• Non ci sono risultati.

Bicarbonatemia e FENa come fattori predittivi l'uso del tolvaptan nell' iponatremia

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Bicarbonatemia e FENa come fattori predittivi l'uso del tolvaptan nell' iponatremia"

Copied!
72
0
0

Testo completo

(1)

1

INTRODUZIONE

L’iponatremia, definita come valore di sodio plasmatico <135 mEq/l, è il più comune disordine elettrolitico osservabile nel 15- 30% dei pazienti ospedalizzati. Nella maggior parte dei casi è un disturbo asintomatico, ma può anche associarsi a sintomi neurologici gravi, correlati ad elevata morbidità e mortalità. L’iponatremia è prevalentemente osservabile nei pazienti con SIADH primitiva e secondaria a cirrosi epatica e scompenso cardiaco.

L’iponatremia necessita di trattamento anche se asintomatica, ma le varie eziologie e comorbidità ad essa associate rendono difficoltosa la gestione ottimale del paziente. Nonostante sia un disturbo conosciuto dai primi del ‘900, solo nel 2007 un gruppo di esperti si è riunito definendo le linee guida del trattamento ne “Hyponatremia Treatment Guidelines 2007: Expert Panel Recommendation” e nell’Ottobre 2013 su “The American Journal of Medicine” è stato pubblicato l’aggiornamento a tali linee guida in una review: “Diagnosis, Evaluation and Treatment of Hyponatremia: Expert Panel Recommendations”.

In entrambe le pubblicazioni è stato posto l’accento su una nuova classe di farmaci, i vaptani, che possono essere utilizzati come terapia di prima linea nel trattamento dell’iponatremia.

I vaptani, antagonisti del recettore V2 della vasopressina, hanno un meccanismo d’azione definito “acquaretico”, cioè fanno aumentare selettivamente l’escrezione di acqua libera da elettroliti da parte del rene. Tale meccanismo d’azione è diverso da quello dei classici diuretici che, bloccando il riassorbimento del sodio, creano un gradiente osmolare finalizzato ad incrementare l’escrezione di acqua.

In particolare il tolvaptan, un antagonista non peptidico orale, viene utilizzato nei casi di iponatremia euvolemica ed ipervolemica per ripristinare i normali livelli di sodiemia.

(2)

2

1. SODIO E OSMOLALITA’

1.1 Ione sodio

Il nostro organismo è costituito da acqua per il 60% negli uomini e il 50% nelle donne, principalmente distribuita fra il compartimento extracellulare (LEC), contenente 1/3 dell’acqua corporea e comprendente lo spazio interstiziale e intravascolare, e compartimento intracellulare (LIC), 2/3 acqua corporea.

Le forze osmotiche sono essenziali per la distribuzione dell’ acqua tra questi compartimenti ed in ognuno di essi possiamo trovare un soluto principale, che agisce come forza osmotica, permettendo di trattenere i liquidi.

Il Na+ è il principale catione extracellulare, con concentrazione plasmatica 135-145 mEq/l, il K+ è maggiormente rappresentato in sede intracellulare, con concentrazione plasmatica di 3,5-5 mEq/l. Grazie a questi due cationi, i liquidi intracellulari ed extracellulari sono in equilibrio osmotico tra loro, dato che le membrane cellulari sono completamente permeabili all’acqua. Se si determina un gradiente osmotico, l’acqua tenderà a spostarsi da un compartimento all’altro fino a quando le pressioni non si saranno riequilibrate. Tutto ciò sta anche alla base degli effetti patologici correlati agli squilibri idroelettrolitici.

1.2 Osmolalità plasmatica

L’osmolalità di una soluzione è determinata dal numero di particelle disciolte per chilogrammo di acqua, quindi l’osmolalità plasmatica è determinata dal numero di particelle disciolte per chilogrammo di plasma.

Tali particelle sono:

 Na+

 Glucosio

(3)

3 Secondo la formula:

Posm ≈ 2 * [Na+]pl + [glucosio/18] + BUN/2,8

(Dove il 2 rappresenta il contributo osmotico degli anioni che si legano al Na+, mentre 18 e 2,8 sono i fattori di conversione della concentrazione plasmatica del glucosio e del BUN da mg/dl a mmol/l.)

Ma l’urea è un’osmole inefficace in quanto è permeabile alle membrane biologiche, quindi non contribuisce a trattenere acqua nello spazio extracellulare, inoltre il glucosio in condizioni normali fornisce solo 5mOsm/kg. Quindi l’equazione può essere semplificata in:

Posm ≈ 2 * [Na+]pl

Posm ≈ 275- 290 mOsm/kg

Da ciò si evince che il Na+ è il principale determinante l’osmolalità plasmatica, quindi ogni variazione della sua concentrazione si riflette sul volume extracellulare.

(4)

4

2. OMEOSTASI IDROELETTROLITICA

2.1 Sistema renina-angiotensina-aldosterone

La renina è una proteina con attività enzimatica che viene rilasciata quando la pressione arteriosa si riduce.

L’arteriola afferente di ciascun glomerulo ha cellule specializzate, rappresentate dalle cellule iuxtaglomerulari, che sintetizzano la prorenina, proenzima precursore della renina.

Quando la pressione arteriosa diminuisce la prorenina viene trasformata in renina e riversata nel sangue. La renina ha la funzione di trasformare l’angiotensinogeno in angiotensina I, avente blanda azione vasocostrittrice. A sua volta l’angiotensina I è trasformata in angiotensina II dall’enzima ACE, prodotto a livello polmonare. L’angiotensina II induce rapidamente una vasocostrizione in molti distretti corporei, soprattutto a livello arteriolare, determinando un aumento delle resistenze periferiche totali, che portano ad un incremento della pressione arteriosa. Esplica la sua azione anche a livello del compartimento venoso aumentando il ritorno venoso al cuore, al fine di aumentare la forza di contrazione ventricolare.

Inoltre l’angiotensina II agisce a livello renale riducendo l’escrezione di acqua e sale, aumentando così il volume del liquido extracellulare. Svolge tale effetto tramite azione diretta sul rene, che consiste in una vasocostrizione delle arteriole renali, con conseguente riduzione della perfusione e quindi della filtrazione glomerulare. Inoltre la riduzione del flusso ematico riduce la pressione nei capillari peritubulari, facilitando il riassorbimento di acqua a livello tubulare. Oltre a questo l’angiotensina II agisce a livello surrenale stimolando la secrezione di aldosterone da parte delle cellule corticali.

L’aldosterone è un importante mediatore del riassorbimento di sodio e della secrezione di potassio da parte dei tubuli renali. Tale ormone agisce a livello delle

(5)

5 cellule principali del tubulo collettore e in misura minore anche sul tubulo distale e sul dotto collettore. Il bersaglio d’azione è la pompa sodio- potassio, infatti ne incrementa l’azione aumentando la ritenzione di Na+

, al fine d incrementare la volemia, e l’escrezione di K+

. Inoltre agisce anche a livello del SNC aumentando la sensazione di sete e l’ingestione di cibi salati. Infine facilita il rilascio dell’ADH. La secrezione dell’aldosterone è indotta da un aumento della concentrazione degli ioni potassio o della concentrazione plasmatica di ACTH, ma soprattutto è di nostro interesse lo stimolo secretorio mediato da un aumento dell’attività del sistema renina-angiotensina e dal deficit di sodio.

Questo pone le basi per poter comprendere l’elevata incidenza di iponatremia in patologie croniche come lo scompenso cardiaco e la cirrosi epatica.

↓ p art

renina Ritenzione di H2O e Na+

Angiotensinogeno angiotensina I angiotensina II aldosterone ↑ p art

ACE vasocostrizione

(6)

6

2.2 ADH

Fig.1 Tratta da Anatomy and Physiology; Open Stax College

La vasopressina è prodotta dai neuroni dei nuclei sopraottico e paraventricolare ipotalamici, insieme all’ossitocina. In particolare l’ADH è prodotto principalmente dal nucleo sopraottico, mentre l’ossitocina dal nucleo sopraventricolare.

L’ormone è trasportato dall’ipotalamo all’ipofisi posteriore attraverso delle terminazioni nervose passanti per il peduncolo ipofisario, tramite delle proteine carrier dette neurofisine, che la veicolano.

Le terminazioni nervose, a bottone e ripiene di granuli secretori, decorrono lungo la parete di capillari nei quali riversano l’ormone e finiscono nella neuroipofisi.

(7)

7 Quando sopraggiungono degli impulsi nervosi l’ormone è immediatamente trasportato al di fuori delle terminazioni, tramite esocitosi ed è assorbito dai capillari adiacenti.

2.2.1 Funzione dell’ADH

l’ADH è definito ormone antidiuretico, poiché induce una riduzione dell’ escrezione di acqua da parte dei reni, favorendone il riassorbimento.

