• Non ci sono risultati.

Utilità dell'espettorato indotto nella gestione terapeutica del paziente asmatico

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Utilità dell'espettorato indotto nella gestione terapeutica del paziente asmatico"

Copied!
72
0
0

Testo completo

(1)

1

Indice

Riassunto ... Pag. INTRODUZIONE

Definizione di Asma ... Pag. Fattori di rischio ... Pag. Patogenesi... Pag. Diagnosi ... Pag. Biomarcatori ... Pag. Classificazione e gravità ... Pag. Terapia ... Pag. USO DEI BIOMARCATORI NELLA GESTIONE

DELL’ASMA... Pag. SCOPO DELLA TESI ... Pag. SOGGETTI E METODI ... Pag. Soggetti ... Pag. Protocollo di studio ... Pag. Metodi

Test di provocazione bronchiale alla metacolina ... Pag. Induzione ed analisi dell’espettorato indotto

Induzione dell’espettorato ... Pag. Analisi dell’espettorato ... Pag.

(2)

2 Monitoraggio del punteggio dei sintomi e del picco di flusso

espiratorio

Sintomi ... Pag. Picco di flusso espiratorio ... Pag. ANALISI STATISTICA... Pag. RISULTATI... Pag.

(3)

3

RIASSUNTO

PREMESSA

L’asma è una malattia infiammatoria cronica delle vie aeree, ad elevata prevalenza e morbilità. A livello mondiale si stimano 3 milioni di pazienti asmatici, con incidenza di malattia in progressivo aumento. Come stabilito dalle Linee Guida GINA (Global Initiative for Asthma), sia la diagnosi di asma che il monitoraggio della malattia si basano sulla raccolta dei sintomi (anche tramite diario dei sintomi e del Picco di Flusso Espiratorio, PEF), sull’esame obiettivo, e sulle prove di funzionalità respiratoria (spirometria, test di reversibilità, test di provocazione aspecifico), nonché su indagini per identificare i fattori di rischio, quali l’atopia, e la familiarità per malattie allergiche o polmonari. Nonostante l’asma sia una malattia sostenuta da un processo infiammatorio cronico delle vie aeree, non è ancora riconosciuto un ruolo ufficialmente validato nella formulazione della diagnosi e più in generale nella gestione della malattia, alle metodiche indirette di determinazione del livello di infiammazione bronchiale, come l’analisi dell’espettorato e la misurazione dell’ossido nitrico nell’aria espirata. Nell’ultimo decennio si è però accumulata una consistente evidenza scientifica sulla possibilità di impiegare nella pratica clinica le metodiche non invasive di misurazione della flogosi delle vie aeree. Tra queste, la ricerca degli eosinofili nell’espettorato indotto (ottenibile anche in soggetti che comunque non producono espettorato spontaneamente) è uno dei test più semplici, sicuri ed affidabili per monitorare l’infiammazione delle vie aeree. La concentrazione degli eosinofili nell’espettorato può essere utilizzata come parametro nella gestione del paziente asmatico, e permette di valutare se ad un miglioramento dei sintomi e ad un aumento della terapia corrisponde una riduzione della concentrazione degli eosinofili nell’espettorato.

(4)

4

SCOPO DELLA TESI

Lo scopo di questa tesi è di valutare se si può ottenere una riduzione dell’ipereattività bronchiale aggiungendo ai parametri di valutazione della malattia stabiliti dalle linee guida internazionali, la ricerca degli eosinofili nell’espettorato come indicatore del grado di infiammazione bronchiale. Ciò può servire a capire se l’iperreattività bronchiale e gli eosinofili nell’espettorato sono due parametri indipendenti, oppure se ad un miglioramento dell’ipereattività bronchiale si associa una riduzione degli eosinofili nell’espettorato. Per fare ciò sono stati presi in esame due studi condotti in tempi diversi su soggetti diversi. In entrambi gli studi sono stati arruolati soggetti con asma lieve-moderato e randomizzati per essere valutati in base agli indici clinici e funzionali (gruppo A) o in base a questi criteri più gli eosinofili nell’espettorato indotto (gruppo B). I pazienti sono stati valutati ogni mese per un periodo di sei mesi, e ad ogni visita venivano effettuate le prove di funzionalità respiratoria, il test alla metacolina, valutati i sintomi attraverso la compilazione di un diario, ed analizzato l’espettorato indotto per la ricerca degli eosinofili. L’asma veniva considerato “controllato” se i sintomi o l’uso aggiuntivo del broncodilatatore o la variabilità del PEF risultavano nella norma (gruppo A) oppure se oltre al controllo clinico c’era anche la normalizzazione dell’eosinofilia nell’espettorato (gruppo B). In caso di non controllo, veniva effettuato un incremento di terapia secondo uno schema diverso nei due studi.

PAZIENTI, METODI E RISULTATI

In entrambi gli studi sono stati reclutati pazienti con diagnosi di asma lieve-moderato e che avevano una concentrazione di eosinofili nell’espettorato superiore al 3%. I soggetti reclutati venivano poi divisi in due gruppi in un gruppo (A) in cui la terapia veniva stabilita in base ai sintomi come stabilito dalle linee guida internazionali, in un altro gruppo (B) oltre ai sintomi veniva

(5)

5

utilizzata, come parametro nel dosaggio della terapia, la conta degli eosinofili nell’espettorato. I soggetti venivano valutati mensilmente per un periodo di sei mesi e ad ogni visita veniva effettuata spirometria, test alla metacolina ed espettorato indotto, inoltre per la valutazione dei sintomi veniva fatto compilare un diario da consegnare ad ogni visita dove il paziente annotava i sintomi, la necessità dell’utilizzo del farmaco d’emergenza e il picco di flusso dei 15 giorni precedenti la visita. Nel primo studio gli step-up di terapia erano effettuati secondo il seguente schema:

1. Trattamento iniziale: Fluticasone 125 mcg bid 2. Primo step – up: Fluticasone + salmeterolo

3. Secondo step – up: Fluticasone + salmeterolo + montelukast

4. Terzo step – up: Fluticasone ad alte dosi+ salmeterolo + montelukast Nel secondo studio gli step-up di terapia erano effettuati secondo il seguente schema:

1. Trattamento iniziale: Fluticasone 50 mcg bid 2. Primo step – up: Fluticasone 125 mcg bid 3. Secondo step – up: Fluticasone 250 mcg bid 4. Terzo step – up: Fluticasone 500 mcg bid

RISULTATI Studio 1.

Sia nel gruppo A (trattato sulla base dei sintomi) che nel gruppo B (trattato anche sulla base dell’eosinofilia nell’espettorato) si osservava un progressivo miglioramento degli indici clinicie funzionali. In particolare, la reattività bronchiale alla metacolina migliorava in maniera significativa rispetto al basale in entrambi i gruppi, senza differenza significativa tra il gruppo A e il gruppo B.

(6)

6

Nel gruppo A l’incremento della terapia riguardava in media …. Steps, e alla fine del trattamento la maggior parte dei pazienti risultava controllato con bassi livelli di terapia (step 1 e 2); in … di … pazienti, rimaneva eosinofilia nell’espettorato.

Nel gruppo B, l’incremento della terapia riguardava un numero maggiore di step (in media ….) e alla fine del trattamento rimanevano pazienti clinicamente controllati ma con persistenza dell’eosinofilia nell’espettorato (… di …pazienti).

Studio 2.

I risultati di questo studio, che differisce dal precedente per le modalità di incremento della terapia farmacologia (in questo acso, l’incremento riguardava solo la dose dei corticosteroidi inalatori), sono sostanzialmente analoghi a quelli dello studio precedente. Infatti anche in questo caso si osserva un miglioramento nel tempo dei vari indici clinici e funzionali in entrambi i gruppi di strategie, mentre l’eosinofilia nell’espettorato sembra avere un andamento molto più variabile e in genre non correlato con l’andamento dei sintomi clinici. L’outcome primario dello studio (l’iperreattività bronchiale alla metacolina) migliorava significativamente e della stessa entità sia nel gruppo A che nel gruppo B.

Nel gruppo A, la maggior parte dei pazienti risultava controllato con basse dosi di fluticasone (100 o 250 mcg al giorno), e solo 3 dei 12 pazienti richiedevano dosi più elevate per raggiungere il controllo alla fine del follow-up. In parte di questi soggetti, l’eosinofilia nell’espettorato permaneva (… di … pazienti).

