Come 72

5 Scegliere l’area industriale 82

5.1. Le teorie classiche della localizzazione delle attività produttive

83

5.1.1. La teoria di Von Thunen 83

5.1.2. La teoria delle localizzazioni industriali di A. Weber 84

5.2. Dalle SEZ alle ETDZ 94

5.2.1. Zona economica speciale 97

5.2.2. ETDZ 97

6 L’apertura di una sede produttiva in Cina 100

6.1. La scelta della microlocation 102

6.2. Scelta di strutturazione del processo di Sviluppo Nuovo Prodotto

104 6.3. La progettazione dei sistemi informativi per le

operations

105

6.4. Le scelte di progettazione dei flussi logistici 106

6.5. Le scelte di sourcing 107

6.6. Le scelte di localizzazione dello Staff 109

7 Investimenti diretti a Shanghai 110

CAP. 3 Koerber Engineering Shanghai

(7)

1.1. Koerber AG 115

1.2. Storia della Koerber Engineering Shanghai 120

1.3. La struttura organizzativa della Koerber Engineering

Shanghai

122

2 Investimento 126

2.1. Chi ha investito e in quale forma 126

2.2. La Kes e le altre società madri in particolare la Fabio Perini

126 2.3. I motivi che hanno portato ad investire in Cina e

perchè proprio a Wai gao qiao

128

3 KES e il mercato del tissue 129

3.1 L’andamento del mercato del tissue e i maggiori

competitori

129 3.1.1. L’andamento del settore e i fattori che influenzano la

domanda

129 3.1.2. Maggiori competitori e le loro capacità nel mercato

del tissue

138

3.1.3. Il mercato dove opera la Kes 140

3.2. I prodotti della Kes 142

3.3. I rapporti con l’esterno: i clienti e le modalità di approvvigionamento.

155 3.4. I problemi principali che la Koerber ha incontrato ad

investire in Cina 156

4 Le prospettive future 157

Conclusioni 159

(8)
(9)

Introduzione

Per più di 2000 anni l’economia cinese è stata basata su un metodo feudale, cioè vi erano pochi proprietari terrieri che comandavano moltissimi poveri che lavoravano la terra ed infine vi era l’imperatore che a sua volta dominava su tutti. Un tempo il commercio interno cinese obbediva alle leggi statali, infatti fino alla fine degli anni Settanta il governo forniva alle imprese di stato macchinari e materie prime. I prodotti di consumo richiesti dalla popolazione rurale venivano forniti da una cooperativa incaricata della commercializzazione dei prodotti, mentre per quanto riguarda il commercio estero, nel 1979 la Cina aboli’ alcune restrizioni aprendo la strada all’investimento estero e a un aumento degli scambi commerciali.

L’unità monetaria cinese è sempre stato lo yuan e il sistema bancario è controllato dal Governo, mentre la Banca Popolare Cinese è l’istituzione centrale di finanziamento ed è responsabile dell’emissione di moneta.

Oggi la Cina rappresenta sia una opportunità che una minaccia per l’equilibrio dei paesi industrializzati. Essa e’ allo stesso tempo un nuovo e potente competitors e un nuovo e immenso mercato di sbocco. In pochi decenni ha compiuto i passi che il “vecchio continente” ha costruito in 2 secoli. L’apertura verso l’esterno, il capitalismo e il riposizionamento dell’ egemonia comunista sono stati passi obbligatori per arrivare all’economia socialista di mercato. Così la Cina che non veniva toccata dalle rivoluzioni industriali, la Cina comunista, chiusa, fondata sull’ agricoltura si è svegliata, alle porte del ventunesimo secolo, aprendo un immenso mercato ( 1.300.000.000 consumatori ) pieno di opportunità. Nello stesso tempo ha però portato problematiche altamente destabilizzanti, dal bassissimo costo della manodopera, allo sfruttamento di vaste economie di scala,

(10)

ulteriormente la situazione e spostare le forze che andrebbero concentrate nello studio delle strategie d’ attacco, in un'unica direzione: la difesa.

Il suo PIL cresce a ritmi del 9-10 % l’ anno, i consumi, le importazioni e la produzione di acciaio e cemento sono a livelli altissimi. I nuovi ricchi aumentano di giorno in giorno, la costruzione di infrastrutture è massiccia e continua. Sono già arrivati al limite per quanto riguarda l’approvvigionamento di energia e l’inquinamento. Mai come in questo momento la Cina è sotto i riflettori di tutto il mondo, studiosi, imprese, governi, istituzioni ma se ci si pensa è normale che dopo una chiusura forzata, durata troppo tempo, la Cina faccia le corse per recuperare il gap con l’ occidente e parte dell’oriente.

(11)

Economia Cinese

1. Cenni sull’economia cinese

La Cina di oggi è frutto di un miracolo economico innescato dalla politica di riforma avviata alla fine degli anni ’70 da Deng Xiaoping, un miracolo basato su una formula quanto mai contraddittoria, chiamato il socialismo di mercato dove viene mescolato il socialismo con il capitalismo aprendo progressivamente spazi al libero mercato. E’ proprio questa formula che ha permesso, alla Cina, negli ultimi anni di registrare un tasso di crescita economica il più alto a livello mondiale(attestato intorno al 10%) e inoltre ha attirato un terzo degli investimenti esteri di tutto il mondo (di cui 2/5 provenienti dai Paesi Asiatici).

Alcuni economisti descrivono la crescita della Cina come un ulteriore caso di economia emergente in fase di decollo, che e’ stata preceduta dal Giappone e dalle tigri asiatiche e che sarà seguita tra breve dall’India. In realtà tutto si può dire tranne questo, perché l’ascesa della Cina ha molte più cose in comune con quella degli Stati uniti.

Ciò cui stiamo assistendo è la crescita prolungata e impressionante di una futura potenza mondiale, con un’ampiezza di risorse senza pari, grandi ambizioni, forti posizioni negoziali e una grande abilità negli affari.

Negli ultimi vent'anni l'economia cinese ha effettuato progressi sempre più vistosi: il ritmo di crescita è stato ampiamente superiore al tasso medio mondiale, tanto che la Cina è diventata la quarta economia più grande al mondo nel 2005 (dati ufficiali della Banca Mondiale). Per capire meglio possiamo evidenziare che negli ultimi vent’anni la Repubblica popolare cinese ha avuto un tasso medio annuo di crescita del PIL superiore all’8%. Secondo la Banca mondiale essa

(12)

manodopera a buon mercato, diventando così l'officina manifatturiera del mondo, in particolar modo delle imprese asiatiche.

La cosa più sorprendente di questa crescita sta nel fatto che il paese è riuscito a mantenere ritmi sostenuti per un arco di tempo molto lungo(oltre vent’anni) nonostante una popolazione estremamente numerosa:1,3 miliardi di persone.

Molti autori ritengono che la Cina sarà la locomotiva che guiderà lo sviluppo economico mondiale più degli Stati Uniti nei prossimi 50 anni. La Cina sembra aver bruciato le tappe principali dei modelli teorici tradizionali, che hanno descritto da sempre le traiettorie evolutive dei Paesi.

La Cina è oggi il primo paese al mondo come ricettore di investimenti diretti esteri: più della metà delle 500 maggiori società al mondo sono presenti nel Pearl River Delta. Nel 2003, pur restando inferiori alle aspettative, gli investimenti diretti esteri erogati sono cresciuti del 34%, quelli concordati del 40,3%. La partecipazione cinese al commercio internazionale aumenta ogni anno: nel 2003 il volume delle transazioni commerciali e’ stato di circa US$ 851,2 mld. Il valore del surplus della bilancia commerciale cinese per il 2003 è stato di 25,54 miliardi di dollari. La composizione delle esportazioni illustra chiaramente l'evoluzione registrata dall'industria cinese: i beni che hanno contribuito alla forte crescita negli anni ottanta e all'inizio degli anni novanta(abbigliamento, giocattoli ed altri prodotti dal modesto contenuto tecnologico) sono sempre più sostituiti da beni tecnologici appartenenti ai settori dell'informatica, dell'elettronica e delle telecomunicazioni.

