• Non ci sono risultati.

Il ruolo centrale delle piccole e medie strutture ricettive nel settore turistico italiano. Le principali vie per incrementare la loro competitività

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Il ruolo centrale delle piccole e medie strutture ricettive nel settore turistico italiano. Le principali vie per incrementare la loro competitività"

Copied!
162
0
0

Testo completo

(1)

U N I V E R S I T À D I P I S A

F O N D A Z I O N E C A M P U S

Corso di Laurea Magistrale in

Progettazione e Gestione dei Sistemi Turistici Mediterranei

TESI DI LAUREA

Il ruolo centrale delle piccole e medie strutture ricettive

nel settore turistico italiano.

Le principali vie per incrementare la loro competitività

Relatore

Chiar.mo Prof. ALBERTO BIANCHI

Candidato

GIULIA FUSI

(2)

Ai miei nonni, Bruno, Loretta e Luana

(3)

Ringraziamenti

Desidero innanzitutto ringraziare Il Professore Alberto Bianchi per essere stato sempre presente e disponibile a chiarire i miei dubbi durante la stesura di questo lavoro, fornendomi spiegazioni esaurienti e dettagliate. Ringrazio i miei genitori e mio fratello per l’aiuto ed il sostegno che mi hanno fornito in tutti questi anni. Ringrazio mia zia Milva e mia cugina Rebecca che nei momenti di difficoltà mi hanno sempre sostenuta ed incoraggiata.

Un ringraziamento particolare ad Andrea, il mio punto di riferimento, per aver creduto in me e nelle mie capacità e soprattutto per avermi aiutata a raggiungere questo traguardo.

Desidero ringraziare tutte le mie amiche per l’affetto che mi hanno sempre dimostrato. Un ringraziamento speciale a Francesca e Martina per essere state sempre al mio fianco. Vorrei infine ringraziare tutti i miei compagni di corso per aver condiviso insieme a me questi due anni meravigliosi.

(4)

Indice

Introduzione ... 5 1 Analisi storica ... 7 1.1 Dal turismo di massa al turismo postmoderno ... 7 1.2 L’Italia nell’epoca del turismo di massa ... 14

1.2.1 Le principali forme di turismo in Italia nella seconda metà del Novecento ... 18 1.2.2 Il turismo nelle regioni italiane nella seconda metà del Novecento ... 22 1.3 I nuovi trend del turismo ... 28 1.3.1 Analisi delle dinamiche mondiali negli ultimi anni ... 33 1.3.2 Analisi delle dinamiche italiane negli ultimi anni ... 38 2 Focus sulle piccole e medie imprese turistiche ... 47 2.1 Il fenomeno dell’impresa familiare ... 47

2.2 Sentieri di sviluppo, studi e ricerche sulle piccole e medie imprese turistiche ... 50 2.3 Vantaggi, svantaggi ed interventi per le PMI turistiche ... 54 2.4 Analisi della gestione delle piccole e medie imprese turistiche ... 57 2.4.1 Clientela, concorrenti e posizionamento dell’offerta ... 58 2.4.2 Scelte relative agli investimenti ... 63 2.4.3 Metodologie per aumentare la redditività ... 68

2.4.4 Strategie adottate dalle PMI e azioni per migliorare la Customer Satisfaction ... 76

2.5 Il ruolo del marketing nelle PMI turistiche ... 83

(5)

2.5.2 Le iniziative promozionali nelle PMI turistiche ... 91

2.6 Il processo del passaggio generazionale nelle PMI turistiche ... 101

3 La situazione delle PMI turistiche italiane: aspetti sui quali intervenire ... 111

3.1 È davvero la piccola dimensione delle strutture ricettive il problema del settore turistico italiano? ... 111

3.2 Le quattro principali sfide per accrescere la competitività delle piccole strutture ricettive ... 117

3.2.1 I principali cambiamenti ed interventi per migliorare il ruolo dell’attività formativa in ambito turistico ... 118

3.2.2 Ruolo dell’ICT nel settore turistico e azioni per incrementare il suo utilizzo nelle PMI turistiche ... 118 3.2.3 L’importanza della collaborazione nel settore turistico: il contratto di rete per accrescere la competitività delle PMI ... 137 3.2.4 I principali interventi per agevolare l’accesso al credito per le PMI e le PMI turistiche ... 144 Conclusioni ... 149 Bibliografia ... 155 Sitografia ... 161

(6)

5

Introduzione

Oggi il turismo è riconosciuto come uno dei settori più promettenti dell’economia globale grazie alla sua capacità di generare ricchezza e ai suoi effetti pervasivi e trasversali sulle economie locali. Tale settore risulta caratterizzato da tassi di crescita molto sostenuti che si prevede rimarranno tali anche nei prossimi anni. Nel corso degli anni il settore turistico è stato interessato da una serie di importanti cambiamenti: in primo luogo l’importanza assunta dalle compagnie aeree low cost grazie alle quali l’aereo è diventato un mezzo di traporto economico e alla portata di tutti; in secondo luogo la crescente diffusione della tecnologia, la quale ha profondamente modificato il comportamento dei consumatori in ogni fase del viaggio permettendo ai turisti di essere sempre più indipendenti e attenti all’organizzazione delle proprie vacanze; infine, dopo gli anni 2000, il cambiamento significativo nel comportamento del viaggiatore interessato all’offerta di servizi sempre più personalizzati e a vivere esperienze uniche. Tutti questi cambiamenti hanno portato ad un profondo mutamento del concetto di viaggio: oggi esso non è infatti più visto come un’evasione dalla vita quotidiana, ma come un bisogno primario che consente di ampliare le esperienze abituali delle persone.

Questo elaborato analizza in particolare il settore turistico italiano, il quale a partire dalla seconda metà degli anni Cinquanta è sempre stato caratterizzato da piccole e medie strutture ricettive perlopiù a gestione familiare e da un ridotto numero di catene alberghiere. Nonostante ciò possa essere talvolta considerato un punto a sfavore, in realtà vedremo che tali strutture, oltre a costituire l’asse portante del sistema turistico italiano, rappresentano un elemento fondamentale per soddisfare le esigenze di quella tipologia di turisti interessati a vivere esperienze autentiche. Nei capitoli successivi saranno descritti in dettaglio i principali aspetti positivi e negativi che contraddistinguono e differenziano le piccole e medie imprese turistiche da quelle di maggiori dimensioni.

Per quanto riguarda i più importanti aspetti positivi, tali imprese sono per la maggior parte a gestione familiare e in esse il titolare ed i suoi familiari mostrano un

(7)

6

atteggiamento di totale coinvolgimento nell’azienda: il piccolo imprenditore ha generalmente un orientamento di lungo periodo dato che la sua impresa passerà ai suoi figli e poi ai suoi nipoti. Esse sono inoltre caratterizzate da una grande flessibilità che consente loro di adattarsi a qualsiasi cambiamento derivante dalle decisioni che il piccolo imprenditore dovrà prendere quotidianamente e da un’accentuata personalizzazione del servizio offerto. Infine, le piccole imprese ricettive godono di un legame con il territorio maggiore rispetto ai grandi alberghi: ciò rappresenta certamente un punto di forza e un elemento che permette loro di attrarre i turisti in cerca di esperienze strettamente legate ad esso. Tra i principali aspetti negativi delle piccole e medie imprese emergono la ridotta quantità di risorse utili per realizzare gli investimenti necessari per il loro sviluppo, la mancanza di personale specializzato, la grande difficoltà di accesso alle principali fonti di finanziamento, la difficoltà a mettere in atto forme di aggregazione flessibili idonee a supportare i processi di cambiamento ed infine l’incapacità di implementare significative economie di scala e di scopo.

Proprio sulla base di queste osservazioni verranno proposti alcuni interventi mirati ad accrescere la competitività delle piccole e medie strutture ricettive considerati essenziali per continuare ad operare all’interno di un settore estremamente dinamico e caratterizzato da un elevato grado di concorrenzialità.

(8)

7

1 Analisi storica

1.1 Dal turismo di massa al turismo postmoderno

La seconda metà del Novecento, caratterizzata dall’aumento di vacanze e viaggi ad opera di un numero sempre maggiore di classi sociali, è stata una delle epoche più importanti per il settore turistico. Gli anni che hanno seguito il secondo conflitto mondiale rappresentano il periodo in cui si può dire che abbia avuto origine il turismo di massa, poiché è unanime la convinzione che esso abbia sviluppato tutte le sue potenzialità ed effetti, sia positivi che negativi, in tali anni.

