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Rischio di credito: un'analisi a partire dal mercato dei CDS

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Academic year: 2021

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UNIVERSITA’ DI PISA

Dipartimento di Economia e Management

Corso di Laurea Magistrale in

Banca, Finanza aziendale e Mercati Finanziari

Tesi di Laurea

Rischio di credito: un’analisi a partire dal mercato

dei CDS

Candidato: Relatore:

Roberta SUPPA Prof. Emanuele VANNUCCI

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INDICE

Pag.

Introduzione 7

CAPITOLO 1

Aspetti principali del rischio di credito

1.1 Definizione e classificazione del rischio di credito 11 1.2 Il rischio di credito nelle operazioni con l’estero 14 1.3 Le componenti del rischio di credito 16 1.3.1 Perdita inattesa e perdita attesa 17 1.3.1.1 Esposizione della controparte 18 1.3.1.2 Loss Given Default 20 1.3.1.3 Probabilità di default 23

CAPITOLO 2

Peculiarità e criticità del rating

2.1 L’informazione e il rating 27 2.2 Nascita e sviluppo delle agenzie di rating 29

2.3 Funzioni del rating 31

2.4 Modalità di assegnazione del rating 33

2.5 Tipologie di rating 38

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2.6.1 Determinazione del rating sovrano 44 2.7 Casi di fallimento delle agenzie di rating 51 2.7.1 Lehman Brothers 54

CAPITOLO 3

I Credit Default Swap

3.1 Strumenti di gestione del rischio di credito 59

3.2 Credit default swap 62

3.2.1 Determinazione del premio periodico 65 3.2.2 Determinazione del credit event 67 3.2.3 Opportunità di utilizzo dei CDS 69 3.2.4 Impianto normativo dei CDS 72 3.2.5 Le dimensioni del mercato dei CDS 78

CAPITOLO 4

Capacità descritta dei Credit Default Swap

4.1 Review dalla letteratura 83 4.2 Comportamento dei CDS alle variazioni di rating 86 4.2.1 Comportamento dei CDS sovereign in caso di downgrade 88 4.2.2 Comportamento dei CDS sovereign in caso di upgrade 96 4.3 Considerazioni finali 104

Conclusioni 107

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Elenco tabelle 112

Bibliografia 113

Sitografia 114 Ringraziamenti 115

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INTRODUZIONE

La valutazione del rischio di credito rappresenta una questione di grande importanza poiché si tratta di una componente rilevante all’interno delle transazioni finanziarie. I dibattiti economici degli ultimi anni hanno visto tra i temi principali l’importanza e l’affidabilità delle valutazioni sul merito creditizio emesse dalle agenzie di rating. In particolare, alla luce dei fallimenti registrati negli ultimi decenni, è sorta la seguente domanda: E’ possibile vivere senza rating?

Di certo il rating rappresenta un elemento importante per captare le

variazioni del merito creditizio di un emittente / emissione. Tuttavia nel momento in cui queste informazioni si dimostrano errate, o comunque tardive, la loro importanza diminuisce drasticamente. Per queste ragioni oggi più che mai ci si interroga sulla possibile esistenza di strumenti “alternativi” al rating, ovvero strumenti che riescano ad evidenziare variazioni del merito creditizio in modo più attendibile e in modo tempestivo. Tra questi strumenti troviamo i credit default swap ( CDS ) ovvero derivati creditizi che forniscono informazioni sul merito creditizio sulla base del premio che viene corrisposto per proteggersi dal possibile default.

Il seguente elaborato si propone di evidenziare come i credit default

swap riescano a descrivere il merito creditizio posseduto da un certo

emittente/ emissione e come talvolta riescano a percepire queste variazioni prima ancora che lo facciano le agenzie di rating.

All’interno del primo capitolo verrà esposta una breve trattazione del rischio di credito esponendo le diverse categorie in cui il rischio è classificato fino ad esaminare le sue componenti ovvero perdita attesa e perdita inattesa.

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Nel secondo capitolo l’attenzione sarà rivolta al rating, evidenziandone la nascita e le funzioni, lo sviluppo delle agenzie e le metodologie attraverso le quali si giunge alla sua formulazione. Con riferimento al rating verrà delineata l’importanza sempre più crescente del rating sovrano evidenziando le diverse modalità con le quali esso viene individuato da parte delle tre agenzie globali Standard & Poor’s, Fitch e Moody’s. Infine l’attenzione si sposterà sui casi di fallimento registrati dalle agenzie di rating, quali il caso Enron, Parmalat e in particolare il caso Lehman Brothers, evidenziando le possibile cause dei fallimenti primi fra tutti l’esistenza di conflitti di interesse.

Nel terzo capitolo verranno evidenziati i derivati creditizi in particolare i

credit default swap presentati quali possibili strumenti di valutazione del

rischio di credito. Dopo aver definito il concetto di CDS si passerà ad analizzarne gli aspetti peculiari quali le modalità di determinazione del premio periodico e dei credit event, il profilo normativo, le diverse forme di utilizzo e le dimensioni del mercato.

Infine nell’ultimo capitolo, dopo una breve rassegna dei contributi letterari che hanno affrontano le relazioni tra rating e mercato finanziario, si passerà allo svolgimento di alcune analisi che hanno ad oggetto CDS sovereign di Italia, Spagna e Portogallo in relazione alle variazioni di rating. Sulla base dei valori dei CDS che si hanno a disposizione è stato possibile evidenziare la capacità dei CDS di descrivere il cambiamento del merito creditizio nel periodo precedente il downgrade/ l’upgrade e l’impatto che le variazioni di rating hanno sul mercato dei CDS a seguito della variazione. L’ analisi si concentrerà sugli andamenti dei CDS sovereign e sul valore della volatilità annua il tutto evidenziato tramite la presentazione di appositi grafici. Dall’analisi condotta è stato possibile osservare comportamenti differenti tra i tre paesi a seconda del diverso ordine temporale in cui si sono verificati le

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variazioni e a seconda del diverso rating ottenuto a seguito della variazione del merito creditizio.

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CAPITOLO 1

ASPETTI PRINCIPALI DEL RISCHIO DI CREDITO

Lo scopo del seguente capitolo è quello di trattare brevemente gli aspetti peculiari del rischio di credito. In particolare, dopo aver analizzato il concetto di rischio di credito, verranno esposte le diverse categorie in cui tale rischio è classificato. Tra le suddette categorie verrà analizzato il rischio paese per passare infine alla trattazione delle componenti del rischio di credito.

1. 1 Definizione e classificazione del Rischio di Credito

Il rischio di credito rappresenta uno dei fattori cruciali nella determinazione dei prezzi e dei rendimenti delle attività finanziarie per questo è uno dei rischi più analizzati ma anche di più difficile quantificazione. Il rischio di credito può essere definito come la possibilità che una delle parti del contratto non onori gli obblighi di natura finanziaria assunti causando una perdita per la parte creditizia1.

Questa definizione non appare soddisfacente in quanto evidenzia soltanto il caso estremo in cui il debitore diventi insolvente. In verità una riduzione della posizione creditoria può anche scaturire da un deterioramento delle condizioni economiche-finanziarie del debitore da

1 M. Amman, Credit Risk Valuation: Methods, models, and Applications, Berlin,

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cui dipende la volontà (willingness to pay), o la capacità (ability to pay), di adempiere ai propri obblighi senza però diventare insolvente. Quest’ultimo aspetto rappresenta un evento importante che non può essere trascurato visto che, sempre più spesso, il fallimento della controparte non si manifesta all’improvviso ma è preceduto proprio da un costante peggioramento delle proprie condizioni economiche-finanziarie. Per questo motivo il rischio di credito non può essere analizzato riferendosi esclusivamente a una distribuzione binomiale ( default / non default ) ma attraverso una distribuzione multinomiale in cui l’insolvenza della controparte è soltanto l’evento finale che si può realizzare.

