L’ECONOMISTA
G A Z Z E T T A S E T T I M A N A L E
SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI
Anno V - Yol. IX
Domenica 10 febbraio 1878
N. 197
L’imposta sui Fabbricati apulicata agli Opificii
La circostanza della revisione generale dei red diti imponibili dei Fabbricati, cbe deve aver luogo entro l’anno corrente a forma della legge del 6 giu gno 1877, ha rimesso a galla una questione conti nuamente agitata in simili circostanze fra gli agenti finanziari ed i proprietari degli opifici industriali. La ; questione consiste nel sapere con maggior precisione quali sieno i congegni meccanici esistenti in un dato opificio cbe debbono considerarsi come parte inte grante dell’opificio medesimo all’effetto che il pre sunto reddito loro si denunzi e si assoggetti, come reddito immobiliare, all’imposta sui fabbricati piut tosto che all’imposta sulla ricchezza mobile. — La questione è grave ed interessante per le industrie nazionali assai più di quel cbe a prima vista non sembri. Difatti se i redditi di cotesti meccanismi deb bono considerarsi come mobiliari, allora vanno sog getti per sei ottavi del loro ammontare all’ imposta uniforme del 15 20 per cento ; ma se invece si con siderano come rendite del fabbricato, allora, sebbe ne godano agli effetti imponibili di una riduzione del terzo, vanno però sottoposti non solo all’imposta erariale del 16 25 per cento, calcolati i decimi di guerra, ma di più si trovano colpiti dalle sovrim poste locali, le quali per alcuni Comuni più disgra ziati fanno ascendere l’ imposta complessiva fino al 50 per cento dell’ imponibile. — Ed inoltre è da notarsi che per molti opifici il caseggiato che li con tiene non rappresenta cbe una piccola parte del valor complessivo dello stabilimento nel quale le sole mac chine possono ragguagliare fino a nove decimi di cotesto valore complessivo.
Dalle discussioni tenute in Parlamento nel 1864 in occasione dell’approvazione della legge fondamentale dell’imposta sui fabbricati apparirebbe che il concetto del Legislatore fosse quello che i redditi delle macchine non dovessero considerarsi agli effetti dell’imposta fon diaria; però le successive disposizioni regolamentari si informarono ad un concetto diverso e gli agenti tassatori nello stabilire il reddito degli opifici vi in clusero anche quello presunto dei meccanismi che vi si trovavano. La questione venne ben presto de ferita ai tribunali ordinari, ma disgraziatamente per gli industriali le decisioni del (’.autorità giudiziaria dettero ragione al Fisco prendendosi a base del giu dizio il disposto dell’art. 414 del Codice Civile.
In occasione della discussione della legge 6 giu gno 1877, per la revisione generale dei redditi dei fabbricati cotesta questione fu nuovamente trattata tanto alla Camera che al Senato, e vennero richie ste nuove disposizioni di legge per le quali non solo 1
| si dilucidasse la questione, ina si favorissero anche le industrie nazionali esonerando cioè dall’ imposta dei fabbricati i redditi presunti dalle macchine esi stenti negli opifici. Gli onorevoli senatori Rossi e Gadda in specie rilevarono i danni che provengono all’industria dall’applicazione dei criteri adottati su questo particolare dagli agenti delle finanze. Ma fon. ministro Depretis si oppose a qualunque inno vazione della legge sui fabbricati nel concetto che non potea prevedersi di quanto danno sarebbe stata per lo Stato e per le amministrazioni locali l’ado zione di consimili proposte, ed osservava che in ogni caso di dubbio gli interessi dei contribuenti ed in dustriali sarebbero bastantemente garantiti col diritto loro rilasciato di ricorrere ai tribunali ordinari.
82 L’ E C O N O M IS T A IO febbraio 1878 < maggiore, quest’utile siccome uon derivante diret-
« tamente dallo stabile sarebbe compreso fra i red- « diti di ricchezza mobile.» La R. Corte d’Appello di Brescia ebbe però ad accorgersi che non era fa cile neppure con cotesti schiarimenti toglier di mezzo la questione, e dovè dichiarare che« una linea per- « fetta di demarcazione fra le varie specie di red- « diti (mobiliare cioè e fondiario) è impossibile, per- « chè nell’universa materia ed opera si connettono « e si confondono. »
Abbiamo riportate cotoste disposizioni ministeriali e cotesti giudicati dei tribunali ordinarli appunto per far vedere quanto sia difficile il dettare norme sicure ed esatte agli agenti delle tasse affinchè nello accertamento del reddito fondiario di un opi ficio qualunque agli effetti della tassa sui fabbricati si proceda per tutti i casi e per tutti i luoghi con concetti uniformi. — In conseguenza è stata oppor tunissima la recente circolare diramata agli ufficii finanziarii dall'onorevole Maglioni ministro delle fi nanze in data del 21 gennaio ora decorso e ripor tata in questo periodico nel numero scorso. Con essa l’ onorevole ministro si studia di dare criterii direttivi anche più decisi per stabilire cotesta distin zione fra i redditi fondiarii ed i redditi mobiliari di un edificio qualunque. — In ordine ai contenuto di cotesta circolare dovranno adunque considerarsi come parte inscindibile dell’opifìcio le macchine ed i congegni meccanici talmente infissi nel fabbricato che non potrebbero separarsene senza sostanziale trasformazione del fabbricato medesimo o senza che esso perda il carattere di opificio; e conseguente mente il reddito di coteste macchine dovrà denun ziarsi come reddito del fabbricato. Tutti _ gli altri meccanismi che servono di corredo all’opificio, ma che non hanno i caratteri sopraindicati dovranno riguardarsi come capitale mobile, e quindi i relativi redditi presunti saranno soggetti all’ imposta mobi liare. — Coteste spiegazioni non toglieranno certa mente di mezzo tutti t litigii che potranno insorgere fra gli agenti delle tasse e gli industriali, però pare a noi che con un poco di buona volontà da ambe due le parti coteste liti potranno in gran parte evi tarsi.
La rammentata circolare dell’onorevole Magliani è stata criticata come non troppo chiara ed anche perchè non apparisce abbastanza favorevole agli in teressi dell’ industria nazionale. Si sarebbe voluto che l’onorevole ministro dichiarasse assolutamente non comprese le macchine nelle operazioni di accer tamento dei redditi imponibili dei fabbricati. — A noi pare invece che, nello stato attuale «Iella legi slazione, l’onorevole Magliani non avrebbe potuto far di più, giacche non avrebbe potuto dare istru zioni difformi dai dettati delia giurisprudenza nè mettersi in contradizione con il rammentato articolo 414 del Codice civile.
11 guaio non è nella circolare dell’onorevole mi nistro, ma bensì nella legge stessa che regola la imposta sui fabbricati. — Meglio era per gli indu striali, ed anche per ottenere una più uniforme ap plicazione di legge, se il Parlamento quando fu di scussa la legge del 1885 avesse accettata la propo sta avanzata alla Camera nella tornata del 7 dicembre 1864 dall’onorevole Polsinelli, il quale chiedeva che la legge determinasse assolutamente cotesta separa zione' dei redditi fondiarii da quelli mobiliari di un opificio qualunque, dichiarando espressamente che i
congegni meccanici, fissi o nò, non dovessero con templarsi agli effètti dell’imposta sui fabbricati. Certo è che con l’adozione di cotesta proposta si ottene vano due ottimi risultati, cioè si sarebbero evitati litigii innumerevoli e si sarebbero favorite le indu strie le quali sono al certo troppo aggravate dalle attuali disposizioni. Ma replichiamo che sarebbe in giustizia fare oggi carico all’ onorevole Magliani se non ha potuto emanare disposizioni più favorevoli per la classe industriale. — Ad ogni modo però gli agenti delle imposte debbono far tesoro della dichia razione che si legge nel principio di questa circo lare e che invita cotesti funzionarli ad aver presente nelle operazioni a loro affidate non tanto l’interesse dell’Erario quanto quello delle industrie manifattu riere che sono sorgente precipua della prosperità
economica del paese. Di Ironte a cotesta benevola raccomandazione dell’onorevole ministro sarebbe af fatto fuor di luogo quello zelo soverchio e quello spirito di fiscalità che qualche volta si rimprovera, e con ragione, agli agenti delle imposte.
