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SVILUPPO DI SORBENTI SOLIDI PER LA CATTURA DI CO2 A TEMPERATURE ELEVATE

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

Scuola di Ingegneria

Corso di Laurea Magistrale in

INGEGNERIA CHIMICA

Dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale (DICI)

Tesi di Laurea Magistrale

SVILUPPO DI SORBENTI SOLIDI PER LA

CATTURA DI CO

2

A TEMPERATURE ELEVATE

Relatori

Candidato

Dott. Ing. Monica Puccini

Mattia Sanguinetti

Prof. Ing. T. Alan Hatton

Controrelatore

Prof. Ing. Vincenzo Tricoli

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Indice

INDICE

INTRODUZIONE ………..…. 1

CAPITOLO 1 L’ANIDRIDE CARBONICA IN ATMOSFERA ………... …… 4

1.1 L’EQUILIBRIO CLIMATICO DELLA TERRA ………... 4

1.1.1 Bilancio energetico nell’atmosfera ……….. ………….. 6

1.2 IL PROBLEMA DELL’EFFETTO SERRA (GREEN HOUSE EFFECT) ……….. 9

1.2.1 Andamento della temperatura globale ……….…….. 11

1.2.2 Ripartizione della produzione di gas serra ………. 13

1.2.3 Proiezioni future del riscaldamento globale ………..……. 15

1.3 RIDUZIONE DELLE EMISSIONI DI CO2 ……….. 18

1.3.1 Il Protocollo di Kyoto ……….……… 18

1.3.2 Il Pacchetto Clima-Energia 20-20-20 ………..………20

1.3.3 COP 21 - Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici ..………. 22

1.3.4 COP 22- Conferenza di Marrakech sui cambiamenti climatici ………..………. 24

CAPITOLO 2 METODI DI RIDUZIONE E RIMOZIONE CO2 ……….….. 27

2.1 POSSIBILI SOLUZIONI TECNICHE ………. 33

2.2 METODI DI CATTURA DI CO2 ……….… 29 2.2.1 Processi di absorbimento ……….… 29 2.2.2 Processi di adsorbimento ……….… 31 2.2.3 Processi a membrana ……….… 34 2.2.4 Sistemi ibridi ……….… 36 2.2.5 Processi criogenici ……….… 36

2.2.6 Cicli con miscele di CO2/O2 (“oxyfuel combustion”) ………... 37

2.2.7 Processi di rimozione alcalina ……….. 38

2.3 ADSORBIMENTO DI CO2 AD ALTA TEMPERATURA SU SOLIDI RIGENERABILI ……….…… 38

2.3.1 Ossido di calcio ……….. 41

2.3.2 Ortosilicato di litio ……… 43

2.4 STOCCAGGIO E RIUTILIZZO DI CO2 ……….. 47

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Indice

CAPITOLO 3

MATERIALI, METODI E STRUMENTAZIONE ……….…… 50

3.1 MATERIALI ……….… 50

3.2 METODI ……….……… 51

3.2.1 Preparazione sorbente in polvere e in pellet a base di Li4SiO4 ……….………….. 51

3.2.2 Preparazione nanoparticelle di SiO2 ……….…………. 51

3.2.3 Metodo di produzione del rivestimento di LiOH/Li2CO3 ……….…………. 55

3.3 STRUMENTAZIONE ……….……….. 61

3.3.1 Diffrattometria a raggi X (XRD) ……….……….. 61

3.3.2 Microscopio elettronico a scansione (SEM) ……….………. 65

3.3.3 Microscopio elettronico a trasmissione (TEM) ………... 67

3.3.4 Analisi termogravimetrica (TGA) ………. 70

CAPITOLO 4 ATTIVITÀ SPERIMENTALE ………... 74

4.1 SORBENTI ………..…………. 74

4.1.1 Preparazione e caratterizzazione sorbenti LCK3 ………... 74

4.1.2 Preparazione e caratterizzazione sorbenti pLCK3-Gm2 ……… 75

4.2 PROVE DI ADSORBIMENTO/DESORBIMENTO DI CO2 SU SORBENTI LCK3 ……… 78

4.2.1 Procedura sperimentale ……….. 78

4.2.2 Risultati prove di adsorbimento/desorbimento ………..……….. 78

4.2.3 Confronto primo-secondo adsorbimento………..……... 82

4.2.4 Desorbimento……….……….… 95

4.3 PROVE DI ADSORBIMENTO/DESORBIMENTO DI CO2 SU SORBENTI PLCK3-Gm2 ……….. 86

4.3.1 Procedura sperimentale ……….….. 86

4.3.2 Risultati prove di adsorbimento/desorbimento ……….……….. 87

4.3.3 Confronto primo-secondo adsorbimento………... 89

4.3.4 Desorbimento………..…………. 91

4.4 STABILITA’ CICLICA CAMPIONI pLCK3-Gm2 ………... 92

4.4.1 Procedura sperimentale prove di determinazione della temperatura di desorbimento ottimale per le prove di stabilità ciclica………..………...…….….. 93

4.4.2 Risultati prove desorbimento ………..……..…………. 93

4.4.3 Procedura sperimentale prove di stabilità ciclica………...……….. 96

4.4.4 Risultati prove cicliche con tempo di adsorbimento 5,5 min………..……….….. 97

4.4.5 Risultati prove cicliche con tempo di adsorbimento 17,5 min……… 99

4.5 SINTESI DI PARTICELLE DI Li4SiO4 AD ALTA AREA SUPERFICIALE: PRODUZIONE PARTICELLE SHELL-CORE COSTITUITE DA PRECURSORI DI Li4SiO4………. 101

4.5.1 Preparazione e caratterizzazione nanoparticelle di SiO2……….. 103

4.5.2 Procedura sperimentale metodo di coating delle particelle di SiO 2 ……….. 104

4.5.3 Prove per la produzione del coating di LiOH………. 109

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Indice

CONCLUSIONI ……….. 127

BIBLIOGRAFIA ……… 130

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Capitolo 1 L’anidride carbonica in atmosfera

INTRODUZIONE

Attualmente l’utilizzo dei combustibili fossili come fonte energetica provvede a poco meno dell’ 80 % del fabbisogno energetico mondiale, causando perciò un aumento della concentrazione atmosferica di anidride carbonica, che è stata individuata come una delle principali cause del riscaldamento globale. I combustibili fossili saranno la fonte energetica dominante ancora per molti anni, pertanto, al fine di mitigare l’effetto serra si rende necessaria la riduzione delle emissioni di CO2 in atmosfera attraverso la cattura e lo

stoccaggio su larga scala della CO2, prima che venga rilasciata nell’atmosfera.

Tra le tecnologie al momento disponibili per la cattura della CO2 da gas di combustione, la

più utilizzata è l’assorbimento con soluzioni acquose di ammine. Tuttavia la sua applicazione comporta significative perdite energetiche dovute alle basse temperature operative (40-150°C), che richiedono il raffreddamento del gas da trattare, e soprattutto alle operazioni di rigenerazione del solvente. Per questo motivo, negli ultimi anni l’attenzione è stata focalizzata sulla ricerca di un sistema di separazione della CO2 operante

ad elevata temperatura (450-750°C), soluzione che si presta per correnti gassose provenienti da impianti termoelettrici. In particolare, è risultato promettente l’adsorbimento su sorbenti solidi a base di ossidi metallici. Tali sorbenti devono essere altamente selettivi per la CO2 ed avere un’elevata capacità di adsorbimento alle

temperature operative, nonché risultare rigenerabili. Infatti, per rendere economicamente sostenibile il processo e ridurre la produzione di residui, è necessario che il materiale sia in grado di desorbire la CO2, con l’ottenimento di una corrente ad alta concentrazione in CO2

e senza subire alterazioni delle superfici che ne pregiudichino l’utilizzo in numerosi cicli di adsorbimento/desorbimento.

Uno dei materiali più promettenti per la cattura di CO2 ad alte temperature è l’ortosilicato

di litio (Li4SiO4), che mostra alta capacità sorbente, temperature di rigenerazione moderate

(<750°C) e buona stabilità a cicli consecutivi. Per utilizzi con basse concentrazioni di CO2,

più vicine alle condizioni tipicamente riscontrabili nelle realtà industriali, le limitazioni cinetiche rappresentano il maggiore ostacolo per l’applicazione di tale materiale. Per tale ragione, l’ortosilicato di litio è stato dopato con carbonato di potassio (K2CO3) per

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Capitolo 1 L’anidride carbonica in atmosfera

incrementarne la reattività. Tale carbonato agisce da promotore del processo formando miscele eutettiche con i prodotti della reazione di carbonatazione, fuse alle temperature di utilizzo.

