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Nuova metodica diagnostica nella malattia da reflusso gastroesofageo: pH-impedenziometria multicanale (pH-MII).

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Academic year: 2021

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INDICE

INTRODUZIONE pag. 2

MALATTIA DA REFLUSSO GASTROESOFAGEO pag. 3

Definizione pag. 3

Epidemiologia pag. 4

Fattori di rischio individuali ed ambientali pag. 8

Storia naturale pag. 15

MRGE non-erosiva (NERD) pag. 17

MRGE erosiva (ERD) pag. 20

Manifestazioni atipiche pag. 22

STUDIO FISIOPATOLOGICO DELLA MALATTIA DA REFLUSSO

GASTROESOFAGEO pag. 26

Manometria esofagea pag. 28

pH-metria ambulatoria delle 24 ore pag. 31

pH-impedenziometria multicanale (pH-MII) pag. 33

Monitoraggio del reflusso gastroesofageo con la pH-MII pag. 36

STUDIO CLINICO pag. 41

Scopo dello studio pag. 42

Materiali, pazienti e metodi pag. 43

Risultati pag. 49

Discussione pag. 52

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INTRODUZIONE

Il ruolo dell’acido nella fisiopatologia della malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE) è ormai uno dei dati dimostrati sperimentalmente ormai da tempo attraverso studi sperimentali e studi di monitoraggio del pH-intraesofageo.

L’introduzione in terapia degli inibitori di pompa protonica hanno poi confermato empiricamente il ruolo centrale dell’acido nella fisiopatologia della MRGE.

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MALATTIA DA REFLUSSO GASTROESOFAGEO

Definizione

La Malattia da Reflusso Gastroesofageo (MRGE) è l’insieme dei sintomi e delle manifestazioni cliniche secondarie al passaggio di contenuto gastrico in esofago.

Una recente revisione della definizione di MRGE è stata proposta da una serie di esperti di livello internazionale [1] che afferma che “la MRGE è una condizione clinica che si determina quando il reflusso di contenuto gastrico causa sintomi fastidiosi (troublesome) e/o complicanze”.

Storicamente la MRGE è sempre stata correlata solo con la presenza di lesioni endoscopicamente percepibili (esofagite), l’assenza di tali evidenze non consentiva al medico di porre diagnosi e di indicare l’adeguata terapia.

A partire dal primo Workshop Internazionale di Genval (1999) il termine MRGE viene usato per “indicare tutti i soggetti esposti al rischio di complicanze fisiche legate al reflusso gastroesofageo, o che presentano una riduzione clinicamente significativa della propria qualità di vita a causa dei sintomi dipendenti dal reflusso gastroesofageo dopo che siano stati adeguatamente rassicurati sulla natura benigna di tali sintomi.”

Questo importante cambiamento nella definizione ha portato ad inquadrare la MRGE come una serie di sintomi e manifestazioni cliniche

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indipendentemente dalla presenza o meno di lesioni a livello della mucosa esofagea.

Epidemiologia

La maggior parte dei dati disponibili in letteratura sull’epidemiologia della MRGE si riferiscono ad osservazioni effettuate negli USA, dove Locke et al. [2] rilevarono, in uno studio sulla popolazione generale della contea di Olmsted in Minnesota che i sintomi “tipici” da MRGE erano presenti nel 44% degli abitanti con una frequenza di almeno un episodio al mese e nel 20% con una frequenza settimanale.

I dati dell’esperienza statunitense sembrano in accordo con i risultati emersi da uno studio osservazionale italiano condotto su 5136 pazienti frutto di una collaborazione fra 2376 medici di medicina generale e 132 specialisti gastroenterologi che ha segnalato che circa il 20% dei pazienti che si rivolgevano all’ambulatorio del proprio medico di medicina generale riferiva la presenza di pirosi almeno una volta la settimana. Il 57.2% di questi pazienti presentava all’esordio della MRGE contemporaneamente sia pirosi che rigurgito.[3]

E’ comunque necessario considerare che, pur se elevata, la prevalenza dei sintomi “tipici” probabilmente sottostima la vera prevalenza della vera MRGE che infatti in alcuni casi si può manifestare con sintomi “atipici” quali il dolore toracico non cardiaco, la tosse o l’asma.[4]

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Il concetto dell’”iceberg” nella MRGE ben rappresenta dunque la manifestazione clinica della MRGE, infatti la maggioranza dei pazienti è rappresentata da coloro che presentano pirosi e rigurgito come sintomi intermittenti per i quali non consultano il proprio medico e sono soliti automedicarsi. In minor percentuale sono rappresentati i pazienti con sintomi più persistenti che solitamente consultano il medico e coloro (circa il 10%) con malattia sintomatica che presentano una MRGE complicata.

La MRGE senza esofagite, altrimenti conosciuta come MRGE endoscopicamente negativa o “non erosiva” (Non-Erosive Reflux Disease – NERD) è comunemente definita in base alla presenza di sintomi da MRGE dovuti alla presenza di acido in esofago in assenza di lesioni della mucosa visibili durante l’esame endoscopico.[5] Tale condizione che non è distinguibile dall’esofagite in base alla storia clinica e alla severità dei sintomi rappresenta circa il 70% dei casi di MRGE.[6,7]

Tuttavia la conoscenza della MRGE endoscopicamente negativa rappresenta un acquisizione culturale relativamente recente e per questo la maggioranza degli studi sono stati condotti su pazienti con esofagite erosiva. Peraltro non vi è uno standard diagnostico per definire il diverso spettro delle manifestazioni della MRGE.

Infatti, nel caso della MRGE endoscopicamente negativa la pH-metria esofagea delle 24 ore si è dimostrata non affidabile nella caratterizzazione dei pazienti risultando falsamente negativa in pazienti con esofagite erosiva

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documentata.[8] Per di più è noto che il 30-50% dei pazienti con MRGE endoscopicamente negativa e pirosi non presentano reflussi patologici documentabili con i mezzi diagnostici attualmente disponibili. [9,10]

Sebbene, come già accennato, la storia naturale della MRGE endoscopicamente negativa sia poco conosciuta, è noto che una minima percentuale di questi pazienti sviluppa nel tempo un’esofagite erosiva, talvolta con complicanze.[11]

Uno studio italiano su pazienti con MRGE endoscopicamente negativa in trattamento con antiacidi e/o procinetici ha evidenziato che al termine del follow-up di 6 mesi il 58% dei pazienti era ancora sintomatico e che il 15% aveva sviluppato un esofagite erosiva. Al contrario, il 42% dei pazienti era diventato asintomatico e in grado di sospendere qualsiasi trattamento. [12]

Questo studio ed altri evidenziano come la maggior parte dei pazienti con MRGE endoscopicamente negativa presentino un pattern cronico di sintomi con periodi di esacerbazione e periodi di remissione.

Analizzando i dati relativi all’epidemiologia della MRGE è dunque necessario considerare alcuni fattori ambientali e/o patologie concomitanti che possono influenzare la severità e la percezione dei sintomi e dunque modificare la reale prevalenza di questa condizione.