Non potremmo chiudere questi brevi cenni sul l’applicazione della tassa dei fabbricati agli opificii industriali senza far voti perchè intervenga una in terpretazione autentica del Parlamento a dilucida zione della questione di cui abbiam tenuto parola e che la stessa provvida circolare dell’onorevole mi nistro delle finanze non varrà a togliere affatto di mezzo. — Non sapremmo davvero elogiare l’onore vole Depretis per essersi rifiutato ad approfittarsi
dell’occasione favorevole offertagli dalla discussione della legge 6 giugno 1877 di correggere in cotesta parte almeno la légge fondamentale dell’imposta sui fabbricati. Il Governo ed il Parlamento hanno stretto dovere di preparare e votare leggi di chiara intel ligenza per tutti, e di schiarirle quando l’ applica zione pratica di esse ne dimostri il bisogno. Il dire che è concessa facoltà ai contribuenti di ricorrere ai tribunali ordinarli in caso di divergenza con gli agenti delle imposte non è buono argomento per trascurare cotesto dovere e per lasciare così rper o un campo infinito di liti con grave danno dell'Era rio stesso e più dei contribuenti. — Noi attendiamo dalla saggezza dell’onorevole ministro attuale per le finanze un sollecito rimedio all’inconveniente di cui abbiamo fatto parola, sia nel senso di rendere più chiara la legge, sia nell’altro di rendere meno grave la imposta che colpisce le nostre industrie.
I NOSTRI BILANCI
i.
Stato di prima previsione dell’entrata
per l’anno 1878
Seguendo il nostro costume, noi ci faremo a rias sumere, brevemente i dati dei nostri bilanci di prima previsione per l’anno testé incominciato, che ven nero approvati senza modificazioni e i più senza alcuna discissione, prendendo le mosse da quello dell’entrata.
iO febbraio 1878 L’ E C O N O M IS T A 83 spese effettive, trasformazioni di capitali e partite
di giro, classificazione più volte raccomandata dalla Commissione del bilancio. Si sono poi omesse le somme trasportate dall'anno anteriore, e ciò a mo tivo della nuova forma adottata pei bilanci definitivi del 1877. Si tratterà dei residui attivi e passivi nel bilancio definitivo, allorché saranno determinati nei resoconti del Tesoro.
Ciò premesso, noteremo che la prima previsione dell’entrata 1878 viene proposta in complesso (escluse le partite di giro) in L. 1,252,510,68481. Siccome l’entrata approvata pel 1877 col bilancio definitivo, dedotte pure le partite di giro ascendeva a lire 1,296,745,509.19, si vengono a proporre in meno pel 1878 L. 41,234,82438. Per la prima categoria — entrate effettive —■ la somma proposta pel 1878 è di L. 1,178,188,347.72 per la parte ordinaria con una differenza in più di fronte al 1877 di lire 15,651,003.73, e di L. 15,517,457.78 per la parte straordinaria con una differenza in meno di fronte al 1877 di L. 719,466,68. P erla seconda categoria — trasformazione di capitali — figura nella parte straordinaria la somma di lire 58,804,879.31, con una differenza in meno di fronte al 1877 di lire 59,166,381.43. Nella prima categoria pertanto gli aumenti sono di L. 28,724,009,25 e le diminu zioni di L. 13,073,005.52 per l’entrata ordinaria, e L. 651,792.42 di aumento e L. 1,371,176.10 di diminuzione per l’entrata straordinaria. Nella se conda categoria poi nell’ entrata straordinaria figu rano L. 1,686,191.94 di aumento e L. 60,852,573.37 di diminuzione.
Ecco ora le cause delle variazioni di maggiore importanza. Gli aumenti nella parte ordinaria (cate goria l a — entrate effettive) si prevedono: 1° per la tassa sulla fabbricazione e raffinamento degli zuc cheri in L. 4,100,000 — nel prodotto delle dogane per la soprattassa sulla importazione degli zuccheri raffinati in L. 12,000,000 — 2° nella tassa di re gistro in L. 5,400,000 — nella tassa sulle successioni in L. 500,000 — nelle tasse ipotecarie in L. 100,000 — nella carta bollata e bollo in L. 100,000 — nei diritti ed emolumenti catastali in L. 300,000 — 3°. Nel prodotto dei tabacchi per maggior dividendo sugli utili della Regia pel 1877 a fronte di quelli del 1876, per maggior provento del monopolio in Sicilia ed inoltre per l’acconto che l’amministrazione della Società si obbligò.a versare entro l’anno 1877 sul dividendo del 1878, l’aumento è previsto in L. 4,360,000 — 4° nel prodotto dei sali in lire 1,500,000 — 5° nell’ imposta sui fabbricati in L. 516,764.91 — 6° nelle poste per L. 253,500 e nei telegrafi per L. 250,000— 7° nei rimborsi e concorsi di spese ordinarie in L. 1,188,176,64 — 8° in vari altri cespiti per L. 355,567.64. Quanto alla parte straordinaria l’aumento di L. 651.729,42 riguarda i concorsi dovuti da corpi morali nelle spese per opere pubbliche straordinarie, e special- mente il rimborso delle spese per costruzione di strade provinciali.
Riguardo alle diminuzioni, quelle previste nella parte ordinaria riguardano: 1° l’imposta di ricchezza mobile per L. 4,232,548,52. Circa tre milioni e mezzo riguardano l’imposta riscuotibile mediante ruoli e ciò in conseguenza della legge 23 Giugno 1877 n. 3903, la quale concesse una diminuzione gra duale di imposta ai possessori di piccoli redditi. Giova peraltro osservare che gli aumenti che po
trebbero derivare dallo sviluppo graduale di questa tassa, potranno probabilmente compensare in gran parte la diminuzione che si presume possa aver luogo per gli effetti della legge citata — 2° il prodotto del giuoco del lotto per L. 300,000. Tale diminuzione è però compensata da quella di 4 milioni che si pro pone nella spesa per le vincite — 5° le rate d’ in teressi e premi di titoli del debito pubblico cadute in prescrizione inL. 5,702,500 — 4° Il prodotto dell’am- ministrazione dei beni dell’ asse ecclesiastico in li re 750,000 — 5° i redditi di stabili e altri capitali di pertinenza del demanio in L. 524,237 — 6° la tassa di manomorta in L. 380,000.
Nell’entrata straordinaria si presagiscono diminu zioni 4° negli interessi sul residuo prezzo dei beni dell’asse ecclesiastico venduti negli anni precedenti in L. 700,000 — 2° nei rimborsi e concorsi dei corpi morali nelle spese per opere straordinarie nei porti marittimi in L 424,176,40 — 3° nel rimborso dalla azienda speciale dei danneggiati dalle truppe borboniche in Sicilia di spese sostenute per suo conto ecc. in L. 250,000.