Esistono quindi diverse accezioni di rischio di credito che distinguono l’eventualità in cui la perdita creditizia si manifesti solo in seguito all’insolvenza del debitore, dal caso in cui la variazione del valore dell’esposizione derivi dal deterioramento del merito creditizio della controparte trattando l’insolvenza come un evento estremo.

Sulla base di questa descrizione è possibile classificare il rischio di credito in cinque differenti categorie2:

1. Rischio di insolvenza (Credit Default Risk): la perdita per la parte creditizia deriva dalla completa inadempienza del debitore. In questo caso la perdita economica è evidente e corrisponde alla differenza tra il valore del credito e quanto effettivamente viene recuperato.

2. Rischio di migrazione (Migration Risk): in questo caso la variazione del merito creditizio del debitore può causare una perdita di

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valore della posizione creditizia oppure può aumentare la possibilità che in futuro il debitore diventi insolvente.

3. Rischio di esposizione: la dimensione dell’esposizione creditizia potrebbe aumentare in modo inaspettato poco prima del verificarsi dell’insolvenza.

4. Rischio di recupero: il tasso di recupero connesso alle esposizioni creditizie nei confronti delle controparti divenute insolventi si presenta inferiore a quanto era stato originariamente stimato. Tale rischio in caso di strumenti liquidi è rappresentato dall’incertezza connessa al prezzo del titolo una volta verificatosi il default; nel caso di strumenti illiquidi è rappresentato dall’incertezza relativo al valore di realizzo delle garanzie eventualmente prestate a seguito dell’esito delle procedure concorsuali.

5. Rischio Paese: rischio di insolvenza di operatori pubblici e privati legato all’area geografica di provenienza e indipendente dalla loro volontà. Rappresenta anche il rischio di provenienza degli strumenti finanziari dipendenti da variabili economiche politiche e sociali.

Alla luce di ciò il rischio di credito può quindi essere definito come la possibilità che da una variazione inattesa del merito creditizio di una controparte, nei confronti della quale esiste un esposizione, si generi una corrispondente variazione inattesa del valore della posizione creditoria. Ne discende che per poter parlare di rischio di credito è necessario che la variazione del merito creditizio sia inattesa. Questo significa che il deterioramento del credito non debba essere stato previsto e considerato nella fase di affidamento e in sede di determinazione del tasso di interesse da applicare. Il concetto di rischio risiede proprio nell’eventualità che le valutazioni fatte nei confronti della controparte siano a posteriore errate in quanto gli eventi presi in considerazione possono risultare inattesi seppur stimabili.

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Un ulteriore problema, che contribuisce ad aumentare la complessità del rischio di credito, è rappresentato dai molteplici, e differenti, strumenti finanziari che sono soggetti a tale rischio. Tra i vari strumenti finanziari è possibile distinguere principalmente tra i titoli di debito e le posizioni fuori bilancio3.

Tra i titoli di debito si può far riferimento ai titoli di stato (treasury bonds), i titoli di debito emessi da altri enti pubblici, qualsiasi forma di finanziamento concessa alle aziende, i mutui, il credito al consumo e le obbligazioni emesse da società private (corporate bonds).

Rientrano nella categoria di posizioni fuori bilancio i titoli derivati trattati nei mercati regolamentati e quelli trattati nei mercati over the counter, i titoli derivati la cui attività sottostante comporta il rischio di credito, quali opzioni emesse su obbligazioni, e derivati creditizi.

Diventa evidente, a questo punto, che il rischio di credito rappresenta un fenomeno caratterizzato da un’estrema complessità e che pertanto non può essere semplicemente definito attraverso una definizione generale.

1.2 Il rischio di credito nelle operazioni con l’estero

La globalizzazione dei mercati finanziari ha ampliato la possibilità per gli investitori di operare in nuovi mercati sottoponendoli però a possibili rischi legati alle instabilità del sistema economico-finanziario del paese.

3 Le posizioni fuori bilancio sono operazioni che si caratterizzano per il fatto di non

originare variazioni nella provvista o negli impieghi di fondi ( se non a scadenza ed eventualmente ) e di essere contabilizzate tra i conti d’ordine pur concorrendo alla formazione del reddito d’esercizio. Bankpedia

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Pertanto diventa fondamentale riuscire a identificare il concetto di rischio paese. Come su esposto, il rischio paese indica la possibilità che in uno Stato avvenga un qualche evento che influenzi negativamente la volontà o la capacità che operatori pubblici o privati riescano a ripagare i propri debiti. Il rischio paese a sua volta può essere scomposto nelle seguenti categorie4:

- Rischio politico: si riferisce ad eventi di natura non economica derivanti da conflitti, mutamenti istituzionali o atti unilaterali governativi;

- Rischio economico: si riferisce a fattori che influenzano il tasso di crescita del paese quali la coerenza degli obiettivi di natura economica e il grado di apertura dell’economia;

- Rischio di trasferimento: deriva dalla possibilità che le autorità decidano di adottare restrizioni sui movimenti di capitale e sul rimpatrio di dividendi e profitti;

- Rischio di cambio: scaturisce dalle fluttuazioni inaspettate dei tassi di cambio o dal passaggio da un regime di cambio ad un altro. Si tratta di una componente fortemente collegata al rischio di trasferimento;

- Rischio di posizione: riguarda rischi di contagio da paesi vicini o da paesi “simili” per caratteristiche economiche o politiche;

- Rischio sovrano: indica la non capacità (o la non volontà) del debitore sovrano di onorare i propri impegni di pagamento nelle modalità e nei termini previsti contrattualmente. Normalmente operazioni che prevedano entità statali come debitori vengono ritenute meno rischiose ma ciò non è sempre vero. Di fatto vi sono soggetti privati il cui rischio

4M. Meldrum, D. H., Country Risk and Foreign Direct Investment in Business Economics.

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individuale risulta essere molto inferiore rispetto a quello del paese in cui essi sono situati come avviene nel caso di società energetiche e petrolifere situate in paesi ad elevato rischio. Da qui l’importanza, sempre più crescente, di definire il rating sovrano.

Alla luce di quanto detto deriva che, in caso di rischio paese, le incertezze a cui l’investitore è sottoposto dipenderanno da più elementi quali: la stabilità del regime di governo, lo sviluppo economico, la distribuzione del reddito, il commercio estero etc.. Si tratta di elementi che determinano l’affidabilità di uno stato che emette titoli pubblici e in modo indiretto anche la credibilità degli emittenti di titoli privati che operano nel paese stesso.

1.3 Le componenti del rischio di credito

Dopo aver descritto brevemente il concetto di rischio di credito e aver sottolineato le sue classificazioni in caso di rapporti con l’estero, è opportuno soffermarci sulle sue componenti che sono individuabili in: perdita attesa ( expected loss – EL ) e perdita inattesa ( unexpected loss – UL ).

Come facilmente intuibile assume rilevanza solo la componente inattesa del rischio di credito ossia il verificarsi di un deterioramento della qualità del credito che non era stato previsto. Questo perché le perdite attese sono già comprese negli accantonamenti prudenziali per questo si configurano come un elemento “fisiologico” incorporato già nelle aspettative dell’investitore.

