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Sepsi e shock settico nell'U.O. Medicina d'Urgenza e Pronto Soccorso dell'AOUP: analisi di gestione, timing della terapia e outcome dei pazienti ricoverati nell'arco di un anno.

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(1)

Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale

Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell'Area Critica

Tesi di Laurea Magistrale a ciclo unico in

“Medicina e Chirurgia”

“SEPSI E SHOCK SETTICO NELL’U.O. MEDICINA D’URGENZA E

PRONTO SOCCORSO DELL’AOUP: ANALISI DI GESTIONE,

TIMING DELLA TERAPIA E OUTCOME DEI PAZIENTI

RICOVERATI NELL’ARCO DI UN ANNO”

RELATORE Dr. Santini Massimo

CORRELATORI Dr.ssa Ferrini Laura Dr.ssa Baldoni Giulia

CANDIDATO

Luc Apruzzese

ANNO ACCADEMICO 2016/2017

(2)

“A summit is memories, it's emotions stored within us, it's the people who come with us or who await us at the bottom.”

(3)

Sommario

RINGRAZIAMENTI

1

INTRODUZIONE

3

LA SEPSI

4

D

EFINIZIONI

4

• SEPSI PRECOCE 4 • SEPSI 5 • SHOCK SETTICO 6 • ALTRE DEFINIZIONI 6

D

IAGNOSI

8

P

ROGNOSI

8

V

ALUTAZIONE E GESTIONE IMMEDIATE

9

• GESTIONE DELLE VIE AEREE 9

• POSIZIONAMENTO DI UN ACCESSO VENOSO 9

• INDAGINI INIZIALI 9

I

NIZIALE TERAPIA RIANIMATORIA

11

• FLUIDI PER VIA ENDOVENOSA 12

• TERAPIA ANTIBIOTICA EMPIRICA 14

M

ONITORAGGIO DELLA RISPOSTA

15

• MONITORAGGIO DEI CATETERI 16

• MONITORAGGIO CLINICO 16

• MONITORAGGIO EMODINAMICO 17

• MONITORAGGIO DEGLI ESAMI DI LABORATORIO 18

I

DENTIFICAZIONE DEL FOCOLAIO SETTICO E CONTROLLO DELLA

(4)

P

AZIENTI CHE NON RISPONDONO ALLA TERAPIA INIZIALE

20

• VASOPRESSORI 21

• TERAPIE AGGIUNTIVE 23

OBIETTIVI

24

MATERIALI E METODI

25

1. S

ELEZIONE DEL CAMPIONE DI POPOLAZIONE

25

2. C

REAZIONE DEL DATABASE

26

3. A

NALISI STATISTICA

29

RISULTATI

30

1. A

NALISI DELLA GESTIONE

30

• SESSO ED ETÀ 30

• SITUAZIONE PS ALL’ARRIVO DEI PAZIENTI 30

• ANAMNESI 31

- Comorbidità

- Focolaio infettivo/assunzione di antibiotici - Deterioramento cognitivo/residenza in RSA

• VALUTAZIONE INIZIALE DEL PAZIENTE 32

- Triage - qSOFA - Parametri obiettivi - Esami di laboratorio • TERAPIA INIZIALE 34 - Fluidoterapia - Antibioticoterapia • DIAGNOSI 35

• RIVALUTAZIONE DEL PAZIENTE 35

- Pressione arteriosa - Lattato sierico

(5)

• SOFA SCORE 37

• UTILIZZO FARMACI VASOATTIVI 37

• ESITO ALL’INTERNO DEL REPARTO 38

- Shock - Decesso

- Durata del ricovero

2. A

NALISI DATI FLUIDOTERAPIA

40

• VARIABILI QUANTITATIVE 40

• VARIABILI QUALITATIVE 41

3. A

NALISI DATI ANTIBIOTICOTERAPIA

43

• VARIABILI QUANTITATIVE 43

• VARIABILI QUALITATIVE 44

4. A

NALISI PROGRESSIONE A SHOCK

46

• VARIABILI QUANTITATIVE 46

• VARIABILI QUALITATIVE 47

5. A

NALISI DECESSO IN REPARTO

49

• VARIABILI QUANTITATIVE 49

• VARIABILI QUALITATIVE 50

DISCUSSIONE

52

A. A

NALISI DELLA GESTIONE

52

• ANAMNESI 52

• VALUTAZIONE DEL PAZIENTE 52

• INIZIALE TERAPIA RIANIMATORIA 53

- Fluidoterapia

- Antibioticoterapia: timing e scelta del regime terapeutico

• DIAGNOSI 56

• RIVALUTAZIONE DEL PAZIENTE 57

- Pressione arteriosa - Lattato sierico

• UTILIZZO DI FARMACI VASOATTIVI 58

(6)

B. A

NALISI TIMING DELLA TERAPIA

59

• CROWDING 59

• FATTORI CLINICI 60

- Fluidoterapia - Antibioticoterapia

• INFLUENZA SULL’OUTCOME 62

- Fluidoterapia - Antibioticoterapia

- Conclusione relazione timing/outcome

C. A

NALISI ESITO

64

• CROWDING E TRIAGE 64 • PROGRESSIONE A SHOCK 65 • DECESSO IN REPARTO 66

CONCLUSIONI

67

BIBLIOGRAFIA

69

(7)

RINGRAZIAMENTI

Accanto al sollievo di aver finito l’ultima frase della conclusione di questo percorso, provo quasi un po’ di nostalgia nel guardare indietro a quanto fatto, come quando il tramonto si spegne alla fine di una bella giornata, intensa e impegnativa, ma che in fondo ti dispiace sia giunta al termine: perché al di là di tutti gli ostacoli incontrati in questo cammino fino all’Aula Magna, mi mancherà il fatto di averli potuti affrontare insieme a quelle persone a cui vorrei dedicare le prime pagine di questo lavoro.

Quest’esperienza mi ha permesso di conoscere meglio i miei tutor, la Dr.ssa Baldoni e la Dr.ssa Ferrini, che ringrazio non solo per esserci sempre state ad aiutarmi a superare le difficoltà nella stesura della tesi ma soprattutto per i momenti passati insieme, la fiducia e gli insegnamenti che mi hanno dato.

In particolare ringrazio Giulia per essere riuscita a starmi accanto nonostante la lontananza e Laura per avermi guidato meglio nel mondo della Medicina d’Urgenza.

Ringrazio il mio relatore, il Dr. Massimo Santini, per avermi dato l’opportunità di frequentare il suo Reparto e senza il quale non avrei potuto iniziare questo percorso.

Ringrazio tutto il personale dell’U.O. Medicina d’Urgenza e Pronto Soccorso, in particolare la Dr.ssa Silvia Toneatti, per aver avuto la pazienza di seguirmi nel tirocinio: ognuno di loro è riuscito a insegnarmi qualcosa.

Un grazie va anche al Dr. Alessandro Cipriano per alcuni suggerimenti e per avermi messo in contatto con la Dott.ssa Laura Manca che ringrazio per l’aiuto nell’analisi statistica.

Ringrazio inoltre la segretaria Federica Fabbrini per la disponibilità nel cercarmi i dati di cui avevo bisogno.

Vorrei ringraziare Enrico e Simone, non solo per l’aiuto in ambito universitario ma soprattutto per la carica che sono sempre riusciti a darmi: ho affrontato ogni esame come se vi avessi accanto e spero di poter un giorno tornare a “lavorare” insieme a voi (come d’altra parte voi sperate di stare sempre bene!).

(8)

Un grazie particolare ai colleghi Guglielmo per gli esami preparati anche in condizioni “estreme”, Lorenzo e Alessandro per i diversi consigli e per avermi fatto capire che ho ancora molta strada per raggiungere il loro grado d’induzione enzimatica a livello epatico, Lorenzo per l’aiuto con gli ultimi tirocini, Costanza per avermi fatto compagnia nella gioia di finire finalmente gli esami e Silvia per il prezioso suggerimento quando muovevo i primi passi nel mondo della tesi.

Ringrazio inoltre Francesca, Tommaso, Federica e Tommaso per le ore passate in biblioteca a Camaiore.

Ringrazio Tommaso, Lorenzo, Andrea, Federico e Fabio per essere stati più fratelli che amici e per non avermi trascinato troppo nelle uscite serali lasciandomi la lucidità per studiare: ora spero di avere il tempo per recuperare!

Ringrazio il mio amico d’infanzia Francesco e la sua famiglia per aver sempre avuto un pensiero per me nonostante le nostre strade si siano separate anni fa.