Il grande aumento dei flussi turistici, alla base del turismo di massa, ha portato con sé profonde trasformazioni qualitative: nel corso degli anni sono state proposte definizioni sempre più articolate di questa espressione, in particolare essa si riferiva sia al modo in cui venivano svolte le vacanze, sia al modo in cui venivano proposti i servizi turistici.

I sociologi hanno indicato come epoca del turismo di massa quella in cui trascorrere una vacanza era diventato «un elemento importante di integrazione sociale: si appartiene ad una società se si è in grado di condividerne i riti, diversamente si apre la strada all’esclusione e all’emarginazione»1. I primi studi sociologici effettuati tra gli anni Sessanta e Settanta che analizzano il fenomeno del turismo di massa, non si limitano a definirlo, ma lo descrivono come una delle tante espressioni della modernità, offrendone numerose interpretazioni e valutazioni.

Negli anni il turismo di massa è stato interpretato da diversi studiosi in maniera assai critica, arrivando a considerarlo come uno dei tanti segnali di decadenza della società moderna e dei suoi riti sociali2. Uno degli scritti più influenti è stato quello del saggista e filosofo Enzensberger il quale, già nel 1962, descriveva il turismo come «espressione del desiderio di fuga 1 Battilani P., Vacanze di pochi vacanze di tutti: l’evoluzione del turismo europeo, Milano, Il Mulino, 2009, pp. 148-149. 2 Ivi, p. 251.

(9)

8

dalla civiltà che caratterizzava l’uomo moderno»3. In quegli anni vi era, infatti, la

convinzione che il turismo e il viaggio rappresentassero l’occasione per allontanarsi dalla vita quotidiana e dalle proprie abitudini.

Il protagonista di questa evasione dalla quotidianità era il ceto medio che cercava di comprendere le ambizioni dell’aristocrazia e di compiere gli stessi itinerari di viaggio, cercando però di adeguarli alla propria capacità di spesa e al proprio livello culturale. In questo modo però i nuovi turisti di massa venivano inevitabilmente portati a compiere esperienze superficiali e banali4. Così, al fine di allineare l’offerta

alle disponibilità monetarie e alle esigenze culturali del ceto medio, gli operatori turistici iniziarono a produrre servizi standardizzati ed in serie, portando così ad una progressiva riduzione dei costi.

Inoltre le problematiche relative all’impatto sociale ed economico degli investimenti stranieri nei Paesi arretrati, il consumo di risorse naturali e il negativo impatto paesaggistico furono tutti fattori che indirizzarono verso una visione del turismo di massa estremamente negativa5.

I sociologi, come appena visto, definendo il turismo di massa avevano sottolineato sia gli aspetti di inclusione e di esclusione dalla società sia le motivazioni del viaggio. Gli economisti cercarono invece di concentrare la loro attenzione sulle caratteristiche del processo produttivo. Quest’ultimo approccio per certi aspetti si sovrapponeva a quello dei sociologi, poiché secondo gli economisti il turismo assumeva i connotati di un fenomeno di massa quando emergevano i seguenti aspetti: in primo luogo uno sviluppo di nuove destinazioni o attrazioni non dettato dalle scelte dei consumatori ma dalle strategie messe in atto dai produttori di servizi turistici, in secondo luogo una maggiore concentrazione del controllo del mercato in mani a un numero limitato di grandi imprese ed infine un’offerta di servizi turistici fortemente standardizzata. In questo contesto, con il passaggio dal turismo di élite a quello di massa, sul mercato emersero produttori di grandi dimensioni che

3 Enzensberger H.M., Una teoria del turismo, in Questioni di dettaglio, Milano, Feltrinelli, 1965, p. 65. 4 Barthes R., Mythologies, London, Cape, 1972.

(10)

9

cercavano di proporre un’offerta adeguata alla capacità di spesa dei ceti medi popolari, utilizzando economie di scala e di diversificazione.

Queste due definizioni si differenziano inoltre per il fatto di fornire una diversa ricostruzione storica del turismo di massa. Secondo i sociologi l’inizio di questa tipologia di turismo risale al periodo fra le due guerre sia negli Stati Uniti sia in Europa, mentre secondo gli economisti l’origine di questo fenomeno va posticipata intorno agli anni Cinquanta del Novecento. In ogni caso in entrambi gli approcci è evidente che la fase di maggior crescita del fenomeno è avvenuta nel secondo dopoguerra, mentre l’epoca del mutamento incompiuto riguarda il periodo fra le due guerre6.

Il cambiamento nel settore dei trasporti è stato sicuramente uno dei fattori che ha contribuito in misura maggiore alla diffusione del turismo di massa; infatti, l’automobile e l’areo sono stati l’emblema delle vacanze di massa, proprio come nell’Ottocento il treno divenne il simbolo del turismo dell’élite. In particolare l’espansione del turismo nazionale nei Paesi europei e negli Stati Uniti è stata resa possibile grazie alla diffusione dell’automobile; successivamente le coste dell’Africa settentrionale e delle isole tropicali sono state scoperte grazie al sempre maggior utilizzo del trasporto aereo e dei voli charter da parte dei turisti di massa. La grande diffusione internazionale del turismo è stata inoltre resa possibile dalla riduzione del costo del viaggio e dall’aumento altrettanto repentino della velocità. I fattori che più degli altri influirono sul progresso tecnologico e sulla progressiva riduzione dei costi dei viaggi furono sia l’introduzione dei motori a reazione e degli aerei di grandi dimensioni, sia l’affermarsi del trasporto a domanda (o charter), il quale rappresentava una nuova modalità organizzativa.

Il volo charter è un volo organizzato da una società che noleggia un aereo cercando di massimizzare il numero dei posti occupati prima della partenza. Con questa tipologia di trasporto era possibile realizzare profitti, nonostante il prezzo dei biglietti fosse inferiore a quello applicato dagli aerei di linea.

(11)

10

Le compagnie di linea dovevano seguire regole rigidissime per quanto riguarda i biglietti, poiché esse erano consociate nella IATA (International Air Transport

Association). Il prezzo del biglietto di tali compagnie risultava perciò molto elevato e

di conseguenza la percentuale media di occupazione dei posti disponibili era bassa, in genere attorno al 50%. Tutto questo facilitò il successo dei voli charter; infatti le società che noleggiavano aerei per questo tipo di voli, essendo libere da tali restrizioni, potevano vendere i biglietti a prezzi più bassi, cercando comunque di realizzare profitti.

La diffusione di aerei sempre più grandi fu comunque il cambiamento più importante. Per il loro noleggio era necessario un notevole esborso finanziario, ma il costo unitario per passeggero era molto basso. Da quel momento quindi le compagnie maggiori dominavano il mercato ed uno dei fattori di maggior espansione della domanda turistica riguardava i nuovi pacchetti turistici, che comprendevano il trasferimento in aereo7.

La trasformazione nella composizione del prodotto turistico e nel rapporto fra destinazione e turista hanno segnato gli ultimi venti anni del Novecento. Gli studiosi generalmente si riferiscono a questo periodo con l’espressione di turismo postmoderno. Con questo termine si intende «l’affermazione di approcci che rifiutano sia il razionalismo dell’epoca precedente sia le grandi costruzioni teoriche da esso derivate, offrendo visioni basate sulla ricchezza e le diversità della vita»8. Il nuovo contesto culturale ha sicuramente influenzato la realizzazione dell’offerta turistica ed il rapporto fra l’uomo ed il suo tempo libero, nel quale viene inclusa anche la dimensione turistica. Come è possibile comprendere anche da un importante saggio dello scrittore Uriely9, queste trasformazioni hanno certamente determinato un forte impatto sulla domanda e sull’offerta turistica.

Il passaggio dal turismo di massa al turismo postmoderno è avvenuto attraverso due importanti trasformazioni: in primo luogo, l’esperienza turistica non era più vista come un’evasione dalla regolarità della vita quotidiana e dalle proprie

7 Battilani P. (cit. nota 1), pp. 154-157. 8 Ivi, p. 158.

(12)

11

consuetudini, ma piuttosto come un approfondimento delle esperienze abituali delle persone; in secondo luogo venivano messe in evidenza le numerose esperienze richieste dal turista durante la vacanza, poiché si affermava una visione poliedrica dei nuovi turisti, caratterizzati da una diversità sociale, relazionale e culturale.

Il primo di questi cambiamenti si è verificato negli ultimi trent’anni del Novecento nella maggior parte dei Paesi industrializzati; esso riguarda l’evoluzione dei contesti urbani e del rapporto fra la città ed i residenti. Lo sviluppo turistico del modello urbano degli ultimi due secoli si contrapponeva infatti a quello della città industriale, poiché esso era incentrato su attività salutiste e ricreative.