Le due componenti non solo rappresentano aspetti diversi della manifestazione delle perdite ma hanno delle implicazioni diverse anche

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in merito alle politiche di bilancio. Di fatto mentre la perdita attesa serve a determinare il livello di accantonamento adeguato in conto economico, la perdita inattesa ha il compito di garantire un adeguato livello di patrimonializzazione dell’istituzione creditizia.

Pertanto si intuisce come la distinzione tra perdita attesa e perdita inattesa rappresenti un elemento essenziale soprattutto per compiere le seguenti scelte:

 Identificare l’ammontare delle svalutazioni dirette e degli accantonamenti necessarie per fronteggiare le perdite attese;  Mantenere un’adeguata dotazione di capitale proprio per

fronteggiare le perdite inattese;

 Richiedere un tasso di rendimento maggiore tenendo conto delle svalutazioni, degli accantonamenti e del costo del capitale.

1.3.1 Perdita inattesa e perdita attesa

La perdita inattesa esprime una misura della variabilità della perdita attesa ovvero quanto essa si può discostare dal proprio valore atteso. Questa variabilità viene evidenziata attraverso la deviazione standard, o scarto quadratico medio, che misura il grado di variabilità dei tassi di perdita attorno al relativo valore atteso. La formula utilizzata per esprimere il concetto di perdita inattesa è la seguente:

UL = VaR – EL

Osservando l’intera distribuzione di probabilità delle perdite, con un livello di confidenza del 99,9%, la perdita inattesa può essere rappresentata come differenza tra il VaR e l’EL: il VaR indica

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l’ammontare massimo delle perdite mentre l’expected loss (EL), che sarà evidenziato in seguito, rappresenta la perdita attesa. Possiamo pertanto dire che la perdita inattesa equivale alla possibilità che la perdita effettiva risulti, ex post, superiore alla perdita attesa stimata ex ante. Da ciò discende che la misura della perdita inattesa è sempre condizionata dalla stima della perdita attesa. Passiamo dunque ad affrontare il concetto di perdita attesa.

La perdita attesa (EL) riflette i valori attesi della probabilità di insolvenza del debitore e della quota non recuperabile dell’esposizione creditizia in caso di insolvenza e si esprime con la seguente formula:

EL=EAD X LGD X PD

Per comprendere meglio tale definizione è opportuno però soffermarsi sugli elementi che compongono la perdita attesa che sono: esposizione della controparte al momento del default (EAD), tasso di perdita in caso di recupero del credito (LGD) e probabilità di default della controparte (PD).

1.3.1.1 Esposizione della controparte

Nella determinazione della perdita attesa assume rilevanza il valore dell’esposizione della controparte al momento del default. Il concetto di esposizione fa riferimento alla dimensione del fido ed è legata alla forma tecnica che viene ad essa associata ovvero al tipo di prodotto collegato all’esposizione. Sulla base di questa definizione è possibile distinguere tra l’esposizione a valore certo e l’esposizione a valore

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Nel primo caso l’ammontare esatto del finanziamento concesso è noto e ciò avviene, ad esempio, nel caso di prestiti concessi sottoforma di anticipazione. Di fatto l’anticipazione è il contratto con cui la banca anticipa al cliente denaro o si obbliga a tenere a disposizione dello stesso una somma di denaro per un importo proporzionato al valore dei titoli o delle merci dati in pegno (art. 1846-1851 c.c.).

Nel caso di esposizione a valore incerto invece l’importo è quantificabile solo nel momento in cui si manifesta l’insolvenza ne è un esempio l’apertura di credito in conto corrente; in questo caso la banca si obbliga a tenere a disposizione del cliente una somma di denaro per un dato periodo di tempo o a tempo indeterminato ed a sua volta il cliente può utilizzare il denaro secondo le proprie esigenze.

Ciò significa che il finanziamento massimo accordato può essere suddiviso tra la parte utilizzata e quella inutilizzata.

Per questo motivo la stima dell’EAD richiede di conoscere la quota di fido utilizzata (Draw portion - DP), la quota di fido non utilizzata (Undraw portion - UP) e la percentuale della quota inutilizzata che può essere usata dal debitore in caso di insolvenza (Usage at default- UAD). La formula per esprime l’esposizione della controparte è la seguente:

EAD=DP+UP X UAD

La stima della UAD non è semplice in quanto ogni apertura di credito presenta clausole specifiche tali da rendere la variabile unica per ogni singolo contratto ma è un elemento molto importante. Diventa fondamentale riuscire a fare delle previsioni precise in merito all’UAD soprattutto perché all’aumentare delle difficoltà economiche-finanziarie del debitore si tende ad aumentare l’utilizzo dell’apertura del credito.

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Per questo motivo la stima dell’UAD viene effettuata, principalmente, sulla base delle informazioni possedute in merito all’effettivo utilizzo del credito.

1.3.1.2 Loss Given Default

LGD rappresenta la parte di credito che con certezza non verrà recuperata nel momento in cui la controparte diventa insolvente. Si tratta dunque di una componente che diventa nota soltanto nel momento in cui si conclude l’operazione di recupero del credito. Nella LGD importante è la definizione del Recovery Rate (RR) che misura l’ammontare di credito che si riesce a recuperare dal debitore nonostante ci sia stato il default.

Analiticamente avremo:

LGD

=

Perdite

Esposizione

= 1 –

Valore recupera to

Esposizione

=

1-RR

I tassi di recupero dipendono da molti fattori (aleatori) e sono difficili da stimare soprattutto per mancanza di dati storici sulle insolvenze, sui recuperi effettivi e sui tempi di recupero. Ciò significa che ci possono essere dei possibili errori sulla valutazione del tasso di recupero che diventa perciò una fonte di incertezza e di rischio sull’ammontare delle perdite inattese5.

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Sulla base di quanto detto è possibile elencare i fattori che incidono maggiormente sul tasso di recupero e conseguentemente sulla distribuzione della LGD:

- Caratteristiche del debito: il recovery rate presenta una distribuzione bimodale in quanto si manifesta con frequenze elevate in caso di recovery rate alti ( 70-80%) e di recovery rate bassi (20-30%);

- Seniority dell’esposizione: la seniority rappresenta una variabile certa in quanto deriva da apposite attuazioni contrattuali. Maggiore è la seniority dell’esposizione più rapido e poco oneroso sarà il recupero; - Caratteristiche del soggetto finanziato: elementi importanti sono il paese e l’area geografica in cui il debitore opera;

- Fattori macroeconomici: empiricamente è stato dimostrato che in presenza di una fase economica recessiva si ha una forte ricaduta sui tassi di recupero rispetto alla media di lungo periodo;

- Collaterali6: l’incidenza che le garanzie hanno dipende dal valore

posseduto rispetto all’esposizione creditizia e dal loro grado di liquidità. In questo caso occorre valutare il grado di correlazione esistente tra l’insolvenza del garante e quella del garantito. Di fatto se esiste una correlazione positiva, ovvero entrambe le parti hanno la medesima risposta ai cambiamenti macroeconomici, la copertura della garanzia è indebolita per effetto dell’aumento della probabilità di default congiunta.

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Per quanto riguarda la stima della LGD vi sono due approcci che possono essere utilizzati:

1. Market LGD: si tratta di un approccio praticabile solo con riferimento a strumenti finanziari liquidi poichè prevede la stima della LGD utilizzando i prezzi degli strumenti di debito quotati come stima del rispettivo tasso di recupero. Il vantaggio di questo approccio è che non è soggettivo in quanto i prezzi utilizzati derivano dal mercato e quindi rispecchiano le aspettative sul tasso di recupero degli investitori. Esistono due varianti di questo approccio: emergence LGD e implied

market LGD.

Nel primo caso la stima del RR si basa sui prezzi di mercato dei nuovi titoli emessi da soggetti divenuti insolventi.