Ringrazio il “guru” Alex per avermi mostrato come affrontare con calma e sicurezza le difficoltà in ambiente impervio e i miei compagni di arrampicata Andrea, Daniele,

Paolo, Massimiliano e Jennifer con cui ho provato ad applicare i suoi insegnamenti:

vorrei riuscire ad impiegare queste qualità nel mio futuro lavoro.

Per ultimi ma non per importanza ringrazio tutti i miei parenti per avermi sempre fatto sentire il loro sostegno, i miei fratelli per avermi reso questi anni meno “noiosi”, mia madre per avermi sempre messo nelle condizioni ottimali per raggiungere questo traguardo e mio padre per avermi insegnato la determinazione nel cercare di raggiungere i miei obiettivi.

(9)

INTRODUZIONE

La sepsi è definita come una disfunzione d’organo potenzialmente letale causata da una risposta disregolata nei confronti di un’infezione 1.

A differenza di altre condizioni critiche che necessitano di un intervento immediato (come traumi, infarto del miocardio STEMI e ictus) non è così semplice individuare velocemente uno stato settico.

Le ultime linee guida sottolineano l’importanza di una rapida presa in carico del paziente, fissando anche una serie di obiettivi temporali entro cui iniziare la terapia rianimatoria.

All’arrivo del paziente in Pronto Soccorso, però, la diagnosi di sepsi può non essere immediata a causa dell’assenza di specificità della sua presentazione clinica e delle numerose diagnosi differenziali possibili da escludere. Per questo motivo spesso sono necessari diversi accertamenti che rallentano inevitabilmente il riconoscimento di questa condizione e l’inizio delle cure.

Dopo aver effettuato la diagnosi e iniziato il trattamento, deve essere quindi disposto il ricovero del paziente: accanto ai reparti di Medicina e di Terapia Intensiva, il medico di Pronto Soccorso può contare nell’AOUP sulla Terapia Sub-Intensiva del Reparto di Medicina d’Urgenza.

Qui i medici del Reparto monitorizzano il paziente e proseguono il trattamento, aggiungendo eventualmente ulteriori terapie e cercando d’identificare e controllare il focolaio settico, in accordo con le linee guida.

In questa tesi viene analizzata la gestione dei pazienti con sepsi e shock settico arrivati nel Pronto Soccorso dell’AOUP e ricoverati poi in Medicina d’Urgenza Ospedaliera: nello studio viene posta particolare attenzione alle variabili che possono aver condizionato il momento d’inizio della terapia.

Viene infine studiato se queste differenze o altri fattori abbiano in qualche modo influenzato la prognosi in Reparto.

(10)

LA SEPSI

DEFINIZIONI

La sepsi è caratterizzata da un continuum di gravità che va da infezione e batteriemia a sepsi e shock settico, e che infine può portare a sindrome da disfunzione multiorgano (MODS) e a morte 1-3.

La sindrome da risposta infiammatoria sistemica (SIRS) non è più inclusa nella definizione poiché non è necessariamente causata da un’infezione. Queste nuove definizioni di sepsi riflettono l'opinione di esperti provenienti da società nazionali come la Society of Critical Care Medicine (SCCM) e la European Society of Intensive Care Medicine (ESICM). È importante considerare che tali definizioni non sono diagnostiche di sepsi poiché non comprendono in modo completo i criteri specifici per identificare l'infezione.

A. Sepsi Precoce

— Nonostante la mancanza di una definizione di “sepsi precoce”, il monitoraggio dei soggetti sospettati di avere una sepsi è fondamentale per prevenire questa possibile evoluzione.

● Infezione e batteriemia

: sono a rischio di sviluppare una sepsi tutti i pazienti

con infezione o batteriemia, che rappresentano le fasi precoci nel continuum della gravità della sepsi:

• Un’infezione è definita come un’invasione di un tessuto normalmente sterile da parte di microrganismi che evolve in una patologia infettiva.

• La batteriemia è definita dalla presenza di batteri vitali nel sangue.

● Identificazione della sepsi precoce (qSOFA):

le linee guida sottolineano l’importanza dell’identificazione precoce dei pazienti infetti a rischio di sviluppare una sepsi come un modo per ridurre la mortalità associata a tale condizione. La task force SCCM/ESICM nel 2016 ha descritto uno score di valutazione per i pazienti al di fuori dell’unità di Terapia Intensiva, in modo da facilitare l’identificazione di quelli potenzialmente a rischio di prognosi infausta 1-3.

Questo score è una versione modificata del Sequential (Sepsis-related) Organ Failure Assessment score (SOFA) chiamato quickSOFA (qSOFA) score. Un punteggio qSOFA ≥2 è associato ad un rischio di evoluzione prognostica negativa.

(11)

Il qSOFA è facile da calcolare in quanto è costituito da sole tre componenti, ciascuna delle quali è rapidamente identificabile al letto del malato e alle quali è assegnato un punto:

• Frequenza respiratoria ≥22/minuto. • Stato mentale alterato (GCS<15).

• Pressione arteriosa sistolica ≤100 mmHg.

Il qSOFA score è stato dimostrato in origine essere più utile nei pazienti sospettati di sepsi al di fuori dell’Unità di Terapia Intensiva 3.

Da allora è stato validato prospetticamente nel Dipartimento di Emergenza e confermato essere meno utile nel contesto dell’Unità di Terapia Intensiva 4,5.

B. Sepsi —

Nel 2016 la Task Force di SCCM/ESICM ha definito la sepsi come “una disfunzione d’organo potenzialmente letale causata da una risposta disregolata nei confronti di un’infezione”.

● Disfunzione d’organo:

la disfunzione d’organo è definita come un incremento di due o più punti nel punteggio SOFA.

La validità di questo punteggio è stata ricavata da pazienti critici sospettati di sepsi, analizzando più di un milione di dati derivati da Unità di Terapia Intensiva 1-3.

Si sospettava che i pazienti analizzati avessero un’infezione se venivano sottoposti a esami colturali di fluidi corporei e se venivano trattati con antibiotici.

Una serie di punteggi predittivi (SOFA, systemic inflammatory response syndrome SIRS, e Logistic Organ Dysfunction System LODS) sono stati confrontati nella loro capacità di prevedere la mortalità. Nei pazienti critici con sospetto di sepsi, la validità predittiva del SOFA score per la mortalità intraospedaliera è stata dimostrata superiore rispetto ai criteri di SIRS.

I pazienti che rientrano in questi criteri hanno una mortalità prevista ≥10%.

Sebbene la capacità predittiva di SOFA e LODS sia simile, il SOFA è considerato più semplice da calcolare e pertanto è stato raccomandato dalla Task Force.

È importante considerare che il SOFA score è un punteggio di disfunzione d’organo. Non è né diagnostico di sepsi né identifica quei pazienti la cui disfunzione d’organo è veramente dovuta all’infezione, piuttosto aiuta ad identificare i pazienti potenzialmente a rischio di prognosi infausta a causa dell’infezione stessa.

(12)

Inoltre, non determina strategie individuali di trattamento né prevede la mortalità basata su caratteristiche demografiche (es. età) o condizioni sottostanti (es. pazienti post-operatori).

● Infezione:

non ci sono linee guida chiare che aiutino il clinico ad identificare la presenza di un’infezione o ad associare causalmente un organismo identificato con la sepsi. Per questa componente della diagnosi, il medico deve fare affidamento al sospetto clinico derivato da segni e sintomi d’infezione così come dal supporto di esami radiologici e microbiologici e dalla risposta alla terapia.

Il termine “sepsi severa”, che originariamente si riferiva alla sepsi associata a ipoperfusione tissutale (es. elevati livelli di lattato, oliguria) o disfunzione d’organo (es. elevata creatinina, coagulopatia) 6,7, e il termine SIRS (sindrome da risposta infiammatoria sistemica) non sono più utilizzati da quando nel 2016 le definizioni di sepsi e shock settico includono i pazienti con evidenza di ipoperfusione tissutale o disfunzione d’organo.

C. Shock Settico

— Lo shock settico è uno shock vasodilatatorio o distributivo. È definito come una sepsi accompagnata da anomalie circolatorie, cellulari e metaboliche associate ad un maggior rischio di mortalità rispetto alla sola sepsi 1.

A livello clinico esso include i pazienti che soddisfano i criteri di sepsi (detti in precedenza) e che, nonostante un’adeguata rianimazione emodinamica, necessitano di vasopressori per mantenere una pressione arteriosa media (MAP) ≥65 mmHg e presentano livelli di lattato >2 mmol/L (>18 mg/dL). Secondo le correlazioni del SOFA score, i pazienti che soddisfano questi criteri per lo shock settico hanno una mortalità maggiore di quelli che non vi rientrano (≥40 versus ≥10 percento).