L’ADH si lega a specifici recettori V2 (V2R) nella porzione terminale dei tubuli distali, nei tubuli e nei dotti collettori, aumentando la sintesi di AMPc e attivando le proteinchinasi. Questo stimola la traslocazione dell’ acquaporina-2 (AQP-2) sul lato luminale della membrana cellulare. Le acquaporine, fondendosi con la membrana, formano dei canali per l’acqua che permettono la sua rapida diffusione per via transcellulare.

(8)

8 La secrezione di ADH è controllata dalla concentrazione osmotica dei liquidi extracellulari.

In vicinanza dell’ipotalamo, a livello dell’organo vascolosum, localizzato nella parete anterolaterale del terzo ventricolo, esistono degli osmocettori, neuroni modificati con funzione recettoriale.

Quando il liquido extracellulare diventa troppo concentrato l’acqua fuoriesce per osmosi dalla cellula osmocettrice, che si riduce di volume. Questo dà origine ad appropriati segnali nell’ipotalamo che stimolano una maggior secrezione di ADH. L’incremento dei livelli dell’ormone determina il riassorbimento di grandi quantità di acqua e l’urina risulta concentrata.

Aumenti cronici dei livelli di vasopressina aumentano la sintesi di AQP-2 stimolando la trascrizione del gene che codifica per essa e determinando un eccessivo riassorbimento di acqua.

Al contrario se il liquido extracellulare è troppo diluito l’acqua si trasferisce per osmosi all’interno della cellula, che aumenta di dimensione ed invia segnali che inibiscono la sintesi di ADH.

Una diminuzione della concentrazione dell’ormone riduce la permeabilità all’acqua, determinando l’escrezione di urine ipotoniche.

Inoltre a concentrazioni più elevate ha un effetto vasocostrittore molto potente sulle arteriole dei distretti corporei, determinando un forte innalzamento della pressione arteriosa. Infatti uno degli stimoli che provoca una secrezione molto intensa di ADH è la diminuzione del volume ematico. Quando esso diminuisce del 15-20% la secrezione ormonale aumenta anche di 20-50 volte.

(9)

9 Gli atri possiedono dei recettori di stiramento che, se stimolati da un eccesivo riempimento, inviano segnali inibitori all’encefalo per inibire la secrezione di ADH.

Invece quando il riempimento è ridotto e non vengono stimolati, inviano messaggi stimolanti la secrezione di ADH.

Insieme ai recettori atriali concorrono al meccanismo anche i barocettori carotidei, aortici e polmonari.

(10)

10

2.2.2 ADH e stati ipoosmolali

In un soggetto normale quando l’osmolalità plasmatica si riduce, si verifica una diminuzione della secrezione e della sintesi di vasopressina. Di conseguenza si riduce il riassorbimento di acqua da parte dei dotti collettori e vengono escrete urine ipotoniche, così l’acqua in eccesso viene eliminata e l’osmolalità plasmatica torna a livelli normali.

La secrezione di ADH cessa quando l’osmolalità plasmatica scende al di sotto di 275 mOsm/kg, corrispondenti ad una sodiemia < 135 mEq/l.

Da ciò si evince che una iponatremia conseguente a ritenzione idrica si verifica solo in seguito ad un difetto di escrezione renale, eccezion fatta per i pazienti affetti da polidipsia primaria.

Infatti quasi tutti i pazienti con iponatremia presentano un eccesso di ADH, per inappropriata secrezione (SIADH) o deplezione del volume effettivo circolante (scompenso cardiaco e cirrosi).

(11)

11 Fig.4 Fisiopatologia della comparsa di iponatremia nella deplezione del volume circolante effettivo. Tratta da “Fisiologia clinica dell’equilibrio acido-base e dei disordini elettrolitici”, B. D. Rose; fig. 23-3 pg 568.

(12)

12

3. IPONATREMIA

L’iponatremia è una condizione in cui la sodiemia è < 135 mEq/l, con un range di normalità tra 135 e 145 mEq/l.

In genere ogni condizione di iponatremia riflette uno stato di ipoosmolalità.

3.1 Epidemiologia

L’iposodiemia è il più comune disordine elettrolitico incontrato nella pratica clinica, infatti è presente nel 15-30% dei pazienti ospedalizzati1. Questa elevata incidenza è stata osservata in studi che comprendevano sia pazienti acuti che cronici2.

Una incidenza ugualmente elevata è stata riscontrata in pazienti con patologie specifiche, quali scompenso cardiaco e cirrosi. Recenti trials clinici affermano che più del 27% di pazienti con scompenso cardiaco3-6 e più del 50% dei pazienti con cirrosi e ascite7 presentano iponatremia.

Ma l’incidenza tende a scendere al 1-4% se si considerano valori di Na+

<130 mEq/l2, che sale al 7-53% considerando i solo pazienti geriatrici8.

È associata ad un incremento della mortalità e della morbidità nel paziente scompensato e cirrotico. Il soggetto con scompenso cardiaco che presenta nel suo contesto una iponatremia ha una mortalità più elevata sia esso ospedalizzato3, 5, 6, 9 o meno4.

Allo stesso modo, analisi similari eseguite nel paziente con patologia epatica, hanno dimostrato una stretta associazione con l’insorgenza di sindrome epatorenale10, encefalopatia epatica11 e morte12.

È una condizione clinica conosciuta fin dalla metà del ventesimo secolo, ma data la sua associazione con molte patologie, l’eziologia multipla ed i diversi meccanismi

(13)

13 fisiopatologici che la determinano, non è ancora stata definita una strategia di trattamento ottimale.

Solo nel 2005 un gruppo di esperti ha convenuto di rivedere le strategie terapeutiche esistenti e valutare se i vaptani possano essere considerati una alternativa o un supplemento alle terapie correnti. La review è stata pubblicata nel 200713.

A conferma di quanto detto, in un recente studio che comprende 523 pazienti con cirrosi e ascite è stato dimostrato che l’iponatremia è un fattore predittivo forte di scores mentali e fisici14 ed è associata ad un out come peggiore in pazienti in lista d’attesa per trapianto epatico15

e chirurgia16, 17.

In un altro studio che comprende 4123 pazienti over 65 ammessi in ospedale, il 3,5% presentava iponatremia con livelli Na+<130 mEq/l all’ammissione. Se comparati con pazienti normonatremici, quelli con iponatremia avevano una mortalità doppia durante la degenza (RR 1,95; P 0.05)18.

Praticamente in ogni patologia esaminata la coesistenza di iponatremia correlava con un incremento della mortalità1.

(14)

14

4. CLASSIFICAZIONE DELLE IPONATREMIE

Dal punto di vista classificativo distinguiamo diverse tipologie di iponatremia in base alla tonicità plasmatica:

1. Iponatremia isotonica o pseudoiponatremia, 2. Iponatremia ipertonica,

3. Iponatremia ipotonica.

Classification of Hyponatremia by Plasma Tonicity

Serum Sodium Concentration (mmol/L) Plasma Osmolality (mOsm/kg H2O) Typical Causes

Hypotonic <135 Low (<280) SIADH; heart failure; cirrhosis Isotonic <135 Normal (280-295) Hyperglycemia;

pseudohyponatremia (hyperlipidemia, hyperproteinemia) Hypertonic <135 High (>295) Severe

hyperglycemia with dehydration;

mannitol

Tab.1 Classification of Hyponatremia by Plasma Tonicity. Verbalis JG, Goldsmith SR, Greenberg A, Korzelius C, Schrier RW, Sterns RH, et al. Diagnosis, evaluation, and treatment of hyponatremia: expert panel recommendations. Am J Med. 2013; 126(10 Suppl 1): S1-42.

(15)

15 Fig. 5 Classification and common etiologies of hyponatremia.19 Friedman B, Cirulli J. Hyponatremia in critical care patients: frequency, outcome, characteristics, and treatment with the vasopressin V2-receptor antagonist tolvaptan. J Crit Care. 2013; 28(2): 219 e1-12.

(16)

16

4.1 iponatremia isotonica o pesudoiponatremia

La peseudoiponatremia è una condizione in cui il sodio plasmatico è basso, ma la tonicità e l’osmolarità plasmatica sono normali o addirittura aumentate.

L’iponatremia risulta essere un artefatto, determinato dall’accumulo di proteine o trigliceridi che incrementano il volume in aggiunta all’acqua plasmatica.

È una condizione rara che si verifica per:

o ipertrigliceridemia severa con valori > 1000 mg/dl, con la concentrazione di sodio che scende di 1 mEq/l per ogni aumento di 500 mg/dl della concentrazione dei trigliceridi. Come nel diabete mellito scompensato.

o iperproteinemia severa >10 g/dl. Se vengono superati gli 8 g/dl si ha una diminuzione di 1 mEq/l di sodio per ogni aumento di 0,25 mg/dl della proteinemia. Come nel mieloma multiplo.