L’implied market LGD invece si basa sull’osservazione degli spread pagati da obbligazioni non in default7.

2. Workout LGD8: a differenza del caso precedente è un

approccio praticabile per gli strumenti illiquidi in quanto il tasso di perdita si basa sull’ammontare e sui tempi dei cash flow conseguenti alla procedura concorsuale avviate in caso di insolvenza. Si parla di flussi di cassa netti poiché tali flussi vengono computati al netto di tutti i costi diretti e indiretti imputabili al processo di recupero.

7

La differenza tra il prezzo dello strumento risk free (solitamente un titolo di stato) e il prezzo di un corporate bond dipende anche dalla perdita attesa e quindi da PD e LGD. Se si assume che l’intermediario abbia una stima della probabilità di default allora è possibile calcolare il tasso di perdita implicito.

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La difficoltà di questo approccio risiede nell’identificazione del tasso a cui attualizzare i cash flow. Teoricamente viene utilizzato il tasso di un’attività che presenta lo stesso rischio.

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1.3.1.3 Probabilità di default

La probabilità di default si fonda sulla quantificazione del merito creditizio che avviene mediante la stima della probabilità di insolvenza della controparte destinataria dell’esposizione. A differenza della LGD, che deve considerare le diverse caratteristiche contrattuali dell’operazione sottostante, la probabilità di default è associata al rischio della controparte debitrice e non dipende perciò dalle caratteristiche dell’operazione posta in essere.

Per prima cosa bisogna definire il concetto di insolvenza della controparte. Su questo concetto si può spaziare tra chi ritiene che un soggetto si possa ritenere insolvente quando ne venga dichiarato il fallimento, e chi invece sostiene che sia sufficiente l’esistenza di indizi precisi sulla sua incapacità di onorare i debiti. Con riferimento a quest’ultima possibilità è necessario chiarire quale possa essere l’evento pregiudizievole che dà luogo all’insolvenza, ad esempio possiamo riscontrare il mancato pagamento di una rata; in questo caso bisogna valutare se ciò indica un momentaneo problema di liquidità, senza aver nulla a che fare con l’equilibrio economico-finanziario, oppure se si tratta di una situazione che dura da tempo provocando effetti sulla solidità del debitore. In entrambi i casi è però indubbio che l’insolvenza faccia riferimento ad una crisi pressoché irreversibile ovvero all’ultimo stadio di un processo di degenerazione dell’equilibrio economico-finanziario.

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In particolare è possibile evidenziare la definizione di insolvenza data dall’agenzia di rating Standard & Poor’s:

“si ha default quando viene meno la capacità o la volontà del debitore di tener fede ai suoi impegni finanziari relativi a un’obbligazione, rispettandone i termini originari”

Secondo questa definizione l’inadempienza scaturisce in ogni circostanza in cui il debitore è incapace o inadempiente ad onorare le proprie obbligazioni contrattuali.

Nello specifico il default avviene quando:

 Il pagamento di interessi e/o di capitali è dovuto ma non viene effettuato;

 Si verifica una richiesta di accesso a una procedura concorsuale;  Si presenta un’offerta di ristrutturazione del debito che ne riduce il

valore totale;

La capacità della controparte di onorare i propri obblighi può essere compromessa sia da fattori di natura endogena sia da fattori di natura esogena al debitore. Sicuramente tra i fattori di natura endogena vi è la capacità del debitore di far profitti con la propria attività in modo tale da poter ripagare puntualmente il proprio debito. Con riferimento ai fattori esogeni vi è invece l’andamento del settore economico in cui opera l’impresa.

Le metodologie utilizzate per la definizione del merito creditizio della controparte sono guidate dalla volontà di ottimizzare tutte le informazioni che si hanno a disposizione sul soggetto interessato. Non esiste una metodologia ritenuta in assoluto la migliore in quanto ciò dipende dalla tipologia, dalla quantità e dalla qualità dei dati che si possiedono.

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Tuttavia si ritiene che un metodo altamente valido per individuare il merito creditizio sia rappresentato dall’assegnazione del rating che, come verrà approfondito nel prossimo capitolo, integra in maniera ottimale informazioni di tipo quantitativo e qualitativo in merito al soggetto interessato.

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CAPITOLO 2

PECULIARITÀ E CRITICITÀ DEL RATING

All’interno del seguente capitolo verrà esposto il concetto e le modalità di determinazione del rating. Dopo una trattazione generica l’attenzione si sposterà sul rating sovrano esponendo le modalità con cui esso viene determinato da parte delle tre agenzie globali Standard & Poor’s, Moody’s e Fitch. Il capitolo si conclude con l’osservazione di alcuni casi di fallimento delle agenzie di rating evidenziando in particolare il caso Lehman Brothers del 2008.

2.1 L’informazione e il rating

Il tema dell’informazione riveste oggi più che mai un’importanza centrale nelle economie mondiali. Si parla sempre più di società dell’informazione a sottolineare come l’informazione sia diventato il bene di maggior importanza e valore nelle società evolute e l’elemento sulla base del quale vengono effettuate le scelte di carattere sociale, politico ed economico. L’importanza delle informazioni è emersa anche nell’ambito dei mercati finanziari nei quali è insita una componente di aleatorietà. Infatti attraverso il collocamento di strumenti finanziari non solo vengono ridistribuite risorse economiche ma si ha anche una redistribuzione del rischio economico dall’emittente all’acquirente dello strumento finanziario. Se il contenuto dell’informazione è fondamentale, non meno rilevanti sono le modalità con le quali essa viene trasmessa. Un’informazione corretta ma difficilmente intellegibile non è in grado di

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svolgere appieno la propria funzione di supporto nelle scelte decisionali degli individui. Pertanto assumono sempre più importanza i cosiddetti

giudizi sintetici, giudizi forniti da soggetti esperti che hanno la peculiarità

di condensare l’informazione rilevante e renderla intellegibile al pubblico attraverso l’uso di una terminologia o simbologia largamente comprensibile.

Tra questi giudizi sintetici troviamo il rating del credito che esprime una valutazione sull’affidabilità creditizia di emittenti e/o emissioni che, condensando l’informazione economico-finanziaria rilevante in un semplice simbolo alfanumerico, rappresenta un utile ausilio per i destinatari dell’informazione. Il termine rating deriva dall’inglese “to rate“ che significa appunto valutare, giudicare. E’ importante distinguere il concetto di rating da quello di scoring poiché anche se molto spesso sono usati come sinonimi si tratta di due termini differenti. Con il termine scoring si individuano sistemi di valutazione che traggono i loro giudizi esclusivamente da un’analisi quantitativa basati su dati oggettivamente identificabili in cui la figura dell’analista è quasi irrilevante. Al contrario il rating identifica una valutazione che combina fattori qualitativi e quantitativi in cui è fondamentale il giudizio dell’analista. Nello specifico, il rating valuta il rischio di credito senza tener conto delle altre tipologie di rischio quali rischio di tasso, il rischio di pagamento anticipato o il rischio di frode da parte dell’emittente che vengono invece lasciate alle considerazioni dell’investitore.

Ovviamente l’attività di scelta, selezione, controllo, valutazione e sintesi delle informazioni è complessa e delicata poiché le scelte fatte dall’esperto, che verranno espresse nei giudizi sintetici, influenzeranno le decisioni dei destinatari delle informazioni. La valutazione viene affidata ad agenzie specializzate, agenzie di rating, che dopo un’attenta analisi

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della società, Stato o Banca esprimono un giudizio sull’affidabilità creditizia.

