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Studio della performance cardiaca mediante parametri P.R.A.M.-derivati in pazienti sottoposti a manovre di weaning.

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Indice

1. PREMESSA……….…………pag 3 2. INTRODUZIONE 2.1 Lo Svezzamento………...……….………. pag 4 2.2 Il P.R.A.M………. .pag 15 2.3 Il pro-BNP……….……..pag 23 3. STUDIO CLINICO

3.1 Obiettivi dello studio………..…….pag 34 3.2 Materiali e metodi……….…...pag 35 3.3 Discussione……….……....pag 43 4. CONCLUSIONI………..…....pag 53 5. BIBLIOGRAFIA……….……....pag 55

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1. Premessa

Lo svezzamento dalla Ventilazione Meccanica (MV) rappresenta una sfida per il personale di Terapia Intensiva, a causa della sua complessità fisiopatologica e delle numerose variabili soggettive legate alla componente paziente.

Nonostante si tratti di un periodo cardine, decisivo per la prognosi del paziente ventilato meccanicamente, generalmente lo svezzamento viene affrontato seguendo l’intuito clinico del medico e metodiche empiriche. Spesso però questo modus operandi inficia il decorso clinico del paziente, mentre aumenta i tempi e i costi della degenza.

Da numerosi studi clinici emerge che l’applicazione di protocolli standardizzati allo svezzamento riduce questi tempi, migliorando l’outcome del paziente, senza tuttavia modificare la morbilità e la mortalità intra-ospedaliera.

Il distacco dal ventilatore è usualmente associato ad un aumento del consumo di ossigeno che può determinare uno stress del sistema cardiovascolare per aumento del cardiac output.

Nel nostro studio abbiamo valutato le variazioni della performance cardiaca tramite il monitoraggio di parametri P.R.A.M.-derivati in corso di svezzamento e analizzato il valore predittivo della concentrazione ematica di NT-proBNP prima della procedura quale indice di successo di svezzamento.

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2. Introduzione

2.1. LO SVEZZAMENTO

Per svezzamento dalla ventilazione meccanica si intende generalmente il processo che in modo immediato o graduale porta il paziente al distacco dal ventilatore a fronte di un miglioramento o della completa risoluzione della causa di insufficienza respiratoria (Tabella I). [1]

Essendo potenzialmente fonte di complicazioni, la ventilazione meccanica dovrebbe esser sospesa non appena possibile, ma definire se il paziente è in grado di mantenere autonomamente il respiro spontaneo può non essere semplice.

Una definizione più ampia di svezzamento comprende non solo il distacco del paziente dal ventilatore, ma anche la completa autonomia dalla protesi tracheale.

La necessità di broncoaspirazioni ed il rischio di inalazioni per scarso controllo delle vie aeree possono infatti rendere indispensabile il mantenimento di una via aerea artificiale.

Secondo la letteratura si può ritenere riuscito lo svezzamento quando il paziente è in grado di mantenere efficacemente il respiro spontaneo non assistito per almeno 48 h. [2]

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Tabella I Etiologia Insufficienza Respiratoria Polmonare Ostruzione vie aeree superiori

ARDS BPCO Polmonite lobare Polmonite ab ingestis Aspergilloma Riesacerbazione asma Edema polmonare

Cardiaca Scompenso cardiaco congestizio Pericardite

Cardiomiopatia primitiva IMA

Endocardite Neurologica Status epilecticus

Accidenti cerebro-vascolari Emorragia intracranica Convulsioni

Renali Insufficienza renale acuta

Altre Insufficienza epatica, Overdose, Sanguinamenti gastrointestinali, Chetoacidosi diabetica, Sepsi, ecc.

Dopo brevi periodi di ventilazione meccanica come quelli necessari per l’anestesia, il ritorno alla respirazione spontanea non pone problemi particolari, se non in casi eccezionali. Nella maggior parte dei casi il passaggio dall’assistenza ventilatoria meccanica all’autonomia respiratoria non risulta difficoltoso e il paziente può essere estubato con successo dopo un breve periodo di respiro spontaneo assistito.

E’ ormai comunemente accettato che il problema dello svezzamento difficoltoso riguarda prevalentemente popolazioni specifiche di pazienti in

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cui la compromissione cardiorespiratoria e/o neuromuscolare, dovuta al decorso della malattia o antecedente ad essa, rende particolarmente impegnativo il distacco dal ventilatore.

Meade e collaboratori hanno valutato che il tempo di svezzamento è principalmente correlato alla patologia sottostante e che i BPCO sono quelli in cui la sospensione dell’assistenza risulta più problematica. [3] Le complicanze associate all’utilizzo di protesi endotracheali, la necessità di utilizzare sedativi miorilassanti, l’uso di steroidi, la prolungata immobilità contribuiscono ad accrescere le difficoltà nella procedura di svezzamento. La comparsa di altre complicanze di carattere generico non collegate alla ventilazione meccanica (sepsi, MOF, malnutrizione, ecc) possono favorire l’insorgenza di miopatie e neuropatie responsabili di insufficienza respiratoria, spesso successiva alla risoluzione dell’evento acuto.

Pur risultando problematico solo in una ridotta percentuale di casi, stimata nell’ordine del 15-20%, lo svezzamento ha un elevato impatto in termini di costi umani ed economici e viene percepito come uno dei maggiori problemi dei reparti intensivi.

Dopo periodi prolungati di sostituzione artificiale della funzione ventilatoria, si verifica una totale assuefazione alla situazione artificiale e di conseguenza, si instaura uno stato di “dipendenza” fisica e psichica dal ventilatore, che impone un trattamento di svezzamento o di disassuefazione.

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• DIPENDENZA PSICHICA: il paziente è abituato a riconoscere la sua sopravvivenza nella macchina respiratoria che gli mantiene scambi adeguati.

• DIPENDENZA FISICA: per prolungata esclusione delle funzioni dei centri respiratori, tanto che talvolta, l’attività respiratoria spontanea riprende con la stessa frequenza della ventilazione meccanica [4] ma anche per atrofia muscolare da disuso in pazienti che spesso risultano denutriti e in terapia cortisonica da tempo.

Il termine “ventilatore-dipendente” è usualmente riservato a pazienti che necessitano di ventilazione meccanica per periodi di tempo superiori alle 24 ore oppure a coloro che hanno fallito un tentativo di svezzamento. [5] La ventilazione meccanica e la presenza di una protesi tracheale, al di là del loro valore terapeutico nella insufficienza respiratoria, sono potenzialmente fonti di complicazioni tempo-dipendenti (barotrauma, volotrauma, polmonite, pneumotorace, sinusite, tromboembolia, emorragia gastrointestinale) e quindi l’incidenza di queste complicazioni è direttamente proporzionale alla durata della dipendenza dal ventilatore. Ricordiamo inoltre che la presenza della ventilazione meccanica e della protesi è causa talvolta di alterazioni emodinamiche, di lesioni tracheali, di lesioni da decubito, di ipotrofia muscolare ed inoltre prevede la sedazione del paziente (bisogna quindi tenere presenti anche il costo e gli effetti collaterali dei farmaci usati a tale scopo).

Da tutte le complicanze sopra elencate, si evince che l’impiego di tali presidi deve essere sospeso non appena possibile, considerando anche che ingiustificati ritardi nella estubazione, prolungano i tempi di degenza in U.T.I., aumentano il rischio di polmonite nosocomiale e anche il tasso di mortalità intra-ospedaliera. [6]

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D’altra parte uno svezzamento troppo “aggressivo”, e quindi prematuro, può risultare altrettanto dannoso per il paziente e determinare la necessità di ripristinare la via artificiale, con incremento di morbilità, mortalità [7] ed il raddoppio delle spese ospedaliere giornaliere (farmacia, staff, laboratorio, strutture), comparate con quelle di pazienti che non hanno avuto bisogno di essere reintubati. [8]

Quindi, definire un paziente “indipendente” dal ventilatore e capace di mantenere autonomamente un respiro spontaneo, non è cosa semplice ma di estrema importanza per la sua prognosi.

Generalmente, si ritiene riuscito lo svezzamento quando il paziente è in grado di mantenere efficacemente il respiro spontaneo non assistito per almeno 48 ore con una saturazione di ossigeno superiore al 90%, periodo entro il quale la necessità di una reintubazione è correlata con un peggioramento della prognosi ed un aumento della mortalità. [9]

Al di là di questo intervallo di tempo, un eventuale ripristino della ventilazione meccanica, con o senza reintubazione, è da interpretarsi come legato a situazioni contingenti.

