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Piano paesaggistico regionale - Relazione. Gli Ambiti territoriali

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Piano paesaggistico regionale - Relazione

Abstract

1. IL QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO

2. VERSO IL PIANO PAESAGGISTICO DELLA LIGURIA 2.1 Dal PTCP al Piano Paesaggistico

2.2 Il lavoro in comune con MIBACT 2.3 Dall’intesa al Piano

3. SGUARDI DIVERSI SUL PAESAGGIO LIGURE

3.1 La descrizione dei caratteri permanenti del Paesaggio ligure contenuta nel PTCP 1990 3.2 L’Alta Via come impianto territoriale della Liguria

3.3 La carta della vulnerabilità (l’approccio dell’ecologia del paesaggio) 3.4 La Liguria dei viaggiatori

3.5 La Liguria come “luogo dell’anima”

3.6 Due punti di vista mobili Aurelia e Autostrada

4. I MATERIALI DEL PIANO (L’apparato descrittivo del Piano)

4.1 Gli studi realizzati con MIBACT e Università degli Studi di Genova 4.2 Gli studi di carattere ambientale

4.3 Il mondo dei Parchi e delle Aree protette

4.4 Gli studi del Dipartimento pianificazione territoriale 4.5 Il sistema informativo regionale

4.1 Assetto attuale della Liguria

4.2 L’evoluzione del sistema insediativo e infrastrutturale 4.3 I fenomeni emergenti

a) Il consumo di suolo

b) Evoluzione recente dell’uso del suolo

c) L’Osservatorio delle trasformazioni territoriali 4.4 La crescita del bosco e la scomparsa delle aree agricole

a) Le aree agricole b) Il bosco

4.5 Atlante dei vincoli paesaggistici (il paesaggio come atto amministrativo) a) Il sistema dei Parchi e delle Aree Protette

b) Rete Natura 2000 e Rete ecologica regionale

4.6 Rapporto tra vincoli Ambientali e vincoli Paesaggistici 4.7 I siti UNESCO

4.8 La struttura del Piano Paesaggistico Gli Ambiti territoriali

6. LA STRUTTURA DEL PIANO Le componenti di Paesaggio

Le indicazioni a livello di Unità di Paesaggio

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2 Abstract

Il presente documento costituisce la relazione del progetto del Piano Paesaggistico Regionale della Liguria.

(PPRL).

Il presente documento è articolato in diverse sezioni.

Nella prima IL QUADRO LEGISLATIVO DI RIFERIMENTO si ricostruisce il contesto normativo nel quale si colloca il nuovo Piano paesaggistico, quadro definito dalla lr 36/1997 e dal D. Lgs 24/2004 smi.

La sezione VERSO IL PIANO PAESAGGISTICO REGIONALE DELLA LIGURIA ripercorre il percorso svolto in comune tra regione e uffici territoriali del MIBACT nel periodo intercorso tra l’approvazione del PTCP (assunto come DNA del nuovo strumento) e la redazione del PPR

La terza sezione SGUARDI DIVERSI SUL PAESAGGIO LIGURE è dedicata ad un excursus su possibili diversi approcci al tema del paesaggio della LIGURIA (che verranno in varia misura ripresi e utilizzati nello sviluppo del lavoro) in particolare vengono ripercorse

la lettura proposta dal PTCP

la lettura del sistema territoriale della Liguria proposta in L’Alta Via dei Monti Liguri la lettura proposta nel Quaderno del Dipartimento Il sistema del verde

gli spunti forniti dalla descrizione della Liguria come meta di viaggio o oggetto di narrazione o rappresentazione grafico-pittorica

la lettura della Liguria come regione costiera

la Liguria come oggetto di visione dalle principali infrastrutture (Via Aurelia e Autostrada)

La sezione I MATERIALI DEL PIANO è dedicata alla descrizione dell’evoluzione del quadro delle conoscenze e della pianificazione dagli studi propedeutici del PTCP al PPR e alla sistematizzazione dei materiali utilizzati per la redazione del Piano, con evidenziazione delle elaborazioni originali predisposte per la redazione

La sezione Apparato descrittivo del Piano dà conto delle ricognizioni La struttura del Piano

Sono quindi declinati GLI OBIETTIVI DEL PIANO Le scale del Piano

Le elaborazioni del Piano sono elaborate a diverse scale

Le elaborazioni a scala regionale hanno valore di inquadramento generale dei problemi e riguardano la morfologia del territorio

la copertura vegetale,

l’evoluzione dell’insediamento e del sistema infrastrutturale

Una seconda serie di elaborazioni, sempre riferita all’intero territorio regionale, riguarda gli aspetti amministrativi ed in particolare la ricognizione dei diversi vincoli operanti sul territorio regionale

Il sistema dei vincoli paesaggistici Il sistema dei vincoli ambientali

Il sistema dei Parchi e delle aree protette (e la loro interazione) I siti UNESCO

Il secondo livello della struttura del piano riguarda gli AMBITI TERRITORIALI come previsti dall’art. 135 del Codice del paesaggio.

Sono individuati 11 Ambiti, come aggregazioni degli ambiti territoriali del PTCP.

Per ciascun Ambito sono fornite elaborazioni relative a

Morfologia

Copertura vegetale

Evoluzione dell’insediamento Valori Ambientali

Ricognizione dei vincoli paesistici Fruizione attiva

Sono inoltre forniti

A Livello di Ambito, specifici obiettivi di pianificazione A livello di ciascuna Unità di paesaggio Normativa d’uso

Il terzo livello della struttura del Piano è dedicata alle SCHEDE relative a ciascuno degli Immobili e aree di notevole interesse pubblico soggette a vincolo (nel testo viene presentata la scheda tipo)

LE COMPONENTI DI PAESAGGIO

La coerenza tra i diversi livelli operativi del Piano Unità di Paesaggio- Immobili e aree di notevole interesse pubblico vincoli ope legis ex art. 142 c.1 è garantita dalle componenti di paesaggio, che rappresentano le strutture minime elementari da cui è costituito il Piano.

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3 1. IL QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO

Il Piano Paesaggistico della Liguria trova il suo riferimento normativo nel D. Lgs 42/2004 e smi (Codice del paesaggio) e nella legge regionale 4 settembre 1997 n. 36 Legge urbanistica regionale.

In particolare l’art 3, comma 2, della legge regionale 4 settembre 1997 n. 36 e smi stabilisce che Gli strumenti della pianificazione territoriale regionale sono:

a) il Piano territoriale regionale (PTR);

b) il Piano paesaggistico. (…)

Il comma 3 bis precisa che

Il Piano paesaggistico ha i contenuti e gli effetti previsti negli articoli 135, 143 e 145 del d.lgs. 42/2004 e successive modificazioni e integrazioni ed è predisposto con modalità di elaborazione congiunta con il Ministero per i beni e le attività culturali e secondo le procedure previste dall’articolo 14 bis.

Gli articoli sopra richiamati del Codice del paesaggio recitano rispettivamente:

Articolo 135 Pianificazione paesaggistica

1. Le regioni assicurano che il paesaggio sia adeguatamente tutelato e valorizzato. A tal fine sottopongono a specifica normativa d'uso il territorio, approvando piani paesaggistici ovvero piani urbanistico-territoriali con specifica considerazione dei valori paesaggistici, concernenti l'intero territorio regionale, entrambi di seguito denominati "piani paesaggistici".

2. Il piano paesaggistico definisce, con particolare riferimento ai beni di cui all'articolo 134, le trasformazioni compatibili con i valori paesaggistici, le azioni di recupero e riqualificazione degli immobili e delle aree sottoposti a tutela, nonché gli interventi di valorizzazione del paesaggio, anche in relazione alle prospettive di sviluppo sostenibile.

Articolo 143 Piano paesaggistico

1. In base alle caratteristiche naturali e storiche ed in relazione al livello di rilevanza e integrità dei valori paesaggistici, il piano ripartisce il territorio in ambiti omogenei, da quelli di elevato pregio paesaggistico fino a quelli significativamente compromessi o degradati.

2. In funzione dei diversi livelli di valore paesaggistico riconosciuti, il piano attribuisce a ciascun ambito corrispondenti obiettivi di qualità paesaggistica.