2.2 Nascita e sviluppo delle agenzie di rating

Le agenzie di rating del credito nascono negli Stati Uniti agli inizi del XX secolo in risposta alle nuove esigenze di un mercato sempre più vasto caratterizzato da una forte crescita sia in termini di quantità degli scambi sia in termini di distanze tra gli operatori. Il mercato del rating conobbe un primo periodo di espansione tra il 1909 e il 1930. John Moody è considerato il padre fondatore del rating a seguito della pubblicazione nel 1909 del primo rating annual ( Moody’s Analysis of

Railroad Investments ) che inizialmente riguardava la qualità delle

obbligazioni emesse dalle imprese ferroviarie. L’obiettivo era quello di offrire un servizio che mettesse a disposizione degli investitori informazioni sempre aggiornate attraverso una scala di simboli. L’operato di Moody venne ben presto replicato da Poor’s Publishing Company nel 1916, da Standard Statistics Company9 nel 1922 e da Fitch Publishing Company

nel 1924.

Fino al 1929 i rating non ebbero alcun valore legale ma servivano a soddisfare la domanda degli investitori i quali pagavano dei canoni di abbonamento per poter conoscere le valutazioni fatte dalle agenzie. Tuttavia a seguito della crisi del 1929 il rating cominciò ad essere utilizzato come strumento di regolamentazione ponendo alle banche dei limiti sull’acquisto di obbligazioni che non avessero ottenuto un rating di livello investment grade per almeno due agenzie di rating.

9 Nel 1942 Poor’s e Standard si fusero dando origine all’attuale agenzia di rating

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Negli anni ’40, ’50 e ’60 le agenzie dovettero affrontare una scarsa domanda soprattutto a causa di una sana economia e per la scarsità di default. A metà degli anni ’70 si è assistito ad un periodo di rapida crescita delle agenzie di rating guidati dai seguenti cambiamenti:

 Utilizzo crescente dei rating ai fini regolamentari da parte della SEC10 dando origine alla categoria delle NRSRO ossia quelle

agenzie di rating del credito il cui giudizio può essere utilizzato negli Stati Uniti a fini regolamentari;

 Mutamento del modello di remunerazione delle agenzie di rating da investor pays a issuer pays. Mentre prima le agenzie venivano remunerate direttamente dagli investitori con questo cambiamento sono gli emittenti a chiedere e a pagare per ricevere la valutazione di se stessi o degli strumenti da loro emessi;  Cambiamenti strutturali nei mercati finanziari che hanno

aumentato il numero dei partecipanti ma anche la complessità delle strategie di investimento;

Ad oggi è possibile individuare circa 150 agenzie di rating operanti nel mondo e che differiscono tra loro per dimensione, numero di dipendenti e numero di rating assegnati. A livello globale troviamo le cosiddette “tre sorelle” rappresentate dalle agenzie Standard & Poor’s, Moody’s e Fitch. In questi casi viene prevista un’agenzia di controllo con sede negli Stati Uniti e tante sussidiarie collocate nei vari paesi per poter svolgere le proprie valutazioni pur senza essere presenti fisicamente sul territorio. Tali agenzie rientrano nella nozione di agenzie globali in quanto il mercato del rating appartiene per circa il 40% a Standard & Poor’s, per il 39% a

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Il termine SEC indica l’acronimo di Security and Exchange Commission ovvero l’ente federale statunitense preposto alla vigilanza della borsa valori in modo analogo alla Consob italiana. Wikipedia

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Moody’s e per il 18% a Fitch11. La restante parte del mercato del rating

appartiene invece ad agenzie minori che però trovano difficoltà ad inserirsi nel mercato soprattutto a causa della mancanza di credibilità agli occhi degli investitori e la conseguente mancanza di domanda da parte degli emittenti.

A partire dagli anni ’90 l’attività delle agenzie di rating è stata messa pesantemente in discussione a seguito di alcuni fallimenti, che verranno in seguito analizzati, aprendo un ampio dibattito sulla questione.

2.3 Funzioni del rating

Alla luce di quanto sopra detto ne discende che le agenzie di rating possono essere considerate degli intermediari dell’informazione che ricoprono un ruolo fondamentale nel sistema economico-finanziario attraverso le funzioni che vengono da esse svolte:

1. Funzione informativa: le agenzie di rating consentono di ridurre in

modo significativo le asimmetrie informative presenti nei mercati dei capitali tra investitori e imprese che cercano finanziamenti. Di fatto un analisi del rischio di credito completa e dettagliata sarebbe impraticabile e talvolta inefficiente per la maggior parte degli investitori. Nel processo di concessione di un credito l’emittente dispone di maggior informazioni rispetto all’investitore. In questo caso l’emittente può non essere in grado di fornire queste informazioni all’investitore oppure l’investitore può non fidarsi di queste informazioni richiedendo un premio per il rischio

11 Oltre all’espressione di oligopolio spesso si parla anche di duopolio dato che

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che fa aumentare il costo della transazione. Pertanto una valutazione derivante da una parte terza può consentire anche ai piccoli investitori di adottare delle scelte di investimento consapevoli traendo profitti dalle economie di scala che si creano nella produzione delle informazioni. Le informazioni rilasciate influenzano il valore reputazionale degli emittenti in quanto all’aumento del rating aumenta la loro affidabilità e di conseguenza ci saranno più investitori pronti ad acquistare i titoli ad un costo più basso;

2. Funzione di certificazione: le agenzie di rating rivestono un ruolo di regolamentazione12 dei mercati finanziari. Esse non solo valutano il

merito creditizio ma rilasciano anche una valutazione che favorisce l’accesso ai mercati di capitali e all’abbassamento degli oneri. Tramite questa funzione si determinano le gamme di attività da detenere in portafoglio e quelle invece da dismettere. Gli investitori possono decidere di utilizzare il giudizio di rating come tetto massimo di rischio che sono disposti a sopportare in relazione agli asset su cui investono evitando fenomeni quali il moral hazard13. Tale funzione ha generato un intenso dibattito circa il

ruolo significativo delle agenzie nel campo della regolamentazione; secondo le visioni più critiche l’eccessivo ricorso al rating nella regolamentazione attribuisce alle agenzie un potere immotivato;

3. Monitoraggio dell’investimento: il giudizio di rating fornisce dei segnali importanti per gli investitori circa la solidità dell’emittente su cui hanno collocato i propri asset.

12

Si pensi ad esempio alle norme che fanno riferimento al rating per determinare quali titoli possono essere comprati dai Fondi comuni di investimento.

13 L’azzardo morale è il rischio che può sopravvenire in una situazione ex-post

all’erogazione di un finanziamento e deriva dal comportamento scorretto di un’impresa nell’utilizzare i prestiti erogati per attività più rischiose rispetto a quelle dichiarate. Bankpedia

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Fig.2.1 Funzioni delle agenzie di rating

Fonte: F. Dittrich, The credit rating industry: Competition and regulation, 2007

2.4 Modalità di assegnazione del rating

La valutazione del merito creditizio espressa dal rating avviene tramite cinque fasi che apparentemente sono omogenee per le tre principali agenzie di rating. Bisogna precisare che mentre le agenzie minori utilizzano modelli basati su dati prevalentemente quantitativi, quelle globali procedono prevalentemente con dati qualitativi esaminate in modo soggettivo da parte degli analisti preposti.

Le fasi del processo di assegnazione di rating sono le seguenti: - Attivazione del processo di rating;

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- Il contratto per l’assegnazione del rating; - Il processo di rating in senso stretto;

- La formulazione e la pubblicazione del rating; - Il monitoraggio del rating;

L’attivazione del processo di rating: può avvenire attraverso le modalità

unsolicited rating e solicited rating. Nel caso solicited rating l’attivazione

del processo di rating avviene a seguito di una specifica richiesta da parte dell’emittente, invece nel caso unsolicited rating14 ciò avviene a

seguito dell’iniziativa spontanea dell’agenzia di rating.