2.1.1 I PROTOCOLLI STANDARDIZZATI DI SVEZZAMENTO

La decisione di sospendere la ventilazione meccanica è spesso arbitraria e basata sulla esperienza e sul giudizio del singolo. [10]

Tuttavia solo il giudizio clinico è correlato ad un potere predittivo di successo o di fallimento di poco superiore al 50%. Se si considera che in caso di estubazione accidentale, una percentuale analoga di pazienti non viene reintubata nelle prime 24 ore, appare chiaro come il singolo giudizio clinico non sia un criterio affidabile. [11]

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Il monitoraggio di alcuni semplici parametri, al fine di identificare il momento idoneo per dare inizio allo svezzamento, sembrerebbe rivestire un ruolo più importante della metodica di ventilazione stessa.

Ely e collaboratori hanno evidenziato che uno screening quotidiano del paziente può determinare una riduzione dei tempi di ventilazione meccanica e che la combinazione di una check list giornaliera di parametri facilmente misurabili, seguita dalla dimostrazione di tolleranza di respiro spontaneo era altamente predittiva del successo della estubazione. [12] Inoltre, da numerosi studi, è emerso che un metodo diretto per definire un paziente pronto a mantenere il respiro spontaneo è semplicemente quello di iniziare un trial di respirazione non assistita. [12] [13] [14] [15]

Numerose evidenze supportano l’uso di protocolli di svezzamento e di estubazione nei reparti di Terapia Intensiva, ma nonostante ciò questi protocolli non sono ancora parte della pratica clinica della maggior parte delle strutture. [16] [17]

Altri studi randomizzati dimostrano che protocolli diretti a minimizzare l’uso di infusioni di farmaci sedativi, possono ridurre la durata della ventilazione meccanica. [18]

Risulta inoltre che un protocollo standardizzato per lo svezzamento porta non solo ad una diminuzione della durata della ventilazione meccanica, ma anche ad una significativa riduzione del numero delle complicanze e dei costi legati alla ventilazione invasiva ed alle degenza in Terapia Intensiva. [19] [20]

Gli studi di Esteban e collaboratori hanno comparato tests di respiro spontaneo (SBTs) giornalieri (con un livello stabile di supporto in quei pazienti che hanno fallito un tentativo di estubazione) con altri due approcci di svezzamento che usano graduali riduzioni del supporto (SIMV, Synchronized Intermittent Mandatory Ventilation e PSV, Pressure Support Ventilation) dimostrando che gli SBT con un supporto stabile fra i tests

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permettono uno svezzamento molto più rapido rispetto alla SIMV (3.8±0.5 giorni per la PSV contro i 6.2±0.8 giorni per la SIMV), nonché una probabilità di successo dello svezzamento molto più alta nel gruppo dei pazienti sottoposti a PSV rispetto a quelli ventilati secondo modalità della SIMV (0.9 contro 0.7). Inoltre da questi studi è emerso che l’utilizzo di un protocollo standardizzato di weaning ha portato ad una riduzione dei tempi di weaning (1 contro 3 giorni) e della durata totale della ventilazione meccanica (4.5 contro 6 giorni). [14] [15] [21]

Il riscontro di un indice predittivo per il weaning outcome sarebbe molto importante: per quanto siano ormai numerosi i parametri proposti in letteratura, non sono stati ancora identificati indici dotati di una certa accuratezza per il periodo in cui il paziente è ventilato meccanicamente. Inoltre esistono numerose discrepanze fra i risultati ottenuti in diversi studi che usavano indici simili: ciò è da mettere in relazione con problemi di ordine metodologico.

2.1.2 FISIOPATOLOGIA DELLO SVEZZAMENTO

La fisiopatologia dello svezzamento è molto complessa ed il reale peso dei vari fattori in gioco non ancora del tutto compreso: generalmente questo periodo è associato ad un incremento delle richieste e del consumo di ossigeno, in relazione all’aumento del lavoro respiratorio. [22] [23] [24] Infatti nello studio condotto da Jubran e collaboratori, è emerso che sebbene tutti i pazienti BPCO incrementino il loro cardiac output durante un tentativo di svezzamento, quelli che falliscono nel tentativo presentano un aumento della differenza artero-venosa di saturazione di ossigeno, dimostrando così come il mancato svezzamento possa rientrare in un

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In particolare sembra che la funzionalità cardiaca ed il sovraccarico emodinamico abbiano un ruolo di primo piano. La riduzione della pressione intratoracica, dovuta alla sospensione della ventilazione meccanica, provoca un aumento del ritorno venoso e della Pressione Venosa Centrale (PVC) e quindi incrementa la pressione di eiezione dei ventricoli e di conseguenza anche il post-carico. [26]

Quindi la transizione dalla pressione intratoracica positiva a quella negativa che si ha dopo la rimozione del tubo endotracheale, potrebbe causare uno scompenso ventricolare sinistro, per aumento del postcarico sul ventricolo sinistro. Questo fenomeno non si verifica usando un tubo a T durante lo svezzamento. D’altro canto una importante caratteristica della PSV durante lo svezzamento riguarda il miglioramento del respiro spontaneo, per la riduzione del lavoro respiratorio e del consumo di ossigeno da parte dei muscoli respiratori. [27]

Peraltro, una insufficienza cardiaca occulta si può instaurare durante un tentativo di svezzamento in pazienti critici e può essere la causa primaria di fallimento dello svezzamento in molti casi. [28]

Lo svezzamento dal ventilatore meccanico dipende dalla forza dei muscoli respiratori, e dal drive respiratorio. [29]

Il fallimento dello svezzamento è di solito il risultato di un mancato equilibrio tra la forza dei muscoli respiratori e il carico a cui questi sono sottoposti. Quest’ultimo dipende dalle caratteristiche meccaniche del sistema respiratorio, cioè dalle resistenze compliance PEEP intrinseca.

Un eccessivo deterioramento del rapporto forza-carico determina la comparsa di un pattern respiratorio rapido e superficiale. Sulla base di tale osservazione è stato proposto di utilizzare il rapporto tra Fr e Vt (RR/Vt) come parametro predittivo di successo o fallimento dello svezzamento: un rapporto < 100 ha un potere predittivo di successo di circa l’80%, mentre un rapporto > 100 ha un potere predittivo di fallimento superiore al 90%.

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[70] [71] Questo indice ha il vantaggio di essere semplice da ottenere, di non dipendere dal grado di collaborazione del paziente, di avere buona accuratezza e un valore soglia di facile memorizzazione.

La P0.1 è la pressione misurata alla via aerea prossimale al termine dei primi 100 millisecondi di sforzo inspiratorio, esercitato contro la via respiratoria occlusa. È un indice indiretto di drive neuromuscolare e cioè del grado di attivazione dei muscoli respiratori da parte dei centri del respiro.

Nel soggetto sano il valore è di solito < 2 CmHO2; nel paziente ventilato valori < 4 CmHO2 si correlano ad un buon esito dello svezzamento, mentre valori > 6 CmHO2 sembrano predittivi di insuccesso. Tuttavia l’estrema variabilità della misura nelle diverse popolazioni studiate e lo scarso valore predittivo ne limitano l’utilità clinica. (Tabella II)

Altri indici come CV, VM sono molto scarsamente predittivi e quindi non affidabili, pertanto non sono stati utilizzati nel nostro studio.

La maggior parte degli Autori è concorde nel ritenere che valori di PaO2 superiori ai 60 mmHg con una FiO2 < 50% e con PEEP < 5 cmH2O siano adeguati per dare inizio alle procedure di svezzamento. [72] Altri Autori invece utilizzano il rapporto PaO2/FiO2 > 200.

Tabella II Indici Ventilatori

INDICE VALORI

P0.1 < 4 CmHO2

RR 30-38/min

Vt 4-6 mL/Kg

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2.1.3 TIMING PER INIZIARE LO SVEZZAMENTO

Poiché spesso coincide con il raggiungimento dell’obiettivo terapeutico, lo svezzamento dalla ventilazione meccanica rappresenta nei reparti di terapia intensiva un momento decisionale importante, il cui timing può influenzare in maniera sensibile la durata della degenza e talvolta della prognosi.

Circa il 70%-80% dei pazienti che richiedono ventilazione meccanica per insufficienza respiratoria viene estubata dopo un ciclo di tubo a T, una volta che il processo primitivo si è risolto. Riconoscere e trattare il processo che ha causato l’inizio delle terapia ventilatoria risulta quindi essere il primo traguardo per liberare il paziente dalla ventilazione meccanica.

Circa il 20% dei pazienti intubati e ventilati meccanicamente tuttavia può non tollerare un iniziale tentativo di respiro spontaneo senza il supporto da parte del ventilatore e lo svezzamento deve quindi avvenire gradualmente. [30] [31] Questo è particolarmente vero per i pazienti che richiedono MV per più di 24 h. In questi casi il fallimento dello svezzamento può essere imputato ad uno squilibrio tra capacità del sistema respiratorio e carico di lavoro imposto allo stesso. In altri casi ancora il paziente può richiedere il ripristino di una ventilazione artificiale entro 48 h dall’estubazione (Tabella III).

