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Effetto della low-FODMAP diet sulla percezione dei sintomi intestinali in pazienti con malattia infiammatoria cronica intestinale: studio pilota caso-controllo

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Academic year: 2021

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DIPARTIMENTO DI FARMACIA

Corso di Laurea Magistrale in

Scienze della Nutrizione Umana

Tesi di Laurea

Effetto della low-FODMAP diet sulla percezione dei sintomi intestinali in

pazienti con malattia infiammatoria cronica intestinale:

studio pilota caso-controllo

Relatore:

Prof. Nicola de Bortoli

Candidata:

Dott.ssa Vinci Eleonora

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INDICE

Introduzione Pag. 1

Capitolo 1: Le malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI) Pag. 2

 Epidemiologia Pag. 3

 Fattori rischio Pag. 8

 Patogenesi Pag. 14

 Malattia di Crohn Pag. 22

– Clinica Pag. 22

– Diagnosi Pag. 24

– Trattamento Pag. 28

 Colite Ulcerosa Pag. 30

– Clinica Pag. 30

– Diagnosi Pag. 32

– Trattamento Pag. 34

Capitolo 2: La low-FODMAP diet Pag. 36

 Cosa sono i FODMAP? Pag. 36

 Digestione, assorbimento ed effetti dei FODMAP Pag. 37

 La low-FODMAP diet: cosa è e perché nasce Pag. 42

 Composizione FODMAP degli alimenti Pag. 44

 Applicazione della low-FODMAP diet Pag. 45

 Applicazioni cliniche in alcuni stati di patologia Pag.47

Capitolo 3: Studio clinico Pag. 49

 Scopo dello studio Pag. 49

 Materiali, pazienti e metodi Pag. 49

 Risultati Pag. 51

 Discussione Pag. 54

Conclusioni Pag. 55

Bibliografia Pag. 56

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INTRODUZIONE

Il tratto gastrointestinale può esprimersi solo in modi limitati dal punto di vista sintomatologico offrendo come tipi di sintomi quali dolore addominale, alterazione delle abitudini intestinali e gonfiore addominale. I sintomi dei pazienti affetti da malattie infiammatorie intestinali (IBD) condividono alcuni sintomi con quelli affetti da sindrome dell'intestino irritabile (IBS) o altri disturbi gastrointestinali funzionali. Infatti, nei pazienti con IBD in cui la malattia è sotto controllo clinica dal punto di vista bioumorale, si segnala comunque la presenza di sintomi simili a quelli dell'IBS. Questo dato è stato recentemente riscontrato in circa il 30% dei pazienti, indipendentemente dal fatto che la diagnosi sottostante sia malattia di Crohn o rettocolite ulcerosa (1). Nei pazienti con IBD la presenza concomitante di sintomi compatibili con IBS conferisce una qualità di vita notevolmente peggiore. Molti studi hanno esaminato più da vicino questo aspetto confermando mediante l'utilizzo della calprotectina fecale e degli esami endoscopici la presenza di una remissione completa della sottostante IBD ma la presenza di un residuo di sintomi di tipo funzionale (IBS).

Quando la sintomatologia del paziente sembra essere indipendente dallo stato infiammatorio diventa dirimente per il clinico saper trovare dei consigli da applicare nella pratica clinica per migliorare il quadro clinico e di conseguenza la qualità di vita dei pazienti.

Dalla presenza di questa importante dicotomia fra condizione clinica oggettiva e soggettiva nasce l'idea di trovare delle strategie e soprattutto delle indicazioni alimentari per migliorare i sintomi.

I recenti vantaggi ottenuti con una dieta low-FODMAP nei pazienti affetti da IBS ha fatto prendere in considerazione questo approccio alimentare come opzione utile da applicare in questi pazienti affetti da IBD.

Questa tesi affronterà prima di tutto una revisione delle malattie infiammatorie intestinali ed a seguito riporterà le basi fisiopatologiche della dieta low-FODMAP.

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LE MALATTIE INFIAMMATORIE CRONICHE INTESTINALI

Le Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali (MICI) o Inflammatory Bowel Diseases (IBD) comprendono principalmente due diverse condizioni cliniche: la Malattia di Crohn (MC) e la Colite Ulcerosa (CU).

Sono patologie infiammatorie croniche che interessano l'apparato gastrointestinale, in particolare il tubo digerente, ma che talora possono presentare un coinvolgimento sistemico che colpisce diversi altri apparati, come ad esempio l’osteo-articolare, le vie biliari, la cute o l’apparato visivo.

La Malattia di Crohn è stata osservata per la prima volta dal chirurgo tedesco Wilhelm Fabry (aka Guilhelmus Fabricius Hildanus) nel 1623 ed è stata successivamente descritta e definita più approfonditamente dal medico statunitense Burril B Crohn (2). La colite ulcerosa fu, invece, descritta per la prima volta dal medico britannico Sir Samuel Wilks nel 1859 (3).

Le due forme, pur presentando molti aspetti comuni ad entrambe, differiscono nella presentazione clinica, nel coinvolgimento anatomico e nelle caratteristiche anatomo-patologiche: la MC coinvolge principalmente l'ileo terminale e il colon, ma può interessare qualsiasi tratto del tubo digerente, dalla bocca all’ano, solitamente in modo discontinuo, ovvero con tratti interessati da malattia alternati a tratti che risultano indenni; la CU, invece, interessa invariabilmente il retto e, da qui, può estendersi in senso prossimale, senza soluzioni di continuo, a coinvolgere una parte o tutto il colon fino alla valvola ileo-ciecale. L’infiammazione tipica della MC è di tipo transmurale, interessando a tutto spessore la parete del tubo digerente, a differenza di ciò che avviene nella CU, in cui l'infiammazione è tipicamente limitata alla mucosa.

La MC è caratterizzata da una flogosi cronica di tipo granulomatoso, che può condurre nel tempo alla formazione di stenosi del lume intestinale, o alla formazione di tramiti fistolosi tra la parete delle anse intestinali e le strutture adiacenti, o alla formazioni di raccolte ascessuali intraddominali; ciò avviene molto più raramente nel caso della CU (4).

Nonostante sia stato ampiamente comprovato che le MICI scaturiscano da una risposta immunitaria incontrollata della mucosa gastroenterica a fattori ambientali in soggetti geneticamente suscettibili, la causa precisa di queste malattie non è ancora chiaramente nota.

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provocando una vera e propria disabilità. La progressione della malattia e la prognosi sono radicalmente cambiate con le scoperte delle terapie steroidee negli anni '50, degli immunosoppressori negli anni '70, e più di recente, con quella dei biologici. Sebbene questi trattamenti non comportino gravi complicanze e migliorino la qualità della vita, non è chiaro se siano in grado, nel lungo termine, di modificare il decorso delle malattie.

Epidemiologia

L’incidenza e la prevalenza delle MICI varia nelle diverse aree geografiche del mondo e, negli ultimi anni, risulta in continuo aumento. Sono patologie attualmente più frequenti nei paesi a maggior sviluppo economico, mentre risultano più rare nei paesi più poveri o in via di sviluppo.

Incidenza

Sulla base dell’incidenza delle MICI, possiamo identificare diverse aree geografiche: quelle con un'alta incidenza (Nord America e Nord Europa), quelle con un'incidenza moderata (Europa centrale e orientale), quelle con bassa incidenza in passato ma in cui oggi è in costante aumento (5) e quelli con incidenza sconosciuta (Africa centrale).

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Unito, (8,9) e in Nord America (10,11). L’elevata incidenza riscontabile in queste regioni potrebbe suggerire la presenza di fattori eziologici comuni. L'incidenza globale della CU è maggiore di quella della MC; fanno eccezione il Canada (11-13) e diverse aree d'Europa (14-17), sebbene questa differenza si stia riducendo negli ultimi 20 anni.

Sebbene le MICI siano considerate storicamente patologie tipiche dei paesi occidentali, esse stanno emergendo anche in aree in cui in precedenza venivano raramente osservate, come, ad esempio, in Corea del Sud, Cina, India, Iran, Libano, Tailandia, Indie francesi e Nord Africa (18-20).In alcuni paesi come il Giappone, l'incidenza delle MICI era bassa in passato, ma recentemente risulta in costante aumento (21).