Nel caso solicited rating si instaura un rapporto contrattuale tra committente e agenzia di rating in cui il primo partecipa attivamente al processo di attribuzione del rating fornendo tutte le informazioni necessarie all’agenzia a cui dovrà versare un corrispettivo per l’attività svolta. Di fatto per dimostrare il proprio merito creditizio ed ottenere una valutazione attendibile il committente trasmetterà informazioni riservate alle agenzie che dovranno valutarle senza diffonderle per preservarne il carattere di riservatezza. In questo caso il giudizio espresso rappresenta un vantaggio competitivo perché consente al soggetto valutato di essere più credibile sul mercato.

Nel caso unsolicited rating tra emittente ed agenzia di rating non si instaura nessun vincolo contrattuale e l’agenzia valuta il merito creditizio sulla base delle informazioni pubbliche. Anche se meno frequente è bene sottolineare l’esistenza del caso in cui è l’investitore a chiedere il

14 Tale pratica è poco utilizzata dalle agenzie minori ritenendola solo un modo per

accrescere la quota di mercato, mentre viene svolta dalle agenzie globali ritenendola un modo per dare maggior informazioni agli investitori.

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giudizio di rating per poter ridurre i rischi associati all’investimento. In quest’ultima ipotesi il rating assume una funzione informativa volta a quantificare la probabilità di default dell’emittente. Nonostante il diverso flusso di informazioni, le agenzie di rating non operano alcuna distinzione tra i rating richiesti e quelli non richiesti.

Il contratto per l’assegnazione del rating: serve a determinare gli obblighi delle controparti interessate nell’ambito dell’attribuzione di assegnazione del rating. In particolare l’obiettivo è di poter fissare la remunerazione spettante all’agenzia di rating, che varia a secondo dell’agenzia considerata, e di stabilire un certo grado di collaborazione circa le informazioni necessarie per la valutazione. Questo aspetto rappresenta un elemento di criticità in quanto si pensa che l’agenzia di rating potrebbe essere incentivata a rilasciare giudizi compiacenti per consolidare un rapporto duraturo con i clienti. Come sopra detto nel caso unsolicited rating poiché è la stessa agenzia a proporsi il soggetto può decidere se accettare o meno e quindi se dover stipulare il contratto oppure no. Nella maggior parte dei casi il soggetto accetta di stipulare il contratto per poter fornire più informazioni possibili ottenendo un giudizio maggiormente attendibile.

Il processo di rating in senso stretto: il procedimento di assegnazione del rating generalmente dura due o tre mesi, ma questo varia a seconda dell’oggetto di valutazione e a seconda delle tempistiche con cui emittente ed agenzia entrano in contatto. Di fatto il processo di rating prevede il coinvolgimento di più professionisti. L’incarico di valutare il merito creditizio viene affidato ad un team di esperti, analytical team, composto da un analista principale, un analista senior di comprovata esperienza e di altri analisti cha hanno già operato per emittenti appartenenti al medesimo settore o area geografica. Il team, solitamente l’analista principale, effettua una serie di incontri con il

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management dell’emittente per reperire tutte le informazioni economiche-finanziarie necessarie per poter rilasciare il giudizio finale. Con questi incontri si ha la possibilità di entrare in contatto con la realtà operativa dell’emittente percependone cultura, valori etc., variabili qualitative fondamentali per il rilascio della valutazione del rating.

La formulazione e la pubblicazione del rating: la formulazione del rating viene svolta considerando variabili sia qualitative ( ad esempio caratteristiche dell’industria e qualità del management ) sia quantitative ( ad esempio condizioni finanziarie ed economiche ) che dovranno essere analizzate sulla base della situazione patrimoniale e finanziaria attuale del soggetto ma anche in considerazione alle previsioni future nonché a qualsiasi evento che possa essere ragionevolmente anticipato. In particolare ciò avviene attraverso l’analisi congiunta di due aree che sono il business risk e il financial risk.

Il business risk fa riferimento al rischio connesso al profilo industriale

dell’emittente comprendendo aspetti di natura organizzativa e produttiva dell’impresa. Gli elementi che vengono vagliati nel business risk sono:

 Country risk: riguarda il contesto politico-istituzionale in cui opera l’emittente;

 Industry risk: riguarda il settore in cui opera l’impresa considerando la struttura del mercato e la dipendenza del business all’innovazione;

 Competitive position: riguarda la posizione dell’emittente nel mercato rispetto ai suoi competitor;

 Profitability: riguarda l’abilità dell’emittente a generare utili;

Il financial risk riguarda invece il profilo finanziario considerando la posizione finanziaria attuale e prospettica dell’emittente. Anche per

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questa tipologia è possibile individuare gli aspetti peculiari analizzati ovvero:

 Financial policies: riguardano le politiche gestionali assunte dall’impresa da cui può scaturire il rischio finanziario;

 Accounting: riguarda l’analisi dei principi contabili utilizzati nonché la comparazione delle scritture contabili con quelle degli altri emittenti;

 Cash flow adequacy: riguarda la capacità dell’emittente di far fronte con la liquidità ai propri debiti;

 Liquidity / short term factors: analizza le variazioni di liquidità di breve termine considerando elementi quali coperture assicurative e accesso al credito;

Una volta stabilito il rating verrà fatto un confronto di pre-emissione in cui il rating viene comunicato, in via confidenziale, all’impresa valutata che se non soddisfatto del giudizio potrà ricorrere al “processo di appello” fornendo ulteriori informazioni e chiedendo una revisione del rating prima che esso venga reso pubblico. Se l’emittente continua a non essere d’accordo con il rating ottenuto potrà opporsi alla sua pubblicazione e l’agenzia sarà tenuta a mantenerlo confidenziale (confidential rating). Quest’ultimo aspetto sottolinea il fenomeno del

rating shooping in base al quale l’emittente si affida a più agenzie di

rating e poi diffonde solo il giudizio più favorevole alterando così le informazioni dirette al mercato.

Il monitoraggio del rating: il lavoro delle agenzie di rating prevede infine il monitoraggio costante del merito creditizio per verificare se la valutazione fatta continua a corrispondere alla situazione attuale dell’emittente. Per effetto di variazioni, positive o negative, dipendenti da eventi imprevisti e difficili da stimare almeno nell’immediato, la

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valutazione del merito creditizio del soggetto valutato può modificarsi nel tempo. Diventa perciò fondamentale, accanto al simbolo alfanumerico, aggiungere un indicazione sulla possibile variazione del merito creditizio. Se il rating è monitorato per possibili variazioni di breve periodo, circa tre mesi, vengono situate le creditwatch in cui accanto al rating stabilito vengono fornite delle indicazioni: negative, se esiste la possibilità di un downgrade; positive, se esiste la possibilità di un upgrade; developing, se la situazione non è ben definita. Se invece il monitoraggio riguarda variazioni di medio-lungo termine, da sei mesi a due anni, si parla di outlook che, anche in questo caso, potrà essere

positive se esiste la possibilità di un upgrade, negative se esiste la

possibilità di un downgrade, developing se la situazione non è ben definita oppure stable se la situazione risulta stabile.