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Tabella III Cause di Fallimento dello Svezzamento

FALLIMENTO ESTUBAZIONE FATTORI CHE AUMENTANO IL RISCHIO DI REINTUBAZIONE

1- Ostruzione vie aeree superiori 1- Età (> 70 anni)

2- Eccesso di secrezioni 2- Durata ventilazione meccanica 3- Incapacità di proteggere la via aerea 3- Anemia

4- Insufficienza cardiaca/ischemia 4- Gravità della patologia sottostante 5-Alterato stato neurologico (delirio, coma,

encefalopatia, ecc)

5- Uso di farmaci sedativi/ipnotici

6- Insufficienza respiratoria 6- Necessità di trasferire il paziente 7- Altro: sepsi, sanguinamenti GI, ecc

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2.2 Il P.R.A.M.

Il monitoraggio emodinamico dei pazienti critici in una Unità di Terapia Intensiva è indispensabile al fine di avere maggiori indicazioni sulle terapie da applicare e per verificare la loro efficacia in tempo reale.

Gli indici di funzione cardiovascolare rappresentano determinanti fondamentali nella prognosi di molte malattie acute e croniche.

Le metodiche di monitoraggio usate routinariamente in clinica non permettono misure rapide ed in continuo (metodo di Fick) e risultano essere invasive (termodiluizione) in quanto prevedono l’introduzione di un catetere in arteria polmonare, il quale può rappresentare la fonte di significative complicanze, come gravi aritmie, infezione e lesioni vascolari. Bisogna considerare inoltre che alcuni Autori sono dell’opinione che questi presidi si correlano con un peggior outcome in alcuni pazienti critici e che pazienti a “basso rischio” non richiedono la valutazione invasiva del Cardiac Output (CO). [32]

L’interesse attuale è rivolto verso i sistemi di monitoraggio basati sull’analisi beat-by-beat del profilo dell’onda arteriosa. (Figura A)

Il Pressure Recording Analitical Method (P.R.A.M.) fornisce in tempo reale ed in continuo la misura dello Stroke Volume e della frequenza cardiaca, quindi del CO (Cardiac Output) e di altri indici, basandosi sull’analisi matematica del segnale pressorio arterioso registrato in arteria radiale o femorale (Figura B), calcolando direttamente il flusso cardiaco e l’impedenza dall’analisi dell’onda, senza la necessità della calibrazione iniziale con bolo termico.

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Figura A Curva della Pressione in Aorta A) Apertura valvola aortica ed inizio sistole espulsiva

B) Incisura anacrota. Avviene subito dopo l’apertura della valvola aortica e corrisponde all’impedenza alla eiezione del ventricolo sinistro all’inizio della sistole espulsiva.

C) La pressione aumenta con il flusso di sangue in aorta. D) Picco di pressione sistolica.(pressione sistolica)

E) Incisura dicrota. Corrisponde alla chiusura della valvola aortica ed all' inizio della fase diastolica.

F) La pressione decresce, il flusso di sangue lascia l'aorta. G) Minima pressione.(pressione diastolica).

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2.2.1 RAZIONALE

Wesseling nel 1983 aveva già descritto un metodo per misurare il CO basato sull’analisi della forma dell’onda pressoria, che in realtà riprendeva quanto proposto precedentemente da Otto Frank e successivamente da Broemser-Rank negli anni ’30. [33]

È noto che in tutti i vasi i cambiamenti di volume si verificano grazie all’espansione radiale in risposta alle variazioni pressorie.

Questo processo dipende dai seguenti parametri fisici:

1) forza di contrazione cardiaca 2) compliance arteriosa

3) impedenza arteriosa 4) resistenze periferiche

Questi parametri sono correlati dalla variabile Z, che indica i cambiamenti di pressione in relazione alle variazioni di volume nel tempo: viene calcolata direttamente dall’analisi dell’onda pressoria analizzata sia nella sua componente pulsatile che continua, a differenza dei metodi PCM (Pulse Countor Methods, metodi che studiano l’onda arteriosa, ricavandone la gittata cardiaca) che tengono conto solo della fase pulsatile.

La componente pulsatile del flusso ematico è legata principalmente all’inotropismo cardiaco ed alla compliance/impedenza dell’aorta, mentre la componente continua è legata alla compliance ventricolare ed alle resistenze del sistema arterioso.

Il concetto del metodo P.R.A.M. rappresenta l’applicazione pratica della teoria fisica delle perturbazioni, secondo la quale ogni sistema fisico sotto l’effetto di una condizione perturbante tende a reagire in modo da riacquisire la sua condizione iniziale, ovvero la stabile situazione di minima

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energia richiesta. Nel metodo PRAM, l’intera area sistolica sotto la curva pressoria è misurata ad ogni ciclo cardiaco.

Simultaneamente, Z è ottenuta direttamente dai contributi, pulsatori e continui, allo stroke volume, senza quindi bisogno di calibrazione. Inoltre, a differenza delle altre metodiche PCM, in cui l’output cardiaco dipende solo dall’analisi della FC, della Pressione Arteriosa Media (PAM), e dell’area sotto la componente sistolica della curva, il PRAM effettua le sue misure tenendo conto in modo analitico di altri parametri, quali l’area sotto la componente diastolica della curva di pressione e il picco della curva arteriosa. [34]

Lo stroke volume SV, viene ricavato dal rapporto tra la superficie sotto la curva di pressione (A) con l’impedenza caratteristica Z(t). (Figura C)

Dove Z(t) è uguale a (P/t)* K.

SV = A / Z (t) = A / (P/t)*K

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Dove A (mmHg*sec) è l’area totale sotto la componente sistolica della curva di pressione.

P/t rappresenta la descrizione analitica del profilo dell’onda come variazioni pressorie nel tempo, durante tutto il ciclo cardiaco.

K è un fattore dimensionale inversamente legato all’accelerazione istantanea dell’area di sezione del vaso.

Il valore di K è ottenuto dal rapporto tra la pressione media attesa (sulla base delle condizioni fisiologiche) e la pressione media misurata; di conseguenza il suo valore varia per ogni ciclo cardiaco (per esempio durante la fase inspiratoria ed espiratoria il valore sarà diverso).

Per il calcolo di P/t, ricavato dall’onda di pressione, sono assunti come punti caratteristici principali, il picco di pressione sistolica e di pressione dicrotica, perché rappresentano i punti di equilibrio dinamico delle varie forze che concorrono a generare il flusso nel sistema arterioso, per cui:

P/t = (Psys – Pdia) / tsys + (Pdic) / (t1 –tdic)

dove il primo termine corrisponde all’impulso generato dalla contrazione cardiaca e registrato come onda pressoria nei vasi, mentre il secondo termine dipende dalle caratteristiche del sistema arterioso (impedenza, compliance, resistenze periferiche) dopo la chiusura della valvola aortica. [34] [35]

Nel caso in cui il profilo della curva di pressione tra Psys e Pdic è monotono, lo stroke volume può essere ricavato mediante l’equazione precedentemente descritta; quando invece la registrazione della curva di pressione viene effettuata alla periferia, possono presentarsi dei punti di instabilità tra picco della pressione sistolica e l’incisura dicrota.

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Per sopperire a queste variazioni si utilizza la formula:

P/t = (Psys –Pdia) / tsys + ( Pdic) / ( t1-tdic) – ( Pinst) / (t.1 – tinst)

che descrive analiticamente la morfologia dell’onda pressoria in termini di variazioni di pressione nel tempo durante l’intero ciclo cardiaco. [35]

Lo SV è calcolato per ogni battito cardiaco e il CO è ottenuto moltiplicando questo per la frequenza cardiaca HR calcolata direttamente dalla curva di pressione battito per battito.

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2.2.2 UTILIZZO CLINICO

Il P.R.A.M. (Figura D) risulta essere quindi uno strumento di estrema utilità nelle sale operatorie, ma soprattutto nelle terapie intensive, ed in grado di soddisfare meglio le caratteristiche del cosiddetto “sistema ideale” a fronte della sua scarsa invasività, indipendenza dalla esperienza e dalla manualità dell’operatore, rapidità e facilità di gestione, accuratezza e precocità diagnostica nelle situazioni di instabilità emodinamica.

