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Il processo di gestione del rischio nei Piani Triennali per la Prevenzione della Corruzione: il caso del Comune di Massa

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA

Dipartimento di Economia e Management

Corso di Laurea Magistrale in Strategia, Management e Controllo

TESI DI LAUREA

Il processo di gestione del rischio nei Piani Triennali per la

Prevenzione della Corruzione: il caso del Comune di Massa

Relatore: Professor Vincenzo Zarone

Candidato: Lapo Esposito

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INDICE

INTRODUZIONE... 4

CAPITOLO PRIMO: La prevenzione della corruzione come attività specifica nella legge n. 190 del 2012... 6

1.1 La diffusione del fenomeno corruttivo in Italia... 6

1.2 La Strategia intrapresa nell'ambito internazionale contro la corruzione... 10

1.3 La Legge del 6 novembre 2012, n. 190: aspetti introduttivi... 13

1.3.1 Criticità della norma... 15

1.3.2 Novità introdotte dalla norma... 16

1.4 L'organizzazione amministrativa nella prevenzione della corruzione... 18 1.4.1 Amministrazione organizzativa a livello nazionale... 19

1.4.1.1 La Civit poi divenuta Anac... 19

1.4.1.2 Il Piano Nazionale Anticorruzione... 22

1.4.2 Amministrazione organizzativa a livello decentrato... 24

1.4.2.1 Il Responsabile della prevenzione della corruzione... 24

1.4.2.2 Il Piano Triennale per la Prevenzione della Corruzione... 27

CAPITOLO SECONDO: Le linee operative per la redazione del Piano Triennale per la Prevenzione della Corruzione... 29

2.1 Il contesto normativo che interessa il Piano Triennale per la Prevenzione della Corruzione... 29

2.2 Uno zoom sulla gestione del rischio... 31

2.3 La gestione del rischio negli ordinamenti stranieri... 37

2.4 Il Piano Nazionale Anticorruzione e la gestione del rischio... 40

2.4.1 La mappatura dei processi... 42

2.4.2 La valutazione del rischio... 44

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2.5 La gestione del rischio alla luce dell'aggiornamento 2015 del Piano

Nazionale Anticorruzione... 49

2.5.1 Analisi del contesto... 51

2.5.2 Valutazione del rischio... 53

2.5.3 Trattamento del rischio... 55

2.6 Collegamento tra il Piano Triennale per la Prevenzione della Corruzione e il ciclo di gestione della Performance... 58

CAPITOLO TERZO: Il Piano Triennale per la Prevenzione della Corruzione del Comune di Massa... 61

3.1 La procedura di adozione del Piano... 62

3.2 I soggetti interni coinvolti nella strategia di prevenzione... 64

3.3 La gestione del rischio... 65

3.3.1 Inquadramento del contesto dell'anticorruzione... 66

3.3.2 Mappatura dei processi... 66

3.3.3 Valutazione del rischio... 69

3.3.4 Trattamento del rischio: azioni e misure di prevenzione della corruzione... 73

3.4 Collegamento del P.T.P.C. con la programmazione strategica e operativa nonché con il Piano della Performance... 81

3.5 Valutazioni ed evidenze emerse dal caso analizzato... 87

CONCLUSIONI... 91

BIBLIOGRAFIA... 94

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INTRODUZIONE

Il presente elaborato si concentra sull'analisi della disciplina di prevenzione della corruzione nella Pubblica Amministrazione introdotta dalla Legge n. 190 del 2012, la quale merita un'attenzione particolare, in quanto per la prima volta affronta il problema della corruzione in Italia suggerendo misure di carattere preventivo. Il solo approccio repressivo non basta più per contrastare un problema a cui il settore pubblico risulta essere particolarmente esposto ma a tal fine è necessario agire preventivamente cercando di eliminare le cause che facilitano la diffusione di tale fenomeno.

Partendo dal presupposto che la corruzione è un rischio rilevante nel nostro Paese, come si può notare anche dalle classifiche di misurazione pubblicate da

Transparency International, essa necessita di essere sottoposta ad un processo di

gestione, il quale non ha lo scopo di eliminare il rischio stesso ma la finalità di fornire a ciascuna amministrazione le linee guida per essere in grado di fronteggiarlo nel caso in cui si concretizzi.

Tale processo, che ha inizio con l'analisi del contesto interno ed esterno in cui l'amministrazione opera, si focalizza sull'identificazione degli eventi rischiosi presenti all'interno dei processi mappati.

Per ogni evento individuato, viene calcolato il suo livello di rischio mediante un valore numerico ottenuto incrociando la probabilità che esso si verifichi e le conseguenze derivanti dalla sua realizzazione.

Sulla base dei risultati ottenuti, si procede poi a stabilire quali sono i rischi che necessitano in maniera prioritaria di un trattamento e ad individuare le misure di prevenzione obbligatorie e specifiche dirette a mitigarli.

In questa prospettiva assume un ruolo centrale il Piano Triennale per la Prevenzione della Corruzione che deve essere adottato e aggiornato annualmente da ogni amministrazione pubblica e, soprattutto, deve contenere obbligatoriamente, in linea con quanto stabilito dal P.N.A., un contenuto minimo di dati ed informazioni tra cui il suddetto processo.

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Il primo capitolo della presente tesi si pone come obiettivo quello di fornire un quadro generale della corruzione in Italia finalizzato a comprendere l'ambito di applicazione della Legge 190/2012.

Una volta indicate le novità e le lacune che caratterizzano tale legge, si è proceduto ad evidenziare l'organizzazione amministrativa anticorruzione opportunamente articolata su due livelli: quello nazionale che individua nella Civit, divenuta ora Anac, l'autorità incaricata di approvare il Piano Nazionale Anticorruzione e un secondo livello, quello decentrato, che prevede da parte di ogni singola amministrazione, la nomina di un Responsabile della prevenzione della corruzione e la predisposizione di un Piano Triennale per la Prevenzione della Corruzione.

Nel secondo capitolo viene illustrato in che modo dovrebbe essere realizzato il processo di gestione del rischio all'interno dei P.T.P.C. sulla base delle linee operative fornite, in un primo momento, dal Piano Nazionale Anticorruzione del 2013 e, successivamente, dalla determinazione n. 12 del 2015 con la quale l'Anac raccomanda una serie di “correzioni di rotta” su alcune fasi del processo di gestione del rischio di corruzione.

Nel terzo capitolo, infine, viene analizzato un caso concreto di P.T.P.C., adottato a seguito dell'approvazione del Piano Nazionale Anticorruzione 2016, ovvero il Piano Triennale 2017-2019 del Comune di Massa, cercando di mettere in evidenza la strategia di prevenzione posta in essere dall'Ente, nonché l'impegno mostrato da quest'ultimo nella lotta alla corruzione.

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CAPITOLO PRIMO

LA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE COME ATTIVITÀ SPECIFICA NELLA LEGGE N. 190 DEL 2012

1.1 La diffusione del fenomeno corruttivo in Italia

Individuare una definizione di corruzione che sia in grado di fornire un concetto universale condiviso da tutti rappresenta da sempre una delle maggiori difficoltà nella descrizione di questo fenomeno.1

In un'accezione sintetica e generale si può parlare di corruzione quando un soggetto abusa del potere che gli è stato affidato allo scopo di ottenerne vantaggi personali i quali non sono solo meramente monetari, ma includono altri beni materiali e immateriali come lo status o il potere. Le forme non monetarie di remunerazione sono più utilizzate rispetto a quelle monetarie in quanto risultano meno tracciabili e difficilmente costituiscono una prova in sede processuale.2 In particolare, più che di vantaggio personale si parla di vantaggio privato, in quanto il beneficio non è necessariamente assegnato al soggetto che abusa del potere ma può essere trasferito a soggetti terzi ai quali il soggetto è legato (membri della famiglia, amici, ecc.).3

Per quanto riguarda l'Italia, essa rappresenta un paese con un grado di corruzione percepita sia dai cittadini che dalle imprese molto elevato. In particolare, la corruzione inizia a diffondersi in maniera preoccupante a partire dagli anni Settanta, aumentando in maniera costante fino alla prima metà degli anni Novanta. Il 1995 è accompagnato da un trend decrescente che potrebbe far pensare ad un inversione di rotta ma, invece, al termine delle inchieste giudiziarie di quegli anni, il fenomeno riprende ad espandersi in maniera esponenziale.4

1 Si rinvia al documento: 1a mappa dell'Alto Commissario Anticorruzione, Il fenomeno della Corruzione in Italia, p. 4.

2 Si veda: COMANDINI V. V., Profili economici della corruzione., in La corruzione amministrativa.

Cause, prevenzione e rimedi., a cura di F. MERLONI e I. VANDELLI, Astrid, Passigli Editori, Firenze

– Antella, 2010, p. 73 e 74.