Tuttavia è importante sottolineare che negli anni Sessanta e Settanta si realizzarono due profondi cambiamenti nell’economia e nella cultura: il primo di questi mutamenti impose la riqualificazione della città industriale, poiché si era diffusa una concezione diversa della qualità della vita ed anche un maggior benessere; il secondo cambiamento ha segnato l’inizio di un lungo processo di deindustrializzazione, il quale ha causato enormi problemi di riconversione delle attività economiche ed anche di ridefinizione dell’identità urbana.

Le amministrazioni locali non si limitavano più soltanto a far conoscere i luoghi e le loro caratteristiche con semplici politiche di promozione, ma hanno iniziato a creare e comporre il prodotto turistico attraverso un approccio fortemente integrato. Questo passaggio è stato intrapreso in prima battuta dalle città americane che per prime erano passate da un’economia industriale ad una focalizzata sui servizi turistici. Esse hanno cercato di sviluppare l’economia urbana attraverso ingenti investimenti nel place marketing: le amministrazioni locali oltre che a gestire le risorse hanno iniziato anche a creare nuove immagini e nuovi prodotti, assumendo così una connotazione quasi imprenditoriale10.

A seguito di ciò, le ripercussioni sul fronte del turismo sono state duplici. In primo luogo tutte le città, che ambivano ad una nuova prosperità economica e che avrebbero voluto modificare la propria identità rispetto al passato, hanno cercato di

(13)

12

sviluppare una propria vocazione turistica e poi di proporla sul mercato attraverso accurate strategie di marketing. In secondo luogo, molte attività tradizionali collegate al settore turistico sono diventate disponibili nel contesto quotidiano. Un esempio di ciò ha riguardato tutti quei progetti che miravano a diffondere le strutture collegate alla cura del corpo ed anche a valorizzare il patrimonio culturale locale. Ne sono un esempio la propagazione in molte città o nelle loro vicinanze di centri benessere, piscine tradizionali e bagni turchi e di villaggi della salute. Inoltre con l’espansione dei parchi a tema, che adottavano il principio della simulazione, è stato possibile riunire in un unico luogo tanti diversi ambienti.11 Tutti questi cambiamenti furono possibili grazie alla maggior capacità di spesa delle amministrazioni comunali ed anche all’aumento delle disponibilità economiche delle famiglie. Nella seconda metà del Novecento infatti si verificò un importante aumento del PIL, che determinò un incremento della domanda di servizi turistici sia nella vita quotidiana che durante le vacanze, rendendo così le esperienze turistiche diverse da quelle che potevano essere offerte nelle città residenziali12.

Il secondo mutamento è invece associato alla diversa sensibilità manifestata dagli studiosi e dai consumatori di servizi turistici. Negli anni Ottanta e Novanta dalle ricerche sul turismo emersero proprio queste differenze, poiché gli studiosi modificarono l’oggetto delle loro ricerche interessandosi alla fase in cui il turista rielabora il viaggio attraverso la propria soggettività, e non più a quella in cui il consumatore acquista un prodotto più o meno standardizzato. In altre parole essi passarono ad analizzare la fase del consumo e non più quella dello scambio. Questo passaggio produsse importanti effetti anche per quanto riguarda il processo di invenzione dei prodotti turistici. Negli anni Ottanta iniziarono così a diffondersi le strade del vino, i pacchetti benessere, i percorsi letterari. La clientela di riferimento di questa tipologia di turismo non faceva più riferimento ad una particolare fascia di reddito, ma era rappresentata dalla cosiddetta tribù verticale, ovvero un gruppo di persone profondamente diverse dal punto di vista economico, culturale e

11 Selby M., Understanding Urban Tourism. Image, Culture and Experience, London-New-York, Tauris, 2003.

(14)

13

relazionale, unite però da un unico scopo, quello di compiere un’esperienza unica13.

Ne sono un esempio sia le associazioni enogastronomiche, come l’internazionale

Slow Food, ma anche le varie associazioni locali degli appassionati del tartufo, di

funghi o altri prodotti tipici. Queste proposte sono in grado di generare nuovi flussi turistici ed un nuovo legame tra il turista ed il territorio. Bisogna però sottolineare il fatto che non si tratta di offerte del tutto nuove perché si possono ritrovare degli esempi dello stesso tipo anche in epoche precedenti.

A dimostrazione di ciò è utile ricordare che il passaggio dal turismo di massa a quello postmoderno si è distinto proprio per la riscoperta del territorio, il quale a differenza dell’epoca precedente risultava fondamentale per proporre una grande varietà di esperienze turistiche. Anche dal punto di vista promozionale era avvenuto un cambio di rotta, poiché al turista non veniva più pubblicizzato soltanto il prodotto principale, ma anche il territorio in tutti i suoi aspetti.

Infine un altro esempio di una nuova tipologia di prodotto offerta durante questo periodo riguardava gli itinerari urbani, con i quali si cercava di valorizzare il patrimonio culturale delle città e anche di ricostruire il loro passato14.

In definitiva, i nuovi percorsi ed itinerari hanno notevolmente ampliato il numero delle destinazioni turistiche. Ne sono un esempio le destinazioni dislocate lungo le vie dei vini oppure quelle città già abituate a ricevere flussi turistici nelle quali si è cercato di creare nuove tipologie di turismo.

Come detto precedentemente, l’emblema del turismo di massa furono i voli charter, mentre il simbolo del turismo postmoderno sono stati i voli low cost. La loro importanza è collegata al fatto che il trasporto aereo può essere utilizzato anche dalle fasce di reddito medio-basso. Inoltre essi hanno reso possibile il cosiddetto short-track, grazie al quale le destinazioni lontane possono essere raggiunte con viaggi molto brevi. Dalla metà degli anni Novanta lo sviluppo di questo segmento è stato molto rilevante: ciò è facilmente comprensibile osservando il fatto che nel 1995 i low cost rappresentavano il 2% del traffico aereo, il 7% nel 2001 e avevano raggiunto il 14% nel 2006.

13 Maffesoli M., Il tempo delle tribù, Roma, Armando, 1988. 14 Battilani P. (cit. nota 1), pp. 162-163.

(15)

14

Ciò che ha sicuramente garantito il successo di queste compagnie aeree è stato il prezzo: è stato possibile infatti ridurre notevolmente i costi soprattutto grazie a delle innovazioni di tipo organizzativo. Innanzitutto l’acquisto dei biglietti avviene solamente via Internet, gli aeroporti utilizzati sono di livello secondario ed infine per accelerare le operazioni di imbarco e sbarco dei passeggeri i posti sull’aereo non sono numerati ed hanno tutti lo stesso prezzo15.

Inoltre grazie alla diffusione dei voli low cost si è verificato un cambiamento, oltre che nel settore dei trasporti, anche nelle destinazioni turistiche. In particolare, si sono create le condizioni per raggiungere in poche ore e con bassissimi costi di trasporto quelle mete che un tempo erano sconosciute o considerate troppo lontane. D’altro canto, per quanto riguarda le mete tradizionali, questa tipologia di voli ha consentito un loro riposizionamento: ne è un esempio la città di Barcellona, che ha potuto usufruire di una diretta connessione con tutta l’Europa, offrendo una vasta gamma di prodotti turistici ad una molteplicità di turisti16.

1.2 L’Italia nell’epoca del turismo di massa

Definire il turismo all’interno di un Paese come l’Italia, che ne ha fatto una risorsa primaria, è di particolare importanza soprattutto per capirne lo sviluppo fino ai giorni nostri: oltre al mare e alla montagna, l’Italia dispone infatti di un immenso patrimonio artistico, basti pensare all’innumerevole quantità di chiese e castelli disseminati su tutto il territorio che rappresentano una grande risorsa del nostro patrimonio culturale.

Per quanto riguarda l’entità delle entrate turistiche negli anni 1965-1968 l’Italia aveva superato tutti gli altri Paesi europei, risultando seconda solo agli Stati Uniti. Durante l’epoca del miracolo economico, oltre alla notevole crescita industriale, alcuni servizi, tra i quali il turismo, registrarono un’accresciuta capacità competitiva. Per la prima volta infatti le quote italiane del mercato internazionale nel settore

15 Battilani P., Fauri F. (cit. nota 6). 16 Battilani P. (cit. nota 1), pp. 164-166.

(16)

15

turistico risultarono superiori a quelle della Francia, collocandosi attorno al 10%-12%.