Passando alla seconda categoria — trasformazione di capitale — gli aumenti riflettono per L. 4,579,84 7,61 il prodotto dell’alienazione di obbligazioni sui beni ecclesiastici e L. 306,374,35 per altre entrate per somme di minore importanza — Le diminuzioni si prevedono in L. 10,000,000 per la cessazione del prodotto delle nuove obbligazioni demaniali emesse a termini della legge 2 luglio 4875 n. 2567 — in L. 500,000 pel minor prodotto dell’emissione dei titoli speciali di rendita pei lavori del Tevere— in L. 2,822,560 per la minor somma da riscuotersi dalla banca generale di Roma pel prodotto delle ob bligazioni della ferrovia Udine-Pontebba. Il Governo venne poi autorizzato ad emettere rendita consolidata per L. 47,200,000 per provvedere ai lavori delle ferrovie calabrò-sicule e dell’Alta Italia, per l’estin zione del mutuo contratto dalla Società dell’Alta Ita lia colla cassa di risparmio di Milano, e pel compi mento della linea ligure.
Il Governo aveva chiesto di potere emettere altri 40 milioni per la somma da pagarsi in via di tran sazione all’impresa Vitali, Charles, Picard e Comp. ma la Commissione ritenne che convenisse una legge speciale e il ministro ottemperò a questo desiderio. L. 850,00 riflettono il minor prodotto dell’ aliena zione di beni demaniali senza intervento della So cietà anonima, che si prevede in vista della poco considerevole massa di beni disponibili di detta spe cie — L. 686,243,57 per varie somme di minore importanza.
Il Governo ottenne poi, secondo il consueto, fa coltà di emettere buoni del Tesoro secondo le leggi in vigore entro il limite di lire 300,000,000, oltre le anticipazioni domandabili alle banche éd ai banchi.
8 í L’ E C O N O M IS T A 10 febbraio 1878 tassa sulle successioni 23,500,000, la tassa di mano
morta 5,332,000, la tassa sulle società commerciali eco. 4,000,000, la tassa di registro 55,000,000, le tasse ipotecarie 5,100,000, carta bollata e bollo 37,538,300, la tassa pel movimento ecc. sulle fer rovie 13,716.000, la tassa sulla fabbricazione degli alcool, birra ecc. 3,200,000, la tassa sugli zuccheri j 4,100,000, le dogane e diritti marittimi 118,000,000, i dazi interni di consumo 69,634,757, le concessioni governative 4,400,100. i diritti delle legazioni e j e dei consolati all’ estero 1,050,000, le multe ecc. relative alla riscossione delle imposte 2,000, i tabac
chi 96,844,891, i sali 80,500,000, il lotto 72,100,000 — Fra i servizi pubblici ci limiteremo ad osservare che le poste figurano per L. 26,700,000, i telegrafi per 8,210,000, i proventi delle strade ferrate eser citate per conto dello Stato per 36,030,000.
La Commissione osservava che nel progetto dì bilancio si comprendono fra le tasse dirette la tassa del maculato e le ritenute, -mentre tutti gli altri tributi sono; compresi sotto il nome di imposte in dirette. Alla Commissione parrebbe più razionale comprendere soltanto fra le dirette le imposte sui terreni e sui fabbricati e di ricchezza mobile e di stinguere poi le tasse sugli affari, le tasse di con sumo e tasse diverse. Essa insistè pure sulla neces sità che la legge 23 giugno 1877 sulla ricchezza mobile, che coll’art. I o diminuisce l’imponibile dei redditi inferiori alle lire 800 sia religiosamente rispet tata. In generale poi se in una imposta di questa natura è impossibile ottenere la esattezza che non si rag giunge mai nella fondiaria coi più accurati catasti, giova peraltro attenersi ad una prudente approssi mazione, onde meritano attenzione gli articoli pei quali si stabiliscono gli accertamenti biennali e si dispone che gli accertamenti debbano farsi per or dine di classi di contribuenti. La Commissione non approva che la nomina del presidente delle Commis sioni affidata al Governo, sia stata data al prefetto piuttostochè all’intendente di finanza, e questo perchè è sempre possibile che, nelle nomiue prevalgano qualche volta considerazioni estranee alla finanza. — La Commissione chiese informazioni all’ ammi nistrazione sull’applicazione del pesatore alle macine, e le venne comunicato che gli studi e le esperienze continuarono nell’ anno 1877, e che ormai il pe satore Yon Ernst modificato e perfezionato può es sere applicato, tantoché se ne fecero già le ordina zioni per costruirne ottocento. Quanto alla tassa, notava ché nei primi nove mesi del 1877 si era ottenuto un prodotto superiore di L. 646,535 a quello del periodo corrispondente del 1876 — Scema il provento del giuoco del lotto, e la Commissione se ne rallegrerebbe se ciò dipendesse da incremento di moralità, se non che vi è da temere che i da nari scemati al lotto pubblico vadano ai banchi pri vati e clandestini che crebbero di numero special- mente dopo l’applicazione della tassa di ricchezza mobile alle vincite.
Il Trattato ili Commercio Italo-francese
Dopo circa sette mesi di aspettativa la nuova convenzione commerciale, conclusa fra l’Italia e la Francia il 6 luglio 1876, è finalmente venuta alla
luce ed attende ora la sanzione dei Parlamenti per acquistare forza di legge regolatrice delle transa zioni fra i due paesi. Voglia il cielo che tale san zione le giunga in tempo opportuno, prima cioè della fine del prossimo marzo, all’epoca in cui do vrebbe cessare il vigore delle antiche convenzioni, e che possano venir risparmiati gl'inconvenienti di una nuova proroga, almeno a quella parte rilevan tissima del nostro commercio esercitalo attraverso la frontiera francese, proroga che a quest’ ora ci sembra inevitabile per le tariffe che regolano gli scambi colle altre nazioni con cui le nuove tratta tive sono sempre sul tappeto. Prima di consacrarci all’esame di una convenzione e di una tariffa i cui pregi ed i cui vizi sono ormai sul punto di subire il controllo dell’esperienza, crediamo utile esporre con una certa diffusione i concetti ed i principi che hanno servito a compilare sì l’una che l’altra desumendoli dalla lunga relazione con cui i mini stri italiani ne hanno accompagnata la presentazione al Parlamento nazionale. La relazione comincia col premettere un quadro delle condizioni nelle quali il nuovo trattato trova l’industria fra noi e indicando le circostanze svantaggiose o favorevoli in cui essa vive di fronte agli altri paesi con notizie otficial- mente desunte dall’ inchiesta industriale. Le prime sono assai maggiori delle seconde e se ne contano fra esse delle gravissime. L’ Italia, non molto ricca di ferro e sprovvista di combustibile, scarseggia anco di capitali indispensabili a costituire il vasto corredo di materiale fisso richiesto dall’ industria moderna, in virtù della profonda trasformazio ne avvenuta mediante la sostituzione del lavoro meccanico al lavoro manuale. Il saggio dell’inte resse da occasione di generale lamento agli indu striali italiani, il quale sebbene anche all’estero sia pagato dal ceto manifatturiero alquanto più elevato di quello che non corra fra commercianti è in ra gione tanto più alta fra noi quanto è più alto l’in teresso fisso del 5 per cento che gli artificiali ordi namenti della circolazione hanno fatto mantenere alle nostre Banche di fronte a quello bancario di altri paesi (specialmente dell’ Inghilterra) del cui saggio medio la relazione ci offre in allegato un prospetto per il triennio 1874-76 dal quale risulta che di sette delle maggiori banche di Europa ') solo quella di Russia ha percetto un interesse che oscilla in media fra il 5 I|2 ed il 7 per cento ed è quindi maggiore di quello esistente fra noi.