3 Si veda: MONTEDURO F., BRUNELLI S., BURATTI A., La corruzione. Definizione, misurazione e

impatti economici., Formez PA, 2013, p. 19.

4 Si rinvia al documento: Autorità Nazionale Anticorruzione, Rapporto sul primo anno di attuazione della legge n. 190/2012, p. 15.

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A questo si aggiunge il fatto che l'Italia si configura nel contesto europeo come un caso particolare per due motivi. Innanzitutto, come si può notare da uno studio effettuato dal Quality of Government Institute dell'Università di Göteborg nel 2010, incaricato dalla Commissione Europea, l'Italia presenta enormi differenze a livello regionale.

Questo lo si può intuire dal fatto che le province autonome del Trentino Alto Adige e la Valle d'Aosta si collocano nella parte alta della classifica insieme alle regioni dei paesi del Nord Europa, mentre la Calabria e la Campania, invece, si collocano nella parte bassa in linea con alcuni paesi del Mediterraneo e dell'Europa orientale.

In secondo luogo è opportuno sottolineare quella che è la distanza tra l'Italia e gran parte degli Stati che fanno parte dell'Unione Europea nelle classifiche internazionali. In particolare, mentre i paesi Scandinavi occupano costantemente le prime posizioni, Germania, Francia, Paesi Bassi e Regno Unito si trovano a metà classifica, l'Italia presenta un punteggio decisamente preoccupante, collocandosi al pari di numerosi paesi dell'Africa e dell'America Latina.5

Un miglioramento, seppur molto lieve, però, lo si può notare mediante l'osservazione di un apposito indicatore statistico denominato “indice di percezione della corruzione” (corruption perception index) pubblicato da

Transparency International.

Nella tabella 1 sono riportati i risultati che emergono dalle ultime rilevazioni a partire dal 2012, anno in cui è entrata in vigore la cosiddetta Legge anticorruzione.

5 Si rinvia al documento: Autorità Nazionale Anticorruzione, Corruzione sommersa e corruzione emersa in Italia: modalità di misurazione e prime evidenze empiriche., p. 5.

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Tabella 1 - Indice di percezione della corruzione – Italia6

L'ultima rilevazione disponibile, ovvero quella del 2015, colloca il nostro Paese al 61° posto al pari di Lesotho, Montenegro, Senegal e South Africa come si può notare in Figura 1.

Figura 1 - Corruption perceptions index 2015 – Transparency International7

6 Dati elaborati da Transparency International (www.transparency.org).

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Nonostante si tratti di una comparazione relativa all'andamento temporale non corretta dal punto di vista metodologico, in quanto il numero dei paesi presi in considerazione cambia di anno in anno, i dati non sono incoraggianti.8 Analizzando con maggiore attenzione tali dati, però, si può intuire che l'idea di aver introdotto una politica di prevenzione ad affiancare quella di repressione della corruzione potrebbe essere la strada giusta per portare l'Italia ad uscire dalle zone calde della classifica.

Sebbene non sia provata l'esistenza di fattori oggettivi che determinano sistematicamente lo sviluppo della corruzione, è certa la presenza di attività governative che possono portare alla creazione di comportamenti illeciti.9

Innanzitutto, la corruzione appare fortemente legata alla qualità dei servizi pubblici i quali, se di scarsa qualità, possono contribuire alla creazione di un contesto particolarmente esposto a fenomeni corruttivi. A tal proposito si vengono a configurare dei “circoli viziosi”, in quanto servizi pubblici scadenti possono far scaturire corruzione che a sua volta può comportare un abbassamento della qualità dei servizi che alimenta ulteriore corruzione e così via. Tale questione è di particolare importanza anche se nella legge 190/2012 il legame tra corruzione e qualità dei servizi pubblici non viene menzionato in nessun comma. E' necessario accostare alle norme relative alla trasparenza sui servizi, dei sistemi in grado di aumentare la qualità degli stessi.

In secondo luogo, la corruzione è fortemente correlata alle politiche di selezione e valorizzazione del pubblico impiego sebbene, anche in questo caso, non vi è alcuna traccia di questo rapporto all'interno della legge n. 190.10

Da non sottovalutare vi sono anche i costi connessi al fenomeno della corruzione presenti sia a livello economico che sociale. Sul versante economico, innanzitutto, devono essere osservati con particolare attenzione i costi diretti

8 Si veda: MONTEDURO F., BRUNELLI S., BURATTI A., La corruzione. Definizione, misurazione e

impatti economici., Formez PA, 2013, p. 28.

9 Si veda: ARMONE M., ILIOPULOS E., La corruzione costa: effetti economici, istituzionali e sociali, Vita e Pensiero Editore, Milano, 2005, p. 25.

10 Si veda: MONTEDURO F., BRUNELLI S., BURATTI A., La corruzione. Definizione, misurazione e

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della corruzione che la Corte dei Conti ha stimato in diversi miliardi di euro. A questi si aggiungono i costi economici ma indiretti tra i quali è opportuno annoverare quelli connessi all'inefficienza degli apparati pubblici e all'inadeguatezza o inutilità delle opere e dei servizi pubblici. La diffusione della corruzione, inoltre, provoca ulteriori costi, di tipo sistemico, non misurabili in termini economici. Una corruzione diffusa e sistemica frena il progresso tecnologico delle imprese, che non sono incentivate ad investire nel mercato dell'innovazione e della ricerca ma, soprattutto, non agevola la crescita economica del Paese, che a sua volta provoca una diminuzione degli investimenti, in particolar modo per quanto riguarda quelli stranieri.

In virtù dell'analisi di questi dati si può facilmente intuire il motivo per il quale la lotta alla corruzione rappresenta una priorità nelle agende politiche internazionali.11

1.2 La Strategia intrapresa nell'ambito internazionale contro la corruzione

La corruzione, ormai da un paio di decenni, è un fenomeno che coinvolge tutte le più avanzate economie mondiali. Pertanto, la consapevolezza degli effetti negativi che questa può comportare sul sistema socio-economico globale ha spinto le maggiori organizzazioni internazionali a predisporre politiche comuni anticorruzione. L'OCSE, il Consiglio d'Europa (nel cui ambito opera il GRECO) e l'ONU sono risultate le organizzazioni più attive sotto il profilo dello studio e della prevenzione della corruzione, in quanto hanno provveduto a formulare, attraverso l'utilizzo di vari strumenti operativi, le moderne strategie internazionali di lotta alla corruzione.

La lotta internazionale alla corruzione ha mosso i suoi primi passi nel 1997, anno nel quale è stata approvata, da parte “dell'Organizzazione per la Cooperazione Economica per lo sviluppo” (OCSE), la Convenzione OCSE sulla lotta alla

11 Si rinvia al documento: Rapporto della Commissione per lo studio e l'elaborazione di proposte in tema di trasparenza e prevenzione della corruzione nella pubblica amministrazione, La corruzione in Italia. Per una politica di prevenzione. Analisi del fenomeno, profili internazionali e proposte di riforma., p. 16-19.

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corruzione dei pubblici ufficiali stranieri nelle transazioni economiche internazionali. Tale convenzione è aperta ai Paesi che hanno aderito al WGB, ossia un gruppo di lavoro che si occupa di corruzione istituito presso l'OCSE. Andando più nel dettaglio fanno parte del Gruppo 38 Paesi, i cui rappresentanti si riuniscono a Parigi cinque volte all'anno per assicurare che ogni Paese aderente rispetti i suoi impegni in coerenza con i principi stabiliti dalla Convezione OCSE contro la corruzione. In questa Convenzione non viene preso in considerazione il tema della prevenzione ma sono indicati, esclusivamente, obiettivi di repressione del fenomeno corruttivo. Tra le caratteristiche principali della Convenzione meritano di essere menzionati l'obbligo per ciascun Stato membro di assicurare che le indagini e i processi relativi a casi di corruzione internazionali non vengano influenzati da aspetti di interesse economico nazionale, nonché di adottare sanzioni penali nei casi di falsificazione delle scritture contabili con lo scopo di impedire alle imprese la redazione di conti fuori bilancio.