Per quanto riguarda la relazione fra la presenza di MRGE e l’età dei pazienti affetti è stato evidenziato che i pazienti con forma erosiva sono

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significativamente più anziani rispetto ai pazienti con forma non erosiva. E’ stato infatti riportato che l’esofagite erosiva è più frequente nei pazienti con più di 60 anni rispetto ai pazienti con età inferiore (81% vs 47%) nonostante la frequenza e la severità della pirosi fosse simile nei due gruppi. [11]

Riguardo al sesso dei pazienti diversi studi hanno evidenziato che i maschi hanno un maggior numero di reflussi fisiologici [13], sintomi più frequenti [14], ed una maggiore prevalenza di esofagite erosiva rispetto alle donne. [15]

Uno studio italiano del 1991 ha analizzato in pazienti con MRGE e manifestazioni sintomatologiche tipiche, con o senza esofagite, il ruolo dei principali fattori demografici, delle abitudini di vita, della durata dei sintomi, della presenza di infezione da H. pylori e della coesistenza di fattori anatomici favorenti il disturbo quali l’ernia jatale. E’ emerso che nei pazienti con sintomi tipici senza esofagite (NERD) il 62% erano donne (età media: 48 anni), il 24% fumatori, il 58% consumatori di alcol e nel 75% dei casi con una lunga storia clinica (durata dei sintomi superiore a 12 mesi). Inoltre nel 24% dei casi era presente un’ernia jatale e nel 30% coesisteva l’infezione da H. pylori. Risultati analoghi sono emersi per quanto riguarda le abitudini di vita nel gruppo di pazienti con esofagite erosiva. In questo gruppo tuttavia è stata osservata una percentuale relativamente più bassa di donne (42%, età media: 50 anni), con una sovrapponibile frequenza di

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pazienti fumatori (23%) e consumatori di alcol (64%). Anche in questo gruppo la maggior parte dei pazienti riferiva una lunga durata dei sintomi (superiore ai 12 mesi nell’81% dei casi). Anche la percentuale di pazienti con infezione da H. pylori era simile a quella riscontrata nel gruppo dei pazienti con NERD (26% dei casi) mentre la frequenza di pazienti con ernia jatale era decisamente maggiore (56%). [12]

Fattori di rischio individuali e ambientali

Negli ultimi anni è emerso, nel contesto della MRGE, un nuovo aspetto che ha consentito di capovolgere il vecchio e diffuso concetto secondo cui l’esofagite rappresenta la maggiore espressione clinica di questa patologia. Questo nuovo aspetto è costituito da quei pazienti che manifestano sintomi compatibili con il reflusso gastroesofageo in assenza di lesioni mucose esofagee, documentabili con l’esame endoscopico. Questo gruppo di pazienti definito oggi NERD rappresenta oltre il 60% delle forme di patologia da reflusso gastroesofageo.[5] Sebbene non siano ancora del tutto note le ragioni dell’incremento di questa patologia nella popolazione generale, modificazioni nelle abitudini alimentari e nello stile di vita possono svolgere un ruolo molto importante.

Se infatti si prendono in considerazione fattori sociali come possibile causa di MRGE, non vi è dubbio che lo sviluppo delle catene di “fast food” nei paesi occidentali rivesta un importante ruolo eziologico.[16] A

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conferma di ciò la prevalenza della MRGE è maggiore nei paesi occidentali che in Africa o in Asia, dove questa tendenza è meno sviluppata. E’ stata anche ipotizzata una correlazione tra diverse combinazioni dietetiche e il numero totale degli episodi di reflusso. Anche tra queste combinazioni esistono differenze significative nella capacità di favorire la comparsa di pirosi retrosternale, a testimonianza che i fattori alimentari sono importanti nel determinare l’incidenza e la severità degli episodi di reflusso.[17]

Da tempo è dimostrato che gli alimenti ad alto contenuto di grassi sono responsabili di un aggravamento dei sintomi da reflusso gastroesofageo.In uno studio prospettico condotto su 1000 soggetti, sia sani sia con MRGE, è stato evidenziato che i cibi grassi sono in grado di peggiorare la sintomatologia nel 76% dei casi.[18] L’assunzione di cibi grassi infatti ritarda lo svuotamento gastrico [19] e causa una riduzione della pressione basale dello sfintere esofageo inferiore (SEI) attraverso un meccanismo probabilmente mediato dalla colecistochinina che può agire direttamente sullo sfintere esofageo inferiore o indirettamente, inibendo l’azione della gastrina.[20] Nonostante l’evidente associazione clinica tra cibi grassi e pirosi retrosternale, i risultati degli studi che hanno valutato la comparsa di reflusso gastroesofageo in seguito ad assunzione di pasti a differente contenuto lipidico non sono del tutto univoci. Una possibile spiegazione di tale discordanza sta nel fatto che il differente contenuto lipidico dei vari

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pasti testati si associa spesso a differenze nel contenuto calorico, nella qualità e nell’osmolalità degli alimenti stessi.

Anche alimenti come il cioccolato e i carminativi possiedono la capacità di ridurre la pressione basale dello sfintere esofageo inferiore, favorendo così la comparsa dei sintomi da reflusso gastroesofageo.[21] E’ stato dimostrato che la pressione basale del SEI decresce in maniera significativa dopo l’ingestione di 120ml di sciroppo di cioccolato e che tale effetto si protrae per circa 50 minuti.[22] Il cioccolato quindi riducendo il tono basale dello SEI che costituisce un elemento chiave della barriera antireflusso, è in grado di aumentare il numero degli episodi di reflusso patologico con relativo peggioramento della sintomatologia. Questi effetti sarebbero mediati dalla teobromina una metilxantina di cui il cioccolato è ricco.

Altri alimenti come prodotti a base di pomodoro, agrumi (arance) o cibi speziati (cannella, noce moscata, paprica, curry) possono provocare pirosi attraverso un meccanismo diretto sulla mucosa esofagea. E’ stato infatti dimostrato che l’infusione a livello della mucosa esofagea di preparazioni a pH neutro di tali alimenti provoca la positività del test di Bernstein, suggerendo che tali sostanze possiedono un’azione diretta irritante.

Per quanto riguarda la diffusa abitudine al consumo di caffè, alcuni dati sperimentali dimostrano che tale bevanda è in grado di indurre un aumento dell’esposizione esofagea all’acido[23]. Il caffè ha un pH superiore a 5 non

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possiede acidità titolabile e stimola la secrezione acida gastrica allo stesso modo del latte o dei “soft drinks” (Coca-Cola, Pepsi) che sono meno frequentemente riportati come causa di pirosi. Dal momento che l’effetto del caffè sulla pressione basale dello SEI non sembra essere molto intenso, è stato ipotizzato che tale bevanda contenga sostanze che irritano direttamente la mucosa esofagea. [24] L’effetto del caffè privato di caffeina è minore, ma pur sempre superiore a quello dell’acqua usata come controllo. Il tè sembra non avere alcun effetto sugli eventi reflusso. [25]

L’alcool esercita diversi effetti a livello esofageo sia a carico della mucosa sia della funzione motoria. Dati sperimentali hanno dimostrato che l’alcool possiede un effetto irritante diretto sulla mucosa esofagea del cane favorendo la retrodiffusione di idrogenioni sia per via transcellulare sia paracellulare. [26] Studi sperimentali condotti sull’uomo hanno messo in evidenza che l’assunzione di alcool provoca: diminuzione di ampiezza e di frequenza delle onde peristaltiche; [27] deficit di rilasciamento dello SEI in risposta alla deglutizione e un aumento del numero delle deglutizioni necessarie per la clearance esofagea;[28] riduzione della secrezione salivare;[29] incremento significativo del numero degli episodi di reflusso. [27].

Negli ultimi anni si è indagato principalmente sul rapporto tra reflusso gastroesofageo e bevande a basso contenuto di alcool come birra, vino bianco e vino rosso. In questi studi la comparsa di episodi di reflusso è stata più pronunciata dopo assunzione di vino bianco rispetto alla birra e al vino

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rosso, sia nei soggetti sani sia nei pazienti con MRGE. [30-31]. E’ stato quindi ipotizzato che il contenuto in etanolo fosse responsabile degli effetti del vino bianco sulla motilità esofagea e sulla conseguente comparsa del reflusso gastroesofageo. [32] Questa ipotesi è stata però confutata da diversi studi successivi in cui non è stato osservato nessun effetto sul tono dello SEI e sulla frequenza di onde peristaltiche anomale dopo somministrazione di una bassa dose di etanolo in soggetti sani. [33] In particolare in uno studio è stato valutato l’effetto del vino bianco rispetto ad una soluzione etanolica equiparabile per contenuto alcolico, pH, osmolalità e all’acqua, sulla pressione basale dello sfintere e sul reflusso gastroesofageo. [34] Differenze significative sono state riscontrate tra il vino bianco e la soluzione etanolica, nonostante livelli sovrapponibili di alcolemia, ma non tra la soluzione etanolica e l’acqua. Sulla base dei risultati di questi studi, quindi, si potrebbe ascrivere un possibile ruolo patogenetico agli additivi presenti nel vino più che all’etanolo puro.

