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La comunicazione aziendale ai tempi dei social media: un'analisi quantitativa su Facebook

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Academic year: 2021

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Corso di Laurea Magistrale

in Economia e Gestione delle Aziende

Ordinamento ex D.M. 270/2004

Tesi di Laurea

La comunicazione aziendale ai tempi dei social

media: un'analisi quantitativa su Facebook

Relatore

Ch. Prof. Agostino Cortesi Correlatore

Dott.ssa Fabiana Zollo Laureando

Mattia Cigana Matricola 844427 Anno Accademico 2017/2018

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Indice

1 Introduzione 11

1.1 Il Web ed i social media . . . 11

1.2 La diusione di Internet e delle nuove tecnologie . . . 14

1.2.1 I dati in Italia . . . 22

1.3 Una miniera di dati . . . 27

1.4 Obiettivi della tesi . . . 32

2 La comunicazione aziendale nell'era digitale 35 2.1 Il capitale social . . . 35

2.2 I social network come nuovo strumento di supporto alle vendite 39 2.3 Comprendere il valore delle azioni sui social network . . . 43

2.4 Il social media engagement e la sua relazione con la portata organica . . . 47

2.5 Il problema della disinformazione digitale . . . 55

3 Le strategie di comunicazione sui social network 61 3.1 Customer journey e brand experience . . . 61

3.2 Pianicazione strategica del social media marketing . . . 65

3.3 La social network analysis . . . 68

3.4 Applicazioni in ambito aziendale dell'analisi dei dati social . . 70

3.5 Strategie vincenti: la campagna Mr. Clean ed il caso Asos . . 74

4 La comunicazione aziendale su Facebook ed il settore del fashion retail come caso studio 81 4.1 Analisi, risultati e discussione . . . 83

4.1.1 Collezione dei dati . . . 84

4.1.2 Metodologia ed analisi . . . 85

4.1.3 Sentiment analysis . . . 92

4.1.4 Time-Attention analysis . . . 96

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Elenco delle gure

1.1 Distribuzione percentuale al gennaio 2017 della popolazione mondiale, degli utenti di Internet, degli utenti attivi sui social media e dei contratti mobili su base Regionale. Fonte dati: Digital Yearbook 2017 [1].. . . 15 1.2 Percentuale al gennaio 2017 del grado di penetrazione di

Inter-net e dei social media nelle dierenti regioni del globo. Fonte dati: Digital Yearbook 2017 [1]. . . 17 1.3 Media giornaliera al gennaio 2017 del numero di ore trascorse

dagli utenti in Internet (tramite dispositivi ssi e mobili) e sui social media. Fonte dati: Digital Yearbook 2017 [1]. . . . 18 1.4 Ranking aggiornato all'aprile 2017 dei più famosi social

me-dia monme-diali organizzati per milioni di account attivi. Fonte dati: www.statista.com. . . 19 1.5 Milioni di account attivi su Facebook al gennaio 2017, divisi

per sesso e per classi di età. Fonte dati: Digital in 2017 Global Overview [2]. . . 20 1.6 Livello di penetrazione al gennaio 2017 dell'e-commerce e del

m-commerce nei principali stati mondiali, con livello di spesa media annuale in dollari per utente. Fonte dati: Digital in 2017 Global Overview [2]. . . 21 1.7 Principali utilizzi online dei moderni dispositivi elettronici,

con livello percentuale del grado in cui smatphone, compu-ter e tablet vengono utilizzati per quelle attività. Fonte dati: Google Consumer Barometer [3]. . . 25 1.8 Milioni di account attivi in Italia, al giugno 2017, per ogni

piat-taforma di social media. Fonte dati: www.ilsole24ore.com, www.statista.com, www.wearesocial.com, www.repubblica.it, www.osservatoriosocialmedia.com . . . 26 1.9 Milioni di account attivi su Facebook in Italia al gennaio 2017,

divisi per sesso e per classi di età. Fonte dati: Digital in 2017 Global Overview [2]. . . 27

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2.1 I cinque livelli del social media engagement, classicati sul-la base dell'evoluzione dell'approccio dell'utente alsul-la pagina e della sua correlata situazione psicologica. Fonte dati: ela-borazione da [4]. . . 48 2.2 Dierenti tipologie di metriche classicate secondo le

catego-rie identicate da A. Kaushik, con l'aggiunta di una classe ri-guardante altri indicatori. Fonte dati: elaborazione da [5] e [6]. . . 51 2.3 Andamento, dall'agosto al novembre 2012, della portata

orga-nica dei post di pagine Facebook con dierente numero di fan.

Fonte dati: traduzione da [7]. . . 53 2.4 Andamento, dall'ottobre 2013 al febbraio 2014, della portata

organica dei post di pagine Facebook appartenenti a marchi.

Fonte dati: traduzione da [8]. . . 54 3.1 Evoluzione virtuale e sica della presenza di un brand nella

customer journey. Fonte dati: elaborazione da [9]. . . 63 4.1 Descrizione della collezione di dati. L'arco di tempo

analizza-to è due anni, dal 01/01/2015 no al 31/12/2016; la pagina Facebook uciale di Zara è nata nel Giugno 2016. . . 85 4.2 Confronto del numero di post di ogni pagina tra il 2015 ed il

2016, con percentuale di aumento/calo. . . 86 4.3 Descrizione di chi ha generato i post in tutte le pagine.

Po-st del brand sono quelli prodotti direttamente dalle pagine uciali, mentre Post degli utenti sono quei post generati da utenti e condivisi dalla pagina uciale o post nei quali la pagina uciale è stata taggata. . . 87 4.4 Numero di like lasciati dagli utenti in ogni pagina nel 2015 e

2016. . . 88 4.5 Numero di commenti rilasciati dagli utenti in ogni pagina nel

2015 e 2016. . . 89 4.6 Frazione di commenti rilasciati dal social media manager delle

relative pagine o dagli utenti. . . 90 4.7 Liker in comune tra le diverse pagine dei brand. . . 91 4.8 Commenter in comune tra le diverse pagine dei brand. . . 92 4.9 Numero di utenti unici, includendo sia liker che commenter e

considerandoli un'unica volta. . . 93 4.10 Utenti unici in comune tra le diverse pagine dei brand. . . 94 4.11 Distribuzione di frequenza delle diverse tipologie di post nelle

(7)

4.12 Lifetime dei post delle pagine uciali dei brand nell'arco tem-porale dal 01/01/2015 al 31/12/2016. . . 96 4.13 Confronto tra la lifetime dei post delle pagine uciali dei

brand nel 2015 e 2016. . . 97 4.14 Lifetime degli utenti delle pagine uciali dei brand nell'arco

temporale dal 01/01/2015 al 31/12/2016. . . 98 4.15 Confronto tra la lifetime degli delle pagine uciali dei brand

nel 2015 e 2016. . . 99 4.16 Distribuzione dei commenti negativi, neutrali e positivi per

ogni pagina analizzata. . . 100 4.17 Sentiment medio associato a dierenti tipologie di contenuti. . 101 4.18 Confronto tra il livello di sentiment medio associato ai post

nei quali il brand eettua commenta e quelli in cui non lo fa. . 101 4.19 Andamento settimanale del numero di like, commenti e

con-divisioni ricevuti dai post di ogni pagina analizzata. . . 102 4.20 Andamento orario del numero di like, commenti e condivisioni

ricevuti dai post di ogni pagina analizzata. . . 103 Tutte le immagini contenute in questa tesi, salvo ove altrimenti specicato, sono di Mattia Cigana c 2017.

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Abstract

Internet e i social network hanno sconvolto le modalità di comunicazione e, con esse, le logiche imprenditoriali, fornendo alle aziende la possibilità di entrare in contatto con milioni di utenti, i loro gusti e le loro percezioni. La capacità di un'azienda di cogliere l'andamento del mercato e dei diversi desideri del proprio pubblico, misurandone in modo preciso l'evoluzione, è sicuramente una delle sde della realtà nella quale viviamo. La diusione del Web 2.0 e degli strumenti ad esso associati ha assunto una dimensione tale per cui vengono continuamente instaurate nuove relazioni sociali virtuali. Inoltre gli utenti, attraverso le loro attività su Internet, lasciano tracce sulle loro preferenze e sensazioni, producendo allo stesso tempo enormi quantità di dati. Grazie alla data analysis, questi sconnati archivi di informazioni possono essere decriptati e sfruttati dalle aziende per pianicare strategie di comunicazione maggiormente allineate ai gusti dei loro consumatori o a ciò che questi desiderano. L'importanza dei social network quali mezzi di comunicazione, nonché strumenti a supporto delle vendite e della creazione di brand engagement, appare immediatamente chiara quando si scopre che le principali fonti di generazione di tali dati sono proprio le piattaforme social. Stressando l'argomentazione sull'importanza che rivestono per un'azienda l'attuazione di una buona campagna comunicativa, la presenza attiva sui social e la capacità di saper costruire legami di valore con il proprio pubblico, la tesi si propone di eettuare un'analisi comparata e quantitativa dei dati provenienti da cinque pagine Facebook associate ad altrettanti famosi marchi del mercato del fashion italiano: OVS, Coin e Benetton (tre realtà venete), H&M e Zara. Valutando le strategie comunicative adottate su Facebook dai brand analizzati, è stato possibile ricostruire come e in quale misura gli utenti interagiscono con le pagine. Lo studio si pone lo scopo di generare soprattutto consapevolezza, fornendo a supporto graci e prove empiriche, nonché far riettere sulle potenzialità oerte dalla data analysis, quale nuovo strumento di produzione di conoscenza aziendale.