Prevalenza

I dati sulla prevalenza delle MICI sono più scarsi rispetto a quelli sull’incidenza, ma comunque molto significativi. La misurazione del rapporto tra prevalenza e incidenza è disponibile solo in pochi studi; il rapporto varia da 6,6 a 23 (9,22). La prevalenza della MC in Nord America varia da 44 a 201/100.000, mentre per la CU da 37,5 a 238/100,000 (8,23); in Europa, la prevalenza del MC varia da 8 a 214/100.000 e quella di CU da 21 a 294/100,000 (24). Quando i valori vengono estrapolati dalla Comunità Europea, si stimano 1 milione di persone con MC e 1,4 milioni con CU in Europa. Uno studio statunitense che includeva 9 milioni di persone ha calcolato una prevalenza del MC di 201 e di CU di 238, ciò permette di stimare che negli Stai Uniti ci siano più di 1,3 milioni di soggetti con MICI (8,23)

Età di esordio

Entrambi i tipi di MICI si presentano con un’aumentata incidenza in determinate fasce di età: il picco di incidenza per la MC si riscontra tra i 20 e i 30 anni di età; per la CU, invece, tra i 30 e i 40 anni. Alcuni studi hanno mostrato che un secondo picco si verifica a 50-60 anni. Le MICI ad insorgenza in età pediatrica rappresentano dal 7% al 20% di tutti i casi (25-27). Dati recenti indicano tassi più elevati di malattia in età pediatrica sia per il MC che per la CU; in Francia, ad esempio, l’incidenza di MC in età pediatrica è aumentata da 3,5/100,000 nel 1990 a 5,2/ 100,000 nel 2005, mentre la CU è rimasto a circa 0,8/100,000 (28). Trend simili sono stati osservati in molte aree dell’Europa e del Nord America,

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superiore a quella della MC (29,30).

Studi sulle popolazioni migranti mostrano come l'età al momento della migrazione influisca sul rischio di sviluppare una MICI. Tale rischio appare più alto tra i bambini che migrano prima dei 15 anni, come riportato da uno studio condotto in Columbia Britannica (31). Emerge inoltre che le appendicectomie sembrano ridurre il rischio per CU se eseguite prima dell'età di 20 anni.

Queste osservazioni indicano la possibile presenza di fattori ambientali che influenzano l’insorgenza delle MICI, in particolare (soprattutto per la MC) nella popolazione pediatrica.

Sesso

La CU risulta leggermente più di frequente negli uomini (60%), mentre la MC risulta distribuita più equamente nei due sessi, con una lieve predilezione per il sesso femminile nelle aree ad alta incidenza (13,15,32),tuttavia in alcune aree geografiche, come Europa e Nord America e in alcuni paesi in via di sviluppo, l'incidenza della MC tra gli uomini è aumentata, diventando equivalente o addirittura superiore a quella delle donne (7,10,33,34).

La distribuzione della MC e della CU nella popolazione pediatrica è inversa rispetto a quella degli adulti: nel sesso maschile prevale la MC, mentre in quello femminile la CU. L’inversione della prevalenza di un determinato tipo di MICI tra pazienti di sesso maschile e quelli di sesso femmine si verifica tra i 14 e i 17 anni (25).

Evoluzione

Negli ultimi 50 anni, l'incidenza di CU è prima aumentata, poi si è stabilizzata o addirittura ridotta; durante la fase di stabilizzazione della CU, l'incidenza del MC ha continuato ad aumentare. Studi di popolazione in Olmsted County, Minnesota, hanno osservato che la prevalenza di CU è aumentata da 117/100.000 a 268/100.000 dal 1965 al 1991 ed è poi diminuita a 214/100.000 nel 2001; la prevalenza di MC è aumentata da 91/100.000 a 144/100.000 dal 1983 al 1991 e ha continuato fino a giungere a 174/100.000 nel 2001 (8). Trend analoghi sono stati osservati in alcune regioni dell'Europa (7,23): nella Francia settentrionale, l'incidenza della MC è aumentata da 5,3/100,00 nel 1988 a 7/100,000 in

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stabile attorno a 4/100.000. L'incidenza di CU è rimasta stabile o è aumentata in altre regioni, tra cui la Scozia nordorientale, la Svezia, la Germania, l'Italia (a Firenze è raddoppiata tra il 1978 e il 1992), e la Danimarca (dove è aumentata di 2 volte tra il 1978 e il 2001) (23). Nei paesi in via di sviluppo, l'incidenza di CU è aumentata per prima, seguita poi dal MC; In Asia era presente un alto rapporto di incidenza CU/MC negli anni '80 e '90, ma nel 2000 l'incidenza del MC è aumentata. In Giappone, Singapore e Corea del Sud, la frequenza delle MICI era inizialmente bassa ma è rapidamente aumentata (35). In Corea del Sud, tra il 1986-1990 e il 2001-2005, l'incidenza di CU è aumentata da 0,3/100,000 a 3,1/100.000 e quella del MC da 0.5/100.000 a 1.3 / 100.000. In Cina, uno studio basato su una coorte di pazienti ospedalizzati dal 1950 al 2002 ha stimato un'incidenza e una prevalenza di MC rispettivamente di 0.3/100.000 e 1,4/100.000. In India, la prevalenza di CU nella popolazione di Punjabi è stata rilevata essere 44/100.000, mentre l'incidenza di 6,0/100.000 (19). In Africa Centrale e in Sud America i dati non sono disponibili o sono scarsi. Nel complesso, si può definire per la frequenza di MICI nel mondo in via di sviluppo questo tipo di trend: un'incidenza di CU inizialmente bassa, seguita da un aumento di CU mentre l'incidenza del MC rimane bassa, e infine un'incidenza di MC che si avvicina ai livelli della CU.

Eterogeneità geografica

Storicamente le MICI, come altre malattie autoimmuni, sono considerate malattie con uno spiccato gradiente Nord-Sud, con più alti tassi di incidenza e prevalenza nelle regioni settentrionali dell’emisfero boreale; tuttavia, anche questa evidenza è in corso di mutamento negli ultimi decenni.

Nel Nord America, i più alti tassi di incidenza della MC si riscontrano in Canada e negli Stati Uniti settentrionali, confrontati con la parte meridionale del continente. Uno studio ha confermato un tasso più alto di ospedalizzazione nel nord degli Stati Uniti del Nord (36). Anche in Europa è stato osservato un gradiente Nord-Sud: i tassi di incidenza media di CU sono 11,8/100.000 nel Nord e 8,7/100,000 nel Sud; per la MC sono pari a 6,3/100,000 e 3,6/100,000 rispettivamente per il Nord e Sud (37). Tuttavia, questo dato non può essere generalizzato in quanto i tassi di incidenza di CU nella Grecia centrale (38) e nella Spagna settentrionale (39) riportati sono, rispettivamente, 11/100.000 e 9/100.000. Uno dei più alti tassi di incidenza di MC nell’America Settentrionale appartiene al Canada meridionale,

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MC (a livello nazionale) è maggiore nel Nord, mentre l'incidenza di CU è distribuita uniformemente in tutto il paese (41). Tuttavia, ogni area potrebbe avere specifici fattori ambientali locali. In accordo con quanto affermato in precedenza, un rischio relativo di MC > 1,5 è stato evidenziato in 96 di 273 "cantoni" (la più piccola amministrazione geografica) del Nord della Francia (42).

Al momento attuale, non ci sono spiegazioni unanimamente riconosciute che possano spiegare queste variazioni regionali del rischio di MICI.

In passato si credeva che le MICI si verificassero con minor frequenza nelle popolazioni di colore, in particolare negli Afro-Americani, rispetto ai bianchi. Tuttavia, è stato osservato che le MICI insorgono con frequenza paritaria tra queste popolazioni: l'incidenza apparentemente più bassa potrebbe essere in parte correlata a limitazioni nell'accesso alle cure. Uno studio eseguito nel sud California ha rivelato che, sebbene i tassi di ospedalizzazione per MC fossero uguali tra bianchi e afro-americani, la prevalenza della MC negli afro-americani era pari a 2/3 di quella bianca (43). Nello stato della Georgia, Stati Uniti, Ogunbi et al. hanno constatato che il più alto l'incidenza di MC si verifica nei bambini afroamericani (44). Adulti americani ispanici e asiatici americani sembrano avere una prevalenza più bassa di MC rispetto ai bianchi non ispanici. Tuttavia, da una review sistematica del rapporto tra MICI ed etnia emerge che in tutto il mondo l'incidenza delle MICI è aumentata tra il 1996 e il 2000 negli ispanici (Puerto Rico) da 2,6/100.000 a 7.5/100.000 e negli asiatici (Corea del Sud), da 0,3/100,000 a 5,3/100.000 (dal 1986 al 2005) (45). Uno studio recente ha mostrato un numero maggiore di casi di CU in bambini asiatici e ispanici ma anche un numero maggiore per la MC in bambini africani americani (29). E' stato riportato anche un aumento del rischio di CU tra gli asiatici meridionali migrati al Regno Unito (31) rispetto alla popolazione britannica europea (17/100.000 vs 7/100.000). I dati epidemiologici delle popolazioni migranti indicano che i fattori genetici e ambientali contribuiscono al rischio di sviluppare una MICI. C'è un'alta prevalenza di MICI tra le popolazioni ebraiche; tra la popolazione ebraica che vive al di fuori dall'Israele la prevalenza di MICI è superiore a quella della popolazione non ebraica; in aree dove la prevalenza è elevata in tutta la popolazione (Malmo, in Svezia), è comunque più alta nella popolazione ebraica che vive in quella zona rispetto alla popolazione ebraica che vive in zone con bassa prevalenza di MICI (42,43) Dal 1960 al 1970,è stata osservata una minore incidenza di MICI tra gli ebrei nati in Asia,Africa e Israele rispetto agli ebrei nati in Europa e Nord America (46,47). Dieci anni dopo, la prevalenza di MICI in Israele è

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Questi dati supportano la combinazione di fattori genetici e ambientali nella patogenesi della MICI.