Questo fu possibile soprattutto grazie a due fattori: in primo luogo, grazie alle strategie di diversificazione fu possibile offrire sui mercati internazionali non soltanto mete tradizionali come le città d’arte, ma anche dei prodotti innovativi per i ceti medio-bassi, come ad esempio il turismo balneare; in secondo luogo fu molto importante la velocità con la quale gli operatori turistici ripresero il loro lavoro. I flussi più importanti per il nostro Paese erano rappresentati da quelli dei turisti stranieri (Tabella 1), come tedeschi, austriaci, francesi, svizzeri, inglesi e statunitensi. Questi flussi, provenienti da diverse parti del mondo, richiedevano delle tipologie di sistemazione differenti: i turisti tedeschi preferivano alloggiare presso ostelli per la gioventù, istituti religiosi o campeggi e case per ferie; i turisti americani invece alloggiavano solitamente in alberghi di livello elevato, dato che la loro fascia di reddito era superiore. Anche per quanto riguarda le mete è possibile riscontrare delle differenze: i tedeschi e gli austriaci prediligevano località alpine o costiere, mentre i turisti americani sceglievano capitali e famosi centri turistici, preferendo i viaggi culturali17. Tabella 1: Ripartizione percentuale delle presenze di turisti stranieri fra i diversi tipi di località di soggiorno, turismo e cura (compresi alloggi privati) Stranieri Città d’arte e altre città Centri termali Centri lacuali Località Balneari Località montane Totale Milioni di presenze 1929 17% 3% 7% 37% 35% 100% 5 1952 32% 6% 11% 41% 10% 100% 6 1957 24% 5% 9% 52% 10% 100% 16 1962 17% 4% 7% 62% 10% 100% 34 1967 16% 4% 8% 64% 8% 100% 42 1972 17% 5% 9% 58% 11% 100% 48 1977 17% 6% 9% 56% 12% 100% 53 Fonte: Statistica sul turismo, Roma, Istat, anni vari (P. Battilani).

Nel complesso, uno dei più importanti cambiamenti che si verificò durante il secondo dopoguerra riguardava la dimensione dei flussi turistici, di gran lunga più consistenti rispetto a quelli degli anni Trenta. Questa crescita era rappresentata principalmente dalla domanda interna: negli anni Cinquanta e Sessanta il passaggio

(17)

16

dal turismo di élite a quello di massa fu possibile anche nel nostro Paese, poiché andare in vacanza era ormai diventata un’abitudine per le famiglie italiane.

Alla fine degli anni Sessanta ormai tutti gli operai potevano beneficiare di ferie retribuite e le località che prediligevano erano quelle balneari e montane; si arrivò così in quegli anni ad avere un gran numero di turisti italiani che fu ben tre volte superiore rispetto a quelli degli anni Trenta. La diffusione dei viaggi rappresentò uno dei simboli del miracolo economico italiano e fu reso possibile sia dalla rapida urbanizzazione, che portò alla formazione di agglomerati urbani e all’emigrazione dalle montagne e colline, sia dall’aumento del reddito pro capite18.

Tutte quelle aeree che si erano affermate nel periodo fra le due guerre, come le Dolomiti, l’alto Tirreno, la Riviera ligure, la Versilia e l’alto Adriatico, riuscirono a trarre enormi vantaggi dallo sviluppo del turismo di massa (Tabella 2).

Al contrario ampie fasce del Mezzogiorno, ad eccezione di particolari mete come Sorrento e Capri, continuarono ad avere una serie di difficoltà ad intercettare questi nuovi flussi turistici pur avendo grandi potenzialità. Tuttavia, a partire dagli anni Sessanta le località meridionali iniziarono a crescere diventando dei centri di attrazione turistica19. Tabella 2: Ripartizione percentuale delle presenze di turisti italiani fra i diversi tipi di località di soggiorno, turismo e cura (compresi alloggi privati) Italiani Città d’arte e altre città Centri termali Centri lacuali Località Balneari Località montane Totale Milioni di presenze 1929 6% 27% 3% 49% 15% 100% 13 1952 4% 8% 5% 64% 19% 100% 25 1957 14% 13% 2% 56% 14% 100% 38 1962 12% 11% 2% 59% 17% 100% 64 1967 10% 9% 2% 62% 16% 100% 87 1972 9% 9% 2% 62% 18% 100% 117 1977 9% 8% 2% 63% 17% 100% 142 Fonte: Elaborazione da Statistica sul Turismo, ENIT, anni vari (P. Battilani).

In conclusione nell’epoca del turismo di massa, il nostro Paese, a causa del forte aumento della domanda sia interna che esterna, intraprese una serie di iniziative di piccola dimensione: le imprese di riferimento nel settore turistico furono infatti

18 Berrino A., Storia del turismo in Italia, Bologna, Il Mulino, 2011. 19 Battilani P. (cit. nota 1), p. 266.

(18)

17

quelle familiari, le quali possono ancora oggi essere considerate il principale modello italiano di sviluppo turistico.

Con il passaggio dal turismo di massa al turismo postmoderno l’Italia ha subito una grave perdita di competitività; infatti, se alla fine degli anni Settanta l’Italia aveva conquistato il primato in Europa e negli anni Settanta e Ottanta si era contesa il secondo posto con Francia e Spagna, tra la fine degli anni Novanta e gli inizi del Duemila si è collocata al quarto posto nella graduatoria internazionale delle entrate turistiche. Con questo passaggio, come già spiegato nel paragrafo precedente, è nato nel settore dei trasporti aerei un nuovo modello organizzativo, che ha consentito l’affermazione dei voli low cost e la nascita di nuove destinazioni, ed è cresciuto il turismo urbano a fronte della stazionarietà del turismo balneare, che era stato il prodotto più importante del secondo dopoguerra. In relazione a ciò gli studiosi di turismo hanno individuato molti elementi di debolezza nell’offerta italiana: lo scarso rapporto qualità/prezzo, un turismo culturale costituito da prodotti antichi, un’insufficiente qualità urbana, reti infrastrutturali inadeguate e investimenti pubblici e privati inferiori rispetto ai principali competitors20. L’Italia

negli anni Cinquanta e Sessanta riuscì a conquistare la leadership europea grazie alla sua capacità di promuovere un’affascinante immagine del nostro Paese e di proporre sul mercato dei prodotti innovativi. Oggi, per poter guadagnare le quote di mercato perse, l’Italia non può che seguire lo stesso percorso: per contenere i prezzi dovrà puntare su un’innovazione organizzativa, per rispondere al cambiamento dei gusti del consumatore dovrà focalizzarsi sull’innovazione di prodotto ed infine dovrà essere in grado di avere dei modelli di organizzazione della promozione adeguati alla dimensione internazionale.

Inoltre, risulta fondamentale recuperare in termini di competitività rispetto agli altri Paesi. Oggi, nel settore del turismo, è possibile fare ciò solamente sfruttando adeguatamente l’Information and Communications Technology (ICT), ovvero l’insieme delle tecnologie applicate alla comunicazione da parte degli operatori verso il pubblico. L’Italia mostra ancora una ridotta capacità di utilizzo dei sistemi

(19)

18

ICT che la penalizza nel confronto con gli altri Paesi e, come verrà spiegato nel terzo capitolo in riferimento al settore turistico, deve ancora migliorare sotto questo aspetto.

1.2.1 Le principali forme di turismo in Italia nella seconda metà del Novecento

In merito alle forme turistiche è importante analizzare tre fenomeni: l’importanza assunta dal turismo balneare sia durante le due guerre che nel cinquantennio postbellico, la stabilità raggiunta dal turismo montano nonostante le fortissime trasformazioni tecnologiche da esso conosciute e infine l’andamento non molto positivo del turismo culturale21.

Per quanto riguarda il turismo balneare, dagli anni Cinquanta agli anni Settanta furono proprio le località balneari a far crescere il settore turistico e ad attrarre gran parte dei turisti stranieri. La forza dell’Italia in quegli anni risiedeva sia nella sua capacità di presentarsi sul mercato con proposte molto diversificate per cercare di soddisfare le esigenze delle nuove classi sociali che stavano scoprendo il turismo, sia nel creare un livello minimo di strutture turistiche prima degli altri Paesi. Durante tutto il dopoguerra il numero delle pensioni, dei piccoli alberghi e degli affittacamere continuò infatti ad incrementare; spesso queste strutture venivano ricavate da ex ville o palazzi che, nonostante la dotazione minima di servizi, costituivano la parte più importante della struttura alberghiera italiana. La crescita continuò ininterrotta fino al 1963-1964, quando si registrò una diminuzione dei flussi tedeschi e svizzeri: nel turismo europeo stava cambiando qualcosa, e l’Italia non era pronta per questo mutamento. Nel mercato turistico, infatti, il segmento medio-basso fu occupato da nuove coste e l’Italia non riuscì più ad avere l’esclusiva su tale segmento. Così Grecia, Libano, Spagna, Jugoslavia e Turchia intrapresero massicce campagne promozionali su tutte le destinazioni di maggior generazione

21 Rocca G., Dal prototurismo al turismo globale: momenti, percorsi di ricerca, casi di studio, Torino, Giappichelli, 2013.