Parametri fondamentali visualizzati con il metodo P.R.A.M. sono: • Frequenza Cardiaca

• Pressione Arteriosa Sistolica, Diastolica e Media • Cardiac Output (CO)

• Cardiac Cycle Efficiency (CCE): rappresenta la performance del ventricolo sinistro e l’accoppiamento ventricolo-arteria, ovvero è il contributo della contrazione ventricolare nel sistema circolatorio, sia sistemico che polmonare ed è un indice della contrattilità cardiaca globale. In altre parole corrisponde al rapporto f/g, cioè la funzione “ideale” (senza perturbazione) fra ventricolo e il sistema, rapportata alla funzione “reale” (con perturbazione). E’ calcolato come rapporto tra la curva arteriosa senza e con punti di risonanza. Tale rapporto è una misura della performance contrattile cardiaca globale e del suo accoppiamento con il sistema vascolare: varia da +1 a -1, cioè varia dalla miglior performance cardiaca alla peggiore. Il suo valore normale varia con l’età: infatti se nel giovane sano è compreso tra 0,2-0,3, nel soggetto anziano tende a diminuire. La misura del CCE si è dimostrata correlare in modo significativo con la frazione di eiezione (FE) misurata attraverso ecocardiografia nei pazienti sottoposti a chirurgia cardiaca in diversi tempi dell’intervento. [36]

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• Cardiac Index (CI)

• Stroke Volume (SVI: area sotto la curva/impedenza del sistema cardio-circolatorio)

• SVR e SVRI (resistenze vascolari sistemiche ed indicizzate)

• dP/dT: misura della contrattilità cardiaca beat-by-beat. Dipende sia dalla capacità contrattile del miocardio che dalla impedenza del sistema. Si tratta di un parametro molto utile se paragonato ad altri valori emodinamici, per attribuire una eventuale variazione ad un reale deficit della performance cardiaca.

L’accuratezza del metodo negli ultimi anni è stata studiata e confrontata con altre tecniche di misurazione dei parametri cardiaci (termodiluizione a boli, metodo di Fick, ecografia trans-esofagea e pulse countor method) ed i risultati sono stati incoraggianti. Le misure effettuate dal PRAM si sono dimostrate molto accurate e correlano con quelle emerse con le altre metodiche: inoltre assicura un vantaggio nelle misurazioni in condizioni emodinamiche non stabili [37] e nelle condizioni di oscillazioni della pressione arteriosa causata da variazioni della temperatura corporea, dalla somministrazione di farmaci vasopressori o vasodilatanti e dall’utilizzo della linea arteriosa per il prelievo di sangue. [38]

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2.3. Il pro-BNP:

2.3.1 GENERALITA’: I PEPTIDI NATRIURETICI CARDIACI

I peptidi natriuretici sono una famiglia di ormoni vasoattivi (Figura E) che intervengono nella regolazione della diuresi e della natriuresi (e di conseguenza della volemia) ed esercitano un effetto antagonista nei confronti della vasocostrizione, indotta dal sistema Renina-Angiotensina-Aldosterone.

Figura E La Famiglia dei Peptidi Natriuretici

La presenza di granuli secretori nelle cellule atriali di mammifero (comprese le cellule umane) è stata scoperta nel 1965 (Jensen KT. 1997, Kirsh B. 1956), ma soltanto nel 1976 Marie et al. capirono che la formazione di questi granuli poteva essere associata con variazioni nell’equilibrio idroelettrolitico. [39] [40]

Partendo da queste osservazioni, deBold et al. nel 1981 dimostrarono che l’iniezione endovenosa di estratti derivati dall’atrio provocava nei ratti una rapida e massiva diuresi e natriuresi. [41]

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Questo studio ha aperto la strada all’isolamento, purificazione e identificazione della famiglia di peptidi natriuretici e vasodilatatori chiamata fattore natriuretico atriale ANF o ANP (Clerico 2002, De Bold 1996, De Lemos 2003). [42] [43]

Successivamente, è stato dimostrato che non soltanto il tessuto atriale, ma anche quello ventricolare era capace di secernere peptidi con proprietà natriuretiche, in particolare il BNP, brain natriuretic peptide, così chiamato perché la prima volta venne isolato da encefalo porcino. [44]

Pochi anni dopo sono stati aggiunti alla famiglia dei peptidi natriuretici il peptide natriuretico di tipo C (CNP), prodotto e secreto principalmente dalle cellule endoteliali e dai neuroni del sistema nervoso centrale, e l’urodilatina, sintetizzata e secreta dalle cellule renali (e presente nell’urina ma non nel plasma). [45]

I peptidi natriuretici svolgono un’azione fondamentale nell’omeostasi cardiovascolare, con ruolo “cardioprotettore” e controregolatore di altri sistemi neuroormonali. Alla luce di questi nuovi studi, viene rivalutata la funzione fisiologica del cuore: al “semplice” ruolo di pompa si associa una complessa funzione endocrina, fondamentale per l’omeostasi del sistema cardio-circolatorio.

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2.3.2. SINTESI E RILASCIO

La struttura chimica di tutti i peptidi natriuretici è caratterizzata da un anello, formato da 17 residui aminoacidici, chiuso da un ponte disolfuro intramolecolare tra due residui cisteinici.

E’ proprio questa struttura che rimane costante nei diversi tipi ormonali e che è responsabile del legame con il recettore.

I geni dei peptidi natriuretici codificano per la sequenza precursore di questi ormoni, chiamata pre-pro-ormone, che viene scissa in pro-ormone e frammento idrofobico NH2-terminale (Figura F).

Figura F Taglio Proteolitico del pro-BNP

Questo taglio proteolitico avviene durante la sintesi proteica nel reticolo endoplasmatico prima che la sintesi della parte COOH-terminale sia completata.

Il BNP è il peptide natriuretico più largamente studiato, il pro-ormone è sintetizzato e subito clivato nella forma attiva BNP (32 aminoacidi) (Figura G) ed in una porzione biologicamente inattiva NT-proBNP (76 aminoacidi) e a differenza di ANP questi non vengono immagazzinati in

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granuli, ma la risposta a stimoli specifici consiste nel rapido incremento dell’espressione dei geni per aumentare la loro sintesi e secrezione. [46] [47] [48] [49]

Figura G Sequenza Aminoacidica del BNP

Sia l’ANP che il BNP sono sintetizzati prevalentemente a livello dei cardiomiociti, il primo soprattutto a livello degli atrii ed il secondo a livello dei ventricoli; questa caratteristica permette di attribuire ai livelli della loro concentrazione plasmatica una significativa cardiospecificità.

Un cospicuo numero di studi sperimentali e clinici ha dimostrato che la produzione e la secrezione di peptidi natriuretici sono strettamente e rapidamente regolate da stimoli meccanici, chimici, neuro-ormonali e da fattori immunologici, ma tra tutti lo stretch parietale (Figura H) ha senza dubbio un ruolo di rilievo, insieme all’aumentato volume ed alla pressione

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Figura H Lo Stretch dei Cardiomiociti induce la Secrezione di BNP

Per questa ragione ogni condizione fisiologica associata ad incremento acuto del ritorno venoso e del precarico (come durante l’esercizio fisico o in seguito a rapidi cambiamenti posturali) causa un più rapido aumento dei livelli di ANP e BNP, ma si può avere distensione parietale in diversi quadri patologici caratterizzati da ritenzione idro-elettrolitica e quindi espansione del volume plasmatico effettivo, come l’iperaldosteronismo primario e secondario che accompagna l’insufficienza cardiaca, renale ed epatica. [51]

Inoltre, più recentemente, studi clinici e sperimentali indicano che l’ischemia miocardica e forse l’ipossia, di per sè, possono indurre la sintesi/secrezione di BNP e dei suoi peptidi correlati da parte delle cellule ventricolari. Ciò può spiegare i livelli elevati di BNP trovati in pazienti con sindrome coronarica acuta o durante ischemia indotta da esercizio fisico, in assenza di una significativa dilatazione delle camere cardiache, suggerendo una attivazione neuroormonale secondaria a ischemia miocardica reversibile o necrosi. Infatti i valori ematici di BNP aumentano naturalmente in tutte le condizioni che determinano disfunzione

(27)

ventricolare, ma possono elevarsi anche nella angina instabile, [52] nella ipertensione polmonare [53] e nelle patologie edemigene che comportano un aumento della pressione atriale e ventricolare (cirrosi epatica, insufficienza renale, ecc), tanto che le recenti Linee Guida della Società Europea di Cardiologia, hanno introdotto la determinazione del BNP nell’iter diagnostico dello scompenso, indicandone l’esecuzione “se disponibile” insieme ad altri esami ematochimici e all’ECG. [54] L’utilizzo del BNP suggerito da queste linee guida, è legato alla possibilità di escludere con elevato grado di probabilità la presenza di disfunzione ventricolare in caso di valori di BNP non elevati.