Anche l’abitudine voluttuaria al fumo sembra avere un impatto notevole sulla fisiopatologia della MRGE. [35] Studi pH-metrici infatti hanno confermato un aumentato numero di episodi di reflusso associato al consumo di sigarette. Il meccanismo di azione alla base di questi episodi non è però rappresentato dai rilasciamenti transitori inappropriati dello SEI ma dalla profonda inspirazione e dalla tosse. Lo stimolo della tosse quindi predispone i fumatori ad andare incontro a un reflusso acido attraverso un

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aumento della pressione addominale, soprattutto se il tono basale dello SEI è < 10mmHg.[35] E’ stato evidenziato che nei soggetti fumatori rispetto ai non fumatori il fumo è in grado di ridurre la produzione di bicarbonati salivari prolungando così il tempo di esposizione all’acido della mucosa esofagea; tale effetto sembra persistere per più di 6 ore. [36]

Lo studio condotto da Soffer [37] ha dimostrato che l’esercizio fisico interferisce sull’attività motoria dell’esofago e quindi sul reflusso gastroesofageo, e che tale effetto è dipendente dall’intensità. L’ampiezza, la frequenza e la durata delle onde peristaltiche esofagee diminuiscono infatti man mano che aumenta l’intensità dell’esercizio fisico. Una transitoria ischemia esofagea, dovuta alla ridistribuzione del volume ematico dal distretto splancnico a quello muscolare e una riduzione della quantità di saliva sarebbero i meccanismi responsabili.

L’aumento patologico del peso corporeo è un elemento frequentemente riscontrato nelle popolazioni occidentali e strettamente correlato con l’età. [38] In un recente studio su più di 5000 pazienti con MRGE è stato calcolato che un indice di massa corporea superiore a 25 è associato con un maggior rischio di MRGE [39] dato non confermato però da altri studi. [40] La maggiore incidenza della sintomatologia da reflusso nei soggetti sovrappeso potrebbe essere ricondotta più che all’aumento dell’indice di massa corporea, al contenuto lipidico degli alimenti stessi con conseguente riduzione del tono basale dello SEI e ritardo nello svuotamento gastrico. E’

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stato osservato che i pazienti con reflusso endoscopicamente negativo(NERD), che rappresentano la maggioranza, sono più magri dei reflussori con esofagite. [5]

Infine è importante ricordare che grazie alla disponibilità di una classificazione basata sui sintomi (criteri di Roma) [41] e all’evoluzione delle acquisizioni di fisiopatologia si è passati da un’interpretazione dei sintomi basata su un modello puramente “dismotorio” a un modello integrato “biopsicosociale” nel quale rientrano sia le alterazioni a carico del cosiddetto asse “cervello-visceri” (SNC-SNE) sia fattori di ordine psicologico come eventi stressanti e particolari tratti della personalità (soggetti ansiosi, emotivi, depressi)[42]

L’ipotesi più plausibile perciò è che i disturbi funzionali riconoscano un eziopatogenesi multifattoriale. Un’ipersensibilità viscerale associata o meno a una turba della motilità può dar luogo alla produzione di sintomi, ma di fondo vi è un’alterata risposta del sistema nervoso centrale e del sistema nervoso periferico enterico, quale conseguenza di stimoli di tipo psicosociale. Gli effetti combinati e integrati di un’alterazione della fisiologia e dello stato psicosociale, attraverso l’asse SNC-SNE determinano il modo in cui il sintomo verrà percepito e vissuto dal paziente e in ultima analisi modificheranno l’esito finale del disordine. Nascono così il concetto di “esofago ipersensibile” ed “esofago irritabile” derivati dal

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fatto che la risposta agli stimoli chimici e a quelli meccanici è esaltata o semplicemente eccessiva rispetto all’ entità dello stimolo stesso.

Per ultimo bisogna sottolineare che emerge sempre più il concetto di un aggregazione familiare della MRGE, in parte già dimostrata in studi, la quale depone per un substrato genetico su cui i fattori ambientali potrebbero estrinsecarsi più facilmente.

STORIA NATURALE

La malattia da reflusso gastroesofageo rappresenta una patologia molto frequente e di gestione quotidiana soprattutto per i Medici di Medicina Generale.

Negli USA, un sondaggio eseguito su popolazione adulta americana riferisce pirosi retrosternale almeno una volta a settimana.[43] Sempre negli USA, si stima che circa un quarto della popolazione adulta assuma farmaci antisecretivi almeno 3 volte al mese [44] ed è dimostrato un formidabile impatto economico della MRGE, dal momento che si calcola una spesa annua di circa 11 miliardi di dollari solo per i costi economici diretti legati a tale patologia.[45] E’ evidente come una migliore conoscenza della malattia dal punto di vista epidemiologico, anche e soprattutto della sua storia naturale, possa facilitare non soltanto la diagnosi e la terapia, ma pure permettere una allocazione razionale delle risorse economiche sanitarie.

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Tuttavia, nonostante l’elevata prevalenza della MRGE e i suoi notevoli costi diretti (e presumibilmente indiretti), i dati epidemiologici sono piuttosto limitati e la conoscenza sulla storia naturale è ancora in una fase infantile probabilmente per molteplici ragioni, e tra queste sicuramente una grande importanza riveste il fatto che:

a) la definizione della malattia non sia precisa e comunque vada mutando nel tempo;

b) non esista un gold standard diagnostico;

c) esista un’ incerta linea di demarcazione tra reflusso fisiologico e patologico.[46]

A tali ragioni se ne aggiunge un’ altra contingente, cioè una certa confusione nel modello concettuale prevalente sulla malattia. Recentemente, infatti, il gruppo di Fass ha proposto, sulla base di una revisione della letteratura e di considerazioni solo in parte condivisibili, di riconsiderare l’attuale schematismo concettuale passando al modello “a spettro” a un modello basato sull’esistenza di 3 sottogruppi di malati, non comunicanti e rigidi, in cui non esista apparentemente una progressione da forme meno severe a più severe come tendenza “naturale”. Il gruppo di Fass ha pertanto proposto di abbandonare il vecchio modello e di adottarne uno nuovo costituito da pazienti con patologia non erosiva (NERD), patologia erosiva e pazienti con esofago di Barrett.[47] Il gruppo di esperti italiano coordinato da Fabio Pace è in disaccordo con tale proposta,

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ritenendo viceversa che il precedente modello, che riconosce un’unica patologia che può potenzialmente progredire da forme non erosive meno prognosticamente rilevanti sino a forme complicate da metaplasia o anche displasia e neoplasia (adenocarcinoma), resti valido e permetta di programmare meglio del modello “tripartito” proposto da Fass le necessità finanziarie per la diagnosi e la terapia, nonché eventuali piani di sorveglianza endoscopica.

MRGE non erosiva (NERD)

Con l’acronimo inglese NERD si intende una MRGE endoscopicamente negativa, ovvero presenza di sintomi da malattia da reflusso in assenza di lesioni della mucosa visibili durante l’esame endoscopico.