L'Italia, che è parte integrante del WGB fin dalla sua nascita, è chiamata ad intervenire e quindi a migliorare la propria legislazione per quanto concerne la concussione nel settore delle operazioni economiche internazionali, la prescrizione dei reati di corruzione e circa l'inadeguatezza delle sanzioni riguardanti il falso in bilancio.

Accanto alla Convenzione promossa dall'OCSE abbiamo le Convenzioni penale e civile sulla corruzione nell'ambito del Consiglio d'Europa.

Per quanto riguarda la Convenzione penale, aperta alle firme il 27 gennaio 1999, essa prevede l'obbligo per gli Stati di punire la corruzione del settore pubblico e privato, nonché una molteplicità di reati fra cui la corruzione domestica e transnazionale, il traffico di influenze, il riciclaggio e il falso di bilancio. Essa, però, presenta alcuni punti deboli tra i quali risultano essere i più significativi l'assenza di misure a carattere preventivo, di norme sulla prescrizione e la possibilità per gli Stati membri di apporre riserve alla convenzione.

Con particolare riferimento, invece, alla Convenzione civile adottata a Strasburgo il 4 novembre 1999, è appropriato sottolineare che essa introduce meccanismi per

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il risarcimento dei danni derivanti dai reati di corruzione e disciplina la corruzione del settore pubblico e di quello privato.

L'unico punto debole che presenta tale Convenzione è rappresentato dalla mancanza di misure contro l'opposizione del segreto bancario.

Non avendo ratificato ma solo firmato le due Convenzioni del Consiglio d'Europa contro la corruzione, la partecipazione dell'Italia è avvenuta mediante l'adesione al “Gruppo di Stati contro la corruzione” denominato GRECO. Istituito con l'intento di monitorare la conformità delle politiche degli Stati membri agli standards anticorruzione del Consiglio d'Europa, il Gruppo si pone come obiettivo quello di individuare eventuali criticità nelle politiche nazionali di settore, suggerendo gli appropriati interventi normativi.

Oltre a l'OCSE e l'ONU presenti con lo status di osservatori, gli Stati che fanno parte del GRECO sono 47: tutti gli Stati membri del Consiglio d'Europa, ad eccezione di San Marino più gli Stati Uniti d'America.

In qualità di Stato aderente, l'Italia è stata sottoposta a valutazione da parte del Gruppo una prima volta nel 2009, con il rapporto finale nel quale si rileva che, “malgrado la determinata volontà della magistratura inquirente e giudicante di combatterla, la corruzione è percepita in Italia come fenomeno consueto e diffuso, che interessa numerosi settori di attività: l'urbanistica, lo smaltimento rifiuti, gli appalti pubblici, la sanità e la pubblica amministrazione”.12

Successivamente, il Gruppo ha elaborato ventidue raccomandazioni, divise tra il settore della repressione e quello della prevenzione della corruzione. In particolare sul versante della prevenzione della corruzione nella pubblica amministrazione, il GRECO prevede l'attuazione di misure efficaci di prevenzione della corruzione, tra cui meritano di essere annoverate l'implementazione di un piano nazionale anticorruzione; l'adozione di un codice di condotta per tutte le persone che svolgono funzioni amministrative e per i

12 Si rinvia al documento: Rapporto della Commissione per lo studio e l'elaborazione di proposte in tema di trasparenza e prevenzione della corruzione nella pubblica amministrazione, La corruzione in Italia. Per una politica di prevenzione. Analisi del fenomeno, profili internazionali e proposte di riforma., p. 23.

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membri del governo; “la previsione di restrizioni appropriate concernenti i conflitti di interesse che possono prodursi in caso di passaggio di soggetti titolari di funzioni pubbliche da o verso il settore privato, il cd. pantouflage e l'introduzione di un sistema di protezione per i soggetti che, in buona fede, segnalano casi sospetti di corruzione all'interno della pubblica amministrazione (whistleblowers)”.13

La diffusione del problema corruzione ha spinto ad intervenire anche l'ONU, attraverso la Convenzione contro la corruzione firmata in Messico a Merida il 31 ottobre 2003. Oltre a mettere in guardia gli Stati circa la pericolosità della corruzione e la necessità di implementare un strategia di contrasto efficace, la Convenzione pone l'attenzione su alcuni temi fondamentali: le misure di carattere preventivo, la criminalizzazione, la cooperazione internazionale, il recupero dei beni provento di illecito (asset recovery) e l'assistenza tecnica.

La Convenzione ONU, ratificata in Italia con la legge n. 116 del 2009, prevede una molteplicità di misure tra cui merita di essere menzionata la creazione di organismi nazionali autonomi con l'obiettivo di svolgere funzioni dirette al contrasto della corruzione. La legge di ratifica rappresenta un tassello fondamentale perché se da un lato ha rafforzato l'immagine dello Stato italiano nella lotta alla corruzione all'interno del contesto internazionale, dall'altro ha precisato alcuni obblighi a cui si è dato seguito fino ad arrivare alla Legge n. 190 del 2012, importante traguardo capace di definire una disciplina generale di prevenzione della corruzione.14

1.3 La Legge del 6 novembre 2012, n. 190: aspetti introduttivi

Sottolineato che il fenomeno della corruzione risulta uno dei problemi principali che interessa l'intera Comunità Europea, è necessario che i governi predispongano adeguate contromisure per combattere tale problema.

In questa prospettiva, il Governo Italiano è intervenuto attraverso

13 Vedi nota n. 12.

14 Si veda: MARESCA C., La strategia internazionale di contrasto alla corruzione, in La legge

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l'implementazione della legge n. 190/2012 recante “disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione”. Essa è stata emanata, in primo luogo, per soddisfare l'insistente esigenza di rispettare gli impegni internazionali derivanti dalla Convenzione di Strasburgo e dalla Convenzione di Merida adottata dall'ONU ma, soprattutto, per rispondere alle sollecitazioni provenienti dall'opinione pubblica, successive al verificarsi di gravi fenomeni di corruzione.15

La legge anticorruzione è costituita da due soli articoli; l'articolo 1, composto da 83 commi, che contiene tutta la disciplina sostanziale e l'articolo 2 che fa riferimento alla clausola di invarianza finanziaria.

In particolare, l'art. 1 è diviso in due parti: nella prima parte sono presenti norme finalizzate alla modifica o al perfezionamento di discipline già esistenti e norme con lo scopo di introdurre strumenti di prevenzione della corruzione nuovi, che si ispirano ai modelli utilizzati a livello internazionale. Nella seconda parte, invece, sono evidenziate modifiche e integrazioni al codice penale, in materia di repressione della corruzione.

In altri termini è opportuno sottolineare che la legge 190/2012 interviene, quindi sia sul versante della corruzione, sia su quello della repressione. La differenza è che il numero di norme relative alla corruzione è di gran lunga superiore rispetto al numero di norme che riguardano la repressione. Infatti, l'intento del legislatore è proprio quello di porre l'attenzione sulle disposizioni che hanno come oggetto la prevenzione, visto che quest'ultima in Italia è sempre stata un po' sottovalutata.16

Pertanto, la legge 190/2012 rappresenta un importante traguardo nella lotta alla corruzione perché per la prima volta viene creata una disciplina generale di prevenzione della corruzione.

15 Si rinvia al documento: Autorità Nazionale Anticorruzione, Rapporto sul primo anno di attuazione della legge n. 190/2012, p. 24.

16 Si veda: MATTARELLA B. G., CLARICH M., La prevenzione della corruzione, in La legge

anticorruzione. Prevenzione e repressione della corruzione., a cura di B.G Mattarella e M. Pelissero,

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1.3.1 Criticità della norma

Prima di indicare quello che è l'intento della legge n. 190 del 2012, ovvero di introdurre una legislazione volta alla prevenzione della corruzione, come già avvenuto da tempo in altri ordinamenti, è opportuno evidenziare le lacune che questa legge presenta. Questo non per dimostrare che si tratta di una “cattiva legge” ma per evidenziare che, nonostante si tratti della miglior legge emanata in tema di prevenzione della corruzione, quest'ultima presenta molti margini di miglioramento.17

Innanzitutto è importante porre l'attenzione sul fatto che la legge si occupa molto della corruzione amministrativa e poco di quella politica; rafforza il codice di comportamento dei dipendenti pubblici, ma non ne prevede per i politici; si fa carico dei conflitti di interessi dei dipendenti pubblici e non di quelli dei parlamentari per i quali il conflitto di interessi continua ad essere giuridicamente irrilevante.