Nel gruppo B, si assisteva ad un maggior incremento della terapia, sulla base principalmente del mancato controllo dell’eosinofilia nell’espettorato. Alla fine del follow-up 6 pazienti avevano incrementato la terapia farmacologia

(7)

7

solo per la persistenza dell’eosinofilia, senza che questo determinasse un maggiore controllo clinico e funzionale.

Non è stata osservata alcuna correlazione tra le variazioni della reattività bronchiale alla metacolina, e la percentuale di eosinofili nell’espettorato, alla fine del trattamento.

CONCLUSIONI

Pur con le limitazioni dovute alla numerosità dei campioni studiati, i dati riportati nella presente tesi non supportano la misura dell’eosinofilia nell’espettorato come strumento per migliorare la risposta alla terapia farmacologia nei pazienti “steroido-naive” con asma di grado lieve-moderato. La discrepanza con i risultati ottenuti da altri studi può essere attribuita alla diversa tipologia di pazienti e al diverso grado ed intensità del trattamento farmacologico.

Pertanto rimane valida l’indicazione delle Linee Guida, che stabiliscono che al momento attuale il controllo dell’asma dovrebbe essere valutato sulla base degli indicatori clinici e funzionali.

(8)

8

INTRODUZIONE

Definizione di asma

L’asma bronchiale è una malattia cronica delle vie aeree caratterizzata da ostruzione bronchiale più o meno accessionale, solitamente reversibile spontaneamente o in seguito alla terapia, da iper-reattività bronchiale e da un accelerato declino della funzionalità respiratoria che può evolvere in alcuni casi in una ostruzione irreversibile delle vie aeree. Nella patogenesi di queste alterazioni partecipano numerosi meccanismi, in particolare infiltrazione di cellule infiammatorie, rilascio di mediatori e rimodellamento delle vie aeree.

Figura 1. Definizione di Asma

Clinicamente, si manifesta con dispnea, respiro sibilante, tosse, senso di

costrizione toracica, la cui intensità varia in rapporto

alla entità della ostruzione bronchiale ed al grado

della sua percezione da parte del paziente. La gravità delle manifestazioni cliniche dell'asma è in genere correlata all’entità dell'ostruzione bronchiale,

(9)

9

ma può essere percepita in modo diverso da diversi individui o nelle diverse fasi della malattia.

Epidemiologia

L’asma è una delle patologie più diffuse al mondo è diffusa in tutti i paesi ma varia in modo considerevole da nazione a nazione e può mostrare variazioni anche all’interno della stessa nazione. La variazione geografica è confermata anche dalla distribuzione dell’atopia e della reattività bronchiale ed è simile per bambini e adulti. Alcuni studi internazionali che hanno interessato molti paesi europei e extraeuropei hanno permesso di stabilire la prevalenza dell’asma nel mondo intorno a valori del 5%. In Italia la prevalenza di asma, sia nei bambini che negli adulti, è inferiore a quella di molte nazioni, soprattutto rispetto ai paesi anglosassoni dove la prevalenza della malattia può raggiungere il valore del 11%. Gli studi epidemiologici condotti in Italia negli ultimi 10 anni hanno permesso di valutare con precisione la prevalenza di asma in età pediatrica e adulta. Nei bambini e negli adolescenti la prevalenza è del 10% i più colpiti sono i maschi rispetto alle femmine e gli adolescenti rispetto ai bambini tra i 6 e i 7 anni. Nell’età adulta la prevalenza media dell’asma è risultata del 3,6 % nei giovani compresi tra i 25 e i 45 anni. La prevalenza dell’asma negli ultimi anni ha mostrato un incremento dagli anni ’70-’80 fino alla fine degli anni ’90, seguito da una stabilizzazione, dovuta in parte al miglioramento dei trattamenti antiasmatici ed in parte ad un effetto “plateau” per raggiunto sviluppo della patologia in tutti i soggetti “suscettibili”. Questo fenomeno si è verificato nei paesi occidentali, mentre nei paesi in via di sviluppo la prevalenza dell’asma è ancora in aumento.

L’attuale prevalenza di asma in Italia, rappresenta una notevole fonte di costi sia sociali sia umani. La spesa sanitaria per l’asma è considerevole: i costi diretti risultano pari all’ 1-2% della spesa sanitaria totale. Per quanto riguarda la ripartizione tra costi diretti e indiretti, questi ultimi rappresentano oltre il

(10)

10

50% della spesa totale per l’asma, a causa dell’elevato tasso di assenze dal lavoro e da scuola causate dalla malattia.

Gli elevati costi per la gestione dell’asma sono imputabili principalmente all’uso improprio delle risorse sanitarie e ad un conseguente mancato controllo della malattia. Oltre il 40% degli asmatici non consulta il medico e solo un terzo dei pazienti si sottopone a regolari visite specialistiche. Una gran parte dei pazienti asmatici riferisce la malattia come non controllata e consuma molte più risorse rispetto ai pazienti con asma controllato. Il consumo di farmaci antiasmatici in Italia è cresciuto negli ultimi anni anche se in misura minore a quanto ci si dovrebbe aspettare in base alla reale frequenza della malattia. L’aderenza dei pazienti al trattamento e l’utilizzo di farmaci preventivi per ridurre sia i costi diretti che indiretti, tuttora molto alti, risultano ancora largamente insoddisfacenti

Fattori di rischio

I fattori di rischio per lo sviluppo dell’asma sono sia individuali, che predispongono il soggetto all’asma, e sia ambientali, che possono iniziare la malattia nei soggetti predisposti o indurre una riacutizzazione o una crisi asmatica in soggetti già malati.

(11)

11

I fattori individuali che predispongono all’asma sono vari; è stata dimostrata una predisposizione genetica verosimilmente multifattoriale in cui molti geni che codificano per i vari elementi biologici e fisiologici coinvolti nell’asma (citochine pro-infiammatorie, reattività bronchiale, sensibilità dei β2-recettori,

ecc) sono stati chiamati in causa. La componente genetica è tuttavia strettamente correlata all’esposizione ambientale. L’asma è frequentemente associata con altre malattie su base allergica, in particolare con la rinite allergica con la quale condivide fattori fisiopatologici e biologici. L’atopia è considerata il singolo fattore più importante per lo sviluppo del fenomeno asmatico. La rinite allergica spesso precede la comparsa dell’asma e può essere responsabile di un peggior controllo della stessa. La preesistenza di ipereattività delle vie aeree è anch’essa un fattore che predispone allo sviluppo di asma.

Il ruolo del sesso nel favorire la comparsa di asma è controverso: la prevalenza dell’asma è maggiore nel maschio in età infantile e maggiore nella femmina in età adulta; ciò può essere dovuto a fattori anatomici o a fattori ormonali, come suggerito anche dal frequente peggioramento dell’asma nella donna in relazione al ciclo mestruale e alla gravidanza. La relazione tra l’appartenenza ad un determinato gruppo etnico e la prevalenza dell’asma non è del tutto chiara anche se l’asma sembra più frequente in alcune etnie, come negli afroamericani, mentre sembra meno frequente negli asiatici.

La relazione tra asma e obesità è stata messa in risalto soprattutto negli ultimi anni in seguito all’evidenza che nei soggetti obesi l’incidenza di asma è maggiore ed inoltre in questi soggetti la malattia asmatica è di più difficile controllo. È stato visto che la perdita di peso nei soggetti obesi migliora sia la funzione polmonare che i sintomi di asma. L’obesità può influenzare direttamente il fenotipo dell’asma ma può essere legata all’asma anche tramite

(12)

12

un meccanismo di interazione genetica con fattori ambientali quali attività fisica-dieta.

I fattori esterni sono quelli, che in soggetti predisposti, provocano l’insorgenza di malattia. Tra questi, gli allergeni ambientali sono sicuramente importanti. Tra gli allergeni domestici e degli ambienti esterni l’importanza dei pollini è cresciuta in relazione alla loro distribuzione geografica e le modificazioni apportate dai fattori climatici. Rimane tuttavia una considerevole percentuale di asmatici, in particolare adulti, in cui non si riesce a dimostrare una sensibilizzazione allergica ad allergeni noti.