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Capitolo 1

Introduzione

1.1 Il Web ed i social media

Il termine Web 2.0 è stato coniato nel 2003 da Dale Dougherty, vice presi-dente della O'Reilly Media, ed è entrato nel linguaggio comune a partire dal 2004 circa, indicando una versione di Internet più semplice, fatta di people connecting with other people (traduzione: persone che si connettono con al-tre persone) [10]. La dierenza principale rispetto al Web 1.0 risiede infatti proprio nel fatto che, mentre la prima versione era statica e consentiva la semplice raccolta passiva di informazioni, la seconda ha sconvolto il format dei siti web e, soprattutto, il modo in cui gli utenti vi interagiscono. Ne-gli ultimi anni la rete è diventata infatti sempre più social, incrementando progressivamente la quantità di interazioni con i contenuti e migliorandone la fruibilità. Ciò ha permesso di trasformare il Web in un social web, dove non ci si limita a raccogliere informazioni da un computer, ma si è costan-temente connessi con milioni di persone, avendo la possibilità di pubblicare ed accedere a nuovi contenuti a qualsiasi ora del giorno [11, 12]. E in eetti, i principali strumenti del Web 2.0 sono rappresentati dai social media e dai social network.

Il termine social media viene solitamente impiegato per descrivere quel-l'insieme di piattaforme digitali quali blog e microblog (es. Twitter), forum, siti di social networking (es. Facebook), siti web riguardanti progetti di condivisione di cultura (es. Wikipedia, che viene aggiornato grazie all'attivi-tà delle persone che lo frequentano), applicazioni, mondi virtuali di gaming, ecc. [10]. Una denizione più specica del termine è stata proposta da Kaplan e Haelein [13], che classicano i social media come a group of Internet-based applications that build on the ideological and technical foudations of Web 2.0, and that allow the creation and exchange of user-generated content

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(tradu-zione: un gruppo di applicazioni basate sul web e costruite sui paradigmi ideologici e tecnici del Web 2.0, che permettono la creazione e lo scambio e la creazione di contenuti generati dagli utenti). Analizzando il termine nel dettaglio, social si riferisce alle interazioni con altre persone, caratterizzate da processi simultanei di condivisione e ricezione di informazioni; media deriva invece dal latino medium, che signica mezzo, strumento, dunque si riferisce agli strumenti utilizzati per la comunicazione e la condivisione di contenuti (Internet, TV, radio, giornali, ecc.). Unendo le singole de-nizioni, si può trarre la conclusione che i social media siano strumenti di comunicazione basati sul Web 2.0, che permettono ad un vasto pubblico di interagire consumando e condividendo contenuti in modo semplice, eciente e praticamente in tempo reale [10].

I social network, letteralmente reti sociali, si palesano invece dopo l'i-niziale interazione tra individui e, pertanto, possono essere considerati come un sottoinsieme dei social media. La dierenza sostanziale sta nel fatto che, una volta avvenuto lo scambio di contenuti tra individui, anché si generi una rete sociale, vi deve essere la creazione di una community atta ad age-volare la condivisione di informazioni tra individui accomunati da medesimi interessi [11]. Non tutti i social media permettono la creazione di reti sociali; perché si origini una rete sociale, la bidirezionalità del rapporto deve essere integrata con il collegamento tra utenti specici che condividono passioni ed interessi. Esempi di social network sono Facebook, Twitter, Youtube, Linke-dIn, Pinterest, Instagram; essi sono tutti caratterizzati da gruppi di persone connessi da interessi comuni, legami professionali o aettivi, di parentela, ecc. I social media si congurano, invece, come quell'insieme di strumenti, tecniche e pratiche utili alla creazione e condivisione di contenuti online [12]. Appurata la sostanziale dierenza tra i due concetti, un'ennesima dissomi-glianza si riscontra in fase di comunicazione: qualora si parli di social media, si fa riferimento ad un'interazione mediante email, commenti, condivisioni di contenuti e messaggi istantanei; i social network consentono invece di po-stare o twittare sulla propria pagina utente, cioè condividere contenuti nel proprio prolo personale, oppure inviare messaggi privati a individui/gruppi e condividere contenuti con uno specico gruppo di utenti.

I social media presentano, comunque, una serie di elementi che ne con-sentono l'identicazione [14]:

• vi deve essere la possibilità per gli utenti di creare un proprio account (prolo), che spesso include informazioni personali (nome, cognome, foto personale, ecc.), tramite il quale poter condividere informazioni o interagire con gli altri utenti online. Senza un prolo un utente non è in grado di svolgere alcuna attività nel sito;

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• vi deve essere un motore di ricerca interno al sito;

• gli account permettono di avere friends (amici) o followers (seguaci), ma anche di creare gruppi, hashtag e molto altro, permettendo agli utenti di creare una rete di contatti virtuale con i quali interagire me-diante vari comandi (i più noti sono messaggi pubblici e privati, mi piace, commenti, condivisioni);

• vi deve essere possibilità di personalizzare e aggiornare il proprio pro-lo, modicando l'aspetto della propria pagina, organizzando la rete di amici o seguaci, caricando contenuti multimediali (anche scaricando) e gestendo le notizie sulle quali si desidera essere informati (solitamente mediante notiche), ecc.

Ciò che diversica dunque questi nuovi strumenti di comunicazione, ri-spetto ai normali mass media, è per l'appunto la possibilità che vi possa essere una comunicazione bidirezionale durante la quale si verichi uno scambio di informazioni. Tale interazione reciproca può avvenire sia mediante la sem-plice condivisione, che attraverso una richiesta di un commento, di un voto o molto altro. Mentre i tradizionali strumenti prevedono un'interazione che avviene unidirezionalmente, riportando semplicemente notizie e non dando ai destinatari possibilità di interazione, quindi di condivisione, i social media permettono un dialogo incrociato.

Fino a qualche anno fa i destinatari delle informazioni erano soggetti che non potevano produrre notizie, informazioni o altre risorse, ma attualmen-te chiunque con una connessione Inattualmen-ternet può accedere alla reattualmen-te e diventare creatore e fruitore di qualsiasi genere di informazione. Il potenziale di dif-fusione dell'informazione risulta in tal modo estremamente elevato, il che permette ad un singolo contenuto di poter raggiungere facilmente dalle po-che centinaia alle milioni di persone. Indubbiamente, le potenzialità di tali strumenti sono notevoli e moltissime aziende hanno riconosciuto nei social media un'opportunità per connettersi in maniera più eciente con i propri clienti. I social si congurano, di conseguenza, come strumenti promozionali ecienti per aziende, imprenditori ed artisti. Oggigiorno, gli smart business creano delle community online, dove i fornitori e i clienti possono scambiare idee, condividere esperienze e incoraggiare l'innovazione.

Appare ora chiaro come il Web 2.0, ed in particolare gli strumenti social, costituiscono per le realtà economiche una risorsa fondamentale, considerato anche il fatto che favoriscono il complesso processo di generazione di dati ed informazioni che potranno essere sfruttati per ideare e perfezionare le strategie di mercato.

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1.2 La diusione di Internet e delle nuove

tec-nologie

Il Digital Yearbook del gennaio 2017 [1]1 riporta che attualmente la

popola-zione mondiale è pari a poco più di 7,4 miliardi di persone, di cui circa il 55% vive in città più o meno avanzate. L'Organizzazione delle Nazioni Unite [15] ed US Census Bureau [16] confermano la stima precedente e dichiarano che, in percentuale, la popolazione mondiale al 2017 è così suddivisa: 26% 014 anni, 24% 1529 anni, 21% 3044 anni, 17% 4559 anni, 12% 60over60.

Paragonando i dati precedenti con il numero degli utilizzatori di Internet, che a inizio 2017 erano poco più di 3,77 miliardi (50% della popolazione totale), si può ben capire come la rete abbia avuto una diusione incredibile negli ultimi anni. La possibilità di accedere ad Internet ha infatti registrato un +8% medio annuo a livello globale; tra il gennaio 2016 e il gennaio 2017 si osserva che, solo in un anno, vi è stato un aumento del 10% nel numero di utenti connessi ad Internet (+354 milioni di persone).