Inoltre la legge si focalizza sulla corruzione dei pubblici funzionari, mentre non menziona quella privata, anche se queste sono, spesso, tra loro correlate. Infatti, certi reati commessi da privati sono spesso all'origine di casi di corruzione contro la pubblica amministrazione. Un esempio è rappresentato dal falso di bilancio che, in non pochi casi, è finalizzato per il pagamento di tangenti.

Questi appena citati non sono altro che “vuoti” della legge, ai quali si vanno ad aggiungere altri temi che per la loro importanza avrebbero dovuto essere, per lo meno, menzionati. Tra questi è opportuno sottolineare la disciplina del lobbying, il contenimento dello spoil system, la centralizzazione dei concorsi pubblici, l'introduzione di controlli randomizzati nelle amministrazioni e il rafforzamento dei corpi tecnici e dei corpi ispettivi.

Infine non si può che dare uno sguardo alla tecnica legislativa utilizzata, la quale appare del tutto insoddisfacente.

La legge non è divisa in articoli, ma dispone solamente di un unico articolo con oltre ottanta commi e un altro breve articolo relativo alla clausola di invarianza

17 Le affermazioni riportate sono rielaborate sulla base dell'articolo di R. GAROFALI, La nuova legge

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finanziaria. Questo se da un lato ha semplificato il lavoro del Parlamento, in quanto è bastata una sola votazione, dall'altro ha complicato il lavoro degli interpreti e degli operatori.18

1.3.2 Novità introdotte dalla norma

Dopo aver indicato le criticità presentate dalla legge anticorruzione è opportuno fare riferimento a quella che è la politica di prevenzione introdotta da tale legge. Essa si caratterizza per la sua tendenza ad essere una disciplina generale, in quanto si applica a tutte le amministrazioni e non menziona alcuna disposizione relativa a specifiche materie, funzioni o amministrazioni. Il legislatore prevede che le misure relative a specifici settori siano divulgate tramite altri atti normativi.19

La Legge anticorruzione prende in esame uno strumento amministrativo poco utilizzato nel periodo antecedente la sua entrata in vigore, ovvero la pianificazione a cascata. Prima di tutto abbiamo l'istituzione di un nuovo Comitato interministeriale anticorruzione con il compito di dettare le linee di indirizzo per l'implementazione di un Piano Nazionale Anticorruzione, il quale deve essere approvato dalla Civit. Sulla base della pianificazione nazionale, ogni amministrazione predispone un piano triennale di prevenzione della corruzione che determina il grado di esposizione al rischio degli uffici e le azioni da attuare al fine di minimizzarlo come, per esempio, la rotazione dei funzionari negli incarichi.

In questo caso, però, si pone un problema relativo al fatto che raramente i soggetti che elaborano gli atti di pianificazione prendono sul serio il loro operato. Proprio a tal riguardo si possono generare una molteplicità di rischi relativi al fatto che la pianificazione sia attuata come un processo prettamente burocratico mentre i piani nazionali e quelli delle amministrazioni siano ritenuti

18 Si veda: MATTARELLA B. G., CLARICH M., La prevenzione della corruzione, in La legge

anticorruzione. Prevenzione e repressione della corruzione., a cura di B.G Mattarella e M. Pelissero,

Giappichelli, Torino, 2013, p. 62,67 e 69.

19 Le affermazioni riportate sono rielaborate sulla base del contributo di MATTARELLA B. G., La

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rispettivamente un elenco di vaghe promesse e una replica di regole già scritte in legge e codici di comportamento.

Inoltre la nuova legge punta molto sulla trasparenza dell'attività amministrativa. In particolare, essa deve essere garantita da tutte le amministrazioni, anche quelle regionali e periferiche, attraverso la pubblicazione di una molteplicità di dati sui siti web istituzionali, all'interno di un'apposita sezione denominata “amministrazione trasparente”.

Questo per permettere a ogni cittadino dotato di una semplice connessione Internet di essere a conoscenza di molte informazioni. Proprio in relazione a questo tema è intervenuto, durante la giornata internazionale della lotta alla corruzione avvenuta presso il Ministero degli Esteri, l'attuale presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione, Raffaele Cantone, il quale ha espresso che: “la trasparenza, una volta che sarà attuata e soprattutto digerita dalla Pubblica amministrazione, sarà il segnale più importante per recuperare la fiducia dei cittadini. Saranno loro stessi infatti a controllarla e a svolgere quel ruolo di vedetta civica indispensabile per evitare che si verifichino atti corruttivi”.20

Un'altra novità introdotta dalla norma è l'istituzione di misure ancora più severe per quanto riguarda le procedure per l'aggiudicazione dei contratti. Infatti, le stazioni appaltanti avranno l'obbligo di inserire nei siti web una serie di informazioni che dovranno essere trasmesse entro il 30 aprile di ogni anno all'Autorità, la quale a sua volta si impegnerà a trasferire alla Corte dei conti la lista delle amministrazioni inadempienti.

A questa si aggiunge l'istituzione di un elenco dei fornitori non a rischio di infiltrazioni mafiose, nonché il divieto di candidarsi ai soggetti condannati per determinati reati.

Infine, oltre alla disciplina dei piani anticorruzione, che analizzeremo meglio in seguito, merita sicuramente di essere annoverata l'introduzione della disciplina a tutela dei whistleblowers, cioè dei funzionari che denunciano fatti illeciti di cui

20 Si veda: R. CANTONE, Lotta alla corruzione, crescita economica e attività delle imprese italiane

all'estero. Intervento durante la giornata internazionale della lotta alla corruzione al Ministero degli

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sono a conoscenza, anche se il legislatore non ha voluto introdurre misure premiali a favore di quest'ultimi, come avviene in altri ordinamenti.21

La legge n. 190 del 2012 è importante sia perché alcune delle sue previsioni aiutano ad arginare il malcostume della pubblica amministrazione italiana, sia perché essa introduce una politica di prevenzione della corruzione nel nostro ordinamento. Di conseguenza per assicurare una politica di prevenzione della corruzione efficace è necessario che vi siano, ancora prima degli strumenti preventivi, soggetti ed organismi competenti in materia.22

1.4 L'organizzazione amministrativa nella prevenzione della corruzione

Prima di tutto, è opportuno ricordare che il nuovo assetto delineato dalla Legge anticorruzione pone la parola fine alla questione relativa al fatto che in Italia sia presente una struttura organizzativa incerta per contrastare il fenomeno della corruzione.

Inizialmente, l'organizzazione aveva il suo vertice nell'Alto Commissariato per la prevenzione e il contrasto della corruzione, istituito nel 2003 e soppresso cinque anni dopo. Le funzioni dell'Alto Commissariato furono trasmesse al Servizio anticorruzione e trasparenza (Saet), che sostituì il primo fino al 2009, anno in cui l'istituzione della Civit ha determinato un trasferimento di tali funzioni ad un organismo impegnato a fondo nella valutazione.

La legge n. 190 del 2012 interviene riformando l'organizzazione amministrativa su due livelli: un primo livello, quello nazionale, che individua nella Civit, ora Anac, l'autorità incaricata di svolgere poteri di vigilanza, controllo e sanzionatori, nonché di approvare il Piano Nazionale Anticorruzione (P.N.A) che individua le linee di indirizzo. Un secondo livello, quello decentrato, che prevede, da parte di ogni singola amministrazione, la nomina di un Responsabile della prevenzione della corruzione e la predisposizione e adozione del Piano triennale per la

21 Si veda: MATTARELLA B. G., CLARICH M., La prevenzione della corruzione, in La legge

anticorruzione. Prevenzione e repressione della corruzione., a cura di B.G Mattarella e M. Pelissero,

Giappichelli, Torino, 2013, p. 63, 65-66 e 68-69.