L’esposizione al fumo di tabacco e agli inquinanti atmosferici è un fattore di rischio accertato per lo sviluppo di asma. L’inquinamento atmosferico aumenta la probabilità di sensibilizzazione ad allergeni, ed il fumo è responsabile di alterazioni immunitarie che possono favorire la comparsa di asma. L’esposizione professionale ad agenti sensibilizzanti può indurre asma con vari meccanismi, a seconda delle caratteristiche chimico fisiche della sostanza (peso molecolare, volatilità del composto); si stima che fino al 15% dei casi di asma dell’adulto abbiano una origine professionale. Anche in molti casi di asma da comuni allergeni, le infezioni respiratorie rappresentano spesso il momento iniziale dell’asma, inducendo importanti alterazioni a carico delle cellule residenti delle vie aeree che possono favorire la comparsa e la persistenza delle alterazioni funzionali dell’asma. Fattori di rischio di più difficile valutazione sono i fattori socioeconomici e l’alimentazione, che negli ultimi anni sembrano avere assunto maggiore rilevanza nelle manifestazioni della malattia asmatica, anche in relazione alle mutate abitudini di vita dei paesi occidentali, Italia compresa. Le migliori condizioni igieniche e la riduzione delle dimensioni del nucleo familiare comportano una minore esposizione ad antigeni di origine batterica o animale nei primi anni di vita, sembra che ciò possa ridurre l’esposizione a fattori che stimolano un modello di infiammazione tipo Th1, associato ad una produzione di citochine diverse

(13)

13

da quelle coinvolte nella reazione allergica, indirizzando quindi la cellula progenitrice verso una reazione di tipo Th2, con la produzione di citochine tipiche dell’infiammazione allergica. I fattori socioeconomici sono stati recentemente messi in relazione al diverso tipo di asma, dimostrando che l’asma non allergico è più frequente nei livelli socioeconomici più bassi.

Fattori protettivi dall’insorgenza di asma bronchiale sono: contatto con animali nelle prime fasi di vita,in soggetti senza precedente sensibilizzazione a quell’allergene; inalazione di endotossine nelle prime fasi della vita, in soggetti non precedentemente affetti da asma; dieta ricca di acidi grassi omega-3; dieta ricca di antiossidanti, frutta e verdura.

In base ai fattori eziologici che determinano l’insorgenza di malattia asmatica questa può essere classificata in: asma allergico o estrinseco, asma intrinseco o non allergico, asma da esercizio fisico o da sforzo, asma da aspirina e derivati, asma professionale.

Patogenesi

L’asma è il risultato di uno stato sub-acuto persistente di infiammazione delle vie aeree. Le caratteristiche fisiologiche e cliniche dell’asma sono il risultato di una interazione fra le cellule infiammatorie, i mediatori dell’infiammazione e le citochine a livello della superficie epiteliale. Le cellule che rivestono un ruolo importante nella risposta infiammatoria sono i mastociti, gli eosinofili, i linfociti e le cellule epiteliali. Ciascuno di questi tipi cellulari può produrre mediatori e citochine che scatenano e amplificano sia l’infiammazione acuta e sia le alterazioni a lungo termine. Il rilascio di mediatori causa un’intesa, immediata reazione infiammatoria che determina la comparsa di bronco costrizione, congestione vasale, formazione di edema, aumento della produzione di muco e compromissione del trasporto muco-ciliare. L’epitelio delle vie aeree costituisce il bersaglio del processo infiammatorio e a sua volta

(14)

14

contribuisce al suo mantenimento. L’epitelio respiratorio e la sottomucosa contengono cellule dendritiche che catturano e processano l’antigene, dopo aver captato un immunogeno, queste cellule migrano verso i linfonodi locali dove presentano il materiale alle cellule T. In ambiente genetico appropriato l’interazione tra l’antigene e una cellula Th0 in presenza di IL-4 porta alla differenziazione della cellula nel sottotipo Th2. I linfociti Th2 orientano la produzione degli anticorpi dei linfociti B che passano dalla produzione di IgG a quella di IgE. Il legame crociato delle IgE ai mastociti dà inizio ad una serie di eventi biochimici che risultano nella secrezione non-citotossica di mediatori derivati da granuli quali l’istamina, gli enzimi proteolitici e glicolitici e l’eparina, e nella generazione di mediatori di nuova formazione, tra cui la prostaglandina PGD2, il leucotriene C424, l’adenosina e le sostanze reattive dell’ossigeno25. Insieme, questi mediatori inducono la contrazione della muscolatura liscia delle vie aeree e stimolano nervi afferenti, l’ipersecrezione di muco, la vasodilatazione e lo stravaso proteico a livello microvascolare.

(15)

15

I meccanismi fisiopatologici che sono alla base della malattia asmatica sono: infiammazione delle vie aeree, disfunzione del muscolo liscio, rimodellamento strutturale, interazione vie aeree - parenchima.

L’infiammazione bronchiale è ritenuta responsabile delle alterazioni morfostrutturali delle vie aeree, che a loro volta determinano le alterazioni funzionali tipiche dell’asma (ostruzione bronchiale ed ipereattività bronchiale). Tuttavia la relazione che lega l’infiammazione bronchiale ai diversi fenomeni osservabili nell’asma, in particolare la disfunzione del muscolo liscio bronchiale e il rimodellamento delle vie aeree, è complessa.

Il muscolo liscio bronchiale dell’asmatico presenta delle alterazioni funzionali e strutturali importanti, è capace di contribuire all’infiammazione bronchiale attraverso la produzione di citochine e chemochine, suggerendo un’ interazione tra cellule infiammatorie e muscolo liscio nell’origine dell’asma. Le cellule muscolari lisce sono anche in grado di modificare la composizione del microambiente della matrice extracellulare amorfa e di dirigere eventi chiave nel rimodellamento delle vie aeree.

L’ipereattività bronchiale è una componente importante delle alterazioni fisiopatologiche dell’asma, ed è causata da vari fattori, tra i quali l’infiammazione bronchiale riveste indubbiamente un ruolo di particolare importanza ma non esclusivo. In particolare l’infiammazione bronchiale è responsabile della componente transitoria e variabile, in tempi relativamente breve, dell’ipereattività, mentre le alterazioni strutturali ( sia la disfunzione del muscolo liscio che le alterazioni della geometria delle vie aree conseguente al rimodellamento) sembrano essere i principali determinanti dell’ipereattività persistente.

Diagnosi

La diagnosi di asma bronchiale non può prescindere da un esame clinico dettagliato in tutte le sue parti, a partire dall’anamnesi familiare fino all’esame

(16)

16

obiettivo. La storia clinica ci permette di ottenere informazioni sui sintomi suggestivi di asma che sono : dispnea accessionale e/o variabile, respiro sibilante, tosse con scarso espettorato chiaro, sensazione di costrizione toracica. La combinazione di questi sintomi, in particolare con l’identificazione di fattori scatenanti tipici (sforzo fisico, iperventilazione, esposizione ad inquinanti ambientali o ad allergeni, infezioni delle vie aeree) o dei fattori di rischio ( atopia, familiarità) porta facilmente al sospetto di asma. Il sospetto diagnostico va sempre confermato attraverso la dimostrazione della presenza di ostruzione bronchiale reversibile e/o variabile nel tempo. La spirometria è pertanto un esame essenziale per confermare il sospetto clinico. I criteri per la definizione di ostruzione bronchiale sono standardizzati e si basano sulla riduzione del rapporto VEMS/CVF (in percento del valore predetto) al di sotto dell’intervallo di confidenza dei soggetti normali in base all’età che è 88% per il maschio e 89% nelle femmine. Se la spirometria evidenzia la presenza di ostruzione bronchiale il paziente dovrebbe essere sottoposto al test di reversibilità che si effettua somministrando salbutamolo per via inalatoria in 4 dosi successive da 100 mcg via MDI con spaziatore e ripetendo la spirometria dopo 15 minuti. Un aumento di FEV1 e/o FVC

>12% e > 200 ml rispetto al basale costituisce una risposta positiva. Il test è poco sensibile perché molti soggetti con asma non presentano reversibilità, particolarmente quelli già in trattamento. Il test non consente una distinzione sicura tra asma e BPCO, ma aumenta la probabilità diagnostica. Se il paziente viene invece osservato in una fase intercritica, in cui spesso non è dimostrabile la presenza di ostruzione bronchiale e il test con broncodilatatore è negativo è possibile porre diagnosi di asma mediante test di provocazione bronchiale con metacolina, allo scopo di documentare la presenza di ipereattività bronchiale. Un test negativo è utile per escludere la diagnosi di asma in soggetti con spirometria normale e sintomi simili all’asma. Un test positivo è tanto più utile per confermare la diagnosi di asma quanto maggiore è la probabilità clinica (sintomi e prevalenza della malattia).