2.5 Tipologie di rating

Quando si parla di rating non si fa riferimento ad una garanzia sull’effettivo pagamento del debito, né ad una consulenza finanziaria o ad una raccomandazione ad acquistare, detenere o vendere uno strumento finanziario visto che oggetto della valutazione non è il rendimento bensì il rischio. Secondo le agenzie il rating rappresenta un opinione sul merito creditizio di un emittente o di un emissione che, fondandosi sulle informazioni che si hanno a disposizione, rimane una previsione che però può essere utile agli investitori.

I credit rating, ovvero i rating relativi alla valutazione del merito creditizio, possono essere suddivisi in base all’oggetto della valutazione e

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all’orizzonte temporale. In base all’oggetto di valutazione troviamo

l’issuer credit rating e l’issue-specific credit ratings.

l’issuer credit rating riguarda la solvibilità di un emittente in cui vengono

analizzate l’insieme delle sue passività e le sue capacità di far fronte regolarmente alle obbligazioni;

l’issue-specific credit ratings riguarda invece una specifica emissione facendo cioè riferimento al grado di probabilità di pagamento di capitale e di interesse da parte dell’emittente di un determinato prestito obbligazionario.

Questa distinzione è importante in quanto il rating del titolo non necessariamente è collegato a quello dell’emittente sia perché i titoli emessi sono differenti tra loro e sia perché ogni nuova emissione può modificare la situazione finanziaria e patrimoniale dell’emittente.

Il rating emesso dalle agenzie si compone di una parte sintetica, rappresentata dal simbolo alfanumerico, e una parte descrittiva in cui vengono evidenziate le informazioni vagliate, i punti di forza e di debolezza scaturite dal processo ed eventuali commenti degli analisti. Con riferimento alla simbologia utilizzata essa varia a seconda che i rating siano di breve termine, con scadenze minori ai 12 mesi, o di lungo termine, con scadenze superiori ai 12 mesi. L’orizzonte temporale è dunque fondamentale per poter definire i rating in quanto i rischi ad essi associati sono differenti. In particolare, gli investimenti a lungo termine presentano rischi maggiori a causa della maggior incertezza sulle prospettive future.

La simbologia utilizzata con riferimento all’orizzonte temporale differisce anche a seconda dell’agenzia considerata. Prendendo in considerazione le agenzie globali avremo:

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 Standard & Poor’s: per i rating di breve periodo i simboli vanno da A- 1+ ( livello di massima affidabilità )fino a D ( scarsa affidabilità con rischio di default più elevato ). Per i rating di lungo periodo i simboli vanno da AAA ( livello di massima affidabilità ) fino a D ( scarsa affidabilità );

 Moody’s: per i rating di breve periodo i simboli vanno da P-1 ( livello di massima affidabilità ) fino a NP, Not Prime, ( scarsa affidabilità con rischio di default più elevato ). Per i rating di lungo periodo i simboli vanno da Aaa ( livello di massima affidabilità ) fino a C ( scarsa affidabilità );

 Fitch: per i rating di breve periodo i simboli vanno da F1+ ( livello di massima affidabilità ) fino a D ( scarsa affidabilità con rischio di default più elevato ). Per i rating di lungo periodo i simboli vanno da AAA ( livello di massima affidabilità ) fino a D ( scarsa affidabilità );

La figura 2 mette in evidenza la differenza simbolica esistente tra le agenzie Moody’s, Standard & Poor’s e Fitch.

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Fig. 2.2 Scala alfabetica delle agenzie di rating

Fonte: Soldi e Contorni

I primi dieci valori, che vanno da AAA fino a BBB- ( per Standard & Poor’s e Fitch ), da Aaa a Baa3 ( per Moody’s ) costituiscono la categoria di

investment grade ed indicano grande affidabilità dell’emittente e un

livello di rischio di insolvenza molto contenuto. I giudizi inferiori a quelle appena citate rappresentano la categoria speculative grade, anche definita junk, e indicano invece una scarsa affidabilità dell’emittente e un livello di default piuttosto elevato.

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La figura 3 mette invece in evidenza le diverse categorie di rischio associate ai valori simbolici delle tre agenzie globali.

Fig.2.3 Categorie di rating

Fonte: Borsa Investimenti

A mano a mano che si scende di categoria si ha una diminuzione del merito creditizio e di conseguenza un aumento del rischio passando da

Praticamente senza rischio fino alla categoria Default.

2.6 Il rating sovrano

Come riportato da Alfonso et al. (2007) i rating sovrani rappresentano un indicatore sintetico della capacità e della volontà del governo di ripagare il proprio debito pubblico. Si tratta di una misura qualitativa, espressa dalle agenzie di rating, della probabilità che uno Stato sia in

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grado di rispettare i propri obblighi finanziari interamente e alle scadenze stabilite. La sua importanza deriva dal fatto che tale valutazione può avere delle ripercussioni sull’ intera economia nazionale e può generare possibili effetti domino sulle economie dei paesi con cui intrattiene rapporti.

Le origini del rating sovrano sono remote e riconducibili già prima dello scoppio della prima guerra mondiale da parte dell’agenzia Moody’s seguita poi nel 1929 dall’agenzia Standard. Dopo la seconda guerra mondiale il rating sovrano si è sviluppato soprattutto per i paesi maggiormente industrializzati. La necessità del rating, dapprima riguardante in larga parte quei paesi con economie deboli che cercavano finanziatori per il proprio debito pubblico, si è poi estesa a tutti i paesi per effetto di processi di liberalizzazione della circolazione dei capitali. Ad oggi l’attività di rating sovrano ha assunto una connotazione fortemente oligopolistica di fatto fino agli anni ’90 Standard & Poor’s e Moody’s ricoprivano oltre l’80% e solo dopo il 1997 Fitch ha conquistato una fetta del mercato se pur di nicchia15.

L’aumento del rating sovrano è da attribuire principalmente alla volontà delle autorità emittenti di sottoporre i propri titoli alla valutazione delle agenzie di rating. Gli emittenti ritengono che la valutazione possa rappresentare un fattore utile volta ad assicurare il collocamento e il buon apprezzamento dei titoli da parte dei mercati.

Il rating sovrano è ben visto anche dagli investitori che difficilmente potrebbero possedere strutture interne in grado di svolgere un’attenta valutazione sul merito creditizio di uno Stato.

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Oltre ai vantaggi riconducibili ad emittenti e ad investitori, un ulteriore vantaggio è di tipo sistematico. Di fatto i titoli sovrani rappresentano circa il 40% dei titoli che vengono emessi sul mercato e il non sottoporli a rating significherebbe privare gli altri titoli ( titoli subsovrani, titoli di imprese commerciali ), nonché gli investitori, di un essenziale punto di riferimento. Inoltre va anche detto che il rating sovrano cattura più di ogni altro l’attenzione dell’opinione pubblica che è fondamentale per le agenzie in cui il capitale è reputazionale16.

2.6.1 Determinazione del rating sovrano

La determinazione del rating sovrano è un’attività piuttosto complessa e pertanto non esiste un modo univoco per riuscire a determinarlo. Per poter definire cosa impatti notevolmente sulla valutazione del rischio sovrano analizziamo brevemente le diverse metodologie utilizzate dalle tre agenzie globali Standard & Poor’s, Moody’s e Fitch.

Standard & Poor’s:

La metodologia utilizzata da Standard & Poor’s si fonda sull’osservazione di cinque fattori chiave che costituiscono la base per la valutazione del merito creditizio sovrano.

16 La capacità delle agenzie di fornire rating attendibili viene valutata ex post

analizzando la correlazione tra la valutazione del merito creditizio e le performance di strumenti ed emittenti oggetto di analisi. Le agenzie caratterizzate da un’ottima correlazione aumentano la loro reputazione e attraggono più investitori rafforzandosi sul mercato.