Nella prima parte del presente lavoro di tesi è stato sintetizzato l’ortosilicato di litio mediante il metodo allo stato solido, utilizzando Li2CO3 e quarzo come precursori, e sono

stati preparati sia campioni in polvere mediante aggiunta di K2CO3 come agente dopante

sia campioni in pellet, preparati a partire dalla polvere dopata ed utilizzando grafite come promotore di porosità. Successivamente sono stati testati in bilancia termogravimetrica entrambi i tipi di campione, sottoponendoli a 2 cicli di adsorbimento/desorbimento con adsorbimento a 580 °C per 120 min sotto flusso di CO2 al 4 %vol a pressione atmosferica

e con desorbimento effettuato a 4 differenti temperature (700, 660, 620, 580 °C), con lo scopo di caratterizzarne il comportamento nei primi due cicli di adsorbimento-desorbimento per ognuna delle 4 prove e di valutarne le eventuali differenze. In seguito sono state effettuate prove sui campioni in pellet costituite da un elevato numero di cicli di adsorbimento/desorbimento con lo scopo di valutare le condizioni operative tali da ottenere una buona stabilità ciclica; a tal proposito sono state effettuate due prove in bilancia termogravimetrica scegliendo due differenti valori del tempo di adsorbimento, pari a 5.5 e 17.5 min, corrispondenti a conversioni del 25 e del 50%.

I campioni ottenuti, sia in polvere che in pellet, sono stati caratterizzati mediante analisi ai raggi X (XRD) e analisi morfologica mediante microscopia elettronica scansione (SEM). Le proprietà sorbenti di entrambi i tipi di campione sono state indagate tramite analisi termogravimetrica (TGA).

Nella seconda parte di questo lavoro si è proceduto con lo sviluppo di un metodo per la realizzazione di un rivestimento di LiOH o Li2CO3 sulla superficie di particelle colloidali di

SiO2. Lo scopo di tale metodo è quello di essere in seguito applicato a particelle core

polimerico-shell di SiO2, realizzando particelle double shell-core aventi gusci esterni

costituiti da SiO2 e LiOH/Li2CO3, precursori di Li4SiO4, le quali sono le unità di base per la

futura realizzazione di un pellet che, grazie alla particolare natura di tali particelle costituenti, potrebbe consentire di superare i limiti verificatisi nelle prove cicliche sul campione preparato nella parte iniziale di questo studio.

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Capitolo 1 L’anidride carbonica in atmosfera

Quest’attività sperimentale è stata condotta presso i laboratori del Dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale dell’Università di Pisa e presso i laboratori del Dipartimento di Ingegneria Chimica del Massachusetts Institute of Technology.

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Capitolo 1 L’anidride carbonica in atmosfera

Capitolo

1

L’anidride carbonica

in atmosfera

1.1 L’equilibrio climatico della Terra

La temperatura della Terra e degli altri pianeti del sistema solare è determinata principalmente de tre fattori:

• La quantità di radiazione luminosa ricevuta dal sole;

• La quantità di tale radiazione luminosa riflessa nello spazio;

• La capacità dell’atmosfera di trattenere parte del calore ricevuto (effetto serra). Il riscaldamento del clima è inequivocabile e dal 1950, molti dei cambiamenti osservati sono senza precedenti. L’atmosfera e l’oceano si sono riscaldati, promuovendo un progressivo scioglimento dei ghiacciai e delle calotte polari, con conseguente innalzamento del livello del mare. Il periodo dal 1983-2012 è stato probabilmente il più caldo degli ultimi 800 anni nell’emisfero settentrionale e probabilmente il più caldo periodo degli ultimi 1400 anni.

Durante i secoli XX e XXI, con l’avvento della rivoluzione industriale, l’uomo ha introdotto un ulteriore fattore climatico, che va ad influire direttamente sull’effetto serra aumentandone le conseguenze. Questo fattore è legato all’immissione in atmosfera di anidride carbonica, dovuta alla combustione degli idrocarburi: circa la metà di CO2

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Capitolo 1 L’anidride carbonica in atmosfera

vegetali, l’altra parte staziona in atmosfera per diversi decenni, cosicché la sua concentrazione subisce un progressivo aumento. In Tabella 1.1 (EPA, 2016) è riportato l’andamento della concentrazione dei gas serra (CO2, CH4, N2O) prodotti dalle attività

umane nei periodi pre e post industriale. Più precisamente, nel mese di Luglio 2017 il livello di CO2 misurato all’osservatorio di Mauna Loa nelle Hawaii (NOAA/ESRL, 2017) è risultato

pari a 407.25 ppmv (Figura 1.1). In Figura 1.2 si riporta l’andamento dell’incremento medio annuo della concentrazione di CO2.

Tabella 1.1 - Andamento delle concentrazioni in atmosfera dei gas serra

Gas serra CO2 CH4 N2O Concentrazione 280 ppmv 0.700 ppbv 0.270 ppbv pre-industriale Concentrazione nel 2015 401.02 ppmv 1843.2 ppbv 328 ppbv Velocità di variazione 3.05 ppmv/anno 12.49 ppbv/anno 0.688 ppbv/anno Tempo di permanenza in

50÷100 12 114

atmosfera (anni)

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Capitolo 1 L’anidride carbonica in atmosfera

Figura 1.2 - Incremento medio annuo di CO2 dal 1960 ad Agosto 2017

1.1.1 Bilancio energetico nell’atmosfera

Il terzo dei contributi sopracitati è comunemente conosciuto col nome di effetto serra, un fenomeno che avviene in natura e mantiene la temperatura della Terra a valori tali da rendere possibile l’esistenza delle varie forme viventi.

Questo fenomeno è dovuto alla presenza di certe specie gassose costituenti l’atmosfera terrestre, principalmente anidride carbonica, vapore acqueo, ossidi di azoto e metano (detti gas serra o Green House Gases, GHG). La radiazione proveniente dal sole riscalda la superficie terrestre che, a sua volta, ne riflette parte verso lo spazio. L'interferenza dei gas serra alla dissipazione della radiazione infrarossa terrestre comporta l'accumulo di energia termica in atmosfera e quindi l'innalzamento della temperatura superficiale fino al raggiungimento di un punto di equilibrio termico-radiativo tra radiazione solare in arrivo e radiazione infrarossa in uscita.

Ciò provoca il riscaldamento della biosfera ad una temperatura che fino ad oggi ha consentito lo sviluppo della vita.

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Capitolo 1 L’anidride carbonica in atmosfera

Il valor medio annuo dell'energia solare che potrebbe raggiungere la superficie terrestre, se non ci fosse l'atmosfera, sarebbe pari a 342 W/m2. Questo flusso energetico, rappresenta il massimo valor medio di energia solare per unità di superficie, di cui il nostro pianeta può teoricamente disporre. Il flusso energetico realmente utilizzabile dal nostro pianeta è invece di circa 235 W/m2 in quanto parte delle radiazioni sono riflesse dall’atmosfera. Questo patrimonio energetico di cui disponiamo, permetterebbe al nostro pianeta, se non ci fosse l'atmosfera, di raggiungere al massimo una temperatura media di 19 °C sotto lo zero.

La radiazione elettromagnetica che giunge dal sole è composta per la maggior parte di onde la cui lunghezza d'onda è nel campo della luce visibile, tra il blu ed il rosso, e più precisamente fra 0.4 e 0.7 micron. Una volta che la radiazione solare è giunta sulla superficie terrestre, essa viene assorbita dai suoli e dai mari, i quali si riscaldano aumentando la loro temperatura. Via via che aumenta la temperatura, la superficie terrestre emette energia sotto forma di calore e cioè come radiazione infrarossa (onde lunghe tra i 5 e i 25 micron), fino a quando non si stabilisce l'equilibrio, tra flusso di energia solare incidente e flusso di energia terrestre uscente verso lo spazio.

L'atmosfera terrestre è una miscela di gas che possiede una proprietà caratteristica (con aria pulita e sgombra da nubi): è trasparente alla radiazione "ad onda corta", ma è opaca alla radiazione "ad onda lunga", a causa della presenza di alcuni gas come il vapor d'acqua e l'anidride carbonica che sono dei forti assorbitori ed emettitori di radiazione infrarossa a tutte le lunghezze d'onda comprese fra i 5 e i 25 micron, escluse però quelle comprese fra 9 ed 11 micron (detta "finestra dell'atmosfera").

Con il bilancio schematicamente illustrato in Figura 1.3, la temperatura media del nostro pianeta risulta di 15 °C. In condizioni stabili, la quantità di energia globalmente entrante nel sistema dovrebbe essere uguale a quella uscente e irradiata verso lo spazio, mantenendo la temperatura del pianeta a valori costanti.