Gli obiettivi di qualità paesaggistica prevedono in particolare:

a) il mantenimento delle caratteristiche, degli elementi costitutivi e delle morfologie, tenuto conto anche delle tipologie architettoniche, nonché delle tecniche e dei materiali costruttivi;

b) la previsione di linee di sviluppo urbanistico ed edilizio compatibili con i diversi livelli di valore riconosciuti e tali da non diminuire il pregio paesaggistico del territorio, con particolare attenzione alla salvaguardia dei siti inseriti nella lista del patrimonio mondiale dell'UNESCO e delle aree agricole;

c) il recupero e la riqualificazione degli immobili e delle aree sottoposti a tutela compromessi o degradati, al fine di reintegrare i valori preesistenti ovvero di realizzare nuovi valori paesaggistici coerenti ed integrati con quelli.

3. Il piano paesaggistico ha contenuto descrittivo, prescrittivo e propositivo. La sua elaborazione si articola nelle seguenti fasi:

a) ricognizione dell'intero territorio, attraverso l'analisi delle caratteristiche storiche, naturali, estetiche e delle loro interrelazioni e la conseguente definizione dei valori paesaggistici da tutelare, recuperare, riqualificare e valorizzare;

b) analisi delle dinamiche di trasformazione del territorio attraverso l'individuazione dei fattori di rischio e degli elementi di vulnerabilità del paesaggio, la comparazione con gli altri atti di programmazione, di pianificazione e di difesa del suolo;

c) individuazione degli ambiti paesaggistici e dei relativi obiettivi di qualità paesaggistica;

d) definizione di prescrizioni generali ed operative per la tutela e l'uso del territorio compreso negli ambiti individuati;

e) determinazione di misure per la conservazione dei caratteri connotativi delle aree tutelate per legge e, ove necessario, dei criteri di gestione e degli interventi di valorizzazione paesaggistica degli immobili e delle aree dichiarati di notevole interesse pubblico;

f) individuazione degli interventi di recupero e riqualificazione delle aree significativamente compromesse o degradate;

g) individuazione delle misure necessarie al corretto inserimento degli interventi di trasformazione del territorio nel contesto paesaggistico, alle quali debbono riferirsi le azioni e gli investimenti finalizzati allo sviluppo sostenibile delle aree interessate;

h) individuazione, ai sensi dell'articolo 134, lettera c), di eventuali categorie di immobili o di aree, diverse da quelle indicate agli articoli 136 e 142, da sottoporre a specifiche misure di salvaguardia e di utilizzazione.

4. Il piano paesaggistico, anche in relazione alle diverse tipologie di opere ed interventi di trasformazione del territorio, individua distintamente le aree nelle quali la loro realizzazione è consentita sulla base della verifica del rispetto delle prescrizioni, delle misure e dei criteri di gestione stabiliti nel piano paesaggistico ai sensi del comma 3, lettere d), e), f) e g), e quelle per le quali il piano paesaggistico definisce anche parametri vincolanti per le specifiche previsioni da introdurre negli strumenti urbanistici in sede di conformazione e di adeguamento ai sensi dell'articolo 145.

5. Il piano può altresì individuare:

a) le aree, tutelate ai sensi dell'articolo 142, nelle quali la realizzazione delle opere e degli interventi consentiti, in considerazione del livello di eccellenza dei valori paesaggistici o della opportunità di valutare gli impatti su scala progettuale, richiede comunque il previo rilascio dell'autorizzazione di cui agli articoli 146, 147 e 159;

b) le aree, non oggetto di atti e provvedimenti emanati ai sensi degli articoli 138, 140, 141 e 157, nelle quali, invece, la realizzazione di opere ed interventi può avvenire sulla base della verifica della conformità alle previsioni del piano paesaggistico e dello strumento urbanistico, effettuata nell'ambito del procedimento inerente al titolo edilizio e con le modalità previste dalla relativa disciplina, e non richiede il rilascio dell'autorizzazione di cui agli articoli 146, 147 e 159;

c) le aree significativamente compromesse o degradate nelle quali la realizzazione degli interventi di recupero e riqualificazione non richiede il rilascio dell'autorizzazione di cui agli articoli 146, 147 e 159.

6. L'entrata in vigore delle disposizioni previste dal comma 5, lettera b), è subordinata all'approvazione degli strumenti urbanistici adeguati al piano paesaggistico ai sensi dell'articolo 145. Dalla medesima consegue la modifica degli effetti derivanti dai provvedimenti di cui agli articoli 157, 140 e 141, nonché dall'inclusione dell'area nelle categorie elencate all'articolo 142.

7. Il piano può subordinare l'entrata in vigore delle disposizioni che consentono la realizzazione di opere ed interventi ai sensi del comma 5, lettera b), all'esito positivo di un periodo di monitoraggio che verifichi l'effettiva conformità alle previsioni vigenti delle trasformazioni del territorio realizzate.

8. Il piano prevede comunque che nelle aree di cui all'articolo 5, lettera b), siano effettuati controlli a campione sulle opere ed interventi realizzati e che l'accertamento di un significativo grado di violazione delle previsioni vigenti determini la reintroduzione dell'obbligo dell'autorizzazione di cui agli articoli 146, 147 e 159, relativamente ai comuni nei quali si sono rilevate le violazioni.

9. Il piano paesaggistico individua anche progetti prioritari per la conservazione, il recupero, la riqualificazione, la valorizzazione e la gestione del paesaggio regionale indicandone gli strumenti di attuazione, comprese le misure incentivanti.

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4 10. Le regioni, il Ministero e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio possono stipulare accordi per l'elaborazione d'intesa dei piani paesaggistici. Nell'accordo è stabilito il termine entro il quale è completata l'elaborazione d'intesa, nonché il termine entro il quale la regione approva il piano. Qualora all'elaborazione d'intesa del piano non consegua il provvedimento regionale, il piano è approvato in via sostitutiva con decreto del Ministro, sentito il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio.

11. L' accordo di cui al comma 10 stabilisce altresì presupposti, modalità e tempi per la revisione periodica del piano, con particolare riferimento alla eventuale sopravvenienza di provvedimenti emanati ai sensi degli articoli 140 e 141. 12. Qualora l'accordo di cui al comma 10 non venga stipulato, ovvero ad esso non segua l'elaborazione congiunta del piano, non trova applicazione quanto previsto dai commi 5, 6, 7 e 8.

Articolo 145 Coordinamento della pianificazione paesaggistica con altri strumenti di pianificazione

1. Il Ministero individua ai sensi dell'articolo 52 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 le linee fondamentali dell'assetto del territorio nazionale per quanto riguarda la tutela del paesaggio, con finalità di indirizzo della pianificazione.

2. I piani paesaggistici prevedono misure di coordinamento con gli strumenti di pianificazione territoriale e di settore, nonché con gli strumenti nazionali e regionali di sviluppo economico.

3. Le previsioni dei piani paesaggistici di cui agli articoli 143 e 156 sono cogenti per gli strumenti urbanistici dei comuni, delle città metropolitane e delle province, sono immediatamente prevalenti sulle disposizioni difformi eventualmente contenute negli strumenti urbanistici, stabiliscono norme di salvaguardia applicabili in attesa dell'adeguamento degli strumenti urbanistici e sono altresì vincolanti per gli interventi settoriali. Per quanto attiene alla tutela del paesaggio, le disposizioni dei piani paesaggistici sono comunque prevalenti sulle disposizioni contenute negli atti di pianificazione.

4. Entro il termine stabilito nel piano paesaggistico e comunque non oltre due anni dalla sua approvazione, i comuni, le città metropolitane, le province e gli enti gestori delle aree naturali protette conformano e adeguano gli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica alle previsioni dei piani paesaggistici, introducendo, ove necessario, le ulteriori previsioni conformative che, alla luce delle caratteristiche specifiche del territorio, risultino utili ad assicurare l'ottimale salvaguardia dei valori paesaggistici individuati dai piani. I limiti alla proprietà derivanti da tali previsioni non sono oggetto di indennizzo.

5. La regione disciplina il procedimento di conformazione ed adeguamento degli strumenti urbanistici alle previsioni della pianificazione paesaggistica, assicurando la partecipazione degli organi ministeriali al procedimento medesimo.

L’art 14 bis della lr 36/1997 disciplina infine il Procedimento di approvazione del Piano paesaggistico 1. Per la formazione del Piano paesaggistico la Giunta regionale:

a) prima dell’elaborazione del documento preliminare di cui alla lettera b), stipula apposita intesa con il Ministero per i beni e le attività culturali ai sensi degli articoli 135, comma 1, terzo periodo, e 143, comma 2, del d.lgs. 42/2004 e successive modificazioni e integrazioni;

b) previa informativa alla competente Commissione consiliare, approva il documento preliminare del progetto di Piano, comprensivo anche del rapporto preliminare di cui alla l.r. 32/2012 e successive modificazioni e integrazioni. Di tale documento è data pubblicità mediante inserimento nel sito informatico della Regione, previo avviso nel BURL e nel medesimo sito informatico, in vista dell’acquisizione di proposte o contributi da parte di soggetti pubblici e privati per la predisposizione del progetto di Piano paesaggistico;

c) convoca le conferenze di pianificazione di cui all’articolo 6, anche al fine dell’effettuazione della fase di consultazione a norma della l.r. 32/2012 e successive modificazioni e integrazioni.