La tendenza all'aumento della partecipazione cinese al commercio internazionale è significativa anche perché la composizione delle esportazioni testimonia l'evoluzione della produzione industriale cinese: dieci anni fa, solo il 7% delle esportazioni cinesi era costituito da prodotti high-tech ad alta intensità di ricerca e sviluppo (R&D). Nel 2002, circa il 23% delle esportazioni cinesi è costituito invece da prodotti ad alta tecnologia e nel 2003 tale percentuale è salita al 25%

(13)

(Xinhua News Agency, 7 January 2004). Un altro dato pare rilevante: nel 1995, l’80% di esportazioni cinesi ad alta tecnologia proveniva da imprese a capitale estero, oggi solo la metà di tali esportazioni provengono da queste imprese, l’altra metà è prodotta direttamente da imprese al cento per cento cinesi. La Cina è oggi il terzo paese per la produzione mondiale di information technology (IT): computer, hardware, software e apparecchiature per le telecomunicazioni. Nel settore dei computer, la Cina è la quarta produttrice mondiale. Il 70% del mercato interno di PC è controllato da aziende cinesi e il paese è secondo esportatore mondiale di hardware e il primo fornitore estero degli Stati Uniti. Anche il settore dei semiconduttori è in forte espansione: l’11% di tutti i semiconduttori prodotti è cinese.

Gli enormi investimenti esteri che sta catalizzando da anni, spiegano solo in parte la crescita del Paese, in quanto l’anomalia risiede nell’eccessiva rapidità del suo sviluppo. Sino a qualche anno fa, molti osservatori paventavano l’ipotesi che il gigante asiatico sarebbe esploso, e il suo sviluppo sfiancato da un processo inflazionistico generato dalla sua stessa crescita economica, cosa già accaduta, in un passato abbastanza recente, ad alcuni Paesi dell’America Latina e dello stesso Sud-Est Asiatico. È una situazione a cui molti studiosi stentano a dare risposte soddisfacenti: è sotto gli occhi di tutti che il boom economico della Cina non sembra ridimensionarsi. Inoltre credere che le motivazioni che sono dietro questo miracolo economico, siano da ricondurre ad unica variabile ovvero basata sugli investimenti diretti esteri, è sicuramente fuorviante e non aiuta di certo a dare delle risposte esaustive.

E’ certo che gli investimenti esteri e i rapporti con il resto del mondo hanno avuto una influenza molto forte sull’economia cinese.

(14)

crescita economica: le zone costiere sono maggiormente sviluppate e con un PIL più elevato rispetto a quelle interne e più occidentali caratterizzate da una scarsa vitalità e da uno sviluppo limitato. Il divario tra redditi urbani e rurali è cosi grande da essere paragonabile al gap del Brasile.

Una crescita tanto squilibrata sta facendo preoccupare il governo cinese. Per equilibrare e tenere a freno la crescita dell’economia cinese che è diventata incontrollabile, dovuto sopratutto all’ eccesso di credito nel settore edile, il governo cinese ha annunciato alcune svolte importanti. Nel marzo 2004, all'apertura della sessione annuale dell'Assemblea nazionale del popolo (facente funzione di parlamento), il premier Wen Jiabao ha sottolineato il problema del crescente divario tra i redditi rurali e quelli urbani. Wen ha promesso tagli di un punto percentuale all’anno alle tasse dei contadini, fino alla loro completa eliminazione nel 2009, e un incremento di investimenti nell’economia rurale di circa il 20% (vale a dire di 3.6 miliardi di dollari). Il premier ha infine promesso sussidi diretti agli agricoltori per 1.2 miliardi di dollari ed ha indicato l’obiettivo di rallentare la crescita.1

Un’ulteriore sfida alla sostenibilità dello sviluppo cinese è l’aumento dei vincoli derivanti dai problemi ambientali e dalla crescente domanda energetica che sta aumentando la dipendenza dalle importazioni soprattutto di greggio..

2. La Cina e il resto del mondo

2. 1 La Cina e gli scambi con l’estero

La politica della “porta aperta”, inaugurata da Deng, aveva l’obiettivo d’incentivare le reazioni economiche internazionali, superando ideologicamente la concezione maoista dell’autosufficienza e del rischio d’interferenze interne da

1 Per maggiori chiarimenti fare riferimento a “Cina - una crescita economica tumultuosa ma molto diseguale” di

(15)

parte degli investitori internazionali. Tale politica si è concretizzata nell’apertura della Cina al commercio estero, agli investimenti esteri diretti e ai prestiti internazionali.

Per favorire ed incentivare l’apertura al mondo esterno sono state create delle zone sperimentali di libero mercato, le cosiddette Zone economiche sperimentali (Zes), all’interno delle quali gli investimenti esteri godono di particolari condizioni di protezione. La creazione delle Zes è avvenuta nella parte meridionale del paese, in particolare nelle province del Guandong e di Fujian. Sopratutto nei primissimi anni ottanta per gli investitori internazionali era molto conveniente investire nelle Zes, in quanto c’era l’esenzione dalle imposte industriali e commerciali e dai diritti doganali per l’export; era previsto una tassa sul reddito molto favorevole del 10% per le imprese a partecipazione estera impegnate nella produzione per l’export e del 15% per tutte le altre. Tutte queste agevolazioni nel corso degli anni si sono ridotte.

La politica della porta aperta ha enormemente favorito l’afflusso in Cina di investimenti diretti esteri. In poco più di venti anni, dal 1978 al 1999, sono stati investiti circa un terzo degli investimenti esteri di tutto il mondo, con un tasso medio annuale di 40 miliardi di dollari. La politica della porta aperta oltre a favorire gli investimenti diretti esteri ha determinato uno sviluppo senza precedenti del commercio con l’estero, infatti dalla metà degli anni novanta la Cina ha registrato un surplus commerciale in costante crescita.

L'apertura dell'economia cinese ai mercati internazionali, oltre a favorire l'afflusso degli investimenti dall'estero ed incentivare il commercio con l'estero, ha profondamente trasformato il paese, facendogli compiere un notevole salto in avanti verso l'industrializzazione.

(16)

asiatiche e l’Argentina.

La velocità dell’integrazione commerciale della Cina con gli altri stati è stato sorprendente. Per capire meglio evidenzierò alcuni dati molto rilevanti. Alla fine degli anni settanta, le importazioni e le esportazioni complessive del paese rappresentavano circa 9,7% del suo prodotto interno lordo, uno dei livelli più bassi nel mondo in quel periodo.

Nei vent’anni successivi questa percentuale è cresciuta fino a raggiungere il 30%. L’import e l’export complessivo della Cina nel 1997 è stato quindici volte quello del 1978, passando da 20,6 a 325 miliardi di dollari Usa.

Nel 1996 l’afflusso netto di capitale estero superò i 180 miliardi di dollari statunitensi. L’investimento estero ha rappresentato il 13% dell’investimento interno, il 13% della produzione industriale, il 12% delle entrate fiscali e ha fornito 20 milioni di posti di lavoro. Un terzo delle esportazioni e metà delle importazioni cinesi sono state il frutto di Join Ventures tra aziende nazionali e straniere.

Le Joint Venture sono strumenti di cooperazione aziendale, che permettono la condivisione di risorse tra imprese. Nel caso della Cina, gli operatori stranieri mettono a disposizione le tecnologie, Know-how, le competenza manageriali, mentre invece i partner locali forniscono forza lavoro e una conoscenza tangibile del mercato di riferimento.

Un studio della Banca Mondiale ha indicato che, a partire della metà degli anni Ottanta, l’afflusso di investimento estero diretto verso la Cina ha rappresentato il 40% dell’ammontare complessivo verso i paesi in via di sviluppo, e che la Cina è solo al secondo posto dietro gli Stati Uniti nel ricevere investimenti esteri diretti.2

Di seguito mi dedicherò all’esaminare i paesi con cui la Cina ha maggiori rapporti.