L’energia media incidente in arrivo dal sole è circa 342 W/m2 ed in uscita sulla superficie terrestre deve bilanciarsi, il flusso di energia verso l’atmosfera deve essere controbilanciato da un eguale flusso dalla atmosfera verso lo spazio. Misure da satellite mostrano che l’atmosfera irradia energia termica infrarossa equivalente al 59% della radiazione solare in arrivo. Se l’atmosfera emette una simile quantità di energia dovrà assorbirla da qualche parte. Le nubi, gli aerosol, il vapore acqueo e l’Ozono assorbono il

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Capitolo 1 L’anidride carbonica in atmosfera

23% della energia solare in arrivo. L’evaporazione e la convezione trasferiscono rispettivamente il 25% ed il 5% della energia dovuta alla radiazione solare dalla superficie alla atmosfera. I tre processi assieme equivalgono al 53% di energia solare trasferita verso l’atmosfera. Il restante 5-6% proviene dalla superficie terrestre.

Figura 1.3 - Meccanismo schematico dell’effetto serra e relativo bilancio energetico

Il continuo aumento della concentrazione dei GHG in atmosfera ha provocato un incremento medio di 1.5 W/m2 della potenza che investe la superficie terrestre, corrispondente a circa l’1% di quella prodotta dalla luce solare. Circa due terzi delle emissioni atmosferiche di metano sono attribuibili agli allevamenti, alle attività agricole intensive e a quelle minerarie, l’altro terzo a processi naturali. Il contributo di questo fattore al riscaldamento della superficie terrestre ammonta a circa 0.5 W/m2 (Martelli, 2012).

Un altro fattore che influenza il riscaldamento della Terra è la deforestazione che, oltre a ridurre l’assorbimento naturale di CO2, provoca anche una riduzione della capacità della

superficie terrestre di riflettere parte della radiazione solare da cui è investita. Di una certa rilevanza sono le emissioni di particolato fine e gocce (aerosol) provocate da processi industriali ed energetici: le più importanti sono rappresentate dai solfati,

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Capitolo 1 L’anidride carbonica in atmosfera

prodotti soprattutto da impianti termoelettrici alimentati a carbone e da industrie metallurgiche, che rilasciano in atmosfera il biossido di zolfo il quale, combinandosi con il vapore qui presente, forma tali sostanze. I solfati riflettono nello spazio una certa parte dell’energia che investe la superficie terrestre, esercitando un’azione mitigatrice dell’effetto serra, ma al contrario di CO2 e metano permangono in atmosfera solamente

poche settimane dalla loro emissione: infatti vengono rimossi quasi interamente ad opera delle precipitazioni. Principalmente, il loro effetto è significativo nelle aree esposte ai venti provenienti da zone a forte insediamento industriale.

1.2

Il problema dell’effetto serra (Green House Effect)

Uno dei maggiori problemi ecologici che nell’ultimo secolo sta vivendo il pianeta è il progressivo riscaldamento ambientale, detto global warming (Figure 1.4 e 1.5), che ha raggiunto in questo lasso di tempo velocità mai registrate prima e che, stante il crescente sviluppo tecnologico e sociale, è in continuo aumento.

Figura 1.4 - Andamento della temperatura media terrestre dal 1880 al 2016

Il trend dell’era industriale è rappresentato nel grafico di Figura 1.4, che riporta i dati dal 1880 fino al 2016. Questo progressivo riscaldamento del globo terrestre è imputabile principalmente all’introduzione di quantità in eccesso di gas serra (soprattutto CO2)

rispetto a quelle smaltite dai processi biologici naturali, che dovrebbero garantire un equilibrio dinamico senza accumuli né deficienze (fotosintesi ecc.). La quantità di CO2

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Capitolo 1 L’anidride carbonica in atmosfera

microflora oceanica) ammonta approssimativamente a 200 miliardi di tonnellate (Gton) ogni anno, bilanciata dall’assorbimento, di una medesima quantità, ad opera della fotosintesi vegetale e oceanica.

Figura 1.5 - Variazione della temperatura media terrestre nel 2012 rispetto al 1901

L’aspetto più importante è comunque legato all’andamento delle emissioni di CO2. La

Figura 1.6 mostra come negli ultimi 40 anni del XX secolo tali emissioni siano più che triplicate e, supponendo una crescita sociale ed economica anche dei Paesi in via di sviluppo, è possibile prevedere i valori futuri di tali emissioni.

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Capitolo 1 L’anidride carbonica in atmosfera

Queste proiezioni sono piuttosto difficili da fare, dipendendo le emissioni di CO2 da una

molteplicità difficilmente controllabile di fattori economici, sociali, politici, tecnologici e istituzionali. Valutando vari modelli previsionali si può comunque affermare, con buona approssimazione, che procedendo nella direzione dettata da uno sviluppo e quindi un consumo energetico crescente in maniera più che lineare, in assenza di politiche volte al controllo delle emissioni di gas serra, la concentrazione di anidride carbonica prodotta da attività umane e immessa in atmosfera arriverà ad aumentare dal 30 al 150%, rispetto ai valori attuali, alla fine del XXI secolo.

Al di là di emissioni più o meno spinte di agenti inquinanti come NOx, SOx, particolato ecc.

e della loro possibile rimozione, resta il fatto che, allo stato attuale dello sviluppo tecnologico, la stragrande maggioranza dei paesi utilizza fonti energetiche primarie costituite principalmente da combustibili fossili, rendendo praticamente inevitabile l’emissione di CO2 in ogni processo che coinvolga la combustione. Spesso, l’utilizzo di

questo tipo di combustibili è vincolato da ragioni economiche legate all’approvvigionamento e al trasporto, che tagliano immediatamente fuori da ogni tipo di considerazione la possibilità di utilizzare fonti alternative a basso o nullo contenuto di carbonio.

1.2.1 Andamento della temperatura globale

Il quinto rapporto dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC, 2014) ha evidenziato che la temperatura media della superficie terrestre si è innalzata di circa 0.7°C nel corso del XX secolo, inducendo anche un aumento del livello di oceani e mari. Fin dall’inizio della rivoluzione industriale del 1800 la temperatura media della Terra è andata lievemente diminuendo ma dopo il 1850 la tendenza si è invertita e si è osservato un aumento medio pur con andamento oscillante. Circa due terzi dell’innalzamento di temperatura si sono registrati tra l’inizio del secolo e il 1940, allorché si è avuto un certo abbassamento fino agli inizi degli anni 70, mentre negli ultimi 40 anni l’incremento è stato molto più rapido, anche rispetto all’inizio del secolo. Le fluttuazioni di temperatura di 0.1-0.2°C sono correlate alla variazione dello schermo magnetico terrestre, la quantità delle macchie solari e le fluttuazioni della componente UV dello spettro solare. Invece, un aumento così netto e costante della temperatura è da ascriversi principalmente all’aumento della concentrazione dei gas serra (principalmente CO2), risultante dalle

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Capitolo 1 L’anidride carbonica in atmosfera

Uno dei problemi principali resta legato al fatto che l’innalzamento medio di temperatura è molto variabile da una zona all’altra del pianeta e da un periodo all’altro della giornata: si stima per esempio che l’innalzamento medio delle temperature minime notturne sia circa doppio rispetto a quello delle massime diurne. Le aree comprese tra i 50° e i 70° di latitudine registrano un aumento medio delle temperature invernali piuttosto alto rispetto a quelle estive. Le aree urbane si riscaldano più velocemente rispetto a quelle rurali, a causa della deforestazione e della presenza più massiccia di sorgenti di CO2 (maggior

consumo di energia elettrica). Mentre la maggior parte della Terra subisce un riscaldamento, le regioni esposte alle correnti provenienti dalle maggiori sorgenti di anidride solforosa risulterebbero in genere sottoposte ad un processo di raffreddamento. Tale andamento sembrerebbe confermato da carte climatiche elaborate negli Stati Uniti, che indicherebbero come le aree che negli ultimi cinquant’anni hanno subito un raffreddamento siano proprio quelle sottoposte a correnti di aerosol contenenti anidride solforosa. Anche le precipitazioni sono in parte condizionate dall’innalzamento della temperatura ad opera dell’effetto serra, infatti si stima un loro aumento dell’1% su scala mondiale nell’ultimo secolo, con picchi sensibili alle alte latitudini, diminuzioni alle basse e punte del 5-10% negli Stati Uniti e nel Canada.

Secondo il quinto rapporto dell’IPCC (IPCC, 2014), raddoppiando le emissioni artificiali di biossido di carbonio in atmosfera, la temperatura della superficie terrestre dovrebbe salire di 1.5-4.5°C entro il 2100, a seconda degli scenari tecnologici, sociali ed economici considerati. Questo trend dovrebbe essere più rapido sulla terraferma rispetto ai mari. All’inizio gli oceani dovrebbero assorbire la maggior parte dell’eccesso termico dovuto allo squilibrio atmosferico tra produzione e consumo di gas serra; successivamente, quando questi avranno raggiunto l’equilibrio termico configuratosi nel nuovo scenario climatico, inizierà il processo di riscaldamento globale, che interesserà tutto il pianeta. L’effetto termico indotto dagli oceani farà sì che il prospettato riscaldamento di 1.5-4.5°C si realizzi con un certo ritardo rispetto al raggiungimento delle condizioni necessarie, rappresentate appunto da un raddoppiamento delle emissioni di CO2 da combustibili fossili. Quindi,

l’innalzamento globale medio di temperatura previsto alla fine del XXI secolo dovrebbe aggirarsi tra 1.0 e 3.5°C.