2. Il progetto di Piano paesaggistico è elaborato sulla base del documento preliminare e dell’intesa di cui al comma 1, tenuto conto degli esiti della fase di consultazione e delle osservazioni, proposte o contributi ricevuti ai sensi del medesimo comma 1 ed è comprensivo del rapporto ambientale di cui alla l.r. 32/2012 e successive modificazioni e integrazioni. Il Piano paesaggistico è adottato dal Consiglio regionale Assemblea Legislativa della Liguria, su proposta della Giunta regionale, previa acquisizione del parere del Comitato tecnico regionale per il territorio.

3. Dell’avvenuta adozione del progetto di Piano paesaggistico è dato avviso nel BURL e nel sito informatico della Regione. Il progetto di Piano paesaggistico è reso consultabile nel sito informatico regionale ai fini della procedura di VAS di cui alla l.r. 32/2012 e successive modificazioni e integrazioni per sessanta giorni consecutivi decorrenti dalla data di pubblicazione dell’avviso. Dell’avvenuto inserimento nel sito informatico è data comunicazione alla Città metropolitana, alle province, ai comuni, agli enti Parco, al Ministero per i beni e le attività culturali, nonché alle regioni limitrofe per l’espressione del parere da inviare alla Regione entro il termine di novanta giorni dalla pubblicazione dell’avviso nel BURL.

4. I comuni provvedono a rendere consultabile il progetto di Piano paesaggistico a libera visione del pubblico nella segreteria comunale per sessanta giorni consecutivi dalla pubblicazione dell’avviso nel BURL, in vista della presentazione di osservazioni entro il medesimo termine, previo avviso da pubblicarsi nel sito informatico comunale, contenente l’indicazione della data di messa in consultazione presso la segreteria comunale e da comunicare alla Regione, nonché da divulgarsi, in via facoltativa, con manifesti o altro mezzo ritenuto idoneo.

5. La Città metropolitana, le province, i comuni, gli enti Parco e le regioni limitrofe esprimono il proprio parere, per i profili di rispettiva competenza, con atto deliberativo motivato. I comuni esaminano le osservazioni presentate a norma del comma 4 e nel contesto del parere di cui al comma 3 da trasmettere alla Regione formulano proposte di accoglimento o di reiezione, anche parziale, di tali osservazioni.

6. Entro centottanta giorni dalla scadenza dei termini per il ricevimento dei pareri di cui al comma 3, la Giunta regionale stipula l’accordo con il Ministero per i beni e le attività culturali ai sensi degli articoli 135, comma 1, terzo periodo, e 143, comma 2, del d.lgs. 42/2004 e successive modificazioni e integrazioni. Entro il medesimo termine viene reso il parere motivato di cui alla l.r. 32/2012 e successive modificazioni e integrazioni e viene formulata la successiva proposta della Giunta regionale al Consiglio regionale Assemblea Legislativa della Liguria di approvazione del Piano paesaggistico, comprensiva della decisione sulle osservazioni pervenute a norma del comma 4 e dell’ottemperanza alle prescrizioni apposte in sede di pronuncia di VAS, previa acquisizione del parere del Comitato tecnico regionale per il territorio.

7. La deliberazione di approvazione del Piano, con i relativi elaborati, è pubblicata nel sito informatico della Regione e, per estratto, nel BURL, unitamente al relativo elaborato di sintesi.

8. Una copia del Piano paesaggistico approvato è trasmessa, in formato digitale, con i relativi allegati al Ministero per i beni e le attività culturali, alla Città metropolitana, alle province e ai comuni i quali provvedono a metterlo a permanente e libera visione del pubblico entro dieci giorni dal ricevimento degli atti.

9. Il Piano entra in vigore dalla data di pubblicazione nel BURL della relativa deliberazione di approvazione.

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5 2. VERSO IL PIANO PAESAGGISTICO DELLA LIGURIA

2.1 Dal PTCP al Piano Paesaggistico 2.2 Il lavoro in comune con MIBACT 2.3 Dall’intesa al Piano

Definito il quadro legislativo di riferimento, è necessario, per inquadrare il nuovo Piano paesaggistico, mettere a fuoco alcuni aspetti particolari dell’esperienza ligure.

In primo luogo occorre sottolineare (sarà l’oggetto del presente capitolo)

- La presenza del Piano territoriale di Coordinamento Paesistico, che, dal 1990 costituisce lo strumento di riferimento per Comuni e cittadini,

- La tradizione di lavoro comune tra Regione Liguria e uffici locali del MIBACT 1 (Temi trattati nel presente capitolo)

Inoltre sarà necessario richiamare (sarà l’oggetto del capitolo 3) in quanto strettamente funzionali alla redazione del Piano:

- gli studi realizzati nel corso di questi anni, che toccano temi a vario titolo affrontati e disciplinati dal Piano

- la creazione del sistema informativo territoriale della Regione Liguria, che ha costituito lo strumento di lavoro indispensabile per la redazione materiale degli elaborati.

2.1 Dal PTCP al Piano Paesaggistico

La Regione Liguria in attuazione della Legge n. 431/1985, si è dotata (prima regione in Italia) di un Piano Territoriale di Coordinamento Paesistico, (PTCP) esteso all’intero territorio regionale, adottato con Deliberazione della Giunta regionale n. 6292/1986 e definitivamente approvato con Deliberazione del Consiglio regionale n. 6/1990, articolato su tre livelli, territoriale, locale e puntuale e su tre assetti (vegetazionale, insediativo e geomorfologico). Il PTCP ha costituito sino ad oggi un adeguato strumento urbanistico-territoriale con specifica considerazione dei valori paesistici.

Il PTCP https://www.regione.liguria.it/homepage/territorio/piani-territoriali/piano-territoriale-di- coordinamento-paesistico.html, conformemente ai principi ispiratori della citata L. n. 431/1985, è stato redatto sulla base di un complesso di studi propedeutici e di analisi estesi alle componenti storico- archeologiche, fisiche, pedologiche, vegetazionali, alle componenti urbanistiche dell’assetto insediativo (densità, infrastrutture, caratteristiche, previsioni, uso del suolo), che hanno consentito di leggere e interpretare il territorio ligure alla scala territoriale al livello di ambito paesistico sovracomunale, ed alla scala locale (1:25.000), sotto i tre diversi assetti dinanzi indicati; Gli studi propedeutici di cui al precedente punto continuano a costituire una base di riferimento utile per la conoscenza e comprensione delle caratteristiche e dei valori paesaggistici del territorio ligure.

1Da ultimo, con Legge regionale 7 agosto 2018 n.15 la validità del PTCP è stata circoscritta alle indicazioni relative al livello Territoriale e, per quanto riguarda il Livello locale, limitatamente all’Assetto insediativo. Sono state conseguentemente abrogate le indicazioni di livello locale relative agli assetti geomorfologico e vegetazionale.

Il Piano è stato costantemente aggiornato sulla base delle proposte di modifica avanzate nell’ambito della pianificazione comunale, di procedimenti concertativi o di atti di pianificazione regionale. In particolare, per quanto riguarda la pianificazione regionale, hanno apportato modifiche al PTCP il il PTC Savonese

Bormide (DCR 11/1997), il Piano della Costa (DCR 64/2000)

https://www.regione.liguria.it/homepage/territorio/costa-e-demanio-marittimo/piano-della-costa.html, la variante di salvaguardia della Fascia costiera (DCR 18/2011) https://www.regione.liguria.it/homepage/territorio/piani-territoriali/piano-territoriale-di-coordinamento- paesistico/aggiornamenti-del-piano/variante-di-salvaguardia-della-fascia-costiera.html.

Nell’ambito del Meeting del Paesaggio (Novembre 2007) http://www.liguriapaesaggio.it/ è stato effettuato un bilancio delle modifiche complessivamente apportate al Piano, da cui è emerso un sostanziale equilibrio sotto il profilo della complessiva tutela. La variante di Salvaguardia, della fascia costiera approvata nel 2011 ha notevolmente esteso la tutela sulla fascia costiera.

