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Riconoscere Michelangelo nella Stanza Segreta

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Academic year: 2021

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UNIVERSITA’ DI PISA

DIPARTIMENTO DI CIVILTA’ E FORME DEL SAPERE

ANNO ACCADEMICO 2016/2017

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE

IN STORIA E FORME DELLE ARTI VISIVE,

DELLO SPETTACOLO E DEI NUOVI MEDIA

Classe LM-65: Scienze dello spettacolo e produzione

multimediale

TESI DI LAUREA MAGISTRALE

Riconoscere Michelangelo nella Stanza Segreta

IL RELATORE IL CANDIDATO

Vincenzo Farinella

Fassina Francesca

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Riconoscere Michelangelo nella Stanza Segreta è lo studio dei disegni murali presenti nel

locale sottostante il lavamani sinistro della Sagrestia Nuova di San Lorenzo a Firenze. Scoperti nel 1975, quando alla direzione delle Cappelle Medicee era Paolo dal Poggetto, sono stati ripuliti dall'intonaco che li copriva e poi studiati; tali studi sono stati poi ripresi essenzialmente in due brevi fasi: nel 2002 e nel 2011.

Il dibattito rispetto alla paternità di Michelangelo dei suddetti disegni è rimasto confinato negli anni seguenti la scoperta; negli anni 2000, poi, è emersa la volontà di studiare ed approfondire queste opere grafiche ma gli studi fatti non hanno dato vita ad alcuna pubblicazione se non a quella di Paolo dal Poggetto del 2012 che rimane l'unica fonte di approfondimento del tema.

La mia ricerca si divide in tre parti: lo studio del corpus dei disegni di Michelangelo tenuti come riferimento grafico, l'analisi dei disegni murali nel locale sottostante il lavamani sinistro della Sagrestia Nuova di San Lorenzo e la ricerca dei rari documenti recenti prodotti da enti e studiosi sull'argomento.

Ritrovare la mano di Michelangelo e le caratteristiche della sua grafica è stato il mio compito: cercare, all'interno di quei disegni, ciò che poteva essere imputato alla mano del

Divino e ciò che invece rimaneva nell'incertezza o poteva essere associato ad altri artisti.

Pertanto le conclusioni del mio lavoro sono fondate su uno studio storico e di osservazione, arricchito dalle fonti pubblicate sull'argomento e dalla capacità critica acquisita.

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INDICE

INTRODUZIONE...1

CAPITOLO I ...3

MICHELANGELO E IL DISEGNO...3

1.1 I motivi del disegno: soggetti e studi, pratica e stile...5

1.2 Tratti comuni alla maggior parte dei disegni di Micheangelo...11

1.3 La mano dell'autore: distinzione fra allievi e maestro...17

1.4 La datazione dei disegni...20

1.5 I precedenti disegni murali: il riferimento di Settignano...22

CAPITOLO II...25

I DISEGNI MURALI NELLA SAGRESTIA NUOVA...25

2.2 Disegni contemporanei al 1530: analisi e paragone per la ricerca di una linea comune...29

2.3 Analisi dei disegni della sagrestia: discussione sulla paternità...36

2.4 Il percorso nella Stanza Segreta e la mano di Michelangelo...41

2.4.1. La parete sinistra...42

2.4.2 La parete di fondo...56

2.4.3 Parete destra...60

2.5 Disegni di altre mani nella Stanza Segreta...75

CAPITOLO III...83

INTESI DEGLI INTERVENTI DIAGNOSTICI E DI RESTAURO PASSATI, PER LA PROGETTAZIONE DI ANALISI FUTURE...83

CONCLUSIONI...87

RINGRAZIAMENTI...88

BIBLIOGRAFIA...89

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INTRODUZIONE

Affrontare un autore come Michelangelo Buonarroti mi ha messo di fronte ad un uomo con un'immensa eredità nella quale dovermi orientare. La grandezza di quanto ha lasciato in termini di scrittura, opere d'arte visive e biografie costringe qualsiasi studioso ad

abbracciare la totalità del patrimonio per poi, come un grande zoom, focalizzarsi su una sua parte che, a quel punto, dà l'impressione di essere un pezzo solo di un enorme puzzle. Il mio zoom si è ristretto sul sotterraneo della Sagrestia Nuova di Firenze dove sono stati scoperti nel 1975 alcuni disegni murali, molti dei quali a mio avviso riconducibili a Michelangelo.

Quello che lega il singolo pezzo al puzzle completo in termini si significato essenziale e determinante alla composizione del tutto, è come il legame che esiste fra l'argomento sul quale ho deciso di concentrare la mia ricerca e l'uomo, scrittore, pittore, architetto e scultore Michelangelo.

I disegni murali ritrovati nel sotterraneo della Sagrestia Nuova a Firenze sono il piccolo pezzo del grande puzzle; il mio compito è stato quello di collocare questo pezzo: la mia ricerca si basa sui legami che questi disegni hanno con l'opera di Michelangelo, con la sua vita, il suo tratto, la sua mano e sulla ricerca di significati possibili che li leghino

all'autore.

Nel corso degli anni alcuni studiosi si sono esposti con opinioni discordanti rispetto alla paternità dei disegni murali della stanza sottostante il lavamani sinistro della Sagrestia Nuova; questo avvenne soprattutto nel periodo seguente alla scoperta e fu un dibattito che pian piano si spense con la sola eccezione nel 2012 della pubblicazione di Michelangelo,

la stanza segreta, i disegni murali nella Sagrestia Nuova di San Lorenzo di Paolo dal

Poggetto, testo che ha fatto da guida nelle mie ricerche fungendo da stimolo per la creazione di una mia idea personale.

Effettivamente gli studi citati in appendice al suddetto libro e ancora in essere nel 2012, non hanno portato ad altra pubblicazione e nemmeno hanno riacceso il dibattito lasciato sospeso.

La mia ricerca si è concentrata sui disegni ritrovati nel sotterraneo: all'interno della Sagrestia sono presenti nell'abside e nel lavamani destro alcuni disegni murali che per la

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maggior parte riportano studi ed elementi architettonici attribuiti con certezza a

Michelangelo e altri sono disegni di figura di allievi o garzoni. Consapevole della parzialità della mia ricerca, ho preferito dedicarmi ai disegni di figura presenti nel locale sottostante il lavamani sinistro, opere in ogni caso legate al luogo nascosto nel quale sono state create, luogo inteso come spazio a sé stante, diverso da ciò che avveniva al piano superiore, un contesto che ricorda qualcosa di segreto e che quindi ha un significato autonomo e forse indipendente dal resto.

A partire dallo studio del modus operandi di Michelangelo nel disegno, per il quale il catalogo dell'ultima mostra di New York Michelangelo divine draftsman e designer di Carmen Bambach mi ha fatto da guida insieme al libro di Hirst del 1993, ho ricercato quei tratti comuni visibili nelle opere grafiche di quella che d'ora in poi, riferendomi al termine utilizzato da Paolo dal Poggetto, chiamerò Stanza Segreta.

In seguito, per tutti quei disegni, a mio parere non affidabili alla mano del Buonarroti, ho provato a riconoscere in essi tratti e caratteristiche grafiche di autori contemporanei a Michelangelo e che sappiamo aver frequentato la Sagrestia Nuova, facendo tesoro, in particolare, dei saggi scritti dallo stesso Paolo dal Poggetto e da Alessandro Parronchi negli anni immediatamente successivi alla scoperta, e da Marco Collareta e Frederick Hartt nel 1992.

Infine, per formare una mia idea rispetto a quanto accaduto nella Stanza Segreta, alla qualità delle tracce lasciate e all'analisi di esse, mi sono affidata agli studi diagnostici e analitici condotti fin'ora, andando a confrontarmi, quando possibile, con tecnici e

restauratori, soprattutto per quegli interventi sui quali non sono reperibili relazioni scritte. Quello affrontato non è sicuramente un argomento di semplice gestione, sia per la vastità delle opere di Michelangelo che possono fare da riferimento, sia per la ricchezza e varietà dei disegni murali della Stanza Segreta in termini di quantità e qualità.

Ritengo sia stato un percorso complesso ma molto interessante che nella sua vastità lascia necessariamente aperte le porte a ulteriori ricerche verso nuove e differenti possibilità di indagine e attribuzione.

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CAPITOLO I

MICHELANGELO E IL DISEGNO

Michelangelo Buonarroti ha lasciato in eredità uno dei più grandi patrimoni grafici a noi pervenuto di un artista italiano del XVI secolo.

Che lasciare un'eredità fosse la volontà dello stesso autore tenderei ad escludelo: senz'altro nelle sue abitudini artistiche il disegno aveva una grande importanza, ogni volta vissuto con modalità e scopi differenti, ma raramente inteso come opera definitiva e

sostanzialmente autonoma. Sicuramente per Michelangelo il disegno era il lavoro fisico che, anziché essere su intonaco o sul marmo, si esprimeva sulla carta e che andava ad unirsi al lavoro intellettuale della concezione di un'idea. Pertanto i suoi disegni sono stati intesi dall'autore stesso in maniera differente dando loro diverso valore: dall'essere visti come studi su carta semplice sulla quale poter aggiungere altri disegni o appunti, ad opere compiute, come ad esempio i fogli di “presentazione” donati ad amici, da conservare con attenzione.