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Capitolo 1 L’anidride carbonica in atmosfera

oceaniche e allo scioglimento dei ghiacciai: considerando tutte le implicazioni legate all’aumento della temperatura (compreso l’aumento delle precipitazioni) gli esperti stimano che il livello dei mari potrebbe crescere da 20 a 60 cm entro il 2100, con variazioni da zona a zona. Nell’ultimo secolo l’innalzamento medio si è attestato sui 15-20 cm. Un recente studio dell’EPA, basato su metodi probabilistici, rivela che ci sarebbero circa il 50% di probabilità che il livello dei mari si alzi di 45 cm entro il 2100 mentre, entro quella stessa data, si avrebbe solo l’1% di probabilità di vedere il livello delle acque crescere di 110 cm. Un accordo pressoché generale esiste poi sul fatto che il contributo all’innalzamento del livello dei mari dovuto allo scioglimento dei ghiacciai sarà pressoché trascurabile, almeno nel prossimo secolo. Gli effetti di un riscaldamento globale del pianeta si avvertiranno anche a livello di salute umana, soprattutto nei soggetti più deboli, con problemi cardiovascolari e respiratori, nei bambini e negli anziani. Sulla salute potranno influire anche gli effetti legati all’aumento di insetti portatori di infezioni come le zanzare, la cui proliferazione sarebbe favorita da incrementi di temperatura e umidità: i danni maggiori si riscontrerebbero nei paesi in via di sviluppo.

1.2.2 Ripartizione della produzione di gas serra

I Paesi economicamente e socialmente sviluppati sono naturalmente quelli che danno il maggior contributo alla produzione di gas serra. Basti pensare che Stati Uniti e Comunità Europea arrivano da soli alla produzione del 40% di gas serra (Figura 1.7).

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Capitolo 1 L’anidride carbonica in atmosfera

Nel 2015, la produzione di GHG da parte dell’ Italia ammontava a circa 433 milioni di tonnellate di CO2 equivalente. Di tali emissioni, l’anidride carbonica costituisce l’82.5%,

rappresentando il principale costituente dei GHG (Figura 1.8a). In Figura 1.8b è riportata la distribuzione dei contributi che i vari settori forniscono alla produzione di GHG. E’ possibile notare come il settore della produzione di energia, quello dei traporti e quello della combustione non-industriale, comprendente il settore agricolo, commerciale e domestico, siano i maggiori responsabili della produzione di GHG, contribuendo per l’80.4% delle emissioni.

Figura 1.8 - a) emissioni dei vari tipi di GHG; b) distribuzione dei GHG per settore in Italia 2015

A livello mondiale, nel 2010, la produzione di GHG antropica ammontava a circa 49 ± 4.5 GtCO2 equivalente, di cui la ripartizione dei vari gas serra è riportata in Figura 1.9 (IPPC,

2014).

Figura 1.9 - Emissioni annuali globali dei GHG al 2010 (a) - distribuzione di vari tipi di GHG (b) – e dei differenti settori

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Capitolo 1 L’anidride carbonica in atmosfera

Distribuzioni di questo genere forniscono anche indicazioni sulle vie da percorrere per perseguire il contenimento e/o la riduzione delle emissioni di GHG. Essendo, infatti, la produzione di energia la più grande fonte di emissioni di gas serra, la separazione e il sequestro della CO2 dai fumi delle centrali possono svolgere un ruolo molto importante

nella riduzione delle emissioni globali di CO2.

Tre opzioni tecniche sono considerate per la riduzione delle emissioni di CO2 (Bell, 2011):

- diminuzione del consumo di energia e un suo più efficiente utilizzo;

- sviluppo di fonti di energia rinnovabili e combustibili non fossili, come l'idrogeno; - sviluppo di tecnologie di cattura e sequestro per intrappolare una maggiore quantità

di CO2 sotto terra o sotto gli oceani.

Recenti studi hanno mostrato che, solo migliorando l’utilizzo finale delle risorse energetiche primarie da parte delle utenze domestiche e industriali, si potrebbe contribuire per un 15-20% alla riduzione dei consumi (e quindi delle emissioni) entro i prossimi 10 anni, mentre l’incremento di rendimento degli impianti generatori elettrici e termici darebbe un contributo pari al 30-35%. Nel 2011, le emissioni di gas serra degli Stati Uniti sono diminuite rispetto ai livelli del 2010. Tale decremento è dovuto principalmente ad una diminuzione del contenuto di carbonio nei combustibili consumati per generare elettricità, diminuendo il consumo di carbone a favore di un aumento del consumo di gas naturale, e ad un aumento dell’utilizzo di energia idroelettrica (EPA, 2013).

1.2.3 Proiezioni future del riscaldamento globale

Le simulazioni dei modelli vengono effettuate in funzione di possibili scenari futuri che tengono conto delle emissioni teoriche e delle concentrazioni stimate dei gas serra e aerosol. Di fatto tali scenari rappresentano diversi modelli evolutivi delle emissioni di gas serra alla fine del secolo in corso e corrispondenti a diverse ipotesi di sviluppo socio economico a livello globale (es.: tassi di sviluppo tecnologico, andamento dei mercati, sviluppo demografico, etc.).

Nel 2000 l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) ha pubblicato un rapporto (The Special Report on Emissions Scenarios (SRES)) dove vengono descritti gli scenari di emissione dei gas serra per il periodo 2000–2100 utilizzati per eseguire le proiezioni di possibili futuri cambiamenti climatici.

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Capitolo 1 L’anidride carbonica in atmosfera

Sono previsti essenzialmente quattro principali scenari di sviluppo economico:

- Scenario A1: descrive un mondo futuro di crescita economica molto rapida, la popolazione mondiale avrà un massimo a metà secolo per poi declinare, e vedrà la rapida introduzione di tecnologie nuove e più efficienti.

Questo scenario è diviso in 3 gruppi: - A1FI: uso intensivo di combustibili fossili - A1T: uso di fonti di energia non-fossili

- A1B: consumo bilanciato tra fonti di energia fossile e non

- Scenario A2: descrive un mondo convergente con la stessa variazione della popolazione globale prevista per lo scenario A1, ma con un rapido cambio nella struttura economica verso un’economia di informazione e servizi, con una riduzione dell’intensità dei

materiali e l’introduzione di tecnologie per le risorse efficienti e pulite,

- Scenario B1: assume una crescita della popolazione mondiale fino a metà secolo con una seguente decrescita ma una crescita economica più veloce, la quale porta ad un

maggiore sviluppo tecnologico rispetto allo Scenario A1,

- Scenario B2: descrive un mondo in cui l’enfasi è sulle soluzioni locali per la sostenibilità economica, sociale e ambientale. E’ un mondo in cui la popolazione globale cresce continuamente, ma con un tasso minore dello scenario A2, dove lo sviluppo economico ha livelli intermedi e i cambiamenti tecnologici sono meno rapidi e più diversificati rispetto agli scenari B1 e A1.

Fig.1.10 – Possibili scenari descritti dall’IPCC

In funzione degli scenari di sviluppo ne conseguono possibili scenari di emissione di gas serra. Nelle Figure 1.11 e 1.12 sono riportati gli scenari di emissione di CO2 e di variazione

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Capitolo 1 L’anidride carbonica in atmosfera

Figura 1.11- Scenari di emissione di CO2 fino al 2100

Figura 1.12- Scenari di concentrazione di CO2 fino al 2100

La continuativa immissione di gas ad effetto serra ad un tasso pari a quello attuale o superiore causerebbe un ulteriore riscaldamento globale e provocherebbe molti

cambiamenti nel sistema climatico globale durante il XXI° secolo, la cui entità sarà molto probabilmente maggiore rispetto a quelli osservati durante il XX° secolo.

Le proiezioni del riscaldamento globale per la fine del XXI°secolo (2090 – 2099) dipendono molto dal tipo di scenario. Nella Tabella 1.2 sono evidenziate le stime del riscaldamento e i range probabili rispetto al periodo 1980-1999 per i sei scenari IPCC e per lo scenario con concentrazioni mantenute costanti a quelle del 2000. Nella stessa tabella è riportata la stima dei modelli della crescita media globale del livello del mare alla fine del XXI°secolo (2090-2099), rispetto al periodo 1980-1999.