(20)

19

della domanda turistica. Inoltre in quel periodo, si modificarono le modalità attraverso le quali domanda ed offerta si erano incontrate sul mercato. Questo avvenne in particolare grazie alla rapida diffusione dei tour operator. Nella costruzione dei pacchetti vacanza le nuove destinazioni e le soluzioni più standardizzate apparivano particolarmente vantaggiose e questo favorì i Paesi che si erano sviluppati più recentemente, i quali proponevano un’offerta ricettiva più adeguata alle nuove esigenze. Infine alcuni di questi Paesi, in particolare Spagna e Portogallo, non erano caratterizzati da una consolidata tradizione turistica e proprio per questo gli investimenti nord-europei poterono trovare più facilmente spazio nei loro mercati. Tutte quelle località che in passato erano caratterizzate da una minore accessibilità hanno potuto superare tale svantaggio grazie alla diffusione dell’aereo. I voli charter hanno infatti permesso alle isole greche e alla costa spagnola di posizionarsi alla stessa distanza dell’Italia, la quale ovviamente non occupava più una posizione centrale nella mappa dell’Europa. A tutto ciò si aggiunse il fatto che gli operatori turistici non furono in grado di proporre un’offerta diversificata e ciò provocò una certa insoddisfazione da parte dei turisti stranieri, non più interessati ad itinerari tradizionali e scontenti del livello qualitativo degli alberghi italiani. Per questo motivo dalla metà degli anni Sessanta in poi l’Italia, pur conservando una posizione di primo piano, ha iniziato a competere con pericolosi concorrenti ed è stata obbligata a cedere quote crescenti di mercato22.

Negli anni Settanta la situazione divenne particolarmente critica quando gli arrivi stranieri, a causa della crisi petrolifera, subirono un forte rallentamento in tutto il Mediterraneo che in Italia assunse la connotazione di una vera e propria stagnazione, che associata all’inflazione provocata dall’embargo petrolifero deciso dai Paesi dell’OPEC, risultò in un periodo di stagflazione. Fu solo in questo momento che gli amministratori pubblici e gli operatori turistici si resero conto che l’Italia non era più in grado di competere con gli altri Paesi del Mediterraneo. In seguito a ciò il Paese avviò un lungo e faticoso processo di ristrutturazione dell’offerta alberghiera, 22 Battilani P. (cit. nota 1), pp. 267-269.

(21)

20

cercando innanzitutto di migliorare il livello qualitativo delle strutture, incrementandone la dimensione media e riducendo il numero degli esercizi (Tabella 3). Tabella 3: Evoluzione del sistema ricettivo alberghiero italiano 1949 1962 1974 1993 Alberghi 20063 34798 43000 35000 Camere per albergo 11 15 19 27 Letti per camera 1,7 1,7 1,7 1,8 Bagni per camera 0,1 0,3 0,6 0,9 Fonte: Sesto rapporto sul turismo italiano (P. Battilani).

L’organizzazione turistica italiana, nonostante questo importante lavoro di ristrutturazione, continuò ad essere caratterizzata da imprese di piccola e media dimensione, in genere proprietarie di un solo albergo. Questa peculiarità propria dell’Italia comportava essenzialmente due svantaggi: da una parte essa non era in grado di sostenere elevate spese di marketing, dall’altra esso non possedeva un’elevata forza contrattuale a fronte di tour operator che diventavano sempre più grandi. Per risolvere questi problemi a partire dagli anni Ottanta si è potenziato l’associazionismo, ovvero delle aggregazioni volontarie alle quali sono assegnate varie funzioni e configurazioni. Per quanto riguarda le catene alberghiere, invece, esse erano caratterizzate da una ridotta dimensione rispetto a quelle internazionali e ormai ne era rimasto un numero estremamente basso23.

In materia di modello di vacanza offerta, l’Italia cercò di ampliare la proposta di servizi: una ricca gamma di nuove possibilità di intrattenimento, come sale da ballo teatri e cinema, venne affiancata alla tradizionale offerta del mare e del sole. Allo stesso tempo il Paese tentò di migliorare anche il patrimonio naturalistico e storico-artistico collocato nelle vicinanze delle località balneari24.

Per quanto riguarda il turismo montano, esso ha raggiunto una posizione importante che è riuscito a mantenere nel periodo fra le due guerre soprattutto grazie all’importanza assunta dal turismo invernale. Tutte le località sciistiche hanno

23 Ancora oggi l’Italia presenta un numero ridotto di hotel facenti parte di catene alberghiere, come vedremo in dettaglio nel capitolo 3.

(22)

21

cercato di rendere gli impianti di risalita sempre più confortevoli attraverso continui investimenti. Inoltre dagli anni Ottanta in poi, per permettere agli sciatori di poter scegliere fra un numero elevato di piste raggiungibili senza rimuovere gli sci, è iniziato un lungo processo di collegamento fra bacini sciistici contigui: esempi di questo tipo sono rappresentati dal Dolomiti Superski del Trentino e dalla Via Lattea in Piemonte. Si crearono strutture ricettive adeguate a queste aree attraverso ingenti investimenti che furono stimolati dallo sviluppo del turismo montano estivo e soprattutto invernale. Inizialmente tali investimenti furono utilizzati soprattutto per la costruzione di alberghi, ma dagli anni Settanta si pose l’attenzione verso le seconde case. Negli ultimi anni il fenomeno delle seconde case nelle aree montane si è notevolmente sviluppato e ciò ha provocato conseguenze negative sia a livello economico che ambientale: ne sono un esempio l’estremo utilizzo di risorse e la conseguente creazione di rifiuti ed ingorghi stradali. Tale fenomeno si è diffuso principalmente in Valle d’Aosta ed in Trentino, generando un reddito non molto elevato25.

Per quanto riguarda il turismo culturale, esso si è caratterizzato per una crescita più lenta rispetto alle altre due forme ed il recupero di una sua maggiore centralità è cominciato negli anni Ottanta. Gli investitori privati e lo Stato, consapevoli delle perdite di presenze straniere registrate nelle località balneari e giudicando il turismo culturale meno sensibile alla concorrenza dei Paesi emergenti, iniziarono a focalizzare la loro attenzione sul patrimonio culturale e le città d’arte.

L’andamento non entusiasmante registrato dal turismo culturale durante il secondo dopoguerra è riconducibile principalmente a due fattori: in primo luogo, il mancato orientamento nella gestione del patrimonio culturale verso il soddisfacimento della domanda; in secondo luogo, l’assenza di una politica integrata capace di porre l’attenzione sui vari aspetti della proposta turistico-culturale, come ad esempio l’accessibilità ai musei, il miglioramento delle infrastrutture e dei trasporti e degli standard quali-quantitativi delle strutture ricettive26.

25 Rocca G. (cit. nota 21), pp. 269-270. 26 Battilani P. (cit. nota 1), p. 273.

(23)

22 1.2.2 Il turismo nelle regioni italiane nella seconda metà del Novecento Dopo aver analizzato le tre principali forme di turismo presenti in Italia nell’epoca del turismo di massa, è importante focalizzare l’attenzione sui modelli di sviluppo turistico delle regioni italiane.

L’Italia è caratterizzata da un turismo diffuso: le numerose forme di turismo presenti sul territorio sono infatti caratterizzate da percorsi differenziati di sviluppo ed inoltre l’offerta turistica è molto differenziata poiché le risorse e il periodo storico in cui si è iniziato a sfruttarle cambiano da regione a regione.