(17)

17

Altre indagini possono essere effettuate per la ricerca dei fattori di rischio per asma, tra queste sicuramente ha un ruolo importante la valutazione allergologica attraverso lo skin prick test come indagine di primo livello utilizzando estratti allergenici standardizzati, e il dosaggio delle IgE sieriche come indagine di secondo livello. Si deve valutare inoltre la presenza di rinite o rinosinusite; reflusso gatro-esofageo; la presenza di intolleranza all’aspirina, conservanti alimentari e rischi professionali.

(18)

18 ALGORITMO DIAGNOSTICO

Figura 4. Algoritmo diagnostico

Biomarcatori

Negli ultimi anni hanno assunto un ruolo sempre crescente nel processo diagnostico dell’asma bronchiale metodi che permettono una valutazione dell’infiammazione bronchiale attraverso metodiche poco invasive che sono: 1) la misurazione di marcatori dell’infiammazione nell’espettorato spontaneo e indotto; 2) la concentrazione di ossido nitrico nell’aria espirata.

(19)

19

FENO viene considerato un marker surrogato di infiammazione eosinofila delle vie aeree, può essere utile per confermare la diagnosi di asma

e per predire una risposta positiva agli steroidi.

Il monitoraggio di FENO permette di valutare se l’asma è ben controllata

soprattutto nei pazienti steroido-naive ed in coloro che sono in trattamento con dosaggi di CS inalatori medio-bassi. Valori di FENO <25-30 ppb si associano di norma ad un buon controllo di malattia. Il monitoraggio di FENO può aiutare

a predire le riacutizzazioni in pazienti controllati dalla terapia in cui gli steroidi vengono ridotti o sospesi. La misura del FENO può essere effettuata con due metodi: espirazione diretta in un analizzatore, con questa metodica la determinazione analitica dell’aria espirata è eseguita in tempo reale rispetto al campionamento; raccolta in apposito contenitore di un campione di aria espirata e successive analisi di laboratorio, in questo caso la determinazione analitica dell’aria espirata non è eseguita in tempo reale rispetto al campionamento. Tra i fattori che influenzano la misura dell’NO nell’aria espirata, ci sono fonti esterne di NO come l’aria ambientale, i batteri delle vie aeree che possono influenzare la velocità di produzione di FENO nel polmone, il fumo di sigaretta oppure i livelli di inquinamento atmosferico. Nei bambini la concentrazione di FENO aumenta con l’età e nelle donne è più bassa rispetto agli uomini. È stato osservato un aumento della concentrazione di FENO durante la stagione primaverile e dopo un challenge con allergene in soggetti atopici, mentre una riduzione significativa, si osserva quando si riduce l’esposizione all’allergene. L’aumento dell’NO nell’espirato in soggetti asmatici sembra originarsi dalle vie aeree inferiori ed è in rapporto all’infiammazione eosinofilica a carico delle vie aeree. Inoltre, aumentati livelli di NO possono riflettere esacerbazioni di asma ed essere in rapporto alla gravità di malattia. Dopo la somministrazione di glucocorticosteroidi i livelli di FENO diminuiscono ma solo nei pazienti asmatici, dato che questi farmaci bloccano esclusivamente la NOS inducibile. La diminuzione di FENO dopo

(20)

20

con gli antileucotrieni , in particolare il montelukast, si è dimostrato capace di ridurre i livelli di FENO.

La metodica dell’espettorato indotto permette di differenziare due diversi fenotipi di asma: eosinofilico e neutrofilico. L’eosinofilia nell’espettorato permette di valutare il controllo dell’infiammazione bronchiale nell’asma, di predire la perdita di controllo dell’asma e di predire la risposta a breve termine alla terapia con corticosteroidi inalatori. La neutrofilia nell’espettorato può essere osservata in alcuni particolari condizioni: riacutizzazioni asmatiche (specie quelle a rapida insorgenza), asma grave, esposizione a endotossine, inquinanti atmosferici, agenti professionali. Il paziente asmatico a meno che non sia in fase sintomatica o di riacutizzazione non produce spontaneamente espettorato; in questi casi l’espettorato può essere ottenuto in una elevata percentuale di soggetti mediante l’inalazione di una soluzione salina ipertonica. Sul materiale raccolto possono essere misurate sia cellule infiammatorie che i mediatori solubili dell’infiammazione. La ripetibilità della metodica è buona, sia per la componente cellulare che per i vari mediatori solubili misurabili nel supernatante. L’inalazione di soluzione salina ipertonica costituisce uno stimolo broncocostrittore per le vie aeree dei pazienti asmatici, ma un adeguato pre-trattamento con broncodilatatori riduce marcatamente la frequenza e l’entità di tale broncocostrizione. La misurazione dei marcatori di infiammazione nell’espettorato indotto consente di distinguere soggetti asmatici dai soggetti normali meglio di quanto sia consentito dall’analisi degli stessi marcatori del sangue. I risultati ottenibili mediante l’analisi dell’espettorato indotto sembrano riflettere da vicino le condizioni cliniche del paziente asmatico, in quanto si osserva una buona correlazione tra i livelli di marcatori di infiammazione presenti nell’espettorato e i dati clinici e funzionali. I livelli di eosinofili e di ECP nell’espettorato aumentano con l’aumentare della gravità della malattia anche se esistono ampie sovrapposizioni tra i diversi livelli di gravità; in particolare nella stessa classe

(21)

21

di gravità clinica esistono soggetti con normali livelli di eosinofili nell’espettorato e soggetti con un importante eosinofilia. Poiché è stato ampiamente dimostrato che la correlazione tra indici clinico-funzionali dell’asma e grado di infiammazione bronchiale, misurato con metodi diversi, è modesta o addirittura assente, l’eosinofilia nell’espettorato può fornire informazioni aggiuntive non derivabili dai dati clinici e funzionali, che potrebbe avere importanza nel caratterizzare il paziente ai fini diagnostici e prognostici. L’analisi dell’espettorato indotto si è dimostrata utile nella valutazione dell’effetto della terapia antiinfiammatoria sia in pazienti asmatici non precedentemente trattati con steroidi sia in corso di esacerbazione della malattia. Nel prima caso, l’eosinofilia nell’espettorato si riduce con il trattamento con corticosteroidi inalatori e non i con i soli bronco dilatatori a lunga durata d’azione. In corso di riacutizzazione asmatica l’eosinofilia nell’espettorato è in genere importante e si riduce sostanzialmente dopo trattamento con corticosteroidi orali, ed il miglioramento nell’eosinofilia è correlato al miglioramento della funzione respiratoria. L’utilizzo dell’eosinofilia nell’espettorato come obiettivo del trattamento, ha dimostrato che una strategia terapeutica che miri a normalizzare non solo i dati clinici e funzionali ma anche l’eosinofilia nell’espettorato si traduce in un maggior controllo delle riacutizzazioni. Un’importante osservazione ricavante dall’analisi dell’espettorato indotto è rappresentata dall’assenza di eosinofili in alcuni soggetti asmatici. Tale reperto può consentire di distinguere sottogruppi di pazienti asmatici in modo da interpretare meglio alcuni aspetti quali ad esempio la risposta alla terapia antinfiammatoria. È stato infatti dimostrato che i pazienti sintomatici con bassi livelli di eosinofili nell’espettorato non mostrano alcun miglioramento dopo la terapia con corticosteroidi inalatori, almeno a breve termine, e che l’entità del miglioramento della funzione respiratoria dopo terapia dipende dal livello di eosinofili nell’espettorato.

(22)

22 Classificazione e gravità

Il monitoraggio della gravità dell’asma viene effettuato mediante la segnalazione dei sintomi da parte del paziente e la misura della funzionalità respiratoria. La valutazione della gravità si basa sulla combinazione tra frequenza dei sintomi notturni e diurni, uso di farmaco al bisogno, limitazione della vita quotidiana. La spirometria e qualora non sia possibile, il controllo del picco di flusso espiratorio, sono utilizzati per controllare periodicamente i pazienti,valutare la gravità dell’ostruzione, valutare la risposta al trattamento. Nei pazienti con scarsa percezione dei sintomi è utile il controllo domiciliare del PEF da misurare giornalmente riportando i valori su un diario, questo permette di valutare la gravità della malattia ed evidenziare i peggioramenti e può guidare all’uso di un sistema a zone per l’autogestione dell’asma. Di fronte a riacutizzazioni gravi è utile anche effettuare una emogasanalisi che mediante la valutazione della PO2 e della PCO2 permette di evidenziare la

gravità dell’insufficienza respiratoria. Attualmente né il dosaggio dell’ossido nitrico nell’aria espirata e né la ricerca di eosinofili nell’espettorato indotto vengono impiegati nel monitoraggio della malattia asmatica.