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Capitolo 1 L’anidride carbonica in atmosfera

Tabella 1.2 - Proiezioni future circa l’aumento di temperatura e del livello delle acque, a seconda del tipo di

scenario, riferite al periodo 1980-1999

Temperature variation (°C) relative to 2090-2099

Sea Level Rise (m) relative to 2090-2099

Scenarios Best estimate Likely range Model-based range

Constant Year 2000 Concentration 0.6 0.3-0.9 NA B1 1.8 1.1 – 2.9 0.18-0.38 A1T 2.4 1.4 – 3.8 0.20-0.45 B2 2.4 1.4 – 3.8 0.20-0.43 A1B 2.8 1.7 – 4.4 0.21-0.48 A2 3.4 2.0 – 5.4 0.23-0.51 A1FI 4.0 2.4 – 6.4 0.26-0.59

1.3 Riduzione delle emissioni di CO

2

1.3.1 Il Protocollo di Kyoto

Un primo tentativo di mitigare gli effetti ambientali del sempre maggiore consumo di energia è stato il Trattato delle Nazioni Unite sul clima (UNFCCC), stipulato nel 1992 a Rio. Il Protocollo di Kyoto, approvato nel dicembre 1997 ed entrato in vigore dal febbraio 2005, è stato il primo atto esecutivo della Convenzione UNFCCC. Affinché il Protocollo potesse entrare in vigore doveva essere ratificato da non meno di 55 Paesi, che fossero responsabili di almeno il 55% delle emissioni complessive di anidride carbonica nel 1990. Alcuni Paesi come gli Stati Uniti, pur avendo sottoscritto il Trattato, hanno deciso di non aderire al Protocollo, inizialmente citando studi in cui si metteva in dubbio la responsabilità delle attività antropiche, poi, nel 2005, sostenendo che l’economia americana non sarebbe pronta ad effettuare la transizione verso un minore impatto ambientale.

Il suo primo obiettivo riguardava la limitazione delle possibilità di cambiamenti climatici globali prodotti dalle attività umane, attraverso interventi sulle principali cause del fenomeno (soprattutto le emissioni in atmosfera di gas e inquinanti capaci di aumentare il naturale effetto serra del nostro pianeta). I gas serra chiamati in causa nel Protocollo di Kyoto erano: l’anidride carbonica (CO2), il metano (CH4), l’ossido di diazoto (N2O) e i tre

idrocarburi alogenati (fluorocarburo idrato (HFCS), perfluorocarburo (PFCS), esafluoruro di zolfo (SF6)) utilizzati in sostituzione dei clorofluorocarburi che danneggiano la fascia di

ozono. In questa ottica, prevedeva l’obbligo per le nazioni aderenti di operare nel periodo 2008-2012 una riduzione delle emissioni di gas serra in una misura non inferiore al 5.2%

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Capitolo 1 L’anidride carbonica in atmosfera

rispetto ai livelli registrati negli anni 1990-95, considerati come riferimento. Questo 5.2% però non era uguale per tutti. Infatti per i paesi dell’Unione Europea, nel loro insieme, la riduzione doveva essere dell’8%, per gli Stati Uniti del 7% e per il Giappone del 6%. Nessuna riduzione ma solo stabilizzazione, era prevista per la Federazione Russa, la Nuova Zelanda e l’Ucraina. Potevano invece aumentare le loro emissioni: la Norvegia fino all’1%, l’Australia fino all’8% e fino al 10% l’Islanda (Figura 1.13).

Figura 1.13 - Obiettivi di alcuni paesi circa il rispetto del Protocollo

Il Governo Norvegese, nel 1989, decise di perseguire l’obiettivo di limitare le emissioni di CO2 nel paese scandinavo, cercando di portare la quantità di anidride carbonica emessa

annualmente, nell’anno 2000 ai livelli del 1989, introducendo una CO2-Tax nel 1991.

Nel 1994 le compagnie petrolifere norvegesi hanno pagato per questa tassa circa 355 milioni di dollari; questo ha fatto sì che le stesse compagnie iniziassero a finanziare studi e ricerche su nuove tecnologie di riduzione di anidride carbonica emessa.

Per i paesi sviluppati che non riuscivano a mantenersi entro i limiti loro assegnati, il Protocollo prevedeva la possibilità di acquistare parte delle loro quote di emissione dagli stati sviluppati che, facendo meglio di quanto imposto dal Protocollo, erano riusciti a mantenersi al di sotto della propria soglia. Inoltre, erano previsti sistemi di crediti di quote per i paesi industrializzati interessati ad investire in tecniche di riduzione delle emissioni nei paesi in via di sviluppo. Proprio questi ultimi paesi, pur avendo altissimi livelli di emissioni, non sono stati vincolati alle quote ma sollecitati a introdurre volontariamente limiti alla loro produzione di gas a effetto serra, al fine di non ostacolare il loro diritto alla

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Capitolo 1 L’anidride carbonica in atmosfera

crescita economica. Se un paese non riusciva comunque a rispettare il trattato erano previste sanzioni economiche. Il Protocollo è terminato nel 2012.

Il Dossier Kyoto 2013, realizzato dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile che monitora i consumi di energia dei Paesi aderenti al Trattato, afferma che l’Italia ha pienamente raggiunto gli obiettivi imposti dal Protocollo di Kyoto, pari ad una riduzione delle emissioni di gas serra del 6.5%, come media del periodo 2008-2012, rispetto ai valori del 1990, arrivando ad una riduzione del 7%. Secondo le stime della Fondazione, nel 2012 le emissioni di gas serra dell’Italia si sono attestate attorno a 465/470 milioni di tonnellate di anidride carbonica equivalente (MtCO2eq), oltre 20 milioni in meno rispetto al 2011. La

media annua del periodo di verifica 2008-2012 risulta così di circa 480 MtCO2eq (-7% sul

1990), valore inferiore al limite delle emissioni medie annue (2008-2012) stabilito dal Protocollo pari a 483.3 Mt CO2eq (-6,5% sul 1990).

1.3.2 Il Pacchetto Clima-Energia 20-20-20

Il Protocollo di Kyoto è stato un primo momento importante in cui i governi di tutti i paesi del mondo si sono confrontati per trovare soluzioni al problema del riscaldamento globale e dei cambiamenti climatici di origine antropica. Ogni anno il confronto si rinnova durante le conferenze internazionali sui cambiamenti climatici. Durante quella del 2008 a Copenhagen, l’Europa ha adottato il cosiddetto Pacchetto Clima-Energia 20-20-20, ancora più stringente del protocollo di Kyoto. Il Pacchetto fissa i seguenti obiettivi da raggiungere entro il 2020 per gli stati membri dell’Ue:

- riduzione delle emissioni di gas serra del 20% rispetto ai livelli del 1990;

- aumento dell’efficienza e risparmio energetico (riduzione del 20% del fabbisogno energetico);

- aumento della quantità di energia prodotta da fonti rinnovabili al 20%.

Il “Pacchetto”, contenuto nella Direttiva 2009/29/CE, è entrato in vigore nel giugno 2009 e sarà valido dal gennaio 2013 fino al 2020. L’obiettivo è ovviamente quello di contrastare i cambiamenti climatici e promuovere l’utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili tramite obiettivi vincolanti per i Paesi membri.

Le misure contenute nel Pacchetto Clima-Energia sono elencate di seguito (Direttiva 2009/29/CE):

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Capitolo 1 L’anidride carbonica in atmosfera

1. Revisione del Sistema EU-ETS (European Union Emission Trading Scheme), cioè il sistema che prevede lo scambio delle quote delle emissioni di gas serra, con un’estensione dello scambio di quote di emissione in modo tale da ridurre le emissioni stesse. Nel 2013 verrà introdotto un sistema comunitario di aste (auctioning) per l’acquisizione delle quote di emissione.

2. Promozione del sistema “Effort sharing extra EU-ETS”, cioè la ripartizione degli sforzi per ridurre le emissioni: è un sistema pensato per i settori che non rientrano nel sistema di scambio delle quote (come edilizia, agricoltura, trasporti eccetto quello aereo) per cui ai singoli stati membri viene assegnato un obiettivo di riduzione di emissioni (per l’Italia il 13%).

3. Promozione del meccanismo del Carbon Capture and Storage – CCS (Cattura e stoccaggio del carbonio): una delle possibili modalità della riduzione della CO2 in

atmosfera è il suo stoccaggio in serbatoi geologici. Tale modalità rientra nel mix di strategie disponibili tramite l’istituzione di uno specifico quadro giuridico.

4. Energia da fonti rinnovabili: l’obiettivo è quello che tramite queste fonti si produca il 20% di energia nella copertura dei consumi finali (usi elettrici, termici e per il trasporto). Per raggiungere questa quota, sono definiti obiettivi nazionali vincolanti (17% per l’Italia): nel settore trasporti in particolare almeno il 10% dell’energia utilizzata dovrà provenire da fonti rinnovabili.