Il PTCP costituisce quindi, a pieno titolo, un primo utile riferimento per la redazione del nuovo Piano Paesaggistico Regionale.

2.2 Il lavoro in comune con MIBACT

Un secondo utile riferimento è costituito dal lavoro svolto in comune tra Regione Liguria e organi periferici del MIBACT che si è concretizzato nei seguenti atti:

il documento congiunto per l’interpretazione e l’applicazione delle norme del P.T.C.P, redatto (aprile 1999) dagli uffici del Dipartimento regionale Pianificazione Territoriale e dalla Soprintendenza per i Beni Ambientali ed Architettonici della Liguria;

l’Intesa per la collaborazione in materia paesistica sottoscritta il 5.11.1999 tra il Ministro ed il Presidente della Regione, volta:

- allo sviluppo di attività di indirizzo ed orientamento per una progettazione qualificata degli interventi sul territorio, compatibili con i valori presenti, anche attraverso la riqualificazione di aree degradate, - all’elaborazione di documenti congiunti di indirizzo alle Amministrazioni locali ed ai soggetti coinvolti

nella gestione del paesaggio,

- alla definizione di un programma di formazione nella materia, alla promozione di attività comune di studio e ricerca,

- all’individuazione di aree da sottoporre a progetti pilota di recupero ambientale, nell’ambito del processo di aggiornamento del P.T.C.P.;

le Convenzioni per la realizzazione e la gestione della carta regionale informatizzata dei vincoli di interesse architettonico e archeologico e dei vincoli paesaggistici (ex artt. 136 e 142), sottoscritte il 15.7.2003 tra la allora Soprintendenza Regionale per i Beni e le Attività Culturali della Liguria, le allora Soprintendenze per i Beni Architettonici e per il Paesaggio e per i Beni Archeologici della Liguria ed il Dipartimento regionale Pianificazione Territoriale ed Urbanistica della Liguria; in attuazione delle suddette Convenzioni è stata realizzata la Carta regionale dei vincoli, anticipando le disposizioni del Codice contenute nell’art. 156. Tale Carta è strutturata facendo riferimento agli standard previsti dal Ministero e configura un sistema informativo dei vincoli architettonici, archeologici e paesaggistici, mirato all’attività di pianificazione e gestione del territorio. Da gennaio 2007 è attivo il sito http://www.liguriavincoli.it/, con l’obiettivo di fornire sia informazioni dettagliate ed esaustive agli utenti pubblici e privati in relazione ai beni vincolati, sia un valido supporto agli uffici regionali e ministeriali nel processo di pianificazione territoriale e paesaggistica. Il sito è aggiornato periodicamente con cedenza semestrale;

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6 l’Intesa per la redazione e l’attuazione del piano di gestione del sito “Porto Venere, Cinque Terre e Isole (Palmaria, Tino e Tinetto), inserito nella Lista del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO, nella categoria

“patrimonio culturale” sottoscritta il 27.7.2007 tra il Direttore Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Liguria, il Direttore Generale del Dipartimento regionale Pianificazione Territoriale, il Presidente del Parco Nazionale delle Cinque Terre ed il Sindaco del Comune di Porto Venere, in anticipazione e nel rispetto di quanto indicato agli artt. 132 e 135, comma 3, del Codice; tale intesa si è resa necessaria al fine di predisporre congiuntamente un piano di gestione per l’area in argomento, nell’ottica di definire e coordinare le attività di tutela, conservazione e valorizzazione in atto ed in programma;

l’Intesa per la tutela e la valorizzazione paesistica del tracciato storico della ex s.s. n. 1 Aurelia nel tratto ligure, sottoscritta il 30.7.2007 tra il Direttore Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Liguria ed il Direttore Generale del Dipartimento regionale Pianificazione Territoriale; tale intesa si riferisce ad uno specifico progetto di tutela e valorizzazione del tracciato in questione, per le sue peculiarità sotto il profilo storico, delle visuali panoramiche, delle varietà e qualità di paesaggi da essa godibili, nonché per la presenza di un patrimonio archeologico significativo, nel rispetto dell’art. 1 del Codice, il quale afferma il principio della tutela e valorizzazione del patrimonio culturale;

l’Intesa per introdurre specificazioni e semplificazioni dei criteri di redazione dei contenuti della relazione paesaggistica per le diverse tipologie di intervento rapportate alle peculiarità del territorio ligure, di cui al D.P.C.M. 12.12.2005, sottoscritta il 30.7.2007 tra il Direttore Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Liguria ed il Direttore Generale del Dipartimento regionale Pianificazione Territoriale, ai sensi dell’art.

146 del Codice; tale atto è stato redatto nell’ottica di pervenire ad una sensibile semplificazione degli adempimenti necessari per la predisposizione degli atti a corredo delle istanze di autorizzazione paesaggisti.

2.3 Dall’Intesa al Piano

Come previsto dal Codice del paesaggio, in data 8 agosto 2017 è stato siglato il protocollo d’intesa tra Regione Liguria, MIBAT e MATTM per la redazione del Piano Paesaggistico

https://www.regione.liguria.it/component/publiccompetitions/document/10687.html?view=document&id

=10687:protocollo-intesa-8-8-2017&Itemid=2733

e in data 27 agosto 2017 è stato sottoscritto il relativo disciplinare attuativo

https://www.regione.liguria.it/component/publiccompetitions/document/10688.html?view=document&i d=10688:disciplinare-attuativo-prot-intesa-23-08-2017&Itemid=2733 Nel mese di novembre 2017 si è insediato il tavolo di lavoro incaricato della redazione del Piano

Con delibera della Giunta regionale n.334 del 18 aprile 2019 è stato adottato il documento preliminare del Piano paesaggistico per l’avvio della fase di scoping del procedimento di Vas del Piano, fase che si è conclusa con nota del Dirigente del Settore tutela del Demanio, Demanio Marittimo e Attività estrattive di trasmissione dei verbali delle conferenze istruttorie e delle conferenze di pianificazione nonché dei diversi contributi pervenuti.

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7 3. SGUARDI DIVERSI SUL PAESAGGIO LIGURE

3.1 La descrizione dei caratteri permanenti del Paesaggio ligure contenuta nel PTCP 1990 3.2 L’Alta Via come impianto territoriale della Liguria

3.3 La carta della vulnerabilità (l’approccio dell’ecologia del paesaggio) 3.4 La Liguria dei viaggiatori

3.5 La Liguria come “luogo dell’anima”

3.6 Due punti di vista mobili Aurelia e Autostrada

La prima considerazione che si impone a chi si voglia accostare al tema del paesaggio è l’impossibilità della sua riduzione a un punto di vista unico che lo descriva in maniera esaustiva2. Né le definizioni normative, né quelle presenti nel dibattito disciplinare sembrano riconducibili ad un oggetto definibile una volta per tutte.

Si è ritenuto quindi opportuno e necessario riprendere, almeno a livello di prima definizione del tema, descrizioni alternative della Liguria riconducili ad approcci diversi seppure tutti in qualche modo riconducibili alla nozione di paesaggio. Gli stimoli derivanti da questi approcci sono poi stati ripresi e interpretati, nei modi che verranno nel seguito meglio dettagliati (vedi cap. 6.LA STRUTTURA DEL PIANO) nelle elaborazioni proprie del Piano. Sono proposti, in questa sezione, senza pretesa di esaustività, di materiali provenienti da studi commissionati o prodotti da Regione Liguria nell’ambito della propria attività di pianificazione e gestione del territorio.

In primo luogo, anche nella logica di continuità della pianificazione paesaggistica regionale (cfr. cap. 2) sopra evocata, si è ritenuto utile far riferimento alla Relazione al vigente Piano Territoriale di Coordinamento Paesistico, strutturata su considerazioni di carattere geografico (morfologia, orografia, soleggiamento) e storico (organizzazione del territorio in epoca preromana, romana, medievale, ecc.), di cui si riportano, nel seguito, alcuni stralci:

3.1 La descrizione dei caratteri permanenti del Paesaggio ligure contenuta nel PTCP 1990 I caratteri permanenti (la morfologia e gli insediamenti storici)

La morfologia territoriale regionale, modellata in una stretta e tormentata fascia marittima, determina, in quanto struttura permanente d'ambiente, uno dei caratteri più specifici del paesaggio ligure.

Ne deriva infatti un quadro di realtà locali, sul piano storico, che, per riferimento a queste "durezze" geografiche è unico nel caleidoscopio insediativo della struttura costiera nazionale.