Di contro i suoi contemporanei sono stati sicuramente consapevoli della ricchezza contenuta in qualsiasi opera compiuta dal “Divino”, aggettivo affidato a Micheangelo sin dal 1530: questa venerazione, dopotutto mai terminata, se da un lato ha permesso la conservazione delle opere del Buonarroti ritenute sin da subto un bene prezioso, dall'altra ha condotto altri artisti a realizzare copie molto fedeli all'originale, rendendo così difficile nei secoli il lavoro di critici e operatori museali rispetto al riconoscimento della paternità delle stesse, lavoro ancor più complicato a causa dell'opera di mercanti e collezionisti che, per aumentarne il valore, assegnavao paternità scorrette alle opere in circolazione.

Il riconoscimento della paternità ha da sempre creato discordanze fra gli studiosi: Carmen C. Bambach1 ne fa un breve riassunto partendo dall'edizione del 1903 di The drawings of Michelangelo di Berenson che conta 230 disegni del Buonarroti, per poi passare ai 284

nell'edizione del 1938 e a 295 nell'edizione italiana del 1961. Il numero cresce poi con Tolnay nel Corpus dei disegni di Michlangelo del 1975-80 nel quale sono 633 i disegni ritenuti del Buonarroti; nel 1988 Micheal Hirst vede la possibilità che fino a 785 fogli del maestro possano essere ancora esistenti , se il recto e il verso dei fogli usati su due lati,

1 Carmen C. Bambach, Catalogo della mostra Michelangelo divine draftsman e designer, New York,The Metropolitan Museum of art, 2017

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fossero contati separatamente. Alexander Perrig nel suo Michelangelo studien in più volumi, riduce di 30-40 lavori le opere autentiche; questa riduzione viene appoggiata nel 2007 da Frank Zollner, Christof Thoenes e Thomas Popper in Michelangelo, 1475-1564:

Complete works.

Purtroppo, non essendo firmati o autografati se non in minima parte, i disegni di

Michelangelo rimangono di difficile identificazione certa, quello che i critici hanno fatto nei secoli è basare le ricerche su altre fonti quali lettere di corrispondenza ad amici o familiari o anche a committenti, documenti di acquisto e appunti dell'artista.

Quello che traspare dalla maggior parte dei disegni è che, agli occhi dell'autore, questi non sarebbero dovuti arrivare ai posteri e, in ogni caso, non erano stati realizzati con questo intento, fatta eccezione di quei disegni d' omaggio con impostazione figurativa ricercata e finitezza estetica, intesi come opere compiute e donate ad amici affidando loro anche la conservazione.

La conservazione dei disegni rimane un argomento ambivalente per la figura di

Michelangelo il quale passa da momenti di estrema accortezza e gelosia a veri e propri roghi determinanti la distruzione di diverse opere: se da un lato la cura e l' attaccamento ai propri disegni è testimoniato da una lettera al padre nella quale chiede di spedirgli alcuni disegni prestando molta attenzione nell'achonciarlo2 o all'esigenza che non capiti in mano d'altri che in le man mie3, dall'altra in taluni momenti trattava i suoi disegni come pezzi di

carta sui quali poter scrivere appunti anche di poca importanza fino ad arrivare a

distruggere, dandole alle fiamme, quelle opere grafiche che forse, come intendeva Vasari, riteneva indegne o imperfette, per lasciare un'immagine ripulita della sua arte. Rimane quindi il fatto che la grafica michelangiolesca sia un argomento della cui grandezza avremo sempre un'idea parziale.

Nonostante questo cercherò di indagare il modus operandi di Michelangelo disegnatore per avere un terreno fertile sul quale fondare l'analisi dei disegni murali ritrovati nel locale sottostante il lavamani sinistro della sagrestia Nuova in S. Lorenzo.

2 Carteggio, I, pp.11-12, n.VII 3 Carteggio, III, 1973, pp. 405-406

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1.1 I motivi del disegno: soggetti e studi, pratica e stile

La prima indagine che credo sia necessario fare è quella che conduce ad immaginare il motivo del disegno, la sua causa: perchè Michelangelo disegnava?

Osservando le opere grafiche pervenuteci possiamo chiaramente individuare l'oggetto predominante, se non assoluto, dei disegni di Michelangelo: la figura.

Come lui stesso dichiarò in una lettera a Benedetto Varchi, il suo intento era quello di “fare le figure”4, di indagare quindi la figura umana, in particolare quella maschile, escludendo

dalle sue ricerche paesaggi e scene di vita quotidiana, focalizzandosi sul corpo.

Il corpo viene indagato, analizzato, persino decorticato per studiare la muscolatura, lo scheletro, ciò che lo compone e che gli consente di sprigionare quella forza e quell'energia vitale che Michelangelo sapeva esprimere cosi bene attraverso le sue opere. Per il

Buonarroti il disegno denota il lavoro fisico sulla carta e anche quello intellettuale della concezione di un'idea.

Il disegno per Michelangelo era senz'altro studio e quindi poteva trattarsi di disegni preparatori per opere pittoriche o scultoree. In questo caso esistono disegni che con

evidenza sono riconducibili all'opera finita, si veda ad esmpio i preparatori per la Cappella Sistina o per alcune statue della Sagrestia Nuova di S.Lorenzo (fig.1)e che servivano quindi a trovare la posizione, il chiaroscuro, l'intento dinamico della figura, la tensione muscolare corretta.

Lo studio poi poteva essere fine a se stesso, un'indagine che portasse alla conoscenza attraverso l'osservazione, in questo atteggiamento rientrano tutti quei disegni non riferibili con certezza ad opere complete ma comunque carichi di forza e bellezza: dagli écorché agli studi di nudo che indagano posizioni, torsioni, luci e tensioni sempre diverse. Esistono altresì disegni più didattici, fatti per gli allievi, che riportano disegni di Michelangelo e, spesso sullo stesso foglio, le copie fatte evidentemente da mani meno esperte (fig.2).

Probabilmente per Michelangelo il disegno era prevalentemente studio e indagine che andandosi raramente a concludere con opere compiute e complete, era funzionale ad un prodotto altro: come già detto gli unici disegni intesi come opere autonome sono i fogli d'omaggio, fatti e donati ad amici, allievi o ammiratori. Esempi meravigliosi si hanno per i disegni indirizzati a Tommaso de' Cavalieri come La caduta di fetonte (fig.3)o Il dannato

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(fig. 18) destinato a Gherardo Perini che sono stati intesi come modelli e quindi copiati molte volte da mani diverse, da copisti spesso esperti che hanno messo in crisi nei secoli l'identificazione dell'opera originale.

Altri disegni sono invece dedicati all'architettura, strettamente legati alla pratica del costruire: si tratta di disegni che riportano lo studio di edifici o strutture e parti

architettoniche. Alcuni fogli contengono veri e propri studi di trabeazioni, finestre, dettagli generici non riconducibili a monumenti effettivamente costruiti; altri invece sono veri e propri fogli di progettazione utili ad immaginare l'opera da edificare, ma altresì contenenti informazioni utili a scarpellini e manovali come misure, proporzioni e materiali da

utilizzare.

Intendendo il disegno come studio, concordo con quanto scritto da Michael Hirst il quale sostiene che ”l'atto del disegare, sia per le sculture, sia per le pitture, veniva appena prima l'inizio del lavoro”5.

Questo può significare che lo studio grafico o di composizione era in funzione dell'opera finale e pertanto, avvallando la suddetta tesi, si risolve parzialmente il problema della datazione dei disegni: conoscendo la data di realizzazione delle opere finali, siano esse dipinti, sculture, affreschi o cantieri, possiamo datare nel medesimo periodo i disegni relativi.

Diversamente viene affrontata la collocazione temporale dei disegni di studio non

associabili ad opere altre: quei disegni che non riportano una data, e sono la maggior parte, sono stati ove possibile ricondotti a studi per opere specifiche in modo da inserirli in un dato periodo. In ogni caso la datazione rimane un problema difficilmente risolvibile, che ovviamente si fonda su ipotesi non totalmente verificabili e comunque contraddicibili; infatti, per tutto il '900 e nello svogersi degli ultimi decenni, critici ed esperi si sono esposti con pareri anche molto discordanti rispetto ad alcuni disegni.

Si veda come esempio il foglio del British Museum (fig 4)che Ernst Steinmann aveva dimostrato essere lo studio per l'Ignudo del soffitto della Cappella Sistina, a destra della Sibilla Delfica, ed altri critici hanno invece associato al periodo del Giudizio Universale lasciando quindi un divario temporale di almeno vent'anni.6

Questo avvenne, e succede tutt'ora, perchè in Michelangelo è difficile individuare una linea

5 Michael Hirst, Micelangelo, i disegni, Torino 1993 Giulio Einaudi Editore 6 Michael Hirst, Micelangelo, i disegni, Torino 1993 Giulio Einaudi Editore

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evolutiva nella sua pratica grafica: effettivamente non sono evidenti i cambiamenti di stile o di utilizzo differente di materiali che conducono l'artista dalla giovinezza alla vecchiaia se non per qualche caratteristica che proverò ad indicare.

