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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.05 (1878) n.199, 24 febbraio

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L'ECONOMISTA

GAZZETTA S E T T I M A N A L E

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI

Anno V - Voi. IX

Domenica 24 febbraio 1878

N. 198

La Commissione d’M iesta sngii Scioperi

Con reale decreto del 5 febbraio 1878, a propo­ sta dell’ on. Ministro dello Interno è stata istituita una commissione d’ inchiesta sugli scioperi La re­ lazione che precede il decreto osserva che gli scioperi sono una malattia sociale, che conviene riconoscere e curare, e che se in Italia dove le agglomerazioni degli operai sono poche e rare il male è minore, pure non può dirsi che non esista, testimoni i re­ centi scioperi specialmente nel biellese. Ciò costitui­ sce una perturbazione economica e un pericolo del­ l’ordine pubblico, e un governo civile deve temperare per quanto si può le asprezze di questa lotta, nella quale il torto non è sempre dei non abbienti. Le pene non sono rimedio sufficiente, bisogna investi­ gare le cause, ricercare i termini di un equo com­ ponimento e _ristabilire le armonie fra capitale e lavoro. I privati fecero dei tentativi, il governo, rispettando la libertà, potrebbe completarne l’opera.

Tale è il concetto che informa la proposta mini­ steriale. Noi non biasimiamo in massima l’ idea di una commissiono d’ inchiesta sugli scioperi, per quanto ci sembri difficile che arrivi a qualche serio risultato ; ma attraverso i termini assai vaghi della relazione ci sembra scorgere che 1’ onorevole mini­ stro non si è formato della questione un concetto abbastanza esatto e che forse vagheggia una solu­ zione che non sapremmo approvare. Egli dice che gli scioperi danno materia a provvedimenti penali quando per concerti colpevoli prendono la forma di reato, ma bisognerebbe ben definire il concerto col­ pevole, e a questo proposito invochiamo che alla fine la legge criminale abolisca le ingiuste disposi­ zioni vigenti là dove specialmente avvengono gli scioperi, che dì per sè e come tali non sono mai un reato, ma 1’ esercizio di un diritto, a parte le loro conseguenze economiche. E questo è veramente quello che deve fare il Governo, che ha lo stretto obbligo di tutelare del pari i diritti del capitale e quelli del lavoro. Ma noi non vediamo che cosa possa fare direttamente per ristabilire l’ armonia fra di loro, e ci pare pericoloso I'annunziare cotesta spe­ ranza, fomentando delle illusioni. I privati hanno potuto fare qualche cosa coll’ arbitralo, ma l’ arbi­ trato perderebbe ogni valore se si imponesse per legge, la quale potrebbe solo utilmente regolarne gli effetti quando fosse liberamente accettato.

Ripetiamo dunque che uno studio delle cause degli scioperi ci pare utile, ma che è bene fino da questo ’ momento ridurre il compito della Commissione ai suoi limiti naturali, e astenersi dal fare promesse che non sono attuabili.

Il Trattato di Commercio Italo-francese

(Continuazione vedi n. 198)

Procedendo oltre nell’ intrapreso cammino c’ in­ contriamo nella quinta categoria che è quella dei « Pesci. » L’ industria della pesca è assai importante in Italia, ma i suoi prodotti sono in gran parte con- ! sumati all’ interno e l’importazione si manifesta molto maggiore dell’ esportazione (dai 18 ai 20 milioni di lire la prima negli ultimi 4 anni e da 2 a 2 1(2 milioni la seconda) *) non solo pel pesce fresco di cui tanto P una quanto l’altra sono di poco momento, ma spe- ! cialmente per quello secco e affumicato e per quello j salalo. Quest’ ultima voce ha subito nella nuova ta- siffa un notevole rialzo essendole conferito indistin­ tamente il dazio di lire 0 al quintale mentre finora le acciughe, sardelle, scorarne etc. non pagavano che centesimi 25 e 1’ altro pesce salato lire 4 60. Il pesce

secco e affumicato pagherà lire 5 invece di 4.60,

quello conservato all’ olio continuerà a pagare L. 10, e di più è stata aggiunta alla tariffa la voce dei pesci

conservati in scatole che pagheranno sempre lire 10

anche se non siano all’ olio e quella del caviale e

altre uova di pesci preparati come Iepottarghe che

ne pagheranno 30 e subiranno quindi una elevazione del triplo. La Francia mantiene gli antichi dazi tranne pel pesce fresco che porta da lire 10 a lire 5 van­ taggio che non ha grande rilievo attesa la poca im­ portanza dalla sua esportazioue.