L'identificazione dei suoi caratteri salienti, nell'integrazione dei parametri umani con le invarianze del supporto geografico, rivela poi valenze ambientali ancora più personalizzate per la qualità e lo spessore delle stratificazioni che vi si riferiscono.

L'immagine paesistica è infatti il risultato del complesso sovrapporsi di strati "storici" che, con indici di potenza variabile ma sempre molto consistenti come contenuto, hanno concorso interagendo tra loro alla definizione del suo assetto attuale.

Le ricerche nella cronologia di formazione dei paesaggi liguri appaiono per questi motivi, di forte connotazione e di grande spessore, particolarmente utili anche nella guida della pianificazione territoriale, sia nell'ottica del mantenimento e della valorizzazione delle tracce più affascinanti del passato, sia nella prospettiva di poter costruire organicamente su di, esse le immagini del futuro, anche nella constatazione che la continuità delle

2 Tale consapevolezza è ampiamente diffusa nella letteratura di settore che esplicitamente evidenzia una pluralità di percorsi. A titolo di esempio, Sandro Amorosino (in Introduzione al diritto del paesaggio, Roma Bari 2010) individua come modalità di approccio al paesaggio almeno quattro diversi percorsi culturali:

Il paesaggio come storia

trasformazioni, più o meno veloci, degli scenari d'ambiente appartiene comunque da sempre ai connotati più qualificanti dei quadro antropico e socio-economico ligure.

Aspetti di lunga durata

Nello schema orografico caratterizzante il territorio regionale, la conformazione ad arco della linea di costa corrisponde ad una curva più o meno parallela di monti definita dalla linea di spartiacque alpino e appenninico che separa il versante tirrenico da quello padano.

Questo principale asse orografico di spartiacque presenta la minima distanza dal mare in corrispondenza del Golfo di Genova, cioè nella parte centrale dell'arco, e la massima ai suoi estremi nell'Imperiese e nello Spezzino articolandosi in assi vallivi minori disposti in generale con orientamento perpendicolare al mare, tra Ventimiglia e Sampierdarena, e invece quasi paralleli all'andamento della costa, tra Genova e la foce del Magra.

Questa diversità delle due riviere nell'orientamento dello schema orografico ha agito nel tempo in maniera determinante nella formazione delle matrici insediative e del popolamento rurale o marittimo producendo differenze sostanziali, tuttora ben chiare, nella composizione dei corrispondenti paesaggi.

Il confine regionale rispetta solo in parte la suddivisione del grande spartiacque tirrenico e presenta infatti due consistenti penetrazioni in area padana, alla testata delle Bormide sopra Savona e nelle alte vallate dell'Erro, Orba, Stura, Scrivia, Trebbia e Aveto a monte di Genova.

Si sottolinea con questa realtà politico-geografica la presenza di due direttrici fondamentali di valico, corrispondenti alle quote minime dello stesso spartiacque, ben evidenti in corrispondenza della Sella di Altare, sopra Savona, e al Passo dei Giovi sopra Genova.

Sul piano storico-insediativo la presenza di due grandi polarità urbane si giustifica proprio nelle favorevoli qualità naturali del territorio per i collegamenti con l'oltregiogo da sempre imposti e protetti sul piano politico con inevitabili estensioni dei domini territoriali oltre montani.

Che la struttura orografica rappresenti per la Liguria la matrice fondamentale nella composizione storica del popolamento e dei paesaggi umani è ben dimostrato tra l'altro dall'incidenza sulle localizzazioni dell'inclinazione e dell'esposizione dei versanti o più in generale dalle influenze indotte sul clima (soleggiamento, temperatura, ventilazione e piovosità) che sono consistenti fattori regolatori non solo dell'aspetto vegetazionale, ma certamente ancor più di quello agrario e insediativo.

La mappa regionale della diffusione dei coni d'ombra combinata con la serie topografica della variazione dell'esposizione dei versanti rivela per esempio la costante collocazione degli abitati, piccoli e grandi, "al sole"

cioè privilegiando sempre gli orientamenti meridionali.

Anche la clinometria interagisce nella scelta del sito che spesso corrisponde ad un terrazzo morfologico, al deposito di una paleofrana o alla linea di crinale come sede di minime pendenze nell'innesto di due versanti più acclivi.

In un territorio quasi esclusivamente montuoso e sostanzialmente privo di estese aree pianeggianti queste regole "antiche" appaiono determinanti e risultano quindi quali massimi ingredienti costitutivi dello scenario d'ambiente.

Coerentemente si è ritenuto di far propria la CRONOLOGIA SCHEMATICA DEL PAESAGGIO ANTROPICO proposta nella stessa relazione.

La storia dell'insediamento in Liguria trova le prime forme organizzate nella stabilizzazione relativa delle sedi da parte delle tribù liguri che attestano i propri villaggi fortificati intorno ai "castellari" avviando, in

Il paesaggio come spazio fisico ed economico

Il paesaggio come arte o come rappresentazione visiva e letterario Il paesaggio come percezione

Analogamente, nel Rapporto sullo stato di avanzamento del PPTR della Puglia (datato luglio 2008) a firma di Alberto Magnaghi. Si parla di tre approcci al paesaggio (estetico, ecologico, storico-strutturale)

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8 concomitanza alle residue occupazioni della caccia e di quelle della transumanza, un'agricoltura mista matrice di un popolamento rurale esteso affermatosi nell'Alto Medio Evo.

Si tratta di nuclei, per lo più concentrici all'architettura strategica, localizzati alle testate dei crinali lungo le vie di cresta, in posizione di massima difendibilità e di esteso dominio visivo sul territorio.

In questa fase le direttrici di fondovalle e le aree pianeggianti nei pressi dei litorali appaiono per lo più disabitate corrispondendo ai suoli meno protetti e meno vivibili in senso lato nell'economia arcaica tribale.

Si consolida tuttavia, in questa fase organizzativa protostorica per unità tribali o per estensioni omogenee etnico-territoriali, lo schema principale delle perimetrazioni "politiche" di ambito poi fondamentalmente recuperato nella organizzazione romana per dazi e municipi e quindi cristiana per pievi e diocesi.

La stabilità di questi antichi confini è ben chiara nella opposizione condotta dai liguri, variamente alleati, alla penetrazione romana dei primi secoli.

Lo schema romano spesso coesiste come modello infrastrutturale per linee di fondovalle e linee di alta costa marittima con la trama arcaica dei crinali.

La costruzione delle grandi vie consolari e l'estensione con i municipi della cittadinanza romana ai liguri consolida il nuovo assetto infrastrutturale ben testimoniato ancora oggi dalle emergenze urbane e stradali dell'epoca. Ci si riferisce in particolare per gli insediamenti principali a: Ventimiglia (Albintimilium), Albenga (Albingaunum), Vado (Vada Sabatia), Genova (Genua) e Luni (Luna); per le strade alle vie Julia Augusta, Postumia, Emilia Scauri e Aurelia.

Tuttavia, questo paesaggio di matrice romana ha scarso peso nella configurazione montana e collinare della Regione: infatti alla caduta dell'impero l'insediamento ritorna sulle trame della struttura arcaica, disertando coste e pianure vallive rese insicure per le incursioni ricorrenti dal mare, e fino alla distruzione del Frassineto vedranno l'assoluto predominio della marineria araba. Solo il rafforzamento delle prime autonomie comunali e delle superstiti strutture feudali, consente la ricostruzione dell'immagine marittima della Liguria, d'ora innanzi guidata e variamente sottomessa alla potenza navale del più forte comune genovese.

Tra il XII e il XV secolo si assiste infatti al massimo consolidamento della struttura insediativa regionale, matrice fondamentale degli ulteriori sviluppi moderni e contemporanei.

I censimenti condotti dalla Repubblica di Genova nelle due Riviere intorno alla metà del XVI secolo testimoniano infatti la presenza di quasi tutti i grandi e medi centri abitati tuttora esistenti e riferiscono la definizione di un paesaggio agrario che, almeno nella Liguria di levante, risulta sostanzialmente coincidente con quello attuale.

Le produzioni di olio, di vino e di frutta appaiono infatti sostanzialmente equilibrate nei rapporti vicendevoli di quantità su tutto il territorio da Nizza a Sarzana testimoniando un assetto agrario per consociazioni e pratica generalizzata della pluricoltura. I paesaggi agrari più forti per l'eccedenza di produzione rispetto ai fabbisogni locali, appaiono concentrati nell'estremità dell'arco costiero dove, non a caso, si procederà nel periodo successivo ad una radicale modificazione di immagine per l'estensione delle pratiche agrarie di monocoltura...”.