22 Le affermazioni riportate sono rielaborate sulla base del contributo di MATTARELLA B. G., La

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prevenzione della corruzione (P.T.P.C) che, sulla base degli indirizzi contenuti nel P.N.A, individua le aree a maggior rischio di corruzione e le misure organizzative atte a prevenirlo definendo, in sostanza, le strategie di prevenzione dell’ente. Questa articolazione ha come obiettivo quello di creare un doppio collegamento. Il primo, tra la formulazione delle strategie nazionali di prevenzione e l'attuazione delle stesse nelle singole amministrazioni e il secondo in senso opposto, in quanto la formulazione delle strategie nazionali si potrà basare sulle evidenze contenute nei piani delle singole amministrazioni. In particolare, ciò permetterà di orientare le strategie nazionali verso le aree maggiormente critiche e i rischi più diffusi nelle amministrazioni attraverso interventi mirati.23

1.4.1 Amministrazione organizzativa a livello nazionale

1.4.1.1 La Civit poi divenuta Anac

Istituita con la riforma Brunetta nel decreto legislativo n. 150 del 2009, la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche era un organo che aveva la funzione di garantire l'ottimizzazione della produttività, l'efficienza e la trasparenza della pubblica amministrazione.24

La Commissione operava in posizione di indipendenza di giudizio e di valutazione e in piena autonomia, in collaborazione con la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Dipartimento della funzione pubblica.

Ad essa le furono affidati compiti di integrità, che in una prima fase vennero oscurati dalle più pressanti incombenze relative alla valutazione e successivamente risentirono delle limitate risorse umane a disposizione della Commissione. Ne nacque una struttura bicefala, in cui il riparto delle funzioni tra Dipartimento e Commissione, in assenza di norme, rimaneva affidato all'interpretazione del lettore.

La legge n. 190 del 2012 mantiene questa struttura ma attribuisce alcuni compiti al Dipartimento della funzione pubblica e altri alla Civit che verranno analizzati

23 Si veda: IASI R., Modelli organizzativi per la prevenzione della corruzione., 2014, p. 26. 24 Per la definizione di Civit si veda: Il Sole 24 ore -

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più attentamente in seguito.25

Innanzitutto la Legge n. 190, al comma 1, individua il soggetto chiamato ad operare quale Autorità Nazionale Anticorruzione, allo scopo di garantire “l'attività di controllo, di prevenzione e di contrasto della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione”. Tale comma costituisce l'attuazione dell'art. 6 della Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione. Il successivo comma 2 di tale norma specifica che è la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche il soggetto deputato ad operare quale Autorità Nazionale Anticorruzione.26

Mentre in numerosi paesi le funzioni per contrastare la corruzione sono generalmente svolte da una molteplicità di enti e istituzioni, l'Italia con la legge 190/2012 si è orientata verso la costituzione di un'Autorità Nazionale.

Il motivo di questa scelta è, in primo luogo, la ricerca di una maggiore efficacia ed efficienza attraverso l'integrazione delle risorse e delle competenze ma, soprattutto, la possibilità che la presenza di numerosi enti e istituzioni possa costituire un limite. Inoltre, da questa scelta possono scaturire ulteriori vantaggi come ad esempio un'accountability più definita e una maggiore visibilità che, a loro volta, garantiscono una tutela superiore da interferenze esterne.

Tuttavia, l'accentramento di tutte le funzioni anticorruzione nelle mani di un istituzione centrale può generare anche degli svantaggi. Uno di questi è rappresentato dal rischio di una duplicazione delle strutture invece della loro razionalizzazione. A tal fine è opportuno che la costituzione di un'Autorità sia correlata con la ridefinizione complessiva del sistema per evitare conflitti di competenza.27

Per quanto riguarda le sue funzioni, la Legge anticorruzione prevede che spetti

25 Le affermazioni riportate sono rielaborate sulla base del contributo di MATTARELLA B. G., La

prevenzione della corruzione in Italia, in Giornale di diritto amministrativo, n. 2, 2013, p. 125.

26 Si veda: CASARTELLI G., PAPI ROSSI A., Le misure anticorruzione, G. Giappichelli Editore, Torino, 2013, p. 12.

27 Si veda: MONTEDURO F., BRUNELLI S., BURATTI A., La corruzione. Definizione, misurazione e

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alla Commissione approvare il Piano nazionale anticorruzione predisposto dal Dipartimento della funzione pubblica che rappresenta lo strumento più significativo diretto a contrastare il fenomeno della corruzione.

La Commissione, inoltre, deve analizzare le cause e i fattori della corruzione e individuare i relativi interventi di prevenzione e contrasto. Questa rappresenta sicuramente la funzione fondamentale, in quanto la conoscenza dei fenomeni corruttivi e delle loro cause rappresentano un passaggio fondamentale per implementare gli strumenti di contrasto necessari. In questo caso è opportuno sottolineare che indagini, statistiche e programmi da soli non possono avere un efficace effetto anticorruzione ma dovrebbero essere supportati da poteri di indagine. A tal proposito, però, la norma non risulta essere di particolare aiuto dato che non menziona nessuna collaborazione con la magistratura.

Nell'esercizio di queste funzioni, alla Commissione è permesso collaborare con i paritetici organismi stranieri e con le organizzazioni regionali ed internazionali competenti al fine di realizzare sistemi finalizzati alla lotta della corruzione comuni a livello internazionale per poi introdurli nel nostro ordinamento.

In aggiunta, spetta alla Commissione vigilare e controllare l'effettiva applicazione e l'efficacia delle misure adottate dalle pubbliche amministrazioni. Con riferimento a dette funzioni alla Commissione viene attribuita la capacità di esercitare poteri ispettivi mediante richiesta di notizie, informazioni, atti e documenti alle pubbliche amministrazioni.

Inoltre per assicurare completezza al potere di controllo, la Civit può ordinare l'adozione di atti o provvedimenti richiesti dai piani anticorruzione nazionali e di ogni singola amministrazione, nonché dalle regole sulla trasparenza dell'attività amministrativa previste dai commi da 15 a 36 dell'articolo 1. Il potere di controllo si estende anche alla richiesta di rimozione di comportamenti o atti contrastanti con i piani e le regole sulla trasparenza appena citate.28

Nello svolgimento delle funzioni sopra menzionate la Commissione opera in collegamento con il Dipartimento della funzione pubblica, costituito nel 1979

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all'interno della Presidenza del Consiglio dei Ministri con lo scopo sia di intraprendere un intervento di modernizzazione all'interno della pubblica amministrazione, sia di favorire l'efficacia, l'efficienza e l'economicità dell'azione amministrativa.

Innanzitutto, il Dipartimento ha il compito di coordinare le strategie di prevenzione e contrasto della corruzione elaborate a livello nazionale e internazionale, nonché promuovere e definire le norme e le metodologie comuni per la prevenzione della corruzione, coerenti con gli indirizzi e i programmi internazionali.29

È opportuno evidenziare che la funzione più importante di cui si occupa il Dipartimento della funzione pubblica è quella di predisporre il Piano nazionale anticorruzione che sia in grado di indicare, non solo, una valutazione sul livello di esposizione degli uffici al rischio di corruzione ma soprattutto le azioni da attuare al fine di prevenire tale rischio.

Spetta, inoltre, al Dipartimento definire modelli standard delle informazioni e dei dati finalizzati al raggiungimento degli obiettivi previsti dalla Legge Anticorruzione con modalità che permettono la loro gestione ed analisi informatizzata. A tal fine è opportuno che il Dipartimento metta a disposizione di tutte le amministrazioni, gratuitamente, una piattaforma di dati per evitare che ogni singolo ente debba modificare, in maniera onerosa, la propria piattaforma. Infine, esso definisce i criteri per assicurare la rotazione dei dirigenti e dei funzionari che operano nei settori particolarmente esposti alla corruzione dopo averli selezionati e formati in collaborazione con la Scuola superiore della pubblica amministrazione.30

1.4.1.2 Il Piano Nazionale Anticorruzione

Il Piano Nazionale Anticorruzione, secondo la legge n.190 del 2012, deve essere predisposto dal Dipartimento della funzione pubblica e, successivamente,

29 Si veda: CASARTELLI G., PAPI ROSSI A., Le misure anticorruzione, G. Giappichelli Editore, Torino, 2013, p. 13-14.

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approvato dall'Autorità Nazionale Anticorruzione. Il P.N.A. recepisce, al fine di favorire l'applicazione della legge, le osservazioni formulate dall'Anac riguardanti l'ambito soggettivo di applicazione e l'aggiornamento annuale del Piano, nonché i contenuti minimi dei piani triennali delle amministrazioni.