Nella categoria del « Bestiame » vediamo portato da lire 6 a lire 20 il dazio d’ entrata sui cavalli da 3 a 6, quello sui muli e da 0.50 a 1.50, quello sugli

asini conservando la Francia il regime attuale. Fra

gli animali di'razza equina (vorremmo tacerlo per non dare occasione ad epigrammi di cattivo genere) per questi ultimi soltanto l’ esportazione supera l’im­ portazione che è di gran lunga maggiore alla prima per tutti gli altri. La maggior esportazione per va­ lore (21,685,000 lire nel 1876) ed anche per nu­ mero, se si eccettuano le capre e i caproni, ha luogo sopra i bovi e i tori il cui dazio è stato mantenuto i in Francia di 3 fr. 60 cent, per capo, mentre è stato portato in Italia da lire 15 a lire 18. 1 vitelli pa- | gano in Francia 30 cent, e da noi pagheranno 3 lire invece di 2.30 I torelli e i giovenchi che come le

vacche pagano in Francia 1 fr. e cent. 20 paghe­

ranno da noi 6 lire per capo invece di 5 i primi e di 5. 77 i secondi, per le vacche rimanendo immu­ tato il diritto di lire 7.50. Per il minuto bestiame cioè per gli animali di razza suina ovina e caprina

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114 L’ E C O N O M I S T A 24 febbraio 1878 rimane inalteralo in Francia il presente trattamento

mentre in Italia subiscono tutti un piccolo aumento di 20 centesimi, togliendo con ciò 1' esenzione alle razze ovina e, caprina.

Scendendo alla settima categoria, la relazione con­ sidera sotto colori assai rosei lo sviluppo dell’ indu­ stria delle « pelli » in Italia specialmente quella della conciatura delie pelli di grossi animali e quella della fabbricazione dei guanti. La vecchia tariffa presen­ tava in questa categoria vari difetti, provenienti dalla complicata e viziosa classificazione di alcune merci, a cui la nuova si è studiata di riparare e ne meriterebbe lode se non offuscasse questo merito con una ele­ vazione non indifferente di quasi tutte le voci della classe. Solo i marrocchini, la cui importazione non è rilevante, e che servono di materia prima a molte industrie paesane, ottengono una diminuzione nel dazio portato dalle 80 alle 60 lire. Si è distinto meglio la concia dalla coriatura delle pelli ; distinzione che volea fare la tariffa attuale, sebbene assoggettasse tanto le pelli conciate quanto quelle che dopo la concia venivano coviate allo stesso dazio di lire 15 il quiptale, ma per la quale adoperava termini del tutto impropri, e mantenendo il dazio antico per le prime, si è eierato a lire 20 il dazio delle pelli co- riate che hanno maggior valore. Si è tolta la voce di pelli di montone che dopo la concia si confondono con quelle di capra e quella di pelli di agnello e

capretto p e r guanti, poiché i guanti si fabbricano

anche di pelli di montone e particolarmente di pic­ colo vitello, oltreché le pelli da guanti servono anche a parecchie altre industrie e sembrò utile fonderle tutte nella voce delle pelli conciate e cariate di ogni

specie. Mantenute esenti Ia pelli crude verdi e secche

si è leggermente elevato il dazio delle pelli crude per

pelliccerie portandolo da lire 4.60 a lire 5 il quintale,

ma si è aggravala assai più la mano sopra \e pelli con­

ciate per pelliccerie portate indistintamente a lire 20

invece di lire ld.50 che pagavano finora, poche es­ sendo quelle che venivano importate nelle voci sog­ gette al dazio di lire 16.85 e 33.75. Le pelli verni­

ciate si sono portate da 80 ad 85, a quelle tagliate

in striscie fu stabilito un aumento del 10 per cento sul dazio della materia prima di cui sono composte. Pei manicotti ed i lavori in pelliccie fu elevato il dazio da lire 4.60 a lire 6 e da lire 2.30 a lire 3, secondo che si tratti di pelliccerie fini od ordinarie, i manicotti pagando a capi e gli altri: lavori a chilo­ grammi. L’ industria del pellicciaio si trova cosi sin­ golarmente protetta poiché mentre le pelliccie sciolte pagheranno come abbiam visto lire 20 il quintale, quando esse siano acconciate ad oggetti che servono di abbigliamento ne pagheranno 600 o 300 secondo la qualità.