D. Altre definizioni

— Sindrome da disfunzione multiorgano (MODS) e

Sindrome da risposta infiammatoria sistemica (SIRS) sono termini frequentemente utilizzati nella pratica clinica ma che necessitano di essere distinti dalla sepsi.

● Sindrome da disfunzione multiorgano:

il termine MODS si riferisce a una disfunzione d’organo progressiva in un paziente critico, nella quale, senza un intervento, l’omeostasi non può essere mantenuta. Rappresenta l’esito potenzialmente fatale di una serie di patologie sia infettive (sepsi, shock settico) che non infettive (es. SIRS da pancreatite).

(13)

La MODS può essere classificata come primaria o secondaria:

• MODS primaria: è il risultato di un danno ben definito in cui la disfunzione d’organo avviene precocemente e può essere direttamente attribuita al danno stesso (es. insufficienza renale dovuta a rabdomiolisi).

• MODS secondaria: è un’insufficienza d’organo che non è direttamente legata al danno stesso, ma è una conseguenza della risposta dell’ospite (es. sindrome da distress respiratorio acuto nel paziente con pancreatite).

Non ci sono criteri universalmente accettati per definire la disfunzione di un singolo organo nella MODS. Nella diagnosi di MODS e all’interno di sistemi di score (es. SOFA o LODS) sono comunemente prese in considerazione anomalie progressive nei seguenti parametri organo-specifici per predire la mortalità nelle UTI 8-10:

• Alterazioni funzionalità respiratoria: rapporto Pressione parziale di ossigeno arteriosa (PaO2)/Frazione inspirata di ossigeno(FiO2).

• Alterazioni ematologiche: Conta piastrinica. • Alterazioni funzionalità epatica: Bilirubina sierica.

• Alterazioni funzionalità renale: Creatinina sierica (o output urinario). • Alterazioni funzionalità neurologica: Glasgow coma scale.

• Alterazioni funzionalità cardiovascolare: Ipotensione o necessità di vasopressori. In generale, maggiore è il numero di organi andati incontro a insufficienza, maggiore è la mortalità (in particolare il rischio maggiore è associato all’insufficienza respiratoria che necessiti di una ventilazione meccanica).

● Sindrome da risposta infiammatoria sistemica:

i criteri della sindrome da risposta infiammatoria sistemica (SIRS) non sono più utilizzati per identificare i pazienti con sepsi da quando molti esperti hanno considerato che questi criteri sono presenti in molti pazienti ospedalizzati che non sviluppano infezione e la loro capacità di predire la mortalità è minore se confrontati con altri score come il SOFA

3,11,12.

La SIRS è considerata una sindrome clinica caratterizzata da un’infiammazione disregolata. Era precedentemente definita in presenza di due o più anomalie nella temperatura corporea, frequenza cardiaca, frequenza respiratoria o conta leucocitaria 6.

La SIRS può verificarsi in una serie di gravi condizioni associate o meno a infezione. Condizioni non infettive classicamente associate alla SIRS includono patologie autoimmuni, pancreatite, vasculiti, tromboembolismo, ustioni o interventi chirurgici.

(14)

DIAGNOSI

Una limitazione delle definizioni di sepsi e shock settico è data dal fatto che esse non possono identificare i pazienti la cui disfunzione d’organo è veramente secondaria a un’infezione sottostante.

Pertanto per la diagnosi di sepsi e shock settico è tipicamente richiesta una costellazione di dati clinici, di laboratorio, radiologici, fisiologici e microbiologici.

La diagnosi è spesso fatta in maniera empirica al letto del paziente subito dopo la presentazione o in maniera retrospettiva quando arrivano i dati del follow-up (es. emocolture positive in un paziente con endocardite) o se è evidente una risposta agli antibiotici.

È importante considerare che l’identificazione di un organismo responsabile, sebbene sia da preferire, non è sempre possibile, in quanto in molti pazienti non è mai identificato alcun organismo. Questo in qualche paziente può essere dovuto al fatto di essere stati parzialmente trattati con antibiotici prima dell’ottenimento delle emocolture.

PROGNOSI

La sepsi ha un elevato tasso di mortalità che sembra essere in diminuzione. Le stime variano dal 10 al 52 per cento con tassi che aumentano linearmente in base alla gravità della malattia. Dopo la dimissione dall'ospedale, la sepsi porta ad un aumento del rischio di morte e di ulteriori sepsi e ricoveri ospedalieri ricorrenti.

I fattori prognosi sfavorevoli includono l'assenza di febbre 13, la leucopenia 14, l’età> 40 anni 15, certe comorbidità (ad es. AIDS 16, insufficienza epatica, cirrosi 17, cancro 18, dipendenza dall'alcol 17, immunosoppressione 19), una fonte di infezione non

urinaria 20, una fonte nosocomiale di infezione e una copertura antibiotica

(15)

VALUTAZIONE E GESTIONE IMMEDIATE

1. Gestione delle vie aeree

Le priorità nella gestione di pazienti con sepsi e shock settico sono la protezione delle vie aeree (se indicato), la correzione dell’ipossiemia e il posizionamento di un accesso venoso (due se il paziente è in shock) per la somministrazione precoce di fluidi e antibiotici 7,22.

A tutti i pazienti settici dovrebbe essere fornito ossigeno supplementare e monitorata continuamente l’ossigenazione tramite pulsossimetria. Possono essere richieste intubazione e ventilazione meccanica per sostenere l'aumento del lavoro respiratorio che accompagna tipicamente la sepsi, o per la protezione delle vie respiratorie dal momento che la sepsi è frequentemente complicata da encefalopatia e da un livello ridotto di coscienza 23,24.

2. Posizionamento di un accesso venoso

In pazienti con sospetta sepsi dovrebbe essere posizionato al più presto possibile un accesso venoso. In alcuni pazienti può essere sufficiente un accesso venoso periferico, in particolare per la rianimazione iniziale, mentre la maggioranza richiede successivamente il posizionamento di un accesso venoso centrale. Tuttavia, l'inserimento di una linea centrale non dovrebbe ritardare la somministrazione di fluidi per la rianimazione emodinamica e di antibiotici. Un catetere venoso centrale (CVC) può essere utilizzato per infondere fluidi per via endovenosa, farmaci (in particolare vasopressori) e emoderivati e per i prelievi ematici per i frequenti esami di laboratorio. Inoltre un CVC può essere utilizzato per monitorare la risposta terapeutica misurando la pressione venosa centrale (CVP) e la saturazione di ossiemoglobina venosa centrale (ScvO2) ma evidenze da studi randomizzati suggeriscono che il valore di queste misure sia limitato 25-30.

3. Indagini iniziali

Una breve anamnesi ed esame obiettivo iniziali, così come esami di laboratorio, microbiologici e di imaging sono spesso effettuati simultaneamente durante il posizionamento dell’accesso venoso e la stabilizzazione delle vie respiratorie. Questa breve valutazione dà indizi sulla sospetta origine e sulle complicanze della sepsi, e, quindi, guida la terapia empirica e ulteriori test.

(16)

Valutazione di fonti comuni di sepsi

ORIGINE SOSPETTA SINTOMI/SEGNI VALUTAZIONE MICROBIOLOGICA

Apparato respiratorio superiore Infiammazione faringe più essudato ± gonfiore e linfadenopatia

Tampone oro-faringeo per colture aerobiche

Apparato respiratorio inferiore Tosse produttiva, dolore toracico pleurico, reperti auscultatori di consolidamento

Espettorato di buona qualità, test rapido influenza, test antigene urinario (es. pneumococco, legionella), colture quantitative del brushing protetto o del lavaggio broncoalveolare

Apparato urinario Febbre, urgenza minzionale, disuria, dolore lombo-sacrale

Microscopia urinaria che mostra piuria

Cateteri vascolari: arterioso, venoso centrale

Rossore o drenaggio nel punto d’inserzione

Emocolture (dal catetere e da sito periferico), coltura dell’estremità del catetere (se rimosso)

Drenaggio toracico permanente Rossore o drenaggio nel punto d’inserzione

Coltura del liquido pleurico (attraverso il catetere), coltura dell’estremità del catetere (se rimosso)

Ferita o ustione Infiammazione, edema, eritema, fuoriuscita di pus

Colorazione di gram e esame colturale dell’essudato, coltura dalla ferita non affidabile

Cute/tessuti molli Eritema, edema, linfangite Coltura del trasudato o dell’essudato; ruolo dell’aspirato tissutale non provato