Di solito un litro di plasma contiene 930 ml di acqua e 70 ml di proteine e lipidi, ma in condizioni di grave iperlipidemia o iperprotidemia, la quantità di acqua può scendere fino a 720 ml/l di plasma. Dato che la concentrazione di sodio è misurata per litro di plasma e non per litro di acqua, risulterà ridotta.

In questo caso non è necessario alcun trattamento perché la tonicità è normale ed il paziente è asintomatico.

4.2 Iponatremia ipertonica

Nell’iponatremia ipertonica è presente una riduzione della sodiemia con tonicità plasmatica > 290 mOsm/kg.

L’aumento dell’osmolarità plasmatica è dovuto alla presenza nel plasma di un soluto con scarso ingresso all’interno delle cellule, come il glucosio o il mannitolo.

(17)

17 Entrambi permanendo all’interno dello spazio vascolare creano un gradiente osmotico richiamando acqua al di fuori delle cellule, che per diluizione fa diminuire la sodiemia.

Per ogni aumento della glicemia pari a 62 mg/dl si verifica la riduzione d 1 mEq/l di sodio.

La somministrazione intraospedaliera di mannitolo determina lo stesso effetto.

4.3 Iponatremia ipotonica

L’iponatremia ipotonica è una condizione in cui il deficit di sodio plasmatico è associato ad una riduzione dell’osmolalità plasmatica < 275 mOsm/kg.

È la vera iponatremia in cui la sodiemia si riduce per la diluizione determinata dall’eccesso di acqua.

In questo caso è possibile individuare dei sottotipi:  Iponatremia ipovolemica,

 Iponatremia euvolemica,  Iponatremia ipervolemica.

4.3.1 iponatremia ipovolemica

L’iponatremia ipovolemica è una situazione che si viene a creare quando c’è una concomitante perdita di sodio ed acqua, ma la perdita di acqua è minore di quella di sodio.

(18)

18 I pazienti mostrano segni e sintomi dell’ipovolemia, quali tachicardia, ipotensione, riduzione del turgore cutaneo, secchezza mucosa, fino a quadri di insufficienza renale.

Gli esami di laboratorio sono tipici della disidratazione, con incremento della creatininemia e dell’azotemia.

Se la funzione renale è conservata la sodiuria è < 20 mEq/die, a meno che il rene non sia la sede della perdita di Na+20-22, come può avvenire in caso di insufficienza renale cronica (con perdite generalmente comprese tra 20 e 150 mEq/die) o nefrite interstiziale (con perdite > 150 mEq/die).

Dal punto di vista fisiopatologico, sono numerose le condizioni che possono determinarla:

 Patologie gastrointestinali con nausea e/o vomito. Vomito e diarrea protratti comportano la simultanea perdita di acqua ed elettroliti, ma la perdita di volume è avvertita come pericolosa dall’organismo, più che la perdita di soluti. Di conseguenza i barocettori, stimolati dalla riduzione pressoria determinata dalla perdita di volume, attivano la secrezione di ADH il quale determina ritenzione di fluidi, ma non di soluti. Ciò fa si che la perdita di acqua sia inferiore a quella di sodio e si crea la condizione di iponatremia.  Cerebral salt wasting syndrome (CSW). Sindrome descritta in pazienti con

emorragia sub-aracnoidea, traumi alla testa, interventi neurochirurgici, tumori cerebrali, infezioni SNC, nei quali è stata riscontrata una eccessiva secrezione di BNP, che fa seguito alla distruzione di qualche circuito inibitorio la secrezione ormonale.

Inizialmente c’è una elevata perdita di Na+

e Cl- con le urine con una riduzione del volume circolante che determina ritenzione di acqua e iponatremia, con aumento dell’azotemia.

(19)

19 L’elevata perdita di soluti urinari prima dell’instaurarsi della iponatremia la distingue da una SIADH.

 Diuretici. L’iponatremia è una complicanza molto frequente durante l’uso di diuretici tiazidici e dell’ansa, poiché entrambi bloccano il riassorbimento renale di sodio determinando natriuresi.

I diuretici dell’ansa, come la furosemide, hanno un effetto molto più potente, poiché agiscono a livello del braccio ascendente dell’ansa di Henle, dove viene riassorbito il 40% del Na+ filtrato.

I diuretici tiazidici hanno un effetto più modesto agendo sul tubulo distale, dove avviene il riassorbimento del 5-10% del Na+ filtrato.

Contrariamente a quanto si possa pensare i tiazidici sono la principale causa di iponatremia indotta da diuretici, poiché limitano la capacità di diluizione del tubulo distale lasciando inalterata l’ipertonicità dell’interstizio, determinata maggiormente dal meccanismo di moltiplicazione contro corrente.

Inoltre è stata osservata la loro capacità di determinare una maggior esposizione di acquaporine, incrementando la ritenzione di acqua23.

In letteratura risulta che l’iponatremia durante terapia diuretica è determinata nel 72% dai soli tiazidici, nel 20% da tiazidici + risparmiatori di potassio e nell’8% dalla furosemide24

.

Ed è interessante che questo 8% che faceva uso di furosemide era affetto da scompenso cardiaco, causa di iponatremia. Quindi la furosemide è più frequentemente associata all’iponatremia, piuttosto che agente causale25

. Inoltre l’iponatremia associata alla furosemide si sviluppa dopo molti mesi di terapia, mentre nella terapia con tiazidici può presentarsi anche dopo una o due settimane24.

(20)

20

4.3.2 Iponatremia euvolemica

Insorge in seguito ad un eccesso assoluto o relativo di acqua corporea determinato nella maggior parte dei casi da una riduzione dell’escrezione renale di acqua libera correlata all’azione dell’ormone antidiuretico a livello renale. Meno comunemente è provocata da una eccessiva ingestione di acqua, tale da superare la capacità del rene di eliminare acqua libera.

Il paziente non presenta né segni di disidratazione né di iperidratazione, quindi la volemia è mantenuta, ma è ugualmente presente una riduzione della sodiemia plasmatica.

Gli esami di laboratorio mostrano livelli normali o bassi di azotemia26. Tale condizione insorge in seguito a:

 SIADH. (vedi Capitolo 5).

 Polidipsia primaria. La polidipsia primaria è una condizione in cui vengono assunte elevate quantità di acqua, anche 5-10 l/die o più. Tale consumo di liquidi, seppur eccessivo, da solo è difficilmente in grado di determinare iponatremia in un soggetto con funzione renale nella norma.

Generalmente si verifica in pazienti psichiatrici, particolarmente in coloro con psicosi secondarie alla schizofrenia27.

Studi condotti su pazienti psichiatrici affetti da polidipsia hanno dimostrato una enorme variazione diurna di Na+, anche con differenze di 10 mEq/l dalla mattina al pomeriggio, corrette da una elevata diuresi durante la notte28. Altre condizioni non psichiatriche, quali la sarcoidosi con interessamento del SNC29 ed il craniofaringioma30, possono associarsi ad incremento della sete e quindi a polidipsia. Per questi motivi è necessario eseguire sempre una TC cranio prima di fare diagnosi di polidipsia secondaria a malattia psichiatrica.

(21)

21  Esercizio strenuo. Spesso una condizione di iponatremia può presentarsi nel

contesto di intensi sforzi fisici, quali maratone e triathlons31.

Tale condizione è dovuta non alla disidratazione, ma alla iperidratazione successiva allo sforzo fisico, durante il quale l’escrezione di acqua è limitata da una secrezione di ADH determinata da stimoli non osmotici32-34.

4.3.3 Iponatremia ipervolemica

L’iponatremia ipotonica ipervolemica è una condizione in cui si verifica ritenzione di sodio e acqua, ma la ritenzione di acqua è maggiore di quella di sodio.

Sono tutte condizioni in cui il sistema renina-angiotensina-aldosterone è fortemente attivato, cosi come la secrezione di ADH.

Il paziente si mostra edematoso, con edemi declivi, ascite ed edema polmonare. I dati di laboratorio mostrano un incremento plasmatico si ANP, la sodiuria è bassa < 20-30 mmol/l, cosi come l’escrezione frazionata del sodio.

Tale condizione può manifestarsi prevalentemente in seguito a:  Scompenso cardiaco. (vedi Capitolo 6).

 Cirrosi epatica. (vedi Capitolo 7).

 Insufficienza renale acuta. L’iponatremia può insorgere in seguito a danno renale acuto come risultato della diminuzione del GFR. Nel paziente oligo-anurico l’escrezione urinaria è relativamente fissa, quindi possono avere luogo perdite insensibili che possono causare iponatremia.

 Insufficienza renale cronica. I pazienti con IRC hanno una maggior tendenza a sviluppare iponatremia a causa della riduzione della funzionalità renale.

(22)

22 Uno studio condotto su 655493 pazienti con IRC ed un GFR di 50,2 ± 14,1 ml/min/1,73 m2 ha dimostrato il 13,6% di presenza di iponatremia ed il 26% ha avuto più di un episodio durante un follw up di 5,5 anni35.