Fattori rischio

Genetici

Geni di suscettibilità

Negli ultimi anni i progressi ottenuti nel campo delle tecnologie per lo studio del genoma umano hanno consentito l'esecuzione di numerosi studi di associazione genomica (GWAS), che hanno identificato 163 loci associati alle MICI, di cui 110 associati a entrambe le malattie, 30 specifici per il MC e 23 per la CU (50). Questi studi indicano che le due principali forme di MICI condividono molte caratteristiche genetiche comuni e che queste contribuiscano sicuramente alla loro eziopatogenesi, pur non essendo condizioni sufficienti all’instaurarsi di queste patologie. Le varianti genetiche che conferiscono maggiore suscettibilità per la MC sono principalmente legate all'immunità innata, all'autofagia e alla fagocitosi (51). Per la CU le varianti genetiche sono principalmente correlate alla funzionalità della barriera epiteliale della mucosa intestinale. La mappatura dettagliata del cromosoma 16 ha identificato i polimorfismi nel gene NOD2 (anche denominato CARTARD e IBD1) come le alterazioni genetiche più frequenti associate al MC (52,53). Il gene codifica una proteina citoplasmatica, la “nucleotide binding

oligomerization domain containing 2” (NOD2) , principalmente espressa nelle cellule

derivate dai monociti (54,55). Il ruolo di NOD2 è quello di innescare una risposta immunitaria innata all'esposizione intracellulare al muramil-dipeptide (MDP), un prodotto di degradazione del peptidoglicano presente nella parete cellulare dei batteri Gram-negativi e Gram-positivi che porta all'attivazione di NF-kB e MAPK (56). Inoltre, è stato recentemente dimostrato come l'attivazione di NOD2 sia capace di influenzare la cross-presentazione di MHC, l'induzione dell'autofagia e la resistenza all'infezione batterica intracellulare (57-59). Il rischio associato alla presenza di tale variante genetica dipende dal genotipo: se in forma eterozigote il polimorfismo del gene NOD2 comporta un rischio aumentato di 2-4 volte di sviluppare la MC, se omozigote il rischio è aumentato di 20-40 volte. In particolare, i polimorfismi del gene NOD2 associati al MC causano la perdita di

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funzione nel pathway di NOD2 (60,61). Le analisi genetiche hanno dimostrato che i polimorfismi in ATG16L1 e IRGM, due geni direttamente coinvolti nell'autofagia, sono strettamente legati alle MICI (62,63).L'autofagia è un processo intracellulare che prevede la degradazione lisosomiale dei batteri ingeriti, ma anche l'auto-digestione degli organuli cellulari. E' stato evidenziato che il segnale che attiva NOD2 è in grado di avviare anche il processo di autofagia. Al fine di ottenere un'efficace digestione e clearance batterica, sono necessarie entrambe le funzioni svolte da NOD2 e ATG16L1. Quando i polimorfismi legati alla MC sono presenti in entrambi i geni, l'autofagia in risposta al MDP è compromessa e ciò comporta, in definitiva, una ridotta clearence batterica (59). Pertanto, questi difetti possono influenzare le risposte immunitarie adattive e predisporre all'infiammazione intestinale cronica.

E' stata evidenziata, inoltre, un'associazione critica tra le MICI e il gene IL-23R (64). Il gene IL-23R codifica per una subunità del recettore per l'interleuchina IL-23, una citochina proinfiammatoria coinvolta anche nella generazione di cellule Th17 (65,66). Oltre all'IL-23R sono state evidenziate associazioni con la MC in regioni genomiche che comprendono più geni coinvolti nella via di segnalazione IL-23/Th17, fattore ben noto per essere coinvolto nella patogenesi delle MICI; la suscettibilità è stata evidenziata in vari loci genetici quali IL23R, IL-12B, JAK2 e STAT3, associati allo sviluppo sia di CU che di MC (52,67). Varianti in IL-12B, che codifica per la subunità p40 dell’IL-12 e -23, sono state associate alle MICI, così come altre disregolazioni di tipo autoimmunitario, suggerendo che un sottoinsieme di pazienti affetti da MICI condivide trigger comuni con queste condizioni (64).

Le associazioni significative osservate negli studi GWAS di CU coinvolgono la regione 2 vicino all'HLA-DRA (catena alfa) del complesso maggiore di istocompatibilità. Gli alleli HLA-DRB1 (catena beta) sono invece associati sia alla CU che alla MC (68,69).

Aggregazione familiare

A riprova dell’importanza di fattori genetici nello sviluppo delle MICI vi sono le dimostrate evidenze della presenza di un’importante aggregazione familiare di queste patologie.

L'aggregazione familiare delle MICI è stata osservata per la prima volta negli anni '30 del secolo scorso. Un’anamnesi familiare positiva per parenti di I grado rappresenta il

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i parenti di I grado degli affetti è quello di sviluppare la stessa malattia. I soggetti con MC hanno un parente di primo grado con MC nel 2,2-16,2% dei casi e con una malattia infiammatoria intestinale nel 5,2-22,5%. Il rischio di MC per un fratello di un soggetto con MC è più elevato rispetto al rischio di un altro parente di primo grado. Soggetti con CU hanno un parente di primo grado di grado con CU nel 5,7-15,5% dei casi, e con altre malattie infiammatorie intestinali nel 6,6%-15,8%. Il rischio sviluppare nel corso del tempo malattia infiammatoria intestinale per un parente di primo grado di un soggetto affetto da MC è del 4,8-5,2% per i non ebrei e del 7,8% per gli ebrei. Per quanto riguarda la CU, i valori sono dell'1,6% per i non ebraici e del 5,2%per gli ebraici (70). La concordanza per tipo e pattern di malattia e manifestazioni extra-intestinali è rispettivamente del 75-80%, 64% e 70% (71).

La prova più consistente che fattori genetici contribuiscano alla suscettibilità della malattia infiammatoria intestinale deriva dalla concordanza emersa dagli studi sui gemelli (72,74). La prima analisi sistematica di concordanza (72) è stata poi rafforzata da altri studi (122,123) che hanno evidenziato una concordanza nei gemelli monozigoti del 37,3% per il MC e del 10% per la CU, a fronte della concordanza osservata nei gemelli eterozigoti che è pari al 7% per il MC e al 3% per la CU. Il contributo genetico allo sviluppo di malattie infiammatorie intestinali sembra quindi essere, complessivamente, più importante nella MC piuttosto che nella CU (75).

Ambientali

Anche se le varianti genetiche svolgono un ruolo centrale nell’aumentare il rischio di sviluppare le MICI, studi condotti su gemelli monozigoti dimostrano che lo sviluppo effettivo della malattia dipende da fattori aggiuntivi. È stata presa in considerazione un'ampia gamma di fattori ambientali, inclusi il fumo di sigaretta, la dieta, l’uso di farmaci, lo stress e i fattori microbici (76).