Sistema nervoso centrale Segni d’irritazione meningea Analisi del fluido cerebrospinale: microscopica, proteine, glucosio, coltura, antigeni batterici

Gastrointestinale Dolore addominale, distensione, diarrea e vomito

Coprocoltura per Salmonella, Shigella, Campylobacter e Clostridium difficile

Intraddominale Sintomi / segni addominali specifici Colture aerobica e anaerobica di raccolte fluide addominali drenate per via percutanea o chirurgica

Catetere per dialisi peritoneale Fluido di dialisi peritoneale torbido, dolore addominale, febbre

Conta delle cellule e coltura del fluido di dialisi peritoneale

Apparato genitale Donne: dolore addominale basso, perdite vaginali

Uomini: disuria, pollachiuria, urgenza minzionale, incontinenza da urgenza, urine torbide, dolorabilità prostatica

Donne: tamponi vaginale alto ed endocervicale

Uomini: colorazione di Gram e urinocoltura

Articolazione Dolore, calore, riduzione della mobilità articolare

Artrocentesi con conta delle cellule, colorazione di Gram e coltura

(17)

È preferibile ottenere rapidamente (entro 45 minuti dalla presentazione) i seguenti esami, senza che questo debba ritardare la somministrazione di fluidi e antibiotici:

• Esame emocromocitometrico completo con formula leucocitaria, indagini chimiche, test di funzionalità epatica e studi della coagulazione incluso il D-dimero. I risultati di questi studi possono supportare la diagnosi di sepsi, indicarne la gravità e fornire la base per seguire la risposta terapeutica.

• Lattato sierico: un lattato sierico elevato (ad esempio >2 mmol/L o superiore al limite maggiore della norma del laboratorio) può indicare la gravità della sepsi e viene usato per seguire la risposta terapeutica 7,22,31-33.

• Emogasanalisi arteriosa (ABG): può rivelare acidosi, ipossiemia o ipercapnia. • Emocolture da sangue periferico (colture aerobiche e anaerobiche da almeno

due diversi siti), analisi delle urine e colture microbiologiche (ad esempio, espettorato, urina, cateteri intravascolari, ferita o sito chirurgico, fluidi corporei) da siti facilmente accessibili. Per i pazienti con catetere vascolare, il sangue deve essere ottenuto sia dal catetere che dai siti periferici.

• Imaging mirato sul sito sospetto di infezione (ad esempio, radiografia del torace, tomografia computerizzata di torace e/o addome).

• Procalcitonina: il suo utilizzo è diventato sempre più diffuso. Il suo valore nella diagnosi e nella de-escalation della terapia antibiotica è controverso e mal supportato dalle evidenze.

INIZIALE TERAPIA RIANIMATORIA

I cardini della rianimazione iniziale sono il ripristino rapido della perfusione e la somministrazione precoce di antibiotici.

• La perfusione tissutale è ottenuta prevalentemente dalla somministrazione aggressiva di liquidi per via endovenosa (IVF), di solito cristalloidi (cristalloidi bilanciati o soluzione fisiologica) a una velocità di 30 mL/kg (effettivo peso corporeo) entro le prime tre ore seguenti la presentazione.

• La terapia antibiotica empirica deve essere mirata sul/i microrganismo/i sospetto/i e sul/i sito/i di infezione e preferibilmente somministrata entro la

prima ora. 


(18)

approccio basato su protocollo (vale a dire, la “early goal-directed therapy - EGDT) per trattare la sepsi 25-30.

In questi protocolli erano generalmente inclusi la somministrazione precoce di fluidi e antibiotici (da una a sei ore) utilizzando i seguenti obiettivi per misurare la risposta: saturazione di ossiemoglobina centrale venosa (ScvO2) ≥70 per cento, pressione venosa centrale (CVP) compresa tra 8 e 12 mmHg, pressione arteriosa media (MAP) ≥65 mmHg e diuresi ≥0.5 ml/kg/ora.

Anche se nessuno studio 26-28 (ad eccezione di uno 25) ha mostrato un beneficio sulla mortalità da parte dell’EGDT, si pensa che la mancanza di beneficio sia spiegata da un risultato complessivo migliore in entrambi i gruppi di controllo e di trattamento e dal miglioramento delle prestazioni cliniche da parte dei medici formati in centri accademici in un'epoca successiva a una formazione aggressiva sulla sepsi e a una campagna di gestione.

Un sostegno a questa ipotesi è dato dal fatto che nei gruppi di controllo era comune il posizionamento di una linea centrale (> 50 per cento) per cui è probabile che CVP e ScvO2 siano stati utilizzati come obiettivi in questi pazienti.

Inoltre, il tasso di mortalità negli studi che non hanno segnalato un beneficio da parte dell’EGDT 26-28 era simile a quella del braccio di trattamento nell'unico studio che ha segnalato beneficio 25.

Un unico studio randomizzato su 263 pazienti con sospetta sepsi ha riportato una minore mortalità nei pazienti in cui per guidare la terapia sono stati utilizzati ScvO2, CVP, MAP, e diuresi rispetto a quelli nei quali sono stati utilizzati solo CVP, MAP, e la produzione di urina (31 contro 47 per cento) 25. Entrambi i gruppi hanno iniziato la terapia, tra cui antibiotici, entro sei ore dalla presentazione. C'era una forte enfasi sull'uso di trasfusioni di globuli rossi (per un ematocrito> 30) e di dobutamina per raggiungere lo ScvO2 obiettivo in questo studio.

1. Fluidi per via endovenosa (prime tre ore)

Nei pazienti con sepsi, l’ipovolemia intravascolare è tipica e può essere grave, richiedendo una rapida reintegrazione dei liquidi.

A. Volume

– Come terapia iniziale per sepsi grave e shock settico è indicata una

(19)

evidenti di edema polmonare significativo.

Questo approccio si basa su diversi studi randomizzati che non hanno riportato alcuna differenza in termini di mortalità confrontando la somministrazione nelle prime tre ore di volumi medi di infusione, compresi tra 2 e 3 litri 26-28 paragonati a volumi maggiori, compresi tra tre e cinque litri, considerati la terapia standard al momento 25. Tuttavia, alcuni pazienti possono richiedere volumi superiore ai raccomandati, in particolare quelli che dimostrano indicatori clinici e/o emodinamici di assenza di risposta ai fluidi.

I fluidi devono essere somministrati in boli ben definiti (ad esempio 500 mL) e rapidamente infusi. Prima e dopo ogni bolo devono essere valutati la risposta clinica ed emodinamica e la presenza o assenza di edema polmonare.

La somministrazione di fluidi endovenosi può essere ripetuta finché la pressione arteriosa e la perfusione tissutale non sono accettabili, non compare edema polmonare o il fluido non riesce ad aumentare la perfusione.

B. Scelta del fluido

- Evidenze da trial randomizzati e meta-analisi non hanno

trovato alcuna differenza convincente tra l'utilizzo di soluzioni di albumina e soluzioni cristalloidi (ad esempio, soluzione fisiologica, Ringer lattato) nel trattamento della sepsi o dello shock settico 34-41.

Nella pratica, è generalmente utilizzata una soluzione cristalloide invece di una soluzione di albumina a causa della mancanza di chiari benefici e dei maggiori costi dell’albumina. Tuttavia, alcuni esperti somministrano albumina come fluido additivo o di mantenimento in caso di necessità percepita di evitare o trattare l'ipercloremia che si verifica quando vengono somministrati grandi volumi di cristalloidi, anche se i dati a supporto di questa pratica sono deboli.

Per quanto riguarda il confronto Cristalloidi - Albumina: tra i pazienti con sepsi, diversi studi e meta-analisi randomizzati non hanno riportato alcuna differenza nella mortalità quando l'albumina è stata confrontata con i cristalloidi, anche se una meta-analisi ha suggerito un beneficio nei pazienti con shock settico 35,40,41. Nel trial Saline versus Albumine Fluid Evaluation (SAFE) effettuato nei pazienti critici, non vi era alcun beneficio nell’utilizzo di albumina rispetto alla soluzione salina, anche nel sottogruppo con sepsi grave, che comprendeva il 18 per cento del gruppo totale 34. Tra i cristalloidi, non ci sono linee guida per suggerire che una forma sia più vantaggiosa rispetto agli altri.


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2. Terapia antibiotica empirica (prima ora)

L’identificazione tempestiva e il trattamento del/i sito/i di infezione rappresentano l'intervento terapeutico primario, mentre la maggior parte degli altri interventi sono puramente di supporto.