La diusione di Internet ha comportato un boom anche nell'utilizzo dei social media, i quali vedono 2,789 miliardi di utenti attivi, cioè il 38% della popolazione mondiale e circa il 74% di coloro che accedono alla rete in ge-nerale. Nell'ultimo anno tali strumenti hanno quindi raggiunto un numero di utenti che supera un terzo della quantità totale di persone che abitano il globo. Rispetto al dato del medesimo periodo dell'anno precedente, vi è stata una crescita in termini assoluti di 482 milioni di utenti (+21%), il che signica 5 nuovi account/utenti al secondo. Naturalmente, tale incremento è stato favorito anche dalla diusione dei dispositivi elettronici mobili, dal-l'ampliamento della connettività mobile e dall'incremento della velocità di connessione. Inoltre va considerata anche la crescita del numero di contratti telefonici siglati (SIM Card), che attualmente hanno raggiunto una cifra che si attesta attorno ai 7,220 miliardi, per una media di quasi un contratto a persona. Questi contratti, siglati per poter abilitare i dispositivi mobili al-l'accesso alla rete, hanno permesso di incrementare del 5% (+222 milioni di utilizzatori rispetto al 2016) i soggetti che utilizzano apparecchiature mobili, raggiungendo la cifra di quasi 4,920 miliardi di persone (66% della popola-zione totale). Tra questi, 3,448 miliardi di persone utilizzano un dispositivo mobile per eettuare la connessione alla rete (ovvero, il 70% di coloro che ne sono in possesso, circa il 47% della popolazione totale e il 91% di coloro abilitati alla connessione in generale).

1Il report è stato elaborato dalle compagnie We Are Social e Hootsuite in collaborazio-ne con GlobalWebIndex, GSMA Intelligence, Statista, Google, Akamai, StatCounter ed Ericsson.

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Figura 1.1: Distribuzione percentuale al gennaio 2017 della popolazione mon-diale, degli utenti di Internet, degli utenti attivi sui social media e dei con-tratti mobili su base Regionale.

Fonte dati: Digital Yearbook 2017 [1].

E' possibile esaminare i dati nei vari continenti. La Figura 1.1 denisce a livello macro-regionale le percentuali legate alla distribuzione del numero di persone, utenti della rete, utenti attivi sui social e contratti telefonici (SIM Card).

In termini numerici, l'America nel suo insieme presenta poco più di 1,006 miliardi di persone (81% di urbanizzazione), di cui circa 718 milioni sono utenti della rete (+8% rispetto al 2016), quasi 599 milioni sono attivi sui social (60% degli Americani ed un +17% dal 2016) e di essi ben 535 milioni vi accedono tramite dispositivi mobili (+22% dal dato del 2016). Il numero di contratti telefonici siglati nel continente americano sono tuttavia calati del 3% e sono attualmente circa 1069 miliardi (1,1 contratti a persona).

L'Africa invece conta quasi 1,262 miliardi di persone (meno del 40% di urbanizzazione), di cui all'incirca 362 milioni utenti del Web (+4% rispetto al 2016), 171 milioni di utenti attivi sui social (14% degli Africani ed un +32% dal 2016) e di essi quasi 150 milioni vi accedono tramite dispositivi mobili (+47% dal dato del 2016). Il numero di contratti telefonici siglati nel con-tinente africano sono aumentati dell'1% rispetto al 2016 e sono attualmente circa 995 milioni (0,8 contratti a persona).

L'Asia registra poco più di 4,377 miliardi di persone (meno del 45% vivono in città) e tra di esse 2,041 accedono alla rete (più dei 15% di incremento rispetto al 2016). Tra coloro che si connettono a Internet, 1,593 miliardi hanno un prolo personale sui social (36% degli Asiatici ed un incremento di

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più del 25% dal 2016) e quasi 1,512 miliardi vi accedono tramite dispositivi mobili (crescita superiore al 35% dal dato del 2016). Il numero di contratti telefonici siglati nel continente asiatico sono aumentati di circa il 5% rispetto al 2016 e sono attualmente più di 4,033 miliardi (0,9 contratti a persona).

L'Oceania, continente molto vasto che comprende Australia, Melanesia, Micronesia, Nuova Zelanda e Polinesia, conta solo 41 milioni di persone (71% di urbanizzazione), di cui circa 28 milioni sono utenti della rete (+1% rispetto al 2016), 21 milioni sono attivi sui social (51% degli abitanti del continente, +16% dal 2016) e di essi ben 18,4 milioni vi accedono tramite dispositivi mobili (+12% dal dato del 2016). Il numero di contratti telefonici siglati nel continente sono circa 44 milioni (1,1 contratti a persona) e hanno registrato un aumento del 2% rispetto all'anno precedente.

Per quanto riguarda l'Europa, essa presenta all'incirca 819 milioni di per-sone (circa 70% vivono in città) e tra di esse 622 milioni accedono alla rete (circa 4% di incremento rispetto al 2016). Tra coloro che si connettono ad Internet, poco più di 405 milioni di persone hanno un prolo attivo in una delle principali piattaforme social (49% degli Europei ed un incremento di circa il 5% dal 2016) e 334 milioni vi accedono tramite dispositivi mobili (cre-scita dell'11% dal dato del 2016). Il numero di contratti telefonici siglati nel continente sono tuttavia leggermente diminuiti (-0,1%) e sono attualmente poco più di 1,077 miliardi (1,3 contratti a persona).

A livello mondiale, nell'ultimo anno, si è notato un fortissimo incremen-to nell'uso di dispositivi mobili anche per accedere ai social media: il 91% degli utenti iscritti totali, ben 2,549 miliardi di persone, navigano sui social tramite tecnologie mobili (+30%, +581 milioni rispetto al 2016). Da ciò si evince che gli utilizzatori di piattaforme tramite tali apparecchi rappresenta-no pressappoco il 34% della intera popolazione mondiale e circa il 68% degli utenti che fanno uso di Internet in generale.

I dati permettono dunque di comprendere come l'accesso ad Internet av-venga da parte di sempre più utenti, principalmente tramite dispositivi mo-bili, e che quasi tutti coloro che ne possiedono uno eettuino tramite tale di-spositivo l'accesso alle piattaforme social. Bisogna comunque tenere a mente che, essendo il numero totale di utenti Internet pari a 3,770 miliardi e 3,448 miliardi il numero di soggetti che vi accedono tramite dispositivi mobili, per-mane un 9% circa di soggetti che per accedere alla rete Web si avvale ancora di sistemi ssi.

Appurato che i due terzi della popolazione mondiale utilizza dispositivi mobili (4,920 miliardi di persone), è interessante sottolineare che le connes-sioni a Internet eettuate dai 3,448 miliardi di soggetti avvengono per circa il 50% delle volte mediante smartphone. Ciò permette di concludere che circa un quarto della popolazione dell'intero globo ne utilizza uno.

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Avendo esaminato a livello macro-regionale il mondo, è possibile ora di-segnare una mappa a livello globale riportante il grado di penetrazione della rete Internet e dei social media nelle diverse regioni.

Figura 1.2: Percentuale al gennaio 2017 del grado di penetrazione di Internet e dei social media nelle dierenti regioni del globo.

Fonte dati: Digital Yearbook 2017 [1].

La media globale di penetrazione di Internet è di poco superiore il 50%, mentre quella dei social media si attesta all'incirca sul 37,2%, il che signica che a livello mondiale più di un terzo dei soggetti che accedono ad Internet possiedono un prolo social.

Per quanto riguarda la rete in generale, l'Europa è il Paese che presenta una maggiore penetrazione (76%), seguita rispettivamente da America (71%), Oceania (68%), Asia (47%) e Africa (29%). Osservando invece i risultati riguardanti la penetrazione dei social media, appare che il continente più "social" sia l'America (60%), seguita da Oceania (52%), Europa (50%), Asia (36%) e Africa (14%).

I dati confermano comunque che rispetto al 2016 vi è stato un netto incre-mento degli utenti di Internet principalmente nei cosiddetti Paesi emergenti, quali ad esempio Indonesia, Filippine, Messico, India, Thailandia e Brasile; tale crescita è stata accompagnata da un incremento anche dei proli social, che ad esempio in Sud Africa sono aumentati del 73%, in India del 40%, in Indonesia del 34%, ecc. Tuttavia, per comprendere maggiormente il fenome-no di Internet e dei social media, risulta interessante analizzare il numero di ore giornaliere che gli utenti dei diversi stati vi trascorrono mediamente a livello mondiale.

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La Figura 1.3 presenta i principali stati mondiali, disposti in ordine alfa-betico, e per ognuno di essi la media del numero di ore giornaliere trascorse dagli utenti in Internet e sui social media. Il tempo relativo ad Internet è stato suddiviso in ore trascorse sul web tramite dispositivi ssi e disposi-tivi mobili; di conseguenza, se si desidera avere una dimensione totale del fenomeno per ogni stato, è suciente sommare i due quantitativi.

Figura 1.3: Media giornaliera al gennaio 2017 del numero di ore trascorse dagli utenti in Internet (tramite dispositivi ssi e mobili) e sui social media.

Fonte dati: Digital Yearbook 2017 [1].