Oltre a dover combattere contro una certa repu- gnanza che ha in Italia il capitale a dedicarsi alle industrie,— di cui per altro non è prova molto lumi nosa quella che la relazione attinge nell’elevatezza^ della somma di circa' 693 milioni che al 31 ottobre decorso era collocata presso gl’istituti che accettano depositi a risparmio in confronto alle lievi accumu lazioni della nostra ricchezza nazionale, — oltre a questa difficoltà gl’industriali italiani hanno da com battere contro a quella che deriva dalla quantità di capitali necessaria per istituire un nuovo stabilimento industriale, fra noi molto maggiore della quantità che si richiede allo stesso scopo in molti paesi esteri più avanzati nel progresso delle industrie. Ciò è dalla relazione posto in rilievo con molta evidenza ed è questo un fatto di cui più volte gli inglesi
dO febbraio 1878 L’ E C O N O M I S T A 85 hanno menato vanto nel constatarlo a loro favore in
confronto a paesi come la Francia e la Germania. La montatura degli stabilimenti costa a noi un 30 per 100 di più che in Inghilterra; le macchine si fanno venire di fuori, i motori e le trasmissioni generalmente dalla Svizzera o dall’Alsazia, gli assor timenti di filatura dall’Inghilterra, come pure i telai che si chiedono anche alla Germania e le spese di compra sono aggravate da quelle dell’imballaggio che da solo rappresenta un 10 per 100, dei dazi, dei noli, delle commissioni ecc. Se alle spese d’impianto che talvolta sono perfino di un 50 per 100 mag giori, si aggiunge la maggior elevatezza dell’ inte resse, si scorge che non è raro il caso che un opi ficio che da noi costa 1 milione e mezzo di primo stabilimento sia aggravato soltanto per interessi da una spesa annua di oltre 50 mila lire maggiore di quella che un opificio estero abbia da sopportare. Il combustibile che è una delle grandi spese è pagato in Italia almeno 20 scellini di più per tonnellata per le fabbriche che non sono lontane dal mare. L’ ammortizzamento del costo d’impianto si rende più difficile e gli apparecchi non possono esser rin- nuovati colla frequenza necessaria per tener dietro alle utili innovazioni che aumentano la produzione e ne economizzano il costo. La difficoltà di trovare sbocco al di là dei nostri confini costringe le indu strie ad una soverchia moltiplicazione dei lavori per supplire alla ristrettezza della clientela con una grande varietà di merci, sicché le officine producono mac chine di molte specie, le filande filati di molti nu meri, e spesso ancora succede che un’ industria si spinge oltre nel campo delle industrie affini ed il fabbricante di saponi produce le candele, il fon ditore di ghisa le macchine ed il filatore si de dica anche alla tessitura, all’imbiancatura e alla tin toria. 11 difetto di buoni direttori è anche un’ altra condizione delle più sfavorevoli, e non solo di diret tori generali dell’azienda, che conoscono a fondo nei più minuti dettagli il modo di condurla, ma altresì di direttori tecnici e di capi-operai, onde spesso fa mestieri farne veuire dall’estero con non lievi sagri c i e contentarsi nonostante di averne solo dei me diocri, poiché agli ottimi non conviene lo espatriare. Finalmente, per tacere di molti altri, di cui la re lazione fa parola, come la gravezza delle imposte, le oscillazioni del corso forzoso e le imperfezioni dei grandi meccanismi, degli scambi e delle comunica zioni, uno dei minori svantaggi a cui vanno soggette le nostre industrie proviene dall’ impossibilità di fare acquistare agli operai quella pratica, training, come dicono gl’inglesi che sola può dare ai loro sensi tale finezza di percezione e tale agilità ai loro muscoli da renderli veramente eccellenti nel lavoro che de vono compiere; queste doti non potendo acquistarsi senza una lunga abitudine non mai interrotta fino dall’età più giovanile, continuamente incitata dall’ e sempio altrui e da una educazione trasmessa di pa dre in figlio, alla quale da noi osta anche in gran parte, in confronto specialmente dell’Inghilterra e della Svizzera, l’obbligo della leva militare. Ed è per- ctò che in Italia il numero degli operai in ciascuna fabbrica in proporzione al numero ed all’importanza dei meccanismi è notevolmente superiore di quello che altrove si richieda. « In molti cotonifici italiani si contano 20,24 e 28 operai per animare mille fusi, e pochi son quelli che han potuto ridurre tal nu mero sotto i dieci; mentre in Francia ed in Svizzera
non se ne hanno che nove in media ed in Inghil terra cinque. Anzi in Inghilterra, siffatto numero tende ancora a diminuire.» Uguale esempio si riscontra nelle industrie tessili; in Italia non è generale l’ a bitudine a sorvegliare contemporaneamente due telai meccanici ed ogni telaio non produce in media più di 25 metri di tessuti grezzi di cotone al giorno, in Inghilterra ogni telaio ne produce oltre i 30 ed ogni operaio ne guarda quasi sempre tre e talvolta quat tro contemporaneamente.
Le condizioni vantaggiose di cui gode l’industria fra noi non sono molte di fronte a queste ad essa tanto pregiudicevoli. Vi è la facilità di poter ado- prar l’acqua come forza motrice, beneficio che la Svizzera possiede in assai maggior grado e che da noi non è continuo e richiede quasi sempre in al cuni periodi l’uso di una forza sussidiaria. Vi è il minor prezzo dei salari che non giunge il più delle volte a compensare la maggior quantità di mano doperà necessaria. Se molte delle cause d’inferiorità non fossero temporarie, vi sarebbe motivo a dubitare assai che l’Italia potesse competere coll’ estero sul campo delle industrie, ma intanto molte si avviano già ad un notevole miglioramento e presentano spe ranze assai più liete per l’avvenire.
È fuor di dubbio che le tariffe doganali regolatrici finora del nostro commercio internazionale hanno di fetti non lievi più volte accennati. Si è spesso segna lata la sperequazione tra i dazi delle materie prime e quelle dei prodotti; chi non conosce oramai l’esempio delle lime che pagano all’importazione 9 lire e 25 cent, il quintale mentre il dazio dell’acciaio greggio è di lire 13 83; quello delle tele d’imballaggio che pagano lire 10, mentre i filati di canapa e di lino ne pa gano 11 50, quello di molte macchine, dei vagoni e dei pianoforti, che pagano meno delle materie prime da cui sono formati ? Un altro imeonveniente non meno grave è quello che deriva dallo imperfetto assetto di alcuni dazi specifici per la mancanza di una conveniente e giudiziosa classificazione in modo che le qualità più grossolane ricevono in confronto alle più fini, una vera protezione. Così avviene pei filati di canapa e di lino che hanno un dazio unico di lire 11 50 il quintale, qualunque ne sia la finezza, così pei tessuti delle stesse materie che hanno un da zio di lire 57, sempreebè abbiano più di 6 fili di trama nel quadrato di 5 millimetri e quindi un dazio che è uguale tanto per le tele grossolane quanto per le batiste finissime, così pure pei tessuti di seta che di qualunque specie pagano sempre 3 lire ogni chilogrammo pei filati di cotone e per gli stampati e per moltissime altre merci.