Gli obiettivi fondamentali del Piano sono quelli di diminuire le possibilità che si verifichino casi di corruzione, di aumentare la capacità di identificare episodi di corruzione e di creare un contesto ostile alla corruzione.31

Tale Piano deve essere implementato seguendo le linee di indirizzo predisposte dal Comitato interministeriale, il quale lo identifica come strumento attraverso il quale sono individuate le strategie prioritarie per la prevenzione e il contrasto della corruzione nella pubblica amministrazione a livello nazionale.

L'adozione del P.N.A. non deve, poi, essere intesa come attività compiuta, ma come un processo ciclico in cui le strategie e gli strumenti di prevenzione vengono via via modificati, migliorati o sostituiti in base ai risultati della loro applicazione. Le linee guida indicate dal Comitato non devono essere attuate rigidamente, bensì il P.N.A. deve assicurarne un'applicazione flessibile e differenziata da parte delle pubbliche amministrazioni. Infatti, mentre le procedure di rilevazione di trasmissione telematica dei dati devono essere in linea con i modelli standard stabiliti dal D.F.P., l'individuazione delle attività amministrative maggiormente esposte al rischio è rimessa alla discrezionale valutazione di ciascuna amministrazione.32

Sono destinatari del Piano non solo tutte le amministrazioni pubbliche33 ma anche

31 Le affermazioni riportate sono rielaborate sulla base del contributo di CANAPARO P., Piano

anticorruzione (Pna): parte la pianificazione a livello decentrato, in Guida al diritto, Il Sole 24 ore,

Milano, 26 settembre 2013.

32 Si rinvia al documento: Linee di indirizzo del Comitato interministeriale (d.p.c.m. 16 gennaio 2013) per la predisposizione, da parte del Dipartimento della funzione pubblica, del Piano Nazionale Anticorruzione di cui alla legge 6 novembre 2012, n. 190., p. 2 e 6.

33 Si rinvia a l'art. 1 comma 2 del Decreto Legislativo 30 marzo 2001, n. 165 – Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche: per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale.

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le Regioni, gli Enti del Servizio Sanitario Nazionale, gli Enti locali e gli enti a essi collegati.

A livello strutturale il PNA si compone di tre sezioni: nella prima sono esposti gli obiettivi strategici e le azioni previste da implementare a livello nazionale. Della realizzazione delle azioni si occupa il Dipartimento della funzione pubblica e gli altri soggetti istituzionali che favoriscono la prevenzione a livello nazionale; la seconda è dedicata all'illustrazione della strategia di prevenzione a livello decentrato, ossia a livello di ciascuna amministrazione, e contiene le direttive per permettere alle pubbliche amministrazioni di applicare le misure di prevenzione, tra cui quelle obbligatorie per legge. Un ruolo fondamentale in questo contesto è rappresentato dall'adozione del Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione che definisce la strategia di prevenzione per ciascuna amministrazione; infine, la terza sezione descrive il modo in cui debbano essere trasferiti i dati e le informazioni al Dipartimento della funzione pubblica finalizzati al monitoraggio e allo sviluppo di ulteriori strategie.34

Infine l'approvazione definitiva del Piano rappresenta un passo importante e orientato alla formulazione di una strategia diretta a prevenire e contrastare la corruzione nel settore pubblico, nonché all'attuazione della legge 190/2012. Il P.N.A, infatti, crea le premesse perché le amministrazioni possano redigere i loro piani triennali per la prevenzione della corruzione e, di conseguenza, predisporre gli strumenti previsti da tale legge.

1.4.2 Amministrazione organizzativa a livello decentrato

1.4.2.1 Il Responsabile della prevenzione della corruzione

Il legislatore ha ritenuto opportuno introdurre nelle amministrazioni un soggetto fortemente interessato al piano anticorruzione, che quindi si adopererà per favorirne la sua implementazione.

In particolare, tale soggetto è individuato dall'organo di indirizzo politico tra i

34 Si rinvia al documento: Autorità Nazionale Anticorruzione, Piano Nazionale Anticorruzione, delibera n. 72 del 11 settembre 2013, p. 8-9.

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dirigenti di ruolo di prima fascia in servizio.35

Per quanto riguarda gli enti locali, il responsabile della prevenzione della corruzione è individuato, di norma, nel segretario comunale o provinciale, salva diversa e motivata determinazione dell'organo politico.36

La maggior parte delle persone corrotte, come dimostrano i fatti accaduti in passato, appartengono proprio agli organi di indirizzo politico. Quindi, a tal proposito, sarebbe stato opportuno che il compito di incaricare il responsabile dell'anticorruzione fosse attribuito alla magistratura ordinaria al fine sia di ottenere supporti investigativi, sia di garantire un'autonomia e un'indipendenza assoluta. Al contrario, la legge 190/2012 assegna proprio all'elemento che necessita di maggior attenzione da parte del responsabile, ovvero l'organo politico, il compito di designarlo.

In primo luogo, il Responsabile è tenuto ad elaborare la proposta del Piano triennale di prevenzione della corruzione, il quale deve essere adottato e trasmesso al Dipartimento della funzione pubblica, entro il 31 gennaio, dall'organo di indirizzo politico. L'attività di elaborazione del piano non può essere affidata a soggetti estranei all'amministrazione. Nello svolgimento di questa funzione il Responsabile è talmente dotato di poca autonomia che non può nemmeno adottare il piano, bensì proporlo all'organo di governo. A tal riguardo, quindi, è molto difficile che esso contenga misure finalizzate alla prevenzione del fenomeno corruttivo rivolte principalmente agli organi di governo.

In secondo luogo il Responsabile deve determinare quali possono essere i settori maggiormente esposti a rischi di corruzione e definire le procedure appropriate per selezionare e formare i dipendenti operanti proprio in quei settori.

Il Responsabile, inoltre, deve assicurare l'efficace attuazione del piano e la sua idoneità ad operare come concreto strumento anticorruzione, nonché proporre interventi correttivi qualora siano accertate significative violazioni.

35 Si veda: MATTARELLA B. G., CLARICH M., La prevenzione della corruzione, in La legge

anticorruzione. Prevenzione e repressione della corruzione., a cura di B.G Mattarella e M. Pelissero,

Giappichelli, Torino, 2013, p. 63.

36 Si veda: CASARTELLI G., PAPI ROSSI A., Le misure anticorruzione, G. Giappichelli Editore, Torino, 2013, p. 17.

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Egli, ancora, deve valutare l'effettiva rotazione degli incarichi negli uffici diretti a svolgere attività che risultano maggiormente esposte al rischio di corruzione. La rotazione degli incarichi, però, se da un parte, risulta essere lo strumento principale da utilizzare contro i fenomeni corruttivi, dall'altra, si configura come uno strumento difficile da realizzare. Tale difficoltà è riconducibile al fatto che l'esperienza, l'acquisizione di competenze e la capacità di realizzare il proprio lavoro rappresentano valori aggiunti nello svolgimento di qualsiasi attività lavorativa.

Di conseguenza, la presenza di sistemi caratterizzati da un'elevata rotazione non è vantaggiosa perché si rinuncia a questi valori aggiunti. Tale funzione, dunque, mette in evidenza come la legge 190/2012 sia una norma centralistica che non guarda con particolare attenzione quelle che sono le esigenze delle amministrazioni locali. Infatti, in gran parte dei comuni la rotazione è praticamente assente, in quanto essi risultano essere eccessivamente piccoli e formati da troppo pochi dipendenti per poter pensare di effettuare rotazioni efficaci.