(17)

Tabella 1

ICE Sistema Informativo Nazionale per il Commercio Estero

Scambi: principali paesi partner Paese dichiarante: Cina Flusso: Esportazioni

(valori in milioni di dollari)

Paesi 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004

Stati Uniti 24.729 26.706 32.741 37.984 42.004 52.156 54.355 70.050 92.626 125.148 Hong Kong 35.983 32.906 43.783 38.742 36.863 44.518 46.541 58.463 76.274 100.858 Giappone 28.467 30.886 31.839 29.660 32.411 41.654 44.941 48.434 59.409 73.507 Corea del Sud 6.688 7.500 9.127 6.252 7.808 11.292 12.519 15.535 20.095 27.810 Germania 5.671 5.843 6.497 7.354 7.780 9.278 9.751 11.372 17.442 23.756 Paesi Bassi 3.232 3.537 4.406 5.162 5.413 6.687 7.278 9.108 13.501 18.518 Regno Unito 2.798 3.201 3.815 4.632 4.880 6.310 6.781 8.059 10.824 14.965 Altri Paesi Asia non 3.098 2.802 3.399 3.869 3.950 5.039 5.001 6.586 9.004 13.545 Singapore 3.501 3.749 4.323 3.944 4.502 5.761 5.791 6.984 8.864 12.685 Francia 1.844 1.913 2.337 2.831 2.930 3.715 3.699 4.087 7.330 9.966 Italia 2.068 1.837 2.239 2.578 2.930 3.802 3.992 4.828 6.653 9.223 Russia (Federazione di) 1.665 1.693 2.038 1.840 1.497 2.233 2.710 3.521 6.030 9.097 Australia 1.626 1.673 2.056 2.365 2.704 3.429 3.569 4.585 6.264 8.838 Canada 1.533 1.616 1.907 2.127 2.433 3.158 3.346 4.303 5.632 8.161 Malaysia 1.281 1.370 1.922 1.596 1.674 2.565 3.221 4.974 6.141 8.086 Emirati Arabi Uniti 1.101 1.077 1.301 1.291 1.444 2.078 2.377 3.451 5.037 6.841 Indonesia 1.438 1.428 1.841 1.170 1.779 3.062 2.836 3.426 4.482 6.256 India 765 686 934 1.017 1.162 1.561 1.896 2.671 3.343 5.936 Belgio . . . . 1.822 2.301 2.530 2.876 3.934 5.860 Thailandia 1.752 1.255 1.501 1.258 1.435 2.243 2.337 2.957 3.828 5.800 MONDO 148.780 151.048 182.792 183.809 194.931 249.203 266.098 325.596 438.228 593.255

(18)

Tabella 2

ICE Sistema Informativo Nazionale per il Commercio Estero Quote dell'Italia e dei principali concorrenti

Paese dichiarante: Cina Flusso: Importazioni

(valori in milioni di dollari)

Quote di Aree e Principali Fornitori

Paesi/Aree 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 Valori 132.084 138.833 142.370 140.237 165.699 225.094 243.553 295.170 412.760 561.161 Variazioni - 5,11 2,55 -1,50 18,16 35,84 8,20 21,19 39,84 35,95 UE 25 16,29 14,49 13,56 14,88 15,57 13,86 14,90 13,34 13,19 12,49 Germania 6,09 5,28 4,34 5,01 5,03 4,62 5,65 5,56 5,89 5,41 Francia 2,01 1,61 2,28 2,29 2,28 1,76 1,69 1,44 1,48 1,36 Italia 2,36 2,34 1,72 1,63 1,62 1,37 1,55 1,46 1,23 1,15 Regno Unito 1,49 1,35 1,39 1,39 1,81 1,60 1,45 1,13 0,86 0,85 EUROPA ORIENTALE CENTRO 3,48 4,20 3,20 2,76 2,81 2,86 3,60 3,25 2,82 2,45 Russia (Federazione di) 2,88 3,71 2,87 2,60 2,55 2,56 3,27 2,85 2,36 2,16 ALTRI PAESI EUROPEI 0,99 0,90 0,93 0,82 0,94 0,98 1,05 1,11 1,00 1,01 AFRICA SETTENTRIONALE 0,14 0,08 0,10 0,13 0,12 0,09 0,12 0,11 0,11 0,20 ALTRI PAESI AFRICANI 0,94 0,98 1,63 0,92 1,31 2,37 1,85 1,72 1,91 2,59 AMERICA SETTENTRIONALE 14,23 13,49 12,86 13,63 13,17 11,61 12,42 10,47 9,29 9,29 Stati Uniti 12,20 11,64 11,45 12,04 11,76 9,94 10,76 9,24 8,22 7,97 Canada 2,03 1,85 1,41 1,60 1,41 1,67 1,65 1,23 1,06 1,31 AMERICA MERIDIONALE CENTRO 2,25 2,60 2,65 2,13 1,80 2,40 2,74 2,82 3,60 3,86 Brasile 0,93 1,07 1,05 0,81 0,58 0,72 0,96 1,02 1,42 1,55 MEDIO ORIENTE 1,59 2,15 2,69 2,29 2,16 4,44 3,76 3,21 3,51 3,87 Arabia Saudita 0,42 0,60 0,58 0,57 0,55 0,87 1,12 1,16 1,25 1,34 ASIA CENTRALE 0,92 1,20 1,39 1,31 1,18 1,31 1,37 1,47 1,67 1,99 India 0,30 0,52 0,63 0,65 0,50 0,60 0,70 0,77 1,03 1,37 ASIA ORIENTALE 55,17 55,34 56,36 56,74 55,93 54,27 52,01 55,11 54,74 52,98 Giappone 21,96 21,02 20,37 20,16 20,38 18,44 17,57 18,11 17,96 16,80 Altri Paesi Asia non 11,19 11,65 11,55 11,86 11,78 11,33 11,22 12,89 11,96 11,54 Corea del Sud 7,79 8,99 10,49 10,71 10,40 10,31 9,60 9,68 10,45 11,09 Malaysia 1,57 1,62 1,75 1,91 2,18 2,43 2,55 3,15 3,39 3,24 Singapore 2,57 2,59 3,14 3,02 2,45 2,25 2,11 2,39 2,54 2,49 Hong Kong 6,50 5,64 4,91 4,75 4,16 4,19 3,87 3,63 2,69 2,10 Thailandia 1,22 1,36 1,41 1,72 1,68 1,95 1,94 1,90 2,14 2,06 Filippine 0,21 0,27 0,23 0,37 0,55 0,75 0,80 1,09 1,53 1,61 Indonesia 1,55 1,64 1,88 1,75 1,84 1,96 1,60 1,53 1,39 1,29 OCEANIA 2,29 2,84 2,58 2,24 2,53 2,61 2,58 2,32 2,08 2,38 Australia 1,96 2,47 2,28 1,91 2,18 2,23 2,23 1,98 1,77 2,06 AREA RESIDUALE – AREE - . . . - - - - MONDO 100,00 100,00 100,00 100,00 100,00 100,00 100,00 100,00 100,00 100,00

(19)

Da queste due tabelle possiamo vedere che i 5 paesi con cui la Cina ha maggiori rapporti, in ordine alfabetico sia per quanto riguarda l’import che l’export sono:  Corea del sud

 Germania  Giappone  Hong Kong  Stati uniti

Una cosa importante da notare da queste due tabelle è che nonostante siano gli stessi 5 paesi con cui la Cina ha maggiori rapporti sia di import che di export, assumono pesi diversi a seconda se si fa riferimento all’export oppure import. Possiamo infatti notare che per quanto riguarda l’export il paese che ha maggiori rapporti con la Cina e’ Usa con 125.148 milioni di dollari nel 2004 seguito da Hong Kong. Sempre dalla prima tabella possiamo vedere che l’export della Cina negli confronti degli Stati Uniti dal 1995 al 2004 è cresciuto nettamente di 100.000 milioni di dollari.

Dalla seconda tabella invece emergono tre aspetti molto importanti:

 nel 2004 il paese da cui la Cina importa maggiormente non è più l’Usa ma il Giappone con 16,80% sul totale pari al 561.161 milioni di dollari seguito dalla Corea del Sud con 11,09%.

 sempre nel 2004 oltre a questi 5 paesi, abbiamo altri due emergenti che sono la Malaysia e il Singapore.

 un altro aspetto interessante da evidenziare è che dal 95’ al 2004 le importazioni totali della Cina sono cresciute all’incirca di 400.000 milioni di dollari ma in termini percentuali per tutti i 5 paesi il valore è diminuito dal 95’ al 2004 e quindi si può concludere che la Cina sta allargando i rapporti

(20)

permette ad essa di diminuire la dipendenza dalle 5 potenze di livello mondiale.