L’ EC O N O M ISTA IO febbraio 1878 86
a cui i dazi sul valore lasciano aperta la via, a ci tare quello generalmente meno avvertito, ma non certo di meno calzante, costituito dalla mancanza del carattere di fissità nei dazi ad valorem, quando sia stato adottato il sistema di respingere od attenuar molto i dazi sulle materie prime. Il prodotto paga all’entrata anche sul valore della materia prima, non solo su quello della sua lavorazione, laonde quest ul timo avendo generalmente un carattere costante, mentre il prezzo della materia prima può subire al terazioni considerevolissime, ne consegue che le in dustrie nazionali ottengano una protezione non vo luta nò prevista dalla tariffa ed un incitamento ar tificiale alla produzione quando la materia prima vada rincarando. In riguardo poi alle diverse qualità di una stessa merce avviene che l’industria la quale si vale di materia prima più cara, quella per esempio dei tessuti di pura lana, ottiene una protezione che non ha quella che ne adopera una più vile, come 1
tessuti di lana con grande mescolanza di cotone. Giunta a questo punto la relazione si pone ad esa minare la questione se all’Italia convenisse meglio ab bracciare il sistema dei trattati o quello della tariffa generale autonoma. Essa mostra la prevalenza del primo sul secondo sistema facendo risaltare la sta bilità die i trattati conferiscono alle relazioni eco nomiche internazionali, stabilità di cui esse tanto si avvantaggiano, la probabilità che, essendo contempo raneamente dibattute le ragioni dei produttori e quelle dei consumatori, si venga ad un resultato più equo e più soddisfacente, la garanzia che offrono controle im provvise velleità sul genere di quella di cui ha recen temente dato esempio la Spagna e di quella che venne in mente qualche anno fa il sig. Thiers riguardo allo materie prime e che egli avrebbe effettuata se non fosse staio vincolato da convenzioni internazionali. Per 1 I- talia vi era anche un motivo speciale di più per adot tare il sistema dei trattati, perchè moltissimi dei pro dotti di cui lia massimamente a cuore lo smercio sono particolari al suo clima ed al suo suolo e non vi era da sperare che altri Stati potessero prendere l’inizia tiva di ottenere a questi vantaggiose condizioni di cui essa potesse profittare in grazia della clausola del trattamento della nazione più favorita. Noi non esi tiamo a schierarci francamente in favore di questa opinione.
Venendo quindi all’ esame del trattato stipulato con la Francia, la relazione comincia dal prendere in esame la parte testuale di esso e le modificazioni che presenta di fronte alla parte testuale di quello del 1863. Esse non sono di grande rilievo e toccheremo delle principali quando parleremo degli articoli della ta riffa che hanno connessione con esse. Ci limiteremo frattanto a deplorare altamente che mentre la Fran cia limitava i suoi dazi all’ uscita sopra gli stracci, la carta pesta ed i cani, l’ Italia, in opposizione ai più sani princìpi'! economici, abbia conservato una lunghissima lista di questi dazii; menzioneremo dipoi F art. 17 che chiarisce un punto di diritto industriale, prima incerto, determinando che il deposito delle marche di fabbrica ha carattere semplicemente di chiarativo e che quindi la contraffazione eseguita prima del deposito, non invalida i diritti del proprie tario contro gli autori di essa e I’ art. 16 che li mita soltanto alle merci menzionate nelle tariffe i vantaggi che una delle parti può trarre dai privilegi o dauli abbassamenti di dazio che siano accordati ad aura potenza. Il nostro Governo ha creduto po
tere accondiscendere a questo desiderio del governo francese, considerando che la tariffa italiana omette dì far menzione di oggetti di grande rilevanza, come gli zuccheri, i coloniali, i cereali ed il legname, mentre la tariffa generale francese è quasi intiera mente riprodotta nella tariffa convenzionale e com prende tutti gli articoli che sono oggetto di transa zioni di qualche importanza per l’ Italia, tranne i bastimenti pei quali la Francia voleva avere il brac cio libero, dacché sta studiando il regime della ma rina mercantile e stipulando un trattato coll’ Inghil terra. Ai bastimenti sarà opportunamente provveduto con la convenzione di navigazione; il dazio stipulato nel trattato del 1863 per la nazionalizzazione delle navi italiane in Francia è elevatissimo, (20 trancili la tonnellata) ma l’ Italia gode adesso del dazio di 2 franchi per tonnellata in virtù del trattato franco austriaco del 1866, il quale per altro è prossima a scadere, e lascerebbe alla Francia libertà d’ imporre gravemente le nostre navi, se prima della scadenza non vi si fosse provveduto.
I motivi suaccennati hanno consigliato la Francia a differire nel termine di un anno la stipulazione di un nuovo trattato di navigazione. Parleremo separa tamente a suo tempo delle complicate questioni che vi si connettono, come pure delle difficolta insorte nel regolare la pesca del pesce e del corallo e dei- fi accordo che si è provvisoriamente intorno ad esse conseguito, notiamo soltanto di passaggio che questo accordo, che è costato non poca fatica, e in virtù del quale « i pescatori italiani sulle coste francesi ed algerine del Mediterraneo godranno per la pesca del pesce e del corallo a partire dal primo gennaio 1880 del trattamento della nazione più favorita ri guardo a qualunque bandiera, non esclusa quella spagnuola » è divenuto, benché la relazione non lo dica, affatto illusorio, giacché la sola nazione che godesse di un trattamento privilegiato era appunto la Spagna, in forza delle antichissime convenzioni conosciute col nome di Patto di famiglia, ed essa, nell’ accomodamento intervenuto ii 18 dicembre de corso dietro le difficoltà insorte colla Francia sopra le questioni daziarie, ha rinunziato a questi privilegi. È tempo adesso che passiamo a vedere ciò che la relazione dice nell’ esaminare i singoli punti delle nuove tariffe, e questo faremo in un prossimo ar ticolo,
(continua)
Fumicazioni estere sopra materie economictie
Journal des Éconoinistes — 15 Janvier.
Il fascicolo del gennaio incomincia il primo
anno della quarta serie di questa importan
tissima pubblicazione, e a noi sembra inte
ressante il renderne brevemente conto ai no
stri lettori.
Col numero di dicembre il Journal des Eco-
nomistes ha terminato il suo 36° anno di vita,
10 febbraio 1878 L’ E C O N O M IS T A 87 e per la moltiplicità delle questioni che vi
sodo trattate sotto diversi aspetti e da diffe renti autori, sebbene la direzione
e
la reda zione possano a buon dritto Vantarsi di non avere mai disertato la bandiera deda scienza, che è quella della libertà.Dopo una breve rassegna del trascorso anno
1877 troviamo un quarto articolo del signor
De Molinart intorno alla evoluzione rconoinica
del secolo decimonono Esso tratta delie cause
che ritardano il progresso. Il chiarissimo au
tore riassume le conseguenze benefiche di
quella evi luzione uscita dalla grande industria,
la quale ha aumentato e diffuso il benessere
ed ha scemato la somma del lavoro necessario
per ottenerlo. Nondimeno il perfezionamento
del materia e e dei pr cedimenti tecnici della
produzione non è che uno degli elementi del
problema del miglioramento delle coudizioni
del maggior numero, e pur troppo si nota una
discordanza fra lo sviluppo dei mezzi di creare
la ricchezza e l’aumento di benessere effetti
vamente reai zzato ; indi il perdurare del pau
perismo su vasta scala. La graude industria
ha una origine recente ed O'ni progresso ge
nera del e crisi, il che si verifica specialmente
quando si tratta di sostituire la concorrenza
al monopolio. Al che vuoisi aggiungere 1’ a-
zione peiturbatrica dei mon«>poli che sussistono
sotto uu sistema di concorrenza. Osservazione
questa che a noi sembra giustissima e che a
noi pure è occorso più volte di fare quando
abbiamo udito il socialismo della cattedra in
vocale l’ intervento dello stato etico, perchè
trista era stata la prova del principio della
libera concorrenza spinto, al dire di quella
scuola, ai suoi ultimi limiti. Invero è strano
accusare l’ economia p litica, quale i discepoli
di Smith la professarono, di aver mancato alle
sue promesse, quando i suoi precetti sono così
spesso disconosciuti e quando la libertà è co
stretta a difendere palmo a palmo il terreno!
Il personale della produzione non ha pro
gredito C ime il materiale. La moltiplicazione
della ricchezza e lo sviluppo del benessere di
pendono anche dal buon impiego della ren
dita, e nel personale della produzione vi è
iusutìicienza intellettuale e morale. L’ econo
mia politica si accorda colla morale e l’intem
peranza e P incontinenza producono dannosi
effetti economici.