Rispetto al materiale usato nel disegno si possono individuare con il passare degli anni, l'introduzione di nuovi mezzi grafici o l'esclusione di alri: nei primi disegni, dei quali si sono conservati pochi fogli, Michelangelo pare che si avvalesse principalmente di penna e inchiostro, come tecnica ereditata alla bottega del Ghirlandaio; spesso le figure erano delineate con tratti incrociati a volte su carta preparata con fondi colorati.

Dalla Battaglia di Cascina Michelangelo introduce in modo definitivo la matita nera e il carboncino già in parte usato in disegni precedenti, che utilizzerà per tutta la sua vita insieme allo stilo, strumento che gli permetteva di ottenere tracciati abbozzati, utilizzato ampiamente per i disegni del soffitto della Cappella Sistina.

Negli stessi anni utilizza saltuariamente la sanguigna che vedrà il suo maggior impiego durante gli studi per il soffitto della Cappella Sistina e nel decennio seguente arrivando poi agli anni '30 quando in Michelangelo sembra attenuarsi l' interesse a questo mezzo grafico. Dal suo trasferimento a Roma (1534) Michelangelo sostitusce gradualmente la sanguigna con la matita nera, allontanandosi dall'utilizzo di penna e inchistro nei disegni figurativi. Se in via generale si può affermare quanto detto, è altrettanto vero che Michelangelo pare non abbandoni mai definitivamente una tecnica piuttosto che un'altra; pertanto, per quanto la tecnica grafica possa aiutarci a collocare nel tempo un disegno, senz'altro non può essere considerata una condizione sufficiente.

Esiste poi un cambiamento nello stile del disegno di Michelangelo, alcuni caratteri che definiscono il percorso dell'artista nel trascorrere degli anni: nei disegni del Buonarroti si può delineare una lieve evoluzione dalla giovinezza alla vecchiaia, uno stile che varia nel tempo ma non in maniera molto definita, conservando degli intercci, di uno o dell'altro stile, lungo tutta l'esistenza dell'autore.

Volendo cercare un'evoluzione al di fuori delle eccezioni, che in ogni caso esistono, e desiderando indicare uno sviluppo dell'arte grafica di Michelangelo durante la sua lunga vita, mi sento di poter ipotizzare una trasformazione che, partendo dallo studio fine a se stesso visto come allenamento della mano, porta al disegno di studio che comprende indagini anatomiche ma anche, col passare degli anni, un'energia e un'intenzione della

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figura rafforzata dalla tensione muscolare, dal potente chiaroscuro e dai tratti di inchiostro o carboncino. Da qui Michelangelo introduce sempre più intensamente l'emotività

profonda che dai fogli d'omaggio conduce fino alle ultime sue opere e che allontana i toni e i contrasti chiaroscuali prediligiendo mezzi toni, incarnati più leggeri, se vogliamo anche visivamente meno potenti; il disegno perde nitidezza, a volte sembra sfaldarsi, ma in sé porta con forza disarmante tutto il carico emotivo e sentimentale delle passioni umane. Volendo ripercorrere lo sviluppo grafico del Buonarroti e partendo sempre dal presupposto che il materiale sul quale possono basarsi i nostri studi è di per sé lacunoso per via della perdita di moltissimi disegni, è possibile individuare nei disegni della giovinezza un tratto che deve, almeno in parte, il suo stile agli insegnamenti del Ghirlandaio presso il quale Michelangelo era a bottega.

Siamo nel 1490 circa quando Michelangelo disegna per studiare e una delle pratiche per imparare a disegnare è copiare: in questa ricerca copia diversi lavori di autori famosi o di opere antiche, fra gli altri si veda ad esempio lo studio di figura dall'affresco di Masaccio

Il tributo nella Cappella Brancacci in Santa Maria del Carmine a Firenze o ancora lo studio

da Giotto di un particolare dell' Ascensione di San Giovanni in S.Croce a Firenze.(fig.5) Nei primi anni di studio Michelangelo ci dimostra già un utilizzo straordinario della penna: il drappeggio, la luce e l'espressione emotiva dei personaggi è determinata da linee

parallele o incrociate che vanno a definire i contorni e il chiaroscuro delle figure. Parti fitte di linee ravvicinate creano ombre e parti buie, queste poi si contrappongono alle zone luminose dove la carta viene spesso lasciata bianca o con leggere linee distanziate.

La mano di Michelangelo si fa sempre più sicura, l'anima delle figure emerge con passione, il chiaroscuro diventa spesso più violento come si può riscontrare dagli studi dal vivo volti alla realizzazione della Battaglia di Cascina (fig.6) e più in generale agli studi del primo decennio del Cinquecento compresi i disegni, prevalentemente a sanguigna, fatti per la Cappella Sistina.

Lo studio dal vivo per l'indagine anatomica delle posizioni, per la resa chiaroscurale per le tensioni muscolari, dà vita in questi anni a disegni di straordianaria bellezza dove il corpo delle figure rappresentate è vibrante e carico di energia; seppur in alcuni casi le posizioni rappresentate fossero non necessariamente dinamiche, Michelangelo riesce a dare vitalità anche a corpi seduti o sdraiati.

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Di questo stesso periodo sono alcuni disegni a inchiostro che, a mio avviso, si distinguono dagli altri e sono quegli schizzi privi di chiaroscuro che Michelangelo fa ad esempio dedicandosi allo studio degli Ignudi per la Cappella Sistina (fig. 7)e che saltuariamente ripeterà fino a qualche anno più terdi ad esempio con lo studio dei prigioni. Sono siluettes anatomicamente forti, delineate semplicemente dal contorno, non sono definite nelle loro parti interne; lo studio di questi corpi si dedica evidentemente all'essenziale e, lasciando solo la struttura, risulta evidente la dedizione dell'artista per lo studio di posizioni difficili e torte osservate e studiate da punti di vista differenti.

Con il passare degli anni l'evoluzione che a me sembra di poter mettere in luce è quella che conduce Michelangelo a disegni carichi di grande emotività: i fogli d'omaggio disegnati ad esempio per Tommaso de' Cavalieri o per Gherardo Perini sono opere di grande

raffinatezza, il tratto è fine, l'incarnato è reso in maniera divina senza forti contrasti di luce, il chiaroscuro su toni tenui definisce chiaramente e con grande espressività ogni figura della composizione. Sono queste opere che svelano l'emotività dell'autore: la capacità di Michelangelo di dar vita a figure che esprimono vitalità, forza, energia si unisce alla dimensione forse più intima dell'autore, lo sguardo delle teste divine, la loro posa la loro espressività è chiara, osservandole si capisce distintamente qual'è lo stato d'animo di queste donne o di questi uomini. Lo stesso si può dire ad esempio de Il ratto di Ganimede (fig. 8) dedicato a Tommaso de' Cavalieri: i caratteri grafici sono i medesimi, un

carboncino usato finemente, un chiaroscuro lieve che fa emergere tutta la sensualità di quest'opera. Si tratta di un rapimento che si distingue dal mito e assume le sembianze di un abbraccio: Ganimede è abbandonato nel corpo di Zeus trasformato in aquila, un intreccio dei due corpi che oscilla tra la forza degli artigli del rapace e la morbidezza del corpo del giovane; ciò che arriva all'osservatore è la sensualità lussureggiante di questo disegno, un'emozione forte che riporta a sentimenti fose contrastanti.

Il tratto di Michelangelo negli ultimi dieci anni di vita giunge a sfaldarsi: il chiaroscuro raffinato e tenue perde i suoi contorni, le figure non sono più così definite, il carboncino delinea i corpi con contorni carichi di ripensamenti, più linee sovrapposte creano un effetto sfocato che impedisce la definizione dell'immagine e dell'anatomia dei corpi tanto ricercata nei primi decenni del secolo. Così il protagonista assoluto degli ultimi disegni è la

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anzi diviene maggiore con il passare degli anni.

Si può osservare ad esempio la Crocefissione con Vergine e San Giovanni nel foglio del British Museum (fig 9) nella quale le figure sono definite con grande approssimazione, il chiaroscuro è praticamente assente se non sul corpo del Cristo, lumeggiature bianche disegnano la luce che sembra provenire da sinistra definendo una parte ombreggiata alla destra del crocefisso, i contorni delle figure sono ripresi più volte come piccoli o grandi ripensamenti divenendo così indefiniti. In questa raffigurazione quasi impapabile però si respira la tragedia che avviene nel momeno rappresentato: il gesto intimo della Vergine che abbraccia la croce e appoggia la testa alle gambe del figlio in un disperato silenzio, il gesto di S.Giovanni che sembra reagire invece alla tragedia quasi con incredulità alzando la testa e andando a cercare con lo sguardo il suo amico. Quello di S.Giovannis sembra essere l'unico moto vitale della composizione, il resto è un soffocato lamento, un dolore forte e sordo, quasi inespresso. Il corpo di Cristo senza vita e senza forza, ritrae un uomo ancora giovane e possente ma che ha perduto il vigore e la tonicità dei suoi muscoli, del suo corpo. Sembra che Michelangelo faccia abbandonare i suoi personaggi alla morte, appare come un dolore rassegnato, un lento scivolar verso l'accettazione e la consapevolezza della fine. A discapito di una grafica impeccabile emergono così le qualità psicologiche delle figure come due valori inversamente proporzionali: la forza del chiaroscuro e dell'anatomia dei corpi diminuisce lasciando sempre maggior spazio all'emotività dell'anima di

Michelangelo.