Confrontando le due tabelle possiamo notare che il valore delle importazioni è molto più ridotto rispetto a quello delle esportazioni. A prima vista sembrerebbe che la Cina cercasse di soddisfare i bisogni del proprio mercato attraverso la produzione interna che oltre a produrre per il proprio mercato soddisfa anche gran parte del mercato mondiale. Questo è in effetti uno dei motivi ma la ragione principale è un’altra. Occorre ricordare che più della metà delle esportazioni globali della Cina provengono da multinazionali straniere che hanno costituito aziende nel territorio cinese per rifornire i propri mercati nazionali e quello globale. Questo aspetto lo possiamo vedere bene dalla tabella 3 che mette a confronto le esportazioni totali con le esportazioni di consociate estere.

Tabella 3

Fonte Unctad,2003

Le “imprese partecipate dall’estero”(quelle partecipate da imprese straniere e le Joint Venture con l’estero) valgono gran parte della crescita dell’export cinese,

(21)

perchè sono quelle che possiedono il know-how, il livello qualitativo, la reputazione, i canali di distribuzione e i mercati necessari all’ingresso nel mercato straniero.

In molti casi si tratta di imprese statunitensi, spinte dai fattori economici fondamentali(dal fatto cioè che è meno costoso produrre in Cina, anche se si calcolano i costi di trasporto e quelli correlati) o dagli accordi sottoscritti con il governo cinese che richiedono un’elevata quota di esportazioni sulle vendite come condizione di ingresso nel mercato nazionale o per ottenere certi incentivi all’investimento.

I prodotti tecnologici della Cina sono il segmento a crescita più rapida delle sue esportazioni, le multinazionali estere sono alla base dei tre quarti delle esportazioni tecnologiche(e più ancora nel caso dell’alta tecnologia) e gli Usa restano la miniera più importante di conoscenze tecnologiche. E la ragione la possiamo trovare mettendo a confronto l’economia statunitense con le altre economie sviluppate, in particolare quella dell’Unione europea. E’ abbastanza semplice cessare l’attività negli Stati Uniti, e cosi gli impianti produttivi possono essere trasferiti più facilmente in Cina e iniziare ad esportare negli Usa. Invece le imprese dell’Unione europea, in particolare quelle tedesche e francesi, nella chiusura degli impianti nazionali devono affrontare ostacoli enormi sbilanciando l’equazione costi-benefici.

2.1.1. Interscambio commerciale Italia - Cina

In ambito comunitario l’Italia risulta il terzo paese fornitore della Cina, dopo la Germania e Francia, ed il quarto “cliente” dopo la Germania, Paesi Bassi e Regno Unito (ventesimo a livello mondiale).

(22)

La Cina registra, per il sesto anno consecutivo, un saldo commerciale positivo. Nel 2003 esso si è più che triplicato, passando da 0,51 a 1,57 miliardi di dollari.

Tabella 4

In base ai dati ISTAT, nel 2005, l’interscambio commerciale Italia - Cina e’ cresciuto del 15,4% per un ammontare totale di scambi commerciali pari a 18,7 miliardi di Euro (equivalenti a 23,1 miliardi di dollari), mentre il deficit italiano e’ anch’esso cresciuto del 29% rispetto al 2004, ed ha raggiunto 9,5 miliardi di Euro, nonostante la svalutazione dell’Euro.

Sempre secondo l’ISTAT nel periodo considerato le esportazioni italiane verso la Cina sono state pari a 4,6 miliardi di Euro (5,7 miliardi di dollari) ed hanno marcato un incremento del 3,5% rispetto al 2004, trainate dal settore dei macchinari per il 44%, e da quello dei metalli e degli apparecchi elettrici, entrambi per il 10%.

Nel 2005 l’Italia ha invece importato dalla Cina merci per un equivalente valore di 14,1 miliardi di Euro (17,4 miliardi di dollari), registrando una crescita del 19,4% rispetto al corrispondente periodo di riferimento.

(23)

forniti dall’Ente Nazionale di Statistica Cinese, dai quali risulta che nel 2005 l’interscambio commerciale bilaterale Italia - Cina è cresciuto del 18,6% rispetto al 2004 e corrisponde in valore a 18,6 miliardi di USD. Il Deficit per l’Italia è stato di 4,8 miliardi di USD, in crescita anch’esso del 73,2% rispetto al 2004. Secondo le stesse fonti le esportazione italiane relative al 2005, sono state di 6,9 miliardi di USD, in crescita rispetto al 2004 del 6,9%.

I principali componenti delle nostre esportazioni verso la Cina sono i macchinari con oltre il 53%, seguita a distanza da tessili e abbigliamento (13,53%), metalli comuni (12%), prodotti chimici (7,5%), e calzature (6%). Nel 2005, le importazioni italiane dalla Cina hanno invece raggiunto 11,7 miliardi di USD, in aumento del 26,8% rispetto all’anno precedente. Principali voci merceologiche di tale flusso

commerciale sono il settore dei macchinari (27,5%), seguito dal tessile (25%), dai metalli comuni (9,8%), dai chimici (5,8%) e dalle calzature (4,5%).

Dal confronto dei dati italiani e cinesi emergono alcune differenze: tale problema, riscontrato tra la Cina e tutti i suoi partners commerciali, deriva in parte da serie di fattori tra cui: l’assenza, dalle statistiche cinesi, del traffico di merci in transito via Hong Kong; triangolazioni con mercati terzi (principalmente Hong Kong e Olanda,); diverse modalità di contabilizzazione nei porti di arrivo delle merci; la diversa codificazione sia dei raggruppamenti merceologici che dei metodi di rilevazione.3

2.2 La Cina sfida il resto del mondo

La Cina è diventata una minaccia sia per i paesi sviluppati che non, sia per l’occidente che per l’oriente. Per quanto riguarda gli Usa, la pressione esercitata dalla Cina sui suoi mercati potrà solo aumentare. Le società che sino a oggi

(24)

di accordi con i sindacati o per i timori di reazioni pesanti da parte dei consumatori ora si rendono conto che potrebbero non avere altra scelta, se intendono restare sul mercato. Le imprese che inizialmente sono state al riparo dalla concorrenza cinese grazie agli alti costi di trasporto oggi si trovano sotto tiro dalla Cina per il calo dei costi della logistica e l’aumento della produttività cinese. Altre imprese stanno seguendo i propri clienti industriali che si sono trasferiti in Cina e chiedono ai propri fornitori di merci e servizi di risiedere nelle vicinanze. Anche le imprese fornitrici del sistema della difesa statunitense si accorgono di avere ben poca scelta, sebbene abbiano provato e riprovato a mantenere le proprie attività essenziali in patria.

L’Unione europea registra un deficit commerciale con la Cina pari a circa 45 miliardi di dollari, ma le importazioni dalla Cina rappresentano soltanto l’ 1.8% delle sue importazioni complessive e la metà in volume di quelle dal Giappone(in base ai dati 2002).

Per il Giappone le preoccupazioni nei confronti della Cina hanno anche valenza geopolitica, tale paese è particolarmente vulnerabile all’ascesa cinese per vari motivi:

 il suo vantaggio competitivo si basa sull’industria manifatturiera  la sua economia è rimasta in stagnazione da oltre un decennio

 le sue regole di governance e d’impresa hanno rallentato il proprio processo di adeguamento alle dinamiche dell’economia globale

 come quelle degli Stati Uniti, le esportazioni del Giappone in Cina provengono da imprese nipponiche che ora hanno in Cina i propri impianti di produzione. Tuttavia a differenza della situazione statunitense, la Cina è l’unica grande economia con la quale il Giappone ha un deficit commerciale significativo

(25)

Per le economie emergenti e quelle in via di sviluppo in Asia, l’impatto cinese è ancora più critico. Mentre i paesi asiatici continuano a perdere investimenti esteri a favore del loro potente vicino, la Cina sta diventando il motore della crescita dell’intera regione e il suo mercato è complementare, quando non addirittura il surrogato, di quello dei paesi sviluppati. Per esempio, la Cina ha già rimpiazzato gli Stati uniti come principale mercato estero della Corea del Sud. Con l’eccezione rilevante del Giappone, la maggior parte delle economie asiatiche fa segnare un attivo commerciale con la Cina. Essa quindi è considerata fonte di problemi anche tra i paesi asiatici, alcuni dei quali la precedono di appena un passo nella graduatoria dello sviluppo e quindi sono particolarmente sensibili al progresso cinese.

Tutto questo ci fa capire che l’ascesa della Cina porterà dei cambiamenti non indifferenti su tutto il mondo.