La conclusione si è ohe il progresso non si
può improvvisare. Le panacee socialiste sono
assurde come le teorie retrograde. Il progres
so non può conseguirsi che lentamente, e la
concorrenza è uno stimolo potente a conse
guirlo.
AH’importanto articolo del sig. De Molinrri
fa seguito uno studio sulla carità legale e sulla
legislazione inglese a questo riguardo, di quello
accurato e diligeute scrittore che è il signor
Ad. F. de Fontpertuis. Egli traccia la storia
della Poorlam;
tocca della legge di Elisabetta, e
dolio statuto di Giorgio II, del Gilbert’s Act,
delle W&' hhouses
e dei soccorsi a domicilio, della
inchiesta del 1832 e della r forma del 1834.
Spiega poi il meccanismo della organizzazione
attuale e i suoi effetti materiali e finanziarii.
Le conseguenze della carità legale sono l’au
mento delle nascite illegittime, il pervertimento
dei sentimenti naturali, la degradazione dei
caratteri. La carità legale e la legislazione
territoriale sono una doppia sorgente di pe
ricoli sociali.
Verità queste che ci sembra non possano
mettersi in dubbio. È a desiderarsi che la
Pooralm
venga nei modi più opportuni abolita,
poiché è certo che essa fomenta il male che
è destinata a combattere. Non si può poi im
pugnare che P ordinamento della proprietà ter
ritoriale in Inghilterra sia una delle cause più
potenti del pauperismo. Scrittori di vaglia ed
anco illustri membri della aristocrazia sipetono
da tempo che è una necessità rivedere le leggi
regolatrici della proprietà terriera, e favorirne
la divisione.
Dopo una breve nota sui monopoli naturali
del sig. Fauveau, si trova nel fascicolo di cui
è parola una accurata rivista delle principali
riviste economiche estere, dovuta alla penna
del chiarissimo economista Maurice Blak. A
questo proposito ci piace riferire che egli ri
corda con molta lode lo scritto — la questione
dei banchi in Italia
— dell’egregio prof. Tullio
Marteli", scritto che vide la prima volta la
luce nelle nostre colonne.
Vengono poi l'Histoire de la cuisson
di W ir-
chow e un discorso sulle contabilità occulte
,
del sig. Petiijeau procuratore generale alla
Corte dei Couti, un rapporto del ministro dei
lavori pubblici sulla utilità della classifica-
zione delle ferrovie in ferrovie d' interesse ge
nerale e locale, il resoconto della Società di
economia politica, di cui abbiamo giè tenuta
parola e una interessante bibliografia.
RIVISTA BIBLIOGRAFICA
Cesare Oliva — Elementi di Economia politica — Parma, 1877.
È la seconda edizione riveduta ed ampliata dall’au tore di un trattato elementare da lui dettato nel 1864 per la Biblioteca di operette utili. E veramente il li bro è molto atto allo scopo al quale fin dapprima era destinato, perchè la forma ne è eminentemente sem plice, piana, accessibile a chiunque non sia sfornito di ogni coltura, pregio questo singolarissimo in un libro popolare.*
Dicendo popolare, non intendiamo affermare che il metodo seguito non sia scientifico. L’ A. infatti dopo avere accennate le nozioni preliminari intorno alla Economia politica, divide il suo lavoro in quattro parti, trattando della produzione, della circolazione, della distribuzione e della consumazione della ric chezza, e l’ordine delle singole materie è logico e ra gionevole.
88 L’ E C O N O M I S T A 10 febbraio 1878 sono chiamate ricchezze naturali, mentre il carattere
di ricchezza nel senso economico non può trovarsi che nei beni limitati, i quali sono suscettibili di scambio; si distinguono il valore d'uso, di produzione e di cambio, mentre il primo non è altro che la utilità e il secondo il costo di produzione. E tanto meno ci pare esatto il dire che il valore di merito o di cambio ri sulta dalla differenza degli altri due valori, ed esiste solamente quando il primo, cioè il valore, d’uso, se condo l’opinione nostra è maggiore del secondo, cioè del valore di produzione. Ad onta di queste e di altre lievi vicende, il libro, lo ripetiamo, è buono ed utile. E non vogliamo tacere come il chiarissimo autore propugni costantemente le dottrine più liberali, me rito grande sempre e oggi tanto maggiore e che gli va dato senza restrizioni.
Del metodo e dei limiti della Economia politica
Questo argomento scientifico di sommo rilievo, fu svolto di recente dal'Chiarissimo professore Gerolamo Boceardo, preside dell’Istituto Nautico Superiore in Genova, quale prefazione al IV volume, Serie Terza della Biblioteca dell’Economista, pubblicata dall’Unione Tipogratico—Editrice, sotto la sua direzione.
Intorno ai metodi dell’Economia politica, designan dosi i suoi limiti, noi conosciamo quale e quanta parte è trattata nelle scuole, e quale e quanta parte si diffonde in volumi, in polemiche, in adunanze, svegliando nuovi pensieri che meritano di essere me ditati, e nuovi dubbi che meritano di essere elimi nali.
È veramente mirabile che il dottissimo Economi sta Italiano, Gerolamo Boceardo, autore di molte opere, molto-conosciute e molto lodate, abbia saputo e potuto nei compendi di una prefazione, sciegliere ed esporre i punti principalissimi del metodo e dei limiti della Economia Politica, con tale ordine, chia rezza, ed evidenza, che chi ha studiato e studia lo stesso argomento nei molti volumi di molti paesi trova i confronti di metodi penetrandovi in tutte le parti in esso compresi, arrivando alla meta di mas simo interesse perchè la scienza invece di retroce dere, progredisca ond’essere applicata bene in tutti i progressi sociali.
Il professore Boceardo nella prima parte della sua prefazione, espone tutte le obbiezioni che si son fatte e si fanno da nuovi Economisti, insistendo sugli er rori ripetuti, tali da essi creduti, che sorsero ed lian continuato e continuano nella scienza economica, ar rivando per ciò a dichiarare che non ha le qualità, e per ciò non merita il nome di Scienza. Poiché evvi un punto di partenza, entro il quale coincidono au tori di vario metodo, quello cioè della Storia stu diata rilevando i fatti nelle loro origini, e nei loro andamenti, gli avversari di Adamo Smith e de’suoi seguaci, insistono che i popoli organizzati politica- mente, variano di continuo nelle loro condizioni, e l’economia sociale deve per ciò com’esse e con esse mutare. E con tanti sviluppi d’idee e di parole, con cludono cosi: Istituzioni, leggi, diritto, costumi, ric chezza, ogni cosa differisce fra loro, e in rapporto delle loro variazioni.