Le località che per prime hanno avuto la possibilità di valorizzare il mare nei mesi invernali (ad es. Liguria) o i centri culturali nelle loro vicinanze (ad es. Lido di Venezia e Taormina) sono quelle che prima delle altre si sono offerte per sviluppare nei loro territori il turismo balneare. Nelle località in cui invece il clima invernale risultava troppo rigido o non erano presenti centri culturali nelle vicinanze, lo sviluppo del turismo balneare ha avuto origine più tardi (ad es. Emilia Romagna, Toscana, Marche, Veneto). Le località alpine, come Trentino Alto Adige, Valle d’Aosta e Veneto, hanno aspettato che si divulgasse l’interesse per la montagna nelle sue più varie forme (alpinismo, soggiorni climatici, sport invernali); infine le aree come l’Abruzzo, non essendo caratterizzate da altitudini sufficienti, si sono specializzate nel turismo incentrato sullo sviluppo dei parchi nazionali e dei viaggi naturalistici27. Soltanto in pochi casi, quindi, i diversi tempi di sviluppo turistico nelle

varie regioni italiane sono stati dettati dal tipo di risorse presenti nelle diverse aree. In quasi tutte le realtà ciò che è stato veramente determinante sono stati gli investimenti, con i quali è stato possibile adibire a luoghi di vacanza un maggior numero di destinazioni.

Nel secondo dopoguerra molte regioni, che complessivamente erano più arretrate dal punto di vista economico, hanno trovato molte difficoltà a proporsi come luoghi di villeggiatura, mentre una forte crescita è stata registrata da alcune regioni localizzate in particolari aree del Paese. Per questo motivo è possibile affermare che

(24)

23

si è trattato di uno sviluppo turistico diseguale, proprio come era avvenuto per l’industria.

Come illustrato nella Tabella 4, l’Emilia Romagna, il Veneto, la Lombardia, la Liguria e la Toscana, rappresentano le regioni di maggior tradizione turistica e già nel 1955 accoglievano una quota di turisti estremamente elevata; tali regioni risultano attrarre le maggiori percentuali di turisti anche nel 1995. Fanno eccezione la regione Liguria, che esce dalla graduatoria, e la regione Trentino-Alto Adige che vi entra. Inoltre prendendo in considerazione le presenze presso tutti i tipi di struttura ricettiva senza contare gli alloggi privati, Sardegna, Trentino-Alto Adige e Umbria rappresentano le regioni con tassi di crescita più elevati.

Grazie a questi risultati, in Trentino le presenze turistiche sono passate dal 6% nel 1955 al 12% nel 1995, la Sardegna ha registrato un numero di presenze turistiche pari all’1% nel 1955 e al 3% nel 1995 ed infine l’Umbria è passata dall’1% al 2%. Nel complesso nel secondo dopoguerra le regioni tradizionalmente impegnate in campo turistico hanno consolidato e rafforzato la loro posizione, mentre nelle zone più povere il settore turistico ha offerto una minore opportunità di sviluppo28. 28 Ivi, p. 280.

(25)

24 Tabella 4: Tassi medi annuali di crescita delle presenze turistiche nelle strutture ricettive e loro distribuzione percentuale fra le diverse regioni Regioni Presenze: tassi di crescita Distribuzione % delle

presenze in alberghi Distribuzione % delle presenze (tutte le strutture ricettive)

1955-1995a 1965-1995b 1955 1995 2007 Piemonte 1% -1% 6% 2% 3% Valle d’Aosta 5% 4% 1% 1% 1% Lombardia 3% 2% 10% 8% 8% Trentino-A. A. 6% 5% 6% 12% 11% Veneto 5% 3% 14% 15% 16% Friuli 4% 1% 3% 2% 2% Liguria 2% 0% 10% 6% 4% Emilia Romagna 4% 1% 16% 12% 10% Toscana 3% 3% 9% 10% 11% Umbria 6% 5% 1% 2% 2% Marche 6% 3% 3% 3% 4% Lazio 3% 2% 7% 7% 9% Abruzzo e Molise 5% 4% 1% 2% 2% Puglia 4% 4% 2% 3% 3% Campania 4% 3% 5% 6% 5% Basilicata 2% 1% 0% 0% 0% Calabria 5% 2% 2% 2% 2% Sicilia 3% 3% 3% 3% 4% Sardegna 7% 5% 1% 3% 3% Italia 4% 2% 100% 100% 100% a Solo strutture alberghiere. b Tutte le strutture ricettive esclusi gli alloggi privati. Fonti: Elaborazione su dati Istat; V. Zamagni, A Century of Change. Trends in the Composition of the Italian Labour Force, 1881-1981, in «Historical Social Research», 44 (1987); Censimento industriale, 1991; Censimento della popolazione, 1991 (P. Battilani). Come appena detto, le regioni italiane sono caratterizzate da percorsi differenziati di crescita e questo è un punto di partenza fondamentale per capire se e come il turismo possa proporsi come fattore di riequilibrio dei divari regionali e se possa considerarsi un settore alternativo a quello industriale. In particolare, esistono regioni, come Piemonte e Lombardia, nelle quali durante il secondo dopoguerra il consolidamento del settore industriale ha indebolito tutti gli altri settori, tra i quali quello turistico. In queste regioni caratterizzate da un’antica tradizione industriale è possibile notare una relazione inversa tra turismo e industria. Al contrario, regioni come la Liguria, che avevano sviluppato nella parte orientale il turismo e nella parte occidentale l’industria, sono state sottoposte ad una riorganizzazione in entrambi i

(26)

25

settori29. Sempre osservando la Tabella 4, è possibile notare che nei primi anni del

2000 Veneto, Emilia Romagna, Toscana e Trentino-Alto Adige erano le regioni turistiche più importanti.

Nell’immediato dopoguerra tali regioni del nordest-centro registravano un certo livello di arretratezza rispetto al nord-ovest, sviluppando così l’attività turistica in aree ancora in gran parte agricole. Esse però durante i cinquant’anni postbellici sono riuscite a ridurre, grazie al fattore turistico e ad altri fattori, il gap nei confronti del cosiddetto triangolo industriale. Ѐ possibile infatti affermare che in quegli anni tutte le regioni, tranne il Trentino-Alto Adige, hanno sviluppato insieme al settore turistico anche quello industriale (Tabella 5). Tabella 5: Percentuale di occupati nell’industria manifatturiera in ciascuna regione italiana negli anni 1938 e 1991 Regioni Occupati nell’industria manifatturiera (% forza lavoro) 1938 1991 Piemonte 25% 33% Valle d’Aosta - 15% Lombardia 33% 36% Trentino-A. A. 10% 19% Veneto 17% 35% Friuli 14% 26% Liguria 24% 16% Emilia Romagna 13% 30% Toscana 17% 28% Umbria 14% 25% Marche 10% 32% Lazio 10% 13% Abruzzo e Molise 25% 22% Puglia 13% 15% Campania 11% 16% Basilicata 6% 12% Calabria 7% 7% Sicilia 9% 9% Sardegna 9% 11% Italia 17% 30% Fonti: Elaborazione su dati Istat; V. Zamagni, A Century of Change. Trends in the Composition of the Italian Labour Force, 1881-1981, in «Historical Social Research», 44 (1987); Censimento industriale, 1991; Censimento della popolazione, 1991. (P. Battilani). 29 Ivi, p. 281.

(27)

26

Come è possibile comprendere, il settore turistico ha rappresentato uno dei tanti settori sul cui sviluppo si è fondato il decollo economico di questa parte del Paese e quindi non può essere considerato un settore alternativo a quello industriale. Il modello di crescita adottato sia dal settore manifatturiero che da quello industriale infatti fu molto simile; in particolare esso era basato su imprese di piccola e media dimensione (come noto l’economia dell’area NEC si basava fortemente sui cosiddetti distretti industriali), da un sistema di associazioni fortemente presenti sul territorio e da un sistema di banche locali che garantiva l’accesso al credito agli imprenditori locali30.

Il settore turistico non ha contribuito a migliorare la situazione nelle regioni meridionali come invece è avvenuto per i territori tra il nordovest e il nordest-centro. Tra il 1950 e il 1980 la forte differenza fra le regioni del centro-nord e quelle del sud non si ridussero, nonostante i numerosi sforzi compiuti dallo Stato. L’intervento dello Stato a favore dello sviluppo turistico delle regioni meridionali fu infatti poco rilevante e caratterizzato da un elevato numero di protagonisti; in particolare esso non riuscì a creare un’offerta turistica che fosse in grado di valorizzare le numerose risorse presenti nei territori meridionali31.

Se si tiene in considerazione lo sviluppo del settore turistico nelle diverse regioni italiane si possono distinguere tre diversi profili turistici32.

Il primo è il turismo di rendita. Secondo questa tipologia di sviluppo turistico si continua ad utilizzare tutte le risorse ancora presenti sul territorio e tutto ciò che è stato costruito nella fase iniziale. La regione caratterizzata da questo tipo di sviluppo è la Liguria, la quale alla fine dell’Ottocento era stata fra i precursori di questo settore e nel secondo dopoguerra si è concentrata sul turismo caratterizzato dalle seconde case, riducendo così l’impatto economico, ma comunque conservando un certo prestigio a livello nazionale.