2.3 La Cina dopo il WTO

Nell’ aprile 1994 la conferenza ministeriale del GATT ( General Agreement on Tariffs and Trade) tenutasi in Marocco ha deciso ufficialmente la fondazione dell’Organizzazione Mondiale del Commercio. Il General Agreement on Tariffs and Trade (Accordo Generale sulle Tariffe ed il Commercio, meglio conosciuto come GATT) è un accordo internazionale, firmato il 30 ottobre 1947 a Ginevra (Svizzera) da 23 paesi, per stabilire le basi per un sistema multilaterale di relazioni commerciali con lo scopo di favorire la liberalizzazione del commercio mondiale. Il primo gennaio 1995 è stata fondata la WTO, con l’obiettivo di promuovere lo sviluppo economico e commerciale in modo da elevare il livello di vita, assicurare la piena occupazione e garantire il reddito reale; utilizzare razionalmente le risorse mondiali e allargare la produzione di merci e di servizi

(26)

discriminazioni nel commercio internazionale. I paesi membri della WTO sono 144, ed il WTO ha sede generale a Ginevra.

La Cina, essendo un paese firmatario del GATT, si è sforzata continuamente per l’ingresso nell’organizzazione. Dal gennaio al settembre 2001 il gruppo di lavoro cinese della WTO ha tenuto 4 conferenze, durante le quali ha proceduto a trattative multilaterali sull’entrata della Cina nella WTO e approvato il documento legale di ingresso. Dal 9 al 14 novembre dello stesso anno si è tenuta a Doha, capitale del Qatar, la quarta conferenza ministeriale della WTO, a cui ha partecipato il ministro della Cooperazione economica e del Commercio con l’estero Shi Guangsheng a capo della delegazione cinese. Il giorno 11 la Cina ha firmato il protocollo di ingresso. Dal 20 dicembre, la Cina ha partecipato al

Consiglio generale della WTO come membro ufficiale dell’organizzazione. Dopo quindici anni l’Organizzazione mondiale del commercio (WTO) ha

finalmente aperto le porte alla Cina dopo un lungo e faticoso processo di avvicinamento. Molti autori ritengono che sia stato doveroso far entrare la Cina nel Wto, perchè è una economia in forte crescita con una grande capacità di esportazione sia di merci prodotte a costi più bassi della concorrenza internazionale sia di prodotti ad alto contenuto tecnologico.

Con l’11 novembre i 142 ministri dei Paesi membri del WTO hanno formalmente invitato il più popoloso Paese del mondo a entrare a far parte dell’istituzione. Una data storica per la Wto, ma sopratutto per il governo cinese che dopo tanti anni di apertura al mercato ora dovrà confrontarsi con gli accordi multilaterali che lo regolano.

La Cina era un membro fondatore del Gatt nel 1947 (da cui è nata la Wto nel 1995) e ne uscì dopo due anni con l’entrata al potere di Mao. Con esso per circa 40 anni la Cina ha vissuto un’economia pianificata, al riparo dai mutamenti internazionali, prima di arrivare alle aperture dell’ultimo decennio.

(27)

L’entrata della Cina nel Wto costituisce un motivo di preoccupazione per gli altri paesi asiatici che si vedono confrontare con la nona potenza economica mondiale. L’adesione della Cina al Wto costituisce un passo fondamentale per lo sviluppo dei rapporti commerciali tra le aree ma significa anche rispettare tutti gli accordi in esso sanciti, per evitare che pratiche scorrette danneggino ingiustamente gli altri paesi membri.

I vantaggi dell’adesione cinese si rifletteranno ovviamente su tutti i paesi membri, ma, in primo luogo, sulla stessa Cina e sul suo tasso di crescita del PIL. Per quanto riguarda l’Europa, ed in particolare l’Italia, le opportunità saranno legate alla capacità delle nostre imprese di sfruttare le occasioni offerte dall’apertura di un mercato immenso ma nello stesso tempo lontano per culture e tradizioni. Da un punto di vista economico i vantaggi sono relativi alla riduzione delle barriere tariffarie e dunque sarà più facile importare ed esportare. In seguito all’accordo sono stati promossi investimenti diretti sul territorio cinese che hanno dato il via a progetti a capitale misto.

Con l’entrata nel Wto la Cina è entrato in un’era completamente nuova, infatti stiamo assistendo ad un passaggio:

 da una apertura limitata in settori ben definiti ad un’apertura totale

 da una apertura politica sperimentale ad un’apertura controllata e tutelata da leggi inserite in precise e mirate pianificazioni economiche

 da una apertura basata sull’individualità ad un’apertura reciproca tra la Cina e gli altri paesi membri del Wto.

La Cina quindi partecipa e parteciperà attivamente in settori sempre più ampi al processo di globalizzazione economica.

A fianco di progressi considerevoli in alcuni campi, restano numerose anche le violazioni degli accordi, sia quelle palesi sia quelle meno evidenti. Un rapporto

(28)

degli impegni stipulati al momento dell’ingresso nell’Organizzazione, in un certo numero di settori la Cina è rimasta molto lontana dalla realizzazione dei suoi impegni in ambito Wto, controbilanciando così molti dei progressi realizzati in altre aree.

Il rapporto traccia un quadro di discriminazione sistematica operata contro i concorrenti stranieri. Si sostiene che la Cina eroghi sussidi pubblici ai produttori nazionali, che utilizzano poi questi finanziamenti per ridurre, sia sul mercato nazionale che su quelli globali, i prezzi di un’ampia gamma di prodotti. In altri settori sono erogati rimborsi dell’imposta sul valore aggiunto solo ai produttori nazionali.

I produttori nazionali sono anche favoriti in termini di tassi applicati sulle imposte di consumo, come pure in materia di diritti commerciali e di distribuzione. Un gran numero di barriere commerciali non tariffarie hanno tenuto alla larga i concorrenti stranieri, mentre vengono limitate le esportazioni di materie prime e di semilavorati che sostengono la competitività dei produttori nazionali. Inoltre le imprese estere che sono intenzionate a entrare nel settore della distribuzione al dettaglio in Cina devono fronteggiare una miriade di permessi amministrativi, dai quali sono esentate le aziende nazionali e viene anche vietato di possedere quote di maggioranza nelle società locali.4

3. L’economia cinese nel 2005-2006

3.1 Andamento congiunturale e rischio paese

Nel corso del 2005, le autorità cinesi avevano adottato una serie di misure per un efficiente controllo dell’economia , procedendo sulla strada della ristrutturazione delle attività statali, del sistema bancario e del commercio.

4 Per maggiori approfondimenti fare riferimento a “La Cina dopo il Wto – multipolarismo anche in economia” di

(29)

Tabella 5

Secondo i dati ufficiali resi noti, l’economia del paese e’ cresciuto nel 2005 ad un tasso del 9,9%, in leggera flessione rispetto alla crescita del 10,1% registrata nel 2004.

Il PIL sempre nel 2005 ammontava a 18.232,1 miliardi di yuan (2.262 mld USD), e risultava generato per il 47,3% dal settore industriale, in aumento annuo dell’11,4%, per il 40,3% dal settore terziario, in decisa espansione annua del 9,6%, e per il restante 12,4% dal settore agricolo, il quale ha confermato un trend di crescita annua del 5,2%.

(30)

percentuale di forza lavoro, l'industria rappresenta il settore portante dell'economia, avendo generato il 51% del PIL nei primi sei mesi contro il 40% del settore terziario ed il 9% del settore primario.

Nel 2005 si e’ registrato un miglioramento generale degli investimenti per settori, particolarmente per quello dell’industria pesante, e per aree geografiche: il settore siderurgico e quello della lavorazione dei minerali non metalliferi continuano infatti a crescere a ritmi sostenuti (rispettivamente del 27,5% e del 26,6%), mentre relativamente alla distribuzione geografica, la crescita degli investimenti nelle zone orientali, centrali ed occidentali è stata rispettivamente del 24%, 32.7%, 30.6%.

L’inflazione, durante il 2005, ha avuto un andamento crescente nel primo trimestre e discendente nei restanti 9 mesi, assestandosi, al 31 dicembre, all’1,8%, in diminuzione annua di ben 2,1 punti percentuali rispetto al 2004, quando era stata del 3,9%.