In termini di ore trascorse in Internet in generale, i primi stati sono Filip-pine, Brasile, Thailandia, Indonesia e Malesia, mentre quelli che presentano il più ridotto numero medio di ore per giorno sono Australia, Corea del Sud, Francia, Germania e all'ultimo posto Giappone. Relativamente ai social me-dia, invece, gli stati che trascorrono più tempo sulle piattaforme social sono Filippine, Brasile, Argentina, Messico e Emirati Arabi; di contro coloro che le frequentano meno sono Australia, Francia, Corea del Sud, Germania e Giap-pone. Esaminando i totali si nota di conseguenza che il ranking mondiale segue una logica inversamente proporzionale rispetto al grado di sviluppo dei Paesi; più uno stato è in via di sviluppo, più accede alla rete e frequenta i social, mentre più un Paese è aermato a livello mondiale più si dispone nelle posizioni centrali o nali di entrambe le classiche.

Mediamente, a livello mondiale, la popolazione che ha la possibilità di connettersi alla rete lo fa ogni giorno per circa 3 ore e 24 minuti. Tuttavia, esaminando più approfonditamente i dati [1], è possibile concludere che in media ogni giorno gli utenti trascorrono in Internet 4 ore e 8 minuti tramite dispositivi ssi e 2 ore e 40 minuti tramite dispositivi mobili. Quest'ultimo dato però ha subito un rapido incremento negli ultimi anni, il che signica

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che la modalità di connessione si sta evolvendo. Attualmente il 45% delle connessioni avviene tramite computer (-20% rispetto al 2016), il 50% me-diante smartphone (+30%), il 5% per mezzo di tablet (-5%) e circa lo 0,1% attraverso dispositivi come console e SmartTV (+33%).

A livello globale è inne possibile analizzare le prestazioni dei singoli social media in termini di milioni di account attivi per piattaforma (Figura 1.4).

Figura 1.4: Ranking aggiornato all'aprile 2017 dei più famosi social media mondiali organizzati per milioni di account attivi.

Fonte dati: www.statista.com

Appare chiaro lo strapotere di Facebook all'aprile 2017 nella categoria social network, mentre nel medesimo periodo la prime applicazioni di mes-saggistica e chiamate sono Whatsapp e Facebook Messenger, entrambe so-cietà e piattaforme controllate da Facebook. Considerando poi che Facebook controlla anche Instagram, in termini assoluti la società (pur considerando nel conto i vari doppioni) presenta una potenzialità di audience totale che sora i 4 miliardi di persone. WeChat e QQ fanno invece parte della Ten-cent, una società di social media cinese che detiene il monopolio in Cina, ma che spartisce l'audience del continente asiatico con LINE, piattaforma più diusa in Giappone con quasi il 50% di penetrazione a livello nazionale, e con Kakaotalk, leader nella Corea del Sud.

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Focalizzando l'attenzione su Facebook, la piattaforma più diusa a livello mondiale, questa conta circa 1,968 miliardi di account attivi (1,871 miliardi a inizio 2017), è frequentata giornalmente dal 55% dei suoi utenti e al gennaio 2017 quasi il 90% di essi, circa 1,712 miliardi di utenti, la utilizza anche me-diante dispositivi mobili. In generale, sempre al gennaio 2017, le connessioni alla piattaforma avvengono per il 39% dei casi mediante computer, per l'80% tramite smatphone, per l'11% attraverso tablet e per il restante 1% con altri dispositivi mobili. I report redatti da We Are Social e Hootsuite [1, 17, 2] aermano, inoltre, che a livello globale il 44% degli account attivi appartiene alle donne ed il 56% agli uomini (rispetto a quanto dichiarato nei proli). Suddividendo i proli nelle diverse fasce di età, al gennaio 2017 è possibile comprendere come Facebook sia il social network principalmente dei giova-ni. Dalla Figura 1.5 si evince che nelle fasce di età medio-anziane l'accesso generale alla piattaforma si riduce e le percentuali di account femminili e maschili tendono ad equipararsi, con una modesta inessione quelli associati a gure maschili. D'altra parte, le categorie più giovani presentano un forte legame con la piattaforma, il che le rende maggiormente soggette e principale obiettivo di strategie aziendali di marketing e di pratiche di coinvolgimen-to. Queste ultime, in particolare, vengono poste in essere mediante azioni volte a spingere il proprio audience ad interagire con i contenuti condivisi, nonché instillare in esso il desiderio di rimanere aggiornato e ritornare nella pagina [18, 4].

Figura 1.5: Milioni di account attivi su Facebook al gennaio 2017, divisi per sesso e per classi di età.

Fonte dati: Digital in 2017 Global Overview [2].

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tempo di incrementare anche la porzione di soggetti che eettuano acquisti online. L'evoluzione nella modalità d'acquisto dei consumatori ha permesso al mercato dell'e-commerce di raggiungere al gennaio 2017 circa 1,61 miliardi di clienti, cioè il 22% della popolazione mondiale. Sempre più spesso, inoltre, non è più distinguibile la linea che separa le politiche di e-commerce da quelle di social commerce; l'incremento delle vendite, infatti, sembra presentare una diretta correlazione con l'attività che le aziende svolgono sui social [19].

Esaminando il livello di penetrazione di tale tipologia di vendita nei prin-cipali stati mondiali, rapportata con il medesimo dato riferito al m-commerce (mobile-commerce), è possibile comprendere che sempre più persone acqui-stino prodotti online, sopratutto tramite dispositivi mobili. Appare dunque evidente che le aziende debbano essere in grado di attuare strategie di mercato che coinvolgano anche pratiche di social media marketing.

Figura 1.6: Livello di penetrazione al gennaio 2017 dell'e-commerce e del m-commerce nei principali stati mondiali, con livello di spesa media annuale in dollari per utente.

Fonte dati: Digital in 2017 Global Overview [2].

Nella Figura 1.6 viene presentato il grado di penetrazione del mercato e-commerce rispetto al totale della popolazione dello stato associato; il dato comprende tutti coloro che nell'ultimo mese, al gennaio 2017, hanno eet-tuato un acquisto online con qualsiasi dispositivo. Il medesimo ragionamento vale per il grado di penetrazione del mercato m-commerce, caratterizzato da

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un'operazione commerciale avvenuta tramite dispositivo mobile. All'apice di ogni barra del graco è presente il livello di spesa media annua nel 2016 degli utenti che hanno acquistato sul mercato digitale. Come si può notare, gli stati che presentano una maggiore penetrazione del mercato e-commerce so-no quelli più sviluppati, dove le aziende hanso-no investito maggiormente nella digitalizzazione e su politiche di marketing che coinvolgono i social media ed i social network.

In ordine i primi 5 stati sono Inghilterra, Corea del Sud, Germania, Giap-pone e Stati Uniti, mentre gli ultimi sono rispettivamente Filippine, Messico, India, Sud Africa ed Egitto. Il trend precedente rimane invariato anche per quanto riguarda l'm-commerce, con una leggera inessione dei paesi svi-luppati a favore di quelli emergenti. Tra gli stati analizzati, la sostanziale dierenza tra e-commerce e m-commerce, oltre ai dispositivi tramite i quali vengono eettuati gli acquisti, si nota nella crescita di utenti che hanno fatto registrare rispetto al 2016: mentre l'e-commerce ha visto un incremento del 9%, la diusione del mobile commerce è aumentata di ben il 40%.

Nel 2016 coloro che hanno eettuato acquisti online hanno speso in me-dia in un anno circa 1.200 dollari cadauno; ciò signica che il volume d'aari generato raggiunge quasi i 2 miliardi di dollari l'anno. Risulta pertanto chia-ro che l'aspetto digitale e sociale debba rivestire un ruolo centrale in ogni progetto di promozione aziendale, inuenzando l'attività di vendita e quel-le ad essa correlate; in tal modo sarà possibiquel-le generare una più attenta e dinamica comunicazione aziendale e ideare strategie innovative che sia-no in grado di cogliere i vantaggi derivanti da questo mondo sempre più iperconnesso [18, 19].

1.2.1 I dati in Italia

Il report Digital Yearbook del gennaio 2017 [1] riporta che attualmente la popolazione italiana è pari a 59,8 milioni di persone, con una percentuale circa del 70% di urbanizzazione. Il dato sul numero di cittadini italiani viene confermato anche dai dati dell'Organizzazione delle Nazioni Unite [15] e dell'Istat [20], i quali dichiarano che in percentuale la popolazione a inizio 2017 era così suddivisa: 14% 0-14 anni, 15% 15-29 anni, 19% 30-44 anni, 23% 45-59 anni, 29% 60-over60. Le categorie di età italiane, se rarontate ai livelli mondiali, fanno registrare rispettivamente un -12%, -9%,-2%, +5% e +17%. Da tali dati si può concludere che l'Italia presenta una popolazione tendenzialmente più anziana, dato che le sue categorie più giovani registrano una notevole inessione comparate ai dati a livello mondiale.