L’esatta definizione del livello di gravità dell’asma è essenziale per decidere l’iniziale approccio terapeutico. Tale valutazione comprende un’attenta ricostruzione anamnestica sulla frequenza e l’entità dei sintomi diurni e notturni, l’uso addizionale del farmaco d’emergenza, la frequenza delle riacutizzazioni e livello di compromissione della funzionalità respiratoria espressa sia come riduzione del VEMS che come variabilità intra e inter giornaliera di variabilità del PEF. I livelli di gravità sono divisi in: 1) intermittente; 2) lieve persistente; 3) moderato persistente; 4) grave persistente.

(23)

23

Figura 5. Classificazione di gravità

L’asma intermittente comprende 2 quadri differenti: 1) sintomi sporadici per lunghi periodi di tempo; 2) episodi o periodi sintomatici anche rilevanti e prolungati intervallati da lunghi periodi di remissione. L’asma intermittente o episodico può essere indotto da vari fattori (esercizio fisico, contatto non continuativo con allergeni, ecc.) ed insorge soprattutto nell’infanzia, e può rimanere tale nel tempo. Frequentemente richiede terapia al bisogno o per brevi periodi. Talora l’intensità degli episodi asmatici, la loro frequenza e prevedibilità può richiedere un trattamento regolare (infezioni virali nel bambino e asma indotto dall’esercizio fisico). Anche in caso di asma lieve sono possibili riacutizzazioni gravi. Il rischio è maggiore in caso di precedenti attacchi acuti con pericolo di vita o di frequente ricorso al pronto soccorso. Nei pazienti con asma intermittente le prove di funzionalità respiratorie cono in genere nella norma, il FEV1 è maggiore dell’80% del predetto e il PEF ha una variabilità inferiore al 20%. Nell’asma lieve persistente i sintomi si presentano più di una volta a settimana ma non più di una volta al giorno, i sintomi notturni sono presenti per più di due volte al mese, il FEV1 è maggiore dell’80% del predetto mentre il PEF ha una variabilità tra il 20 e il

(24)

24

30%. Nell’asma moderato persistente il paziente riferisce attacchi quotidiani che limitano le normali attività , i sintomi notturni si presentano più di una volta a settimana, il FEV1 è tra il 60 e l’80% del predetto e il PEF ha una variabilità maggiore del 30%. Nell’asma grave persistente i sintomi di asma sono continui con una forte limitazione dell’attività quotidiana i sintomi notturni sono frequenti, il FEV1 è minore del 60% del predetto e il PEF ha una variabilità maggiore del 30%.

La classificazione di gravità vale per i soggetti non in trattamento regolare, spesso alla prima osservazione. In rapporto alla variabilità della storia naturale dell’asma la gravità della malattia può modificarsi rapidamente nel tempo, specialmente tra le diverse classi di asma persistente. La gravità dell’asma alla prima osservazione non predice la risposta alla terapia farmacologica. L’obiettivo principale del trattamento è ottenere il “controllo” dell’asma. Tale indice composito include tutte le principali misure cliniche e funzionali, ed è realisticamente raggiungibile in una alta percentuale di pazienti. Il solo controllo delle riacutizzazioni, senza tener conto dei sintomi quotidiani e del livello di funzione polmonare,però non è sufficiente. La rivalutazione periodica dell’ottenuto controllo permette di adeguare la terapia sia in step-up che in step-down.

(25)

25

Figura 6. Livelli di controllo dell’asma

L’obiettivo che si deve porre il trattamento di un paziente asmatico sono: nessun (o minimi) sintomo/i cronico/i; nessuna (o al massimo rare) riacutizzazione/i; nessuna visita d’emergenza o ricovero per l’asma; nessuno (o minimo) bisogno di uso addizionale di ß2-agonisti per il sollievo dei sintomi; nessuna limitazione nelle attività della vita quotidiana, compreso l’esercizio fisico; variazione giornaliera del PEF minore del 20%; funzione polmonare normale (o al meglio del possibile); nessuno (o minimi) effetto/i collaterale/i dei farmaci.

La decisione di iniziare un trattamento regolare dipende dalla gravità dell’asma al momento della prima osservazione e dalla frequenza e gravità delle riacutizzazioni. Un approccio progressivo a “step” alla terapia farmacologica è consigliato, scegliendo le opzioni migliori (per quel paziente) all’interno dello step prescelto sulla base della gravità. L’adeguamento della terapia nel tempo si deve basare sul raggiungimento del controllo dell’asma, e prevede variazioni di trattamento tra step (sia in step-up che in step-down) o all’interno dello stesso step. Lo scopo è di raggiungere gli obiettivi della

(26)

26

terapia con la minore quantità possibile di farmaci e con gli schemi terapeutici più semplici.

Terapia

I farmaci per il controllo dell’asma si distinguono in farmaci maggiori, indicati per la grande maggioranza dei soggetti asmatici, e farmaci indicati in particolari sottogruppi di pazienti asmatici. Il cardine della terapia dell’asma è basata sui corticosteroidi inalatori, i quali hanno dimostrato ampiamente la capacità di migliorare tutti gli aspetti della malattia: dai sintomi e dalle alterazioni funzionali, alla riduzione delle riacutizzazioni e al miglioramento della qualità della vita, fino al miglioramento degli indici diretti e indiretti di infiammazione bronchiale. La loro azione è di tipo antinfiammatorio, diminuiscono la formazione di citochine prodotte dalle cellule Th2, che reclutano e attivano gli eosinofili e sono responsabili dell’aumento della produzione di IgE e dell’espressione dei recettori per le IgE. Inoltre grazie alla promozione della sintesi di lipocortina, possono inibire la produzione di spasmogeni come LCT4 e LTD4 e diminuire la sintesi delle chemotassine dei leucociti e il fattore attivante le piastrine, riducendo quindi il reclutamento e l’attivazione delle cellule infiammatorie. L’unico punto ancora non dimostrato è la capacità di questi farmaci di modificare la storia naturale della malattia. Nonostante sia ben dimostrato che questi farmaci modificano l’infiammazione bronchiale e talora anche migliorano i segni di rimodellamento delle vie aeree questo effetto non si traduce nella “guarigione” dalla malattia; questa ricompare frequentemente alla cessazione della terapia anche dopo lunghi periodi di remissione.

(27)

27

Figura 7. Terapia farmacologica

Gli altri farmaci di fondo sono rappresentati dai β2-agonisti a lunga durata d’azione e dagli antileucotrieni. I β2-agonisti agiscono direttamente sui

recettori β2-adrenergici posti sulla muscolatura liscia determinandone il rilasciamento. Inibiscono anche il rilascio dei mediatori dei mastociti e il rilascio dai monociti di TNF-α uno dei principali mediatori dell’infiammazione. Possono anche inibire il tono vagale e, per mezzo di una azione sulle ciglia, aumentare l’eliminazione del muco. Gli antagonisti del recettore dei cistenil-leucotrieni prevengono l’asma derivata dall’aspirina, prevengono l’asma da sforzo e riducono le risposte precoci e tardive agli allergeni inalati. La loro azione è additiva a quella degli antagonisti dei recettori β2-adrenergici. Riducono anche il contenuto di eosinofili nello

sputum, ma fino ad oggi non si sono ottenute chiare evidenze della loro capacità di modificare il processo infiammatorio alla base dell’asma cronica. Queste due categorie di farmaci rappresentano una importante categoria aggiuntiva ai corticosteroidi inalatori, quando questi non sono in grado di mantenere da soli il controllo dell’asma. Mentre i β2-agonisti a lunga durata

(28)

28

d’azione non raccomandati per uso regolare in monoterapia, in quanto determinano una perdita di controllo dell’asma e un rischio di un numero maggiore di riacutizzazioni, gli antileucotrieni possono essere usati in monoterapia, in alternativa ai corticosteroidi inalatori a basso dosaggio, in quanto capaci di controllare sintomi e riacutizzazioni, pur avendo in generale una efficacia minore rispetto a questi ultimi.