Inoltre Jannuzzi e Mueller, hanno recentemente usato il BNP ed il pro-BNP per la diagnosi precoce di scompenso cardiaco acuto in pazienti giunti in pronto soccorso con dispnea. [55] [56]

Gli studi del 2002 e 2004 di Tomaru e Tanakka hanno dimostrato che elevati livelli di BNP sono stati riscontrati anche in pazienti in shock settico, e sono stati attribuiti ad una disfunzione miocardica dovuta alla sepsi, sebbene la sintesi di BNP sia indotta anche da endotossine e alcuni mediatori dell’infiammazione. [57] [58]

I principali fattori che agiscono stimolando il sistema dei peptidi natriuretici cardiaci sono:

la noradrenalina, l’endotelina, l’angiotensina II, gli ormoni steroidei, l’insulina, gli estrogeni, gli ormoni tiroidei, alcuni fattori di crescita, ed anche alcune citochine (come il α Tumor Necrosis Factor, l’interleuchina 1 e l’interleuchina 6)

La concentrazione dei peptidi natriuretici plasmatici può essere considerata un indice sensibile della perturbazione dei sistemi di omeostasi cardiovascolare, anche se può essere influenzata dalle differenti modalità di

(28)

recettori C di clearance, questo non avviene per proBNP e l’NT-proANP).

I PNC (peptidi natriuretici cardiaci) si legano a tre diversi recettori (NPRs) con differenti proprietà di legame nei confronti dei vari peptidi, che vengono allontanati dal sangue sia per rimozione ed inattivazione operata da clearance receptors che per degradazione enzimatica mediante endopeptidasi neutre. [59] [60] [61]

Gli ormoni attivi (ANP e BNP) hanno una velocità di degradazione in vivo molto rapida, con una emivita plasmatica di pochi minuti; per contro, i proormoni hanno un’emivita molto più lunga; per tale motivo, i proormoni inattivi, NT-proANP e NT-proBNP, presentano delle concentrazioni plasmatiche che sono molto più elevate rispetto ai peptidi attivi (Tabella IV).

Tabella IV Emivita dei principali peptidi natriuretici. Peptide Emivita

ANP 3 min BNP 20 min NT-ANP 60 min NT-BNP 60-120 min

Ne consegue inoltre che i livelli ematici di ANP e BNP fluttuano rapidamente, mentre quelli dei pro-ormoni inattivi sono molto più stabili nel tempo, quindi il dosaggio clinico di NT-proANP e NT-proBNP è più sensibile nella disfunzione cardiaca.

Poiché l’ANP è prodotto prevalentemente a livello del tessuto atriale, mentre il BNP a livello di quello ventricolare, ed essendo di gran lunga

(29)

superiore la massa ventricolare, uno stimolo cronico produce molte più molecole di BNP e NT-proBNP che di ANP e NT-proANP.

Da quanto sopra detto deriva che il BNP è un marker di scompenso cardiaco migliore dell’ANP, ma si deve anche notare che poiché la degrazione del peptide NT-proBNP è più lenta di quella del BNP (come si desume dalla più breve emivita dell’ormone rispetto al peptide inattivo) via via che lo scompenso cardiaco peggiora, si ritrovano più molecole circolanti di NT-proBNP.

Delle varie forme di peptici quello che offre maggior utilità nella pratica clinica, perché dotato di maggior sensibilità, è NT-proBNP.

2.3.3 FUNZIONI BIOLOGICHE

I Peptidi Natriuretici Cardiaci (PNC) posseggono numerosi effetti biologici, fra cui i più importanti, dal punto di vista del sistema cardiovascolare, sono:

1. Aumento di diuresi e natriuresi per un’azione diretta sul tubulo renale, ma anche per un’inibizione dei Sistemi Simpatico, Renina-Angiotensina-Aldosterone e Vasopressina.

2. Inibizione della secrezione, produzione e/o azione di molti fattori neuro-ormonali, fra cui: catecolamine, sistema Renina-Angiotensina-Aldosterone, Endoteline, Sistema Vasopressina/Adiuretina, ed alcune Citochine.

3. Diminuzione della pressione arteriosa conseguente ad un’azione vasodilatante su arterie e vene e ad un’azione secondaria mediata dall’inibizione della funzione vasocostrittiva e sodio-ritentiva del sistema neuroormonale. [62] [63]

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Presi nel loro complesso, tutti questi effetti si oppongono all’azione del sistema neuro-ormonale con attività vasocostrittrice e sodio-ritentiva. Quindi, il sistema dei PNC potrebbe essere il contro-regolatore fisiologico ideale (con un’azione solo in parte paragonabile a quella dell’ossido nitrico, NO) dell’azione sfavorevole dei neuro-ormoni e svolgere così un’azione cardioprotettiva soprattutto nei pazienti con scompenso cardiaco.

2.3.4 IMPIEGO CLINICO

La sintesi e la secrezione dei peptidi cardiaci sono stimolate sia da fattori emodinamici, che portano ad una distensione delle camere cardiache e/o all’aumento dello stress parietale, sia da meccanismi neuro-ormonali.

E’ importante sottolineare come la risposta del BNP alla stimolazione dei neuro-ormoni e delle citochine sia di tipo logaritmico: a piccole e brevi sollecitazioni corrispondono grandi variazioni delle concentrazioni circolanti del BNP.

E’ quindi possibile che anche piccole variazioni dei parametri emodinamici, magari non valutabili con esami strumentali, producano significative variazioni delle concentrazioni circolanti del BNP.

I peptidi natriuretici possono essere quindi considerati degli indicatori della funzionalità cardiaca e possono contribuire sia alla formulazione della diagnosi, sia alla valutazione dell’efficacia dei trattamenti terapeutici.

(31)

Nella pratica clinica, in ambito cardiologico, sono stati introdotti principalmente:

a. nella diagnosi di scompenso cardiaco e di disfunzione ventricolare sinistra in fase asintomatica;

b. nella diagnosi differenziale di dispnea acuta in pronto soccorso;

c. come guida al trattamento farmacologico dei pazienti con scompenso cardiaco;

d. nella stratificazione prognostica dei pazienti con sindrome coronaria acuta.

2.3.5 RAZIONALE DEL DOSAGGIO DEL NT-PRO-BNP DURANTE LO SVEZZAMENTO

È stato dimostrato un precoce aumento della concentrazione ematica del BNP, e quindi il suo N-terminale, in caso di scompenso cardiaco.

La transizione dalla ventilazione meccanica a quella spontanea induce un incremento dello stress cardiaco che può indurre ischemia in soggetti portatori di malattia coronarica. [64] [65] [66]

Analogamente, il lavoro respiratorio spontaneo può precipitare la dilatazione del ventricolo sinistro e lo shock cardiogeno in pazienti non coronaropatici. [67]

I valori ematici di pro-BNP possono quindi essere utilizzati come un affidabile e precoce marker predittivo per la prognosi dello svezzamento, in quanto potente indice di disfunzione ventricolare (considerando anche la velocità di esecuzione ed il suo bassissimo peso in termini economici).

(32)

È stato infatti dimostrato da alcuni studi clinici che pazienti che hanno fallito un tentativo di svezzamento presentavano valori ematici elevati di BNP.

Potrebbe risultare utile quindi un dosaggio basale del BNP del paziente al suo ingresso in UTI e comunque prima dell’inizio di eventuali procedure di Weaning.

Recenti studi di Brochard, deProst e collaboratori hanno evidenziato una stretta correlazione fra livelli aumentati di NT-proBNP in pazienti che successivamente hanno fallito un tentativo di estubazione.

Da questi studi (che hanno seguito le Linee Guida di svezzamento dell’8th Consensus Conference on resuscitation and emergency medicine. [68]) è emerso infatti che il riscontro di un valore di proBNP superiore a 275 pg/ml in pazienti sottoposti ad un primo tentativo di svezzamento, correla positivamente con un aumento della probabilità di fallimento. [69]

Questo risultato ha una potenziale e importante implicazione clinica: il BNP potrebbe essere utilizzato nel guidare la terapia e la gestione dello scompenso acuto del ventricolo sinistro o del sovraccarico idrico, durante lo svezzamento dalla ventilazione meccanica.

Da considerare però che il valore del BNP è speso “falsato” dall’aumento in circolo di alfa-adrenergici, corticosteroidi e insulina, tutti farmaci largamente impiegati in una terapia intensiva, e che processi morbosi intercorrenti quali scompenso cardiaco cronico, sepsi, shock settico, possono alterarlo notevolmente.

(33)

3. Studio Clinico

3.1 OBIETTIVI DELLO STUDIO

• Valutare la risposta cardio-vascolare durante lo svezzamento dal ventilatore meccanico mediante stima della efficienza cardiaca tramite valori rilevati con metodo P.R.A.M.