5. Nuovi limiti di emissione di CO2 per le auto: dal 2011 il limite di emissioni per le auto

nuove viene stabilito in 130 g CO2/km, mentre entro il 2020 il livello medio delle

emissioni per il nuovo parco macchine dovrà essere di 95 g CO2/km.

6. Miglioramento dei combustibili: verranno introdotte nuove restrizioni (legate a salute e ambiente) sui gas serra prodotti dai combustibili. Durante l’intero ciclo di vita della loro produzione i gas serra dovranno essere ridotti del 6%.

L’ultimo atto della lotta alle emissioni di CO2 si è avuto al G20 dell’Aquila in cui si è deciso

che i paesi industrializzati dovranno assumere la guida del processo per contribuire in maniera determinante alla riduzione delle emissioni di CO2 secondo una condivisione

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Capitolo 1 L’anidride carbonica in atmosfera

1.3.3 COP 21 - Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici

Il 12 Dicembre 2015 la 21° Conferenza delle Parti firmatarie della Convenzione sui Cambiamenti Climatici, COP 21, ha adottato l’Accordo di Parigi, completando un processo negoziale che aveva avuto origine nel 2011 con la COP17 di Durban; in tale occasione era stata istituita una nuova piattaforma negoziale, il gruppo ad hoc sulla Piattaforma di Durban con il compito di sviluppare entro il 2015 un Protocollo applicabile a tutti i Paesi da adottare durante la COP21 per entrare in vigore dal 2020.

L’obiettivo del Protocollo è quello di contribuire a stabilizzare le concentrazioni di gas ad effetto serra “a un livello tale da evitare pericolose interferenze di origine antropica con il sistema climatico”. La conclusione positiva di una tale operazione era tutt’altro che scontata, visto che un processo simile, cominciato a Bali 2007, si era concluso con il fallimento dei negoziati della COP15 di Copenaghen del 2009.

L’obiettivo dell’Accordo di Parigi è quello di limitare l’aumento di temperatura al di sotto di 2 °C rispetto al periodo pre-industriale entro fine secolo, puntando a limitare

l'aumento a 1,5°C, dato che ciò ridurrebbe in misura significativa i rischi e gli impatti dei cambiamenti climatici: per rendere possibile ciò il piano è quello di raggiungere il picco di emissioni nel 2020 e procedere successivamente a rapide riduzioni in conformità con le soluzioni scientifiche più avanzate disponibili.

Tale accordo entrerà in vigore nell’anno 2020 e, ad Agosto 2017, è stato firmato da 195 Paesi e ratificato da 160.

L’Accordo di Parigi è stato un risultato storico sia per il perseguimento al risultato di limitare l’aumento di temperatura al di sotto di 2 °C rispetto al periodo pre-industriale, puntando a limitare l'aumento a 1,5°C, sia poiché, dopo anni di lunghi e laboriosi negoziati, sancisce finalmente il superamento della dicotomia su cui era imperniato il sistema internazionale per la lotta contro i cambiamenti climatici, fin dal tempo della conclusione della Convenzione Quadro sui cambiamenti climatici del 1992. Tale dicotomia si basava sulla netta distinzione tra Paesi dell’Allegato I, corrispondenti ai Paesi

maggiormente sviluppati ed industrializzati, e Paesi non appartenenti all’Allegato I, che comprendono al loro interno una eterogenea moltitudine di Paesi con livelli di sviluppo economico molto diversi tra di loro.

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Capitolo 1 L’anidride carbonica in atmosfera

La distinzione tra Paesi del primo e del secondo gruppo era stata l’asse portante delle disposizioni del Protocollo di Kyoto del 1997, che prevedeva obblighi vincolanti di riduzione solo a carico dei Paesi dell’Allegato I.

Negli ultimi anni, tuttavia, la rapida ascesa della Cina e di molti altri Paesi non appartenenti all’Allegato I avevano reso questa distinzione del tutto obsoleta.

Per questo motivo, il superamento di tale dicotomia, avvenuto a Parigi, rappresenta un grande successo.

Con l’Accordo di Parigi, quindi, tutte le Parti hanno l’obbligo di contribuire alla lotta contro i cambiamenti climatici, mediante la definizione a livello nazionale dei propri impegni (non vincolanti), detti “contributi intesi determinati a livello nazionale” o, per usare l’espressione inglese comunemente utilizzata “intended nationally determined contributions” (INDCs).

Il sostanziale superamento della dicotomia tra le due categorie di Paesi viste sopra ha comportato però il passaggio da un sistema basato su obblighi giuridici vincolanti, determinati a livello internazionale, come era quello del Protocollo di Kyoto, ad un sistema basato su impegni di tipo volontario, stabiliti dalle Parti a livello nazionale, come è quello dell’Accordo di Parigi.

Infatti, in base al nuovo sistema, le Parti possono liberamente determinare I propri impegni a livello nazionale, senza nessun vincolo imposto a livello internazionale, né nella fase di determinazione dei propri obiettivi, né nella fase di attuazione degli stessi.

Non vi è, infatti, neppure un sistema internazionale di monitoraggio e controllo sul rispetto dei propri obblighi da parte degli Stati, come era invece stato ipotizzato inizialmente nell’ambito dei negoziati internazionali sui cambiamenti climatici.

Tale sistema è stato infatti sostituito nell’Accordo di Parigi da uno strumento, molto più blando, di controllo indiretto sulle attività nazionali delle Parti, denominato “quadro di riferimento basato sulla trasparenza”.

Un altro elemento positivo dell’accordo di Parigi è costituito dall’impegno delle Parti più sviluppate di mettere a disposizione dei Paesi più poveri un fondo pari ad almeno 100 miliardi di dollari all’anno, a partire dal 2020, per la realizzazione di iniziative finalizzate all’attuazione dell’Accordo di Parigi.

Sorgono comunque preoccupazioni circa il fatto che malgrado il nuovo accordo indichi come suo obiettivo principale quello di contenere l’aumento medio della temperatura

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Capitolo 1 L’anidride carbonica in atmosfera

mondiale ben al di sotto dei 2° centigradi rispetto ai livelli pre-industriali, ed addirittura si impegni a promuovere il raggiungimento di un obiettivo ancora più ambizioso,

corrispondente al tentativo di limitare l’aumento medio della temperatura mondiale entro gli 1,5° centigradi, la realtà sembra invece andare in una direzione assai diversa. Infatti, secondo quanto rilevato da noti istituti di ricerca sulla base di una dettagliata analisi di numerosi studi scientifici sul tema, il contributo collettivo della riduzione delle emissioni di gas serra che dovremo attenderci alla luce della sommatoria degli impegni nazionali delle Parti annunciati prima della Conferenza di Parigi non risulta assolutamente in linea neppure con il raggiungimento dell’obiettivo di mantenere l’aumento medio della temperatura a livello globale ben al di sotto dei 2° centigradi.

I risultati delle simulazioni mostrano infatti come l’aumento della temperatura prevista sia compresa tra 2.7 °C e 3.5 °C, nonostante l’applicazione degli INDCs accordati durante la COP 21.

In senso contrario a tale conclusione negativa, tuttavia, l’accordo va considerato non come un punto di arrivo, ma come un buon inizio del processo di contrasto al

cambiamento climatico, e visto il riunirsi della COP con cadenza quinquennale, ciò potrebbe conseguire alla verifica periodica del progresso collettivo verso il

raggiungimento degli obiettivi di lungo termine dell’accordo.

1.3.4 COP 22- Conferenza di Marrakech sui cambiamenti climatici

La Conferenza di Marrakech sul cambiamento climatico è stata organizzata a Marrakech(Marocco) dal 7 al 18 novembre 2016, e si è svolta in ambito della 22° Conferenza delle Parti (COP22) della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, a cui hanno partecipato 196 delegazioni degli Stati membri.

E’ stata denominata “COP dell’Azione”, da cui si evince l’intento di attribuire alla COP 22 il peso politico e il significato necessari a sostenere e concretizzare lo slancio

derivante dall’adozione dell’Accordo di Parigi.

Il compito della COP 22 era dunque quello di iniziare a spostare l’attenzione dal cosa si è deciso a Parigi al come gli ambiziosi obiettivi dell’Accordo saranno effettivamente

realizzati. Molti aspetti concreti erano infatti rimasti senza risposta nell’Accordo di Parigi, tra cui la definizione di come le Parti avrebbero dovuto comunicare i propri sforzi in

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Capitolo 1 L’anidride carbonica in atmosfera

e capacity building; di come l’ambizione di tali sforzi si sarebbe rivista nel tempo; e di come sarebbe stato progettato un processo per facilitare l’attuazione dell’Accordo e promuoverne l’osservanza. Tutti questi aspetti costituiscono il cosiddetto “Rulebook“, che comprende i dettagli tecnici che renderanno l’Accordo operativo e, quindi,

implementabile.