Queste due categorie di farmaci hanno un ruolo importante nella terapia di associazione con corticosteroidi inalatori, allo scopo di migliorare l’efficacia della terapia e contemporaneamente permettendo una riduzione della dose di corticosteroidi inalatori. I vantaggi della combinazione β2-agonisti a lunga

durata d’azione corticosteroidi inalatori sono molteplici. Innanzitutto le due componenti dell’associazione agiscono su aspetti differenti ma complementari della malattia: mentre i corticosteroidi inalatori agiscono sui meccanismi fisiopatologici dell’infiammazione che sono responsabili delle alterazioni funzionali i β2-agonisti a lunga durata d’azione agiscono sugli effetti che il

processo infiammatorio ha determinato sulle strutture della parete bronchiale. È stato dimostrato anche un effetto sinergico tra i due componenti, nel senso che i corticosteroidi inalatori migliorano l’espressione e l’attività dei beta-recettori, e i β2-agonisti a lunga durata d’azione migliora l’effetto dei corticosteroidi su vari meccanismi biologici, potenziando l’effetto antinfiammatorio dei corticosteroidi inalatori. La combinazione con corticosteroidi inalatori riduce drasticamente il fenomeno della tolleranza ai β2-agonisti che si manifesta quando questi vengono usati in monoterapia.

Altre categorie di farmaci sono utilizzate in un sottogruppo di pazienti asmatici sono gli anticorpi monoclonali diretti contro le IgE che rappresentano il primo esempio di un intervento su un target molto specifico dell’asma. Pur essendosi dimostrato efficace in diversi livelli di gravità dell’asma e anche nella rinite allergica, il costo elevato del trattamento è indicato nei soggetti con asma grave e quelli che non risultano controllati da alte dosi di corticosteroidi

(29)

29

inalatori associati a β2-agonisti o altri farmaci. Gli anticorpi monoclonali anti- IgE hanno dimostrato una elevata capacità di ridurre la frequenza e la gravità delle riacutizzazioni con notevole riduzione del consumo di risorse sanitarie e netto miglioramento della qualità di vita in questo gruppo di pazienti.

Gli steroidi orali sono sconsigliati per uso regolare in quanto associati ad elevata frequenza di effetti collaterali, soprattutto a carico del sistema muscolo-scheletrico e cutaneo, e dovrebbero essere limitati solo a quei casi che non riescono ad essere controllati con tutta la restante terapia a disposizione.

La teofillina presenta un’azione broncodilatatrice, il suo effetto rilasciante sulla muscolatura liscia è stato attribuito all’inibizione degli isoenzimi della fosfodiesterasi con il conseguente aumento dei livelli intracellulari di cAMP, ma la sua azione è inferiore a quella degli agonisti del recettore β2

-adrenergico. Viene utilizzata come farmaco di seconda scelta in aggiunta agli steroidi in pazienti in cui l’asma non risponde adeguatamente agli agonisti β2

-adrenergici. Viene somministrata endovena nell’asma severa acuta.

Oltre al trattamento regolare, quando indicato la presenza, talora occasionale, dei sintomi asmatici può richiedere l’uso di farmaci per il sollievo momentaneo dei sintomi. I β2-agonisti a rapida azione, in particolare il salbutamolo e la terbutalina, sono stati sempre utilizzati e raccomandati a i pazienti asmatici come farmaco “salvavita”.

(30)

30

Figura 8. Approccio terapeutico

La terapia dell’asma viene distinta in step progressivamente crescenti di intensità di trattamento, dallo step 1, minor livello di terapia, fino allo step 5, maggior livello di terapia. Per ogni step è prevista una opzione di prima scelta, seguita da opzioni alternative in ordine decrescente di rapporto efficacia tollerabilità.

Nei pazienti molto lievi, quelli che possono essere definiti come affetti da asma intermittente, non ci sono studi che hanno dimostrato che un trattamento regolare sia efficace nel modificare il decorso nel tempo della malattia ed impedire conseguentemente la sua cronicizzazione od aggravamento nel tempo. In questa categoria di soggetti il trattamento intermittente limitato solo ai periodi di comparsa dei sintomi da effettuarsi solo con corticosteroidi inalatori oppure associazione corticosteroidi inalatori e β2-agonisti, si è

(31)

31

riguarda la prevenzione delle gravi riacutizzazioni asmatiche o il mantenimento della funzione polmonare.

Nello step 2, la prima scelta di terapia è rappresentata dai corticosteroidi inalatori. L’uso degli antileucotrieni in monoterapia è considerata una seconda scelta. I cromoni sono attualmente considerati una terza scelta sia per la loro minore efficacia sia e per la mancanza di una dimostrata capacità di modificare gli indici di infiammazione bronchiale, sia per la scomodità delle loro utilizzazione, richiedono una somministrazione ogni 6-8 ore.

Nello step 3 il controllo dell’asma è in genere ottenibile con una terapia di combinazione. Questa opzione terapeutica si è dimostrata capace di ottenere il controllo dell’asma con basse dosi di corticosteroidi inalatori. Si ottiene un buon controllo dei sintomi, un miglioramento della funzione polmonare e una riduzione delle riacutizzazioni. La seconda scelta è l’associazione corticosteroidi inalatori e antileucotrieni questi ultimi hanno dimostrato la possibilità di essere capaci di risparmiare steroidi mantenendo un buon controllo dell’asma. Di terza scelta è l’associazione corticosteroidi inalatori e teofillina. Se nessuna delle terapie precedenti è in grado di controllare i sintomi della malattia si passa alla somministrazione di corticosteroidi a dose medio alta.

Lo step 4 di terapia considera come prima scelta la combinazione β2-agonisti corticosteroidi inalatori a dosi medie. L’alternativa più importante è rappresentata dall’aggiunta di antileucotrieni. Si può aggiungere anche la teofillina.

Nei pazienti con asma più grave è necessario utilizzare tutte le armi terapeutiche possibili per cercare di ottener il miglior controllo possibile della malattia. In questi pazienti è necessario utilizzare la combinazione corticosteroidi inalatori ad alte dosi e β2-agonisti a lunga durata d’azione, aggiungendo spesso gli altri farmaci in ordine di relativa maggiore utilità. I

(32)

32

corticosteroidi orali dovrebbero essere aggiunti per ultimi alla terapia regolare e solo dopo aver ottimizzato tutta la restante terapia farmacologica, a causa del rischio degli importanti effetti collaterali possibili a lungo termine.

La variazioni della terapia in aumento o in riduzione vanno effettuate in base al grado di controllo dell’asma. Mentre lo step-up va effettuato immediatamente appena documentato l’insufficiente controllo dell’asma, lo step-down è consigliato solo se il controllo è mantenuto a lungo, almeno 3-6 mesi, considerando che gli effetti del trattamento possono evidenziarsi a pieno dopo lunghi periodi di trattamento regolare, e considerando che la eccessiva riduzione o addirittura la sospensione della terapia porta frequentemente alla ricomparsa dei sintomi e alla perdita di controllo.

(33)

33

USO DEI BIOMARCATORI NELLA GESTIONE

DELL’ASMA

Poiché l’asma è definita come una malattia in cui il processo infiammatorio delle vie aeree sta alla base delle manifestazioni cliniche della malattia, ne deriva che la misurazione del tipo e del grado di infiammazione bronchiale potrebbe essere utile alla valutazione della malattia. Da quando le recenti conoscenze hanno evidenziato il ruolo chiave dell’infiammazione nella patogenesi della malattia, sono effettuati numerosi tentativi per studiare l’infiammazione bronchiale nell’asma. Lo sviluppo di metodiche non invasive ha permesso lo studio di questo particolare aspetto, fornendo informazioni importanti per la comprensione dei meccanismi che stanno alla base di questa patologia.

In particolare sono stati presi come parametri della valutazione dell’infiammazione bronchiale: la ipereattività bronchiale, l’ossido nitrico (NO) nell’aria espirata e gli eosinofili nell’espettorato indotto. Alcuni autori hanno poi studiato la possibilità di usare questi marcatori nella pratica clinica ponendo come obiettivo della terapia non solo il miglioramento delle condizioni cliniche del paziente e della funzione polmonare, ma anche la riduzione dell’infiammazione bronchiale misurata attraverso queste metodiche. L’obiettivo è quello di capire se riducendo l’infiammazione bronchiale si ottiene un miglior controllo della malattia asmatica. Purtroppo gli studi fino ad ora effettuati hanno ottenuto risultati contrastanti e non ci permettono di utilizzare i marcatori dell’infiammazione come parametri validi nella pratica clinica.