Rispetto comunque al computo totale degli abitanti, secondo l'Internatio-nal Telecommunication Union (ITU), ben 39,21 milioni di persone (circa il

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66% della popolazione italiana) sono eettive utilizzatrici della rete Internet, il che pone l'Italia al di sopra del 16% rispetto della media globale. Tutta-via, probabilmente a causa anche del limitato sviluppo delle infrastrutture tecnologiche sul territorio italiano, tra il gennaio 2016 e il gennaio 2017 il nostro Paese ha fatto registrare solamente un +4% nel numero di utenti con-nessi, per un corrispettivo di +2 milioni di persone. Un sondaggio di inizio 2017 di Google Consumer Barometer [3] ha dichiarato che l'86% degli utenti accede ad Internet ogni giorno; pertanto, un investimento statale che permet-ta di incremenpermet-tare ancor più la diusione della rete, magari migliorando la dotazione della banda larga e ultra-larga, sarebbe auspicabile e quanto mai fondamentale per rendere ancor più competitive le aziende italiane [21].

Oltre a coloro che vi accedono ogni giorno, il report prosegue aermando che il 10% degli utenti vi accede una volta a settimana, il 3% una volta al mese e l'1% meno di una volta al mese. Il crescente numero di utenti connessi alla rete ha comportato un incremento degli italiani iscritti ai social media, i quali a gennaio 2017 sorano i 31 milioni (+3 milioni di utenti rispetto al 2016 per un +11%), ben il 52% della popolazione nazionale e quasi l'80% di coloro che accedono ad Internet in generale. Considerando che la media globale registra rispettivamente un 38% e un 74%, in entrambi i casi la popolazione social italiana si pone al di sopra del dato medio mondiale rispettivamente con un +14% e un +6%. La diusione dei dispositivi mobili nel 2016 ha generato, oltre che un ampliamento del fenomeno Internet, anche una forte crescita nel numero di coloro che li utilizzano per accedere alle piattaforme social, potenziandone ancor più la diusione. Circa l'88% degli utenti italiani iscritti alle piattaforme social vi navigano infatti tramite dispositivi mobili (+4 milioni rispetto al 2016 per un +17%).

La crescita degli utenti attivi nelle piattaforme social è stata pertanto favorita anche dalla diusione dei dispositivi elettronici mobili, dal potenzia-mento della rete mobile e della connessione, ma soprattutto dalla progressiva diusione della cultura multimediale. A tali elementi macro e microecono-mici si aggiungono poi le politiche accattivanti delle principali compagnie telefoniche, le quali tuttavia hanno registrato nell'ultimo anno un -4% nel numero di contratti mobili siglati (SIM Card); nonostante la riduzione di 4 milioni, all'inizio del 2017 il numero di SIM Card era di circa 76,74 milioni, per una media di 1,3 contratti a persona (+0,3 contratti a persona rispetto al dato mondiale). Tali sottoscrizioni hanno generato un eetto a catena che ha portato ad un incremento nella diusione di dispositivi mobili sul territorio (l'Italia presenta una diusione di smatphone dell'85%, terzo posto a livello mondiale dopo Spagna e Singapore) e, non meno importante, del numero di utenti che tramite essi eettuano l'accesso al Web. Al gennaio 2017, circa 28 milioni di persone, cioè il 47% della popolazione italiana e

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approssimati-vamente il 71% di tutti coloro che accedono alla rete in generale, eettuano la connessione tramite apparecchi mobili. Anche in questo caso la realtà ita-liana fa registrare rispettivamente un +13% e un +3% rispetto alle medie globali.

È possibile concludere che gli utilizzatori dei social, mediante apparec-chi mobili, rappresentano circa il 70% degli utenti che fanno uso della rete Internet in generale (rapporto che presenta quasi un +4% rispetto alla me-dia registrata a livello globale) e circa il 46% dell'intera popolazione italiana (+12% rispetto alla media mondiale). Da ciò si evince che l'andamento con-statato a livello mondiale si ripercuote anche nel panorama italiano; vi sono, cioè, sempre più utenti connessi ad Internet, principalmente tramite disposi-tivi mobili, e una notevole percentuale di essi eettua tramite tali apparecchi anche l'accesso alle piattaforme social.

Ciò viene confermato anche dai dati pubblicati da Google Consumer Ba-rometer nel gennaio 2017 [3], i quali dichiarano che il 96% dei soggetti con più di 16 anni utilizzano un telefono cellulare e il 70% uno smartphone; inoltre, sempre nella medesima categoria di soggetti, il 63% adopera computer sso e il 31% tablet. Nonostante la maggiore propensione degli italiani nel navigare in Internet e sui social tramite smartphone e tablet, permane ancora una percentuale minore di utenti che eettua l'accesso mediante dispositivi ssi. Il fatto che gli italiani stiano abbandonando progressivamente l'abitudine di connettersi da un PC si riscontra esaminando anche le connessioni, poiché quelle che avvengono tramite computer, nell'ultimo anno, hanno subito un calo del 14%. In linea generale i collegamenti avvengono comunque per poco meno del 63% mediante computer ssi o portatili (-14% rispetto al 2016), per il 31% attraverso smartphone (+44%), per il 6% tramite tablet (+8%) e per il restante 0,2% mediante dispositivi come console e SmartTV (+24%).

In base ad un sondaggio del 2016 di Google Consumer Barometer [3], sottoposto ad un campione casuale di diecimila individui e riguardante l'u-tilizzo settimanale dei dispositivi online, l'attività degli italiani in Internet prevede essenzialmente nove diverse macro-aree di interesse: utilizzare un motore di ricerca, accedere ai social network, controllare le email, giocare ai videogiochi, guardare video, eettuare acquisti, ricercare informazioni su un prodotto, consultare mappe e ascoltare musica. La ricerca di Google ha permesso poi di ricostruire le percentuali con le quali i diversi soggetti utiliz-zano i dispositivi per le dierenti attività. Come si può notare dalla Figura 1.7, tutti i principali dispositivi mobili vengono utilizzati principalmente per consultare i motori di ricerca, per accedere ai social network e per controllare le email.

Negli ultimi anni si è osservato anche un incremento progressivo dell'at-tenzione di tutti gli utenti verso la fruizione di lmati online, favorita

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pro-Figura 1.7: Principali utilizzi online dei moderni dispositivi elettronici, con livello percentuale del grado in cui smatphone, computer e tablet vengono utilizzati per quelle attività.

Fonte dati: Google Consumer Barometer [3].

babilmente anche dalla loro presenza sui social network. In base a quanto dichiarato da Google, circa un italiano su tre aerma di visualizzare, almeno una volta al giorno, un video online; inoltre, ogni italiano in media trascorre quotidianamente in Internet circa 6 ore (4 tramite dispositivi ssi, poco più di 2 attraverso dispositivi mobili) di cui circa 2 ore solo nei social media (vedi Figura 1.3 dati relativi all'Italia).

Attualmente nel territorio nazionale, come citato in precedenza, più della metà degli italiani possiede un prolo social; rispetto alla media mondiale gli utenti social nazionali tendono, tuttavia, ad utilizzare meno piattaforme, ma con maggiore frequenza. La Figura 1.8 ribadisce, come era accaduto a livello mondiale, lo strapotere di Facebook nella categoria dei social network; rispet-to alla classica mondiale, però, YouTube guadagna due posizioni, salendo al secondo posto tra le piattaforme più diuse in Italia. Nelle prime cinque posizioni, insieme a Instagram, si pongono ben due piattaforme di messag-gistica e chiamate: Whatsapp e Facebook Messanger. Successivamente si trova LinkedIn, piattaforma legata al lavoro, che si pone allo stesso livello di Skype, applicazione riservata alle chiamate e alla messaggistica. La classica viene chiusa da Snapchat, la quale ha visto una ridotta diusione in Italia.

Focalizzando l'attenzione su Facebook, piattaforma che ha riscosso la maggiore adesione, questa conta tra le sue la quasi 31 milioni di utenti, di cui quasi l'80% vi accede ogni giorno (media globale del 55%). Dei 24 milioni di italiani connessi a Facebook ogni giorno, 22 milioni (92%) vi accede tramite dispositivi mobili. I report redatti da We Are Social e Hootsuite [1, 17, 2] aermano inoltre che in Italia il 48% dei proli appartengono alle donne ed il 52% agli uomini (rispetto a quanto dichiarato nei proli). La disparità che si ravvisa tra le due percentuali a livello mondiale (12%) viene quasi ad annullarsi nel caso italiano, raggiungendo circa il 4%.

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Figura 1.8: Milioni di account attivi in Italia, al giugno 2017, per ogni piat-taforma di social media.

Fonte dati: www.ilsole24ore.com, www.statista.com, www.wearesocial.com, www.repubblica.it, www.osservatoriosocialmedia.com

di età, è possibile ravvisare un andamento più trasversale, dierentemente da quanto riscontrato a livello mondiale; in Italia la piattaforma non solo risulta diusa tra i giovani, ma anche tra le classi di mezz'età ed oltre. La Figura 1.9 consente di aermare che in tutte le classi di età la dierenza nella spartizione del numero di proli associati a donne ed uomini rimane piuttosto leggera; ciò dimostra che, a dierenza del caso mondiale, entrambi i sessi detengono ugual livello di interesse nell'essere presenti in Facebook. Si constata tuttavia che, se a livello mondiale i principali fruitori della piattaforma risultavano essere le fasce di età comprese tra i 13 e i 34 anni, nella realtà italiana tali categorie subiscono una leggera inessione a favore di quelle più centrali e a destra del graco. L'eetto è dovuto probabilmente al fatto che la popolazione italiana risulta essere mediamente più anziana rispetto alla media mondiale, oppure perché semplicemente nella nostra società il desiderio di essere presenti sulla piattaforma social più famosa del mondo si è diusa anche tra i meno giovani. Ciò comunque rivela come Facebook sia diventato un mezzo di informazione e comunicazione accessibile a chiunque.