• Dimostrare il valore predittivo della concentrazione ematica di pro-BNP nel successo dello svezzamento.

• Validare una metodica standardizzata di svezzamento in pazienti sottoposti a ventilazione meccanica invasiva per periodi di tempo superiori alle 48 h.

(34)

3.2 MATERIALI E METODI

Tra i mesi di Giugno e Novembre 2007 sono stati reclutati per lo studio 9 pazienti post-chirurgici sottoposti ad interventi di chirurgia addominale maggiore di vario tipo.

In seguito alla procedura chirurgica, tutti i pazienti inseriti nello studio hanno richiesto ventilazione meccanica (VM) per periodi non inferiori alle 48 ore.

La severità della patologia all’ingresso è stata misurata con APACHE II score. (Tabella V) (Tabella VI)

Tabella V Caratteristiche dei Pazienti

Sesso Età Diagnosi Durata

V.M.

APACHE II Pz 1 F 61 Gastroresezione, metastatectomia

epatica stenosi neoplastica del piloro

11 8

Pz 2 F 78 Colecistite gangrenosa 15 7 Pz 3 M 68 Colectomia totale per infarto

intestinale

4 9

Pz 4 F 86 Emicolectomia per ischemia intestinale

11 15

Pz 5 F 64 Addome acuto, etp colecisti 3 11 Pz 6 M 64 Aneurisma Aorta Addominale 2 10 Pz 7 F 78 Toilette peritoneale per peritonite

stercoracea

12 12

Pz 8 F 77 Nefrectomia e splenectomia 3 17 Pz 9 F 79 Sospetta sepsi in pz con

resezione tenue

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Tabella VI Caratteristiche Medie dei Pazienti F:M 7:2 Media età (anni) 72.6

±

8.67 Media durata MV (giorni) 6.2

±

4.1 Media APACHE II 10.3

±

3.1 Media PaO2/FiO2 321

±

86

I pazienti sono stati sottoposti a screening quotidiano per i parametri eleggibili per criteri di inclusione nello studio e sono stati arruolati quando tutti questi criteri venivano contemporaneamente soddisfatti (Tabella VII).

Tabella VII

CRITERI DI INCLUSIONE

1- Risoluzione o significativo miglioramento della causa che ha determinato la dipendenza dal ventilatore

2- Stabilità emodinamica

3- Appropriata ossigenazione (PaO2/FiO2 > 200) 4- Appropriato stato neurologico

5- Conservata capacità di proteggere le vie aeree e di rimuovere le secrezioni

6- Non farmaci sedativi

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Sono stati esclusi invece tutti i pazienti portatori di cannula tracheostomica, affetti da malattie neuromuscolari preesistenti e i gravi BPCO (Tabella VIII).

Tabella VIII Criteri di Esclusione 1. Portatori di cannula tracheostomica

2. MV < 24h

3. Malattie neuromuscolari 4. Grave BPCO

5. Insufficienza renale

Dopo l’arruolamento nello studio, i pazienti sono stati collegati al sistema Mostcare per la registrazione ogni 30 secondi dei parametri emodinamici tramite metodo P.R.A.M. (Patent N° 1315206 del 27/04/1999), mediante la connessione di un trasduttore ad una cannula da 20G posizionata in arteria radiale. L’apparecchiatura Mostcare consente la misurazione beat-by-beat (e la registrazione ogni 30 secondi mediante Smartcard) dei parametri emodinamici del paziente quali HR, PAS, PAD, PAM, CCE, CI, dP/dT, SVR.

Il sistema viene connesso all’uscita analogica di un monitor su cui è trasmessa l’onda pressoria radiale: i segnali pressori vengono acquisiti ad una frequenza di 1000 Hz e filtrati ad una frequenza di 25 Hz per evitare effetti di risonanza legati al sistema trasduttore-catetere. Un computer traccia per ciascun ciclo cardiaco una linea in corrispondenza dell’incisura dicrota e ne calcola i valori emodinamici. (Figura I)

(37)

Figura I Sistema PRAM

Per l’analisi dei risultati sono stati considerati i valori registrati ogni 15 minuti a partire dall’inizio delle procedure, ottenendo così 9 registrazioni (da T1 a T9), di cui l’ultima corrispondente al tempo della estubazione. Sono state inoltre aggiunte 2 registrazioni: una Basale rilevata 15 minuti prima dell’inizio del trial con PSV (T0) ed una 15 minuti dopo l’estubazione (T10) per avere una valutazione dello stato emodinamico al termine delle procedure. Considerando la variabilità delle misurazioni beat-by-beat del metodo P.R.A.M. i valori presi in esame non si riferiscono ad un singolo battito, bensì alla media matematica del periodo di 5 minuti circa a cavallo del momento preso in considerazione.

Tutti i pazienti sono stati intubati tramite tubo oro-tracheale modello Rusch n° 7-7,5 e, all’ingresso in Terapia Intensiva, connessi a ventilatore Galileo Hamilton-Medical Italia (Patent n° 03/155056) e ventilati in modalità ASV calcolata su peso ideale del paziente.

(38)

3.2.1 PROTOCOLLO DI SVEZZAMENTO

a) Ottenuta l’idoneità per l’inizio delle procedure di svezzamento, tutti i pazienti sono stati sottoposti a dosaggio di NT-proBNP e controllo emogasanalitico basale.

b) Contestualmente i pazienti sono stati informati sulle metodiche previste, sottoposti ad aspirazione tracheale e a reclutamento polmonare manuale con va-e-vieni in Ossigeno puro per ridurre l’incidenza di atelettasie, infine posti in posizione semiseduta.

c) All’inizio delle procedure tutti i pazienti sono stati inoltre trattati con 0.5 mg/Kg di Furosemide e 8 mg di Desametasone.

d) La modalità corrente di ventilazione è stata interrotta da un test in respiro spontaneo della durata di 30 minuti supportato da un livello minimo di pressione (7 cmH2O) con lo scopo di evitare un eventuale sovraccarico e quindi un eccessivo lavoro respiratorio imposto dalle resistenze offerte dal tubo O-T. Molti studi in letteratura infatti dimostrano che l’eccesso di lavoro imposto al sistema respirando attraverso il tubo oro-tracheale, può essere compensato da un piccolo supporto pressorio. [73] [74]

Questo breve periodo consente di saggiare la tollerabilità del paziente ad una eventuale tentativo estubazione.

Studi recenti [75] dimostrano che procedure di svezzamento più prolungate in SBT ovvero superiori ai 30’, non modificano né la mortalità né la percentuale di reintubazione. Peraltro un test di 120’ ha lo svantaggio di essere gravato da un aumento dei tempi di degenza in terapia intensiva. [76]

e) Al termine del trial in assenza di comparsa di segni di intolleranza (Tabella L) il paziente è andato incontro ad un Ciclo di Respiro Spontaneo mediante Tubo a T (SBT: Spontaneous Breathing Trial) della durata di 1 ora e 30 minuti.

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Flow Chart Weaning

DAILY SCREENING SpO2 > 92% PEEP < 8 CmH2O

Il Paziente incontra i criteri di inclusione ? FiO2 < 0.4

Vent min < 20L/min

SI NO Stabilità emodinamica

Pz esegue semplici comandi

Miglioramento patologia sottostante

Ripristinare MV

SBT

di

30’

con supporto

PSV

(7 CmH2O) 1h prima: Dosaggio BNP PRAM

Reclut. Man. Aspirazione Inadeguatezza scambi gassosi

Instabilità emodinamica

Segni di Intolleranza?

Mutamento stato di coscienza, diaforesi Aumento del lavoro respiratorio

NO

SI

WEANING CRITERIA

Ripristino MV, riducendo:

• MMV: 2 atti al giorno (x2) • PSV: 2 CmH2O al giorno (x2)

T-piece Trial 1h

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Tabella IX

Segni di Intolleranza SBT

1. Inadeguatezza scambi gassosi

2. Variazioni emodinamiche (incremento o riduzione) > 20% rispetto al basale 3. Mutamento stato di coscienza, diaforesi 4. Aumento del lavoro respiratorio

L’intera procedura di svezzamento ha quindi una durata complessiva di 2 ore, periodo in cui vengono valutati anche i parametri emodinamici P.R.A.M.-derivati sia in presenza che poi in assenza di pressioni positive applicate al sistema paziente-ventilatore.

Si considera che lo svezzamento abbia avuto successo se dopo 48 h il paziente non ha richiesto supporto ventilatorio invasivo.