(34)

34

Sont si è posto come obiettivo quello di migliorare il controllo clinico dell’asma utilizzando l’ipereattività bronchiale come ulteriore guida, oltre ai sintomi e alla funzione polmonare, nel trattamento dell’asma a lungo termine. Per fare ciò sono stati selezionati 75 adulti con diagnosi di asma lieve e moderato, e sono state eseguite visite periodiche ogni 3 mesi per due anni; ad ogni visita è stato valutato il FEV1 ed è stato effettuato il test alla metacolina per valutare l’ipereattività bronchiale, e nel periodo che intercorrente tra una visita e l’altra è stato fatto compilare un diario dove venivano appuntati i sintomi, la necessità di utilizzare β2 agonisti e la misura del picco di flusso. La terapia con corticosteroidi è stata regolata con un approccio a step in base al grado di ipereattività ottenuto con il test alla metacolina. Inoltre, all’ingresso nello studio e dopo due anni è stata effettuata biopsia bronchiale mediante broncoscopia con fibroscopio. I pazienti trattati in base alla valutazione dell’ipereattività bronchiale hanno avuto un numero di riacutizzazioni minore rispetto al gruppo di controllo. Anche il FEV1 è migliorato in misura maggiore

nei pazienti trattati in base alla valutazione dell’ipereattività bronchiale rispetto al gruppo di controllo. Alla biopsia bronchiale i pazienti del primo gruppo hanno evidenziato inoltre una riduzione dello strato reticolo subepiteliale rispetto al gruppo di controllo. In conclusione la valutazione dell’ipereattività bronchiale, insieme al controllo dei sintomi e della funzione polmonare, determina un miglior controllo della malattia asmatica. Ciò implica un ruolo per il monitoraggio dell’ipereattività bronchiale o di altri marcatori dell’infiammazione nella gestione a lungo termine dell’asma.

(35)

35

Figura 9

Smith invece ha preso come parametro di riferimento l’NO nell’aria espirata, oltre ai sintomi e alla funzione polmonare, come alternativa per l’adeguamento della terapia con corticosteroidi inalatori. Sono stati studiati 97 pazienti con asma che ricevevano terapia con corticosteroidi inalatori; la dose di corticosteroidi è stata regolata in step in base alla valutazione dell’NO nell’aria espirata, oppure con un algoritmo basato sulle linee guida e valutando solo il controllo clinico e funzionale. Dopo che la dose ottimale di corticosteroidi è stata determinata, i pazienti sono stati controllati per 12 mesi. Sono state poi valutate la frequenza delle riacutizzazioni nei due gruppi e la dose quotidiana di corticosteroidi. Alla fine del periodo di studio è stato osservato che la dose giornaliera di corticosteroidi inalatori nei pazienti in cui veniva valutato anche l’NO era di 370 µg/die, mentre nel gruppo trattato secondo le linee guida era di 640 µg/die . Il tasso di riacutizzazioni era di 0.49 episodi per paziente nel gruppo in cui veniva valutato l’NO e di 0.90 per paziente nel gruppo di controllo, che però non rappresenta una riduzione significativa. Non c’erano differenze significative negli altri marker del controllo dell’asma, uso di prednisone per via orale, funzione polmonare e

(36)

36

livelli di infiammazione polmonare misurata con la conta degli eosinofili nell’espettorato indotto. In conclusione l’utilizzo della valutazione dell’NO permette di utilizzare dosi di corticosteroidi inalatori più basse ma non influenza significativamente il controllo dell’asma.

(37)

37

Anche Shaw nel suo studio ha valutato l’utilizzo dell’NO nell’aria espirata per titolare la dose di corticosteroidi inalatori, per valutare il numero di esacerbazioni e la dose di corticosteroidi inalatori necessaria a controllare la malattia, rispetto al gruppo trattato secondo le linee guida. Centodiciotto pazienti sono stati divisi in due gruppi in terapia con corticosteroidi basata: sulla misurazione dell’NO per 58 pazienti, e sulle linee guida per 60 pazienti. I pazienti venivano valutati mensilmente per i primi 4 mesi e poi ogni due mesi per i restanti otto mesi. La media stimata della frequenza di riacutizzazioni è stata dello 0.33 per paziente per anno nel gruppo in trattamento valutando l’NO e dello 0.42 nel gruppo di controllo. In conclusione la strategia di trattamento dell’asma basandosi sull’NO nell’aria espirata non determina un significativa riduzione delle riacutizzazioni e nella somma totale del corticosteroide inalatorio somministrato nei 12 mesi di studio rispetto all’utilizzo delle linee guida.

Figure 4. Cumulative exacerbations in the control (dotted

line) and FENO (solid line) groups.

(38)

38

Green ha valutato invece i livelli di eosinofili nell’espettorato come obiettivo della terapia rispetto all’utilizzo, in base alle linee guida, solo dei sintomi e delle funzionalità polmonare. Sono stati reclutati 74 pazienti di cui un gruppo è stato trattato valutando gli eosinofili nell’espettorato e un gruppo invece è stato trattato secondo le linee guida. I pazienti sono stati sottoposto a nove visite in 12 mesi. L’obiettivo dello studio era quello di valutare il numero di riacutizzazioni misurando l’eosinofilia nell’espettorato. La conta degli eosinofili nell’espettorato era del 63% in meno nei pazienti in cui veniva utilizzato questo parametro per il dosaggio della terapia rispetto ai pazienti in cui la terapia veniva stabilita in base alle linee guida. Nei pazienti del gruppo di studio anche il numero di riacutizzazioni era minore rispetto ai pazienti del gruppo di controllo. La dose giornaliera di corticosteroidi somministrata per via orale o per via inalatoria non era significativamente diversa nei due gruppi. In conclusione la strategia di trattamento che mira a ridurre la conta degli eosinofili nell’espettorato riduce le riacutizzazioni asmatiche senza la necessità di ulteriori trattamenti.

(39)

39

Anche Jayaram, ha valutato nel suo studio l’utilizzo dei livelli di eosinofili nell’espettorato per guidare la terapia nei pazienti con asma allo scopo di ridurre le riacutizzazioni. Nello studio sono stati osservati 117 pazienti con asma, sono stati divisi in due gruppi. In un gruppo la strategia di trattamento si basava sui sintomi e la spirometria, come previsto dalle linee guida. Nell’ altro la conta degli eosinofili nell’espettorato era usata per guidare la terapia con corticosteroidi con l’obiettivo di mantenere la conta degli eosinofili al di sotto del 2%. I sintomi e la spirometria, e la frequenza delle riacutizzazioni, venivano usati per valutare il controllo della malattia. Lo studio è diviso in due fasi nella prima fase è stata individuata la dose minima di corticosteroidi necessaria per raggiungere il controllo della malattia, nella seconda fase il trattamento è stato mantenuto per i due anni successivi. I primi risultati sono stati una riduzione del rischio di riacutizzazioni, e un allungamento del tempo tra una riacutizzazione e l’altra. Gli autori hanno anche esaminato la gravità delle riacutizzazioni e la dose cumulativa di corticosteroidi necessari per la terapia. La durata e il numero delle riacutizzazioni era simile nei due gruppi nella prima fase. Nella seconda fase ci sono state 126 riacutizzazioni di cui 79 nel gruppo sottoposto a strategia clinica e 47 nel gruppo in cui veniva controllata l’eosinofilia nell’espettorato. La maggior parte delle 126 riacutizzazioni sono state lievi. La maggior parte delle riacutizzazioni in cui la conta la conta degli eosinofili sull’espettorato è stata fatta prima di qualsiasi trattamento non sono state accompagnate da un aumento degli eosinofili nell’espettorato. Nei pazienti in cui veniva effettuata la conta degli eosinofili dell’espettorato, la prima riacutizzazione è avvenuta più tardi rispetto al gruppo di controllo, specialmente in quei pazienti in cui era richiesto trattamento con β2 agonisti a lunga durata d’azione, ed inoltre anche la dose di corticosteroidi inalatori era ridotto durante le riacutizzazioni. Questo beneficio è stato visto soprattutto in quei pazienti che necessitano di trattamento con

(40)

40

corticosteroidi inalatori in una dose giornaliera di 250 mg di fluticasone. La dose cumulativa di corticosteroidi è stata simile in entrambi i gruppi. In conclusione il monitoraggio degli eosinofili nell’espettorato ha trovato beneficio nei pazienti con asma moderato o grave riducendo il numero delle riacutizzazioni associate ad aumento degli eosinofili nell’espettorato e riducendo la severità delle riacutizzazioni sia eosinofiliche che non eosinofiliche senza aumentare la dose di corticosteroidi totale. Non ha avuto invece influenza sulla frequenza delle riacutizzazioni non eosinofiliche che sono state quelle che si sono presentate con maggiore frequenza.