A. Identificazione di sospetta origine

– Gli antibiotici empirici dovrebbero

essere mirati alla/e fonte/i sospetta/e di infezione tipicamente identificata/e dalla breve anamnesi iniziale e dai preliminari esami di laboratorio e di imaging. Tuttavia, possono essere richiesti test diagnostici aggiuntivi o interventi per identificare il/i sito/i anatomico/i di infezione.

B. Timing

- Dosi ottimali di appropriata terapia antibiotica endovenosa dovrebbero

essere somministrate entro un'ora dalla presentazione, preferibilmente dopo il prelievo per le emoculture.

Anche se l’attuabilità dell’obiettivo di un un'ora non è stata valutata, il razionale per questa scelta si basa su diversi studi osservazionali che riportano una prognosi peggiore in seguito a ritardo (anche di oltre un'ora), a un dosaggio non adeguato, o alla non appropriatezza (ad esempio, il trattamento con antibiotici verso cui il patogeno è stato successivamente dimostrato essere resistente in vitro) della terapia antimicrobica 42-51.

C. Scelta del regime terapeutico

- La scelta degli antimicrobici può essere

complessa e dovrebbe prendere in considerazione la storia del paziente (ad esempio, recenti antibiotici ricevuti, organismi precedenti), comorbidità (per esempio il diabete, insufficienze d’organo), difetti immunitari (ad esempio, virus da immunodeficienza acquisita), contesto clinico (ad esempio, acquisita in comunità o nosocomiale), sospetto sito di infezione, presenza di dispositivi invasivi, dati della colorazione di Gram, e pattern di prevalenza e resistenza locali 52-54.

Per la maggior parte dei pazienti con sepsi, in assenza shock, si consiglia una

terapia empirica ad ampio spettro con uno o più antimicrobici per coprire tutti gli

agenti patogeni probabili. La copertura dovrebbe essere diretta contro batteri sia gram-positivi che gram negativi e, se indicato, contro funghi (ad esempio Candida) e raramente virus (es, influenza).

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Un antibiotico ad ampio spettro è definito come un agente terapeutico con attività sufficiente a coprire una gamma di batteri gram negativi e positivi (es. carbapenem, piperacillina-tazobactam).

Molti pazienti con shock settico dovrebbero ricevere una terapia di associazione con almeno due antimicrobici di classi differenti in funzione degli organismi considerati come probabili patogeni e della suscettibilità locale agli antibiotici. La terapia di associazione è definita come la somministrazione di più antibiotici per coprire un patogeno noto o sospetto con più di un agente a cui ci si aspetta il microrganismo sia sensibile, con l’obiettivo di accelerare la sua eliminazione 7.

Tra i più comuni microrganismi isolati nei pazienti settici troviamo Escherichia coli, Staphylococcus aureus, Klebsiella pneumoniae, Streptococcus pneumoniae: quando si sceglie un agente antimicrobico bisogna quindi considerare la copertura di questi organismi 55.

Tuttavia, quando l'organismo è sconosciuto, il medico deve essere consapevole di altri potenziali agenti patogeni in presenza di fattori di rischio.

D. Dosaggio

- I medici dovrebbero prestare attenzione a massimizzare la dose nei

pazienti con sepsi e shock settico utilizzando una dose piena "high-end" di carico, dove possibile. Questa strategia si basa sul noto aumento di volume di distribuzione che può verificarsi nei pazienti con sepsi in seguito alla somministrazione di fluidi 56-58 e sull'aumento dei tassi di successo clinico riportati nei pazienti con elevate concentrazioni massime di antimicrobici 59-61. Rimane in fase di sperimentazione un confronto tra l’utilizzo d’infusioni continue di antibiotici rispetto a un regime di dosaggio intermittente 62.

MONITORAGGIO DELLA RISPOSTA

In seguito alla somministrazione dei fluidi e della terapia antibiotica empirica, dovrebbe essere valutata frequentemente la risposta terapeutica attraverso parametri clinici, emodinamici e di laboratorio. La risposta influenza principalmente la somministrazione ulteriore di fluidi, ma può anche interessare la terapia antimicrobica e il controllo della fonte infettiva.

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1. Monitoraggio dei cateteri

In molti pazienti vengono posizionati un catetere venoso centrale (CVC) e un catetere arterioso, anche se non sono sempre necessari. Per esempio, può essere inserito un catetere arterioso se la pressione sanguigna è labile, se le misurazioni con sfigmomanometro sono inaffidabili, se ci si aspetta che il ripristino della perfusione sia protratto (specialmente quando sono somministrati vasopressori), o se per seguire la risposta emodinamica è stato scelto di utilizzare misure dinamiche di risposta ai fluidi. Un CVC può essere posizionato se è prevista un’infusione di grandi volumi di fluidi o vasopressori, se l’accesso periferico è di scarsa qualità, o se come metodi di controllo della risposta emodinamica sono state scelte la pressione venosa centrale (CVP) o la saturazione di ossiemoglobina venosa centrale (ScvO2). I cateteri arteriosi polmonari (PAC) non dovrebbero essere utilizzati di routine per la gestione dei pazienti con sepsi o shock settico dal momento che non hanno dimostrato migliorare l'esito 63-65. I PAC possono misurare la pressione di occlusione dell’arteria polmonare (PAOP) e la saturazione di ossiemoglobina venosa mista (SVO2). Tuttavia, il PAOP è stato dimostrato essere uno scarso fattore predittivo di risposta ai fluidi nella sepsi e la SvO2 è simile al ScvO2, che può essere ottenuta da un CVC 66,67.

2. Monitoraggio clinico

Tutti i pazienti devono essere seguiti clinicamente per valutare il miglioramento della pressione arteriosa media (MAP), della diuresi, della frequenza cardiaca, della frequenza respiratoria, della temperatura, della pulsossimetria e dello stato mentale. Tra questi, un MAP ≥65 mmHg (MAP = [(2 x diastolica) + sistolica]/3) e una diuresi ≥0.5 mL/kg all'ora sono obiettivi utilizzati comunemente nella pratica clinica. Essi non sono stati confrontati tra di loro né sono stati dimostrati essere superiori a qualsiasi altro obiettivo o alla valutazione clinica.

Il target ideale per la MAP è sconosciuto. Uno studio che ha randomizzato i pazienti a una MAP obiettivo da 65 a 70 mmHg (basso MAP target) o da 80 a 85 mmHg (alto MAP target) non ha riportato alcun beneficio sulla mortalità a puntare a una MAP superiore 68,69.

I pazienti con una MAP più alta avevano una maggiore incidenza di fibrillazione atriale (7 contro 3 per cento), suggerendo che il target di una MAP >80 mmHg è

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potenzialmente dannoso. Un altro studio pilota randomizzato che ha confrontato un minore obiettivo di MAP (60-65 mmHg) ad uno maggiore (75-80 mmHg) ha riportato che tra i pazienti di età superiore ai 75 anni, un target superiore è stato associato ad una maggiore mortalità ospedaliera (60 versus 13 percento) 69. Un'analisi dei dati di entrambi gli studi ha riportato che mirare a una MAP più elevata non ha avuto alcun effetto sulla mortalità ma è stato associato ad un maggior rischio di aritmie cardiache sopraventricolari 70.

L’ecocardiografia negli ultimi anni è diventata disponibile a letto del paziente e consente una valutazione più dettagliata delle cause dei problemi emodinamici.

3. Monitoraggio emodinamico

Al fine di monitorare lo stato emodinamico, dovrebbero essere impiegati fattori predittivi statici o dinamici di risposta ai fluidi.

● Misure statiche:

tradizionalmente, in aggiunta alla MAP, le seguenti misure statiche prese dal CVC sono state utilizzate per determinare un'adeguata gestione dei fluidi:

• CVP obiettivo da 8 a12 mmHg.

• ScvO2 ≥70 per cento (≥65 per cento se il campione viene prelevato da un PAC).

Mentre un primo studio su pazienti con shock settico ha riportato un beneficio sulla mortalità con l’utilizzo di questi parametri all’interno di una terapia basata su protocollo (l’EGDT), studi pubblicati da allora (ProCESS, ARISE, ProMISe) non hanno riportato un risultato analogo 25-28. Ad oggi la terapia quindi non più guidata da

protocollo EGDT; comunque, dato che non è stato associato alcun danno con queste strategie d’intervento, l’utilizzo di questi target emodinamici è ancora sicuro e può essere utilizzato.

● Misure dinamiche:

le linee guida stabiliscono una preferenza per misure dinamiche 7 in quanto sono più accurate delle misure statiche (ad esempio, CVP) nel predire la risposta ai fluidi. Tuttavia rimane non dimostrato se il loro impiego abbia migliorato parametri clinicamente significativi come la mortalità.