Fino a non molto tempo fa i pazienti con NERD sono stati considerati portatori di una patologia meno severa,[48] che cioè richiede una terapia meno intensiva o meno prolungata nel tempo, ipoteticamente anche caratterizzata da una migliore prognosi a lungo termine. Questo concetto si è successivamente dimostrato non corretto, in particolare quando si è verificato che la qualità di vita (QoL) dei pazienti con NERD non risulta migliore di quella dei pazienti con esofagite endoscopica, e comunque sia chiaramente correlata alla

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severità dei sintomi indipendentemente dalla presenza/assenza di danno mucosale esofageo.[49]

Inoltre, la risposta sintomatica acuta agli inibitori di pompa (IPP) in pazienti con NERD sembra essere se non uguale addirittura inferiore a quella manifestata dai soggetti con esofagite endoscopica.[5,50]. Infine, dopo sospensione del trattamento acuto, la recidiva sintomatica si verifica entro 6 mesi, in entrambi i gruppi, nella maggioranza dei casi.[6]

Uno studio italiano di Pace et al. Si è occupato, per la prima volta in letteratura, della storia naturale dei pazienti con NERD, cioè con sintomi tipici, endoscopia negativa, e un tracciato pH-metrico esofageo patologico.[12] In questo studio è stato evidenziato come 5/33 soggetti posti in terapia con antiacidi o procinetici hanno presentato la comparsa ex novo di un’esofagite erosiva entro 6 mesi dall’inizio del trattamento, e che il livello di esposizione esofagea acida non è stato predittivo di tale tendenza evolutiva. In uno studio successivo [51] è stato esteso il periodo di osservazione di tale coorte di malati sino a una media di 10 anni. Il primo dato interessante emerso da tale ricerca è che la quasi totalità dei pazienti che sono stati rintracciati (28 soggetti su 29) ha presentato ancora sintomi da MRGE, se non in terapia con farmaci antisecretivi, e che per tale ragione una consistente maggioranza (75%) ha fatto uso cronico di tale terapia. Il secondo dato significativo è che una notevole percentuale di soggetti (89) in cui è stata ripetuta un’endoscopia di controllo (18 soggetti su 29) ha

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mostrato la presenza di esofagite erosiva. In definitiva una grossa fetta della coorte iniziale dei pazienti con NERD ha progredito dal punto di vista della severità di malattia, sviluppando il danno mucosale.

Schindlbeck et al. [52] in uno studio hanno preso in considerazione l’evoluzione temporale di soggetti con MRGE pH-metricamente documentata, con e senza esofagite. Dei 16 soggetti che non presentavano inizialmente esofagite, a distanza di 3 anni dalla diagnosi 4 (25%) hanno sviluppato un’esofagite endoscopica, mentre la maggior parte dei soggetti ha assunto antisecretivi quotidianamente a causa della persistenza dei sintomi di MRGE. Lo score sintomatologico dei soggetti (con e senza esofagite) al termine del follow up si è dimostrato uguale o peggiore rispetto all’ingresso nel 70% dei soggetti che ha invece sospeso la terapia.

Nello studio di Mc Dougall et al. [39] il 71% dei 17 pazienti con NERD documentata alla pH-metria esofagea hanno riferito pirosi frequente a distanza di 3-4,5 anni dalla diagnosi iniziale e il 59% di loro ha assunto quotidianamente terapia antisecretiva. Il 24% di coloro che avevano effettuato un’ EGDS di controllo mostrava un’esofagite in precedenza non riscontrata. Tale dato indica come anche in questo studio esista una chiara dimostrazione di progressione da una MRGE non erosiva a una forma erosiva, almeno in una parte dei pazienti.

Tutti questi studi evidenziano come all’interno dello spettro clinico della MRGE sia possibile una transizione tra due compartimenti tra loro contigui

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e comunicanti. Un’altra prova della possibilità di progressione nella storia naturale della malattia è ad esempio lo studio di McDougall in cui l’11% dei pazienti con esofagite erosiva all’ingresso ha mostrato al follow up endoscopico lo sviluppo di esofago di Barrett.[39]

MRGE erosiva (ERD)

Il già citato articolo di Fass afferma che “i pazienti con esofagite erosiva tendono a rimanere in questo sottogruppo nel corso della loro vita” e che l’esofago di Barrett (EB) non progredisce o regredisce col tempo, e per tale ragione i pazienti con EB rimangono con tale lesione a vita. Tali affermazioni non sono condivise dai ricercatori italiani non soltanto perché come già ricordato, è dimostrata una transizione da esofagite erosiva a EB ell’11% dei soggetti che hanno preso parte allo studio di McDougall, ma anche perché esistono varie documentazioni di progressione da esofagite erosiva ad adenocarcinoma con o senza il passaggio intermedio a EB. Lagergren et al. [53] hanno dimostrato che il rischio di sviluppo dell’adenocarcinoma esofageo è molto più dipendente dalla durata e dalla severità della sintomatologia da MRGE piuttosto che dalla presenza di EB; pertanto quest’ultima condizione può essere considerata come una tappa frequente ma non necessaria nell’evoluzione verso l’adenocarcinoma esofageo.[53] Analoghe

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osservazioni sono state effettuate da Chow et al. [54] e da Farrow et al.[55]

In un’indagine retrospettiva Conio et al. [56] hanno potuto dimostrare che nella Contea di Olmsted un buon numero di adenocarcinomi esofagei si sono verificati in soggetti che non presentavano una precedente diagnosi di EB. Anche questi studi costituiscono solide evidenze contro l’affermazione di Fass di una mancanza di progressione nel sottogruppo di pazienti con esofagite erosiva, rappresentando viceversa argomenti a favore dell’ipotesi opposta, cioè del possibile passaggio dal sottogruppo senza complicanze sino all’ estremo più avanzato dello spettro clinico costituito dalla trasformazione neoplastica.

Non va peraltro dimenticata la segnalazione compiuta per la prima volta più di una decade fa [57] e confermata di recente, [58] che l’esofago distale va incontro, nel corso del processo di flogosi mucosale indotta dal reflusso gastroesofageo, a un processo lento ma continuo di “accorciamento” della tonaca muscolare longitudinale, che a sua volta determina non soltanto un indebolimento della barriera anti-reflusso costituita dal tono e dalla lunghezza intratoracica dello SEI, ma anche la formazione del cosiddetto “endobrachiesofago” che corrisponde proprio, adoperando una terminologia più moderna, a un esteso EB circonferenziale.

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Manifestazioni “atipiche” di MRGE

Lo spettro clinico della MRGE si è allargato, come è noto, fino a comprendere un ampio numero di manifestazioni extra-esofagee (o sopra-esofagee), da quelle di pertinenza ORL a quelle polmonari, cardiologiche, odontoiatriche e molte altre.[59]

Secondo Autori italiani le manifestazioni extra-esofagee possono associarsi indifferentemente alla ERD o alla NERD anche se dati epidemiologici indicano che le seconde prevalgono, associandosi le manifestazioni extra-esofagee all’esofagite erosiva in una proporzione che indicativamente può attestarsi sul 20-30% dei casi.[60] Fass sostiene che sia le manifestazioni atipiche che i pazienti con NERD non vanno considerati come una variante “minore” di MRGE. L’elemento discriminante di severità clinica in tali forme e più in generale nella MRGE nel suo complesso, è costituito dalla gravità dei sintomi e non dalla presenza di danno mucosale endoscopicamente rilevabile, e quindi con il meccanismo patogenetico della percezione del sintomo. Come già ipotizzato da altri è peraltro possibile che la popolazione dei pazienti con NERD sia in effetti costituita da almeno 3 sottogruppi (pazienti con reflusso patologico, pazienti con iperalgesia viscerale, e pazienti con disturbi psicologici)[48]: questo spiegherebbe perché il trattamento con inibitori della pompa protonica (IPP) sia nel complesso

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meno efficace nei soggetti con NERD, avendo il suo migliore razionale d’uso nel solo sottogruppo con reflusso patologico.

Gli Autori italiani ritengono improprio inserire nel segmento di MRGE senza lesioni endoscopiche indifferentemente il NERD e le manifestazioni atipiche senza danno mucosale, poiché questo aumenta ancora l’eterogeneità del sottogruppo e riduce la possibilità di un efficace terapia. Va peraltro detto che, più in generale l’uso dell’endoscopia allo scopo di “stadiare” il paziente con MRGE costituisce un criterio diagnostico grossolano e imperfetto che certamente sarà superato da più moderne metodologie per la caratterizzazione fisiopatologica, come ad esempio l’impedenziometria. Questo permetterà di superare il concetto stesso di diagnosi in negativo (NERD presuppone infatti la negatività dell’esame endoscopico), in analogia a quanto è successo in epatologia ad esempio per la diagnosi di epatite non A-non B, che successivi metodi di diagnosi sierologica hanno poi permesso di caratterizzare a seconda della reale eziologia virale (C, delta, E, ecc.).