Il fumo di sigaretta sembra avere un effetto divergente sulle due forme di MICI: protettivo per quanto riguarda lo sviluppo della CU, mentre sembra avere un ruolo importante nell’innesco della MC (77). Il fumo di sigaretta è associato a una riduzione del numero di riacutizzazioni di malattia nella CU. Al contrario, nel MC, il fumo aggrava il decorso della malattia, promuove la formazione di fistole e stenosi, aumenta

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il tasso di riacutizzazione, la necessità di corticosteroidi e accelera la necessità di chirurgia in seguito alla remissione indotta dall'intervento (78). Smettere di fumare sembra rappresentare un vero e proprio intervento terapeutico nella MC, tuttavia i cerotti o i clisteri alla nicotina non hanno mostrato efficacia nella gestione della CU (79,71). Studi sperimentali suggeriscono che gli effetti benefici della nicotina nella CU siano dovuti ad una maggiore produzione di muco, ad una riduzione della produzione di citochine pro-infiammatorie e ossido nitrico, e al miglioramento della funzionalità della barriera intestinale, mentre gli effetti nocivi della nicotina nella MC sembrano essere associati ad un aumentato flusso di neutrofili all'interno mucosa intestinale (78). I dati per il fumo passivo sono contraddittori: alcuni studi mostrano una riduzione del rischio di sviluppare CU in caso di esposizione al fumo in infanzia, altri affermano che tale esposizione comporta un rischio aumentato per entrambe le patologie. Le evidenze su un possibile ruolo della dieta nello sviluppo delle MICI rimangono controverse, anche se i dati di letteratura suggeriscono che una dieta dallo stile occidentale sia associata ad un rischio aumentato per lo sviluppo della MC e forse anche di CU (80). L'allattamento al seno conferisce l'immunità al sistema immunitario intestinale del neonato ancora in fase sviluppo (81) e potrebbe rappresentare un fattore protettivo per lo sviluppo di malattia infiammatoria intestinale (82). L'associazione tra eccesso di carboidrati e sviluppo di MICI, specialmente di MC, è probabilmente dovuto alla differenza nel consumo di zucchero tra Asia e Europa occidentale e Nord America (83). Altri studi hanno rilevato un'associazione tra elevato intake di grassi polinsaturi o margarina e aumentato rischio di MICI (84). Mentre in passato i mediatori lipidici derivanti dall'acido arachidonico erano presunti avere effetto pro-infiammatorio, oggi nuovi dati suggeriscono il contrario (85). La maggior parte degli studi sulla dieta sono deboli e associati ad una scarsa compliance del paziente, fattori che rendono difficoltosa l'interpretazione dei risultati; pertanto, allo stato attuale, non può essere tratta alcuna conclusione sul ruolo della dieta nell'influenza sulle MICI.

La bassa incidenza di MICI e altre malattie infiammatorie croniche nei paesi in via di sviluppo, adesso in aumento, potrebbe essere correlata al cambiamento delle condizioni igienico sanitarie e socioeconomiche (86,87). Ad esempio, un minore rischio di sviluppare una MICI, in particolare la MC, è stato associato all'assenza di acqua del rubinetto e acqua calda, famiglie numerose e/o povere con molti figli, condizioni di vita

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affollate e consumo di alimenti contaminati (88-90). L'igiene eccessiva potrebbe limitare l'esposizione ad antigeni ambientali compromettendo la maturazione funzionale del sistema immunitario della mucosa e l'induzione dell'immuno-tolleranza, cui segue una risposta immune inappropriata a seguito dell'esposizione a tali antigeni nelle fasi di vita più avanzate.

I farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) sono stati associati ad un aumento del rischio per MC e CU e si pensa che influenzino il progresso della MICI sia danneggiando direttamente la mucosa intestinale che attraverso la riduzione della produzione di prostaglandine. Lo stress sembra avere un ruolo in entrambe le malattie: le componenti dell'umore di stress percepito, come la depressione, possono svolgere un ruolo importante nel mediare la progressione delle MICI (91). Alcuni fattori psichici sono stati associati ad un aumento dell'attività infiammatoria a livello intestinale: eventi avversi, stress cronico, depressione, sembrano incrementare la probabilità di ricaduta in pazienti con malattia quiescente (92). Nuove evidenze sperimentali suggeriscono il coinvolgimento di interazioni dirette tra sistema nervoso e sistema immunitario. Forti evidenze sostengono che il bilancio tra microbiota intestinale e risposte difensive dell'ospite a livello della mucosa intestinale svolge un ruolo fondamentale sia nell'induzione che nella progressione delle MICI (93). Diversi studi condotti in pazienti e modelli animali hanno mostrato il ruolo centrale dei batteri nella patogenesi delle MICI. Ad esempio, l'uso di antibiotici è efficace in alcuni sottoinsiemi di pazienti con MICI e la maggior parte dei modelli di cavie richiede la presenza di batteri intestinali per la genesi dell'infiammazione (94). Inoltre, diversi risultati suggeriscono che l'uso di "batteri benefici" o di probiotici potrebbe migliorare la flogosi (95,96). L'analisi della composizione della microflora intestinale ha dimostrato che i pazienti con MC presentano una lacuna relativa di Firmicutes e Bacteroidetes ed una sovracrescita di Enterobacteria; nella CU è stata evidenziata una riduzione di Clostridium e un aumento di Escherichia coli (E. Coli) (97,98). Inoltre è stato evidenziato un notevole aumento di E.coli associato alla mucosa sia nell'ileo che nel colon, specialmente nei pazienti con MC, suggerendo così un suo possibile ruolo patogeno (99). La somiglianza dell'ileite granulomatosa del MC con la vasculite mediata dal paramyxovirus o con la paratubercolosi indotta dal Mycobacterium avium ha alimentato la tesi che il MC potrebbe essere provocato da un'infezione. Uno studio svedese (100) ha riportato un

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tasso di incidenza aumentato del 50% per MC negli individui nati entro tre mesi dalla diffusione di un'epidemia di morbillo in Svezia; questo dato non è stato tuttavia rafforzato da altri successivi studi (101). Il mycobacterium avium paratubercolosis è stato isolato nei tessuti e nel sangue di soggetti con IBD, sebbene possano esistere a monte spiegazioni alternative a tale fenomeno (102). Inoltre la malattia infiammatoria intestinale cronica è più comune a seguito di infezioni gastrointestinali, e i soggetti affetti presentano generalmente concentrazioni più elevate di batteri all'interno della mucosa rispetto agli individui sani. La concentrazione batterica nella mucosa aumenta progressivamente con la gravità della malattia sia nel colon infiammato che non. I batteri adesivi potrebbe predominare, ma non esiste una singola specie incriminata (103,104). Gli studi infatti non forniscono evidenza circa alcuna specie microbica come agente causale dell'infiammazione. In ogni caso i dati emersi da questi studi mettono in evidenza un'inadeguata gestione degli antigeni microbici da parte del sistema immunitario intestinale nei soggetti con MICI. L'ipotesi che i vaccini di morbillo vivo attenuato, parotite e rosolia potrebbero aumentare il rischio di MICI è stata ora screditata e non è stata supportata da altri studi caso-controllo (105). Non esistono prove evidenti che il vaccino del morbillo o altre vaccinazioni combinate causino MICI (101). Diversi studi di caso-controllo hanno riportato una debole associazione della malattia con l'uso di contraccettivi orali; tuttavia, quando adattate con i bias (per esempio il fumo), le differenze non erano significative (106). Studi epidemiologici suggeriscono che l'appendicectomia potrebbe essere protettiva per la CU (107): da uno studio è emersa una significativa riduzione del rischio di colectomia o di necessità di terapia immunosoppressiva in pazienti che hanno subito appendicectomia prima della diagnosi di MICI (108). Al contrario nel MC l'appendicectomia sembra associarsi ad un aumentato rischio di stenosi (109,110). Questi risultati contrastanti potrebbero essere associati alla gestione microbica da parte del sistema immunitario della mucosa, all'igiene e ad un mancato sviluppo di un’adeguata tolleranza immunitaria a seguito dell'appendicectomia.

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Patogenesi

Immuno-omeostasi nell'intestino sano

Perché il sistema immunitario associato alla mucosa non si trova in un perenne stato infiammatorio incontrollato, dato l'elevato carico di antigeni al quale è sottoposto?La superficie mucosa rappresenta un'interfaccia fisica tra il sistema immunitario e l'ambiente esterno. L'intestino ospita una grandissima parte del tessuto linfoide associato alla mucosa dell'intero organismo, oltre a contenere una flora batterica estremamente complessa e numerosa sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo, con più di 500 specie di batteri (111,112).