Figura 13

Alla luce di questi risultati contrastanti tra di loro, resta ancora aperto il quesito sull’utilità o meno della valutazione degli indici di infiammazione nell’approccio terapeutico al paziente asmatico.

(41)

41

SCOPO DELLA TESI

Le attuali linee guida pongono come obiettivo del trattamento del paziente asmatico il miglioramento della sintomatologia e degli indici di funzione respiratoria, senza considerare i parametri che permettono di valutare il grado di infiammazione come l’ipereattività bronchiale e la concentrazione di eosinofili nell’espettorato indotto. Lo scopo di questa tesi è di valutare se si può ottenere una riduzione dell’ipereattività bronchiale aggiungendo ai parametri di valutazione della malattia stabiliti dalle linee guida internazionali la ricerca degli eosinofili nell’espettorato come indicatore del grado di infiammazione bronchiale. Ciò può servire a capire se l’iperreattività bronchiale e gli eosinofili nell’espettorato sono due parametri indipendenti oppure se ad un miglioramento dell’ipereattività bronchiale si associa una riduzione degli eosinofili nell’espettorato.

Per fare ciò sono stati presi in esame due studi condotti in tempi diversi su soggetti diversi. In entrambi gli studi sono stati arruolati soggetti con asma lieve-moderato e randomizzati per essere valutati in base agli indici clinici e funzionali (gruppo A) o in base a questi criteri più gli eosinofili nell’espettorato indotto (gruppo B). I pazienti sono stati valutati ogni mese per un periodo di sei mesi, e ad ogni visita venivano effettuate le prove di funzionalità respiratoria, il test alla metacolina, valutati i sintomi attraverso la compilazione di un diario, ed analizzato l’espettorato indotto per la ricerca degli eosinofili, allo scopo di valutare se al miglioramento della sintomatologia, e alla riduzione dell’ipereattività bronchiale si associava un minor numero di eosinofili nell’espettorato. L’incremento della terapia è stato effettuato nei due studi in maniera diversa: a) incrementando progressivamente il livello di terapia come suggerito dalle attuali Linee Guida Nazionali ed Internazionali; b) incrementando progressivamente la dose del solo corticosteroide inalatorio.

(42)

42

SOGGETTI E METODI

SOGGETI

I criteri di inclusione dei soggetti sono gli stessi per entrambi gli studi.

Per essere inseriti nello studio, i soggetti con diagnosi di asma, di grado lieve o moderato, dovevano soddisfare i seguenti criteri:

- Età compresa tra i 18 e i 60 anni

- Assenza di trattamento regolare con corticosteroidi inalatori o sistemici negli ultimi 3 mesi, e comunque nessun trattamento antinfiammatorio nell’ultimo mese

- Sintomi non quotidiani ma presenti nell’ultimo mese, come documentato dalla presenza di almeno 2 sintomi giornalieri o notturni e/o di abnorme variabilità del PEF, in almeno 2 giorni della settimana, nelle ultime due settimane di monitoraggio

- Presenza di eosinofilia (eosinofili >3% del totale delle cellule infiammatorie) nell’espettorato indotto.

I soggetti reclutati per il primo studio sono stati 27. I soggetti reclutati nel secondo studio sono stati 28.

In entrambi gli studi i soggetti sono stati divisi in due gruppi:

1. Nel gruppo A la gestione del paziente seguiva i parametri stabiliti dalle linee guida internazionali, sulla base dei sintomi e della funzione polmonare

2. Nel gruppo B la gestione del paziente seguiva i parametri stabiliti dalle linee guida internazionali, associati alla misurazione degli eosinofili nell’espettorato indotto.

(43)

43 PROTOCOLLO DI STUDIO

Tutti i pazienti che soddisfacevano ai criteri di inclusione iniziavano terapia con il trattamento iniziale previsto. Al controllo successivo (un mese) veniva valutato il grado di controllo dell’asma, nel gruppo A solo sulla base dei sintomi e della funzione respiratoria, nel gruppo B anche considerando se l’eosinofilia nell’espettorato fosse risultata nella norma. Se l’asma veniva considerato non controllato sia nel gruppo A (presenza di sintomi o riduzione della funzione polmonare) che nel gruppo B (idem e/o presenza di eosinofilia nell’espettorato), il paziente eseguiva uno step-up di terapia secondo lo schema riportato, che era differente nei due studi. Il paziente era successivamente rivalutato dopo un altro mese, con identica procedura. Lo studio era prolungato per 6 mesi, dopodiché il paziente usciva dallo studio e veniva trattato liberamente secondo la normale pratica clinica.

Il protocollo di trattamento dei pazienti del primo studio prevedeva:

1. Trattamento iniziale: Fluticasone 125 mcg bid 2. Primo step – up: Fluticasone + salmeterolo

3. Secondo step – up: Fluticasone + salmeterolo + montelukast

4. Terzo step – up: Fluticasone ad alte dosi + salmeterolo + montelukast

Il protocollo di trattamento dei pazienti del secondo studio invece prevedeva l’utilizzo di soli corticosteroidi, con aumento progressivo della dose come segue:

5. Trattamento iniziale: Fluticasone 50 mcg bid 6. Primo step – up: Fluticasone 125 mcg bid 7. Secondo step – up: Fluticasone 250 mcg bid 8. Terzo step – up: Fluticasone 500 mcg bid

(44)

44

Ogni paziente poteva inoltre usare il farmaco di emergenza (salbutamolo, 200 mcg per spray dosato) ogni volta che fosse necessario per il sollievo dei sintomi. I pazienti compilavano il diario dei sintomi e misuravano il PEF del mattino e della sera in maniera continua per tutta la durata dello studio.

I pazienti venivano osservati in ambulatorio in visite mensili per un periodo di sei mesi e ad ogni visita veniva effettuato:

- Spirometria basale - Test alla metacolina

- Esame dell’espettorato indotto

L’obiettivo primario in entrambi gli studi era il miglioramento della reattività bronchiale alla metacolina. L’ipotesi era che, se il trattamento antiasmatico era adeguato alla necessità di tenere sotto controllo non solo i sintomi e la funzione polmonare, ma anche l’infiammazione bronchiale (espressa dall’eosinofilia nell’espettorato), ciò doveva determinare un più evidente miglioramento della reattività bronchiale alla metacolina (espressa da un incremento della PD20FEV1 metacolina) rispetto al miglioramento ottenuto valutando solo sintomi e funzione polmonare. Se ciò venisse dimostrato, sarebbe un elemento a favore dell’inserimento della misurazione del grado di infiammazione bronchiale tra le misure utili per una buona gestione dell’asma.

Figura

Figura 2. Fattori di rischio
Figura 3. Patogenesi Asma
Figura 4. Algoritmo diagnostico
Figura 5. Classificazione di gravità
+7

Riferimenti

Documenti correlati

ottenuti tramite ingegneria pancreas artificiale: un dispositivo esterno, che realizza un controllo ad anello chiuso sul metabolismo del glucosio, analogamente a

Gli Autori hanno realizzato un poster sulla gestione dell’attacco acuto di asma, basato su linee guida interna- zionali, per uniformare e semplificare il lavoro del

Dalle colonie crescite si sono allestiti vetrini colorati con Gram ed isolamenti su piastre di agar sangue di cavallo(Biolife) ed incubate a 37°C per 48 ore in aerobiosi per

Nei pazienti affetti da mieloma multiplo è stato dimostrato un incremento della concentrazione sierica di DKK-1 rispetto a soggetti con MGUS; inol- tre, i pazienti con mieloma

L’insulina costituisce certamente la terapia più flessibile ed efficace nella gestione di una situazione nella quale si debba prescindere dalla dieta e dall’intervento sullo stile

I criteri di esclusione, validi per tutti i partecipanti, compren- devano: gravidanza, neoplasie, malattie infiammatorie croni- che, patologie rilevanti nei 6 mesi precedenti lo

Procedere alla raccolta di un espettorato profondo possibilmente al primo mattino, e subito dopo richiudere il coperchio.. Gli escreati salivari non sono

Sono stati analizzati gli omogenati di ventricoli di criceti dei tre gruppi mediante western blotting e questa analisi ha rivelato che la espressione di connessina 43