Recentemente è stata proposta, nel contesto di una Consensus Conference svoltasi a Montreal nel 2005, che vedeva fra i partecipanti le maggiori autorità internazionali (coordinata da Vakil), la revisione del concetto di Malattia da Reflusso Gastroesofageo in “Sindrome da

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reflusso Gastroesofageo” per una serie di evidenze che andiamo a seguito ad indicare:

- coinvolgimento di più organi

- la MRGE è uno stato clinico caratterizzato da una serie di sintomi soggettivi e oggettivi

- indipendentemente dalla gravità e dalla frequenza i sintomi devono essere considerati sulla base del racconto del paziente (“patient centred”)

Figura 1: malattia da reflusso gastroesofageo (Montreal Classification) [1]

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Sulla base di tali indicazioni risulta pertanto utile avere un numero maggiore di informazioni sulla storia naturale della MRGE. In primo luogo è ipotizzabile che tali dati consentiranno di identificare quel segmento di popolazione che può progredire da forme non erosive verso forme con danno mucosale esofageo e/o complicanze, come stenosi, esofago di Barrett o adenocarcinoma. Inoltre conoscere la storia naturale può essere utile per definire, valutare e validare i fattori prognostici predittivi, ad esempio complicanze o manifestazioni extra-esofagee (polmonari, ORL, simil-cardiologiche, ecc.). Infine la conoscenza della storia naturale della MRGE può indirizzare la scelta della terapia di mantenimento (medica, chirurgica, eventualmente endoscopica) e permettere di stabilire se e quanto una di queste tre terapie sia appunto in grado di modificare il decorso naturale della patologia.

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STUDIO FISIOPATOLOGICO DELLA

MALATTIA DA REFLUSSO

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La diagnostica dei disturbi motori dell’esofago e della malattia da reflusso gastroesofageo si avvale di due metodiche fondamentali rappresentate dalla manometria esofagea e dalla pH-metria ambulatoriale di 24 ore. La prima, introdotta da oltre un secolo ha consentito negli ultimi 30 anni, soprattutto dopo l’introduzione della pompa d’infusione a bassa compliance, del sensore “a manicotto” per le aree sfinteriali e dei trasduttori intraluminali con possibilità di registrazione per 24 ore, un considerevole progresso delle cognizioni della fisiopatologia della motilità esofagea. La seconda, introdotta da quasi 30 anni per la diagnostica della MRGE in analogia alla registrazione prolungata dell’ECG è risultata di grande importanza soprattutto nell’individuare le forme con sintomi atipici e nel verificare l’efficacia della terapia. Un incremento dell’accuratezza si è ottenuto con l’utilizzo di più elettrodi (ad es., l’area sotto la curva e la correlazione con i sintomi).

Tuttavia entrambe le metodiche hanno dei limiti. Pur integrata da valutazioni radiologiche e radioisotopiche, la manometria non identifica la causa di una disfagia non organica fino a 1/3 dei casi.[61] Inoltre è di poco aiuto nella diagnostica della MRGE, non potendo fornire

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indicazioni sul volume e sulle caratteristiche del bolo in ingresso o in uscita dall’esofago. Viene peraltro praticata di “routine” nei centri di terzo livello per la valutazione funzionale dell’esofago e per lo studio della posizione precisa del LES prima di eseguire metodiche come la pH-metria o la pH-impedenziometria.

Manometria esofagea

La Manometria Esofagea è un esame clinico di ambito gastroenterologico, eseguito per studiare la fisiopatologia esofagea attraverso la valutazione della pressione intraesofagea nei vari settori del suo lume.

L'esame è solitamente eseguito nell'ambito della valutazione dei quadri clinici di disfagia e, occasionalmente, di reflusso gastro-esofageo (GERD/MRGE) o di altre patologie delle vie gastroenterologiche superiori, principalmente al fine di verificare eventuali anomalie motorie dell'esofago.

L'esame dura circa 30-40 minuti, e viene svolto solitamente in modalità ambulatoriale. Non è possibile eseguire sedazione (ad es., con benzodiazepine), perché, oltre ad essere necessaria la collaborazione del paziente durante tutto l'esame, l'effetto miorilassante della sedazione interferirebbe con la motilità esofagea che è l'oggetto di studio.

Il paziente, digiuno, riceve una blanda anestesia topica nelle coane nasali; seduto, gli viene inserito delicatamente un sottilissimo catetere all'interno delle stesse, che viene spinto in rinofaringe e quindi in orofaringe. A questo punto, il

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catetere viene sospinto in esofago attraverso lo sfintere esofageo superiore (SES); il passaggio, che nella maggior parte dei casi crea un certo fastidio (conati a vuoto, dovuti ai riflessi ipofaringei), viene spesso facilitato attraverso la suzione di piccoli sorsi d'acqua tramite una cannuccia. Una volta entrato il catetere in esofago, il fastidio diminuisce notevolmente.

Il catetere viene fatto scendere fino allo sfintere esofageo inferiore (SEI), e poi ritratto leggermente fino a identificare il punto di variazione della pressione intraesofagea (linea Z). A questo punto il paziente viene fatto stendere su un lettino, ed inizia la valutazione. Attraverso le rilevazioni del catetere continuamente registrate da un computer, vengono valutate le anomalie motorie e pressorie, la propagazione delle onde di peristalsi, etc. La valutazione viene effettuata facendo eseguire al paziente una serie di deglutizioni secche (a vuoto) o umide (piccoli sorsi d'acqua, assunti tramite una cannuccia), che permettono lo studio dettagliato delle varie fasi della motilità di tutti i settori esofagei. Al termine dell'esame il paziente viene fatto sedere ed il catetere estratto delicatamente. A questo punto il paziente può riprendere la sua normale attività lavorativa, senza alcun problema. Nelle ore seguenti può occasionalmente manifestarsi una leggera congestione nasale, o una leggerissima algia faringea di breve durata.

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INDICAZIONI:

1. Pazienti con disfagia, dopo aver escluso l'esistenza di patologia organica e per formulare diagnosi di patologia motoria esofagea (acalasia, SED etc.).

2. Pazienti con dolore toracico, dopo aver escluso l'origine cardiopolmonare e dopo aver effettuato indagini morfologiche esofago-gastriche (Rx, endoscopia). 3. Pazienti con malattie sistemiche (es. collagenopatie) in

cui si voglia stabilire l'esistenza di un interessamento esofageo (patologia multiorgano).

4. Pazienti con GERD, come completamento delle indagini in previsione dell'intervento chirurgico antireflusso.

5. Pazienti in cui è necessario posizionare un catetere intraesofageo (es. sonda pH-metrica) che necessiti di una precisa allocazione rispetto alle aree sfinteriali.

CONTROINDICAZIONI Assolute:

1. Stenosi od ostruzione della faringe o dell'esofago superiore.

2. Patologie cardiache in cui sia controindicata una stimolazione vagale. 3. Coagulopatie gravi e non controllate.

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4. Non compliance del paziente.

Relative:

1. Tumori o ulcere dell'esofago. 2. Grosse varici esofagee.

3. Grossi diverticoli esofagei o crico-faringei.

pH-METRIA ESOFAGEA DELLE 24 ORE

La MRGE ha sempre destato molto interesse fra i patologi e i fisiopatologi. Se, come descritto nei paragrafi precedenti, fino ad alcuni anni fa l’assenza di lesioni endoscopiche non permetteva la diagnosi di MRGE, l’introduzione della pH-metria dell’esofago delle 24 ore, ha rivoluzionato l’impostazione clinica della MRGE.

Usufruendo delle nozioni di base derivanti dagli studi fisiologici, Spencer [62] descrisse nel 1969 la tecnica di registrazione prolungata del pH esofageo. Nel 1974 Johnson e De Meester [63] studiarono volontari sani registrando per 24 ore il pH endoesofageo. Questi primi studi hanno introdotto il concetto fondamentale di "reflusso fisiologico", cioè presente normalmente negli individui sani, stabilendo il limite "soglia" alla diagnostica della MRGE. La pH-metria 24 ore ha quindi dato al Clinico lo strumento essenziale alla diagnosi

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della MRGE. È universalmente accettato che il danno alla mucosa esofagea si realizza tutte le volte che il pH esofageo scende a valori inferiori a 4.