Se l'evoluzione individuata del tratto michelangiolesco può essere vera, sono altrettanto vere alcune eccezioni: esistono disegni stilisticamente molto simili che appartengono a periodi diversi, distanti anche decine di anni. Sono in particolare i disegni a penna a presentarsi, in tutta la storia artistica di Michelangelo, come disegni essenziali che con grande economia del tratto delineano in maniera chiara i soggetti rappresentati.

Si veda ad esempio lo studio oggi al British Museum per il gruppo marmoreo della

Madonna col Bambino di Bruges (fig.9 b) eseguito probabilmente alla fine del 1504

paragonato al disegno Venere e cupido (fig. 10)databile intorno al 1532-33 che Michelangelo avrebbe realizzato su cartone per Pontormo. I due disegni dimostrano evidentemente uno stile unitario, l'utilizzo della penna e l'essenzialità dei tratti sono caratteristiche comuni, oltre ai modelli usati che sono nudi maschili nonostante i soggetti

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fossero femminili7.

La linea comune che si ritrova anche a distanza di anni in alcuni disegni del Buonarroti, denota due aspetti: sicuramente la mano di Michelangelo aveva una dote innata che è riscontrabile in ogni sua opera e che probabilmente non è cambiata nel corso della sua vita, è la sicurezza del tratto, l'espressività del gesto grafico che rimane come filo conduttore di tutto il patrimonio ma è altresì indicativa della similarità della loro funzione.

Entrambi i disegni presi in esame, infatti, sono schizzi eseguiti nei primi stadi dello sviluppo di un motivo di figura e pertanto narrano del processo creativo dell'artista, dall'idea all'opera finita, utilizzato probabilmente nel corso di tutta, o quantomeno di gran parte, della sua vita.

Se da una parte quindi è possibile individuare un percorso grafico dell'artista, dall'altro dobbiamo essere consapevoli del fatto che alcuni tratti grafici di Michelangelo che caratterizzano un determinato periodo, possono tornare a distanza di tempo, questo anche perchè la perdita di molti disegni ha senz'altro creato dei buchi iconografici che

impediscono uno studio lineare delle opere. È bene quindi affrontare ogni disegno con la consapevolezza, come sostiene Paoul Joannides “che la grafica michelangiolesca rimane una terra inesplorata, della cui estensione non avremo mai che un'idea molto parziale”8.

1.2 Tratti comuni alla maggior parte dei disegni di Micheangelo

Per chiarire gli aspetti grafici dei disegni del Buonarroti, ritengo necessario ricercare nel percorso dell'artista alcuni tratti comuni che possano aiutare l'osservatore ad orientarsi per identificare un' opera di Michelangelo.

Come ogni essere vivente il Buonarroti non è mai stato uguale a se stesso nella sua lunga vita, pertanto le sue opere non possono essere indagate cercando parametri fissi entro i quali porle o dai quali allontanarle: non sarà quindi possibile dichiarare una paternità certa dal momento in cui quasi nessun disegno è firmato.

È ammissibile però provare ad individuare delle caratteristiche comuni alla maggior parte dei disegni di Michelangelo per darci un'idea di ciò che è possibile incontrare ipotizzando la paternità di un' opera grafica. Questo non dovrà però condurre ad una chiusura mentale

7 Michael Hirst, Micelangelo, i disegni, Torino 1993 Giulio Einaudi Editore 8 Paul Joannides, Michelangelo, Milano, 5 Continents Edition srl, 2003

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che impedisca di prendere in esame disegni anche di poco distanti dai parametri individuati, mantenendo la libertà di poterli studiare per associarli, eventualmente, alla mano di Michelangelo.

“The story is well told, too well for Michelangelo, who does not set out to be a narrator”9,

“la storia è ben narrata, troppo ben narrata per Michelangelo il quale non si propone mai di narrare”, Bernard Berenson scrive questa frase a commento di un'opera che non riteneva fosse di Michelangelo e che Hirst nel suo libro Michelangelo, i disegni ricolloca tra le opere del Buonarroti con il titolo Cristo davanti a Pilato dicendo che “con audaci colpi di penna è riuscito ad includere tutti gli attori più importanti, caratterizzandoli

succintamente”10. Anche nel catalogo della mostra Michelangelo divine draftsman and designer, Carmen C. Bambach riconduce quest'opera ai diegni fatti da Michelangelo questa

volta, però, in riferimento al progetto per la facciata di San Lorenzo e in particolare a San

Lorenzo davanti all'Imperatore.

Per quanto potesse essere distante il riferimento iconografico di Berenson, credo che avesse ragione riguardo l'importanza della narrazione nei lavori di Michelangelo.

Scorrendo i disegni e in secondo luogo anche le sue opere pittoriche o scultoree, salta all'occhio l'interesse centrale di Michelangelo: la forza comunicativa del corpo umano rimane il nucleo di qualsiasi opera, il corpo viene studiato in varie posizioni, con diverse tensioni e torsioni, ogni personaggio, anche il meno dinamico nasconde uno studio

posturale o strutturale innovativo, le pose dei personaggi non sono mai scontate, l'energia e la vitalità di ogni singolo muscolo che sorregge il corpo caratterizza ogni essere umano, persino i muscoli del viso, le espressioni degli occhi sono evidentemente studiati al di là della narrazione.

La storia, ciò che viene narrato nelle opere di Michelangelo, diventa occasione per un'esplorazione profonda sulla composizione delle figure e dei corpi; il racconto non è pertanto il fine dell'opera ma il suo pretesto.

Si prenda ad esempio lo studio di composizione per La battaglia di Cascina (fig.11)dove se vogliamo, lo scopo narrativo poteva essere centrale: a Michelangelo venne chiesto di affrescare una parete del Salone di Palazzo Vecchio a Firenze nel 1504 circa quando la richiesta fatta a Leonardo per la Battaglia di Anghiari nella medesima stanza era già stata

9 Bernard Berenson, I disegni dei pittori fiorentini, Milano, Electa, 1961 10 Michael Hirs, Michelangelo, i disegni; Torino, Giulio Einaudi editore, 1993

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avanzata. La narrazione del fatto sarebbe potuta essere l'elemento predominante, vista l'importanza storica dell'evento rappresentato, Michelangelo invece pare soffermarsi dapprima su studi dal vivo dove i corpi sono al centro della sua attenzione: due uomini che sollevano un terzo incaricato probabilmente di dare l'allarme, un nudo maschile di tre quarti con lancia rivelano lo studio anatomico, il desiderio di indagine chiaroscurale che evidenzia la tensione muscolare al di là del significato narrativo delle loro azioni. Lo stesso intento è a mio parere evidente nello studio di composizione succitato dove l'attenzione dell'artista si ferma sui soldati pisani sorpresi dai fiorentini mentre facevano il bagno nell'Arno; il movimento dei corpi, le loro torsioni e la loro forza sono i protagonisti del disegno, non si può parlare di disegno didascalico con intento narrativo seppur l'evento avrebbe potuto condurre il pittore a studiare una composizione volta alla comprensione della storia narrata.

Nell'intreccio di corpi vi è una dinamicità che richiama il panico, l'azione forse confusa dei soldati, l'occhio è portato a dirigersi verso il centro della composizione dove vi è una figura stante, girata verso destra, alla quale i corpi degli uomini, sulla sinistra, conducono con le loro gestualità e posizioni.

In questa composizione però sembra prevalere il sigolo corpo autonomo e valido nel suo splendore: ogni figura è ricercata e studiata come elemento determinante del disegno, vi è la ricerca di posture anomale, di torsioni e slanci che possano far emergere la forza del corpo umano e questo rimane ancor più evidente dalla copia del cartone, pervenutaci in una grisaille su tavola di Bastiano da Sangallo, dove si può osservare la ricerca di Michelangelo per l'anatomia e il linguaggio corporeo che, anche in una tematica possibilmente narrativa, rimane sempre il nucleo centrale della sua ricerca.

Facendo un salto temporale le stesse osservazioni possono essere fatte per gli schizzi di composizione del Giudizio Universale dove, nonostante il disegno sia più sfaldato e meno continuativo, è determinante l'attenzione dell'artista all'intreccio di corpi attorno alla figura del Cristo ed ogni corpo, con il suo movimento, vuole essere in qualche modo unico e fondamentale. Nell'affresco della Cappella Sistina si rafforza con evidenza lo studio delle figure, l'interesse per visioni di corpi in scorci profondissimi, punti di vista inaspettati e complicati, un 'opera che è un enorme studio sulle possibilità universali del corpo al di sopra dell'evento biblico narrato.

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Come già detto, essendo il lavoro grafico di Michelangelo legato allo studio di un'idea, sono pochi i disegni finiti da ritenersi opere compiue ed autonome; è pertanto conseguente la caratteristica del “non finito” che nei disegni del Buonarroti può essere individuata come una peculiarità.