La fabbricazione dei guanti di pelle presenta con­ dizioni assai soddisfacenti : le nostre statistiche segnano un esportazione di lire 3,414,000 nel 1876 di fronte ad una importazione di 43,400, le statistiche fran­ cesi del 1875 segnando a oltre 10 milioni il valore dei guanti italiani in semplice transito e riesportati per la maggior parte in Inghilterra e in America. Pei guanti che pagano adesso il 5

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del valore il governo italiano si è riserbato la facoltà d’ imporre un dazio di 10 centesimi il paio o di adottare gli stessi dazi stabiliti in Francia che variano da i franco a 2,20 la dozzina secondo la qualità. Lievi modifi­ cazioni sono state introdotte ai dazi delle calzature

di pelle o delle valigli di cuoio su cui non ci

fer-meremo ; pei Lavori diversi in pelle non nominati essendosi portato il dazio da lire 50 a 60 il quintale.

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2 4 febbraio 1878 L’ E C O N O M IS T A ria pagar più di 16 lire. È un aggravamento non

indifferente, ma pur nonostante rimane sempre al di sotto del dazio francese che va dai 15 agli 80 franchi, per le uguali finezze e stabilisce poi altre classi per fili di finezza superiore che noi non im­ partiamo il cui dazio è spinto fino ai 200 franchi.

I filati imbiancati che finora andavan confusi con

crudi venivano a pagare meno di questi, nonostante il maggior valore, poiché in virtù dell’ imbianca­ tura subiscono una diminuzione di peso, e d’ ora innanzi è stato provveduto che cessi questa ano­ malia assoggettandole ad un dazio sempre maggiore del 30 per cento di quello dei filati crudi. Come pure i filati ritorti pagheranno un 30 per cento di più dei crudi o degli inbiancati di cui sono com­ posti mentre finora pagavano il doppio sebbene non avessero il doppio valore.

Relativamente ai tessuti (importaz. 30 mila quin­ tali circa, esportaz. 6 mila) si è adoperato un si­ stema analogo cercando di stabilire una certa cor­ rispondenza fra essi ed i filati che li compongono ed evitando lo sconcio sussistito fin qui delle tele da imballaggio che pagavano meno della materia adoperata ad intesserle. Questi tessuti sono stati di­ stinti anch’ essi in sette categorie secondo il numero di fili di orditura e di trama che contengono nel quadrato di 3 millimetri di lato; non di orditura soltanto come era disposto nell’antica tariffa fran­ cese, il che lasciava modo a frodare l’erario facendo tessuti di grossezza media con trama finissima ed orditura ordinaria. Il dazio sopra queste sette classi è stato graduato fra lire 18 e lire 90 il quintale, in modo che la differenza fra quello del tessuto e quello dei filati che possono entrare a comporlo vada in media sempre aumentando coll’ elevarsi della classe. II dazio della vigente tariffa è di li­ re 23.10 o 57.75 secondo che i tessuti abbiano meno o più di 6 fili di orditura nel quadrato di cinque millimetri, le tele da imballaggio (voce che da luogo a continui dubbi) pagando solo lire 10. Fu inoltre stabilito nella nuova tariffa una classe speciale della tela da vela che essendo di un tes­ suto molto compatto si riconosce a prima giunta dal peso e che pagherà lire 32. Anche in questo caso sebbene ci sembri altamente biasimevole il non aver trovato il modo di discendere al di sotto del dazio di 18 lire per le tele più grossolane, e seb­ bene gli aggravamenti introdotti nel nuovo trattato | siano fortissimi, essi pur nonostante si mantengono sempre assai al di sotto della misura della tariffa fran­ cese che, fatta eccezione delle tele da imballaggio di canapa tassate a 5 franchi, gradua sopra un numero di categorie corrispondenti a quelle della tariffa italiana un dazio da franchi 28 ai 115 e lo spingono quindi con successive categorie di prodotti più fini fino a 315 franchi. Anche pei tessuti come j per filati è stata fatta la distinzione fra i crudi e ! gli imbiancati questi ultimi soggiacendo ad un au­ mento di dazio del 30 per cento; i tinti che han poca importanza soggiaciono ad un aumento fisso di 30 lire il quintale, gli s'ampati di 50 sopra il dazio degli imbiancati. Le tele incerate pagheranno lire 20 il quintale quelle per pavimento, e lire 40 le più fini; finora orano tassate al 10 per cento sul valore, e il nuovo dazio rappresenta una leg­ gera diminuzione ; sono cosi rari questi casi che bisogna affrettarsi a notarli od a rintracciarli anco quando come in questo la relazione non lo men- j