La credenza in leggi naturali e universali, è com
battuta. La legge di armonia degl’interessi, é dichia rata falsa. Il professore Boceardo ha benissimo rias sunto quanti economisti di prim’ordine, a capo dei quali è Adamo Smith, raccolsero, studiarono e svol sero i fatti storici coi fatti economici. « La grande opera di Adamo Smith » (ecco alcune sue parole) « si scruti in tutte le sue parli, ed in buona fede « si dica se vi ha un solo dei problemi in essa di- « saminati, che del continuo non sia posto a riscon- « tro con le istituzioni, le vicende, le rivoluzioni « ricordate dalla storia dei popoli antichi e mo~ « derni. »
L’autore distintissimo della prefazione eh’ esami niamo, insieme ai tanti economisti, ha ricordato come e quanto si valse il celebre Malthus del metodo storico, nella sua opera indagatrice della teoria sulla popolazione. Malthus si è mantenuto fedele e costante ai principi generali della economia politica. Le in dagini su progressi, sui mutamenti, sulle deterio razioni dei popoli, dove la statistica bene informata e bene applicata, fa conoscere come, quanto, e perchè i principi economici vengono alterati, chi deve in segnare e chi deve imparare la scienza economica può giovarsi degli studi storici per allontanare le passioni e le alterazioni di quei nuovi economisti, i quali abbandonano i principi scientifici negli stessi fatti storici, concludendo erroneamente e malamente che trovansi alterati dai fatti i principii, e che se condo essi per ciò, non esistono, epperò non devono tenersi fermi e applicarsi. Tale andamento di cose invece di condurre ai progressi sociali, rovinerebbe non solo la scienza, ma le sue applicazioni, giacché seguendo i mutamenti che per tanti motivi sorgono nelle fasi sociali, se nelle disposizioni legislative det tate in conformità di quei mutamenti, vengono ab bandonati i principii scientifici, invece dell’ ordine che si accompagna a tutti i miglioramenti che si ot tengono coll’ applicazione dei principii medesimi, il rovescio di questi, rovescia insieme il miglioramento sociale.
Teniam fermo ciò che ha dichiarato il sommo economista Stuart-Mill nel volume secondo a pagina 477, della terza edizione System o f logie, « che una scienza non bastevole alla predizione, può essere preziosissima come guida. » Cairnes, distintissimo economista inglese, coincide così in tale pensiero, che agenti contemporanei, influenti sul corso di ciò che succede, non sono inclusi nelle premesse eco nomiche, che sono previsioni nón di avvenimenti, ma di tendenze. (Cairnes. Principii fondamentali di Economia politica.)
Se io potessi dimostrar bene quante ragioni svolge nella sua prefazione il chiarissimo professar Boc- cardo, per allontanare da noi gli errori e gl’ incon venienti che molti nuovi economisti mettono insieme abbandonando i migliori e più esatti principii della scienza, dovrei riprodur qui per intero i tanti pe riodi pubblicati che contengono in piena luce gli errori sui quali si cerca d’ insistere, e si vogliono propagare.
Poiché i mutamenti scientifici di economia poli tica, si trovano specialmente in varie cattedre di Università germaniche, non deve citarsi come ante cessore il professor Roscher, scienziato di prim’ or dine di quella Nazione.
IO febbraio 1878 L’ E C O N O M I S T A tutte le sue conseguenze, i molti economisti di pri-
in’ordine Inglesi, Francesi, Italiani, iniziatori tutti della scienza economica, furono sostenitori di dot trine indipendenti dalle polìtiche divisioni dei po poli, ed applicabili al genere umano di tutti i tempi e di tutti i paesi.
Senza potere tener dietro a tutti i dettagli che insieme ad altri scritti dottissimi, l’autore della pre fazione ora da noi esaminata, ha estratto insieme agli errori che giova combattere, i pregi del vero e sapiente metodo storico, arriva a questa parte espressa in modo esplicito ed esatto che amo ri petere.
« Ciò che crediamo assolutamente erroneo, è il « modo col quale si è voluto ai dì nostri intendere « ed applicare da taluni alla scienza economica il « metodo storico : ciò che consideriamo come pret- « tamente assurdo e sofistico, è la negazione delle « leggi economiche, assunta qual punto di partenza « delle nuove scuole; e non esiteremmo unistante « a deplorare siccome una grande sventura nazio- « naie se questa maniera di concepire 1’ economia « politica ed i suoi metodi dovesse prevalere nel « nostro paese. »
Le molte querele degli avversarii dell’ economia politica contro le leggi naturali e universali, si esten dono per combattere quella armonia degli interessi, e ne accusano principalmente cornine erroneo l’eco nomista Federico Bastiat, dimenticando, o volendo nascondere, che lo stesso celebre autore distinse gli interessi legittimi dagli illegittimi, dimostrando sulla via della morale, che i soli interessi legittimi devono essere e sono in armonia fra loro nella sequela dei fatti economici che si succedono, cessando la legge medesima di armonia, quando passano nelle parti illegittime. Perchè mai in accusa del grande autore economico Francese, si confondono gl’ interessi fra loro, quando producono una dissonanza prevista e dichiarata da Federico Bastiat, che altera la legge di armonia, e più non esiste se gl’interessi legittimi progredendo al di fuori delle leggi che li qualificano e li sostengono, disarmonizzano diventando illegittimi.
A che arrivano gli economisti i quali negano l’ar monia degl’ interessi, confondendo i legittimi cogli illegittimi ? È molto bene riassunto dal chiarissimo professore Boccardo, con queste parole : le nuove dottrine muovono apertamente, dichiaratamente dal l’affermazione del naturale antagonismo degl’ inte • ressi per arrivare alla conclusione della necessità di uno Stato onnipotente, correttore sovrano della na tura.
Mentre la concorrenza deve essere studiala, pro mossa, considerata come legge naturale dei progressi economici, dai novatori della scienza è creduta una forma umana economica di lotta brutale in tutto il mondo vivente, giungendo alla vittoria il più forte. Lasciato libero lo scambio dei servigi, credon e di chiarano i novatori che la minoranza dei cambisti diventa ricca, e la maggioranza diventa povera.
Noi conosciamo la serie degli errori e dei danni compresi in questa deviazione della scienza econo mica, e l’ autore ottimo della prefazione che cer chiamo di esporre nei suoi punti principali, trova i modi di ompendiare in brevi cenni i riassunti delle verità scientiliche, le quali opportunamente e util mente distruggono le parti erronee che lasciando in abbandono le parti vere, devono queste essere so vrapposte e mantenute per la teoria e la pratica.
89 Poiché della parte storica è eccitato lo studio an che dagli economisti innovatori, in tanti luoghi del mondo civile, colla serie dei tempi son dimostrati gli effetti proficui e crescenti, col crescere della con correnza e dei capitali, in confronto dei luoghi e dei tempi dove la concorrenza vien meno, e scemano i capitali.
Da questo argomento della concorrenza degli scambi dei capitali, l’autore prof. Boccardo, accen nando alle condizioni necessarie affinchè il capitale possa nascere, crescere, cumularsi, determinandosi con sopravanzo di produzione sul consumo, con ma nifesto vantaggio anche dei lavoratori, le condizioni volute e che esistono sono altrettante leggi econo miche, e benissimo accenna il nostro autore che il celebre Romagnosi, le opere encomiate del quale più si studiano e più si diffondono quanto più crescono le parti politiche amministrative e della giurispru denza nelle società civili, segnalò le condizioni di sicurezza, di fiducia e di rispetto nelle legittime aspettative.
È di recente che il distinto professore di mate matica e di filosofia, cav. Stiattesi, insieme ai molti scrittori della vita, degli studi, degl'impieghi c delle opere di Romagnosi, ne ha composta e pubblicata la notizia storico-biografica, mettendo in rilievo come e quanto penetrò negli studi matematici, i quali giovano all’ ordinamento di tutti i pensieri per tutte le scienze.
Fra le tante ragioni scientifiche scelte ed esposte con parole d’intera evidenza dal prof. Boccardo nella sua prefazione, progredendo in tutte le idee degli economisti oppositori, ne distrugge ad una ad una le erroneità loro, comparandole alle verità scientifi che sorte dalle origini migliori della economia poli tica, coll’ ampliarsi la loro essenza nelle osservazioni di fatti storici, mettendosi egli lontano e contrario a quanto ora s’ insegna nelle cattedre socialistiche, che spetta alla potenza dello stato governativo di migliorare le condizioni delle classi inferiori sociali, creando un livello forzato coll’ elevar queste e far discendere le superiori, alterando per questo scopo sociale i resultati economici ottenuti colla libertà e coll’ attività individuale.