Il punteggio di De Meester è la metodica d'interpretazione dei dati pH-metrici maggiormente utilizzata fino ad oggi. Questa si basa sulle sei classiche variabili esofagee, e cioè:

- la % di tempo totale di reflusso a pH < 4 (T.T.R.). - il numero di reflussi sotto la soglia di pH 4.

- la durata del reflusso più lungo.

- il numero dei reflussi < 4 con durata superiore a cinque minuti. - la % di tempo in posizione supina con pH < 4.

- la % di tempo in posizione eretta con pH < 4.

Il punteggio viene valutato con una formula che dipende dalle deviazioni standard di ognuna di queste variabili per ogni valore normale (Johnson-DeMeester); i valori di riferimento usati da De Meester sono stati ricavati da persone adulte asintomatiche. Questo punteggio risulta superiore a 18 nei pazienti con MRGE. [64]

Le maggiori obiezioni che vengono mosse allo score di De Meester consistono nel fatto che questo punteggio manca di relazione con la prognosi e con il grado di esofagite. Sono stati perciò ricercati dei parametri che non esprimessero esclusivamente la durata del tempo di esposizione acida dell'esofago, ma che ci informassero anche sul valore di pH raggiunto

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nell'esofago: si sono cercati cioè, dei valori bidimensionali indice di durata e profondità dell'insulto acido. Questi nuovi parametri sono rappresentati dal:

- integrale di pH, - integrale di H+, - % dei reflussi brevi,

- pendenza media di rientro, - permanenze % in zone di pH.

Tra questi parametri l'integrale di pH < 4, il così detto A.U.C. (Area Sotto la Curva) è quello più studiato in quanto sembra avere una correlazione diretta con la presenza di esofagite nel senso che un elevato valore di A.U.C. si ritrova nei pazienti reflussori con esofagite, al contrario i pazienti con un elevato T.T.R. non sempre hanno un'elevata incidenza di esofagite. [65,66] La percentuale dei reflussi brevi e la pendenza di rientro sono dei parametri che ci danno delle indicazioni sulla capacità di clearance dell'esofago, una percentuale di reflusso breve superiore al 60% è indice di una buona clearance.

pH-Impedenziometria Intraluminale Multicanale (pH-MII) La pH-impedenziometria intraluminale multicanale è stata recentemente proposta come nuova metodica diagnostica nella MRGE per superare i suddetti limiti delle tecniche tradizionali. Nel 1991 Silny fu il primo a introdurre la pH-MII come una nuova metodica in grado

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di riconoscere i movimenti intraesofagei del bolo alimentare.[67] Questo metodo è basato sulla misurazione della resistenza alla corrente alternata (impedenza) offerta dal contenuto del lume esofageo. Quando un paio di elettrodi separati da un isolante (catetere) è posto all’interno dell’esofago il circuito elettrico è chiuso dalle cariche elettriche (ioni) presenti nella mucosa esofagea e nel lume che avvolge il catetere. La conduttività del lume esofageo vuoto è relativamente stabile; il circuito elettrico registra valori intorno ai 2000-4000 Ohms. La presenza di un bolo liquido a livello del segmento misuratore d’impedenza è riconosciuta da una brusca caduta dell’impedenza dovuta all’aumento del contenuto ionico del bolo che migliora la conduzione elettrica tra i due elettrodi. L’impedenza rimarrà su valori bassi fino a che il bolo è presente tra i due elettrodi e inizierà a salire quando il bolo avrà attraversato il segmento. La presenza di gas tra i due elettrodi è invece riconosciuta da un aumento dei valori di impedenza tipicamente sopra 5000 Ohms non essendoci cariche elettriche per chiudere il circuito. L’impedenza tornerà a valori basali quando il bolo di gas sarà passato e gli elettrodi torneranno in contatto con la mucosa esofagea. La presenza di un bolo misto (gas-liquido, liquido-gas) è riconosciuta da variazioni di impedenza che indicano la presenza di gas e di liquido.

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Figura 2: modificazioni impedenziometriche

Montando sul catetere una serie di coppie di elettrodi misuratori di impedenza (impedenziometria multicanale) ci permette di valutare non solo la presenza del bolo a vari livelli ma anche di determinare la direzione del bolo in movimento. Le deglutizioni si riconoscono da variazioni progressive di impedenza registrate in senso prossimale-distale che indicano un movimento aborale del bolo. Gli episodi di reflusso si riconoscono quando l’impedenza cambia progressivamente in senso distale-prossimale indicando un movimento orale del bolo.

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Figura 3: differenza fra deglutizione e reflusso (MII)

Monitoraggio del reflusso gastroesofageo con la pH-MII

Il catetere della pH-MII ha un diametro di 2.1mm, possiede 6 canali per la misurazione dell’impedenza e 1 per la misurazione del pH (6MII-1pH); viene introdotto per via trans-nasale e posizionato nell’esofago in modo che l’elettrodo registratore di pH sia posto a una distanza di 5cm dal margine superiore del LES mentre i canali di registrazione di impedenza si trovino posizionati a una distanza di 3, 5, 7, 9, 15, e 17cm. Le informazioni sono registrate ad una frequenza di campionamento di 50 Hz e memorizzate su un dispositivo elettronico

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portatile (Sleuth® System, Sandhill Scientific Inc. Highland Ranch, CO).

Figura 4: catetere per pH-MII (Sandhill)

Il giorno dell’esame, dopo il posizionamento del catetere in ospedale, i pazienti sono inviati al proprio domicilio e invitati a riprodurre per quanto possibile la loro normale giornata e a registrare, tramite tasti presenti sul dispositivo portatile, i seguenti eventi: ora e tipologia dei sintomi avvertiti, orario di inizio e fine di ciascun pasto, orario di cambiamento posturale (orto-clinostatismo e viceversa).

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Figura 5: reflusso acido (pH-MII)

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La registrazione combinata dei valori di impedenza e di pH, attraverso vari canali posizionati lungo l’intera lunghezza dell’esofago, permette di acquisire un numero maggiore di informazioni rispetto alla pH-metria tradizionale delle 24 ore:

-Identificazione della natura fisica degli eventi reflusso (gas, liquido, misto).

-Identificazione della natura chimica degli eventi reflusso (acido, non-acido).

-Identificazione dell’estensione prossimale di ogni evento reflusso. -Identificazione degli eventi reflusso postprandiali (acidi e

non-acidi).

-Correlazione tra i sintomi e gli eventi reflusso (acidi e non-acidi). -Valutazione dei pazienti con sintomi nonostante terapia con PPI. -Valutazione di un’effettiva efficacia di terapie mediche,

chirurgiche ed endoscopiche nel controllo degli eventi reflusso sia acidi che non-acidi.

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SCOPO DELLO STUDIO

Circa il 60% dei pazienti con malattia da reflusso gastroesofageo non presentano lesioni endoscopicamente percepibili all’endoscopia (EGDS). Per dimostrare la presenza di un reflusso si ricorre a monitoraggio con pH-metria delle 24 ore ma solo una piccola percentuale di questi risulta positiva all’esame (45%). Lo scopo di questo studio è dimostrare la presenza di un reflusso gastroesofageo (indipendentemente dalla tipologia del materiale refluito) in un gruppo di pazienti risultato negativo alla pH-metria ma con sintomi/ segni suggestivi di malattia da reflusso gastroesofageo.

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PAZIENTI, MATERIALI E METODI Pazienti

Fra gennaio e settembre 2007 sono stati arruolati pazienti con sintomi suggestivi di MRGE ma negativi all’esame pH-metrico delle 24 ore. Criteri di esclusione: pazienti con storia di interventi chirurgici cardiaca, esofagea, gastrica e toracica; pazienti con disturbi di motilità esofagea (iper o ipocinetici).

Tutti i pazienti avevano eseguito EGDS, risultata negativa, manometria esofagea e pH-metria. Sono stati inoltre inclusi pazienti non-responder alla terapia con IPP.