Nel corso del 2006 l’incremento del tasso di inflazione ha registrato un’ulteriore diminuzione, raggiungendo appena l’1,3% nella prima metà dell’anno.

Buoni sono i dati relativi all’occupazione: nell’anno 2005 sono stati creati 9,7 milioni di nuovi posti di lavoro. La creazione dei nuovi posti di lavoro ha consentito il mantenimento del tasso di disoccupazione al 4,2%, al di sotto del 5% previsto per il 2005 (nel 2001 fu del 3,6%, nel 2002 del 4%, nel 2003 del 4,3% e nel 2004 del 4,2%).

Prosegue ad un ritmo sostenuto l'incremento del reddito pro-capite annuo disponibile che, nel 2005 e’ stato, in termini reali, del 9,6% nelle aree urbane e del 6,2% nelle aree rurali; tale differenza di crescita ha ulteriormente aumentato il divario tra il reddito annuo della popolazione urbana, pari a 10.493 yuan (1.301 US$), e quello delle popolazioni rurali, di 3.255 yuan (403 US$).

(31)

mostrano come, nonostante si sia registrato un sostanziale incremento nei depositi, il quadro generale rimanga stazionario.

Alla fine di giugno 2006, il quadro è caratterizzato da un lieve rallentamento della crescita dell’offerta di moneta (M2 = 32,28 migliaia di miliardi di yuan), da un sostanziale incremento nei depositi di valuta nazionale ed estera presso gli istituti finanziari (33,13 migliaia di miliardi di yuan) e da un aumento del valore totale dei prestiti concessi (22,79 migliaia di miliardi di yuan).

3.2 Grado di apertura del Paese al commercio internazionale

Nel 2005 l’interscambio commerciale totale cinese ha raggiunto 1.422,5 mld US$, registrando un aumento, su base annua, del 23,2%. L’ammontare delle esportazioni e’ stato di 762 mld US$, in crescita annua del 28,4%, mentre le importazioni sono state di 660,1 mld US$, anch’esse in aumento del 17,6% rispetto al 2004. Il saldo che ne deriva e’ un avanzo commerciale di quasi 102 mld US$, triplicato rispetto a quello registrato al termine dell'anno precedente. Questi dati lo possiamo riscontrare dalla tabella sottostante.

(32)

crescita annua, rispettivamente del 30,2% e del 22,8%. Tra i prodotti indicati, secondo la classificazione cinese, come manufatti, i macchinari sono in assoluto la voce merceologica più consistente delle esportazioni cinesi (48% del totale), in crescita annua di oltre il 32%, seguita, a distanza, dai prodotti hightech.

Tabella 8

Principali Paesi clienti della Cina sono: Stati Uniti (21,5%), Unione Europea (19%), Hong Kong (15,6%), Giappone (11,3%), ASEAN (7,4%), Corea (4,7%), Taiwan (2%), Russia (1,6%), Canada (1,5%) e Australia (1,4%).

Il flusso delle importazioni cinesi risulta composto da prodotti manufatti per il 77,5% e da prodotti primari per il restante 22,5%; gli incrementi di crescita annui sono stati rispettivamente del 15% e di oltre il 26%.

Principale componente delle importazioni cinesi sono stati i macchinari, che ne rappresentano il 43,7%, in crescita annua di circa il 14%.

Da questi dati possiamo rilevare che i macchinari sono al primo posto sia come importazione che come esportazione. Per quanto riguarda le importazioni il motivo può essere dovuto al fatto che le aziende che si sono stabilite in Cina per lo sfruttamento della manodopera a basso costo,hanno dovuto trasferire anche le

(33)

loro macchine per garantire la qualità degli prodotti realizzati. Questo perché molto spesso le macchine usate dalle aziende cinesi non sono molto precise, dovuto al fatto di non avere ancora le tecnologie avanzate come quelle dell’occidente. Inoltre il valore unitario delle macchine di produzione sono molto elevate e quindi hanno un’influenza notevole sulle importazioni. Mentre la ragione del perché le macchine sono anche la voce più consistente delle esportazioni, possiamo ricondurlo al fatto che le multinazionali, per sfruttare il basso costo della manodopera, producono in Cina le loro macchine, per poi esportarli e rivenderli all’estero, ma in un paese che richiede macchine con caratteristiche realizzabili in Cina e quindi non così innovative come quelle europee o americane.

(34)

I primi dieci paesi fornitori della Cina sono, in ordine, Giappone (15,2%), Corea (11,6%), Unione Europea (11,37%), ASEAN (11,30%), Taiwan (11,08), Stati Uniti (7,5%), Australia (2,47%), Russia (2,43%), Hong Kong (1,9%) e Brasile (1,4%).

In base ai dati provvisori di fonte ufficiale, nel 2005 gli investimenti diretti dall’estero effettivamente realizzati sono stati 60,3 miliardi di USD, in leggera flessione dello 0,5% rispetto al 2004, e si riferisce a 44.001 nuovi progetti. Nel periodo in esame, i primi 10 paesi investitori della Cina, in base ai progetti effettivamente realizzati, sono stati: Hong Kong (17.949 mln USD), Isole Vergini (9.022 mln USD), Giappone (6.530 mln US$), Corea del Sud (5.168 mln USD), Stati Uniti (3.061 mln USD), Singapore (2.204 mln USD), Taiwan (2.152 mln USD), Isole Cayman (1.948 mln USD), Germania (1.530 mldUSD) e Samoa Occidentale (1.352 mln US$).

Nel triennio 2002-2005, in particolare, le imprese cinesi hanno investito all’estero 17,9 miliardi di USD (6 miliardi dei quali si riferisco al solo 2005), ad un tasso di crescita annuo medio del 36%.

Quanto alla struttura, le società cinesi che investono all’estero sono ascrivibili per il 96% a società statali, e fanno capo a progetti nei settori manifatturiero, delle costruzioni, dei trasporti, delle comunicazioni elettriche, quello agricolo e, più di recente, nel settore R&S ad opera di multinazionali. Pechino, Shanghai, e le Province del Zhejiang, del Guandong e dello Shandong sono, in ordine, le zone di provenienza delle società cinesi all’estero.

Possiamo concludere che il 2005 è stato un anno positivo per l’economia cinese e che come tanti autori avevano previsto, l’economia cinese continua a crescere ad un ritmo molto elevato.

(35)

3.3 L’interscambio commerciale nella prima metà del 2006

Nella prima metà del 2006 il valore dell’interscambio commerciale della Cina con il resto del mondo si è attestato sui 795,74 miliardi di US$, con un incremento pari al 23,4% rispetto allo stesso periodo del 2005.

L’ammontare delle esportazioni ha raggiunto un valore pari a 428,59 miliardi di US$, con una crescita del 25,2% rispetto allo stesso periodo del 2005.

L’ammontare delle importazioni ha raggiunto invece un valore pari a 367,15 miliardi di US$, con una crescita del 21,3% rispetto allo stesso periodo del 2005. Il surplus della bilancia commerciale è ammontato a 61,44 miliardi di US$, con un incremento assoluto di 21,79 miliardi di US$ rispetto ai primi sei mesi del 2005. Durante i primi sei mesi del 2006, il valore dell’interscambio commerciale ad opera delle imprese a capitale straniero ha raggiunto i 465,31 miliardi di US$ (registrando un aumento del 25,8% rispetto allo stesso periodo del 2005) ed ha costituito il 58,5% del valore complessivo dell’import-export totale del Paese. Le esportazioni di queste imprese hanno raggiunto un valore pari a 250,14 miliardi di US$ (+27,7%) e costituito il 58,4% del valore totale delle esportazioni del Paese. Le loro importazioni, invece, hanno raggiunto un valore pari a 215,17 miliardi di US$ (+23,7%) e costituito il 58,6% del valore totale delle importazioni del Paese. Le imprese statali della Cina hanno realizzato un interscambio commerciale pari a 195,32 miliardi di US$ (+11,7%) suddiviso in esportazioni pari a 86,87 miliardi di US$ (+7,3%) e importazioni pari a 108,45 miliardi di US$ (+15,4%)

I Paesi con i quali la Cina ha registrato i più alti valori di interscambio commerciale sono stati l’Unione Europea e gli Stati Uniti.