Amiamo su questo argomento gravissimo, ripro durre testualmente un periodo della prefazione da noi studiata ed encomiata.
« Nell’ universale movimento che da un capo al- « l’altro del mondo civile, agita e preme le classi « più povere e più numerose, regna e splende do- « minante un concetto onde si allieta e consola « l’ economista, il filosofo, l’ onest’ uomo. La bor- « ghesia ha compiuto nell’epoca moderna una grande « rivoluzione, atterrando il vecchio ed informe edi- « ficio feudale e clericale, ed instaurando una nuova « vita civile, la cui essenza è la libertà: la libertà « del lavoro, libertà del pensiero, libertà della co- « scienza, libertà del perfezionamento materiale, in- « tellettuale e morale. Questa medesima rivoluzione « tende ora a compiere I’ opera sua e ad ampliarsi <■ a più vasto orizzonte, a benefizio delle plebi, le « quali aspirano energicamente anch’ esse ad assi- « dersi al banchetto preparato dai loro primi nati « fratelli. »
90 L’ E C O N O M IS T A IO febbraio 1878 degli urti per combattere la scienza vera economica,
ed alterarne I’ applicazione, è molto utile e lodevole lo studio delle evoluzioni economiche nel nostro se colo, comparabili anche a quelle delle scienze fi siche.
Ricordiamo che mentre Adamo Smith e i fisio- cratici francesi discutevano il problema fondamentale sulla ricchezza e sulle fonti effettuatesi della stessa, era parallela di tempi e di casi 1’ altra discussione sul fondamentale problema chimico della combustione, fra i seguaci di Sthal in Inghilterra, e gli altri di Lavoisier in Francia. Altre quistioni e più recenti di scienza chimica esistono sulla costituzione mole colare dei corpi.
Mentre ricordiamo i dubbi economici sorti nella mente elevata del Sismondi, sui danni crescenti per le invenzioni ed applicazioni di macchine nelle in dustrie popolari è molto conveniente ed utile nume rare ed analizzare i progressi di scoperte meccani che nelle quali si raccolgono e si applicano in masse straordinarie l’ insieme di forze fisiche naturali, e mentre temporaneamente escludono in varie parti quelle degli operai, aumentano le quantità di prodotti che costano meno, giovando così a vantaggio cre scente delle classi inferiori del popolo.
In tali e tanti intermedi, f errore più grave e più funesto, è di combattere l’ economia politica e le sue applicazioni, danneggiando, invece di giovare le stesse classi inleriori sociali, che retrocederebbero come furono nei tempi de’ secoli scorsi.
Quando alle scritture manuali, con moltiplicità di copie necessarie, che facevano guadagnare agli scrit tori copisti dei compensi di danaro, furono sostituite le stampe dopo la scoperta del genio di Gutenberg, doveva succedere e successe la diminuzione tempo ranea di guadagno ai copisti, mentre moltiplicatesi la formazione di caratteri metallici, e quella di tor chi da stampa, furono chiamati ai relativi lavori in numero senza eonlronto superiore, varie serie dì operai, nè questo bene fu solo, senza indagare tutte le conseguenze economiche, moltiplicate con diffu sione crescente di lucri, dobbiam ricordare come repentinanente si espressero i pensieri di tutte le arti e di tutte le scienze col mezzo della stampa.
Mentre nelle evoluzioni economiche, le grandi in dustrie crescono e si diffondono, senza annullare le piccole, che in certi rami di produzione continuano adoperandosi anche l’operaio per certe frazioni coin cidenti col complesso del prodotto a cui le grandi industrie si dedicano, analizzando tutto il corso eco nomico di questi svolgimenti di grande interesse, constatiamo che mentre le forze della natura su bentrano alle muscolari dell’ uomo,, l’aumento delle torzo intellettuali e morali devono elevarsi in oriz zonte più vasto e supremo, dove è indispensabile che 1’ educazione e l ' istruzione produca i progressi della mente umana anche nelle classi sociali infe riori.
Analizzando ogni parte necessaria affinchè le forze intellettuali e morali salgano al grado necessario in rapporto a quelle della natura raccolte ed impiegate in tanta vastità e potenza di effetti coi nuovi trovati di scienze fisiche, chimiche, meccaniche, nei grandi prodotti delle grandi industrie, bisogna fermarsi col pensiero e colle riflessioni, riconoscendo che le isti tuzioni sociali devono cooperare per ottenere l’equi librio di questi mezzi fisici e morali, senza il quale nascono delle differenze derivanti dalle evoluzioni
economiche e non dagli errori della scienza, a cui ricorrono i suoi avversari adducendo dei fatti storici derivati da quelle stesse evoluzioni con difetti di parti del tutto estrinseche alla Economia politica.
Progredendo in questi pensieri, mi piace di ripe tere le seguenti parole dell’autore Boccardo.
« Tutte le leggi della natura, sono leggi di ten- « denza, in questo senso, che l’operazione di cia- « scuui di queste leggi è variamente modificata dalla « operazione di altre leggi concomitanti. »
Non potendo in un solo articolo di giornale tener dietro ai tanti pensieri scientificamente riuniti in brevi ma esatti periodi dal dottissimo autore nella sua prefazione, ci limitiamo a ripetere l’analisi molto bene svolta della distinzione tra l’econom a pure e I’ economia applicate delle scuole novatrici, negata la esistenza di leggi naturali economiche si torna al concetto di un’ economia nazionale, invece dell’uni versale, ed è molto strano che mentre con tutte le scoperte delle scienze, crescono in modo potentis simo i mezzi di far corrispondere i popoli valida mente e celeremente fra loro, si abbassi l’applicazione della scienza economica in modo da far retrocedere le nazioni separandone i rapporti delle loro produzioni e dei loro commerci.
Amiamo in questo punto ripetere co! dottissimo prof. Boccardo, che il principio supremo della libera con correnza, dev’essere dichiarata legge-sanzione di tutte le altre leggi economiche.
Vi è una parte trattata e svolta dall’economista prof. Boccardo in uno scritto speciale che interessa di essere studiata in molti rapporti, ed è quella in torno alle leggi biologiche nella Economia politica.
Seguendo ed ultimando un altro concetto fra quelli ordinati e svolti nell’andamento della prefazione ch’e saminiamo, si giunge ad una parte del metodo sul quale molto si è scritto e si scrive, alla distinzione Ira quello induttivo e quello deduttivo; essendovi innovatori per rapporti anche filosofici, persuasi e desiderosi di persuadere che il metodo induttivo dev’essere isolato escludendo l’altro di deduzione.
Senza esporre le molte e valide ragioni dall’au tore accennate nella sua relazione, ci piace di ri produrre coni’ ha concluso su questo argomento in teressantissimo. Ecco le sue precise parole a cui è arrivato: « In ordine alla speciale questione della « quale nel presente scritto intendevamo occuparci, « crediamo di aver dimostrato che al metodo sto- « rico-iuduttivo, ottimo e necessario per fornire la « materia prima sulla quale la scienza economica « elabora le sue leggi, debba andar sempre di pari « passo compagno il metodo deduttivo, per abbrac ci ciare il campo intero sul quale si estende l’ im- « pero delle leggi medesime.
È molto utile che nei giornali scientifici siano ri petuti i pensieri dei dotti che li svolgono negli scritti i quali li comprendono con tutti i dettagli che fanno salire e mantenere le menti dei lettori alle parti su preme e più interessanti delle scienze. E siccome nei tempi nostri vi sono giornali che cercano di diffondere le opposizioni nate contro la vera scienza economica, è proprio un dovere coscienzioso di pro curare che vengano dimostrati nelle stampe gli er rori, i quali coll’applicazione della scienza medesima, possono produrre i- mah che subiti dalle società, si aumentano con suo regresso e con suo danno uni versale.