Kit per pH-MII

La pH-impedenziometria intraluminale multicanale (pH-MII) ambulatoriale delle 24 ore - Sleuth® (Sandhill Scientific, Inc.; Highland Ranch, CO) è stata eseguita in tutti i pazienti. Il sistema include un “data recorder” portatile con amplificatore di impedenza, un catetere con un elettrodo di antimonio per pH posto a 5 cm dalla punta del catetere ed 8 elettrodi di impedenza posti rispettivamente a 2, 4, 6, 8, 10, 14, 16 e 18 cm dalla punta. Ogni coppia di 2 elettrodi rappresenta un canale di studio di impedenza, ogni canale è lungo 2 cm. Tutti i dati del paziente (cognome, nome, data di nascita, n°3 sintomi predominanti del paziente) vengono registrati in una CompacFlash card di 128 Mb.

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Lo studio pH-MII è stato eseguito dopo una notte di digiuno (12 ore). Prima dell’inizio della registrazione il catetere e il sensore di antimonio per studio del pH è stato calibrato mediante l’utilizzo di due soluzioni standard a pH 4.0 e 7.0.

In tutti i pazienti lo sfintere esofageo inferiore (LES) è stato eseguito mediante manometria. Il catetere per la registrazione pH-MII è stato posizionato per via trans-nasale in modo da posizionare la punta del catetere alla stessa distanza del LES (pertanto il sensore di pH sia disposto a 5 cm dal LES) e i canali di impedenza a 3, 5, 7, 9, 15, 17 cm dal LES. Dopo il posizionamento i pazienti sono stati re-inviati al proprio domicilio (per consentire lo svolgimento delle abitudini quotidiane). Il “data recorder” possiede una serie di tasti per la registrazione di tutti gli eventi:

a) tasto 1, 2, 3 per la registrazione di ciascun sintomo corrispondente b) 2 tasti per registrare l’inizio e la fine di ogni pasto

c) 2 tasti per la registrazione del “body position” (ortostatismo e clinostatismo)

d) 1 tasto diario per la registrazione di sintomi differenti da quelli indicati dal paziente (1, 2, 3)

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Studio dei pazienti

Tutti i pazienti sono stati invitati a registrare gli stessi eventi su un diario.

Tutti i pazienti sono stati invitati ad eseguire una dieta standard sul modello della dieta mediterranea come proposto dallo studio italiano di Zentilin et al.[68]

Ogni paziente doveva riconsegnare il dispositivo il giorno successivo dopo 24 ore di registrazione. I dati presenti nella CompacFlash card sono stati scaricati sul computer per la refertazione mediante l’utilizzo del software specifico (Bioview Analysis® versione 5.0.9, Sandhill Scientific, Inc.). Tutti i tracciati sono stati analizzati dallo stesso operatore, quantificando uno studio di circa 4 ore per ogni tracciato.

L’analisi includeva l’identificazione, la numerazione, e la caratterizzazione di ogni singolo reflusso con misurazione del pH e del tempo di clearance chimica (pH) e fisica (Bolus Clearance Time).

Definizione degli eventi di reflusso

Un reflusso di materiale liquido è definito come una caduta del 50% dell’impedenza a partire dal canale distale (a partire dal LES) e che si propaga in senso retrogrado interessando più di due canali successivi. Vengono presi in considerazione solo i reflussi di durata superiore a 3 secondi. Il reflusso di materiale gassoso viene definito come il passaggio in

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senso retrogrado di una colonna di gas rapidamente (3 kΩ/s) tale da indurre un aumento di impedenza >5000 Ω tale da essere registrato in almeno 2 canali successivi a partire dal canale più distale ed in assenza di atti deglutitori. Il reflusso misto (liquido-gassoso) viene invece definito come il movimento retrogrado di un reflusso gassoso in senso retrogrado che viene registrato prima o durante un movimento retrogrado di bolo liquido.

La tipologia di ogni singolo episodio di reflusso viene valutato mediante il sensore di pH come segue:

- reflusso acido: reflusso di materiale che provoca una caduta di pH al di sotto di 4

- reflusso debolmente acido: reflusso di materiale che provoca una modificazione del pH che si attiene fra 4 e 6.5

- reflusso non-acido: reflusso di materiale che non conduce a cadute di pH che rimane inalterato (6.5-7)

Parametri del reflusso gastroesofageo

Ciascun evento di reflusso viene analizzato sia nei periodi in cui il paziente è in ortostatismo che in clinostatismo e dallo studio dell’impedenza esofagea è possibile ottenere i seguenti parametri:

- numero di episodi di reflussi - bolus exposure (reflux time [min]) - estensione prossimale del reflusso

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I periodi durante il pasto vengono esclusi dall’analisi. Lo studio dell’esposizione ad un pH-acido viene definito come il tempo di esposizione ad un pH < 4 espresso in % nelle 24 ore.

I valori ottenuto sono stati paragonati con i risultati di riferimento dello studio italiano.[68] Inoltre tutti i reflussi sono stati classificati come indicati sopra in reflussi acidi; debolmente acidi e non-acidi.

Valutazione statistica dell’associazione sintomo/reflusso

Lo studio dell’associazione fra sintomi e reflussi è stato valutato sulla base dell’associazione fra i due tipi di eventi mediante i seguenti indici:

- Symptom Index (SI) risulta il rapporto fra il numero di sintomi associati a reflusso ed il numero di sintomi totali (eseguendo anche una sub-associazione fra sintomi e reflussi acidi o non-acidi. Il SI viene considerato positivo per valori ≥ 50%.

- Symptom Association Probability (SAP) viene calcolato anch’esso sia per i reflussi acidi che non-acidi mediante la suddivisione delle 24 ore di registrazione in segmenti di 2-minuti. Per ciascuno di questi segmenti veniva calcolata la presenza o meno sia del reflusso che dei sintomi.Di conseguenza viene valutata l’associazione mediante tavola di contingenza 2 x 2 (periodi con o senza reflusso e/o con o senza sintomi). Viene quindi eseguito il calcolo mediante χ2-test e calcolata la

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probabilità (p<0.05). SAP viene calcolato come (1-p) x 100% e considerato positivo quando ≥ 95%.

Figura 7: metodi per il calcolo del Symptom Index ed il Symptom Association Probability

Bioview Analysis® softuare viene utilizzato per il calcolo in automatico sia del SI che del SAP. Ciasun sintomo viene considerato associato a reflusso quando i due eventi rientrano in una finestra di circa 5 minuti.

Analisi statistica

Tutti i dati inerenti l’analisi dei tracciati sono stati confrontati con i valori di riferimento del lavoro italiano [68]. Il test esatto di Fisher è stato applicato per la correlazione fra sintomi e reflussi (SAP) considerando la correlazione come positiva quando superiore a 95% (p<0.05).

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RISULTATI

Questo gruppo di pazienti era composto da un numero complessivo di 79 (23 M e 56 F) con età media (±ds) di 52±13 anni (range 18-76). Durante la registrazione tutti i pazienti hanno verificato e registrato la presenza di almeno uno dei sintomi indicati: 79/79 (100%) almeno 1 sintomo, 55/79 (69.9%) almeno 2 sintomi e 30/79 (37.9%) hanno riportato 3 differenti sintomi.

Numero e caratteristiche dei reflussi

Il numero complessivo dei differenti tipi di reflusso gastroesofageo trovati durante lo studio pH-impedenziometrico sono indicati in Figura 8.

Il numero totale di reflussi è stato 107 (valore medio), il numero dei reflussi acidi è stato 56.1 e quello dei reflussi non-acidi 50.7. E’ stato inoltre eseguito il calcolo del numero dei reflussi che raggiungevano il canale di impedenza posto a 17 cm dal LES ed ottenuto un valore medio di 36.1.

Sul numero complessivo di pazienti arruolati 48/79 (60.7%) aveva un numero di reflussi francamente patologico e 31/79 (39.3%) presentava un numero di reflussi nei limiti della norma.

Mediante l’analisi del tracciato i pazienti con esame pH-MII positivo sono stati successivamente stratificati: 9/48 pazienti con prevalente reflusso acido, 27/48 pazienti con reflusso misto (acido/non-acido) e 12/48 pazienti con reflusso prevalente non-acido.