3.2 L’Alta Via come impianto territoriale della Liguria

Nella prospettiva dell’elaborazione del Piano appare necessario, nella consapevolezza della necessità dell’adozione di una pluralità di approcci, ampliare il quadro delle descrizioni/interpretazioni, senza pretesa di esaurire i possibili punti di vista. Si segnala, in prima istanza quella tratta dal volume L’Alta Via dei Monti liguri, bene culturale tra Alpi ed Appennino a cura di Roberto Ghelfi, realizzato per Regione Liguria e MiBACT, che fornisce un inquadramento dell’organismo territoriale della Liguria in un contesto spaziale e temporale molto più esteso fornendo, in tale quadro una ulteriore chiave di lettura della struttura insediativa, basata sui criteri si rifanno alla scuola si Saverio Muratori. Si fornisce qui uno stralcio di questa lettura, rinviando necessariamente al testo citato per una trattazione più esaustiva del tema.

CRINALI PRINCIPALI SECONDARI, L’ALTA VIA COME IMPIANTO TERRITORIALE DELLA LIGURIA

Lo spartiacque alpino-appenninico è il principale crinale italiano subordinato soltanto a quello del continente europeo dal quale si distacca, sulle Alpi centrali, presso le sorgenti del Rodano, del Ticino e del Reno, dove converge anche quello del Mediterraneo orientale, appoggiato alla dorsale meridionale del Danubio, proveniente dal Bosforo, punto di contatto con le regioni della Fertile Mezzaluna e del Nilo. Tra le Alpi Lepontine e quelle Bernesi, degli Uri e di Glarona, le principali dorsali del continente afro-asiatico diventano una sola e questa seguendo l'orlo destro del bacino Saona-Rodano, dal Plaine Lorrain alle Cevenne, si affaccia sul Mediterraneo, borda il Golfo del Leone, risale i Pirenei e, aggirando la valle dell'Ebro, percorre le alture del Sistema Iberico. Scendendo tra Aragona e Castiglia lo spartiacque raggiunge la Cordigliera Betica, al termine della quale si divide in tre rami il primo si conclude nei pressi di Gibilterra, distante solo 14 km dall'Africa.

Oltre lo stretto convergono le direttrici rivierasche del terzo continente: quella mediterranea, asse d'espansione islamica, e quell'atlantica, rettificata da antiche carovaniere sahariane, radicate nella valle del Niger. Se un terzo ramo raggiunge Siviglia, il secondo termina a Cadice dove la mitologia greca collocava l'isola d'Eritia (cinta dai flutti) dimora di Calliroe figlia d'Oceano e di Gerione, mostro a tre teste, simbolo delle tenebre e dell'Ade al quale Ercole rubò la mandria di vacche, dal manto rossastro, per condurla nel paese delle Esperidi, attraverso la Liguria, ostacolato dai figli di Poseidone, Ialebione [o Alebione] e Dercino distacca anche la dorsale subordinata delle Alpi Occidentali, Marittime, e Liguri di cui l'Alta Via rappresenta il tratto finale.

(…)

Il mito d'Ercole evoca, secondo alcuni, l'antico tracciato costiero, la via che dopo il passaggio del Rodano incontrava i campi della Crau): (…) Qui i Liguri cercarono di arrestare la marcia dell'eroe per Monaco e Vado dove sono tramandate altre attestazioni del suo passaggio. La presenza dei figli di Poseidone sembrerebbe sostenere l'ipotesi del tracciato rivierasco, ma il transito d'Ercole è ricordato anche più a nord, nelle Alpi Graie, includendo, in questo modo, tutti i collegamenti tra Francia ed Italia attraverso la valle del Rodano.

Se i tracciati della Val d'Isere alimentano i passi della Val d'Aosta, attraverso l'Arc, suo affluente, altri scendono in Val di Susa dal Moncenisio, non lontano da Novalesa, potenziando il nodo torinese, rafforzato anche dalle piste provenienti da sud, lungo la Val Durance - forse utilizzata da Annibale per invadere l'Italia - attraverso Briancon ed il passo del Monginevro.

(…)

Dopo aver aggirato l'alta Valle del Roya, fino al monte Saccarello, punto di naturale convergenza dei crinali secondari di Ventimiglia ed Albenga, la catena alpina coincide con l'Alta Via, seguendo l'andamento dello spartiacque destro del Tanaro, fino al Colle San Bernardo dove la dorsale si sdoppia: quella del Tanaro diventa secondaria, puntando verso Alessandria, mentre l'altra prosegue fino alle Bocche di Altare o di Cadibona raggiungendo, dopo aver attraversato le creste rocciose del monte Beigua, il passo Reisa affacciato sulle valli di Voltri, avvicinandosi sensibilmente alla costa.

La dorsale piega ancora verso nord, modella la profonda incisione del passo del Faiallo, porta della Val d'Orba, e risale il Bric del Dente, montagna caratteristica per il rilievo roccioso della vetta, inizio dello spartiacque sinistro della Valle Stura e sfondo prospettico delle vedute genovesi rivolte ad occidente. Alla rapida successione dei paesaggi costieri, dominati dalle cime del Parco Regionale del Beigua, tutte maggiori di mille metri d'altezza, fa da contrappunto la più lenta successione degli ambienti montani del versante padano, compresi tra Bormida di Spigno ed Orba-Lemme. Pianura Padana e Mediterraneo sono, in questo tratto, tanto prossimi da annodare le fibre dei due sistemi in una figura dai tratti unitari: l'ambiente interno trasborda verso la costa imprimendo alcuni dei suoi tratti architettonici anche alle piccole valli costiere del Teiro, della Lerca e della Cerusa; quasi una proiezione verso la Riviera del sistema collinare interno che si spinge fino al Po, separando la pianura di Fossano e Saluzzo da quella d'Alessandria. È interessante rileggere, a questo proposito, una notazione di Strabone «le Alpi, dunque, cominciano non al porto di Monoecus come dicono certi scrittori, ma nella medesima zona dei monti Appennini, nella regione di Genova, centro di commercio dei Ligi e di ciò che si chiamano i Vada. Infatti, l'Appennino comincia a Genova, le Alpi ai Sabata e ci sono da Genova ai Sabata 260 stadi», equivalenti alla proiezione della linea del Tanaro, tra Bra ed Alessandria, ed al crinale dell'Alto Monferrato, tra Torino e Valenza.

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9 Dal Bric del Dente al monte Lavagnola la dorsale dell'Alta Via borda le valli di Voltri (Cerusa e Leiro) della Polcevera e del Bisagno assume un andamento uniforme, quasi rettilineo, nel senso dei paralleli, interrotto nel tratto centrale, dall'ampia curva aperta verso il mare, dell'alta Val Polcevera. È un sistema aspro, ma ricco di passi che, favoriti dalla modesta altezza dei rilievi, alimenta il nodo costiero di Genova, dipendente dalla dorsale secondaria del Monte Alpe-Carossino, situato in corrispondenza del flesso, oltre il quale l'Alta Via assume nuovamente l'andamento est-ovest dello spartiacque Bisagno - Scrivia.

A partire dal monte Lavagnola il tracciato si allontana progressivamente dalla Riviera assumendo la configurazione di una linea spezzata che dispone sui vertici degli angoli generati dal suo procedere verso levante, alcune delle principali cime dell'Appennino settentrionale: Ramaceto (m 1345), Penna (m 1735), Zatta (m 1404), Zuccone (m 1423) e Gottero (m 1639). Il loro alternarsi scopre, a settentrione, la presenza di un profondo sistema montuoso di cui la catena, dall'andamento nord-sud, dei monti Chiappo (m 1700), Carmo (m 1640) e Antola (m 1597) forma il bastione occidentale (fig. 16). È una sorta d'antemurale, una naturale barriera contrapposta alla catena alpina, dato che i sistemi collinari del Monferrato e delle Langhe, tutti inferiori a 600 metri d'altezza, non ostacolano la vista e sono molto permeabili alla percorrenza. Rappresenta l'asse di rotazione della struttura appenninica del versante padano: la tessitura nord-est/sud-ovest delle valli emiliane, infatti, procedendo da levante a ponente fa perno sull'andamento nord-sud della catena dell'Antola ed inverte il consueto orientamento, fino ad assumere la direzione opposta, nord-ovest/sud-est, più aperta ad influenze nord occidentali.