I dati nora analizzati permettono di comprendere quale sia la reale por-tata in termini di rilevanza del fenomeno Internet e social, sia dal punto di vista dell'utente che del mondo imprenditoriale. La notevole diusione e

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Figura 1.9: Milioni di account attivi su Facebook in Italia al gennaio 2017, divisi per sesso e per classi di età.

Fonte dati: Digital in 2017 Global Overview [2].

utilizzo di entrambi gli strumenti ha permesso nel tempo di ampliare anche la percentuale di soggetti che eettuano acquisti online. Al gennaio 2017 l'Italia presenta un grado di penetrazione del mercato e-commerce pari al 46%, mentre per quanto riguarda il m-commerce del 23% (vedi Figura 1.6 dati relativi all'Italia); inoltre il livello medio di spesa annua per utente è di circa 555 dollari. Ciò signica che nell'ultimo mese, prendendo come riferi-mento gennaio 2017, quasi la metà degli italiani ha comprato online e che praticamente la metà di essi l'ha fatto tramite dispositivo mobile.

1.3 Una miniera di dati

Al giorno d'oggi è davvero dicile poter immaginare un business senza Inter-net. La digitalizzazione ha infatti stravolto il modo tramite il quale le aziende interagiscono con i loro clienti, orendo prodotti e servizi, ma ha anche modi-cando le attività di comunicazione e promozione [18]. Ogni giorno centinaia di milioni di persone, utilizzando i moderni apparecchi elettronici, accedono al web e senza accorgersene producono insiemi di dati; essi possono essere elaborati e sfruttati dalle aziende per individuare in tempo reale opportunità di mercato, cogliere opinioni e preferenze dei soggetti, nonché leggere con maggiore precisione ciò che sta accadendo per prevedere gli sviluppi futuri.

L'incremento della diusione di dispositivi elettronici, sia nei Paesi svi-luppati che in quelli in via di sviluppo, collegata alla espansione della rete Internet, ha permesso che questa produzione di dati venisse

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esponenzialmen-te ampliata, tanto che IBM stima che il fenomeno si aggiri su dimensioni di circa 2,5 exabyte/giorno (2,5 x 1018 byte) [22, 23]. Tali dati sono poi carat-terizzati da una elevata rapidità di generazione (spesso si parla di real time) e da una notevole adabilità, il che consente di riporre in essi ducia [24]. Le aziende pertanto, anché possano continuare a detenere la capacità di seguire le ultime tendenze, nonché rispondere al meglio alle esigenze della clientela, ottenere vantaggi competitivi e conquistare/conservare una rete di clienti potenzialmente in continua espansione, è necessario che sfruttino que-sto nuovo metodo di produzione di informazione integrando in modo sempre più coeso la pianicazione delle strategie aziendali con le attività di analisi di tali dati [24].

Dierentemente dal passato, quando si analizzavano insiemi separati di piccole sequenze di dati per costruire una vasta collezione, la possibilità di manipolare contemporaneamente un solo set di grandi dimensioni consente di estrapolare informazioni che probabilmente in precedenza sarebbero ri-maste nascoste. Uno studio dell'Università Bocconi di Milano ha rivelato che la principale fonte di generazione di dati sono i social media ed i social network [14]. La scoperta permette di spiegare perché negli ultimi anni vi è stata una notevole crescita della diusione delle piattaforme social ed un incremento del loro uso anche da parte delle aziende, le quali hanno profuso vari forzi per redigere strategie di comunicazione ecaci. Recentemente si è assistito inoltre ad una convergenza dell'attenzione accademica verso tali siti, allo scopo di studiare la miriade di dati derivanti da esse e comprendere modelli sociali di comportamento.

Dal punto di vista delle aziende, il tema dell'analisi dei dati potrebbe es-sere applicato allo studio di quelli derivanti, per l'appunto, dalle piattaforme di social networking, così da comprendere l'ecacia delle strategie di comu-nicazione in termini di risultati ed utilità per il business. Le aziende, ormai da vari anni, attraverso i social pianicano campagne pubblicitarie riguar-danti il proprio marchio o prodotti, adottando pertanto modelli pubblicitari che prevedono un insieme di pratiche che, attraverso l'uso di Internet e degli strumenti ad esso associati, mirano a inuenzare opinioni, percezioni ed at-tività degli utenti della rete. Tali operazioni rientrano nella sfera del digital marketing, una forma di comunicazione basata sul Web 2.0. Il ne ultimo di ogni strategia di digital marketing è di connettere l'azienda con i consu-matori nali dei suoi prodotti/servizi, in modo tale che si crei una relazione che possa produrre eetti positivi anche nell'area commerciale dell'azienda. Il marketing digitale non si limita perciò alla comprensione del corretto uti-lizzo della nuova tecnologia, ma piuttosto prevede che si capiscano le persone alle quali le strategie sono rivolte. Qualora tali digital marketers fossero in grado di cogliere i fattori caratterizzanti ed inuenzanti le percezioni di

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consumatori, la strategia di digital marketing permetterebbe loro di prende-re decisioni aziendali maggiormente consapevoli, nonché focalizzaprende-re gli sforzi in direzione degli elementi di maggior interesse, economicamente parlando, per il business stesso. Una corretta strategia digitale, in particolare nei so-cial network, dove vi sono maggiori possibilità di analizzare le attività degli utenti grazie alla miriade di dati prodotti, permette inoltre di instaurare con i soggetti maggiormente legati al marchio forme di brand engagement, cioè circostanze secondo le quali un individuo tende a sentirsi maggiormente le-gato, in termini emotivi, ad un brand; ciò avviene grazie alle sensazioni e al sistema di percezioni che esso suscita e che esso è stato in grado di instillare nel suo pubblico [25].

La priorità del marketing aziendale diventa pertanto quella di integrare l'attività social dell'azienda con le politiche di digital marketing in tutto ciò che il marchio rappresenta, dai prodotti ai servizi, generando una più attenta e dinamica comunicazione digitale [18]. L'obiettivo principale consiste nell'i-deare strategie innovative che siano in grado di cogliere i vantaggi derivanti dall'analisi e dal monitoraggio dei dati derivanti dai siti web, dalle piattafor-me social e dalle applicazioni, ma anche analizzare il livello di audience che le singole pagine ottengono, così da riuscire a identicare, se esiste, una re-lazione che premetta di stabilire con più rapidità un sorta di coinvolgimento emotivo [18, 19].

In ogni caso, nonostante il notevole ausso di dati, l'incapacità di inter-pretarne il signicato e l'inabilità nell'attuare le giuste correzioni alle strate-gie, ne annulla il valore intrinseco; il volume considerevole, generato grazie alle azioni di privati ed aziende, deve quindi essere unitamente legato all'u-tilizzo di strumenti adeguati, i quali consentono una maggiore comprensio-ne ed analisi, nonché una migliore capacità di raccolta, memorizzaziocomprensio-ne ed elaborazione.

Tale dipendenza permette di introdurre il concetto degli enabler [14], cioè fattori abilitanti che permettono l'introduzione del cosiddetto innovation ma-nagement, una gestione aziendale innovativa caratterizzata dalla data ana-lysis come fonte di supporto al processo decisionale. Gli enabler possono essere sia di natura organizzativa, che tecnologica, e diventano elementi fon-damentali se ben gestiti, altrimenti anche ostacoli; i più importanti enabler organizzativi sono una adeguata redazione del budget, una corretta stima dei ritorni economici, il committment (impegno) dei manager, le competenze in-terne e la capacità di creare delizzazione nei clienti. D'altra parte gli enabler tecnologici riguardano principalmente gli strumenti informatici di analisi dei dati. Qualora tutti questi fattori abilitanti vengano gestiti in maniera corret-ta e siano integrati nell'intera struttura aziendale è possibile che il business diventi in grado di accogliere l'innovazione derivante dall'analisi dei dati e i

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conseguenti beneci.

Si delinea in tal modo una spaccatura tra quella che è la normale busi-ness intelligence (analisi passiva) e la data analysis (analisi attiva-proattiva); mentre la prima è caratterizzata da un'analisi di tipo statistico-descrittiva più semplice e che si avvale di insiemi di dati di minori dimensioni sui quali ap-plicare modelli più lineari, la data analysis impiega modelli più articolati per eettuare analisi di tipo statistico-inferenziali, volte a comprendere rapporti, correlazioni, dipendenze ed eettuare previsioni [24]. Quest'ultima pertan-to, nel suo insieme, consente all'azienda di creare un valore aggiunto poiché permette di ottenere informazioni riguardanti il comportamento del mercato, supportando la realizzazione di nuove strategie d'impresa e di risultati con-creti. Le imprese hanno la possibilità di eettuare analisi approfondite dei servizi oerti al mercato e dei processi aziendali, rapportandoli a variabili di natura quali-quantitativa precedente non considerate [26].