Ciò è dovuto alla stimolazione non osmotica dell’ADH, ma anche la riduzione del GFR contribuisce.

 Sindrome nefrosica. L’iponatremia associata a sindrome nefrosica ha una bassa incidenza, forse perché la maggior parte di questi pazienti ha una funzione renale normale36.

Il più delle volte l’eccesso di volume derivante dalla sindrome nefrosica può sopprimere la secrezione di ADH37, ma quando la concentrazione sierica di albumina scende al di sotto dei 2 g/dl, l’ipovolemia può causare una stimolazione non osmotica alla secrezione di vasopressina e determinare iponatremia.

(23)

23

5. SIADH

La sindrome da inappropriata secrezione di ADH è caratterizzata da una secrezione di ADH non fisiologica, con una escrezione idrica compromessa in presenza di una escrezione di sodio normale.

La SIADH è la principale causa di iponatremia euvolemica.

5.1 Patogenesi

La vasopressina aumenta il riassorbimento renale di acqua, così che i fluidi ingeriti sono completamente trattenuti con espansione dei liquidi corporei e diluizione del plasma con comparsa di ipoosmolalità e iponatremia.

Nonostante ciò il paziente non presenta edemi perché i recettori di volume vengono attivati e viene secreto l’ANP causando un appropriato aumento dell’escrezione di acqua e sodio.

L’ingestione di acqua è un evento fondamentale per l’instaurarsi di una iponatremia in una SIADH in quanto se l’assunzione di fluidi è ridotta non c’è né ritenzione di acqua in eccesso, né perdita di acqua. L’eccesso di ADH non avrà quindi nessuno effetto sulla sodiemia.

(24)

24

5.2 Tipologie in base alla secrezione di ADH

Sono stati individuati quattro distinti modelli secretori:

1. Tipo A: 20%. Le modificazioni della secrezione di ADH sono irregolari ed indipendenti dall’osmolalità plasmatica. Quindi la secrezione è casuale. 2. Tipo B: 35%. La secrezione di ADH varia al variare dell’osmolalità

plasmatica. La sodiemia risulta relativamente stabile seppur bassa e le urine possono diluirsi in modo appropriato dopo una carico di acqua.

3. Tipo C: 35%. È presente una perdita selettiva della capacità di inibire la secrezione di ADH in presenza di ipoosmolalità, ma la secrezione in caso di osmolarità normale o elevata è normale.

4. Tipo D: 10%. Il rilascio di ADH è normale, ma il soggetto è maggiormente sensibile

(25)

25

5.3 Cause

Le cause che possono portare a inappropriata secrezione di ADH sono molteplici e possono essere classificate in base ai probabili meccanismi patogenetici.

 Aumento della produzione ipotalamica di ADH:

 in seguito ad alterazioni neuropsichiatriche:

o infettive, come meningite, encefalite, ascesso o herpes;

o vascolari, come trombosi, emorragie sub aracnoidee o subdurali, arterite temporale;

o neoplasie primitive o metastatiche; o psicosi;

o altre: S. di Guillain-Barrè, sarcoidosi, neuropatia autonomica chirurgia neuroipofisaria…

 in seguito alla somministrazione di farmaci: ciclofosfamide, carbamazepina, vincristina, alloperidolo…

 in corso di patologie polmonari: polmoniti, TBC, IRA, asma, atelettasia, pneumotorace…

 decorso post-operatorio

 idiopatica.

 Produzione ectopica di ADH, soprattutto in caso di carcinoma polmonare a cellule a chicco d’avena, ma anche bronchiale, duodenale, timico…

 Potenziamento degli effetti dell’ADH: clorpropamide, carbamazepina, ciclofosfamide, tolbutamide.

 Somministrazione esogena di ADH: vasopressina e ossitocina.

Classificazione liberamente tratta da “Fisiologia clinica dell’equilibrio acido-base e dei disordini elettrolitici” Burton David Rose, Mc Graw Hill, quarta edizione; tabella 23-3 “cause SIADH, classificazione in base ai probabili meccanismi patogenetici”; pg 571.

(26)

26

5.4 Diagnosi

Il paziente affetto da SIADH presenta: o Iponatremia ed ipoosmolalità,

o Osmolarità urinaria elevata, inappropriata, o Sodiuria > 40 mEq/l,

o Normovolemia,

o Funzionalità renale, surrenalica e tiroidea normali, o Equilibrio acido-base e kaliemia normali.

Criteria for Diagnosing SIADH

Decreased effective osmolality of the extracellular fluid (Posm <275 mOsmol/kg H2O).

Inappropriate urinary concentration (Uosm >100 mOsmol/kg H2O with normal renal function) at some level of plasma hypo-osmolality.

Clinical euvolemia, as defined by the absence of signs of hypovolemia (orthostasis, tachycardia, decreased skin turgor, dry mucous membranes) or hypervolemia (subcutaneous edema, ascites).

Elevated urinary sodium excretion (>20-30 mmol/L) while on normal salt and water intake.

Absence of other potential causes of euvolemic hypo-osmolality: severe hypothyroidism, hypocortisolism (glucocorticoid insufficiency).

Normal renal function and absence of diuretic use, particularly thiazide diuretics.

Tab.2 Criteria for diagnosis SIADH. Verbalis JG, Goldsmith SR, Greenberg A, Korzelius C, Schrier RW, Sterns RH, et al. Diagnosis, evaluation, and treatment of hyponatremia: expert panel recommendations. Am J Med. 2013; 126(10 Suppl 1): S1-42.

(27)

27

6. SCOMPENSO CARDIACO

La trattazione dello scompenso cardiaco in questo ambito è finalizzata alla comprensione dei meccanismi fisiopatologici che esso determina e del perché i pazienti che ne sono affetti possano trarre giovamento dalla terapia con Tolvaptan. “Lo scompenso cardiaco è una malattia sistemica cronica progressiva in cui, a seguito di disfunzione cardio-circolatoria, si determina attivazione neuro-umorale, con conseguente interessamento di tutti gli organi ed apparati e creazione di un circolo vizioso. Le manifestazioni cliniche sono proporzionali più all’attivazione dei sistemi di compenso che al danno cardiaco” R. Mariotti 2005.

Nella maggior parte dei casi l’insufficienza cardiaca è la conseguenza di infarto del miocardio o di cardiopatia congenita, che determinano una ridotta capacità del cuore di pompare sangue. Quindi, a causa della compromissione della capacità contrattile del ventricolo sinistro, sono presenti una riduzione della gittata sistolica e di conseguenza della portata cardiaca. Q = G x f

Tale condizione viene inizialmente compensata da parte del sistema nervoso simpatico che incrementa la frequenza cardiaca agendo sui recettori adrenergici, determinando vasocostrizione con mantenimento della portata. Ma le catecolamine circolanti incrementano il danno dei miocardiociti, che vanno incontro a morte. La riduzione della portata interessa anche il rene che viene ipoperfuso e attiva un meccanismo di compenso tramite il sistema renina-angiotensina-aldosterone, che comporta ritenzione idrosalina e sovraccarico di volume.

Inoltre quando il soggetto è scompensato e presenta epatomegalia c’è una riduzione della funzione epatica con riduzione della produzione dei fattori della coagulazione e dell’albumina, con conseguente riduzione della pressione oncotica. Alla fine si viene a creare un circolo vizioso in cui il danno cardiaco si estende a causa degli stessi meccanismi compensatori che, tentando di preservare il

(28)

28 compartimento arterioso, sovraccaricano quello venoso con conseguente distensione atriale e produzione dell’ormone natriuretico atriale (ANP).

Tutto ciò determina la formazione di dispnea ed edemi, con sequestro di liquidi nel terzo spazio, e riduzione del volume effettivo circolante. Per questo motivo il rene, percependo una condizione di ipovolemia, nel tentativo di ripristinarla, contrae la diuresi, anche sotto l’azione dell’ADH, che viene secreto in modo “appropriato” al fine di mantenere una perfusione adeguata.

Questo è il meccanismo attraverso il quale si viene a creare una iponatremia ipervolemica, in quanto i meccanismi di compenso creano ritenzione di acqua che causa diluizione.

RIDUZIONE GITTATA CARDIACA

RIDUZIONE DEL VOLUME EFFETTIVO CIRCOLANTE

ATTIVAZIONE RECETTORI AD ALTA PRESSIONE

SIMPATICO Vasocostrizione arteriosa ADH Ritenzione Na+ e H2O RAA Vasocostrizione arteriosa

CONGESTIONE VENOSA CON RILASCIO ANP

(29)

29

7. CIRROSI EPATICA

La cirrosi epatica è una condizione clinica con tipiche caratteristiche istopatologiche, in cui coesistono flogosi, necrosi, rigenerazione, tessuto fibroso a setti e scompaginamento del microcircolo, indipendentemente dall’agente eziologico.