È evidente che Michelangelo durante i suoi studi focalizzasse l'attenzione su alcune parti dei corpi rappresentati: spesso, il punto dove si ferma il suo interesse, è caratterizzato dal chiaroscuro, Michelangelo si sofferma sui particolari anatomici di alcune parti studiandone la conformazione, le ombre, la tensione muscolare e tralasciando le altre parti che

rimangono incompiute, a volte abbozzate nei contorni e a volte completamente tralasciate. Serva ad esempio Studio per un uomo che corre con lo sguardo rivolto allo sfondo (fig. 6) per la Bataglia di Cascina dove sono studiate nel dettaglio le parti del busto e restano esclusi gli arti tranne l'avambraccio sinistro; il chiaroscuro interssa anche le gambe fino alle ginocchia dimenticandosi del resto, anche il cranio non viene trattato e, come vedremo più avanti, emerge un'altra caratteristica grafica di Michelangelo: i particolari vengono studiati a volte ingranditi ai margini del foglio, infatti il braccio destro è studiato nello stesso foglio ma a margine così come, con tratto molto delicato e difficilmente visibile, il polpaccio e il piede destro accompagnati dal braccio sinistro ipotizzato come disteso.

Questo modo di intendere la figura volendosi soffermare su alcune parti piuttosto che altre, come un faro che viene direzionato per far luce su particolari anatomici lasciando il buio su altri, è un filo che conduce nella maggior parte della storia artistica di Michelangelo: è infatti riscontrabile anche in disegni preparatori per il Giudizio Universale databili quindi intorno al 1534.

Probabilmente il cambiamento arriva negli ultimi anni, quando il tratto inizia a sfaldarsi e l'emotività a prendere il sopravvento, il fascio luminoso innonda gli studi di figura

dell'artista di una luce soffusa e diffusa che, eliminati i contrasti, rende sgranata e sfocata l'immagine.

Un'altra caratteristica che è possibile individuare nei disegni del Buonarroti è la presenza di più soggetti nel medesimo foglio: la parsimonia spesso lo portava ad usare gli stessi fogli sia per disegnare sia per prendere appunti di ogni sorta. Quasi sempre i fogli sono utilizzati sul recto e sul verso anche se non vanno intesi come studi appartenenti allo stesso periodo storico inquanto alcune opere grafiche sul recto venivano conservate da Michelangelo che

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riutilizzava il foglio sul verso in un altro momento, a volte anche a distanza di anni, per disegnare o per scrivere.

Il foglio va pertanto visto come un contenitore dove l'artista può aver inserito nella sua vita i suoi ricordi, i suoi studi, i suoi appunti cercando di occupare tutti gli spazi liberi. In uno spirito di economia quindi ci troviamo di fronte a figure incoerenti fra loro, studiate una accanto all'altra e spesso realizzate in momenti diversi: si veda ad esemio il foglio dell' Ashmolean Museum di Oxford che rappresenta lo Studio di una figura di contorno alla

Sibilla Libica e lo Studio di una mano destra a sanguigna, uno schizzo di trabeazione e lo

studio per i Prigioni a penna per il monumento funebre di Papa Giulio II (fig.12).

In questo foglio sono racchiuse tecniche grafiche differenti: la sanguigna che delinea parti anatomiche volendo mettere in risalto il chiaroscuro del corpo, lo studio dei muscoli e dei gesti è affiancata ad una penna che va a definire lo studio architettonico raffinato e sottile di una trabeazione senza chiaroscuro così come i Prigioni allo stadio iniziale di studio sono corpi non definiti nel dettaglio ma studiati nelle loro posizioni e nella forza emotiva che possono trasmettere.

Con il medesimo spirito Michelangelo utilizza lo spazio del foglio per studiare uno stesso soggetto: spesso siamo di fronte perciò ad una figura studiata che viene lasciata incompleta in alcune sue parti le quali sono riprese e studiate nel dettaglio ai margini, si vedano ad esempio gli studi per Aman nel foglio del British Museum (1895,0915.497 r) (fig.13) dove i dettagli dei piedi vengono ripresi nella parte bassa ingrandendoli così da poter meglio definirne i particolari.

Un approccio simile è usato nello studio della Sibilla Libica al Metropolitan Museum (24.197.2 r) dove il mezzo busto del soggetto è circondato da particolari anatomici che comprendono i piedi, la mano sinistra , il volto e la spalla sinistra della Sibilla studiati in ogni particolare.

Abbiamo inoltre la possibilità di verificare negli studi grafici di Michelagelo l'attenzione che egli poneva a visioni diverse della medesima figura e sopratutto a studi compiuti per sculture per le quali l'indagine si è soffermata su punti di vista diversi da quello principale. Si veda come esempio lo studio per il braccio destro della Notte per la Sagrestia Nuova in S.Lorenzo (fig.14): qui l'artista studia il braccio piegato guardandolo da quattro punti di vista diversi, questo approccio ha consentito a Michelangelo di riuscire con precisione a

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rappresentare figure anatomicamente corrette seppur con punti di vista a volte anche estremi e scorci molto profondi.

I disegni del Buonarroti conducono chi osserva a prendere coscienza dell'approccio che egli aveva con le sue opere, lo studio che presupponeva essere alla base di qualsiasi

rappresentazione, fosse essa pittorica o scultorea; la figura, protagonista indiscussa della sua arte, viene così studiata ed approfondita, soprattutto per quanto riguarda la scultura, prendendo in considerazione i 360 gradi che circondano un'opera: il soggetto allora si può vedere da angolazioni differenti e Michelangelo ce lo propone nei suoi disegni spesso sottraendolo al punto di vista principale, quello che sarà poi il più frequente per quello che riguarda la scultura o quello dipinto per quanto riguarda la pittura.

Si veda ad esempio lo Studio per la tomba di Giulio II (fig.15) nel quale l'artista fa un rapido schizzo del profilo della statua del Papa morto che nei disegni di studio della tomba non individua sicuramente come punto di vista principale: la tomba sarebbe stata

concepita per essere fruita frontalmente dal visitatore e pertanto anche il sarcofago sarebbe tato visto di profilo solo da una posizione secondaria, eppure il Buonarroti, nell'elaborare la sua idea, lo ritiene un passaggio doveroso.

L'interesse di Michelangelo per punti di vista diversi di un'invenzione, nei primi stadi della sua elaborazione, è senza dubbio coadiuvato dalla pratica di eseguire modelli in creta, pochi dei quali sono giunti fino a noi11.

Poalo da Poggetto riassume in tre punti le caratteristiche principali dei disegni di Michelangelo: l'acuta disposizione a campire contemporaneamente sulla carta varie possibilità di soluzioni alternative, la presenza di vari disegni speculari rispetto alla

soluzione finale e la peculiarità di molti disegi di mostrare solo una parte del corpo umano, suggerendo appena il resto.12

Le caratteristiche dei disegni di Michelangelo sono serviti pertanto come parametri, di certo non rigidi ed esclusivi, per lo studio dei disegni murali del locale sottostante il lavamani sinistro della Sagrestia Nuova di S.Lorenzo a Firenze; l'indagine ha avuto come fondamento la consapevolezza de “il fine esplorativo del disegno, come indagine e come possibilità”13.

11 Michael Hirs, Michelangelo, i disegni; Torino, Giulio Einaudi editore, 1993

12 Paolo dal Poggetto Michelangelo la “stanza segreta”, i disegni murali nella Sagrestia Nuova di San

Lorenzo, Firenze, Firenze Musei e Milano, Giunti S.p.A., 2012

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1.3 La mano dell'autore: distinzione fra allievi e maestro

“[...] il benignissimo Rettor del cielo volse clemente gli occhi a la terra, e veduta la vana infinità di tante fatiche, gli ardentissimi studii senza alcun frutto e la opinione prosuntuosa degli uomini, assai più lontana dal vero che le tenebre da la luce, per cavarci di tanti errori si dispose mandare in terra uno spirito che universalmente in ciascheduna arte et in ogni professione fusse abile, operando per sé solo, a mostrare che cosa siano le difficultà nella scienza delle linee, nella pittura, nel giudizio della scultura e nella invenzione della veramente garbata architettura; “14 Così Vasari descrive la venuta di Michelangelo e della

sua arte: una personalità eccezionale che ha permesso agli artisti seguenti di far tesoro dei suoi insegnamenti e della sua scuola.

La mano di Michelangelo, e di conseguenza le opere “di sua mano” richieste o sollecitate da uomini di potere durante la vita dell'artista, viene riconosciuta da subito nella sua ricchezza e nel suo valore. Questa consapevolezza dei contemporanei della genialità del Buonarroti, come già accennato, riguardava anche le opere grafiche di Michelangelo mentre l'artista era ancora in vita: il suo successo stimolò il lavoro di ottimi copisti che si dedicarono alla riproduzione delle sue opere pittoriche e grafiche; queste copie spesso appaiono così fedeli da mettere in crisi l'identificazione della mano del Buonarroti.

Oltre al lavoro dei copisti, a rendere complessa la lettura di un disegno, vi è la presenza di diegni di artisti minori, allievi e collaboratori che ruotavano attorno alla figura di

Michelangelo e che disegnavano e si esercitavano, a volte sul foglio nel quale anche il maestro poneva i suoi tratti.