L'utilizzo della data analysis risulta quindi conformarsi come un fenomeno di gestione e non solo di ICT; le aziende devono infatti legare imprescindi-bilmente le attività di brainstorming con quelle associate all'ottenimento di conoscenza mediante data analysis [27]. L'obiettivo è di realizzare un rea-le valore aziendarea-le nel mercato, in termini di economici e di immagine, o correggere eventuali gap aziendali. La data analysis ore perciò un notevo-le contributo nella fase di decision making2, favorendo una integrazione tra

l'approccio top-down e bottom-up [28]. Il nuovo modello di management che ne deriva vede una governance caratterizzata da un'unione tra business intelligence, data analysis e business analytics; essa risente pertanto sia delle informazioni derivanti dalla data analysis, ma anche dell'esperienza profes-sionale, l'intuito e la capacità imprenditoriale. L'insieme della molteplicità di tali elementi contribuisce a generare scelte più razionali ed ecaci in diversi ambiti della gestione aziendale [27].

Il processo di analisi dei dati rimane tuttavia un procedimento brain-intensive, cioè un'operazione dove le capacità umane mantengono un ruo-lo di primaria importanza [14]. D'altronde la stessa analisi può essere sia demand-driven (guidata da una domanda), di tipo esplorativo ed indiriz-zata a rispondere ad una precisa domanda, oppure accademico-scientica, nella quale si ricercano correlazioni e collegamenti tra dierenti collezioni di dati che disgiuntamente produrrebbero forme di conoscenza più ristretta [27].

2Processo logico attraverso il quale viene presa una scelta tra diverse opzioni disponibili; una corretta decisione viene presa qualora un soggetto riesca a valutare eetti positivi e negativi di ogni opzione. Per una decisione ecace, il decisore deve essere in grado di prevedere l'esito di ciascuna opzione e, in base a tutti gli elementi, comprendere quale scelta è la migliore per la situazione.

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L'adozione della data analysis determina pertanto beneci per varie atti-vità ed aree aziendali. I principali sono:

1. vantaggi che sorgono grazie alla stretta correlazione tra dati e variabili di tipo economico-transazionale;

2. possibilità di disporre di un'ampia base di dati, varia, costantemente aggiornata, adabile e sicura;

3. maggiore precisione nell'analisi degli andamenti del mercato e possibi-lità di possedere maggiori indicazioni sui comportamenti dei clienti (es. tramite l'analisi delle piattaforme social);

4. maggiore velocità nel supporto alle decisioni strategiche future (l'analisi può generare previsioni di medio-lungo termine riguardanti trend di mercato, ussi, l'introduzione di nuovi prodotti, ecc.);

5. possibilità di cogliere variabili quali-quantitative precedentemente non considerate con l'analisi del data warehouse aziendale e conseguente-mente di generare un reale valore aziendale;

6. opportunità di eettuare un'analisi ed un'ottimizzazione dell'ecienza dei processi interni, delle relazioni con i partner e i con fornitori; 7. possibilità di perfezionare la customer relationship management3 e le

campagne di comunicazione, con l'opportunità di potenziare il legame triangolare tra relazione, delizzazione e ritenzione. Le analisi fornisco-no ifornisco-noltre mezzi per valutare i risultati di tali politiche di marketing; 8. incremento del grado di conoscenza e possibilità di adottare processi di

R&S in linea con le aspettative dei clienti;

9. integrazione della logica bottom-up e top-down nella gestione azien-dale, con conseguente unione delle strategie d'azienda con le informa-zioni derivanti dall'analisi dei dati;

10. possibilità di colmare eventuali gap aziendali.

La elevata versatilità e la notevole opportunità che tali strumenti orono alle aziende diverranno determinanti per lo sviluppo futuro, anche del pa-norama economico italiano, ma è necessario avviare un processo concreto di digitalizzazione dei business anché essi diventino in grado di comprendere meglio sia cosa sta succedendo, ma anche cosa succederà in futuro.

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1.4 Obiettivi della tesi

I social network costituiscono oggigiorno un elemento fondamentale della no-stra società e sono divenuti parte integrante della nono-stra giornata. Durante gli ultimi anni sempre più aziende investono nel settore della data analysis, in quanto grazie a tale tipologia di studio di dati si può determinare una evoluzione nella produzione di informazioni utili ai business. Un'analisi ap-profondita può portare ad una maggiore consapevolezza dei punti forza e limiti dell'organizzazione, nonché a cogliere le percezioni, i gusti e le idee dei clienti, determinando nuove forme di conoscenza aziendale [14]. Risulta chia-ro, quindi, che i normali metodi di analisi e supporto alle decisioni, basati principalmente su variabili quantitative ed indicatori economico-nanziari, siano ormai obsoleti per le attuali necessità, se non addirittura insucienti nel contesto odierno. Per tale ragione la tesi focalizza l'attenzione su quei dati che probabilmente caratterizzano la nostra epoca: quelli derivanti dai social network.

In particolare il lavoro si concretizza nella estrapolazione, gestione e ana-lisi di dati derivanti dalle pagine Facebook di due importanti marchi nel mercato del fashion italiano: Coin ed OVS. Grazie a tale elaborato, che pre-senta evidenti nalità di marketing, è stato possibile ottenere un'approfondita valutazione delle strategie comunicative adottate in Facebook da parte dei due marchi analizzati; inoltre, grazie anche all'analisi su un benchmark di settore, nella trattazione è stata condotta una comparazione tra alcune delle principali industrie del fashion nel panorama italiano e mondiale. La tesi presenta lo studio di numerose altre informazioni utili ai ni di creare una strategia social ecace; viene infatti proposta una sentiment analysis ed una valutazione della capacità delle strategie di determinare coinvolgimento ed interazione nella pagine.

Il lavoro principale, svolto nell'ambito dell'industria della moda per una passione personale, possiede un ambito di applicazione estremamente vario poiché esso potrebbe essere infatti applicato a qualsiasi pagina presente sulla piattaforma. Al di là delle normali indagini l'ecacia del progetto si concre-tizza pertanto nella possibilità di poterlo riprodurre ed applicare in svariati ambiti e settori. L'intero lavoro è così strutturato:

• nel Capitolo 2 la trattazione è dedicata ai social network e alla loro importanza come nuovi strumenti di supporto alle vendite e all'analisi dei mercati. Delle piattaforme verranno deniti principali vantaggi e svantaggi, tra i quali il problema della diusione di disinformazione; • nel Capitolo 3 viene ripresa la discussione intrapresa nella sezione

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ha per un'azienda l'attuare una buona campagna comunicativa, l'essere presente attivamente sulle piattaforme social ed avere la capacità di saper costruire legami di valore con il proprio pubblico. Considerando poi che i siti di social networking generano la maggior parte dei dati provenienti da Internet, il capitolo si focalizza anche nel denire ambiti di applicazione e vantaggi derivanti dall'analisi di essi;

• nel Capitolo 4 la data analysis vede applicazione ai casi aziendali Coin e OVS, nonché ad un benchmark di settore, per valutare le performance delle strategie di comunicazione adottate dai marchi nelle rispettive pagine uciali di Facebook. Il capitolo si conclude con i commenti ai risultati ottenuti grazie allo studio;

• inne, le Conclusioni, riassumono il contributo fornito dalla tesi cer-cando anche di proporre nuove idee per progetti futuri.

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Capitolo 2

La comunicazione aziendale

nell'era digitale

2.1 Il capitale social

I social network inuenzano in maniera decisiva le sde dell'imprenditorialità. Il riconoscimento di un'opportunità nuova da seguire e sfruttare può essere infatti condizionata anche dalle reti sociali, che modulano le relazioni ed il traco informativo, condizionando i dati e le vie attraverso le quali le azien-de entrano in possesso di essi. Come sostenuto da Stuart e Sorenson [29], l'importanza delle relazioni sociali sta nel fatto che queste rappresentano il collante che unisce il capitale alle conoscenze, capacità ed idee possedute al livello aziendale. L'abilità dell'imprenditore di comprendere quale sia la necessità di mercato e come soddisfare il cliente dipendono oggigiorno dalla valutazione delle informazioni che è possibile trarre anche dai social network e dall'esperienza personale maturata nel settore e nel tempo. A supporto di tale aermazione, già nel 1934 Schumpeter asseriva che la scoperta di oppor-tunità e nuovi mezzi per creare valore dipendono da forme di conoscenza già esistenti, che però devono essere elaborate e combinate in un nuovo model-lo d'azienda maggiormente innovativo. Il concetto si riferisce alla capacità di ricercare nuove logiche imprenditoriali, nuovi metodi per creare/produrre valore per tutti i portatori di interessi (stakeholders), nonché focalizzare l'in-dagine nell'esame di nuove vie per generare ricavi e determinare una posizione di rilievo nelle percezioni dei clienti, fornitori e partner. Il risultato che ne consegue è una innovazione che spesso produce eetti sull'intera azienda [30]. A tal proposito, la vastità di dati generati dai social network si rivela fondamentale per le aziende, per le quali può rappresentare una nuova forma di capitale, consentendo l'ideazione e la creazione di nuovi prodotti e

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pro-cessi aziendali, maggiormente in linea con emozioni, valori e bisogni eettivi dei consumatori [18]. La ricchezza scaturita da tali dati nasce proprio dalla possibilità di estrarre da essi forme di conoscenza non accessibili altrimenti. Il termine capitale social, che dà il titolo a questo paragrafo, si riferisce pertanto al valore generato dei dati che possono essere estratti dai social net-work, ma anche a quello delle relazioni che nascono e si rinforzano attraverso tali piattaforme; queste ultime potenziano i legami interpersonali, ma per-mettono anche tutta una serie di potenzialità alle quali le aziende possono accedere mediante un utilizzo attivo dei siti e degli strumenti di analisi dei dati prodotti. Il capitale fornito dai social, chiamato quindi capitale social, si basa su una dicotomia che richiama sia l'aspetto prettamente economico, ma anche quello più sociale, associato alle piattaforme.