Microbiota e tolleranza orale

I batteri commensali modulano l'espressione di geni coinvolti in diverse funzioni intestinali, quali l'assorbimento dei nutrienti, il mantenimento dell'integrità della mucosa, il metabolismo degli xenobiotici, l'angiogenesi e la maturazione intestinale postnatale (113). Questa relazione simbiotica viene stabilita nei primi 2-3 anni di vita, mentre prima della nascita l'intestino umano è sterile. Nella prima fase la colonizzazione è ordinata, con una predominanza di specie aereobiche, seguita da specie anaerobiche; la durata e la composizione relativa del processo sono influenzate dalla madre (parto vaginale o cesareo, allattamento al seno o artificiale, fattori genetici) e dall'ambiente (condizioni igieniche). Il meccanismo responsabile della stabilizzazione e del mantenimento della tolleranza orale al microbiota e agli antigeni provenienti daglialimenti non è del tutto chiaro, ma coinvolge complesse interazioni anatomiche, cellulari e fattori umorali che prevengono o attenuano l'aggressione immunitaria nei confronti degli antigeni presenti nel lume intestinale, i quali indurrebbero altrimenti una risposta infiammatoria se non fossero presentati al sistema immunitario per via orale (114). Durante la colonizzazione batterica il sistema immunitario associato alla mucosa matura, e durante questo processo si stabilisce l'immuno-tolleranza.

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Barriera epiteliale

La prima linea di difesa del sistema immunitario della mucosa è la barriera epiteliale (115). L'epitelio intestinale è costituito da un monostrato di cellule polarizzato rivestito da muco all'interno del quale è incorporata la flora batterica commensale. Nei soggetti affetti da CU e MC sono stati evidenziati difetti nella produzione di muco (116,117). La superficie apicale delle cellule epiteliali è rivestita anche da IgA e glicocalice. I flussi di materiale attraverso l'epitelio intestinale procedono principalmente per via trans-cellulare, con specifiche pompe di membrana e pompe canale, ma anche per una via para-cellulare controllata da tight junctions (che contengono proteine transmembrana come occludine e claudine). L'intestino tenue contiene anche cellule epiteliali specializzate (cellule di Paneth) che svolgono un ruolo importante nella difesa innata, come la regolazione della densità microbica e la protezione delle cellule staminali ad esse vicine, grazie alla produzione di varie proteine antimicrobiche (118). Tali proteine hanno mostrato elevata attività in vitro contro batteri gram-positivi e gram-negativi. Le defensine rappresentano una delle classi principali, e possono essere suddivise in due famiglie: α-defensine e β-defensine (119). Mentre le α-difensine e catelicidine si trovano solo nel piccolo intestino, le β-defensine sono espresse in modo ubiquitario su tutta la superficie mucosa del tratto gastrointestinale. La natura anfipatica delle defensine permette loro l'interazione e la lisi delle membrane batteriche (120).

Riconoscimento dell'antigene e immunoregolazione

Il riconoscimento e il processamento degli antigeni luminali inizia a livello epiteliale (121). L'epitelio intestinale umano esprime molti recettori strutturalmente e evolutivamente conservati, capaci di riconoscere specifiche componenti microbiche come lipopolisaccaridi, peptidoglicani, acido lipoteicoico, RNA a singola e doppia elica e DNA metilato, presenti unicamente nei batteri. Una delle più importanti famiglie di tali recettori presente nei mammiferi sono i toll-like receptors (TLR). Sono stati identificati da 10 a 15 TLR a seconda delle specie, ognuno dei quali svolge funzione specifica; tuttavia, nel loro insieme, sono probabilmente capaci di riconoscere varie molecole associate ai batteri. TLR4 si distingue dagli altri recettori in quanto associato

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ad un corecettore (CD14), necessario a segnalare la presenza di lipopolissaccaridi (122). Nel riconoscere tali molecole TLR stimola le risposte innate e adattative in un processo di segnalazione intracellulare che culmina nell'attivazione della trascrizione dell'NFkB e nell'induzione di una cascata di citochine infiammatorie (123,124). In assenza di patogeni, l'interazione di TLR con i commensali ha mostrato contribuire all'omeostasi intestinale e al mantenimento dell'integrità della barriera epiteliale. Oltre ai TLR, le proteine citosoliche NOD innescano nella mucosa un meccanismo difensivo aggiuntivo (125): le proteine NOD1 e NOD2 sono espresse nel citosol delle cellule presentanti l'antigene, che vengono esposte ai microrganismi contenenti peptidoglicani. L'espressione di NOD1 e NOD2 nell'intestino è bassa o assente, ma è aumentata in risposta all'infiammazione e/o alla presenza di citochine pro infiammatorie (126,127). Nel piccolo intestino il più alto livello di espressione di NOD2 ha luogo nelle cellule di Paneth (128,129). In modelli di NOD2 sovraespressi viene evidenziata insieme all'attivazione dell'NFkB la stimolazione del muramil dipeptide, fattore che insieme alla capacità delle citochine pro-infiammatorie (es. TNFα) di influenzare l'espressione di NOD2 suggerisce che NOD2 possa contribuire alla risposta immunitaria innata ai microbi patogeni (130,131). La funzione di NOD2 è tuttavia messa in discussione dai dati ricavati da studi sui roditori e su esseri umani che forniscono l'evidenza sia della perdita che dell'acquisizione di funzione per le cellule con mutazione genetica CARD 15. Un modello mutato CARD15 ha mostrato la perdita di funzione e sovrapproduzione di citochine pro-infiammatorie in risposta al segnale TLR-mediato in macrofagi CARD15-deficienti. Gli studi sulle cellule umane in genere confutano la teoria circa la produzione di citochine e l'attivazione di NfkB in cellule mutate CARD15. Studi su cavie che esprimono una variante umana comune di CARD15 hanno evidenziato come l'attivazione di NfkB si associa alla produzione di interluchina 1- β in risposta al muramil dipeptide in macrofagi che esprimono la proteina NOD2 mutata. La funzione di NOD2 nelle cellule epiteliali è tuttavia incerta, sebbene la ridotta produzione di alfa difensine in topi con mutazione di CARD15 suggerisce che essa contribuisca all'immunità innata nell'intestino mediante la regolazione della funzione delle cellule di Paneth (68). La solidità di questa scoperta è incerta poiché i topi senza la forma attiva di α-difensine non sviluppano spontaneamente infiammazione intestinale cronica (132,133).

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Cellule linfatiche

I tessuti linfoidi della mucosa presentano cellule T, cellule B, granulociti, mastociti, cellule natural killer (NK) e cellule T-NK , localizzate nel tessuto connettivo lasso della lamina propria. Un'ulteriore popolazione di enterociti altamente specializzata agisce da interfaccia tra strato epiteliale e tessuto linfoide sottostante. Le cellule M agiscono da canalizzatori di antigeni (inclusi i batteri) verso i linfociti sottostanti (placche del Peyer nel piccolo intestino e follicoli linfoidi nel colon), a livello del quale incontrano le cellule presentanti l'antigene come le cellule dendritiche e/o i macrofagi (134); le cellule dendritiche possono aprire letight junctions tra le cellule epiteliali, inviare i dendriti fuori dall'epitelio e dirigerli contro i batteri (135). Grazie all'espressione delle proteine associate alle tight junction (es. occludina, claudina1) viene preservata l'integrità della barriera epiteliale (136). Le cellule dendritiche rappresentano la chiave per la regolazione dell'immunità nei confronti dei patogeni e della tolleranza verso i commensali. Diversamente dalle cellule epiteliali e dalle cellule immuno-effettrici, le cellule dendritiche esprimono l'intero spettro di TLR e NODs, diventando così capaci di distinguere tra commensali e patogeni e di attivare o silenziare la risposta delle cellule T (58). La funzione delle cellule dendritiche è regolata dalla localizzazione, dal numero, e dallo stato di maturazione (137). Negli individui sani sono utilizzate per campionare antigeni e per indurre la non-risposta alle cellule T, probabilmente attraverso la stimolazione della differenziazione delle cellule T-naive in cellule T-regolatorieCD4+ (come le Th3 o Tr), piuttosto che in cellule effettrici Th1 o Th2, mantenendo così la tolleranza verso i commensali (137). Quale sottopopolazione di cellule dendritiche induca la differenziazione delle cellule T-naive in cellule T-regolatorie nell'uomo non è chiaro. I dati ottenuti da studi in vitro suggeriscono che le cellule dendritiche interagiscono con batteri probiotici per produrre IL-10, la quale guida la risposta delle cellule Th1 regolatorie piuttosto che quella delle cellule effettrici (138). Quando le cellule dendritiche percepiscono un pericolo, ad esempio un patogeno, esse maturano, acquisiscono e attivano il fenotipo inducendo l'immunità (139). Questo processo può coinvolgere il rimodellamento del citoscheletro cellulare come, per esempio, a seguito dell'attivazione mediata dai TLR (140).

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Malfunzionamento del sistema immunitario

Oggi è ampiamente appurato che la malattia infiammatoria intestinale derivi da una risposta inappropriata da parte del sistema immunitario della mucosa alla microflora o ad altri antigeni luminali. Ma come e perché gli antigeni microbici inducono una risposta infiammatoria inappropriata? Evidenze sperimentali da studi in vitro, negli animali e negli esseri umani suggeriscono che potrebbero essere coinvolti molti e diversi pathways nella cascata infiammatoria, non mutualmente esclusivi.