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Fig. 2.4 Determinazione rating sovrano Standard & Poor’s

Fonte: S&P Global Rating

 Punteggio politico: riflette come le istituzioni e la politiche adottate forniscano finanze pubbliche sostenibili e promuovano una crescita economica equilibrata. Gli aspetti principali vagliate per la determinazione di questo punteggio sono: efficacia, stabilità e

prevedibilità della policy making, trasparenza e responsabilità delle istituzioni nonché l’affidabilità delle informazioni statistiche.

Ne discende che gli elementi che verranno osservati riguarderanno, principalmente, l’esperienza maturata dallo Stato a contrastare crisi economiche-finanziarie, capacità di uno Stato di attuare politiche per affrontare sfide fiscali, il livello di corruzione percepita e l’indipendenza degli uffici statistici;

 Punteggio economico: riguarda la struttura economica e le prospettive di crescita del Paese. Dapprima viene affidato un punteggio iniziale che dipende dal PIL pro-capite ( livello di

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reddito ) a cui si aggiunge una regolazione positiva o negativa in base alle prospettive di crescita dell’economia17;

 Punteggio esterno: rappresenta le transazioni e le posizioni dei residenti rispetto ai non residenti. Verranno considerati aspetti quali l’utilizzo della moneta nelle transazioni internazionali, che fa aumentare il punteggio assegnato.

 Punteggio fiscale: rispecchia la sostenibilità fiscale dei disavanzi e del debito. Vengono considerate voci quali: la flessibilità fiscale attraverso la variazione del saldo del debito delle amministrazioni pubbliche come percentuali del PIL, la vulnerabilità del bilancio a lungo termine, il livello del debito, il costo del debito rispetto alla crescita delle entrate;

 Punteggio monetario: riguarda la capacità delle autorità monetarie di favorire una crescita economica sostenibile e ridurre i principali shock di carattere economico-finanziario. Si andrà a considerare la capacità dello Stato di usare la politica monetaria per affrontare le situazioni di crisi, la credibilità e l’efficacia della politica monetaria.

Ad ognuno di questi fattori viene assegnato, sulla base di valutazioni sia qualitative sia quantitative, un punteggio che va da 1 ( fattore più forte ) a 6 ( fattore più debole ). Sommando il punteggio dei primi due fattori si ottiene il profilo economico politico dello stato a cui si aggiunge il profilo sulla flessibilità e sulla performance dalla somma dei restanti tre fattori. Entrambi i profili delineeranno il rating sovrano in valuta estera a cui verranno aggiunti zero o due punti di miglioramento determinando il

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Si parla di crescita economica tendenziale ovvero di una crescita senza bolle speculative o altri disturbi economici.

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rating in valuta locale18. Nello specifico, il profilo economico politico

indica la robustezza dell’economia del paese, l’efficacia della sua policy making nonché la forza delle istituzioni. Il profilo sulla flessibilità e sulla performance riflette la questione fiscale considerando la situazione monetaria ed estera del paese.

Moody’s:

La metodologia usata da Moody’s per la valutazione del rating sovrano si fonda non solo su dati quantitativi ma anche su dati qualitativi che però non sempre riescono a catturare la rischiosità del loro merito creditizio. Il processo utilizzato è il Three Stage Process.

Fig. 2.5 Determinazione rating sovrano Moody’s

Fonte: Moody’s

18 Il rating locale può essere superiore a quello in valuta estera nel momento in cui lo

Stato possiede poteri quali l’emissione di una propria moneta. Al contrario il rating sovrano in valuta locale sarà lo stesso di quello in valuta estera se lo Stato fa parte di un unione monetaria, la politica monetaria e dei tassi di cambio sono affidate a una banca centrale.

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1. Elasticità economica del Paese: determina la capacità del paese di fronteggiare uno shock economico, politico o finanziario senza imporre degli oneri sul reddito della popolazione. I fattori che vengono combinati per ottenere queste informazioni sono la forza economica e la forza

istituzionale del paese. La forza economica del Paese si

basa su fattori quali il PIL pro capite e indicatori secondari quali livello di innovazione e investimenti in capitale umano. La forza istituzionale del Paese sarà invece un parere fondato sull’efficacia della governance attuata e si baserà su parametri quali il rispetto del diritto di proprietà, la prevedibilità dell’azione di governo, la trasparenza e il grado di consenso dei propri cittadini. Dalla combinazione di questi due fattori si determina un grado di elasticità che può essere: molto alto, alto, moderato, basso e molto basso. 2. Solidità finanziaria del governo: si compie un analisi approfondita sul livello di solidità finanziaria del Paese concentrandosi sulle dinamiche del debito. Gli aspetti da dover considerare sono la solidità finanziaria e la

suscettibilità all’event risk. In merito alla solidità finanziaria

bisogna determinare ciò che deve essere rimborsato e la capacità del governo di mobilizzare le risorse tramite tasse, tagli alle spese pubbliche, vendita degli asset etc.. In merito alla suscettibilità all’event risk bisogna capire se la situazione debitoria può subire un peggioramento al verificarsi di eventi avversi di natura economica, politica, finanziaria. Il grado di suscettibilità può essere molto basso oppure basso;

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3. Determinazione del rating: la determinazione finale del rating si basa sulla costituzione di una rating road map sulla base delle informazioni utilizzate negli step precedenti e su fattori di ponderazione aggiuntive che il comitato di rating riterrà necessarie. Questo perché dalle informazioni ottenute dagli step precedenti non si ottiene una valutazione esatta e si potrebbero perdere delle informazioni importanti per la valutazione del merito creditizio.

Fitch:

Fitch ha sviluppo un modello di valutazione del rating sovrano denominato SRM ( Sovereign Rating Model ) in cui viene fatta una previsione a lungo termine sul possibile default dello Stato. In questo modello vengono analizzate 18 variabili economico-finanziarie che vengono raggruppate in 4 aree.

Fig. 2.6 Determinazione rating sovrano Fitch

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 Performance e politiche macroeconomiche: le performance passate di un Paese sono essenziali per poter riflettere la solidità del quadro politico economico del Paese. Gli indicatori che vengono analizzati sono rappresentati dalle variazioni percentuali annuali del PIL pro capite, dal CPI ( indice dei prezzi al consumo ) e il REER ( tasso di cambio effettivo reale );

 Caratteristiche strutturali: fanno riferimento alla possibile presenza del rischio politico scaturente da fattori quali la legittimità del governo politico, l’efficacia e la credibilità delle politiche. Bisognerà valutare le politiche attuate in risposta agli shock economico-finanziario e osservare il settore bancario19;

 Finanze pubbliche: l’incidenza delle finanze pubbliche sul merito creditizio sovrano avviene agendo sull’economia attraverso tassazione, spese di indebitamento e disponibilità del credito. I fattori che vengono analizzati riguardano il debito pubblico che se troppo alto ne riduce l’affidabilità, le passività potenziali quali la ricapitalizzazione attesa di una banca statale e il grado di credibilità delle politiche fiscali attuate.

 Finanze esterne: vengono esaminati fattori quali la bilancia di pagamenti, bilancia e debito estero. Con riferimento alla bilancia dei pagamenti vengono esaminate le componenti per identificare punti forza e punti di debolezza. Con riferimento al debito estero Fitch ritiene che maggiore è il debito estero maggiore sarà il ricorso a finanziamenti esterni e più vulnerabile sarà il suo profilo di rischio di credito agli shock esterni.

19 Un settore bancario ben regolamentato è sintomo di maggior affidabilità del paese

perché si limitano i rischi finanziari e gli individui sono portati ad aumentare i propri investimenti nazionali.

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