La declinazione sociologica del termine capitale social è stata posta sot-to la lente d'ingrandimensot-to grazie alla notevole attenzione riservata negli ultimi anni ai social network; tuttavia il concetto di capitale sociale, in am-bito sociologico, è stato introdotto nel 1916, molto prima della nascita delle piattaforme social. Hanifan lo denì come quell'insieme di asset tangibili che hanno un valore maggiore durante la vita quotidiana delle persone: buona volontà, amicizia, simpatia ed interazioni sociali tra individui e famiglie, che permettono di comporre un gruppo sociale [31]. Già più di un secolo fa, quin-di, veniva attribuita considerevole importanza alle relazioni e ai collegamenti interpersonali, fattori fondamentali anche ai ni della creazione di rappor-ti di lavoro. Successivamente, alla ne degli anni '80 e inizi '90, Coleman, Bourdieu e Wacquant integrarono alla spiegazione di Hanifan una serie di diverse forme di capitale, virtuali e non, le quali dovevano essere considerate congiuntamente per poter realizzare gli scopi aziendali [32, 33]. Le integra-zioni riguardavano il physical capital (capitale sico), inteso come quei mezzi tecnologici utili all'esecuzione di analisi, lo human o cultural capital (capitale umano e culturale), cioè quell'insieme di conoscenze e competenze necessarie alla realizzazione di uno scopo, e l'economic capital (capitale economico), ov-vero la categoria di capitale legata alle fonti monetarie. Dierentemente dalla prima denizione si iniziarono così a considerare le implicazioni tecnologiche ed informatiche.

Il capitale sociale, secondo la letteratura, viene spesso descritto median-te due costrutti: il bonding social capital ed il bridging social capital [34]. Il primo tipo di capitale sociale fa riferimento alle relazioni strette, cioè quelle che si instaurano con i membri della famiglia e con gli amici; esse costitui-scono rapporti nei quali vi è reciprocità incondizionata, supporto emotivo ed amicizia. Il bridging social capital è determinato, invece, da quella tipologia di rapporti caratterizzati da legami più deboli e che si instaurano in diversi ambienti; tali rapporti permettono di accedere a nuove informazioni, forme

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di conoscenza, prospettive ed opportunità lavorative. Bisogna specicare che non necessariamente un costrutto elimina l'altro, ma avere diversi tipi di rapporti consente di accedere ad una forma di capitale sociale più completa. Indubbiamente, l'estensione dell'uso delle piattaforme social ha permesso di stimolare la creazione di capitale sociale, ma anche viceversa; la spiegazio-ne del concetto deriva da quanto denito da Putnam [35], secondo il quale il capitale sociale è l'elemento che conferisce valore alla rete (ed ai social network) e quello in grado di far migliorare la prestazione degli attori che ne fanno parte. Come sostengono anche Ellison, Steineld e Lampe [36], i social network permettono di supportare sia il mantenimento delle relazioni social esistenti, ma anche la formazione di nuovi legami; il valore di tali connessioni si ravvisa poi nel fatto che raramente esse cominciano online e rimangono nel mondo virtuale. L'ampio utilizzo della tecnologia permette ai social network di avere la capacità di creare un ponte tra il mondo online ed oine, ma anche viceversa, il che facilita la generazione di capitale sociale.

Di contro, la diusione dei social network e la loro attitudine a creare nuove interazioni è stata spesso associata sia ad incrementi che a decrementi di capitale sociale. Uno studio di Nie del 2001 sostiene che Internet provo-chi una diminuzione delle interazioni sociali dirette, generando una riduzione in termini di capitale, inteso come risorsa accumulata attraverso relazioni tra persone [37]. Altri studi [36, 38], invece, asseriscono che contrariamente alla visione di Nie le interazioni online integrano o sostituiscono quelle oi-ne, generando eetti positivi nelle relazioni tra comunità, incrementando la partecipazione ed il coinvolgimento, quindi la produzione di capitale sociale. A sostegno del fatto che i social network siano in grado di generare capi-tale sociale, Ellison, Steineld e Lampe nel 2007 hanno esaminato le relazioni tra 800 studenti universitari su Facebook al ne di analizzare la formazione ed il mantenimento di capitale sociale [36]. I risultati dello studio confermano in parte quanto asserito da Nie, ossia che il semplice utilizzo di Internet non è suciente a generare un'accumulazione di capitale sociale; un uso intensivo di Facebook, però, permette il mantenimento dei rapporti e la nascita di nuo-ve connessioni, entrambe occasioni prottevoli dal punto di vista lavorativo. Dierentemente da quanto sostenuto da Nie, i social network rappresentano, quindi, piattaforme che supportano la nascita ed il mantenimento di intera-zioni tra i contatti presenti nei social. Tale risultato conferma la relazione tra Facebook e la sua capacità di generare una forma di capitale sociale che può essere sfruttata dalle aziende per estendere il loro network di contatti. Del resto, Facebook rappresenta una fonte potenzialmente innita di rela-zioni poiché permette ai suoi utenti, tra le altre cose, di presentarsi in un prolo online, stringere amicizie, entrare a far parte di gruppi basati su inte-ressi comuni, conoscere numerose informazioni sugli altri utenti presenti nella

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piattaforma.

Uno studio successivo di Ellison et al. [39] dà ancor più valenza all'at-tiva gestione dei proli ed al loro perfezionamento ai ni del mantenimento di una propria rete di contatti. La ricerca suggerisce che il capitale socia-le posseduto dalsocia-le aziende non si genera semplicemente grazie all'esistenza di connessioni nei social network, bensì si sviluppa attraverso piccoli ma si-gnicativi sforzi atti ad attirare, coinvolgere e mantenere le relazioni. Tali comportamenti possono riguardare risposte a domande degli utenti, congra-tularsi per gli acquisti, chiedere un parere riguardo ad un prodotto o servizio, ecc. Lo studio permette di confermare che i social network hanno un ruolo attivo nella creazione e nell'incremento di capitale sociale, non tanto per il fatto che permettono di creare connessioni virtuali, ma perché danno vita ad un ambiente nel quale possono avvenire signicativi scambi comunicativi, che a loro volta generano una crescita dei beneci legati al bridging social capi-tal [38, 39]. La relazione positiva tra l'intensità dell'uso di Facebook e i livelli di partecipazione, soddisfazione e ducia instaurato dall'azienda mediante la piattaforma viene confermato da uno studio di Valenzuela, Park e Kee [40], i cui risultati dimostrano che il contatto diretto mediante i social porterebbe a forme di ducia e partecipazione attiva che non si ottiene mediante le sole relazioni oine.

Se un'azienda intende utilizzare i social network come strumenti di marke-ting, è necessario che partecipi attivamente nelle conversazioni e nello scambio di idee. A tal proposito Belew, sulla base del comportamento assunto dagli utilizzatori nelle piattaforme, siano essi aziende o semplici utenti, identica due categorie [41]:

Lurkers: sono coloro iscritti ad una o più piattaforme di social networking, ma senza essere eettivamente attivi su esse; invece di partecipare, creare discussioni online e aggiungere valore alle interazioni sociali, i lurkers rimangono passivi e si limitano ad osservare, cercando di trarre beneci da tali interazioni catturando informazioni che possono essere usate per redigere strategie di social media marketing;

Pushers: sono quei soggetti che operano sui social network attivamente, av-viando e prendendo parte a conversazioni che generano beneci per am-bo le parti coinvolte. Gli sforzi di tali soggetti sono rivolti a focalizzare l'attenzione sul proprio marchio aziendale, prodotti e servizi.

Dunque, nel caso di aziende che si comportano come dei lurkers, esse cerca-no di ottenere informazioni riguardanti il proprio obiettivo di mercato senza interagirvi attivamente. L'idea ottimale, invece, è quella di costruire relazio-ni positive, in grado di creare un clima di reciproca ducia ed interazione;

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