Tale situazione è caratteristica dell'Appennino Ligure che compone le due direzioni. La prima nord-est/sud-ovest, si arresta contro l'orditura contrapposta delle dorsali costiere del Levante e, legandosi con le strutture portuali della Riviera, genera importanti direttrici di collegamento tra il Mediterraneo, la pianura Padana e l'Europa centro- orientale, facenti capo al porto di Genova ed al sistema del Tigullio. La seconda nord-ovest/sud-est, s'innesta, invece, direttamente sulle fibre peninsulari del territorio italiano, proprio là dove queste mostrano una possibilità d'accesso, favorita dal coerente allineamento dei crinali e delle valli Staffora, Curone, Grue, Borbera, Vobbia e Brevenna.

L'Alta Via raggiunge così la cima del Gottero, dall'ampia visuale sulle valli del Taro e della Magra, punto focale sull'orizzonte di chi percorre la piana di Luni, in direzione della Liguria: qui abbandonando la catena principale, s'innesta sullo spartiacque tra Vara e Magra seguendo un crinale secondario dalle forme morbide, allineato con la pedemontana della Versilia. Questo, se letto in sequenza, compone in un disegno unitario il crinale delle Alpi Apuane, la dorsale del Monte Pisano e l'antiappennino della Toscana che i rilievi dell'Era e dell'Elsa annunciano attraverso il manto collinare della sponda sinistra del Valdarno inferiore.

L'Alta Via, tra Gottero e Saccarello, è quindi il collegamento tra crinale alpino ed appenninico sul quale s'innestano due importanti strutture di raccordo: la prima diretta alla piana di Luni e la seconda a Ventimiglia, l'una dell'armatura antiappenninica rivolta all'Oriente mediterraneo e l'altra, cerniera di quella provenzale diramata, oltre il Rodano, verso l'Occidente europeo.

Dal crinale principale dipende inoltre l'orditura secondaria e minore d'ogni territorio, l'Alta Via allora non è soltanto l'asse prevalente della regione che attraversa, ma anche la sede dei nodi di scambio con i crinali secondari da essa generati. La loro importanza è legata alla lunghezza, alla dimensione della regione che possono percorrere direttamente, senza o con modesto impiego di "opere d'arte", come si chiamano in gergo tecnico tutti i manufatti stradali, ponti, muri, tombini, cunette: «per crinale si va dappertutto», ed anche oggi è possibile, dato che è struttura orografica sostanzialmente incancellabile e riproponibile, sia pure con sfumature culturali variabili d'epoca in epoca. I crinali secondari generati dalla catena maggiore sono stati scelti selezionando ulteriormente, tra le dorsali costiere di lunghezza simile, quelle che hanno una radice più profonda tra le fibre padane.

Altri stralci del volume riferiti a specifici tratti del percorso sono riportati all’interno dei capitoli dedicati ai singoli Ambiti interessati.

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10 3.3 La carta della vulnerabilità (l’approccio dell’ecologia del paesaggio)

Le rappresentazioni della Liguria che abbiamo sin qui richiamato sono riconducibili, pur nelle loro differenze, ad una prospettiva che possiamo schematicamente inquadrare come storico-geografica. Una terza possibile modalità di approccio al tema del paesaggio, è quella che è stata esplorata nella pubblicazione “Il sistema del verde” (Regione Liguria Quaderni del Dipartimento pianificazione Territoriale 2007) a cura di Gioia Gibelli e Giuseppe Ruzzeddu, attraverso le categorie e gli strumenti dell’Ecologia del paesaggio. In questa prospettiva l’accento è messo sull’efficienza ecosistemica del paesaggio e sulla sua vulnerabilità.

Anche in questo casi riportano alcuni stralci, rinviando al testo citato per una trattazione più sistematica del tema.

La costruzione di un nuovo scenario ecosistemico e territoriale può essere sintetizzata dal seguente obiettivo:

realizzare una simbiosi (una coesistenza sinergica) tra il sistema insediativo e infrastrutturale, quello agricolo ed una rete ecologica da costruire sulla base di finalità polivalenti

Quanto prodotto per il raggiungimento di quest’obiettivo è stato genericamente denominato “Sistema del verde”. Per “sistema del verde” s’intende quindi l’insieme organizzato di tutti gli elementi esistenti e potenziali che costituiscono il territorio della Regione non interessato da edificazione. Si includono aree vegetate a vari gradi di naturalità, sistemi fluviali, aree agricole di pianura e di collina, tra cui quelle terrazzate, aree dimesse o dismettibili da attività antropiche intensive, aree di risulta e di servizio all’infrastrutturazione del territorio, litorali liberi anche solo parzialmente.

Parlare di sistema del verde oggi, in rapporto alla pianificazione territoriale a diverse scale, impone di presentare alcuni concetti legati al paesaggio, in particolare al cosiddetto "paesaggio culturale", che corrisponde a quello entro il quale noi tutti viviamo, almeno in Italia e gran parte dell'Europa.

Il paesaggio culturale è un’entità complessa, che rispecchia la stratificazione delle culture che lo hanno creato attraverso l’interazione tra l’uomo, il suo sistema sociale ed il proprio modo di organizzare lo spazio.

Haber (1993), ha tentato di ordinare i principali ecosistemi europei rispetto al grado di influsso antropico e all’uso che ne viene fatto dall’uomo, … che esclude l’alta montagna, le acque, i litorali e le coste non coperte dalla vegetazione.

Lo schema evidenzia molto bene l’interdipendenza esistente tra i tecno-ecosistemi e i sistemi forgiati biologicamente. Infatti i primi (i quali tendono ad un processo di sterilizzazione della biosfera e a utilizzare le risorse prodotte altrove) possono vivere in quanto esistono i secondi (i quali sono i luoghi in cui la vita è mantenuta e si producono le risorse che in parte vengono utilizzate dai tecno-ecosistemi).

D’altra parte la compresenza di elementi antropici ed elementi naturali, opportunamente localizzati ed utilizzati, può determinare un’organizzazione del territorio favorevole sia all’utilizzazione da parte dell’uomo che della vita delle specie vegetali e animali, sia alla frequentazione di alcune specie animali selvatiche.

Inoltre, alcuni Sistemi costituiti da elementi eterogenei possono acquisire una funzione di filtro e di mitigazione dei disturbi reciproci tra i sistemi che si trovano in conflitto tra loro: ad esempio, il sistema dei terrazzamenti come sistema di transizione tra la città e il sistema boschivo-forestale. E’ in questo contesto che si collocano, all’interno del Sistema del verde, gli strumenti di valutazione e gestione predisposti, i piani del verde a scala comunale (meglio se parte integrante dei PUC e contestualmente redatti) e le reti ecologiche alle diverse scale.

Questi appaiono oggi come strumenti importanti per la conservazione della natura, della riqualificazione degli ambienti antropici, nonché come elementi fondamentali di riequilibrio nei confronti delle trasformazioni avvenute e future.

Il concetto chiave che è servito per individuare gli obiettivi generali ed impostare la metodologia del presente lavoro, è quello della “vulnerabilità dei sistemi paesistico-ambientali”.

La vulnerabilità del paesaggio

3 Lo studio è stato prodotto nell’ambito della redazione del PTR ed in particolare del suo risvolto paesistico, posto che il PTR che avrebbe dovuto contenere l’aggiornamento del Piano paesistico.

La scelta di lavorare sulla vulnerabilità e non sulla qualità ambientale come spesso si fa, dipende dall’esigenza di dotare il PTR3 di uno strumento in grado di fornire risposte concrete a fronte di scenari incerti. Le motivazioni di questa scelta stanno nell’osservazione del passato e nelle considerazioni sugli scenari futuri che vengono quasi giornalmente formulati da esperti di tutto il mondo. Dalle ricognizioni del passato si desume facilmente che gli effetti globali delle attività antropiche nei secoli hanno avuto come conseguenza l’aumento della vulnerabilità dei sistemi paesistici, ovvero hanno diminuito la capacità propria di risposta dei sistemi ambientali alle variazioni determinate da processi sia naturali che antropici. Oggi, il mantenimento di un equilibrio territoriale è sempre più dipendente dagli interventi manutentivi e dall’energia esterna che viene immessa artificialmente nel sistema.

“Ogni volta che un sistema è interessato da un evento “sconosciuto” che lo pone in una situazione di instabilità, è in condizioni di effettuare una scelta tra più alternative: la scelta operata determina il tipo di evoluzione successiva. L’incertezza quindi crea nuove condizioni in cui il sistema si evolve, recupera o adatta le proprie strategie. Ma il tipo di scelta possibile è fortemente condizionato dalla quantità e qualità di risorse, dalla possibilità di integrazione e, di conseguenza, dalla diversificazione di strategie che il sistema possiede: le possibilità di risposta di fronte a perturbazioni e trasformazioni variano molto a seconda delle caratteristiche del sistema” (Gibelli, 2005).