Sono state ipotizzate diverse teorie patogenetiche nel tentativo di spiegare la comparsa di ascite e la conseguente iponatremia.

Una di queste è la teoria dell’underfilling o dell’iniziale deplezione di volume, ormai superata in quanto è piuttosto l’espansione di volume che precede la comparsa di ascite e non viceversa.

Un’altra è la teoria dell’overflow o della primitiva ritenzione di sodio, anch’essa confutata data l’evidenza dell’attivazione dei sistemi simpatico, renina-angiotensina-aldosterone ed ADH, in contrasto con l’espansione del volume intravascolare.

Attualmente è riconosciuta la teoria della vasodilatazione arteriosa splancnica: la cirrosi è inevitabilmente causa di ipertensione portale, in quanto a causa dei noduli di rigenerazione e dello scompaginamento del microcircolo le resistenze intraepatiche aumentano, inoltre il flusso splancnico aumenta a causa della vasodilatazione mediata dall’ossido nitrico.

Questi processi portano ad una aumentata produzione di linfa a livello splancnico ed alla attivazione del sistema renina-angiotensina-aldosterone, che determina iperaldosteronismo. L’iperaldosteronismo porta alla ritenzione di sodio a livello renale contribuendo alla formazione di ascite. La ritenzione sodica, associata all’ ipoalbuminemia, dovuta alla ridotta funzionalità epatica, portano all’espansione del volume extracellulare, con formazione di edemi declivi ed ascite. Tutto ciò quindi incrementa il volume del terzo spazio, con conseguente riduzione del volume

(30)

30 effettivo circolante, che esacerba i meccanismi di compenso sopra citati, creando un circolo vizioso che determina una ritenzione di acqua superiore a quella di sodio e la conseguente comparsa di iponatremia ipotonica ipervolemica.

Fig. 6 Development of ascites in cirrhosis. Tratta da “Harrison’s Principles of Internal Medicine”; Fauci AS, Kasper DL, Braunwald E, Hauser SL, Longo DL, Jameson JL, Loscalzo J; McGraw Hill.

(31)

31

8. IPONATREMIA ACUTA E CRONICA

La distinzione in iponatremia acuta e cronica è molto importante ai fini del trattamento.

8.1 Iponatremia acuta

Si parla di iponatremia acuta quando insorge in un tempo inferiore alle 48h, presentandosi con sintomi neurologici allarmanti e rischio elevato di morte per erniazione cerebrale38.

Il deficit insorge in un breve lasso di tempo ed i neuroni non hanno modo di adattarsi alla riduzione dell’osmolalità plasmatica, con conseguente ingresso di acqua all’interno delle cellule, che vanno incontro ad edema.

Dal punto di vista sintomatologico correla con la comparsa dei sintomi dell’edema cerebrale acuto, che causa ipertensione endocranica e rischio di erniazione cerebrale.

8.2 Iponatremia cronica

Invece l’iponatremia cronica è una condizione che si instaura più lentamente, in un tempo > 48h.

I neuroni hanno tempo sufficiente per adattarsi alla riduzione dell’osmolalità plasmatica estrudendo osmoliti così da evitare l’eccessivo ingresso di acqua e la conseguente comparsa di edema39.

Questo comporta una sintomatologia più modesta e un rischio molto basso di comparsa di ipertensione endocranica e quindi di erniazione cerebrale40.

(32)

32

9. EFFETTI DELL’IPONATREMIA SULL’ORGANISMO

L’iponatremia determina effetti diversi secondo la velocità di insorgenza e la durata della sua presenza. Per questo ci possiamo trovare di fronte a pazienti con sintomi gravi nel contesto di una iponatremia acuta, pazienti con iponatremia cronica sintomatica o asintomatica.

L’iponatremia esprime una condizione di ipoosmolalità ed è proprio quest’ultima a determinare disfunzioni neurologiche41, 42.

La riduzione dell’osmolalità plasmatica determina la comparsa di un gradiente osmotico attraverso la barriera ematoencefalica, che comporta il passaggio di acqua all’interno di tutte le cellule, comprese le cellule cerebrali, provocando edema cerebrale.

L’entità dell’iponatremia e la velocità con cui si instaura sono in rapporto all’entità dell’edema e alla velocità con cui esso si forma, a loro volta in relazione alla gravità dei sintomi43-45.

Se il deficit di sodio insorge più lentamente l’edema cerebrale sarà più modesto e la sintomatologia neurologica meno marcata41, 42, 46, grazie all’adattamento osmotico.

In prima istanza la comparsa dell’edema cerebrale induce un aumento della pressione idrostatica nel liquido interstiziale cerebrale, quindi i liquidi passano dall’interstizio cerebrale a quello cerebrospinale, con conseguente riduzione dell’edema42, 46, 47

.

Successivamente i soluti escono dalle cellule in modo tale da favorire la fuoriuscita di acqua per diminuire il rigonfiamento cellulare42, 48. Prima fuoriescono gli elettroliti, quali Na+ e K+, tramite l’attivazione di canali quiescenti sulla superficie

(33)

33 cellulare. Dopo qualche ora o giorno fuoriescono soluti organici, definiti osmoliti, come l’inositolo, la glutamina, il glutammato e la taurina.

In generale è maggiore la perdita di osmoliti rispetto a quella di elettroliti, 60% rispetto al 10%, ed è una risposta specifica della cellula per contrastare gli effetti dell’ipoosmolalità che si instaura più lentamente perché richiede la sintesi di nuovi trasportatori.

Da ciò si evince che una iponatremia acuta sarà associata ad una marcata sintomatologia neurologica perché non ci sono le condizioni per cui l’adattamento osmotico possa instaurarsi, mentre una iponatremia cronica, dato che si instaura più lentamente, sarà paucisintomatica o asintomatica proprio grazie all’ adattamento osmotico.

9.1 Sintomatologia neurologica

I sintomi neurologici associati alla iponatremia sono simili a quelli presenti in altre encefalopatie metaboliche41, 43, 44, 49.

Quando la sodiemia è < 125 mEq/l il paziente inizia a presentare malessere e nausea, se scende ulteriormente tra i 115 e i 120 mEq/l compaiono cefalea, letargia, disorientamento. Quando scende al di sotto dei 110-115 mEq/l compaiono convulsioni e coma.

Come possiamo vedere sono sintomi correlati all’ipertensione endocranica e la sintomatologia focale è poco comune, a meno che il soggetto non abbia un pregresso danno cerebrale.

Inoltre è stato visto che le donne, soprattutto se in premenopausa, sembrano più predisposte allo sviluppo di sintomi neurologici, con conseguenze anche irreversibili50, per ragioni correlate al metabolismo cerebrale51.

(34)

34

9.2 Complicanze a lungo termine

È facile comprendere la necessità di trattare un soggetto con iponatremia acuta o cronica sintomatica, ma è altrettanto importante trattare anche un paziente che presenti una iponatremia cronica asintomatica.

In realtà la maggior parte dei pazienti con iponatremia è asintomatico, grazie ai meccanismi di compenso. Tuttavia in alcuni studi si sono domandati se l’iponatremia asintomatica esiste52

. Rennenboog e al.53 hanno dimostrato che gli individui più anziani, che si presentano al pronto soccorso per cadute, hanno 67 volte più probabilità di avere iponatremia (Na+ 126 ± 5 mEq/l) se comparati con il gruppo di controllo che non ha presentato cadute.

L’iponatremia è inoltre associata in modo significativo a deficit dell’attenzione e disturbi della deambulazione53. Studi successivi hanno dimostrato che l’iponatremia è associata ad un rischio più elevato di frattura, come supportato da studi specifici54, 55. In studi sui ratti con grave iponatremia (Na+< 110 mEq/l) è stato visto che causa un decremento della massa ossea a livello corticale e trabecolare56. Tale disordine della mineralizzazione potrebbe essere mediato da l’effetto dell’iposodiemia sull’attività osteoclastica57

.

Quindi l’iponatremia cronica asintomatica correla con morbidità significative soprattutto nell’anziano, che presenta già un rischio aumentato di caduta e fratture osteoporotiche. L’insorgenza dell’iponatremia è un fattore prognostico negativo. Per questo motivo è importante trattare l’iponatremia seppur asintomatica.

(35)

35

10. TERAPIA

Il trattamento dell’iponatremia è fondato su due concetti fondamentali: 1. Riuscire ad aumentare la sodiemia ad una velocità controllata, 2. Trattare la causa determinante l’iponatremia, se possibile.

Ai fini della corretta gestione del paziente iponatremico è essenziale sapere che la velocità di correzione dell’iponatremia non deve essere troppo elevata.

L’iponatremia deve essere corretta per i rischi correlati (trattati nel capitolo 9), ma è altrettanto vero che una correzione troppo rapida sottopone il soggetto a danni gravi per comparsa di demielinizzazione osmotica.