Da ultimo, è compito sempre del Responsabile individuare il personale da inserire nei programmi di formazione sull'etica e sulla legalità tenuti dalla Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione.37

A questi compiti è legato il regime della sua responsabilità, che si attiva nel momento in cui uno dei dipendenti o funzionari che operano all'interno dell'amministrazione commettono un reato di corruzione. In questo caso, sorge la responsabilità dirigenziale e il responsabile risponde anche sul piano disciplinare, oltre che per il danno erariale e all'immagine della pubblica amministrazione, a meno che non provi di aver predisposto il piano per la prevenzione della corruzione e di aver curato la sua attuazione.38

37 Si veda: OLIVIERI L., Anticorruzione negli Enti locali., Maggioli Editore, Rimini, 2013, p. 14, 15-16 e 19-23.

38 Le affermazioni riportate sono rielaborate sulla base del contributo di MATTARELLA B. G., La

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1.4.2.2 Il Piano Triennale per la Prevenzione della Corruzione

La Legge anticorruzione, oltre a definire una strategia preventiva a livello nazionale tramite il Piano Nazionale Anticorruzione, richiede che ciascuna amministrazione rediga, in base alle proprie caratteristiche funzionali ed organizzative, un Piano Triennale per la Prevenzione della Corruzione.

Il P.T.P.C costituisce il documento fondamentale per la definizione della strategia di prevenzione all'interno di ciascuna amministrazione.

Per quanto riguarda i contenuti del Piano e le fasi necessarie per arrivare alla sua definizione saranno approfondite nel prossimo capitolo, ora ci limitiamo solo ad esporre alcune considerazioni introduttive.

In base alle indicazioni fornite dal Comitato interministeriale, le amministrazioni tenute all'approvazione del P.T.P.C sono “le amministrazioni centrali, ivi compresi gli enti pubblici non economici nazionali, le agenzie, le università e le altre amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001 diverse da quelle di cui al punto b) (comma 5), e le amministrazioni delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano e degli enti locali, nonché degli enti pubblici.”39

Spetta all'organo di indirizzo politico, su impulso del Responsabile della prevenzione della corruzione, adottare tale piano e trasmetterlo al Dipartimento della funzione pubblica, entro il 31 gennaio.

A differenza degli altri strumenti definiti per contrastare la corruzione, il P.T.P.C risulta poco costoso ma molto efficiente. Questa affermazione è riconducibile all'art. 2 della legge 190/2012 che introduce la clausola di invarianza finanziaria in base alla quale, le amministrazioni devono provvedere allo svolgimento delle attività di prevenzione con le risorse umane e strumentali di cui già dispongono senza sostenere ulteriori oneri.

A tal fine i piani, all'interno di ciascuna amministrazione, sono definiti in maniera autonoma dal Responsabile della prevenzione della corruzione.

39 Si rinvia al documento: Linee di indirizzo del Comitato interministeriale (d.p.c.m. 16 gennaio 2013) per la predisposizione, da parte del Dipartimento della funzione pubblica, del Piano Nazionale Anticorruzione di cui alla legge 6 novembre 2012, n. 190., p. 2.

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Tuttavia, il Responsabile dispone di un grado di discrezionalità limitato. Le disposizioni emanate dalla Civit e dal Dipartimento della funzione pubblica sottolineano che le amministrazioni non devono farsi concorrenza nella predisposizione dei piani e che il coordinamento delle misure di prevenzione conduce ad una base comune a tutte le amministrazioni e ai singoli uffici più sensibili al rischio di corruzione.40

Pertanto, il piano è necessario che sia coordinato con il Piano nazionale anticorruzione ma, soprattutto, deve avere una prospettiva triennale e deve essere aggiornato annualmente o, comunque, ogni qual volta emergano rilevanti cambiamenti organizzativi dell'amministrazione.41

40 Si veda: DI CRISTINA F., I piani per la prevenzione della corruzione, in La legge anticorruzione.

Prevenzione e repressione della corruzione., a cura di B.G Mattarella e M. Pelissero, Giappichelli,

Torino, 2013, p. 98.

41 Le affermazioni riportate sono rielaborate sulla base del contributo di MATTARELLA B. G., La

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CAPITOLO SECONDO

LE LINEE OPERATIVE PER LA REDAZIONE DEL PIANO TRIENNALE PER LA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE 2.1 Il contesto normativo che interessa il Piano Triennale per la Prevenzione della Corruzione

La legge 190/2012 è chiara nell'indicare all'articolo 1, comma 5 che le pubbliche amministrazioni centrali devono definire e trasmettere al Dipartimento della Funzione Pubblica un Piano di prevenzione della corruzione. In particolare, il piano ha l'obiettivo di definire il livello di esposizione al rischio di corruzione da parte degli uffici, nonché gli interventi idonei diretti a prevenire tale rischio. Dando uno sguardo veloce alla norma, essa sembrerebbe non porre nessun obbligo di redazione del Piano agli enti locali. Tuttavia analizzando con maggiore attenzione la norma possiamo capire che l'elaborazione del Piano da parte di questi è implicita. Infatti il disegno normativo in questione al successivo comma 6 dispone che gli enti locali, al fine di predisporre Piani coerenti con le linee guida contenute nel Piano Nazionale Anticorruzione, possono richiedere supporto tecnico e informativo al prefetto.

In sostanza, il legislatore non si è preoccupato di definire un principio generale circa le strategie di prevenzione dell'illegalità e della corruzione ma queste devono essere elaborate in autonomia dalle amministrazioni centrali e in sede di Conferenza Unificata dalle amministrazioni di regioni ed enti locali. Con particolare riferimento a quest'ultime, la norma al comma 60 definisce gli adempimenti ad esse richieste: la redazione del Piano triennale per la prevenzione della corruzione e la sua trasmissione alla regione interessata e al Dipartimento della Funzione Pubblica; l'adozione di norme regolamentari dirette ad individuare gli incarichi vietati ai dipendenti pubblici; la predisposizione di un Codice di comportamento per i proprio dipendenti.

Inoltre la legge anticorruzione al comma 9 individua quelli che sono gli interessi pubblici che il piano deve soddisfare.

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Innanzitutto il Piano deve individuare le attività che risultano maggiormente esposte al rischio di corruzione. Tra queste devono sicuramente rientrare quelle citate dalla norma al comma 16: attività preordinate all'autorizzazione o concessione; alla scelta del contraente per l'affidamento di lavori, forniture e servizi; alla concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, vantaggi economici a persone ed enti pubblici e privati; alla definizione di concorsi e prove selettive per l'assunzione del personale e progressioni di carriera.

In relazione alle attività sopra menzionate, inoltre, il Piano deve prevedere meccanismi che siano in grado di attuare le decisioni dirette a prevenire il rischio di corruzione e obblighi di informazione nei confronti del responsabile della prevenzione.

Il Piano deve poi definire le attività finalizzate ad assicurare il rispetto dei termini di conclusione dei procedimenti; quelle relative al monitoraggio dei rapporti tra l'amministrazione e i soggetti che hanno stipulato con questa contratti o che hanno l'interesse ad ottenere autorizzazioni, concessioni o vantaggi economici pubblici, nonché quelle dirette alla verifica di eventuali legami di parentela o affinità tra questi soggetti e gli amministratori, i soci e i dipendenti dell'amministrazione.

Infine all'interno del Piano devono essere presenti obblighi di trasparenza ulteriori rispetto a quelli previsti dall'ordinamento.42

Il Piano non è un documento di studio o di indagine ma un documento di natura programmatica nel quale, oltre ad essere indicate le aree di rischio e i rischi specifici, sono descritte tutte le misure di prevenzione obbligatorie per legge e ulteriori.

In particolare esso rappresenta il documento fondamentale attraverso il quale ciascuna amministrazione definisce la strategia di prevenzione che deve essere attuata al suo interno.