Avvio o eventi primari

In primo luogo, nei soggetti con malattia infiammatoria intestinale la barriera epiteliale manca di impermeabilità. Vari studi hanno mostrato una ridotta resistenza dell'epitelio e un'aumentata permeabilità della mucosa nelle MICI, sia essa infiammata o meno (141). Il difetto precede l'inizio clinico della patologia negli individui con rischio familiare (142). Il difetto nella permeabilità è stato osservato anche in soggetti sani parenti di primo grado di pazienti con MICI, aventi mutazione CARD15320insC (che comporta un difetto genetico) (143). Sono stati proposti diversi meccanismi per spiegare l'aumentata permeabilità, dalla distruzione delle proteine associate alle tight junction mediata dalle cellule T alla disfunzione dei neuroni enterici (141,144-147).In secondo luogo, le persone con malattia infiammatoria intestinale vedono difetti nei meccanismi del sistema immunitario innato dello strato epiteliale. In questi soggetti le cellule epiteliali della mucosa hanno un diverso pattern nell'espressionedei TLR. Mentre le cellule epiteliali dei soggetti sani esprimono sempre TLR3 e TLR5 a livello basolaterale, TLR2 e TLR4 sono scarsamente rilevabili. TLR3 viene significativamente sottoregolato nel MC in fase attiva, ma non nella CU. Al contrario, TLR4 è fortemente sovraregolato in entrambe le patologie (148). Le cellule epiteliali intestinali esprimono anche TLR9, che le rende capaci di rispondere direttamente al DNA batterico attraverso la produzione di interluchina 8, che agisce da chemoattrattore di granulociti (149). Probabilmente a causa della sua espressione a livello basolaterale, il segnale di TLR5 è generalmente soppresso. Comunque sia, nella mucosa dei pazienti con MICI la

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flagellina, un componente batterico e ligando di TLR5, può interagire col recettore e aggravare così l'infiammazione (150). Una sovraregolazione di NOD2 nelle cellule epiteliali, potrebbe compromettere l'abilità dell'ospite di eliminare i microbi patogeni e invasivi. In terzo luogo, il riconoscimento e il processamento degli antigeni da parte delle cellule presentanti l'antigene è disturbato; studi su animali e in vitro suggeriscono che le cellule dendritiche riconoscono erroneamente i batteri commensali inducendo una risposta immune pro-infiammatoria normalmente diretta ai patogeni via Th1 e probabilmente Th17.

Ciò potrebbe essere dovuto a risposte esagerate e/o disfunzionali nel pattern dei recettori di riconoscimento. E' stata osservata anche un'aumentata espressione di TLR4 da parte delle cellule dendritiche mieloidi (151). Studi su modelli animali (152-154) hanno evidenziato che le cellule dendritiche attivate mantengono l'infiammazione. Tale ipotesi è indirettamente rafforzata da dati animali che coinvolgono l'attivatore del recettore di NFkB (RANK) (155). Le popolazioni di cellule dendritiche intestinali umane nelle MICI non è sufficientemente caratterizzata, soprattutto per quanto riguarda la scarsità di anticorpi altamente specifici e il loro basso numero. Nella mucosa infiammata dei soggetti con MICI si verifica un aumento della maturazione delle cellule dendritiche (151, 156). Inoltre è stata dimostrata anche la scarsità di cellule dendritiche circolanti, potenzialmente tollero-geniche, fattore strettamente correlato all'estensione dell'infiammazione. Le cellule dendritiche appartenenti ai soggetti con MICIesprimono marcatori intestinali homing e mostrano una risposta aberrante agli stimoli microbici come CpG-DNA e lipopolisaccaridi (157). Tale assenza di capacità regolatoria da parte delle cellule dendritiche potrebbe contribuire alla ripetuta attivazione di alcune cellule T della memoria, o alla mancata eliminazione di questa popolazione di cellule T reattive (assenza di tolleranza periferica): da qui il perpetuarsi dell'infiammazione (139,158). Ulteriore aspetto, le cellule presentanti l'antigene atipiche diventano potenti attivatori delle cellule T effettrici; le cellule presentanti l'antigene anomale acquisiscono un fenotipo che incrementa l'espressione di molecole di istocompatibilità in presenza di citochine proinfiammatorie come l'interferone-alfa e il TNF-α. Le cellule epiteliali potrebbero inoltre attivare le cellule T attraverso molecole del complesso maggiore di istocompatibilità non classiche (come CD1d) quando gli antigeni accedono a tali molecole espresse basolateralmente a livello della mucosa danneggiata. Inoltre le cellule

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epiteliali intestinali di questi pazienti esprimono anche molecole co-stimolatrici che potrebbero trasformarle in cellule presentanti l'antigene funzionali (159). Le cellule epiteliali potrebbero anche attivare direttamente le cellule T-CD4+ attraverso l'espressione di lectine e di altri carboidrati (160,161).Come quinto aspetto, è stato osservata una clearence disturbata di cellule T sovrareattive o autoreattive; a causa di una mancata tolleranza centrale (timo) e periferica, le cellule T attivate non vanno in apoptosi; tale fenomeno è stato osservato in soggetti affetti da MC ed è spiegato dalle terapie biologiche che interrompono l'attivazione di questo ciclo (162,163). In sesto luogo,si verifica un bilancio inadeguato tra cellule T effetrici e regolatorie; quando la malattia è in fase attiva, le cellule T effettrici (Th1 e Th2) predominano sulle cellule T regolatorie come conseguenza della preferenziale differenziazione dellle cellule T-naive in Th1 (ciò nel MC) (164). Il fenotipo Th1 è mediato dal fattore di trascrizione T-bet (165) e dalla citochina interleuchina 23 (166). Le cellule T attivate nel MC inducono il rilascio di citochine pro-infiammatorie come l'interleuchina 12, 18, TNF-like 1A e interferone-γ, che stimola i macrofagi a rilasciare di interleuchina 1, TNF-α e interleuchina 6 (167,168). Inoltre nella CU è stato osservato un aumentato numero di cellule T-NK attivate che producono interleuchina 13 e 5, fattore che potrebbe contribuire all'aumento e al mantenimento dell'infiammazione (169).L'identificazione delle cellule T-helper che producono interleuchina 17 (Th17) e che possono promuovere risposte infiammatorie immunomediate in diversi tessuti è un fattore che sottolinea la complessità e l'importanza del mantenimento dell'omeostasi immunitaria; recenti studi mostrano che la trasformazione del fattore di crescita β è cruciale nel determinare l'equilibrio tra risposte delle cellule T pro-infiammatorie (Th17) e anti-infiammatorie (Tr), che normalmente cooperano per stimolare o inibire l'infiammazione intestinale (170). I fattori endogeni o esogeni che dopo la trasformazione del fattore di crescita β o di altre citochine chiave (interleuchina 4, interleuchina 6 e interleuchina 22 e interferone γ) sono in grado di promuovere o cessare l'attività di Th17 o di Tr saranno di maggiore importanza nello sviluppo di una

infiammazione cronica (171).

Settimo, lo stress psicosociale potrebbe innescare o incrementare la cascata infiammatoria attraverso interazioni neuroimmunologiche: in assenza di stress il sistema nervoso svolge attraverso il nervo vago un effetto inibitorio attenuando rapidamente le

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risposte infiammatorie sistemiche tramite la via antinfiammatoria colinergica. E' stata identificato anche il possibile ruolo della subunità 7 del recettore nicotinico dell'acetilcolina, necessaria per l'inibizione del rilascio di TNF-α (la più potente citochina proifiammatoria coinvolta nelle MICI) (172). Altra evidenza che evidenzia il coinvolgimento del nervo vago nel controllo dell'infiammazione deriva dagli studi di campioni di CU che riportano uno shift da un'innervazione principalmente colinergica verso una più sostanza P-mediata (173). Lo stress, inteso come iperattivazione del nervo vagale, è stato dimostrato causare l'aumento della permeabilità del colon nella CU, fattore coinvolto nella degranulazione dei mastociti, nell'ipeproduzione di interferone- γ e nell'alterata espressione delle proteine delle tight junction (174,175).