L'esistenza di una “scuola” di Michelangelo, intesa come gruppo di seguaci dell'artista che potessero assorbirne e riprodurrne lo stile grafico, come poteva essere per Raffaello, viene essenzialmente negata e resa improbabile dalla qualità dei collaboratori del Buonarroti: “i membri della bottega di Michelangelo erano, quasi senza eccezione, scarsamente capaci”15.

Sono a noi pervenuti alcuni fogli che avevano funzione di esercitazione nei quali il maestro disegnava modelli per consentire agli allievi di farne una copia: si prenda ad esempio lo schizzo dell'Ashmolean Museum che riporta studi di teste e occhi (fig.2)nel quale si può visualizzare una qualità variabile del disegno che dimostra caratteri sufficientemente

art, 2017

14 Giorgio Vasari, La vita di Michelangelo, nelle dìredazioni del 1551 e del 1568, a cura di P. Barocchi, Milano-Napoli, 1962

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distintivi rendendo evidenti le parti compiute dal tratto sicuro ed espressivo di Michelangelo e le copie, di peggior fattezza, realizzate dagli allievi. Joannides Paul

suggerisce la presenza, in questo disegno, di tre diversi artisti: Michelangelo, Antonio Mini e Andrea Quaratesi dove il Maestro ha fatto il bel disegno dell'occhio che Mini ha copiato e il più giovane Quaratesi ha fatto la testa di profilo in basso a destra.16 Osservando il

disegno non sorgono dubbi rispetto alla paternità di Michelangelo: il tratto degli allievi è incerto, di competenza artistica elementare e si distingue dai modelli del maestro che invece raccontano della sua abilità nel rendere l'immagine viva; anche un solo occhio isolato è espressivo, così come lo sguardo, e la mimica quasi malinconica e introspettiva del volto.

Chi erano dunque gli artisti le cui mani andavano a sovrapporsi a quelle di Michelangelo? Nel corso della storia sono stati individuate personalità quali: Antonio Mini, Tommaso Lunetti, Giovanni Angiolo Montorsoli, Raffaello da Montelupo, Andrea di Michelangelo e Niccolò Tribolo.

Tra gli artisti citati quello che probabilmente ha avuto un rapporto importante come allievo di Michelangelo fu Antonio Mini, il quale compare negli scirtti anche come aiutante e come testimone dei pagamenti effettuati dal Buonarroti.

Allievo di non eccellenti capacità, Paola Barocchi parla della sua grafica indicando “sordità e legnosità del modellato, articolazione inerte e quasi fantoccesca, trattazione monotona e opprimente17, un discepolo al quale Michelangelo si dedicò sicuramente con affetto:

quando Antonio Mini decise di partire per la Francia nel 1531, ricevette in dono dal Maestro numerosi disegni e l'originale di Leda e il cigno.

L'atteggiamento quasi paterno di Michelangelo mette in risalto l'incapacità del Mini anche solo nell'imitazione del Maesto che di contro lo esorta ad esercitarsi consapevole dei limiti dell'allievo: “disegnia Antonio disegnia Antonio, disegnia et non perder tempo” è la scritta autografa del Buonarroti che ritroviamo sul disegno W31 r del British Museum.

Antonio Mini è stato senz'altro uno di quegli artisti e garzoni dei quali Michelangelo si avvalse durante i lavori alla Sagrestia Nuova di San Lorenzo; qui vi sono tracce anche di altri collaboratori le cui mani possono essere andate a sovrapporsi a quelle di

16 Joannides Paul, The drawing of Michelangelo and his followers in the Ashmolean museum, Cambridge, Cambridge University Press, 2007.

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Michelangelo.

Il Buonarroti, infatti, affidò ad altri il completamento delle sculture che sarebbero dovute essere poste ai due lati della Madonna col Bambino sopra l'altare della Cappella Medicea:

San Cosma e San Damiano vennero realizzate rispettivamente da Giovanni Angiolo

Montorsoli e Raffaello da Montelupo. Di questi artisti conosciamo poco l'opera grafica e perciò distinguere la loro mano fra i disegni di Michelangelo può essere impresa molto ardua che a volte ha condotto gli studiosi a lasciare nell'anonimato alcuni disegni di difficile assegnazione.

Durante i lavori alla Sagrestia Nuova intervenne anche Silvio Cosini che il Vasari ricorda così:"ha poi molte cose lavorato leggiadramente e con bella maniera, ed ha passato infiniti, e massimamente in bizzarria di cose. alla grottesca; come si può vedere nella sagrestia di Michelagnolo Buonarroti, in alcuni capitelli di marmo intagliati sopra i pilastri delle sepolture, con alcune mascherine tanto bene straforate, che non è possibile veder meglio. Nel medesimo luogo fece alcune fregiature di maschere che gridano, molto belle. Perché veduto il Buonarroto l'ingegno e la pratica di Silvio, gli fece cominciare alcuni trofei per fine di quelle sepolture; ma rimasero imperfetti, insieme con altre cose, per l'assedio di Firenze"18. Rimangono tutt'ora esposti i trofei militari destinati al primitivo progetto di

decorazione della Sagrestia Nuova.

Paolo da Poggetto, nell'indagine che compie rispetto ai disegni scoperti nell'abside e nel lavamani destro della Sarestia Nuova, ipotizza la presenza di alcuni disegni di Andrea di Michelangelo: rispetto all' esistenza di un allievo che portasse questo nome, vi sono posizioni contrastanti, ma la presenza della scritta “And”, ripetuta più volte, induce a ritenere possibile tale ipotesi.

Il tratto grafico di Andrea di Michelangelo è senz'altro apprezzabile anche se lontano dalla capacità espressiva del Buonarroti, da quella vitalità che contraddistingue le sue figure, dalla forza pronta a scattare che annuncia l'azione.

La collaborazione di Niccolò Tribolo è invece documentata: Michelangelo affidò allo scultore la statua della Terra e del Cielo che avrebbero dovuto essere ai lati della statua di

Giuliano duca di Nemours; lo scultore, nonostante un lungo periodo di malattia, vi si

18 Giorgio Vasari, La vita di Michelangelo, nelle redazioni del 1551 e del 1568 a cura di G.Milanesi, Firenze, 1906, p.482

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dedicò con “diligenza e sollecitudine”19 ma alla morte del papa Clemente VII il lavoro

rimase incompiuto. In anni seguenti il Tribolo si dedicò alla copia grafica delle statue fatte dal Buonarroti, passando ore nella Sagrestia Nuova che Giovan Battista Figiovanni, priore di San Lorenzo, apriva appositamente per lui. Sappiamo che il disegno della Notte passò dalle mani del priore fino ad arrivare proprio in quelle del suo amico Giorgio Vasari. Le opere del Tribolo avevano senz'altro una buona forza espressiva tesa ad avvicinarsi a quella del Maestro dimostrata anche nei suoi disegni o studi; questo ha permesso a Paolo dal Poggetto di individuare la mano del Tribolo in alcuni disegni nell'asbside della Sagrestia Nuova.

Questi dunque sono i principali artisti che durante i lavori alla Sagrestia Nuova hanno accompagnato l'operato di Michelangelo; i disegni murali presenti nel locale sottostante la Sacrestia Nuova saranno quindi da analizzare alla luce della loro presenza.

1.4 La datazione dei disegni

“Nonosante la sua passione per registrare e datare le sue spese, solo raramente Michelangelo appose una firma o una data alle sue opere”20

Come accennato nel paragrafo 2.1 la datazione dei disegni di Michelangelo può avvenire per diverse vie ma non per la via certa della data apposta: l'artista non aveva l'abitudine di annotare sulle sue opere grafiche una data, forse perchè nella maggior parte dei casi, avendo ruolo di studio, si sarebbero poi evolute in opere pittoriche o scultoree o forse perchè intese come qualcosa di più intimo, piccolo e per certi versi personale.

Non è possibile altresì basarsi sui disegni sul verso per datare quelli sul recto e viceversa perchè abbiamo visto come la parsimonia dell'artista lo spingeva a conservare i fogli per poterli riutilizzare anche in momenti differenti.

Pertanto per datare un'opera di Michelangelo spesso si è dovuti ricorrere a fonti esterne quali lettere ad amici o parenti e scambi epistolari con i committenti. Questo impedisce una collocazione precisa in un determinato giorno, ma consente di individuare un lasso di tempo, più o meno breve, nel quale l'opera è stata realizzata.

Si può ad esempio sostenere che alla fine del 1532 Michelangelo avesse già donato a

19 Giorgio Vasari, La vita di Michelangelo, nelle redazioni del 1551 e del 1568, a cura di P. Barocchi, Milano-Napoli, 1962

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Tomaso de' Cavalieri il disegni del Tizio e la versione finale del Ganimede, andata perduta, in quanto la lettera di ringraziamento del giovane nobiluomo romano è del primo giorno dell'anno 1533.