42 Si veda: DI CRISTINA F., I piani per la prevenzione della corruzione, in La legge anticorruzione.

Prevenzione e repressione della corruzione., a cura di B.G Mattarella e M. Pelissero, Giappichelli,

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Questo deve avvenire in coerenza con le linee guida contenute nel P.N.A., il quale definisce che i P.T.P.C. debbano contenere obbligatoriamente un contenuto minimo di dati ed informazioni che dovranno essere trasmessi necessariamente al Dipartimento della Funzione Pubblica. Ciò al fine di evitare che tali piani, predisposti da tutte le amministrazioni italiane e ovviamente non controllabili singolarmente, possano essere configurati come dei piani meramente formali, poco adeguati e privi di efficacia.43

In sostanza i Piani triennali sono tenuti a fornire dati e informazioni circa:

– la data e il documento di approvazione del Piano da parte degli organi di indirizzo politico;

– i soggetti interni ed esterni all'Amministrazione che hanno contribuito alla predisposizione del Piano, nonché i canali e gli strumenti utilizzati per comunicare i contenuti di quest'ultimo;

– la gestione del rischio, specificando la metodologia utilizzata per svolgere la valutazione del rischio;

– le misure di prevenzione obbligatorie, previste dalla legge 190/2012, e quelle ulteriori, individuate dall'amministrazione, la quale è necessario che si impegni ad indicare, per ogni misura, il responsabile e il termine per l'attuazione;

– i criteri di rotazione del personale nelle aree di rischio;

– i tempi e le modalità di valutazione dell'efficacia del Piano e gli interventi da attuare al fine di migliorare il suo contenuto;

– l'attività di formazione in tema di anticorruzione.44

2.2 Uno zoom sulla gestione del rischio

Come riportato nella Relazione di Cantone del 2 luglio 2015, “la gestione del rischio rappresenta uno degli elementi cardine dell'amministrazione e comporta

43 Si veda: BILARDO F., PROSPERI M., Piano nazionale e piani decentrati anticorruzione. La riforma

anticorruzione in una visione integrata giuridica e organizzativa., Maggioli Editore, Rimini, 2013, p.

198 e 199.

44 TURTURIELLO R., PORCARI D. M., Manuale teorico-pratico in materia di anticorruzione., Maggioli Editore, Rimini, 2016, p. 38.

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la definizione delle aree e dei processi più esposti al rischio di corruzione e, quindi, delle specifiche misure di contrasto da mettere in atto da parte di singole amministrazioni.

L'efficacia di tale strumento dipende non solo dall'accuratezza della mappatura dei processi in sede di elaborazione del P.T.P.C., ma anche dallo svolgimento dei controlli sulla gestione delle misure di trattamento dei rischi di corruzione in sede di attuazione dei Piani triennali”45

Si tratta della parte più innovativa e difficile dell'intero sistema anticorruzione, in quanto prende in considerazione i criteri tecnico-organizzativi su cui si basa la costruzione dei sistemi di gestione del rischio e di conseguenza dei Piani per la prevenzione della corruzione a livello decentrato.

Considerando che la predisposizione di un Piano della Prevenzione della Corruzione presuppone una preparazione sul luogo di mesi e, soprattutto, un'aderenza personalizzata alla singola struttura da pianificare, appare del tutto evidente che tale questione non possa essere affrontata attraverso un Piano Nazionale Anticorruzione, il quale è un documento unico, non diversificabile e inidoneo a soddisfare i criteri di specificità tipici di un sistema di gestione del rischio corretto.

A tal riguardo il P.N.A. se ne occupa unicamente in via standardizzante focalizzando maggiormente la sua attenzione su quella serie di misure preventive ritenute obbligatorie e non derogabili che, nonostante siano desumibili da tutte le leggi che ruotano attorno al programma anticorruzione, necessitano di una schematizzazione unitaria valida a livello nazionale:

1. Trasparenza

Con il termine Trasparenza si fa riferimento agli obblighi di informativa richiesti, in un primo momento, dalla Legge 190/2012 e, successivamente, dal D.Lgs. 33/2013 di riordino della disciplina. Nel P.N.A. la Trasparenza viene indicata come strumento fondamentale per la prevenzione della corruzione ma, soprattutto, come “misura trasversale”

45 TURTURIELLO R., PORCARI D. M., Manuale teorico-pratico in materia di anticorruzione., Maggioli Editore, Rimini, 2016, p. 40-41.

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che obbliga le amministrazioni pubbliche a creare sul proprio sito internet istituzionale un'apposita sezione denominata “Amministrazione Trasparente” all'interno della quale deve essere inserito il Programma Triennale per la Trasparenza e l'Integrità.

2. Codice di Comportamento

Tale misura prevede l'obbligo di adozione per ogni Amministrazione di un Codice Etico contenente un insieme di norme correlate a cui viene attribuito il compito di delineare i principi fondamentali su come ci si deve o non ci si deve comportare all'interno del settore in cui ci si trova ad operare. Tale Codice che è stato adottato con il Decreto del Presidente della Repubblica 62/2013, deve essere pubblicato e reso noto a tutti i dipendenti.

3. Rotazione del personale

Essa rappresenta una specifica misura espressamente richiesta dalla Legge 190/2012 e consiste nell'alternare più professionisti nella gestione di uffici preposti allo svolgimento delle attività nel cui ambito è più elevato il rischio che si verifichino casi di corruzione. Spesso le amministrazioni pubbliche, però, sono un po' in difficoltà nell'applicazione di tale misura a causa della scarsità di personale dotato di competenze necessarie a ricoprire i suddetti uffici.

4. Obbligo di astensione in caso di conflitti di interesse

Il P.N.A. ricorda che l'obbligo di astensione in caso di conflitti di interesse deve essere incentivato attraverso la predisposizione di iniziative volte ad informare il personale sull'obbligo di astenersi dal partecipare a decisioni che potrebbero porsi in conflitto con l'interesse perseguito nello svolgimento della funzione.

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5. Svolgimento di incarichi d'ufficio – attività ed incarichi extra-istituzionali

In relazione a tale misura il P.N.A. interviene disponendo che le amministrazioni pubbliche debbano definire gli incarichi e le attività non consentite ai pubblici dipendenti secondo criteri differenziati per qualifiche e ruoli. In particolare è opportuno che queste informazioni siano elaborate come proposte di decreto e che vengano trasmesse al Dipartimento della Funzione Pubblica.

6. Conferimento di incarichi dirigenziali in caso di particolari attività o incarichi precedenti

In questo caso si fa riferimento al tema dell'inconferibilità disciplinato con il D.Lgs. 39/2013, il quale con tale termine intende la preclusione, permanente o temporanea, a conferire gli incarichi previsti dal Decreto stesso a coloro che abbiano riportato condanne penali per specifiche tipologie di reati46, a coloro che abbiano svolto incarichi o ricoperto cariche presso enti di diritto privato regolati o finanziati da pubbliche amministrazioni o svolto attività a favore di questi e, infine, a coloro che siano stati componenti di organi di indirizzo politico.

7. Incompatibilità specifica per posizioni dirigenziali

Anche in questo caso il richiamo è al D.Lgs. 39/2013 che prevede due ipotesi di incompatibilità. La prima tra gli incarichi nelle pubbliche amministrazioni e negli enti privati in controllo pubblico e le cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati dalle pubbliche amministrazioni nonché lo svolgimento di attività professionale. La seconda tra gli incarichi appena citati e le cariche di componenti di organi di indirizzo politico.

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8. Attività successiva alla cessazione del rapporto di lavoro (pantouflage –

revolving doors)

Con attenzione particolare per tale misura il P.N.A. dispone che le amministrazioni pubbliche implementino direttive interne finalizzate a sottolineare il divieto, da parte dei dipendenti pubblici che, negli ultimi tre anni di servizio, hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle Pubbliche Amministrazioni, di prestare attività lavorativa o professionale, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di lavoro, presso i soggetti privati destinatari dell'attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri.

9. Formazione di commissioni, assegnazione agli uffici e conferimento di incarichi in caso di condanna per i delitti con la Pubblica Amministrazione Essa è disciplinata dalla Legge 190/2012, la quale prevede che coloro che sono stati condannati per i suddetti reati non possono fare parte o essere assegnati a commissioni o uffici preposti a svolgere determinate operazioni.

10. Tutela del dipendente che effettua segnalazioni di illecito (whistleblowing)

Al whistleblowing vengono ricondotte tutte le azioni di tutela del dipendente che denuncia fatti o condotte illecite di cui è venuto a conoscenza in virtù del proprio lavoro svolto all'interno dell'amministrazione pubblica. Conseguenza diretta a tale scelta è rappresentata dalla predisposizione di tre specifiche forme di tutela che devono essergli garantite, quali la garanzia dell'anonimato, il controllo su eventuali forme di discriminazioni e la sottrazione della denuncia al diritto di accesso fatti salvi i casi di necessità di svelare l'identità del denunciante. (nuovo art. 54 bis nell'ambito del d.lgs. n. 165 del 2001, introdotto dall'art. 1, comma 51, della legge 190 del 2012). In particolare, per quanto

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