Eventi finali comuni o secondari

In primo luogo si verifica la migrazione di cellule infiammatorie dal circolo ematico. Ciò comporta il riconoscimento degli antigeni sia da parte delle regolari cellule presentanti l'antigene che non. Il processo è accompagnato dal rilascio di sostanze chemoattrattrici, come IL-8, MCP-1,2,3, RANTES, che inducono cambi conformazionali nelle molecole di adesione presenti sui linfociti (cioè α4β7 integrin, recettore 9 delle chemochine) e sui granulociti (L-selectine). Allo stesso tempo citochine proinfiammatorie come l'IL-1 e il TNF-α secrete dai macrofagi attivati up-regolano l'espressione di molecole di adesione sull'endotelio vasale dei vasi della mucosa (E-selcectine e P-selectine, ICAM-1,MADCAM-1 , CEACAM-1 , VEGF-A) promuovendo così l'adesione dei leucociti e l'extravasazione nel tessuto (176,177). Contemporaneamente a questi processi, una molteplicità di metaboliti aggressivi e di mediatori si accumula nella mucosa provocando il danno tissutale: ossido nitrico, radicali dell'ossigeno, prostaglandine, leucotrieni, istamina, proteasi e metalloproteine di matrice promuovono la crescita dei fibroblasti con conseguente produzione di collagene e formazione di stenosi (178,179).

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Malattia di Crohn

Clinica

La MC è una malattia infiammatoria cronica che può interessare qualsiasi parte del tratto gastrointestinale dalla bocca all’ano. Caratteristicamente, tende a formale lesioni “a salto”, alternando cioè tratti del tubo digerente interessati da malattia a tratti indenni. La MC è più spesso limitata all'intestino e in particolare all’ileo terminale; da qui l’originaria denominazione di “ileite terminale”. L’interessamento esclusivamente ileale avviene in circa il 30% dei casi; quello ileo-colico nel 40%, mentrela localizzazione esclusivamente colica è osservabile nel 25% dei pazienti. Il coinvolgimento perianale, con fistole o ascessi, avviene in circa un terzo dei pazienti.

Oltre alle tipiche lesioni a salto, un’importante caratteristica della MC è il coinvolgimento profondo della parete del tubo digerente, transmurale, caratteristica che la distingue nettamente dalla CU. A causa di questo coinvolgimento transmurale, l'ulcerazione della parete intestina varia da semplici ulcere della mucosa a ulcere aftose diffuse, oppure a ulcere pleomorfiche più profonde. Queste ultime possono approfondarsi nella parete intestinale, portando a formazioni di fistole tra la porzione di intestino colpita e porzioni di intestino adiacenti (fistole entero-enteriche), della vescica (entero-vescicali), della vagina (entero-vaginali) o di cute (entero-cutanee). Questo comportamento è definibile come “penetrante”. Alla formazione o meno di fistole, può accompagnarsi la formazione di ascessi intra-addominali o perianali. Un’altra conseguenza dell’interessamento transmurale da parte della flogosi cronica tipica della MC è la formazione di stenosi fibrose del lume intestinale. La riduzione del calibro del lume intestinale fa si che il paziente possa andare incontro a crisi sub-occlusive o francamente occlusive, che talora necessitano di un intervento chirurgico d’urgenza per la risoluzione e rimozione delle stenosi.

Un terzo, e più classico, comportamento della MC è quello di tipo infiammatorio, più responsivo alla terapia medica, ma che, talvolta, anch’esso può richiedere la rimozione chirurgica del tratto interessato.

Nel corso della storia naturale della MC si può osservare nello stesso soggetto affetto il passaggio da un fenotipo all’altro.

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Sintomatologia

La MC può presentarsi in maniera subdola o acuta e i sintomi possono variare dal disturbo gastrointestinale diffuso a gravi manifestazioni sistemiche di febbre, malessere e tachicardia. La maggior parte dei pazienti presenta diarrea (70 e 90%) con spesso mucorrea, dolore addominale (45 e 66%) e/o calo ponderale (65 e 70%) e malnutrizione associata. Il sanguinamento rettale è più comune nei pazienti con coinvolgimento rettale. Sintomi ostruttivi di nausea, vomito, dolore addominale, senso di ripienezza post-prandiale, chiusura dell’alvo a feci e gas sono più comuni nei pazienti con malattia a carattere stenosante. Le fistole perianali sono una comune complicanza del MC, che si verifica in circa un terzo dei pazienti. (180) Alcuni pazienti presentano fistole perianali prima o al momento della diagnosi. La malattia perianale (inclusi tagli sulla pelle, fessurazioni, ulcere anali, fistole, ascessi, stenosi anorettali) generalmente denota un fenotipo di malattia più aggressivo (181).

L'età alla diagnosi può influenzare la localizzazione della malattia: la forma digiuno-ileale è più comune nei bambini e negli adolescenti, quella colica negli adulti.

Le manifestazioni extra-intestinali (EIMs) interessano altri distretti/organi ad esclusione dell'intestino, come le articolazioni (artrite periferica, spondilite anchilosante, sacroileite), pelle (pioderma gangrenoso, eritema nodoso), occhi (uveite, episclerite) e sistema epatobiliare (colangite sclerosante primaria/PSC). L'incidenza complessiva di tali manifestazioni è di circa il 30%; le articolazioni periferiche sono le più coinvolte, seguite da pelle, occhi e sistema epatobiliare (182,183). Lo spettro di EIMs osservato nella MC è simile a quello osservato nella CU, con l'eccezione che la PSC è meno comune nella MC. Le EIMs sono più comuni quando è infiammato il colon. Alcune EIMs, come ad esempio l'eritema nodoso, appaiono direttamente correlate all'attività della malattia intestinale; altre invece, come la PSC e spondilite anchilosante/sacroileite, sembrano seguire un decorso distinto dalla malattia intestinale. I pazienti con MC hanno un maggiore rischio di sviluppare calcoli renali (in particolare calcoli di urato nei pazienti con ileostomia e proctocolectomia e di ossalato nei pazienti con resezioni ileo-cecali). Inoltre, i pazienti con MC hanno un rischio aumentato di calcoli biliari, in particolare quelli con malattia ileale estesa o resezioni al piccolo intestino.

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attiva, la quale può essere complicata da disidratazione, immobilizzazione e sepsi. Osteoporosi/osteopenia sono comuni nei pazienti con MC a causa di fattori multipli, tra cui l'attività di malattia sottostante, la terapia con corticosteroidi, la scarsa assunzione nutrizionale e / o assorbimento di vitamina D e calcio, basso indice di massa corporea , il fumo e la ridotta attività fisica.

I pazienti affetti da lungo tempo da colite di Crohn hanno un rischio maggiore per il cancro del colon-retto (184,185). Gli individui che presentano fattori di rischio per lo sviluppo di colite associata al cancro del colon-retto dovrebbero effettuare regolari colonoscopie di sorveglianza. Il grado di infiammazione del colon è ora riconosciuto come un fattore di rischio indipendente per la displasia e sviluppo del cancro del colon-retto(186). La cromoendoscopia pancolica associata a biopsie mirate delle aree anormale rappresenta la tecnica di sorveglianza ottimale.

Il MC è stato suddiviso utilizzando la classificazione di Montreal, che tiene conto di entrambi i fattori e dell'età alla diagnosi (187).

Diagnosi

La diagnosi di MC è clinico-strumentale, e integra la storia del paziente e i dati ricavati dall'esame fisico con i dati oggettivi ottenuti dalle indagini strumentali e di laboratorio (inclusa l'istopatologia), e non dovrebbe escludere nessuna variabile o risultato, né basarsi unicamente su uno di essi.

Storia e esame clinico

Un'anamnesi medica completa dovrebbe prevedere la descrizione insorgenza dei sintomi, viaggi recenti, storia familiare di MICI, storia farmacologica (antibiotici e farmaci antinfiammatori non steroidei), appendicectomia e lo stato circa il fumo di sigaretta. L'esame fisico include la valutazione del benessere generale, di temperatura, pressione sanguigna, battito cardiaco, peso e altezza, presenza di dolorabilità addominale o di masse, ispezione della mucosa orale e del perineo, valutazione di eventuali eruzioni cutanee e esame rettale digitale. Le caratteristiche cliniche dipendono poi dal comportamento (infiammatorio, stenosante, perforante) e dalla localizzazione e

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della malattia. La presenza di fissurazioni perianali, fistole e dell'indurimento anale sono indicative di MC. I pazienti con MC lieve o moderato possono presentare quadri di normalità all'esame obiettivo, mentre quelli con grado di malattia grave presentano febbre, tachicardia o dolorabilità addominale.

Nella popolazione pediatrica un importante segno di allarme è il ritardo nello sviluppo, dovuto prevalentemente al malassorbimento cronico dei nutrienti.