Nella prima metà del 2006, l’Unione Europea ha mantenuto la sua posizione di maggior partner commerciale della Cina, con un interscambio commerciale bilaterale che ha raggiunto il valore complessivo di 120,95 miliardi di US$ e

(36)

a 41,34 miliardi di US$ (+20,9%), generando un surplus per la bilancia commerciale cinese pari a 38,27 miliardi di US$.

Gli Stati Uniti hanno rappresentato il secondo partner commerciale per la Cina ed il maggiore mercato di sbocco per le merci cinesi. L’interscambio commerciale bilaterale tra questi due Paesi ha raggiunto i 119,66 miliardi di US$ (+24,4%) ed il valore delle esportazioni cinesi dirette verso gli Stati Uniti ha toccato i 91,02 miliardi di US$ (+25,2%) ammontando al 21,2% delle esportazioni totali del Paese. Il valore complessivo delle importazioni cinesi dagli Stati Uniti ha raggiunto un valore pari a 28,64 miliardi (+21,7%) ed il surplus della bilancia commerciale generato è ammontato a 62,38 miliardi di US$.

Il Giappone rappresenta il terzo partner commerciale della Cina, avendo scambiato con questo Paese merci e servizi per un valore complessivo pari a 96,21 miliardi di US$ (+11,2%). Le esportazioni cinesi dirette verso il Giappone sono ammontate a 43,19 miliardi di US$ (+7,2%), mentre le importazioni cinesi provenienti dal Giappone hanno raggiunto un valore di 53,02 miliardi (+14,7%) implicando un deficit per la bilancia commerciale della Cina pari a 9,83 miliardi di US$.

(37)

Per quanto riguarda la localizzazione geografica delle attività di import-export sul territorio della Cina, le aree maggiormente dinamiche sono state quelle di Guandong, di Jiangsu e di Shanghai, che insieme hanno contribuito al 58,6% dell’interscambio commerciale complessivo del Paese.

In particolare, nella prima metà del 2006, la Provincia di Guandong ha scambiato merci e servizi con il resto del mondo per un valore totale di 232,9 miliardi (+24,5% rispetto all’anno precedente), mantenendo il primo posto tra le varie Province della Cina per la dinamicità ed il valore del suo commercio estero. Jiangsu e Shanghai hanno realizzato interscambi commerciali per un ammontare, rispettivamente, di 127,86 miliardi di US$ (+23,5%) e 105,69 miliardi di US$ (+21,3%).

Questi dati hanno riconfermato che l’economia cinese sta andando ancora a passo da gigante. Inoltre riconferma come lo sviluppo cinese dipenda molto dagli investimenti esteri ed al tempo stesso come il resto del mondo abbia bisogno della Cina.5

4. La Cina e il mercato mondiale del lavoro

Un altro argomento molto interessante da affrontare e che ci fa capire ancora meglio l’influenza dell’economia cinese sul mondo è l’impatto della Cina sul mercato mondiale del lavoro.

La Cina “spaventa” molto per il fatto che ha una riserva di forza lavoro enorme, con livelli salariali radicalmente inferiori nell’entroterra rispetto a quelli della costa e delle aree urbane, quindi un qualcosa di simile ad un paese all’interno di un altro paese.

Tutto questo fa si che i paesi sottosviluppati invece di essere il “paradiso” delle produzioni labour intensive dei paesi sviluppati , sono le regioni del ovest della

(38)

emigrati interni addetti a lavori temporanei e almeno 30 milioni di lavoratori sottooccupati delle imprese statali. Inoltre data la sua crescita demografica, se vuole mantenere il livello attuale e quindi evitare l’aumento del tasso di disoccupazione ogni anno deve creare 15 milioni di nuovi posti di lavoro.

La Cina non ha intenzione però di rimanere per sempre un paese produttore a basso costo e basso valore aggiunto e quindi presto anch’essa entrerà in concorrenza per quelle occupazioni a valore aggiunto più elevato che in passato erano considerate appannaggio del mondo industrializzato.

E’ difficile se non impossibile calcolare l’impatto della Cina sul mercato del lavoro statunitense e su quello degli altri paesi e questo oltre che per effetto di sottostime e dell’assenza stessa di molti dati specifici sul paese, anche perché il tentativo di stabilire una correlazione tra il commercio internazionale e l’aumento o la perdita di occupazione si dimostra inaffidabile essendo impossibile controllare tutti i fattori che entrano in gioco. Una cosa è abbastanza sicura, che tra i paesi sviluppati quello maggiormente colpito sono gli Stati Uniti ma le stime sull’impatto della Cina sull’occupazione manifatturiera statunitense sono assai varie.

Ad esempio Lont Yongtu, ex viceministro al Commercio estero e alla Cooperazione economica di Pechino, suggerisce che solo il 10% della disoccupazione statunitense possa essere attribuita al commercio internazionale della Cina. Jonathan Andersen, capo economista per l’Asia della banca d’investimenti Ubs, argomenta che la concorrenza salariale proveniente dall’Asia sia alla base di non più di un ventesimo delle perdite di posti di lavoro nell’industria manifatturiera statunitense e giapponese. Al contrario un centro per lo sviluppo economico finanziato dallo Stato del Minnesota calcola che la Cina sia stata responsabile di una quota significativa della perdita di oltre 38.000 posti di lavoro nel settore manifatturiero registrata nello Stato dal 2000.

Una valutazione particolarmente pesante sull’impatto occupazionale della Cina è stata data da Robert Scott dell’Econmic Policy Institute. Scott ha calcolato

(39)

l’impatto occupazionale complessivo del commercio estero della Cina con gli Stati Uniti basandosi sulla previsione di una crescita dell’80% del deficit commerciale Usa nei confronti di Pechino tra il 1999 e il 2010 e ipotizzando che la Cina rispetti pienamente l’accordo permanente sulle normali relazioni commerciali. L’analisi mostra una perdita netta (compresa quindi la creazione di nuovi posti di lavoro) pari a quasi 700.000 posti nel periodo tra 1992 e il 1999 e una perdita netta attesa di quasi 900.000 posti di lavoro tra 1999 e il 2010. La perdita complessiva di occupazione nei due periodi si avvicina rispettivamente a 740.000 e 1,15 milioni di unità.

(40)

Tabella 12

Secondo un servizio di Business Week, un lavoratore cinese dell’industria dell’abbigliamento viene pagato in media 73 dollari al mese, a fronte dei 300 di un dipendente dell’ Honduras. Questo fa sembrare che la Cina colpisca solamente i paesi sviluppati, in realtà la sua crescita influenza tutti i mercati del lavoro. Gli stipendi dell’Indonesia (75 dollari al mese) e della Repubblica dominicana (102 dollari al mese) sono meno distanti eppure si prevede per questi paesi ugualmente enormi perdite di posti di lavoro. Per esempio per la Repubblica Dominicana si prevede la perdita di un terzo dei suoi 119.000 lavoratori dell’abbigliamento. Questo significa che per quanto sia pesante l’impatto occupazionale della Cina sui paesi sviluppati, esso sarà probabilmente peggiore sulle nazioni in via di sviluppo.6

5. Il centro dell’economia cinese: Shanghai

5.1. Introduzione

Shanghai è oggi il più grande centro industriale, commerciale e finanziario della

(41)

Cina: le classifiche socioeconomiche ed i dati statistici relativi alla sviluppo della città confermano la sua attuale posizione di preminenza in Cina e in generale nell’intera Asia Orientale.

Shanghai presentando una consolidata tradizione manifatturiera, un’ubicazione geografica estremamente favorevole e una particolare capacità intellettuale degli abitanti, ha saputo approfittare più delle altre città della politica della “porta aperta” avviata da Deng Xiaoping nel 1978. Ma solo a partire dal 1992 la sua trasformazione ha subito una repentina accelerazione grazie alle politiche statali preferenziali che le hanno fornito gli strumenti necessari a trasformarsi nel centro economico cinese. Un esempio è la creazione di Pudong, una delle cinque “zone economiche speciali” che hanno inaugurato la sperimentazione più avanzata di libero mercato nel paese.

In questi ultimi dieci anni, Shanghai è stato testimone di notevoli cambiamenti sociali che hanno portato a migliorare le condizioni di vita in modo sensibile. La disponibilità di beni di consumo, sia di produzione locale che di provenienza estera, è quasi alla pari con quella di una metropoli occidentale.