Anche se non è stato ancora raggiunto un progresso sostanziale sul Rulebook, le Parti sono riuscite a concordare un calendario serrato per i lavori tecnici l’anno successivo e, cosa ancor più importante, un termine per il completamento dei lavori

dell’intero rulebook, corrispondente al 2018.

Tra i principali output della conferenza vi è la necessità di riduzione degli NDCs stabiliti al COP 21, poiché, come riportato dall’Emission Gap Report 2016 dell’UNEP (United Nations Environmental Programme), pubblicato alla vigilia dell’entrata in vigore dell’Accordo di Parigi, se le emissioni si stabilizzassero ai livelli previsti dalla COP 21 allora il mondo si muoverebbe sulla traiettoria di un aumento della temperatura tra i 2,9 e i 3,4°C al 2100. In questo senso, il dialogo di facilitazione del 2018 fornirà una prima occasione per rivedere,al rialzo, l’ambizione degli NDCs presentando piani per il clima nuovi o aggiornati. Seguiranno quindi ogni 5 anni, a partire dal 2023, dei processi di revisione globali.

Durante la COP 22 le Parti si sono concentraea anche sui mezzi necessari per l’azione, ovvero i cosiddetti Means of Implementation(MOI), che includono la finanza,

il trasferimento tecnologico e il capacity building. Quest’ultimo aspetto, in particolare, ha attratto notevole attenzione a Marrakech.

E’ stato infatti lanciato il Paris Committee on Capacity-building (PCCB) con l’obiettivo di colmare i gap conoscitivi e supportare l’azione per il clima nei paesi in via di sviluppo. Con l’elezione dei suoi 12 membri, il PCCB è ora pronto a lavorare al suo piano di lavoro per il periodo 2016-2020 e a focalizzarsi, nel 2017, sull’implementazione degli NDCs.

E’ stata inoltre annunciata la Capacity Building Initiative for Transparency (CBIT), che costituisce un nuovo fondo fiduciario volto a sostenere i paesi in via di sviluppo nel controllo e nel monitoraggio dei loro progressi nella riduzione delle emissioni e nella raccolta di informazioni robuste sulla loro vulnerabilità, per definire obiettivi di adattamento sulla base di informazioni puntuali.

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Capitolo 1 L’anidride carbonica in atmosfera

In tema di finanza per il clima, i Paesi industrializzati hanno le Parti della COP 22 hanno confermato l’impegno a garantire entro il 2020 almeno 100 miliardi di dollari l’anno per finanziare l’azione climatica dei paesi più poveri ma hanno purtroppo mostrato scarsa volontà politica nel sostenere l’adattamento delle comunità vulnerabili ai mutamenti climatici in corso, infatti il gap tra quanto necessario e quanto destinato all’adattamento rimane ancora elevato.

Alla COP 22 era stato dato l’importante mandato di rivedere il Meccanismo

Internazionale di Varsavia (WIM) su Perdite e Danni, creato nel 2013 per avanzare nelle conoscenze, nel coordinamento e nel sostegno per affrontare gli impatti residui associati ad eventi estremi ed eventi di lenta insorgenza nei paesi in via di sviluppo

particolarmente vulnerabili. Si è giunti alla definizione di un processo periodico di revisione (con un primo appuntamento nel 2019) per valutare i progressi compiuti nell’attuazione del piano di lavoro del Comitato Esecutivo e per riflettere, nel lungo termine, su come il WIM possa essere migliorato e rafforzato.

Dalla Conferenza di Marrakech arriva dunque un segnale chiaro e forte, ovvero che la direzione di marcia dall’Accordo di Parigi è irreversibile, infatti Tutti i governi si sono impegnati a rendere pienamente operativo l’Accordo di Parigi entro il 2018.

Va tuttavia sottolineato che i risultati concreti sono modesti, in particolare per quanto riguarda il sostegno finanziario dei paesi industrializzati all’azione climatica dei paesi poveri.

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Capitolo 2 Metodi di rimozione e riduzione CO2

Capitolo

2

Metodi di riduzione

e rimozione CO

2

2.1.

Possibili soluzioni tecniche

Nonostante il margine di incertezza da cui sono affette le previsioni sulle implicazioni climatiche che l’effetto serra potrà in futuro comportare, resta il fatto che la necessità di regolamentare e ridurre le emissioni di anidride carbonica in atmosfera è diventato un problema essenziale.

Per risolvere questo problema, ormai sempre più importante a livello sociale, istituzionale e produttivo, i vari Paesi hanno sottoscritto impegni per il contenimento delle emissioni dei gas serra.

Tra le varie possibilità per la mitigazione della concentrazione di CO2 nell’atmosfera vi sono:

- Incremento dell’efficienza dei sistemi energetici e produttivi - Incremento fonti energetiche rinnovabili

- Riforestazione

- Cattura e stoccaggio CO2

- Aumento produzione energetica via nucleare

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Capitolo 2 Metodi di rimozione e riduzione CO2

L’utilizzo di fonti energetiche alternative sta contribuendo in modo significativo alla riduzione delle emissioni di gas serra, infatti come si può vedere in Figura 2.1 si nota come nel 2015 la produzione di energia elettrica da rinnovabili sia stata pari al 23.7 %, ma necessita ancora di diversi anni prima che possa ricoprire la quasi totalità della produzione di energia elettrica.

Figura 2.1- Energia elettrica prodotta da fonti di energia rinnovabile e da combustibili fossili, fine 2015

Anche l’aumento dell’efficienza dei sistemi energetici e di produzione è una delle soluzioni più interessanti, ma lascia aperti larghi margini di incertezza sulla rapidità con cui questi si svilupperanno e si imporranno nell’uso collettivo a costi competitivi e sostenibili.

Il passaggio a combustibili pregiati pone, d’altra parte, grossi problemi di approvvigionamento e trasporto in molte aree del pianeta, mentre l’uso della fissione e fusione nucleare lascia aperte problematiche riguardanti lo stoccaggio delle scorie e la sicurezza, nonché una certa diffidenza a livello di opinione pubblica.

In conclusione, si può affermare che una delle vie più percorribili nell’immediato è quella legata alla cattura, rimozione e stoccaggio della CO2 prodotta da impianti convenzionali e

non.

Focalizzando l’attenzione sulle soluzioni da abbinare ad impianti per la produzione di energia elettrica, i metodi per la riduzione delle emissioni di CO2 possono essere divisi

essenzialmente in due tipologie base:

1. Decarbonizzazione del combustibile, applicati a monte del processo di combustione. Si tratta di convertire l’idrocarburo primario in un combustibile ad alto contenuto di idrogeno e CO2 tramite reazioni chimiche di reforming e shift; la CO2 viene poi separata, prima della

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Capitolo 2 Metodi di rimozione e riduzione CO2

2. Rimozione della CO2 dai gas di combustione.

I processi del tipo 1) sono vantaggiosi perché consentono una importante riduzione della taglia degli impianti di cattura della CO2, date le basse portate in gioco dei combustibili,

rispetto a quelle dei gas combusti, e le più alte concentrazioni di CO2.

D’altra parte, per ottenere un’apprezzabile conversione dell’idrocarburo primario occorrono alte temperature (800 – 900°C, tipiche per il reforming) e l’accoppiamento di due reattori, quello di reforming e quello di shift, quest’ultimo necessario per innalzare la concentrazione e favorire la separazione della CO2 nella miscela combustibile ottenuta.

Le tecnologie per la cattura della CO2 verranno descritte di seguito.

2.2.

Metodi di cattura di CO

2

2.2.1. Processi di absorbimento

Si basano su reazioni di absorbimento chimico e/o fisico tra CO2 ed uno o più absorbenti

basici, come soluzioni acquose di mono-, di- o tri-etanolammine, di- isopropanolammine, idrossido di sodio, carbonato di sodio e carbonato di potassio. Tipici solventi fisici sono il metanolo, il propilene ed il polietilene. L’absorbimento è influenzato in maniera pesante dalla pressione di esercizio, per cui si deve operare a valori di diverse atmosfere. Una caratteristica attraente di questo processo è la possibilità di renderlo operativo in modo continuo grazie alla rigenerabilità dell’absorbente, inviando la soluzione arricchita di CO2

ad una torre di stripping, dove la pressione viene abbassata insieme all’eventuale innalzamento della temperatura, favorendo così la reazione inversa; l’absorbente, liberato in questo modo della CO2, viene quindi rinviato, dopo pressurizzazione ed eventuale

raffreddamento, alla torre di separazione riprendendo così il ciclo. L’anidride carbonica che si ottiene è in forma relativamente concentrata, ad una pressione prossima a quella atmosferica e viene saturata in acqua; si può presentare spesso il problema dei gas acidi (se c’è un contenuto rilevante di SOx e NOx nei fumi da trattare, oltre alla CO2), nella

soluzione, quindi sono di norma attuate particolari misure tendenti ad un loro absorbimento differenziato, prima di rinviare l’assorbente alla torre di separazione; in Figura 2.2 è rappresentato lo schema a blocchi, mentre in Figura 2.3 è riportato lo schema di processo. Gli svantaggi maggiori del processo di absorbimento sono dovuti al limitato potere assorbente delle soluzioni nei confronti della CO2, alla limitata selettività tra CO2 e

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Capitolo 2 Metodi di rimozione e riduzione CO2

il processo di rigenerazione, nonché alla necessità di grossi volumi d’impianto che consentano la circolazione di elevate quantità di assorbente insieme ad un adeguato scambio termico. I tipici gas di scarico degli impianti convenzionali si rendono, come tali, poco adatti ad essere trattati, dal momento che si trovano in genere alla pressione atmosferica e contengono ossigeno, CO, SOx ed NOx, tutte sostanze che inibiscono l’efficacia degli assorbenti. Le applicazioni in cui è più indicata questa soluzione sono attualmente quelle su larga scala, in cui gli scarichi contenenti CO2 si trovano pressurizzati.