10.1 Demielinizzazione osmotica

La demielinizzazione osmotica, detta anche mielinosi centrale pontina, si viene a creare in seguito ad una rapida correzione della sodiemia per meccanismi ancora non chiari e determina la comparsa di aree di demielinizzazione, prevalentemente a livello pontino.

Le complicanze di una correzione rapida in un paziente con iponatremia cronica sono state riconosciute per la prima volta negli anni ’70. In seguito a studi sperimentali su animali di laboratorio, nei quali è stata indotta una iponatremia cronica, è risultato che nel gruppo avente iponatremia grave non corretta le lesioni non si sviluppavano36.

Ciò ha dato conferma che la demielinizzazione è una complicanza derivante dalla rapidità della correzione e non dall’iposodiemia in sé.

Una condizione similare può instaurarsi anche in pazienti che sviluppano rapidamente ipernatremia acuta, come è stato dimostrato da altri studi condotti su animali normonatremici in cui è stata indotta una ipersodiemia58, 59.

(36)

36 Dal punto di vista sintomatologico correla con la comparsa di disartria, disfagia, paraparesi o tetraparesi, fino al coma.

Quindi è una complicanza che si sviluppa più frequentemente in quei soggetti con iponatremia cronica severa, nei quali i neuroni si sono adattati alla condizione di iponatremia.

Infatti l’adattamento neuronale, consistente nella capacità di eliminare osmoliti per ridurre la tendenza all’edema intracellulare, fa si che le cellule abbiano difficoltà ad invertire i processi metabolici per recuperarli60, 61.

Infatti in modelli sperimentali è stato visto che le regioni cerebrali più lente a recuperare gli osmoliti sono quelle maggiormente interessate dalla comparsa di lesioni demielinizzanti62.

Inoltre la presenza di uremia è protettiva nei confronti della demielinizzazione. Gli osmoliti cerebrali sono catturati più velocemente durante la correzione dell’iponatremia in animali uremici, piuttosto che in quelli non uremici63

.

Infine la rapida infusione di mio-inositolo, il principale osmolita perso durante l’adattamento osmotico, è protettivo nei confronti della demielinizzazione e della mortalità in ratti iponatremici64.

(37)

37

10.2 Principi di trattamento

In genere la correzione avviene con somministrazione di sodio a pazienti depleti di volume, mentre si esegue un regime di restrizione di acqua nel paziente euvolemico o ipervolemico.

Deplezione vera di volume: In caso di deplezione vera di volume è indicata la somministrazione di NaCl per il trattamento dell’iponatremia.

Se il paziente è asintomatico e presenta solo un deficit lieve o moderato si può somministrare soluzione salina isotonica NaCl 0,9% per e.v. oppure NaCl + acqua per os.

Se il paziente ha una iponatremia sintomatica si somministra soluzione salina ipertonica NaCl 3% per e.v..

La soluzione ipertonica non è utilizzata nel paziente asintomatico in quanto si rischia di correggere troppo velocemente e favorire l’insorgenza di demielinizzazione osmotica.

La quantità da somministrare può essere calcolata valutando il deficit di sodio attraverso la seguente formula:

deficit Na+ = 0,5 x peso corporeo kg x (120 – [Na+]pl)

Stati edematosi: nel paziente edematoso in cui il volume extracellulare è aumentato la terapia deve essere volta all’eliminazione dell’acqua in eccesso.

Viene pertanto instaurato un regime di restrizione idrica, ad eccezione del paziente con scompenso cardiaco in cui, data la riduzione del volume effettivo circolante, un minor apporto di acqua ridurrebbe ulteriormente la gittata cardiaca. In questo caso l’iponatremia se asintomatica non viene trattata, in caso contrario si preferisce utilizzare un diuretico dell’ansa associato a soluzione salina ipertonica.

(38)

38 SIADH: si attua generalmente una terapia in cui vengono associate la restrizione di acqua e la somministrazione di diuretici dell’ansa. In più se l’insorgenza è acuta si somministra soluzione salina ipertonica, mentre se è cronica il paziente viene sottoposto ad un regime dietetico ipersodico e iperproteico.

Inoltre il regime di correzione è diverso se l’iponatremia è acuta o cronica.

Nell’iponatremia acuta il rischio maggiore è quello dell’erniazione cerebrale, che appartiene quasi esclusivamente a pazienti con iposodiemia acuta, generalmente nelle prime 24h, o a pazienti con patologie intracraniche65-67.

Una review sulla letteratura a disposizione, seppur limitata, ha concluso che un incremento di 4-6 mEq/l del sodio plasmatico è sufficiente a far scomparire le più gravi manifestazioni dell’iponatremia acuta67. A conferma che l’incremento della concentrazione di sodio è capace di far recedere i danni provocati abbiamo evidenze riguardanti il trattamento con soluzione salina ipertonica di pazienti normonatremici, sottoposti ad intervento neurochirurgico, che presentano edema cerebrale. Anche in questo caso l’incremento di 5 mEq/l della sodiemia ha fatto scomparire i segni di erniazione ed ha ridotto la pressione intracranica di circa il 50% nella prima ora68.

Nell’iponatremia cronica grazie a sei diverse coorti di studi24, 40, 61, 69-72

e tre review sulla letteratura svolte da tre diversi autori24, 60, 73 è stato concluso che in pazienti con iposodiemia cronica le sequele neurologiche sono associate ad una rapida velocità di correzione.

Negli ultimi venticinque anni c’è stato un consenso universale che una correzione > 25 mEq/l in 48h era eccessiva, ma più recentemente molti autori hanno decretato che il limite terapeutico è ancora troppo alto. Attualmente alcuni raccomandano un limite di 18 mEq/l al secondo giorno, contro un limite di 15-20 mEq/l in 48h65, 66,

(39)

39 della letteratura e studi osservazionali sull’outcome di pazienti con iponatremia severa60. Il medesimo limite è stato confermato anche da studi osservazionali svolti su 225 pazienti con Na+<120 mEq/l72. Tra questi sono stati identificati quattro pazienti con sindrome da demielinizzazione osmotica, che presentavano tutti una sodiemia iniziale < 105 mEq/l con ipokaliemia e la correzione avvenuta è stata > 12 mEq/die; altri 118 pazienti corretti con livelli < 12 mEq/die non hanno presentato sequele neurologiche. Ad ogni modo ci sono evidenze che suggeriscono che il limite di 12 mEq/die sia troppo alto, in particolare in pazienti con grave malnutrizione, alcolismo, patologia epatica avanzata, che hanno una maggiore suscettibilità allo sviluppo della demielinizzazione. Anche se in realtà queste condizioni predisponenti non sono presenti in un’alta percentuale di pazienti che poi sviluppano demielinizzazione.

Un altro studio prospettico eseguito su 184 pazienti con sodiemia < 120 mEq/l ha confermato che le sequele neurologiche sono correlate ad una rapida correzione, ma dei 9 pazienti che le hanno presentate 3 hanno ricevuto una correzione pari a 12 mEq/die, 2 pari a 11 mEq/die ed 1 a 10 mEq/l.

Quindi sebbene ci siano delle evidenze per cui una correzione < 3-4 mEq/die può associarsi ad un incremento della mortalità nel paziente con iponatremia acuta o post-operatoria75, 76, non ci sono evidenze certe che una correzione > 6 mEq/l incrementi l’outcomes nell’iponatremia acuta o cronica.

In conclusione alcuni autori suggeriscono che il limite massimo di correzione debba essere posto a 6-8 mEq/die77, poiché i 6 mEq/l sembrano essere sufficienti anche in pazienti con gravi manifestazioni neurologiche. Nel paziente con iponatremia cronica è preferibile adottare un range di correzione di 4-8 mEq/die per quei pazienti con basso rischio di sindrome da demielinizzazione osmotica, mentre è preferibile un range più basso, tra i 4-6 mEq/die per quelli ad alto rischio36.

(40)

40

11. VAPTANI

Nell’ambito della terapia dell’iponatremia ad oggi è disponibile una nuova categoria di farmaci, i vaptani.

I vaptani sono una classe di farmaci antagonisti del recettore della vasopressina e sono gli unici agenti che promuovono l’escrezione di acqua libera bloccando direttamente il sito di legame dell’ADH al suo recettore a livello renale.

Essi hanno un importante ruolo nel trattamento dell’iponatremia euvolemica ed ipervolemica, infatti sono fortemente indicati in tutte le condizioni di persistente secrezione di ADH nonostante la bassa osmolarità plasmatica, quindi in pazienti con cirrosi, scompenso cardiaco e SIADH primitiva.78

11.1 Sviluppo del farmaco

Negli anni ‘50 fu isolata la vasopressina e successivamente venne creato un analogo dell’ADH con proprietà simili all’ormone naturale79

. Lo sviluppo della desmopressina, agonista del recettore V2 a lunga durata d’azione, spostò l’attenzione sulla possibilità di sintesi di un antagonista con proprietà vasodilatanti e diuretiche.