Infatti, negli ultimi anni, uno degli obiettivi principali delle politiche statali è stato quello di potenziare la Municipalità di Shanghai in modo tale che potesse diventare un punto di riferimento e guida per lo sviluppo economico di altre città della Cina.

5.2. Economia

Nel 2004 il PIL di Shanghai ha raggiunto i 745 miliardi di yuan con una crescita del 13,6% rispetto al 2003e il reddito pro capite ha raggiunto i 55.307 yuan come illustrato dalla tabella 13. Da tredici anni Shanghai mantiene un tasso di crescita del PIL a due cifre.

(42)

Tabella 13

Tabella 14

(43)

Tabella15

Tabella 16

Con una popolazione pari a solo all’1,3% del totale e una superficie pari allo 0,1 del territorio della Cina, Shanghai produce il 5,5% del Pil nazionale.

5.2.1 Il commercio estero

La frenetica attività commerciale della Municipalità di Shanghai è chiaramente testimoniata dal volume totale di import-export che nel 2004 e’ stato pari a 160 miliardi di USD in crescita del 42,4% rispetto al 2003. Nel 2003 tale volume era stato di 112,3 miliardi di USD, ed era cresciuto di oltre il 200% rispetto al 2000.

(44)

Tabella 17

Il porto di Shanghai gioca un ruolo fondamentale all’interno dei flussi commerciali del paese. Dopo l’introduzione delle prime riforme per l’apertura commerciale della Cina, il porto di Shanghai ha creato una serie di gemellaggi con porti stranieri, tra cui Osaka e Yokohama in Giappone; Seattle, New Orleans, New York e New Jersey negli Stati Uniti; Anversa in Belgio e Marsiglia in Francia. Attualmente, Shanghai opera su rotte marittime verso 400 porti ed in più di 160 Paesi.

Sono state attivate speciali rotte cargo con i maggiori porti mondiali in Giappone, e con San Francisco, Londra, Amburgo, Rotterdam ed altri tra i principali porti internazionali.

Nel 2004 le esportazioni sono cresciute del 51,6% e hanno raggiunto 73.5 miliardi di USD. I principali paesi di destinazione delle esportazioni sono gli USA, il Giappone e l’Unione Europea. Negli ultimi anni le esportazioni verso Malaysia, Filippine, i paesi europei e il Canada sono cresciute molto rapidamente.

(45)

Negli ultimi anni le esportazioni di Shanghai di prodotti hi-tech, in particolare di attrezzature per le telecomunicazioni e dell’elettronica, sono cresciute molto rapidamente. Nel 2004 la loro quota sul totale ha raggiunto il 39,3%, con un incremento rispetto al valore del 2003 del 33,7%.

Altri prodotti esportati sono attrezzature elettriche, utensili e parti, tessuti e abbigliamento.

Nel 2004 le importazioni sono aumentate del 35.3% e hanno raggiunto 86.5 miliardi di USD. I principali paesi fornitori sono il Giappone, Taiwan, la Corea del Sud, la Germania e gli Stati Uniti. Le importazioni dalla maggior parte dei paesi asiatici sono cresciute a ritmo molto sostenuto rispetto a quelle di altre aree geografiche.

(46)
(47)

Tabella 19

Nel 2004 il valore delle esportazioni delle imprese straniere e’ stato pari a 49,5 miliardi di USD, una quota del 67,3% delle esportazioni totali di Shanghai. Le imprese straniere, inoltre, nel 2004 hanno effettuato importazioni per un valore di 57,7 miliardi di USD, pari al 66,7% delle importazioni totali di Shanghai.7

(48)

5.3. Pudong la nuova area di sviluppo

Il distretto di Pudong è un’area che si estende a triangolo ad est del fiume Huangpu e ad ovest dell’estuario del fiume Yangtze. A fine 2003 contava una popolazione di circa 1,77 milioni su una superficie di 569,70 kmq. La posizione geografica offre eccezionali vantaggi commerciali, grazie ai possibili sbocchi su aree economicamente in sviluppo come il Pacific Rim ed il Sud-Est asiatico. Il PIL di Pudong ha superato per 13 anni consecutivi il tasso di crescita medio del PIL di Shanghai.

Per migliorare l’ambiente d’investimento, Pudong ha puntato sulla costruzione delle infrastrutture. A partire dal 1990, Pudong ha investito un totale di 141,2 miliardi di RMB in grandi progetti di sviluppo urbano. Sono stati completati svariati importanti progetti tra cui: l’aeroporto internazionale di Pudong, la linea metropolitana Metro Line 2, la centrale elettrica di Waigaoqiao, il progetto East China Sea Natural Gas e il treno a levitazione magnetica maglev.

A Pudong sono localizzate:

 La Zona Finanziaria e Commerciale di Lujiazhui, sede di 311 istituzioni finanziarie cinesi e straniere, della Shanghai Stock Exchange, della Shanghai Futures Exchange, della Shanghai Property Rights Exchange, del Shanghai Real Estate Trade Center e di una serie di imprese come Siemens, Alcatel, Tomson e Worldbest, che vi hanno trasferito i propri headquarter.

 La zona di libero scambio di Waigaoqiao, una delle piu grandi bonded area della Cina. Waigaoqiao ha allargato l’offerta di servizi per il commercio internazionale, l’export processing e il magazzinaggio. Nel 2004 il porto di Waigaoqiao ha movimentato 79,955 milioni di tonnellate di cargo e 9,431 milioni di TEU di container, in crescita del 43,4% e del 42,6%, rispettivamente rispetto ai valori del 2003.

(49)

sviluppo di alta e nuova tecnologia. Nel 2004, la zona ha attratto 410 imprese a capitale straniero per un valore di investimenti di 11,064 miliardi di USD, dei quali 3,611 miliardi di USD sono stati già utilizzati. Nella zona sono presenti imprese dei settori automotive, microelettronico e dei computer, delle telecomunicazioni e biomedico, impegnate nello sviluppo di nuove tecnologie.

 Il parco tecnologico di Zhangjiang, che alla fine del 2004 ospitava 110 istituzioni di ricerca e sviluppo. Il valore totale della produzione nei settori elettronico e informatico ha raggiunto 11,122 miliardi di RMB nel 2004, mettendo a segno una crescita del 190% rispetto al 2003. Il valore totale della produzione nel settore biomedico e’ stato 3,58 miliardi di RMB, in crescita del 18,3%. Il parco ospita anche incubatori d’impresa e ospita in uno spazio di 340 mq 413 imprese. Il Software Park di Pudong ha riportato risultati eccellenti. Nel 2004 le sue vendite sono state pari a 12 miliardi di RMB, in crescita del 17% rispetto al 2003. Piu’ di 327 imprese si sono trasferite nel parco nel 2004, tra queste: Citibank Asia-Pacific Software, Sony, BearingPoint e Kyocera.

6. Problemi connessi allo sviluppo economico

La crescita economica cinese in questi ultimi anni può essere classificata tra i primi del mondo anche se è stata rallentata da alcuni ostacoli.

I maggiori problemi che la Cina ha incontrato e che ha dovuto o dovrà affrontare sono essenzialmente la crescita disuguale, le infrastrutture e l’inquinamento.

Figura

Figura di localizzazione

Riferimenti

Documenti correlati

Figure 6 shows the evolution over time of the Costa Concordia vessel stern and bow motion with respect to Giglio Island, obtained by combining speckle tracking

Oil accumulation in intact olive fruits measured by near infrared 1.. spectroscopy – acousto-optically

In other words, after obtaining the wall temperature from the material solver, the stagnation-line code is run a first time to compute the initial guess of mass blowing rate

More specifically, existing (standard) microfoundations of labor market dynam- ics seem to have failed in jointly explaining three crucial stylized facts that one can typically

Le previsioni di chi, prima del Congresso, azzardava scenari destabilizzanti – come l'abolizione del Comitato Permanente o il ripristino della figura del Presidente

Le peculiarità del procedimento fallimentare genovese vengono richia- mate in un altro contesto della stessa sentenza, nel momento in cui i conve- nuti danno una

« Tutti gli aspetti della problematica dei cambi e delle lettere di cambio vi sono affron- tati con un notevole ricorso alla dottrina precedente, sia giuridica sia teologica, con

(a cura di) Presenza e cultura domenicana nella Liguria medievale, Atti del Convegno internazionale di studi Arte, diritto notarile e teologia: la presenza domenicana nella