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Analizzando il gruppo dei pazienti con tracciato pH-MII nei limiti della norma è stata valutata la relazione fra i sintomi registrati durante il tracciato e i singoli eventi di reflusso. Utilizzando pertanto il Symptom Index ed il Symptom Association Probability sono stati individuati un numero ulteriore di pazienti (21/31) che presentano sintomi associati a reflusso pur avendo un numero di reflussi non patologico. Questi pazienti presentavano un valore medio di S.I. di 65.2% (positivo se >50%) ed un S.A.P. di 99.4% (positivo se > 95%). I sintomi registrati dai pazienti sono riportati nella Tabella 1.

Inoltre grazie allo studio di associazione sintomo/reflusso è stato possibile concludere che in 10/31 non vi era alcuna associazione fra i sintomi registrati e gli eventi di reflusso.

Un ulteriore e più approfondita analisi del tracciato eseguita nel gruppo di 10 pazienti che non presentava né reflusso né associazione sintomi/reflusso abbiamo osservato degli aumenti di impedenza diretti in senso anterogrado (compatibili con deglutizioni gassose) nei momenti in cui i pazienti segnalavano il sintomo. Tale evidenza è stata posta in 3/10 (33%) pazienti. In Figura 10 è indicato l’organigramma della diagnosi dei pazienti in esame.

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Figura 8: numero di reflussi 0,0 20,0 40,0 60,0 80,0 100,0 120,0

Refl. Tot Refl. pH<4 Refl. pH>4 Refl. a 17cm

MRGE Non-MRGE

Tabella 1: sintomi riferiti

SINTOMO N° PAZIENTI

Rigurgito 38

Pirosi 32

Eruttazione 30

Tosse 19

Dolore toracico non-cardiaco 10

Globo faringeo 9

Faringodinia 6

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Figura 10: organigramma dei pazienti sottoposti a pH-MII

DISCUSSIONE

Questo studio eseguito con l’ausilio della nuova metodica pH-impedenziometrica ha permesso di fare grossi passi avanti nello studio fisiopatologico della MRGE. Il gruppo di pazienti da noi preso in esame per questo lavoro, sulla base dei risultati della pH-metria delle 24 ore, sarebbe rimasto un gruppo di pazienti senza una diagnosi certa e soprattutto senza una giustificazione fisiopatologica riguardo la sintomatologia riferita.

Nella nostra casistica di 79 pazienti l’utilizzo della metodica pH-MII ha condotto ad un guadagno di circa l’87% delle diagnosi di MRGE.

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una piccola quota di 9 (11.4%) pazienti ha presentato un esame comunque patologico anche alla semplice analisi del tracciato pH-metrico; in aggiunta, con l’ausilio dello studio di impedenza, si è osservato che questi erano i pazienti con il numero di reflussi maggiore durante le 24 ore. Nel gruppo rimanente di pazienti, che presentavano un esposizione ad un pH nei limiti della norma, 39/79 (49.4%) sono risultati avere un numero di reflussi superiore alla normalità con reflussi sia di natura mista (acido e non-acido) che non-acida.

Infine dall’analisi dei pazienti è interessante osservare che 21/79 (26.5%) sono stati diagnosticati come “ipersensibilità viscerale” correlata a reflusso gastroesofageo sulla base dell’analisi dei sintomi (SI e SAP).

L’ipersensibilità viscerale fa ad oggi molto discutere la comunità internazionale di esperti. Questi pazienti presentano un numero di reflussi nei limiti della norma ma hanno sintomi ad essi associati. La presenza di metodiche di analisi statistica come S.I. (altamente specifico e poco sensibile) e S.A.P. (alta sensibilità e specificità) consentono di correlare in modo preciso i sintomi con la presenza di eventi reflusso. L’ausilio di queste analisi statistiche permette di differenziare i pazienti che hanno sintomi correlati con l’evento reflusso rispetto a quei pazienti che non presentano questa associazione.

Solo una minima percentuale di pazienti 10/79 (12.6%) non presentava alcuna correlazione fra eventi reflusso (numericamente nei limiti della

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norma) e sintomi registrati. Questi pazienti sono stati poi indirizzati ad una valutazione di tipo neurologico/psichiatrica in quanto presentavano appunto dei sintomi non giustificati da reflusso. L’esame pH-MII ci consente pertanto di essere più precisi anche nella diagnosi di esclusione di MRGE, permettendo a questi soggetti di essere adeguatamente trattati da specialisti non-gastroenterologi e non sottoporsi a lunghe ed estenuanti terapie con farmaci IPP verso i quali non presentano risposta.

L’introduzione della pH-MII nella pratica clinica è ancora in una fase precoce per il fatto che attualmente è un esame eseguito in pochi centri universitari di terzo livello. Con l’introduzione di questo esame probabilmente assisteremo anche ad una rivisitazione delle teorie fisiopatologiche sulla MRGE. Se attualmente si riteneva che l’unico agente eziologico in grado di provocare lesioni e sintomi a carico dell’esofago fosse l’acido, l’introduzione della pH-MII ci consente di rivalutare questa teoria. Inoltre anche la ricerca farmacologica si è sempre concentrata sullo studio di farmaci inibitori di pompa protonica, producendo molecole con emivita superiore o con maggiore affinità recettoriale. In seguito all’introduzione della metodica impedenziometrica sono aumentati gli sforzi nella ricerca e nella sintesi di farmaci in grado di agire sul tono del LES (baclofen) e non solo sulla componente acida gastrica.

Infine la pH-MII ci permetterà di aumentare lo studio sui pazienti che presentano solo sintomatologia di tipo extraesofageo o nei pazienti

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non-responder alla terapia farmacologica. A tale proposito un ampio studio multicentrico effettuato su 168 pazienti che riferivano sintomi nonostante una terapia con doppia dose giornaliera di IPP, Tutuian et al. (11 Tutuian update) [68] hanno analizzato il meccanismo della persistenza dei sintomi usando la pH-MII. L’86% dei soggetti ha riferito sintomi il giorno dello studio. Questi sono stati posti in relazione con gli episodi di reflusso attraverso il SI.[12][69] E’ stato calcolato un SI positivo per reflusso acido nell’11% dei pazienti e un SI positivo per reflusso non acido nel 37% dei pazienti mentre, nel restante 52% i sintomi non erano associati a reflusso (SI negativo). La pH-metria tradizionale avrebbe identificato soltanto l’associazione tra i sintomi e i reflussi acidi (solamente l’11%).

Sifrim et al. (9) [70] hanno valutato la differenza di pattern di reflusso postprandiale in soggetti di controllo e pazienti con MRGE. In questo studio, il numero degli episodi di reflusso durante i rilassamenti transitori dello SEI è risultato simile nei due gruppi di pazienti. Il gruppo con MRGE, però, ha presentato significativamente più episodi di reflusso acido, mentre il gruppo di controllo ha presentato più episodi di reflusso non acido o di gas.

Lo stesso gruppo di ricercatori(10) [71] ha confermato questi dati di differente pattern di reflusso nei controlli e nei pazienti con MRGE anche durante una registrazione ambulatoriale di 24 ore.

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Una prima valutazione indipendente della metodica è venuta dal gruppo della Cleveland Clinic, che ha dimostrato la grande accuratezza della pH-MII nell’identificare gli episodi di reflusso evidenziati dalla pH-metria e dalla manometria con sensore “a manicotto”(11).[72]

Più recentemente il gruppo di Castell DO(12) [69] ha dimostrato una correlazione lineare tra progressione del bolo inclinazione del corpo.

Vela et al.(13) [73] hanno presentato un’interessante applicazione della pH-MII nella valutazione dell’efficacia della terapia. Il baclofen, assunto per os ha ridotto significativamente il numero degli episodi di reflusso sia acidi che non acidi, per il noto effetto sui rilassamenti transitori dello SEI.

Per concludere possiamo affermare che sono necessari dei lavori multicentrici italiani (in corso) ed internazionali per affermare l’utilità della pH-MII anche se i primi dati a disposizione sono molto soddisfacenti.

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Figura

Figura  1:  malattia  da  reflusso  gastroesofageo  (Montreal  Classification) [1]
Figura 2: modificazioni impedenziometriche
Figura 3: differenza fra deglutizione e reflusso (MII)
Figura 4: catetere per pH-MII (Sandhill)
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