Figura 2.2: Schema a blocchi di un processo di assorbimento.

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Capitolo 2 Metodi di rimozione e riduzione CO2

Generalmente l’impianto è composto da due colonne a riempimento, una per l’assorbimento della CO2 ed una per lo strippaggio (Figura 2.3). Nella prima colonna i fumi

di scarico, dopo essere stati raffreddati, vengono in contatto controcorrente con il solvente (che in genere è composto da un mix di ammine ed acqua) nel quale rimane intrappolata la CO2; i gas purificati dalla CO2 escono dall’alto, mentre la soluzione che esce dalla base

della colonna contiene la CO2 e viene fatta passare nella seconda colonna; qui viene fornito

calore, tramite un reboiler o tramite vapore, provocando così la rottura dei legami che la CO2 ha formato con le ammine. La soluzione rigenerata, che esce dalla parte bassa della

colonna di strippaggio e che ha una temperatura più alta rispetto a quella di ingresso, viene utilizzata per preriscaldare il flusso di ingresso allo stripper, prima di essere reimmessa nell’assorbitore, favorendo il risparmio energetico.

Dalla parte alta dello stripper si ha invece un’uscita di vapore acqueo e CO2 e tramite un

condensatore si ha la separazione del vapore dall’anidride carbonica, che è così pronta per essere compressa e trasportata. Solitamente le torri operano ad una pressione vicina a quella atmosferica per limitare gli alti costi di compressione. La temperatura a cui lavora la torre di absorbimento può variare fra i 40 e i 65 °C, mentre la torre di strippaggio, nella quale si ha la rottura dei legami chimici formatisi, opera a temperature intorno ai 100-120 °C.

2.2.2. Processi di adsorbimento

I processi di adsorbimento sono basati su fenomeni di natura fisica o chimica che si creano tra i componenti in fase gas e la superficie di certi materiali solidi. Dipendentemente dalla temperatura, dalla pressione parziale, dalle forze superficiali e dalla grandezza dei pori dell’adsorbente, si possono avere strati singoli o

multipli di componenti sull’adsorbente. Gli adsorbenti sono normalmente disposti in letti fissi e il processo può avvenire secondo due modalità:

- PSA (Pressure Swing Adsorption): il gas fluisce a pressione elevata e bassa temperatura attraverso i letti adsorbenti e la rigenerazione dei letti viene eseguita riducendo la pressione e trasportando via i componenti adsorbiti con un gas a basso potere adsorbente (Figura 2.4).

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Capitolo 2 Metodi di rimozione e riduzione CO2

- TSA (Temperature Swing Adsorption): gli adsorbenti sono rigenerati aumentando la temperatura tramite un gas caldo inerte o un riscaldamento dall’esterno.

Figura 2.4: Schema di PSA.

La prima delle due tecnologie è preferibile, richiedendo minore dispendio di energia e tempi di rigenerazione più bassi.

Il vantaggio principale dell’adsorbimento è dato dalla relativa semplicità dell’operazione, nonostante la non rigenerabilità in continuo; non è comunque una tecnologia adatta ad applicazioni su larga scala e industriali, dal momento che la capacità selettiva degli adsorbenti verso la CO2 è, al momento, piuttosto bassa; interessante potrebbe essere la

possibilità di un suo abbinamento ad altre tecniche di cattura della CO2.

La reversibilità del processo, sfruttata sia per il recupero della sostanza adsorbita che dell’adsorbente, è abbastanza completa e rapida, mentre la selettività per le diverse sostanze da adsorbire è modesta. Oltre agli aspetti impiantistici, i fattori che regolano l’efficienza di tali processi dipendono dalle caratteristiche chimico-fisiche delle sostanze coinvolte e dell’adsorbente.

Essendo l’adsorbimento un fenomeno di superficie, tutte le sostanze utilizzate a tale scopo sono caratterizzate da una elevata superficie specifica, dell’ordine di 1000-1500 m2/g, per

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Altre caratteristiche richieste alle sostanze adsorbenti sono: elevate temperature di ossidazione ed elevata resistenza all’abrasione, allo scopo di garantire efficienze adeguate di adsorbimento per più cicli di utilizzo.

Per impieghi nella depurazione dell’aria, il materiale adsorbente più diffuso è il carbone attivo, che è prodotto per distillazione di sostanze volatili da legni compatti, quali il guscio delle noci di cocco o per sintesi di sostanze organiche ridotte; sviluppa superfici specifiche elevate ed ha capacità di adsorbimento ad ampio spettro. I materiali più usati per l’adsorbimento di anidride carbonica sono, oltre al carbone attivo, le zeoliti, l’allumina e i gel di silice.

L’impianto di adsorbimento classico prevede che il flusso gassoso venga compresso e raffreddato, prima di essere immesso in una colonna in cui attraversa la massa di adsorbente posta al suo interno.

Possono essere impiegati letti fissi o letti mobili, in cui l’adsorbente fluisce in controcorrente, in genere per gravità, al flusso di gas da trattare.

L’energia richiesta in questo tipo di processi è utilizzata per la compressione e il raffreddamento dell’effluente in ingresso e per la rigenerazione dell’adsorbente. Vantaggio del sistema è la possibilità di recuperare le sostanze adsorbite e ridurre anche in modo consistente i costi d’impianto e di gestione. Il recupero elimina, inoltre, le complicazioni di scarichi residui, ad eccezione dell’acqua di condensa, quando il deadsorbimento è fatto con vapore. Inoltre con opportune combinazioni fra sostanza adsorbita e adsorbente si possono ottenere efficienze elevate. Sono da inserirsi fra gli svantaggi i pretrattamenti (compressione, raffreddamento), che il sistema esige ed i rischi di deterioramento permanente del letto adsorbente. Citiamo infine l’adsorbimento chimico enunciandolo come metodo particolarmente attraente per gli impieghi a più alta temperatura. Tra gli adsorbenti chimici si hanno: ossidi metallici (come CaO, MgO), alcuni carbonati e bicarbonati (come K2CO3, Na2CO3, NaHCO3) e bicarbonato o composti dell’idrotalcite.

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2.2.3 Processi a membrana

I processi a membrana sono una tecnologia a basso costo che non necessita di correnti gassose di alta purezza. Il processo di permeazione ha numerosi vantaggi (Pires et al., 2011):

- Maggiori efficienze di separazione rispetto ai processi di equilibrio; - Tecnologia già in uso nei processi industriali;

- Piccoli volumi richiesti.

La separazione di CO2 da N2 è già stata studiata, ed è facilmente realizzata tramite

membrane ad alta permeabilità alla CO2 e alta selettività CO2/N2. Nondimeno, il

trattamento delle enormi correnti di gas di scarico emessi da centrali richiede membrane di elevata area e di conseguenza incrementa i costi di questa tecnologia. Un altro svantaggio è rappresentato dalla necessità di utilizzare pressioni elevate, richiedendo impianti di compressione grandi, costosi e che richiedono grandi quantitativi di energia per funzionare (Pires et al., 2011).

Nel processo di separazione mediante membrane, la miscela gassosa contenente CO2 a

pressione elevata è introdotta nel separatore, costituito da un certo numero di membrane di forma cilindrica disposte in parallelo. La CO2 attraversa la membrana e viene poi

recuperata a pressione inferiore sui gusci cilindrici.

In generale per membrane si intendono strutture solide, porose o semiporose, che permettono il passaggio di alcune specie chimiche e ne trattengono altre (Figura2.5). La membrana risulta permeabile solo alla specie che si vuole separare dalla corrente alimentata. La "driving force" del processo è la differente pressione parziale della specie permeabile tra alimentato e permeato. Se sono richieste alte efficienze di separazione occorre avere una pressione parziale della specie separata nel permato molto bassa. Vi sono tre tipi di membrane utilizzate per il trattamento dei gas: le membrane a separazione, le membrane ad assorbimento e quelle a trasporto facilitato.

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