Si è già trattato di come Michelangelo, intendendo il disegno prevalentemente come studio, vi si dedicasse nel momento precedente alla realizzazione dell'opera definitiva: per questo il periodo storico di alcuni disegni può essere individuato attraverso fonti che testimoniano l'esistenza di tale opera. È difficile però conoscere il tempo che Michelangelo impiegò nei suoi disegni, è complicato poter supporre delle date dal momento in cui uno studio

complesso poteva durare mesi; pertanto risulta spesso inafferrabile il tempo del lavoro. Carmen C. Bambach21 riprende gli scritti di Vasari22 sul percorso del disego in pittura e

individua il processo che Michelangelo compie dal primo disegno all'opera compiuta: “il furore dell'artefice” detto da Vasari interessa l'artista nella creazione delle prime idee, si tratta di schizzi veloci e riporta come esempi i disegni di natura astratta ed estemporanea nella Battaglia di Cascina dove l' idea suggestiva delle pose d'azione dei soldati e i loro corpi sono come “machie” dei loro movimenti.

La seconda fase che Vasari individua è la realizzazione di disegni più finiti, studi di figura, di dettagli, di chiaroscuro: in questi si riscontra la prevalenza di figure maschili, figure di scorcio e dal basso.

Ultimo step per il disegno è l'ingrandimento in scala su cartone: Micheangelo spesso usava il cartone per trasferire i disegni dei suoi dipinti sia per tele sia per affreschi, purtroppo però la maggior parte di questi disegni preparati dall'artista non sono sopravvissuti creando un vuoto iconografico.

Un recente esame riflettografico a infrarossi del Tondo Doni conferma la pratica di Michelangelo e rivela lo spolvero sottostante: i tratteggi di particelle di carbonio lasciati dal trasferimento dei cartoni sono evidenti in diversi passaggi nelle figure.23

Quanto potesse durare questo percorso che dal primo schizzo conduceva al cartone, è raro saperlo e pertanto, anche ciò che Hirst definisce il momento “appena prima l'inizio del lavoro”, occorre avere la consapevolezza che quell' appena può identificarsi con un periodo

21 Carmen C. Bambach, Catalogo della Mostra Michelangelo divine draftsman e designer, New York,The Metropolitan Museum of art, 2017

22 Giorgio Vasari, Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architettori, nelle redazioni del 1550 e 1568, Firenze, Sansoni editore, 1966-87

23 Carmen C. Bambach, Catalogo della Mostra Michelangelo divine draftsman e designer, New York,The Metropolitan Museum of art, 2017

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anche di lunga durata, costringendoci a datare tali disegni con approssimazione.

Quando però le testimonianze mancano e non c'è nulla che possa aiutarci a determinare il periodo di realizzazione del disegno, cercare ad ogni costo di individuare una data può essere difficoltoso e fuorviante: l'incoerenza temporale dei disegni o di scritte su uno stesso foglio e la continuità del tratto data dal modus operandi di Michelangelo lungo tutta la sua vita, hanno condotto spesso gli studiosi ad avere pareri discordanti non riuscendo a

determinarene la datazione.

1.5 I precedenti disegni murali: il riferimento di Settignano

Il disegno murale pare fosse una pratica utilizzata dagli artisti rinascimentali, ne parla infatti il Vasari che riporta: “Michele Agnolo...molto da se stesso nella sua fanciullezza attendeva a disegnare per le carte e pei muri”24. Questo esercizio non avveniva solo per

mancaza di carta o per la necessità di lavorare su un supporto grande, ma anche come pratica di studio basata sul ricalco delle ombre dei modelli proiettati su una parete.

Ce ne parla Benvenuto Cellini annoverando poi Michelangelo come un grande pittore e il “maggiore scultore di che noi aviamo avuto notizia”25: descrivendo la suddetta attività il

Cellini mette in luce alcune abitudini che possono essere ricondotte al lavoro di Michelangelo.

Innanzitutto parla del disegno sul muro in una stanza precedentemente imbiancata, con pareti quindi chiare dove poter disegnare e dove applicarsi per i propri studi, parla inoltre dell'indagine abitualmente fissata su una singola figura e i suoi particolari, caratteristica tipica che ritroviamo negli studi del Buonarroti. Infine Cellini testimonia la presenza di diversi artisti che gravitavano intorno agli studi murlali, vuoi per la particolarità della ricerca, vuoi per la dimensione che consentiva la presenza di più mani sullo stesso disegno; questo ci permette di immaginare un gruppo di artisti anche intorno alla Sagrestia Nuova di San Lorenzo durante il cantiere.

Come sostiene Marco Collareta, lo scritto del Cellini conduce il lettore ad associare la pratica del disegno murale in particolare allo scultore: “Rispetto al pittore, lo scultore sembra in effetti subire di fronte al candore del muro non solo il fascino del foglio di carta, 24 Giorgio Vasari, Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architettori, nelle redazioni del 1550 e 1568, ed. a cura di R. Bettarini e P. Barocchi, Firenze(1966-87), 1973.

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ma anche quello, a lui più congeniale, del blocco di marmo”26.

Pertanto i disegni murali di Michelangelo possono essere analizzati considerando

l'importanza che la scultura aveva per l'artista: alcune di queste opere grafiche riconducono facilmente a studi di sculture ma ciò non deve essere un approccio assoluto.

Dalle annotazioni di Anton Francesco Gori, possiamo venire a conoscenza dell'usanza che Michelangelo aveva di disegnare sui muri: “ Molti de' primi disegni fatti da Michelagnolo ancor fanciullo sul muro, per suo istinto e piacere, prima che di proposito applicasse alla pittura, ho io veduti nelle stanze dell'ultimo piano della sua Casa in Firenze, e in quelle della sua Villa a Settignano, e torno torno alle pareti de' Terrazzi, condotto a vedergli dal Senator Filippo; i quali mostrano chiaramente quel che Iddio voleva da lui [et] quanto eccellente poi collo studio sarebbe divenuto. Questi trastulli virtuosi ancor si conservano, e ne' luoghi additati si possono vedere”27

Prendendo ad esempio l'unico disegno murale rimastoci come metro di paragone con quanto scoperto nella Sagrestia Nuova, come unica opera simile per tecnica e supporto, possiamo notare che con molta probabilità non si trattava di uno studio per una scultura, ma di un disegno compiuto arricchito dal chiaroscuro.

“Measuring about 1,25 by 1,5 meters overall, this large fragment is executed in charcoal on pale beige plaster of a somewhat rougher, more porous texture than a very fine surface plaster or intonaco in a mural painting”28,con questa frase Carmen C. Bambach,

analizzando il frammento del disegno murale di Settignano (fig. 16) , mette in luce una caratteristica che lo distngue dai disegni su intonci: la superficie sulla quale disegna Michelangelo è ruvida e porosa, continuando poi nell'osservazione dell'opera e in

particolare nei tratti, osserva come il modellato e le forme sono ottenute da tratti paralleli e incrociati come nei primi disegni a penna e inchiostro del Maestro.

La Bambach prosegue il suo studio mettendo in evidenza la somiglianza di questo supporto poroso, non diverso dall'arriccio, con quello dei frammenti scoperti dopo l'alluvione sui

26 Marco Collareta, Intorno ai disegni murali della Sagrestia Nuova, in “Study of the History of Art” , 33, 1992, p.163-177

27 Anton Francesco Gori, Notizie storiche ed annotazioni di Anton Francesco Gori alla riferita vita di

Michelagnolo Buonarroti, in Ascanio Condivi, Vita di Michelagnolo Buonarroti, Firenze, 1746.

28 Carmen C. Bambach, A Neglected work by Michelangelo: The fragment of a mural drawing at the villa

Michelangiolo in Settignano in Renaissance Studies in honor of Joseph Connors, Milano, Officina

libraria, 2013, Villa I Tatti-The Harvard University Center for italian Renaissance Studies. “Misura circa 1,25 per 1,5 metri complessivi, questo grande frammento è eseguito a carboncino su intonaco beige chiaro su una struttura un po' più ruvida, più porosa rispetto ad un fine intonaco per pittura murale”

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muri della Cappella Pazzi e la distanza presente, invece, da quelli scoperti nell'abside e nel locale sottostante la Sagrestia Nuova e associati da Paolo dal Poggetto alla mano di

Michelagelo e alla sua scuola; qui infatti il muro sul quale è usato il carboncino, è sicuramente più liscio, un supporto di intonaco fine.

Tecnicamente, quello di Settignano risulta quindi una via di mezzo fra un disegno murale fatto per essere esposto e un disegno preparatorio fatto sull'arriccio.

Il busto è torto e inclinato da un lato per ampliare il gesto del braccio destro alzato, dietro le spalle si sollevano due ali di un probabile mantello svolazzante e nella mano destra è tenuto un oggetto non ben indentificabile ma in ogni caso ben visibile nella copia a penna e inchiostro fatta da Andrea Commodi.

Il viso scarno e la fronte protuberante, gli occhi mezzi chiusi, il lungo naso aquilino, il ghigno della bocca, il mento sporgente e le orecchie a punta hanno fatto si che a

quest'immagine venisse associato un tritone o, seconto la Bambach, più proriamente un satiro. Rispetto alla datazione diversi studiosi ritengono sia un disegno dell'inizio del 1500, della fase che ha preceduto gli studi per La battaglia di Cascina; le parti mancanti si ritiene potessero essere state rovinate dall'ipoptetico utilizzo a cucina della stanza al secondo piano dove si trovava inizialmente il disegno.