Per fare un esempio, possiamo dire che più un sistema è specializzato, meno strategie di risposta possiede, pertanto è maggiormente vulnerabile di fronte a possibili eventi esterni, e meno “vocato” a utilizzare in termini evolutivi l’opportunità fornita dall’evento. Scendendo di scala, un sistema ricco di tessere specializzate, tra loro scarsamente interagenti (è il caso di certe aree urbane iperstrutturate, o dei corsi d’acqua artificializzati in cui le interazioni con gli ecosistemi di terra sono negate così come le possibilità di modificare la propria morfologia), possiede meno strategie di risposta, mostrando una maggiore vulnerabilità ai cambiamenti. Questo modifica anche il margine di incertezza: la previsione di risposta in un sistema dotato di un gran numero di strategie diverse di sopravvivenza, è meno certa nelle modalità con cui si svolgerà, ma è più certa nel risultato: il sistema si modificherà, ma avrà più possibilità di adattarsi e di sopravvivere. Un sistema con limitate strategie, a parità di intensità di disturbo, sarà più prevedibile nelle modalità di risposta che sono strettamente legate a poche possibilità, ma sarà più incerta la sua sopravvivenza. Su queste basi teoriche possiamo trovare strumenti che ci aiutino a capire meglio le concatenazioni dei sistemi complessi e a ridurre l’incertezza derivata dalla scarsità di conoscenze. Possiamo anche applicare modalità di gestione del territorio che ne aumentino la resilienza, ossia ne migliorino la capacità di rispondere alle perturbazioni e ai danni prodotti da eventi con effetti imprevedibili.

Questo può essere un modo per convivere con l’incertezza e per individuare strumenti di controllo impostati ad una effettiva sostenibilità. Il concetto di vulnerabilità dei sistemi paesistici, deve essere chiaramente differenziato dal concetto di “impatto” (in tal caso è correlabile alla “sensibilità” del singolo ecosistema) o di

“rischio” (il quale misura solo la probabilità di un evento calamitoso in rapporto al danno prodotto in un determinato momento sociale). La vulnerabilità di un sistema complesso ed articolato, quale è il paesaggio, mette invece in relazione la sensibilità del paesaggio con l'accumularsi dei fattori di rischio, e la minaccia che essi esplodano attraverso concatenazioni che non sono controllate e/o controllabili nel loro processo di formazione. Ad esempio nella regione Liguria ci sono diverse zone sottoposte ad un certo grado di rischio idrogeologico. Queste zone sono vulnerabili. Ma non è la somma delle singole vulnerabilità che fornisce la vulnerabilità totale del sistema, perché il sistema può comunque avere in sé le risorse per ritrovare un equilibrio in seguito ad un evento destabilizzante. La vulnerabilità del sistema dipende, per esempio, dalla concentrazione delle zone vulnerabili, dalla compresenza di altri agenti di vulnerabilità quali la presenza di un’intensa infrastrutturazione del territorio, o la specializzazione spinta di aree contigue, o altro ancora. Un approccio strategico risponde perciò alla necessità di assimilare alle procedure di verifica tutte quelle situazioni che, pur essendo determinate a livello puntuale da singole attività ed opere, tendono ad assumere una valenza più ampia nei confronti della conservazione e tutela del patrimonio naturale e degli ambienti antropizzati a scala vasta. La scelta di lavorare sulla vulnerabilità nasce anche da un’altra riflessione derivata da molte

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11 osservazioni effettuate sulle trasformazioni del paesaggio. Nell’ultimo secolo i trend di trasformazione non sono stati lineari: si assiste ad una progressiva accelerazione nell’andamento di molte variabili che, negli ultimi due decenni, ha avuto un’impennata in molti luoghi. La velocità di trasformazione sembra più rapida della capacità di adattamento delle componenti biologiche, comportando in molti casi reazioni insospettabili dei sistemi. Quelli che hanno reagito meglio sembrano essere quelli dotati di una maggiore capacità propria di risposta o di autorigenerazione, quindi meno vulnerabili. Abbiamo quindi pensato che lavorare sulla vulnerabilità sia il modo migliore di rispondere alle attese di una pianificazione sostenibile, anche perché non è detto che la somma di elementi altamente qualitativi, fornisca un sistema equilibrato: spesso in un mosaico è l’alternanza di elementi a diversi stadi evolutivi e di qualità che fornisce il maggior grado di stabilità. L’aumento di vulnerabilità è documentato dalle trasformazioni già avvenute, ma gli scenari futuri ci disegnano un aumento degli eventi destabilizzanti dei sistemi: il “global change” potrebbe portare ad un innalzamento del livello dei mari, un’intensificazione del moto ondoso, un aumento degli eventi climatici estremi. Anche se tutto questo non è prevedibile con precisione, è compito del pianificatore prevenire gli effetti più negativi, anticipando gli eventi peggiori. Una delle risposte che appaiono più sensate in uno scenario incerto, è quello di agire nei confronti della capacità di autorisposta dei sistemi, ovvero riducendo gli interventi sul territorio che tendono ad imbrigliarne i processi cosiddetti di autopoiesi (auto-rigenerazione). Ciò significa, appunto, lavorare per diminuire la vulnerabilità dei sistemi paesistico-ambientali

L’approccio sopra descritto ha portato alla redazione della Carta della Vulnerabilità, attraverso la sovrapposizione di 5 carte tematiche:

4Il Piano Paesaggistico tiene in considerazione questo specifico tema nelle sezioni dedicate ai profili ambientali sia nelle elaborazioni a scala regionale e di ambito e in riferimento alle singole aree sottoposte a vincolo, assumendo come riferimento le zone ZSC, la rete ecologica regionale e il sistema delle Aree protette.

Potenzialità faunistica, Funzione, Rarità relativa. Compatibilità d’uso Assetto idrogeologico, secondo lo schema qui riportato.4

3.4 La Liguria dei viaggiatori

Questa ulteriore modalità di approccio, che probabilmente coglie meglio di altri approcci e definizioni, l’essenza di ciò che cerchiamo nel paesaggio, applicata al caso ligure, deve essere articolata almeno in tre capitoli:

Le descrizioni dei viaggiatori stranieri in Liguria,

Le descrizioni degli scrittori, in particolare di quelli liguri Il paesaggio come oggetto di rappresentazioni visive

Ciascuno dei quali, come vedremo ulteriormente, scindibile in capitoli. In questa sede si forniranno solo schematici cenni di inquadramento, rinviando alla bibliografia riportata nelle note conclusive. Si tratta, come è del tutto evidente, di un approccio radicalmente alternativo a quelli sopra descritti. Nei primi due approcci il dato geografico, variamente intrecciato con quello storico, appariva come elemento ordinatore della narrazione; nella prospettiva dell’ecologia del paesaggio l’elemento ordinatore sembra essere quello ecosistemico, in queste prospettive l’elemento che guida il racconto è quello della rappresentazione, visiva o letteraria, del paesaggio come percezione.

Si forniscono qui alcuni brevi cenni sul tema,5 rimandando agli studi specialistici e alle numerose raccolte disponibili6 per i necessari approfondimenti.

In questo contesto è quasi d’obbligo rievocare in primo luogo la descrizione della costa ligure di levante fatta dal Petrarca7 nella sua lettera di risposta all’invito, fattogli da Giovanni Mandelli, di recarsi con lui in Terrasanta:

“Quando lascerai Genova, bada di non staccare gli occhi dal litorale alla tua sinistra, e per tutta la giornata. Vi vedrai mille bellezze che sarà più agevole per te contemplare che per me descrivere. Stupende vallate, fluenti torrentelli, colline che si elevano con dolcezza e verdeggiano in modo meraviglioso; e poi ancora, sui massicci più montuosi, rocche e vastissimi paesi, ville e case marmoree dalle volte dorate sparse tutt’intorno a

5 In particolare è stata qui utilizzata la tesi di laurea di Antonella Cazzulo, “Genova e il territorio ligure nelle descrizioni di osservatori e viaggiatori tra il XV e il XIX secolo”, Genova, 2019

6 Segnaliamo, a titolo di esempio Viaggio in Liguria, a cura di Giuseppe Marcenaro Genova, 1992

7 In Francesco Petrarca ITINERARIUM SYRIACUM, pubblicato con il titolo Guida al viaggio da Genova alla Terrasanta-Milano 2018

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