Queste tecniche comprendono il sollevamento passivo degli arti inferiori, la misurazione della gittata sistolica in risposta al test di riempimento (fluid challenge) o delle variazioni in pressione sistolica, pressione di pulsazione o gittata sistolica in

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risposta ai cambiamenti della pressione intratoracica indotti dalla ventilazione meccanica 7.

Ad esempio in alcuni pazienti, un aumento della portata cardiaca in risposta alla manovra di sollevamento passivo degli arti inferiori può prevedere la risposta alla somministrazione di fluidi 71.

Anche se mancano i dati relativi all'utilizzo di monitor di valutazione della funzionalità cardiaca nel dipartimento di emergenza, la loro applicabilità in tutte le situazioni e la disponibilità dei dispositivi possono influenzare l'uso di routine di indici dinamici 7.

4. Monitoraggio degli esami di laboratorio

● Clearance dei lattati:

sebbene la frequenza ottimale di controllo sia sconosciuta, nei pazienti con sepsi è utile la valutazione del lattato sierico (ad esempio, ogni sei ore) finché il valore non sia chiaramente diminuito. Nonostante le linee guida promuovano la normalizzazione del lattato 7, la rianimazione guidata solo dal lattato non è stata convincentemente associata a un miglioramento dei risultati. La clearance del lattato è definita dall'equazione [(lattato iniziale – lattato a 2 ore successive)/lattato iniziale] x 100. La clearance del lattato e l'intervallo di variazione del lattato nelle prime 12 ore di rianimazione è stata valutata come un potenziale marcatore di rianimazione efficace 31,72-76.

Una meta-analisi di cinque studi di bassa qualità ha riferito che la rianimazione guidata dal lattato ha comportato una riduzione della mortalità rispetto alla rianimazione senza lattato 7. Altre meta-analisi hanno riportato un beneficio sulla mortalità modesto quando sono state utilizzate le strategie di clearance del lattato rispetto alla cura usuale o alla normalizzazione della ScvO2 75,76. Tuttavia, molti degli studi inclusi contengono popolazioni eterogenee e diverse definizioni di clearance del lattato nonché altre variabili che hanno potenzialmente influenzato il risultato.

● Emogasanalisi:

è prudente valutare l’evoluzione dei parametri dei gas ematici compreso il rapporto pressione parziale arteriosa di ossigeno/frazione inspirata di ossigeno nonché la severità e il tipo di acidosi (al fine di risolvere l’acidosi metabolica e evitare l’acidosi ipercloremica). Un peggioramento nello scambio dei gas può indicare l'edema polmonare da rianimazione con fluidi o altre complicanze, tra cui lo pneumotorace da posizionamento di catetere centrale, la sindrome da distress respiratorio acuto, o il tromboembolismo venoso.


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● Esami di laboratorio di routine:

è indicato il follow-up dei parametri di laboratorio, in particolare sono richiesti conta piastrinica, esami chimici del siero, e test di funzionalità epatica (ad esempio ogni sei ore) fino a quando i valori non abbiano raggiunto il normale o il basale. L’ipercloremia dovrebbe essere evitata, ma se rilevata, può essere indicato il passaggio a soluzioni a basso contenuto di cloro (cioè soluzioni buffer).

● Microbiologia:

è indicato anche il follow-up degli indici di infezione, tra cui emocromo e colture aggiuntive. I risultati possono suggerire una modifica nella scelta degli antibiotici e / o indagini dirette verso il controllo del focolaio.

IDENTIFICAZIONE DEL FOCOLAIO SETTICO E

CONTROLLO DELLA FONTE INFETTIVA

Un’anamnesi focalizzata, insieme all'esame obiettivo, costituiscono il metodo più prezioso per l’identificazione della fonte infettiva. A seguito delle indagini iniziali e della terapia antimicrobica empirica, in tutti i pazienti con sepsi dovrebbero essere eseguiti ulteriori sforzi volti a identificare e controllare la/e fonte/i di infezione. Inoltre, per coloro che non migliorano nonostante la terapia o coloro che non migliorano dopo aver inizialmente risposto alla terapia, ulteriori indagini finalizzate a valutare l’adeguatezza del regime antimicrobico o a identificare una super infezione nosocomiale dovrebbero essere considerate.


● Identificazione:

ulteriori indagini mirate all’identificazione della/e fonte/i sospetta/e devono essere prese in considerazione nei pazienti con sepsi, entro le prime 12 ore. Ciò può includere una diagnostica per immagini (ad esempio, la tomografia computerizzata, l’ecografia) e l'acquisizione di un campione (ad esempio, lavaggio broncoalveolare, aspirazione di raccolte fluide o articolari); questo può comportare rischi se è richiesto un intervento e il paziente rimane instabile. Se è sospettata un’infezione da Candida o Aspergillus, test sierologici per 1,3 betaDglucano, galattomannano e anticorpi antimannano, se disponibili, possono fornire una prova iniziale di queste infezioni fungine.

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● Controllo del focolaio infettivo:

il controllo della fonte infettiva (ad esempio, con misure fisiche per eradicare un focus di infezione ed eliminare o curare la proliferazione microbica e l’infezione) dovrebbe essere intrapreso, dal momento che i focolai infettivi non drenati possono non rispondere ai soli antibiotici. Ad esempio, gli accessi vascolari potenzialmente infetti devono essere rimossi (dopo che un altro accesso vascolare è stato posizionato). Altri esempi includono la rimozione di un altro dispositivo impiantabile/hardware, quando possibile, il drenaggio di un ascesso (compresi empiema toracico o articolare), nefrostomia percutanea, debridement o amputazione di tessuti molli, colectomia (ad esempio, per colite fulminante associata a Clostridium difficile), e colecistostomia.

La tempistica ottimale di controllo del focolaio infettivo è sconosciuta, ma le linee guida suggeriscono un tempo dalle 6 alle 12 ore dopo la diagnosi visto che la sopravvivenza è influenzata negativamente da un inadeguato controllo della fonte 7. Anche se la regola generale è che il controllo del focolaio dovrebbe avvenire appena possibile 77-79, questo non è sempre pratico o fattibile. Inoltre, la decisione dovrebbe prendere in considerazione il rischio dell’intervento e delle sue complicanze (ad esempio, la morte, la formazione di fistole) e la probabilità di successo, in particolare quando c'è incertezza diagnostica per quanto riguarda la fonte.

PAZIENTI CHE NON RISPONDONO ALLA

TERAPIA INIZIALE

I pazienti che presentano un’ipoperfusione persistente nonostante un'adeguata rianimazione con i fluidi e il trattamento antimicrobico, dovrebbero essere rivalutati per la risposta ai fluidi e l’adeguatezza del regime antimicrobico e del controllo del focolaio settico così come per l'accuratezza della diagnosi e la possibilità che si siano verificate complicanze impreviste o problemi coesistenti (ad esempio, pneumotorace in seguito all'inserimento del CVC). Altre opzioni da prendere in considerazione sono la somministrazione di vasopressori, di glucocorticoidi, la terapia inotropa e la trasfusione di emoderivati.

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1. Vasopressori

I vasopressori endovenosi sono utili nei pazienti che rimangono ipotesi nonostante un'adeguata rianimazione con i fluidi o che sviluppano edema polmonare cardiogeno. Sulla base di meta-analisi di piccoli studi randomizzati e studi osservazionali, nella pratica si è verificato un cambiamento di paradigma tale che la maggior parte degli esperti in questa popolazione come agente di prima scelta preferisce evitare la dopamina in favore della noradrenalina.

Principi vasoattivi utilizzati nello shock settico

Farmaco Effetto sulla frequenza cardiaca Effetto sulla contrattilità Effetti vasocostrittivi Dobutamina + +++ - (vasodilata) Dopamina ++ ++ ++ Adrenalina +++ +++ ++ Noradrenalina ++ ++ +++ Fenilefrina 0 0 +++

Anche se le linee guida suggeriscono agenti aggiuntivi, tra cui la vasopressina (fino a 0,03 unità/minuto per ridurre la dose di noradrenalina) o adrenalina (per l’ipotensione refrattaria), la pratica varia notevolmente. Le linee guida stabiliscono una preferenza per l'accesso venoso centrale e arterioso specialmente quando la somministrazione di vasopressori è prolungata o ad alte dosi, o se attraverso lo stesso catetere sono somministrati multipli vasopressori 7; anche se il posizionamento di un accesso venoso centrale o arterioso è ritenuto opportuno, la procedura non dovrebbe ritardare la somministrazione dell’agente e dovrebbero comunque essere presi in considerazione i rischi di posizionamento del catetere.