30 Zamagni V., Dalla rivoluzione industriale all’integrazione europea, Bologna, Il Mulino, 1999. 31 Battilani P., Fauri F. (cit. nota 6).

(28)

27

Anche molte regioni del sud si trovano nella stessa situazione, poiché pur possedendo nei propri territori ingenti risorse naturali e storico-architettoniche, non sono riuscite a valorizzarle in modo adeguato.

Il turismo di rendita si fonda su dei principi errati, poiché le regioni che adottano questo modello di sviluppo turistico dovrebbero basare la crescita del settore su nuovi investimenti e non sulle risorse già presenti sul territorio. Tali regioni inoltre devono convincersi del fatto che non è sufficiente costruire la propria offerta soltanto su un turismo concentrato sulle seconde case.

Il secondo è il turismo ad induzione. Secondo questo modello di sviluppo turistico non viene data molta rilevanza alle risorse naturali iniziali, ma sono piuttosto gli investimenti e l’attitudine imprenditoriale che garantiscono il successo di un determinato territorio. Le regioni che si sono sviluppate secondo questa tipologia di turismo sono l’Emilia Romagna, le Marche e in parte il Veneto: in queste aree faceva parte del patrimonio comune essere consapevoli che per superare i concorrenti era necessario proporre una gamma di servizi differenziati e articolati33. La terza tipologia di turismo, definito come “engine of growth”, è quello in cui «l’attività turistica precede lo sviluppo di quella industriale e contribuisce a creare quel reticolo di istituzioni e di collegamenti con il mercato che sono determinanti anche per la valorizzazione industriale; l’industria comunque non diventa mai l’attività prevalente»34. Ne sono un esempio il Trentino-Alto Adige, la Costa Smeralda e per certi aspetti l’Abruzzo. In particolare per quanto riguarda la Costa Smeralda l’origine dell’attività turistica è stata resa possibile da un intervento esterno, mentre in altre aree essa si è basata sull’insieme degli impegni di un gran numero di imprese, associazioni e istituzioni pubbliche. In entrambi i casi comunque questo tipo di turismo si fonda sul principio secondo il quale per essere competitivi occorre sfruttare le risorse presenti nelle diverse aree territoriali. Nel complesso, analizzando questi profili regionali è possibile notare che il settore turistico e quello manifatturiero sono piuttosto simili, poiché entrambi partono dal presupposto che per essere competitivi occorre avere uno spirito imprenditoriale, 33 Battilani P. (cit. nota 1), p. 285. 34 Ibidem.

(29)

28

essere disponibili ad investire, acquisire know-how e soprattutto che non è sufficiente possedere un’elevata dotazione di risorse.

Prendendo in considerazione la situazione italiana queste tre tipologie di sviluppo turistico sono state rese possibili dal lavoro di numerose istituzioni e associazioni non profit, le quali grazie ad un lungo percorso storico sono riuscite a creare una solida cultura turistica.

1.3 I nuovi trend del turismo

Definire oggi il turismo non è un’impresa facile, come non lo era nei secoli scorsi, poiché bisogna tenere in considerazione tutte le variabili e le tipologie che hanno contribuito negli anni ad arricchirne il significato. Una delle definizioni riconosciute dagli studi di settore è quella dell’OMT (Organizzazione Mondiale del Turismo, in inglese UNWTO, United Nations World Tourism Organization), secondo la quale «il turismo è l’insieme delle attività delle persone che effettuano uno spostamento o soggiornano al di fuori dell’abituale ambiente per almeno 24 ore e per un periodo non superiore ad un anno. Chi si allontana dalla propria residenza per un lasso di tempo inferiore alle 24 ore, quindi senza effettuare pernottamento, è denominato escursionista. Per parlare di turismo devono quindi coesistere due condizioni fondamentali: deve avvenire uno spostamento verso un luogo diverso dalla propria abituale residenza e nell’insieme delle attività realizzate nella destinazione deve essere compreso almeno un pernottamento. Questa definizione comporta che i flussi generati dai cosiddetti “turisti di giornata” non sono considerati flussi turistici, mentre rientrano nel concetto di turismo anche gli spostamenti per motivi di lavoro (turismo d’affari) purché prevedano il pernottamento»35.

Come abbiamo visto nei paragrafi precedenti, il bisogno di viaggiare è cambiato molto negli anni. Oggi, infatti, esso è considerato un bisogno primario, mentre in passato non era così. Anche se il desiderio di viaggiare e di conoscere cose nuove è

(30)

29

un desiderio innato nell’uomo, per arrivare al turismo come oggi lo intendiamo dobbiamo attendere gli anni Ottanta.

La pratica del turismo dello scorso secolo veniva chiamata villeggiatura e i turisti erano i villeggianti. Essi avevano richieste semplici e facili da soddisfare.

Le persone che potevano permettersi di andare in vacanza sceglievano sempre le stesse destinazioni e i loro viaggi duravano per tutto il tempo in cui potevano allontanarsi da casa e dal lavoro. Il turismo, nei luoghi in cui era presente, era fiorente e caratterizzato da numeri in costante crescita facilmente prevedibili. Nonostante gli investimenti garantissero rendimenti sicuri e il contesto normativo fosse particolarmente leggero, il turismo non era ancora riconosciuto come un vero e proprio settore economico. Gli occupati in tale ambito infatti erano pochi ed esso riguardava principalmente l’industria alberghiera.

Da allora la situazione è radicalmente mutata. In particolare, è necessario sottolineare come sia cambiato negli anni il modo di fare turismo, poiché questo settore viene principalmente influenzato dal continuo cambiamento delle esigenze dei consumatori e anche da numerosi fattori esterni che possono incidere sui diversi comportamenti individuali36.

La tecnologia, ad esempio, ha avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo di questo settore. In primo luogo essa ha contribuito in modo rilevante nelle modalità di reperire informazioni, ampliandole notevolmente. Secondariamente ha dato la possibilità ai consumatori di servizi turistici di produrre loro stessi i diversi contenuti del viaggio, come sensazioni, emozioni, esperienze e di diffonderli attraverso i vari strumenti sociali, riducendo così l’asimmetria informativa tra consumatore e produttore. Inoltre la tecnologia ha spinto i vari operatori turistici a diffondere un turismo meno tradizionale e standardizzato attraverso la nascita di nuove

community come Airbnb, il famoso fenomeno dell’ospitalità fra privati, che nel 2016

soltanto in Italia ha coinvolto 5,6 milioni di persone. Essa ha infine permesso, attraverso la nascita di moltissime applicazioni, che i turisti fossero persone più

(31)

30

indipendenti e maggiormente attente anche alla semplice organizzazione del proprio viaggio.

Ѐ necessario porre inoltre l’attenzione sul tema della sostenibilità, che soprattutto negli ultimi anni ha necessariamente imposto un cambiamento nell’offerta di servizi turistici. Molti turisti sono infatti influenzati nella decisione dei loro viaggi da aspetti relativi alla sostenibilità. In particolare, il 40% dei cittadini dell’Unione Europea afferma che nel momento in cui decide di intraprendere un viaggio concentra la sua attenzione sulle politiche di destinazione, sull’adozione di marchi e certificazioni da parte degli operatori locali e sugli aspetti di sostenibilità ambientale37.

Infine, grazie ai numerosi progressi conseguiti nel settore della mobilità, tutti i Paesi del mondo hanno compreso che il turismo è un settore economico in grado di offrire numerosi posti di lavoro e straordinarie possibilità di crescita.

Il sistema dei trasporti può essere infatti fondamentale per il successo turistico di un territorio e l’accessibilità, cioè la facilità con cui si può raggiungere una destinazione, è un fattore determinante per lo sviluppo turistico di tale meta. Un tipico esempio di come il tema dell’accessibilità possa condizionare il successo di una destinazione riguarda il caso del Mezzogiorno italiano. Secondo recenti studi il Mezzogiorno registra lo stesso numero di turisti del Trentino-Alto Adige e per quanto riguarda il turismo internazionale solo il 13% dei turisti che visitano il Paese si reca a sud di Napoli. La spiegazione di ciò è data proprio dal fatto che questa parte del Paese, proprio per la mancanza di accessibilità, viene esclusa da diverse tipologie di turismo come ad esempio quello del weekend.38.

Come già accennato nel primo paragrafo, fino agli anni Ottanta spostarsi tra un Paese e l’altro era abbastanza difficile e in molti casi piuttosto costoso, soprattutto in aereo. I turisti prediligevano mezzi come l’auto, oppure meno frequentemente il treno e il pullman. Per decenni soprattutto il mar Adriatico ha richiamato molti turisti italiani, ma anche tedeschi, olandesi, inglesi, francesi e austriaci.