Indagini di laboratorio

Gli esami ematochimici iniziali includono comprendono emocromo, funzione renale, test di funzionalità epatica, albumina e marcatori infiammatori sierici come la proteina C-reattiva (PCR) o velocità di sedimentazione eritrocitaria (VES). Spesso vengono riscontrati anemia e trombocitosi. L'anemia può essere dovuta alla carenza di ferro (secondaria alla perdita di sangue, al malassorbimento o all'infiammazione cronica) o al deficit di folati e vitamina B12 (a causa malassorbimento o a seguito della resezione dell'ileo terminale).

Esami delle feci

Sono raccomandati i test di routine per escludere i patogeni noti, inclusa la tossina del Clostridium difficile, che potrebbero essere causa di diarrea di tipo infettivo. Dovrebbero essere analizzati campioni per uova, cisti e parassiti in caso di storia di viaggio all'estero. I biomarkers fecali come la calprotectina, la lattoferrina e S100A12 derivano prevalentemente dai neutrofili, sono facilmente rilevabili nelle feci e stanno emergendo come preziosi marcatori di infiammazione intestinale. Una calprotectina fecale elevata (o lattoferrina) può essere utile per distinguere una malattia infiammatorie intestinale da una malattia intestinale di tipo funzionale. La calprotectina può anche permettere di discriminare una malattia in fase attiva o quiescente, inoltre correla con la gravità dei sintomi e potrebbe predire le recidive. Può essere utilizzata come marker di risposta alle terapie: una concentrazione pressoché normale di calprotectina è un indice affidabile di guarigione della mucosa.

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Test genetici e altri sierologici

I test genetici basati su NOD2 non sono raccomandati per la diagnosi di MC. I test sierologici, tra cui l'anticorpo anti-Saccharomyces cerevisiae (ASCA) o gli anticorpi citoplasmatici anti-neutrofili (ANCA), hanno un’alta sensibilità ma un basso valore predittivo e non sono utili nella diagnosi di routine del MC, ma potrebbero essere utilizzati a completamento.

Al momento attuale, però, non esiste un marker sierologico specifico per la MC.

Esami strumentali

Gli esami strumentali rappresentano una parte fondamentale del percorso diagnostico della MC. Da un lato confermano la diagnosi, dall’altro caratterizzano l’estensione e il fenotipo della malattia.

L’Ecografia addominale con studio delle anse intestinali rappresenta un ottimo approccio strumentale iniziale alla diagnosi di MC. Permette di valutare il coinvolgimento dell’ultima ansa ileale, di valutare la presenza di fistole enteriche o di ascessi intraddominali. Il principale vantaggio è il basso costo e l’ampia disponibilità; lo svantaggio più grande è la bassa specificità rispetto a metodiche più avanzate come l’Entero-RM o la TC addome con mezzo di contrasto, e, soprattutto, l’intrinseca operatore-dipendenza.

La Pancolonscopia con ileoscopia retrograda rappresenta lo standard di riferimento per la diagnosi di MC. A differenza però della CU, una colonscopia negativa non esclude la diagnosi di MC, in quanto è possibile il coinvolgimento ileale isolato o della parte superiore del tratto digestivo. Per questo motivo, nel sospetto di MC andrebbe sempre eseguita anche una Esofago-gastro-duodenoscopia (EGDS) con esecuzione di prelievi bioptici.Le tipiche caratteristiche endoscopiche sono ulcere aftose isolate alternate a mucosa normale, aspetto granuleggiante della mucosa (cobblestoning o “a cielo stellato”), lesioni anali e/o ulcerazioni ileali. La presenza di ulcerazione profonda o distacco della mucosa sono indice di malattia grave, e polipi post-infiammatori ("pseudopolipi") suggeriscono una precedente infiammazione grave. Nell'effettuare ileocolonscopia, occorre raccogliere fotografie e biopsie di ogni segmento

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dell'intestinoin modo tale da mappare la malattia con precisione e valutare accuratamente la risposta alle terapie. Dovrebbero essere prelevate anche biopsie in modo tale da consentire all'istopatologo di valutare qualsiasi irregolarità della patologia. Occorre prestare particolare attenzione alla valutazione dello stato del retto (endoscopico ed istologico) in quanto potrebbe avere un peso sulla prognosi (la proctite peggiora la prognosi per la malattia perianale) e sulla gestione di eventuali futuri interventi chirurgici. Istologicamente predomina l'infiammazione transmurale. Infiammazione cronica focale e saltuaria (linfociti e cellule plasmatiche), irregolarità focale delle cripte (deformità discontinua delle cripte) e granulomi non caseosi (non legati alle lesioni delle cripte) rappresentano le caratteristiche microscopiche generalmente accettate che consentono la diagnosi di MC (188).

Un limite delle procedure endoscopiche classiche è quello di non riuscire a valutare il piccolo intestino, cioè il digiuno e l’ileo prossimale. Per sopperire a ciò dovrebbe essere eseguita, se possibile una Enteroscopia con Video Capsula (VCE). (189) La VCE è superiore al pasto baritato, all'enterografia CTe all'entero-RM nella diagnosi di piccole lesioni; tuttavia le lesioni osservate mediante VCE sono spesso aspecifiche, e circa il 10% degli individui sani presenta interruzioni della mucosa e erosioni nel piccolo intestino. La VCE presenta inoltre controindicazioni assolute e relative che ne limitano fortemente l’uso, quali le stenosi intestinali.

La radiografia dell'addome non rappresenta uno strumento per la diagnosi di MC ma può essere utilizzata per valutare la gravità e l'estensione dell'infiammazione nel grande intestino e le dilatazioni nel piccolo intestino nei pazienti in fase acuta. Inoltre le radiografie dell'addome consentono di evidenziare eventuali calcoli renali o sacroileiti. Strumenti fondamentali per la diagnosi di MC sono invece l’Enterografia o enteroclisi con Risonanza magnetica (MR) e tomografia computerizzata (TC). Tali esami presentano un'elevata sensibilità diagnostica nel rilevare il coinvolgimento del piccolo intestino e le complicanze extraluminali del MC, incluse fistole interne e ascessi. Entrambe le tecniche sono utili per valutare l'attività e l'estensione della malattia in base allo spessore delle pareti e aumento del contrasto via endovenosa. La TC è facilmente disponibile, richiede meno tempo ed è meno costosa, mentre l’Entero-RM è preferibile soprattutto nei pazienti giovani per limitare l'esposizione cumulativa alle radiazioni. TCe Entero-RM necessitano di somministrazione del mezzo di contrasto via orale per

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garantire una adeguata distensione dell'intestino. L'enteroclisi implica il posizionamento di un tubo nasodigiunale per somministarre il contrasto, in modo tale da assicurare un'adeguata distensione dell'intestino e rilevare la presenza di eventuali stenosi. La RM pelvica è importante per valutare l'estensione anatomica della MC perianale e può essere utile nel monitoraggio della guarigione. L'enteroclisi si distingue dall'enterografia in quanto richiede la necessità di immettere un contrasto nel lume mediante il posizionamento di un tubo via rettale. La CTE offre la più elevata risoluzione spaziale rimpiazzando la fluoroscopia intestinale. E' molto sensibile, è in grado di rilevare infiammazioni non evidenziate con altre metodiche, inoltre può rilevare complicazioni come ostruzioni, fistole e ascessi. Il principale e più consistente svantaggio è rappresentato dall'esposizione alle radiazioni, nonostante i sofisticati algoritmi matematici dell'acquisizione e del processamento delle immagini possano ridurle. La MRE è una metodica alternativa che non si basa né sulle radiazioni né sul contrasto iodato. Eseguita con protocolli appropriati può fornire filmati per valutare la motilità e immagini dettagliate della parete intestinale fino al livello della mucosa. È la scelta preferita per il follow-up a lungo termine e per il check-up completo di complicazioni quali fistole perianali e ascessi (190). Infine anche il Pasto baritato può essere utilizzato per valutare l'estensione della patologia nel piccolo intestino, ma ha una sensibilità inferiore rispetto alla TC o alla RM. Le principali caratteristiche rilevate includono ispessimento dei lembi valvolari, ulcere e fessurazioni, edema, restringimento del lume e stenosi, dilatazione prestenotica e fistole. Tale tecnica eseguita da mani esperte può essere particolarmente utile nella mappatura delle stenosi e delle fistole.

Cenni al trattamento

La terapia della MC dipende dalla localizzazione, dall'estensione, dall'attività di malattia e dalla (eventuale) presenza di complicanze. L'obiettivo terapeutico è quello di indurre e mantenere la remissione, eliminare le lesioni mucosali e migliorare la qualità della vita del paziente.

Riferimenti

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