● Primo agente

: i dati che supportano la noradrenalina come singolo agente di prima linea nello shock settico sono derivati da numerosi studi che hanno comparato un vasopressore all'altro 80-86. Questi studi includono il confronto tra noradrenalina e

fenilefrina 87, tra noradrenalina e vasopressina 88-91, tra noradrenalina e terlipressina 92,93, tra noradrenalina e adrenalina 94, e tra vasopressina e terlipressina 95. Mentre

alcuni dei confronti non hanno trovato alcuna differenza convincente nella mortalità, nella durata della degenza in terapia intensiva o in ospedale, o nell'incidenza di

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insufficienza renale 91,96, due meta-analisi del 2012 hanno segnalato un aumento di mortalità tra i pazienti che hanno ricevuto la dopamina durante lo shock settico rispetto a quelli che hanno ricevuto la noradrenalina (dal 53 al 54 per cento contro dal 48 al 49 per cento) 83,97. Anche se le cause di morte nei due gruppi non sono state confrontate direttamente, entrambe le meta-analisi hanno identificato eventi aritmici circa due volte più frequenti utilizzando la dopamina rispetto alla noradrenalina.

Tuttavia, la scelta iniziale del vasopressore nei pazienti con sepsi è spesso individualizzata e determinata da altri fattori come la presenza di condizioni coesistenti che contribuiscono allo shock (ad esempio, insufficienza cardiaca), aritmie, ischemia d'organo, o la disponibilità dell’agente. Ad esempio, nei pazienti con tachicardia significativa (come fibrillazione atriale tachifrequente, tachicardia sinusale >160/minuto), possono essere preferiti agenti che mancano completamente di effetti beta adrenergici (es. vasopressina) se si ritiene che il peggioramento della tachicardia possa portare ad un ulteriore scompenso. Analogamente, la dopamina (DA) può essere accettabile nei pazienti con bradicardia significativa; ma a basso dosaggio la DA non deve essere utilizzata ai fini della “protezione renale”.

L'impatto della disponibilità dell’agente è stata evidenziata da uno studio di quasi 28.000 pazienti in 26 ospedali, che ha riferito che durante i periodi di carenza di noradrenalina, la fenilefrina è stato l'agente alternativo più frequentemente scelto dagli intensivisti (l’uso è passato globalmente dal 36 al 54 per cento) 98. Nello stesso periodo, il tasso di mortalità da shock settico è salito dal 36 al 40 per cento. Se questo fatto sia direttamente correlata all'uso di fenilefrina rimane sconosciuto.

● Agenti supplementari:

può essere richiesta l'aggiunta di un secondo o terzo agente alla noradrenalina (ad esempio, adrenalina o vasopressina) con pochi dati a supportare la scelta. Nei pazienti con shock settico refrattario associato ad una bassa gittata cardiaca, può essere aggiunto un agente inotropo. In una serie retrospettiva di 234 pazienti con shock settico, tra i diversi agenti vasopressori aggiunti a noradrenalina (dobutamina, dopamina, fenilefrina, vasopressina), il supporto inotropo con dobutamina è stato associato ad un vantaggio di sopravvivenza (l’adrenalina non è stata studiata) 99.

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2. Terapie aggiuntive

La maggior parte dei medici concorda sul fatto che le terapie aggiuntive come glucocorticoidi, farmaci inotropi, o la trasfusione di globuli rossi (RBC) non siano da somministrare ordinariamente in coloro che si presentano con sepsi o shock settico, ma possano essere riservate ai casi refrattari o a circostanze particolari.

● Glucocorticoidi:

le linee guida non raccomandano l'uso routinario di glucocorticoidi nei pazienti settici. Tuttavia la terapia con corticosteroidi è appropriata nei pazienti con shock settico resistente ad un'adeguata rianimazione con i fluidi e alla somministrazione di vasopressori.

● Inotropi:

un tentativo di terapia inotropa può essere effettuato nei pazienti che non rispondono a fluidi e vasopressori adeguati, in particolare in quelli che presentano anche una gittata cardiaca ridotta 25,100-102. La terapia inotropica non deve

essere utilizzata per aumentare l'indice cardiaco ai livelli sopranormali 103. La dobutamina è l’agente di prima scelta, l’adrenalina rappresenta una valida alternativa.

● Trasfusione di globuli rossi:

sulla base dell'esperienza clinica, di studi randomizzati, e delle linee guida per la trasfusione di prodotti ematici nei pazienti critici, di solito la trasfusione di globuli rossi è riservata per i pazienti con un livello di emoglobina ≤7 g/dl. Le eccezioni includono il sospetto di shock emorragico concomitante, l’ischemia miocardica attiva o la severa ipossiemia.

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OBIETTIVI DELLA TESI

Il

primo obiettivo

della presente tesi è rappresentato dalla descrizione della gestione di sepsi e shock settico nell’U.O. Medicina d’Urgenza e Pronto Soccorso dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana secondo le linee guida della Surviving Sepsis Campaign uscite nel 2016.

In particolare è stata posta particolare attenzione ai bundle indicati dall’Associazione:

DA COMPLETARE ENTRO 3 ORE: 1) Misurazione dei livelli di lattato.

2) Prelievo per emocolture prima della somministrazione di antibiotici. 3) Somministrazione di antibiotici ad ampio spettro.

4) Somministrazione di 30 ml/kg di cristalloidi in caso di ipotensione o di livello di lattato ≥4mmol/L.

Il “tempo di presentazione” è il momento del triage nel dipartimento d’emergenza come da dichiarazione della Surviving Sepsis Campaign.

DA COMPLETARE ENTRO 6 ORE:

5) Somministrazione di vasopressori (in caso di ipotensione che non risponde alla rianimazione iniziale con fluidi) per mantenere una pressione arteriosa media (MAP) ≥65 mmHg.

6) In caso di ipotensione persistente dopo l’iniziale somministrazione di fluidi (MAP <65 mmHg) o di livelli iniziali di lattato ≥4 mmol/L, rivalutazione del riempimento volumetrico e della perfusione tissutale attraverso:

• Valutazione dei segni vitali/cardiopolmonari, del riempimento capillare, del polso e della cute.

Oppure

Due dei seguenti parametri: • CVP.

• ScvO2.

• Ecografia cardiovascolare a letto del paziente.

• Valutazione dinamica di risposta ai fluidi con la manovra di sollevamento passivo degli arti inferiori.

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Il

secondo obiettivo

è rappresentato dall’analisi delle variabili che possono aver portato a differenze nella gestione dei pazienti, con particolare attenzione alle differenze nei tempi di inizio per la somministrazione di fluidi (cut-off di 1 ora) e antibiotici (cut-off di 3 ore).

Il

terzo obiettivo

è rappresentato dall’analisi delle variabili che possono aver portato a differenze di outcome:

- Progressione a shock. - Decesso.

MATERIALI E METODI

1. SELEZIONE DEL CAMPIONE DI POPOLAZIONE

Nel presente studio sono stati inclusi pazienti adulti (età superiore a 18 anni) ricoverati presso la UO Medicina d’Urgenza Ospedaliera provenienti dal Pronto Soccorso dell’AOUP con diagnosi codificata di sepsi/sepsi severa/shock settico nel periodo tra settembre 2016 e agosto 2017 inclusi.

Dal sistema informatico utilizzato per la gestione delle cartelle cliniche in Pronto Soccorso, FirstAID®, sono stati estrapolati la data e ora d’ingresso del paziente, la priorità assegnata al triage, i dati clinico-anamnestici, le prestazioni ed esami di laboratorio erogati, le terapie prescritte con data e ora di somministrazione e la diagnosi finale.

Come variabile di affollamento del Pronto Soccorso è stato scelto di utilizzare il numero di accessi nella fascia oraria di 4 ore in cui si è arrivato il paziente. Questo numero è stato estrapolato utilizzando il programma First AID STAT®.

La successiva evoluzione clinica nel Reparto di Medicina d’Urgenza è stata valutata attraverso la visione delle cartelle cliniche archiviate.

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2. CREAZIONE DEL DATABASE

Una volta selezionati i pazienti è stato creato un Database con l’utilizzo di un foglio di calcolo elettronico (Microsoft Excel®) dove per ciascun paziente sono state inserite le variabili prese in considerazione nello studio:

Valutazione “crowding”:

• Fascia oraria di arrivo del paziente: 0-4, 4-8, 8-12, 12-16, 16-20, 20-24. • Numero di accessi nella sua fascia oraria.

Valutazione anamnesi del paziente:

• Già in terapia antibiotica al momento dell’accesso.