Così nel 1981 fu elaborato il primo peptide antagonista del recettore dell’ADH80

. A seguire nel 1992 fu sviluppato l’OPC-31260, il primo antagonista non peptidico81, 82. Quest’ultimo, a differenza dei predecessori peptidici, ha una maggiore emivita,

una migliore biodisponibilità dopo assunzione orale e nessun effetto agonista. Partendo da esso sono stati sviluppati il conivaptan, somministrabile esclusivamente per via endovenosa, ed il più recente tolvaptan, a somministrazione orale.

(41)

41

11.2 Tolvaptan

Il tolvaptan è un antagonista non peptidico del recettore V2 della vasopressina a livello renale, a somministrazione orale. Nasce da una modificazione di OPC-31260 e dimostra una maggiore selettività recettoriale rispetto al suo predecessore83.

Nell’UE è stato approvato solo per il trattamento dell’iponatremia euvolemica con livelli di Na<125 mEq/l, ma anche in pazienti con iponatremia euvolemica sintomatica, indipendentemente dal livello di iponatremia, o non responsivi alla restrizione idrica. In Italia è un farmaco di fascia C.

Negli Stati Uniti l’FDA ha approvato il farmaco nel trattamento dell’iponatremia euvolemica ed ipervolemica36.

In generale è controindicato nell’iponatremia ipovolemica, perché l’acquaresi che esso produce potrebbe portare al peggioramento del preesistente stato ipotensivo del soggetto13.

Il tolvaptan si lega a livello del recettore V2 renale impedendo il legame dell’ ADH, ligando naturale. Ciò determina un incremento della diuresi quantitativamente analogo a quello di altri diuretici, come la furosemide, ma dal punto di vista qualitativo l’escrezione di acqua è aumentata, mentre resta invariata l’escrezione di soluti urinari84

. Infatti da uno studio open-label, con somministrazione di una singola dose, che compara il tolvaptan VS furosemide nei pazienti con scompenso cardiaco congestizio, è risultato che i due farmaci producono una diuresi simile, ma il tolvaptan non incrementa l’escrezione urinaria di Na+ e K+85.

Per questo motivo il farmaco è definito acquaretico, infatti crea un bilancio idrico negativo correlato a minori eventi avversi nell’ambito dell’attivazione neuro-ormonale e della funzione renale.

(42)

42 La somministrazione del farmaco prevede (secondo le linee guida):

1) Deve essere iniziata in ospedale ad una dose iniziale per os di 15 mg una volta al giorno, che può essere titolata a 30 mg dopo almeno 24h, fino ad un massimo di 60 mg una volta al giorno, così da ottenere le variazioni desiderate della concentrazione sodica. La titolazione della dose deve essere fatta ogni 24h.

2) Non è necessario l’aggiustamento della dose in pazienti con riduzione della clearance della creatinina compresa tra 10 e 79 ml/min. Non è stata valutata la somministrazione in pazienti con clearance < 10 ml/min o in dialisi, ma non è atteso alcun beneficio clinico nel paziente anurico;

3) Non è richiesto l’aggiustamento della dose in pazienti con compromissione della funzionalità epatica lieve o moderata;

4) Può essere assunto in qualsiasi momento della giornata, indipendentemente dai pasti;

5) La restrizione idrica deve essere interrotta nelle prime 24h di trattamento per evitare una correzione troppo rapida della sodiemia ed i pazienti devono bere in risposta alla sete.

(Indicazioni terapeutiche liberamente tratte da Otsuka Pharmaceutical Co. Samsca [package insert]. Tokyo, Japan; Otsuka Pharmaceutical Co. May 2009)

Da uno studio di fase II è risultato che il Tolvaptan è più efficace della restrizione idrica per incrementare la sodiemia in 28 pazienti con iponatremia euvolemica ed ipervolemica. Sodiemia < 135 mEq/l, con tolvaptan = 17 pz VS restrizione idrica = 11 pz86. I cambiamenti nella concentrazione di sodio sono stati di 1,6 VS 0,8 mEq/l nelle prime 4h dopo la prima dose, 5,2VS 0,7 mEq/l dopo 5 giorni e 5,7 VS 1.0 mEq/l all’ultima visita dopo 27 giorni.

(43)

43 Il tolvaptan è risultato efficace nel ripristinare una sodiemia normale anche in The Study of Ascending Levels of Tolvaptan in Hyponatremia (SALT)-1 e SALT-287. Due studi di fase III randomizzati, a doppio cieco, placebo-controlled, svolti su un totale di 448 pazienti, a cui è stato assegnato con modalità random il tolvaptan ( n = 225; 15 mg/die il primo giorno, aumentando a 30 mg dopo il primo giorno ed a 60 mg durante i successivi 4 giorni se necessario) o il placebo (n = 223), in aggiunta alle terapie già svolte dal paziente. Dopo aver interrotto il trattamento i pazienti hanno nuovamente intrapreso la terapia precedente allo studio e sono stati seguiti per altri 7 giorni. In totale 138 pazienti (31%) erano affetti da scompenso cardiaco, 120 pazienti (27%) da cirrosi epatica e 190 pazienti (42%) da SIADH primitiva o altre cause. Il tolvaptan è stato somministrato con l’obbiettivo di riportare la sodiemia al range di normalità >135 mEq/l. I pazienti trattati hanno interrotto la restrizione idrica, sulla base delle indicazioni terapeutiche, quando possibile, nelle prime 24h, per ridurre il rischio di insorgenza di sindrome da demielinizzazione osmotica per l’eccessiva rapidità della correzione. Successivamente i pazienti hanno potuto riprendere la restrizione idrica se indicata. Il primo risultato ottenuto da entrambi gli studi è stata la media dell’AUC (area sotto la curva) del cambiamento della concentrazione di sodio dal basale al giorno 4 e al giorno 30.

(44)

44 Fig.7 Tratta da Friedman B, Cirulli J. Hyponatremia in critical care patients: frequency, outcome,

characteristics, and treatment with the vasopressin V2-receptor antagonist tolvaptan. J Crit Care. 2013;

28(2): 219 e1-12.

Grazie al trattamento con Tolvaptan è stato ottenuto un significativo incremento del sodio plasmatico in entrambi i periodi ed in entrambi gli studi87.

Sommando tutti i risultati è stato osservato un aumento della AUC della media giornaliera del sodio sierico di 4 mEq/l VS 0.4 mEq/l con placebo dal basale al giorno 4; ed un aumento di 6,2 VS 1,8 mEq/l dal giorno 4 al giorno 30, con la necessità di eseguire concomitantemente restrizione idrica in un 14% VS 25%. Un incremento significativo della sodiemia è stato osservato nelle prime 8h dopo la prima dose di tolvaptan. Nel sottogruppo con il sodio basale < 130 mEq/l il cambiamento è stato di 4,8% mEq/l con tolvaptan VS 0,7 mEq/l con placebo al giorno 4 e di 7,9 VS 2,6 mEq/l al giorno 30 con il 19% VS 36% di necessità di eseguire restrizione idrica. Nel sottogruppo con sodio basale < 125 mEq/l il cambiamento è stato di 5,7 VS 1.0 mEq/l al giorno 4 e di 10 VS 4,1 mEq/l al giorno 30, con il 35% VS 50% di necessità di eseguire restrizione sodica. Durante i 7 giorni di follw-up le concentrazioni di sodio nel gruppo che aveva fatto uso di

(45)

45 tolvaptan sono discese a livelli simili al gruppo che aveva fatto placebo. I risultati nel sottogruppo di pazienti con SIADH (tolvaptan = 58, placebo = 52) sono stati analoghi a quelli della popolazione totale88.

Agli studi SALT è succeduto lo studio SALTWATER che ha incluso 111 pazienti, di cui 94 con sodiemia < 135 mEq/l, che hanno precedentemente ricevuto il tolvaptan o il placebo nella sperimentazione clinica SALT, con il relativo follow-up di 7 giorni. Nel lasso di tempo in cui avevano sospeso la terapia la loro concentrazione sodica era scesa a valori compresi tra il basale e il livello dopo placebo. Dopo aver iniziato la terapia con tolvaptan la media della sodiemia si è innalzata circa allo stesso livello osservato alla fine dello studio SALT e sono stati mantenuti tali valori per almeno un anno89.

Infine lo studio di fase III EVEREST, Efficacy of Vasopressin Antagonism in Heart Failure: Outcome Study with Tolvaptan, ha dimostrato che pazienti con scompenso cardiaco con livelli basali di sodio < 135 mEq/l (n = 216) che hanno ricevuto il tolvaptan hanno avuto una minor durata della degenza di 1,72 giorni (9,72 VS 11,44 giorni) se comparata con i pazienti a cui è stato somministrato il placebo, che non si è rivelata significativa90. In pazienti con una concentrazione di sodio < 130 mEq/l (n = 48) coloro che hanno ricevuto il tolvaptan hanno accorciato la degenza di 2,12 giorni, ancora una riduzione non significativa91. Infine nei pazienti inclusi nello studio SALT la riduzione della degenza è stata di 1,21 giorni, quindi ancora una volta non significativa92.