Il fallimento del test (Tabella IX) prevede la reintroduzione della ventilazione meccanica assistita secondo modalità MMV, PSV o ASV. Il supporto ventilatorio verrà gradualmente ridotto nel periodo successivo con le seguenti modalità:

1. MMV: riduzione di 2 atti respiratori (max 4) al giorno per 2 volte al giorno.

(41)

Sono invece da considerare quali indici suggestivi di successo di svezzamento una serie di parametri clinici e laboratoristici (Tabella X).

Tabella X

CRITERI SUGGESTIVI DI SUCCESSO

SCAMBI GASSOSI ADEGUATI: PaO2 > 60 mmHg (90%) o SaO2 > 90% con FiO2 <40%, , PaO2/ FiO2 > 200 con PEEP < 5 CmH2O

NON ACIDOSI RESPIRATORIA: incremento di PaCO2 < 10mmHg

EMODINAMICA STABILE: PAS < 180 mmHg (>90 mmHg), HR < 140 bpm (dobutamina < 5 gamma/Kg/min) o > 50 bpm o incremento/riduzione <20%

FREQUENZA RESPIRATORIA < 35/min, senza segni di eccesivo lavoro respiratorio (respiro paradosso, uso della muscolatura accessoria

GCS ≥ 13; capacità di svolgere semplici comandi (aprire/chiudere occhi/bocca) non agitazione, ecc

Hb ≥ 8-10 g/dl.

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3.3 DISCUSSIONE

Lo svezzamento dalla ventilazione meccanica è generalmente associato ad un incremento della richiesta di ossigeno connessa sia all’aumento del lavoro respiratorio sia all’aumento di increzione di catecolamine endogene. L’aumento del consumo di ossigeno che ne deriva impone un aumento del Cardiac Output (CO), che può rappresentare uno stress cardiaco importante in grado di esacerbare, in pazienti a rischio, la sofferenza ischemica miocardia, facilitare lo sviluppo di un metabolismo miocardico anaerobio ed infine precipitare una disfunzione ventricolare sinistra e/o destra. [28] Il primo dato che emerge dal nostro studio è in linea con quanto riportato in letteratura [22] [23] [24] e sottolinea l’incremento di lavoro a cui è sottoposto l’apparato cardiovascolare durante le procedure di svezzamento, incremento secondario ad un aumento del consumo di ossigeno che si instaura durante questo periodo.

I dati registrati con il metodo P.R.A.M., mostrano un costante decremento dei valori del CCE rispetto ai valori basali, evidente soprattutto durante i primi 30 minuti dall’inizio dello svezzamento. Questa riduzione del rendimento del sistema cardio-circolatorio potrebbe riconoscere quale movente eziologico non solo l’incremento del lavoro a cui esso è sottoposto per aumento del CO ma anche l’ aumento delle resistenze periferiche che si instaura durante lo svezzamento.

Dopo la caduta iniziale, il CCE tende a salire nuovamente, per tornare ai valori basali al momento della estubazione del paziente.

Il trend dei valori del CCE si intuisce già all’analisi del grafico che riporta la media dei valori di ciascun paziente (Grafico 1).

(43)

Grafico 1 Andamento del CCE: Pazienti -1,00 -0,80 -0,60 -0,40 -0,20 0,00 0,20 0,40 0,60 Paziente 1 Paziente 2 Paziente 3 Paziente 4 Paziente 5 Paziente 6 Paziente 7 Paziente 8 Paziente 9 Paziente 1 0,30 -0,16 -0,16 -0,09 -0,75 0,33 0,37 0,38 0,30 0,25 0,40 Paziente 2 0,02 -0,22 -0,14 -0,14 -0,48 -0,57 -0,62 -0,64 -0,73 -0,36 0,02 Paziente 3 0,19 0,03 -0,06 -0,55 -0,25 -0,38 -0,03 -0,23 0,10 0,10 0,08 Paziente 4 0,00 -0,15 -0,15 -0,20 -0,30 -0,50 -0,18 -0,20 -0,08 -0,08 -0,01 Paziente 5 0,35 -0,10 -0,15 -0,55 -0,55 -0,20 -0,20 -0,10 -0,10 -0,08 0,19 Paziente 6 -0,24 -0,26 -0,30 -0,26 -0,27 -0,10 -0,10 -0,17 0,01 -0,01 0,00 Paziente 7 -0,03 0,03 -0,25 -0,18 0,00 0,10 0,10 0,15 0,06 0,02 0,10 Paziente 8 -0,42 -0,42 -0,08 -0,14 -0,30 -0,33 -0,55 -0,31 -0,30 -0,38 -0,33 Paziente 9 0,08 -0,15 -0,13 -0,24 -0,25 -0,25 -0,17 -0,07 0,10 0,10 0,20 (Basa(PSV)(15') (30'-T(45') (60') (75') (90') (105')(Estu (15') T0 T1 T2 T3 T4 T5 T6 T7 T8 T9 T10

La conferma si ha analizzando il grafico della media dei pazienti (Grafico 2), sui cui dati è stata condotta l’analisi statistica mediante l’applicazione del test T di Student. Questo grafico mostra chiaramente l’iniziale caduta dei valori del CCE, fino al suo nadir dopo circa 45 minuti (T4) dall’inizio delle procedure di svezzamento (cioè dopo circa 15 minuti dall’inizio del ciclo di tubo a T). Dopo tale picco, il suo valore torna a risalire verso i

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L’analisi statistica ha evidenziato una variazione statisticamente significativa (p<0,05) per i valori medi del CCE al tempo T1 e al tempo T4, rispetto al valore basale di T0.

Differenza ccet0 = ccet1 statisticamente significativa Paired t test

---

Variable | Obs Mean Std. Err. Std. Dev. [95% Conf. Interval] ---+--- ccet0 | 9 .0277778 .0819346 .2458037 -.1611636 .2167192 ccet1 | 9 .1555556 .0466997 .1400992 -.2632453 -.0478658 ---+--- diff | 9 .1833333 .0617117 .1851351 .0410259 .3256408 ---

mean(diff) = mean(ccet0 - ccet1) t = 2.9708

Ho: mean(diff) = 0 degrees of freedom = 8

Ha: mean(diff) < 0 Ha: mean(diff) != 0 Ha: mean(diff) > 0

Pr(T < t) = 0.9911 Pr(|T| > |t|) = 0.0178 Pr(T > t) = 0.0089

(45)

Differenza ccet0 = ccet4 statisticamente significativa Paired t test

---

Variable | Obs Mean Std. Err. Std. Dev. [95% Conf. Interval] ---+--- ccet0 | 9 .0277778 .0819346 .2458037 -.1611636 .2167192 ccet4 | 9 .35 .0717635 .2152905 -.5154869 -.1845131 ---+--- diff | 9 .3777778 .1336847 .4010542 .0695003 .6860553 ---

mean(diff) = mean(ccet0 - ccet4) t = 2.8259

Ho: mean(diff) = 0 degrees of freedom = 8

Ha: mean(diff) < 0 Ha: mean(diff) != 0 Ha: mean(diff) > 0

Pr(T < t) = 0.9889 Pr(|T| > |t|) = 0.0223 Pr(T > t) = 0.0111

(46)

(Basale) T0 (PSV) T1 (15' ) T2 (30' -T ) T3 (45' ) T4 (60' ) T5 (75' ) T6 (90' ) T7 (105' ) T8 (Estub) T9 (15' ) T1 0 Media -0,35 -0,30 -0,25 -0,20 -0,15 -0,10 -0,05 0,00 0,05 0,10 CCE

Le variazioni del CCE possono essere messe in relazione anche all’aumento delle resistenze periferiche. La curva sul grafico delle medie dei pazienti per il valore SVR (Grafico 3), appare infatti speculare a quella del CCE, presentando un iniziale incremento durante la prima mezzora di svezzamento ed una successiva diminuzione fino ai valori basali al termine delle procedure.

Tuttavia, l’analisi statistica a cui sono stati sottoposti anche i valori delle resistenze vascolari periferiche ha dimostrato che queste variazioni non possono essere definite significative, con l’utilizzo del Test T (p>0.05).

(47)

(Basale) T0 (15' ) T2 (45' ) T4 (75' ) T6 (105' ) T8 (15' ) T1 0 S1 1150,0 1250,0 1350,0 1450,0 1550,0 1650,0 SVR

Anche il dP/dT, come espressione dalla capacità contrattile del miocardio e della impedenza del sistema mostra, come atteso, un decremento iniziale del suo valore esattamente sovrapponibile all’andamento CCE. (Grafico 4)

Grafico 4 Andamento dP/dT: Media

(Basale) T0 (15' ) T2 (45' ) T4 (75' ) T6 (105' ) T8 (15' ) T1 0 S1 1,25 1,35 1,45 1,55 1,65 1,75 1,85 dP/dT

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Per quanto riguarda il Cardiac Index, questo mostra un andamento decrescente nei primi 30 minuti di trial (Grafico 5); questo dato può in parte essere spiegato dalla presenza di pressioni positive applicate dal ventilatore che innalza la pressione intratoracica, determinando così una riduzione del ritorno venoso al cuore destro, e quindi una diminuzione dello Stroke Volume. Successivamente il CI tende ad aumentare, fino a tornare a valori prossimi ai basali ancora prima della estubazione, con differenze statisticamente significative (p<0.05) per i valori medi rispetto alle registrazioni basali.