• Sito presunto di infezione, valutato in base ai dati clinico-anamnestici e/o segnalato nella diagnosi di accoglimento in reparto, altrimenti indicato come sconosciuto. Le diverse opzioni utilizzate sono:

- Sito sconosciuto.

- Focolaio genito-urinario.

- Focolaio respiratorio o polmonare.

- Focolaio intraddominale o gastrointestinale. - Focolaio all’interno dei tessuti molli.

- Altro focolaio.

- Focolai infettivi multipli. • Paziente residente in RSA. • Sesso.

• Età.

• Deterioramento cognitivo: indicato in caso di demenza o malattia cerebrovascolare all’anamnesi patologica remota.

• Charlson Comorbidity Index, punteggio calcolato in base all’età del paziente e al numero e gravità di patologie croniche di cui è affetto: questo score correla con il rischio di mortalità associata alle comorbidità 104.

Le patologie prese in considerazione dal Charlson C.I. sono: diabete mellito (con e senza danno d’organo), malattia epatica (lieve e moderata/severa), neoplasia solida (localizzata e metastatica), AIDS, insufficienza renale cronica, scompenso cardiaco congestizio, infarto miocardico, BPCO, malattia

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vascolare periferica, TIA o ictus, demenza, emiplegia, connettivite, leucemia, linfoma e ulcera peptica.

Valutazione iniziale: esame obiettivo e test al point-of-care.

• Priorità assegnata al triage.

• Temperatura corporea: categorizzata come: - Non determinata.

- Assenza di febbre: TC <37,2°C. - Febbre moderata: TC 37,2 - 38,1°C. - Febbre elevata: TC >38,1°C.

• qSOFA score: se uno dei parametri che lo compongono non era indicato nella cartella clinica di pronto soccorso è stato valutato come negativo.

• Prima misurazione disponibile del valore di lattato: categorizzata come - Lattato non determinato.

- Lattato <2 mmol/L. - Lattato 2-4 mmol/L. - Lattato >4 mmol/L.

• Prima misurazione disponibile del valore di pressione arteriosa media, categorizzata come:

- Pressione arteriosa non determinata - Paziente ipoteso (MAP <65 mmHg). - Paziente normoteso (MAP >65 mmHg).

Esami di laboratorio

• Leucociti. • PCR. • PCT.

Gestione iniziale in Pronto Soccorso e in Medicina d’Urgenza Ospedaliera

• Fluido-terapia. È stato indicato l’intervallo di tempo (calcolato dall’ingresso del paziente in Pronto Soccorso) necessario all’inizio della somministrazione. In particolare è stata classificata come:

- Iniziata in PS entro 1 ora. - Iniziata in PS dopo 1 ora.

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- Iniziata in MUO. - Non iniziata.

• Antibiotico-terapia. È stato indicato l’intervallo di tempo (calcolato dall’ingresso del paziente in Pronto Soccorso) necessario all’inizio della somministrazione. In particolare è stata classificata come:

- Iniziata in PS entro 3 ore. - Iniziata in PS dopo 3 ore. - Inizia in MUO.

- Non iniziata. • Prelievo per emocolture:

- Non effettuato. - Effettuato in PS. - Effettuato in MUO.

Valutazione della risposta alla terapia iniziale

• Rivalutazione pressione arteriosa media:

- Dove è stata effettuata la rivalutazione: in PS o in MUO. - Come è risultato il paziente: ipoteso se MAP < 65 mmHg. • Rivalutazione livelli di lattato:

- Se e dove è stata effettuata la rivalutazione: in PS o in MUO.

- Lattato risultato < 2 mmol/L, compreso tra 2 e 4 mmol/L, > 4 mmol/L.

Utilizzo di un vasopressore

In particolare è stato considerato se e dove iniziato, in PS o in MUO.

Esito

• Tempo di permanenza in PS.

• Grado di disfunzione d’organo raggiunto in PS valutato tramite il SOFA score. • Durata del ricovero in Medicina d’Urgenza Ospedaliera dell’AOUP.

• Shock: considerato in caso di necessità di vasopressori per mantenere una pressione arteriosa media (MAP) ≥65 mmHg o in caso di mancata risposta alla terapia rianimatoria iniziale (pazienti rimasti ipotesi (MAP <65mmHg) e con livelli di lattato >2 mmol/L).

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3. ANALISI STATISTICA

Tutti i dati sono stati raccolti in un database Excel per la successiva elaborazione statistica con il software SPSS (Statistical Package for the Social Science, ventitreesima versione, SPSS Inc, IBM®, Chicago, Illinois) per Mac.

Le variabili quantitative sono state sintetizzate utilizzando media ± SD o mediana e range interquartile, dopo aver verificato la normalità o meno delle distribuzioni dei dati.

Le variabili quantitative sono state confrontate utilizzando il test di Mann-Whitney o, quando appropriato, il test T per 2 gruppi non appaiati. Il test del “chi quadrato” è stato invece usato per le variabili qualitative. Sono stati infine utilizzati modelli di regressione logistica.

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RISULTATI

1.

ANALISI DELLA GESTIONE

La popolazione risulta essere costituita da 60 pazienti: il 40% femmine e il 60% maschi.

L’età media complessiva si attesta intorno ai 74 anni (SD ±14), distribuiti nel modo seguente:

SITUAZIONE PS ALL’ARRIVO DEI PAZIENTI

Il numero di persone che ha effettuato l’accesso in PS nella fascia di 4 ore in cui è arrivato il paziente è stato in media di 51 (SD ±19), distribuiti nel modo seguente:

0 5 10 15 20 25 40 45 50 55 60 65 70 75 80 85 90 95 100 Frequenza relativa (in percentuale) 0 1 2 3 4 5 6 7 8 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 55 60 65 70 75 80 Frequenza relativa (in percentuale)

(37)

ANAMNESI

Utilizzando i parametri indicati nel Charlson Comorbidity Index (in media pari a 6,2 SD±2,5 nella popolazione in esame), le comorbidità risultano distribuite nel modo seguente:

Se analizziamo gli aspetti maggiormente legati all’infezione, la distribuzione del probabile focolaio infettivo è la seguente:

Il 25% dei pazienti aveva assunto antibiotici nei giorni precedenti.

AIDS 0% Metastasi 4% Epatopatia moderata o grave 2% Linfoma 5% Leucemia 2% Tumore non metastatico 14% Diabete con danno d'organo 2% Malattia renale moderata o grave 8% Emiplegia 2% Epatopatie lievi 3% Diabete senza danno d'organo 9% Ulcera 2% Malattia del tessuto connettivo 4% Malattia polmonare cronica 6% Malattia cerebrovascolare 6% Demenza 8% Malattia vascolare periferica 9% Insufficienza cardiaca congestizia 7% Infarto del miocardio 8% Sconosciuto 20% Genitourinario 27% Respiratorio 27% Intraddominale o gastrointestinale 15% Tessuti molli 1% Altro 3% Multipli siti 7%

(38)

Per quanto riguarda gli altri parametri anamnestici, dalla statistica dell’intero campione di popolazione possiamo notare come il 28% avesse un deterioramento cognitivo (malattia cerebrovascolare o demenza) e il 12% fosse residente in RSA.

VALUTAZIONE INIZIALE DEL PAZIENTE

Priorità assegnata al triage

• Priorità 1 (codice rosso): 41,7 %. • Priorità 2 (codice giallo): 41,7 %. • Priorità 3 (codice verde): 15 %. • Priorità 4 (codice azzurro): 1,6 %.

qSOFA score

• 0: 33,3%. • 1: 38,4%. • 2: 25,0%. • 3: 3,3%.

Parametri obiettivi

Di seguito al parametro sono presenti i grafici con le frequenze relative, in percentuale, dei valori:

• Temperatura corporea: in media pari a 37,6°C (SD±1,2).

0 5 10 15 20 25 35 35,5 36 36,5 37 37,5 38 38,5 39 39,5 40 0 1 2 3

(39)

• Pressione arteriosa media: in media pari a 79,1 mmHg (SD±18,7). Il 23,3% dei pazienti si presentava già con una pressione inferiore a 65 mmHg.

• Lattato sierico iniziale: mediana pari a 2,1 mmol/L (IQR 2,6).

Esami di laboratorio:

• Leucociti: mediana pari a 11 10^3/µL (IQR 11).

• Proteina C reattiva - PCR: in media pari a 15,6 mg/dl (SD±11,6). • Procalcitonina - PCT: mediana pari a 2,6 ng/ml (IQR 14).

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 45 50 55 60 65 70 75 80 85 90 95 100 105 110 115 0 10 20 30 40 50 60 0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20

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