Questo disegno viene inoltre accumunato per alcune sue caratteristiche, dalla stessa Bambach, allo Sudio di un nudo maschile in piedi visto da dietro del Louvre, attribuito a Michelangelo e del quale nel disegno a Settignano possiamo ritrovare i lineamenti grotteschi di un uomo anziano, il tono muscolare e la posa brusca.29

Per quanto il disegno murale di Settignano possa essere lontano, per età e per tipologia di studio, dai disegni scoperti nel locale sottostante la Sagrestia Nuova di San Lorenzo, è importante tenerlo come metro di analisi per i disegni murali che andremo ad analizzare nel prossimo capitolo: la casa di Settignano non era senz'altro paragonabile al sotterraneo o al luogo di lavoro della fabbrica di San Lorenzo, l'età dell'artista era senz'altro diversa come anche la sua maturità artistica, anche la tipologia del disegno probabilmente da intendere come espressione libera svincolata da un particolare studio è forse differente da alcuni dei disegni murali della Stanza segreta.

Rimane però un filo che conduce reciprocamente da un luogo all'altro collegando le opere

29 CarmenC. Bambach, Catalogo della Mostra Michelangelo divine draftsman e designer, New York,The Metropolitan Museum of art, 2017

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grafiche al supporto: il muro nella sua grandezza e forma funge da foglio per i suddetti disegni dandoci dei parametri di analisi entro i quali poterci muovere.

CAPITOLO II

I DISEGNI MURALI NELLA SAGRESTIA NUOVA

Nell'autunno del 1975, durante la ricerca di una seconda via di uscita dal Museo delle Cappelle Medicee, vennero scoperti alcuni disegni murali nel locale sottostante il lavamani sinistro della Sagrestia Nuova. In quella stanza si trovarono tracce di carbone che veniva lì depositato, fino agli anni '50, in attesa di essere utilizzato per far funzionare le stufe dei custodi; l'ambiente era uniformemente coperto altresì da uno strato uniforme di fango risalente all'alluvione del 1966.

Trattandosi di un locale comunque storico, l'allora direttore Paolo dal Poggetto diede incarico ad un restauratore di controllare se sotto l'intonaco visibile se ne nascondesse altro. E fu cosi che, sollevando i primi due strati, ne emerse un terzo sul quale parevano essere visibili disegni di gambe; con grande eccitazione ed entusiasmo, i lavori di restauro durarono fino alla primavera del 1976 facendo emergere ciò che oggi possimo ammirare. Da qui iniziò un dibattito che condusse a conclusioni discordanti riguardo la paternità di questi disegni associabili o meno alla mano di Michelangelo Buonarroti; negli anni le discussioni si sono allentate e il dibattito si è un po' spento; nel catalogo della mostra del 2017 Michelangelo divine draftsman e designer al Metropolitan Museum of art, Carmen C. Bambach trattando il patrimonio grafico del Buonarroti, sfiora l'argomento del locale sottostante la Sagrestia Nuova limitandosi a scrivere: “extensive charcoal drawings on plaster of problematic attibution exist in the crypt and choir of the New Sacristy at San Lorenzo”30.

L'attribuzione problematica dei suddetti disegni deriva essenzialmente dai fattori trattati nel precendente capitolo e che, riassumendo, possono essere identifiacati con: l'assenza quasi totale di altri disegni murali di Michelangelo, la perdita di molti disegni del Buonarroti che

30 CarmenC. Bambach, Catalogo della Mostra Michelangelo divine draftsman e designer, New York,The Metropolitan Museum of art, 2017. “nella cripta e nel coro della Sagrestia Nuova a San Lorenzo sono presenti estesi disegni a carboncino su intonaco di attribuzione problematica”

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ci dà la consapevolezza di muoverci in un percorso con molte lacune, lo stile di

Michelangelo che muta con il tempo seguendo una certa linearità mantenendo però delle riprese di stile durante tutta la sua esistenza rendendo così simili disegni di periodi diversi; la presenza di allievi e collaboratori durante i lavori alla Sagrestia aumentano poi le

possibilità di errore nell'attribuzione di questi disegni.

2.1 Collocazione nel tempo

Era il 1516 quando Giovanni de' Medici, il primo fiorentino divenuto papa con il nome di Leone X, commissionò a Michelangelo il progetto della facciata per la chiesa di famiglia, la basilica di S. Lorenzo. Alla morte dei due rampolli della dinastia medicea, Giuliano e Lorenzo, avvenuta a distanza di tre anni l'una dall'altra, il papa interruppe i lavori per la facciata seguendo l'idea di creare un mausoleo di famiglia. Cominciò così la realizzazione della Sagrestia Nuova di S. Lorenzo nel 1519: Michelangelo eseguì le due statue funebri di

Giuliano e Lorenzo, il gruppo incompiuto con la Madonna col Bambino e le allegorie della Notte, del Giorno, del Crepuscolo dell'Aurora.

Come enfatizza Caroline Elam, la costruzione della Sagrestia Nuova e la sua articolazione interna venne considerata insieme, sin dall'inizio del progetto: questa concezione

simbiotica dell'edificio, che comprende la scultura architettonica e statuaria, conferì a Michelangelo il titolo di architetto-scultore e questa nuova identità si dimostrò nella sua maturità proprio con il lavoro alla fabbrica di San Lorenzo. Quando nel 1523 salì al trono pontificio Clemente VII, i lavori della Cappella Miedicea proseguirono dando vita ad un grande cantiere che coinvolse “più di trecento operai sotto la diretta e personale

supervisione dell'artista toscano” il quale rivelò “grandi doti manageriali, nonché

straordinaria versatilità e inventiva”31. Michelangelo si legò a molti dei suoi assistenti per

più di un decennio, dimostrando grande lealtà nonostante le fatiche e le difficoltà di gestione.

In seguito al sacco di Roma del 1527 per mano delle truppe dell'Imperatore Caro V, a Frenze si assistette alla cacciata dei Medici e alla proclamazione di una Repubblica indipendente; il papa passò quindi tre anni dedicandosi al tentativo di ripristinare il potere mediceo. Michelangelo si trovò così in una posizione complicata: da sempre sostenitore delle Repubblica, l'artista era però a servizio della dinastia fiorentina ma nonostante i

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tentativi di dissuasione del papa, il Bunarroti decise di prendere parte alla causa

repubblicana. Nel 1528 venne nominato sovrintendente alle fortificazioni cittadine per la difesa di Firenze in un lungo assedio durato dieci mesi e conclusosi il 12 Agosto del 1530 con la resa dei fiorentini.

Seguirono così rappresaglie da parte della famiglia Medici, tornata al potere, nei confronti di coloro che si erano schierati con la causa repubblicana. Michelangelo si nascose, come scrisse il Condivi: “ fu mandata la corte a casa di Michelagnolo per pigliarlo, e furon le stanze e tutte le casse aperte, per infin al cammino e 'l necessario. Ma Michelagnolo se n'era fuggito in casa d'un suo grande amico, dove molti giorni stando nascosto, non sapendo nessuno c'egli in quella casa fosse, eccetto che l'amico, si salvò”.

E presto arrivò il perdono del papa:”perciocchè passato il furore, fu da Clemente scritto a Firenze che Michelagnolo fosse cercato, e commesso che, trovandosi, se voleva seguitar l'opera delle sepolture già cominciate, fosse lasciato libero e gli fosse usata cortesia”32.

L'artista tornò dunque a dedicarsi alla Cappella Medicea senza però riuscire a trovare l'entusiasmo iniziale, soprattutto da quando, nel 1532, il tiranno Alessandro de' Medici venne nominato duca, cancellando gli ultimi barlumi di libertà repubblicana.

Il Buonarroti cominciò così a frequantare per periodi sempre più lunghi la città di Roma, “fonte di ispirazione artistica e poetica”33, fino al suo definitivo trasferimento nel 1534.

In questo ambito storico si inserisce l'oggetto di studio: la Stanza Segreta venne utilizzata, e quindi disegnata, durante il cantiere alla Cappella Medicea; in particolare Paolo dal Poggetto ipotizza la datazione della maggior parte dei disegni al 1530 identificando la stanza come il nascondiglio dell'artista e Giovanni Battista Figiovanni, priore di S. Lorenzo, come il “suo grande amico” che lo nascose. Questa ipotesi è avvolarata dalla

Ricordanza scritta dal priore stesso che riporta: “io lo canpai dalla morte et salva 'li la

roba”34.

Ipotizzando che la Stanza Segreta sia stata, fra le altre cose, il nascondiglio di

Michelangelo le cui pareti l'artista utilizzava come enormi fogli, ritengo di poter collocare i disegni murali nel secondo e terzo decennio del 1500, non escludendo però la possibilità che altre mani si siano introdotte nell'ambiente ponendo i propri tratti anche in seguito.

32 Ascanio Condivi, Vita di Michelagnolo Buonarroti, Milano, Rizzoli Editore, 1964 33 William E. Wallace, Simboli e Segreti, Michelangelo, Milano RCS Libri SpA, 2012

34 G.B. Figiovanni, Ricordanza, 1540 circa, Archivio Capponi di Firenze, “Paragone”, 175, luglio 1964, pp. 23-27 (a cura di G. Corti)

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