Considerando gli eventi avversi, dagli studi SALT-1 e SALT-2 emergono risultati similari, con analoghi effetti sui pazienti a cui è stato somministrato tolvaptan, rispetto a quelli a cui è stato somministrato il placebo87. I più comuni eventi avversi riscontrati sono stati la sete e la secchezza delle fauci, mentre nel sottogruppo di pazienti con SIADH gli eventi avversi sono stati più marcati con

(46)

46 comparsa di aumento della sete, secchezza delle fauci, cefalea, edemi declivi, poliuria88.

In conclusione dai pochi studi eseguiti a livello internazionale è emerso che il tolvaptan è una efficace opzione terapeutica per pazienti critici con iponatremia ipervolemica ed euvolemica ed è in grado di ridurre la durata della degenza anche se non in modo significativo. Inoltre dove l’iponatremia era associata ad uno stato confusionale, potenzialmente risolvibile con la correzione dell’ iponatremia stessa, il tolvaptan non trova indicazione, perché non è certo che induca benefici sintomatologici. Non deve essere utilizzato nel paziente con iponatremia acuta sintomatica che richieda urgentemente il ripristino valori normali di sodio.

Infine durante l’inizio e la titolazione della terapia il paziente deve essere monitorato con esecuzione della sodiemia, degli elettroliti sierici e del volume. La restrizione idrica deve essere evitata nelle prime 24h dopo l’inizio del tolvaptan ed il paziente deve essere avvisato di bere. Quindi se la terapia con tolvaptan deve essere nuovamente iniziata, ciò deve essere svolto in ambiente ospedaliero poiché la sodiemia deve essere monitorata.

(47)

47

12. SCOPO DELLA TESI

Scopo della tesi era quello di valutare l’efficacia del tolvaptan nei pazienti con iponatremia euvolemica e ipervolemica. In particolare nel ripristinare livelli normali di sodio e ottenere un bilancio negativo di acqua in pazienti, quali i pazienti cirrotici e con scompenso di cuore, caratterizzati dall’espansione dell’ acqua corporea.

A tal fine oltre alla diuresi, alla sodiemia e alla clearance dell’acqua libera sono stati monitorati anche l’escrezione frazionale del sodio e la bicarbonatemia. Infatti correlando questi due dati allo stato volemico dei paziente, la riduzione della FE Na+ e l’incremento della bicarbonatemia avrebbero potuto, nel nostro intendimento, essere adeguati a segnalare un iniziale stato ipovolemico e quindi l’indicazione alla sospensione della terapia con tolvaptan.

(48)

48

13. MATERIALI E METODI

Lo studio è stato condotto presso il reparto di Medicina d’Urgenza Universitaria dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana.

Sono stati inclusi nello studio pazienti che al momento dell’ammissione o durante la degenza presentavano iponatremia ipervolemica o euvolemica, che era insorta nel contesto di SIADH primitiva e secondaria a scompenso cardiaco e cirrosi. La terapia veniva somministrata come terapia compassionevole, previo consenso informato.

I criteri di inclusione sono l’iponatremia moderata, con livelli di sodiemia compresi tra 125 e 135 mEq/l, con sintomatologia associata e l’iponatremia grave < 125 mEq/l.

I criteri di esclusione sono rappresentati dalla presenza di iponatremia ipovolemica, di una grave iponatremia che necessita di una rapida correzione o pazienti con risposta alla sete assente o inappropriata.

Criteri di inclusione Criteri di esclusione

Pz con Na+<125 mEq/l Pz con iponatremia ipovolemica Pz con 125 < Na+ < 135 mEq/l con

sintomi associati

Iponatremia grave che necessita di rapida correzione

Pz con assente o inappropriata risposta alla sete

(49)

49 A tutti i pazienti sono stati eseguiti giornalmente esami di laboratorio.

I prelievi ematici e le analisi delle urine, di seguito elencati, venivano eseguite in condizioni basali e consecutivamente per cinque giorni.

In primo luogo è stato eseguito un prelievo venoso con il quale è stato possibile valutare gli elettroliti plasmatici (in particolare Na+ e K+), l’osmolarità plasmatica, la creatininemia e l’azotemia.

Inoltre è stata eseguita una emogasanalisi con la quale sono stati valutati il pH, la pO2, la pCO2 e la bicarbonatemia.

Infine sono state raccolte le urine delle 24h, previo posizionamento di catetere urinario, con le quali è stato possibile misurare il volume urinario delle 24h, la sodiuria, la potassiuria, la creatininuria e l’osmolarità urinaria.

Tramite questi dati è stato possibile calcolare ulteriori parametri: La FENa+, secondo la formula:

FENa+= Na+u x Crpl x 100

Na+pl x Cru

La Cl H2O, secondo la formula:

Cl H2O = Vu ( 1 – Osm u)

Osm pl

La Cl H2O libera da elettroliti, secondo la formula:

Cl H2O libera da elettroliti = Vu [1 – (Nau+Ku)]

(50)

50 Infine è stato possibile calcolare il rapporto BUN/ creatinina, considerando che BUN = azotemia mg/dl

2,18

I risultati dei dati parametrici sono stati espressi come media ± deviazione standard.

(51)

51

14. RISULTATI

Sono stati reclutati 16 pazienti (6 maschi e 10 femmine) di cui 3 con SIADH primitiva, nel contesto di etp mammella, etp pancreas ed etp polmone. Gli altri con SIADH secondaria, di cui 5 con cirrosi, 4 con scompenso cardiaco e 1 con cirrosi e scompenso cardiaco. (Fig.8)

Fig.8 Malattia di base dei pazienti reclutati nello studio.

19% 31% 25% 6% 19%

malattia di base

SIADH PRIMITIVA IN ETP CIRROSI

SCOMPENSO CARDIACO CIRROSI E SCOMPENSO CARDIACO ALTRE

(52)

52

BASALE GIORNO 1 GIORNO 2 STOP 1 STOP 2

Na+ pl (mEq/l) 125 ± 6,7 130 ± 5,6 132 ± 4,3 133 ± 3,4 132 ± 4,8 Sodiuria (mEq/l) 45 ± 40 31 ± 32 41 ± 33 53 ± 38 63 ± 32 FE Na+ (%) 0,86 ±0,75 0,68 ± 0,88 0,49 ± 0,49 0,76±0,96 0,83±0,39 Osm. Plasm. (mOsm/ Kg) 257 ±14 263 ±13 269 ±14 270 ±12 272 ±13 Osm Urinaria (mOsm/ Kg) 358 ±145 292 ±114 300 ±96 401 ±194 407 ±168 Vol. urinario (ml/die) 1947 ±1094 2981 ±1900 2232 ±979 2369 ±1377 1989 ±1101 ClH2O (ml/die) -531 ±1009 341 ±1848 -148 ±759 -601 ±1322 -647 ±712 ClH2O libera elettr. (ml/die) 763 ±845 1955 ±1785 1236 ±861 1247 ±1335 544 ±690 HCO3 -(mmol/l) 22,9 ±4,12 24,9 ±3,5 25,2 ±4,9 25,3 ±7,1 27,6 ±6,8 Creatininemia (mg/dl) 0,95 ±0,78 0,99 ±0,81 1,02 ±0,93 1 ±0,99 0,96±0,96 Azotemia (mg/dl) 44 ± 39 44 ± 41 47 ± 49 49 ± 52 55 ± 49 BUN/cr. (%) 22 21 22 23 26

Riferimenti

Documenti correlati

MATERIALS AND METHODS: dogs wiyh clinical symtoms referable to PBH which underwent clinical and ecographic examination, biopsy and ultrasound-guided fine needle aspirate of

L’attivazione del pulsante CONTINUA oltre a salvare i dati digitati, consente all’utente di accedere alla maschera successiva in cui viene visualizzato il

Selezionando il link Riduzioni in lavorazione viene visualizzata la lista delle comunicazioni di riduzione di presunto inserite e in attesa di essere completate e inviate

 di aver subito una Riduzione del Fatturato pari almeno al 30% (requisito per l’accesso ai benefici di cui all’art. ____ per

Processo di ossido-riduzione in cui la stessa sostanza si ossida e si riduce.. Il numero di ossidazione degli atomi in un qualsiasi elemento libero non combinato è zero... 2. Il

In generale una reazione di ossido-riduzione è definita come una reazione in cui si ha trasferimento di elettroni fra le specie reagenti o in cui gli atomi variano il loro numero di

Obiettivo dei metodi per la riduzione di dimensionalità (dimensionality reduction) è quello di eseguire un mapping dallo spazio iniziale

Per poter offrire, alle aziende, una pratica soluzione per la riduzione della carbon footprint e l’incentivazione delle best practices per la sostenibilità, save NRG ha ideato