Alla fine degli anni Novanta la situazione subì un enorme cambiamento. Fino a quel momento le principali compagnie aeree, ovvero quelle di bandiera, erano di

37 UNICREDIT, Unicredit 4 Tourim. Rapporto sul turismo 2017, p. 36. 38 Peres A., Friel M., Futurismi, Milano, Hoepli, 2016, p. 65.

(32)

31

proprietà pubblica e quindi poco efficienti, oltre a non essere particolarmente attente alle nuove esigenze dei consumatori. Il prezzo del biglietto era inoltre elevato per poter compensare gli altrettanto alti costi di gestione. Infine, a causa degli accordi di cartello, i prezzi dovevano essere mantenuti uguali per tutte le compagnie aeree.

Negli anni successivi l’Europa decise di adeguarsi alle modalità attraverso le quali operavano le compagnie aeree statunitensi e quindi in condizioni di vera concorrenza e libero mercato. Inoltre in quegli anni un gran numero di compagnie pubbliche furono privatizzate, alcune fallirono e molte altre furono costrette ad interrompere l’attività o ad allearsi con altre compagnie39.

Come già affermato nei paragrafi precedenti, in quegli anni con la nascita delle compagnie aree low cost le offerte divennero molto attrattive ed i prezzi dei diversi operatori potevano essere confrontati dai consumatori, che divennero molto attenti ai cambiamenti delle tariffe nel momento in cui decidevano di prenotare una vacanza. In pochi anni così il trasporto aereo divenne un tipo di trasporto estremamente economico, disponibile e soprattutto alla portata di tutti. Con l’aumento delle tratte aeree di conseguenza aumentarono anche le destinazioni considerate turistiche e molti territori in precedenza lontani divennero familiari ed accessibili. Molti Paesi iniziarono a capire quanto il tema dell’accessibilità fosse importante e quanto esso potesse rivoluzionare l’andamento economico di un territorio, riuscendo a creare anche nuovi posti di lavoro40.

Dopo gli anni 2000, un cambiamento significativo ha interessato il comportamento del viaggiatore; infatti, a partire da tali anni, il viaggio e l’interruzione dalla vita di tutti giorni sono considerati elementi prioritari a differenza di alcuni anni fa. Il cambiamento più significativo è rappresentato dal fatto che oggi il turista non sceglie più viaggi tradizionali, dal momento che attraverso la vacanza esso mira a vivere esperienze diverse e a soddisfare le proprie curiosità anche soltanto per un breve periodo di tempo. Anche per questo motivo, alle tradizionali località

39 Ivi, pp. 60-61.

40 Urry J., Lo sguardo del turista. Il tempo libero e il viaggio nelle società contemporanee, Roma, SEAM, 1995.

(33)

32

turistiche si sono aggiunte centinaia di nuove destinazioni. L’offerta turistica deve quindi essere progettata tenendo conto delle nuove esigenze dei turisti e del fatto che essi tengono particolarmente in considerazione il tema dell’ambiente e della sostenibilità.

Il settore turistico è dunque diventato molto complesso e per questo motivo necessita di nuovi soggetti che abbiamo delle buone competenze in materia in grado di soddisfare le esigenti domande generate dai nuovi turisti41.

Oggi il turismo è riconosciuto come uno dei settori più promettenti dell’economia globale, caratterizzato da tassi di crescita molto sostenuti che si manterranno tali anche nei prossimi anni.

Nel 2012, come aveva annunciato l’Organizzazione Mondiale del Turismo delle Nazioni Unite, è stato raggiunto un traguardo eccezionale, ovvero la soglia di 1035 milioni di arrivi internazionali nel mondo. Questo risultato è stato estremamente importante perché innanzitutto, rapportando tale dato alla popolazione mondiale, ha mostrato che mediamente una persona su sette nel 2012 ha viaggiato oltrepassando i confini del proprio Paese. In secondo luogo, dal 1982, ovvero in trent’anni, i flussi turistici sono aumentati del 260%. Inoltre bisogna considerare che i tassi di crescita riportati dalla UNWTO considerano soltanto i flussi del turismo

outbound, ignorando i dati che si riferiscono ai residenti di un Paese che viaggiano

all’interno dei propri confini nazionali, i quali possono costituire fino al 50% del totale dei flussi per certi Paesi42.

Concludendo, è possibile notare come dal Novecento ad oggi una grande varietà di fattori ha permesso lo sviluppo del turismo contemporaneo, trasformando il consumatore da semplice viaggiatore a turista esperto e contribuendo alla crescita di un’economia che, nel 2016, valeva 7,2 trilioni di dollari, costituendo circa il 10% del PIL mondiale e occupando oltre 280 milioni di persone43. 41 Zuelow E., A History of Modern Tourism, London, Palgrave, 2016. 42 Peres A., Friel M. (cit. nota 38), p. 1. 43 Ivi, p. 3.

(34)

33

1.3.1 Analisi delle dinamiche mondiali negli ultimi anni

A livello internazionale è possibile notare che anno dopo anno il turismo ha continuato nella sua crescita in maniera costante, nonostante il settore abbia dovuto affrontare qualche lieve rallentamento a causa di crisi mondiali come le Guerre del Golfo, l’attacco alle Torri Gemelle, l’epidemia della SARS o la crisi finanziaria del 2008. Le previsioni restano positive almeno fino al 2030, anno in cui si prevede di raggiungere quota 1 miliardo e 800 milioni di arrivi internazionali44. Il 2016 ha rappresentato un anno positivo per l’industria turistica mondiale, che prosegue il suo solido trend di crescita: in tale anno infatti gli arrivi internazionali hanno registrato un incremento rispetto al 2015 del 3,9%, superando la soglia degli 1,2 miliardi. Questo è un risultato positivo, tenendo in considerazione il fatto che nel mondo ed in particolare nel bacino del Mediterraneo da qualche anno si registrano forti tensioni di varia natura che stanno mettendo a rischio la capacità di attrarre turisti da tutto il mondo (attacchi terroristici, flussi migratori massicci, etc.). Tale situazione mette in evidenza il senso di scarsa sicurezza che porta a favorire alcune aree e a penalizzarne altre. In particolare, nel 2016 in Francia gli arrivi internazionali si sono ridotti (-4%) rispetto al 2015, l’Egitto ha registrato una perdita di oltre il 40% dei flussi turistici e anche la Turchia ha perso il 30% dei flussi. A trarre i maggiori benefici da questa situazione sembrano essere Cipro, Spagna, Malta e Croazia che hanno registrato elevati tassi di crescita45.

Anche il 2017 è stato un anno piuttosto positivo, segnato da un incremento degli arrivi internazionali stimati compreso tra il 3% e il 4%, una crescita ridotta rispetto a quella degli anni precedenti, ma sicuramente favorevole dato il contesto.

Focalizzando l’attenzione sulle diverse macro aree del Mondo, come è possibile notare dalla Tabella 6, gli equilibri non sono variati: nel 2016 l’Europa rimane la destinazione turistica più visitata dai turisti internazionali, sebbene presenti una crescita debole per il 2017. Essa, infatti, con circa 620 milioni di arrivi riceve oltre il

44 Ivi, p. 2.

Riferimenti

Documenti correlati

In Italia ci sono ovviamente insediamenti di società internazionali, ma la maggior parte sono società commerciali; quindi questa deve essere una scelta di modello di sviluppo,

I membri del Parlamento non possono essere destituiti dalla loro carica se non al termine della legislatura e beneficiano di determinate immunità: non rispondono dei reati di

spettro di analisi, ovvero la capacità del sistema di controllo di fornire misurazione delle dimensioni di analisi rilevanti, nonché l’rientamento temporale del sistema al

Vi rientrano, ad esempio, i sistemi integrati per la radioterapia avanzata basati sull’utilizzo di acceleratori lineari e altri componenti indispensabili al

La Commissione ha chiesto oggi alla Grecia di modificare due norme discriminatorie in materia di imposte di successione. La prima riguarda un'esenzione fiscale riconosciuta dal

L’appuntamento fa parte di un ciclo di incontri con i gestori di queste attività promosso dall’Asl To3, su indicazione del Ministero della Salute, nell’ottica di condividere

Il profilo professionale del Tecnico superiore per la gestione di strutture e servizi turistici, Tecnico superiore per la gestione 4.0 di strutture e servizi

Competitività imprese - Ammontano a circa 390 milioni di euro le risorse finora investite per sostenere i piani di investimento delle aziende agricole e