Grafico 5 Andamento CI: Media

(Basale) T0 (15') T2 (45') T4 (75') T6 (105') T8 (15') T10 S1 2,00 2,50 3,00 3,50 4,00 4,50

La Pressione Arteriosa Sistolica e quella Diastolica non mostrano modificazioni di rilievo durante le procedure di svezzamento; tuttavia si registra un incremento rispetto ai valori basali al termine del trial con variazioni delle medie statisticamente significative durante e dopo estubazione. Possiamo attribuire queste modifiche emodinamiche principalmente alle manovre piuttosto traumatiche di reclutamento e aspirazione tracheale attuate abitualmente nel periodo prossimo

(49)

all’estubazione, ma anche all’affaticamento muscolare che la presenza del tubo oro-tracheale può determinare nel periodo prossimo alla fine del trial.

Grafico 6 Andamento Pressione Arteriosa Sistolica: Media

(Basale) T0 (15' ) T2 (45' ) T4 (75' ) T6 (105' ) T8 (15' ) T1 0 S1 130,0 135,0 140,0 145,0 150,0 155,0 160,0 PAS

Grafico 7 Andamento Pressione Arteriosa Diastolica: Media

(Basale) T0 (PSV) T1 (15' ) T2 (30' -T ) T3 (45' ) T4 (60' ) T5 (75' ) T6 (90' ) T7 (105' ) T8 (Estub) T9 (15' ) T1 0 S1 60,0 62,0 64,0 66,0 68,0 70,0 72,0 PAD

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A dimostrazione del fatto che esiste una discrepanza almeno iniziale tra disponibilità e consumo di ossigeno abbiamo inoltre rilevato, su analisi ematiche effettuate a T0 e a T4, un incremento dei lattati nei pazienti sottoposti a svezzamento (Tabella XI e XII).

Questo potrebbe essere legato in parte all’aumento del consumo di ossigeno dovuto all’utilizzo di gruppi muscolari rimasti a riposo per effetto di sedativi e talvolta curari utilizzati nei giorni precedenti. Si conferma così il dato già riportato in letteratura da Pinsky, in cui lo svezzamento del paziente dal ventilatore viene assimilato ad un esercizio fisico, in cui si ha un aumento delle richieste di ossigeno, solo in parte seguite da un aumento della sua disponibilità. [51]

Tabella XI Valori Ematici Pre-Test (T0)

Pz 1 Pz 2 Pz 3 Pz 4 Pz 5 Pz 6 Pz 7 Pz 8 Pz 9 Ph 7,44 7,39 7,38 7,43 7,41 7,42 7,52 7,35 7,49 PaO2 81,6 110 126,5 180 170 105 137 175 108,3 PaCO2 36,4 56 42,9 38 35 37 32,3 37,5 37,3 Lattati 22 62 13 23 13 15 16 14 18 HCO3 24,5 29 24,4 24,6 24,4 25,3 25,8 20,3 28,1 BE O,5 2,9 -0,2 1,2 1,5 1,9 2,8 -4,7 4,6

Tabella XII Valori Ematici durante Weaning (T4)

Pz 1 Pz 2 Pz 3 Pz 4 Pz 5 Pz 6 Pz 7 Pz 8 Pz 9 Ph 7,46 7,34 7,37 7,44 7,40 7,32 7,42 7,34 7,53 PaO2 74 107,7 94 74,7 98 120 92,4 189 67,6 PaCO2 37,5 62,6 42,7 39,3 41 38 41,8 35,7 35,5 Lattati 31 42 16 24 16 18 16 25 17 HCO3 26,5 33,1 24 26,3 26,3 26,1 26,6 18,9 29 BE 2,7 6,1 -1 2,2 2,4 2,7 2,9 -6,2 5,9

(51)

L’analisi dei valori di NT-pro-BNP mostra una discreta variabilità dei valori che risultano compresi tra 109-444 pg/L (Tabella XIII).

Nonostante in letteratura siano riportati valori di cutoff di 275 pg/L, [69] nel nostro studio anche livelli al di sopra di tale soglia non hanno influito sulla svezzabilità dal ventilatore; dati più accurati possono però essere disponibili solo incrementando il numero di pazienti e soprattutto documentando anche casi di insuccesso, che nel nostro studio non si sono verificati, forse anche per le piccole dimensioni del gruppo studiato. Da ricordare inoltre che anche i dati presenti in letteratura sulla accuratezza diagnostica del pro-BNP nell’insufficienza cardiaca sono tutt’oggi contrastanti [77] [78] [79] e che, come sottolineato in un recente studio del CNR di Pisa, eventuali concentrazioni cutoff variano molto in base ai metodi di laboratorio utilizzati per la rilevazione ed alla popolazione studiata. [80]

Tabella XIII Valori Ematici di NT-proBNP

Pz 1 Pz 2 Pz 3 Pz 4 Pz 5 Pz 6 Pz 7 Pz 8 Pz 9

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4. CONCLUSIONI

Lo svezzamento dalla ventilazione meccanica è associato ad un incremento della richiesta di ossigeno per aumento sia del lavoro respiratorio che della secrezione endogena di catecolamine.

L’aumento del Cardiac Index che ne deriva rappresenta uno stress cardiaco importante che può esacerbare, in pazienti a rischio, sofferenza ischemica miocardica, facilitare lo sviluppo di un metabolismo miocardico anaerobio, precipitare una disfunzione ventricolare sinistra e/o destra.

La riduzione del rendimento del sistema cardio-circolatorio, che abbiamo registrato in corso di svezzamento dal ventilatore tramite variazioni del CCE, potrebbe esser legata non solo ad un aumento del CI, ma anche ad un aumento delle resistenze vascolari periferiche, che mostrano un andamento in crescendo nei primi 30 minuti dall’inizio del trial.

La discrepanza fra disponibilità e consumo di ossigeno è confermata dall’incremento dei lattati in questo intervallo di tempo.

I dati preliminari emersi dal nostro studio tendono a confermare quanto riportato in letteratura [28], evidenziando come una insufficienza cardiaca occulta instaurata in corso di svezzamento in pazienti critici possa essere la causa primaria di fallimento di weaning.

A tal proposito alterazioni dei livelli basali del NT-proBNP come indice di disfunzione miocardica potrebbero spiegare l’insuccesso nello svezzamento di alcune tipologie di pazienti, affiancandolo ad altri parametri, quale indice di predittività di successo di distacco dal ventilatore.

In letteratura non si trovano ancora lavori in cui è stato studiato questo nuovo parametro clinico in correlazione ai parametri ventilatori.

Nel nostro studio le variazioni medie dei valori del CCE (parametro che esprime la performance cardiaca in termini di dispendio energetico del sistema cardiocircolatorio) in corso di svezzamento si sono mostrate

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statisticamente significative, ma, data l’esiguità della popolazione dei pazienti da noi considerata, sono necessari ulteriori approfondimenti per la conferma della sua validità diagnostica in corso di weaning.

Infine, il protocollo di svezzamento utilizzato nel nostro studio, ha presentato una percentuale di successo inaspettatamente molto alta, anch’essa però da confermare su numeri più vasti.

Inoltre questo studio conferma quanto già riportato in letteratura circa la necessità della applicazione di protocolli standardizzati di svezzamento, quali strumenti efficaci per diminuire la durata della dipendenza dal ventilatore, l’incidenza di reintubazione, l’insorgenza di complicanze ventilatore-dipendenti, ed i costi legati ad un aumento della degenza in Terapia Intensiva. [18] [19] [20] [21]

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5. BIBLIOGRAFIA

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21. Esteban A, Frutos F, Tobin MJ, et al. A comparison of four methods of weaning patients from mechanical ventilation: the Spanish Lung Failure Collaborative Group. N Engl J Med 1995;332:345-50

Figura

Tabella I   Etiologia Insufficienza Respiratoria  Polmonare  Ostruzione vie aeree superiori
Tabella II   Indici Ventilatori
Tabella III   Cause di Fallimento dello Svezzamento
Figura  B    Curve della Pressione Arteriosa nei vari Distretti
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Riferimenti

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