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ziona. La maglieria e i nastri e bottoni pagheranno invece di lire 90, lire 100 la prima e 120 i se­ condi il quintale; i p iz z i e i tulli 30 invece di 9.25 il chilogramma, non avendo oltrepassato quel limite se non che per tema del contrabbando. Pei cordami e le reti di cui esistono sole tre fabbriche che fac­ ciano uso di macchine, due a Genova e quella go­ vernativa di Castellammare, è stato mantenuto il regime attuale. Per tutta questa categoria è stato rimesso per altro in facoltà del governo italiano lo adottare le modificazioni suesposte, ovvero ritornare al regime attualmente in vigore, mantenendo ferma per altro la soppresione della voce « tele da imbal­ laggio » col dazio di lire 10, onde il dazio infimo sopra i tessuti sarebbe quello di lire 23.10 e non ricom­ parirebbe la temuta sperequazione di dazio fra questi ed i filati. La Francia conservando come già ab­ biamo accennato la voce « tele da imballaggio di canapa » col mite dazio di 5 franchi e facendo pei tessuti di iute una categoria separata il cui dazio non scende al di sotto di ÌO franchi e va fino a 24 pei soli tessuti crudi, favorisce in modo degno di esser notata l’importazione delle tele che noi fab­ brichiamo con la canapa.

L’industria del « cotone » a cui si riferisce la nona categoria dei nostri prospetti doganali è tra le più ragguardevoli che siano tra noi c la relazione cal­ cola ch’essa impieghi oltre 80,000 operai. Si valuta pure a circa 700,000 il numero dei fusi in eserci­ zio per la filatura dei cotoni; è un discreto numero che non fa per altro molta figura di fronte ai 40,000,000 dell’ Inghilterra, ai 10,000,000 degli Stati-Uniti, ai 5,200,000 della Francia e altrettanti della Germania. La coltura del cotone è diminuita fra noi ngl 1873 a circa un terzo di quello che era nel 1864 poiché il ribasso dei prezzi avvenuto dopo quell’anno rende questa coltura poco remuneratrice. La materia prima, non importa dirlo, va esente da dazio. Riguardo ai filati la relazione riconosce e spiega la necessità di una migliore classificazione di quella della tariffa vigente e 1’ opportunità di una elevazione dei dazi poiché essa dice « è interesse della finanza di portare gli aumenti in quelle parti della tariffa nelle quali non può temere che esse de­ primano o danneggino il commercio » e le importa­ zioni dei filati di cotone hanno preso un tale svi­ luppo in questi ultimi anni da non lasciar luogo a temere che un aumento di dazi possa arrestarlo.

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116 L’ E C O N O M I S T A 24 febbraio 1878 greggi senza distinzione di numero sistema originato

dalla veduta di favorire l’industria tessile, special- mente casalinga protetta da dazi doganali elevatis­ simi, quando il paese era sprovvisto di filature. La graduazione del dazio dei filati corrisponderebbe alle esigenze del'a giustizia e della buona economia se si fossero repartite sopra un maggior numero di catego­ rie gli stessi dazi esistenti alleggerendo le più basse ed aggravando le più elevate, e non si fosse, come si è fatto, presa a pretesto per aggravarle tutte esuberan­ temente. La prima classe pei filati crudi nella nuova tariffa è rimasta qual’ era, vale a dire fino al numero 20 (numerazione francese) ’) e su questa si è portato il dazio da lire lo a lire 18 il quintale. Dal numero 20 al numero 60 si sono stabilite quattro classi che aumentano progressivamente dal dazio di lire 24 a quello di lire 48, al di là del numero 60 di cui la importazione è fra noi insignificante si è stabilito il dazio di lire 60. Con la tariffa vigente gli stessi filati dal numero 20 al numero 30 pagano lire 20 e dal numero 30 in su lire 25. Il dazio stabilito nella nuova tariffa è all’incirca quello della tariffa fran­ cese la quale peraltro continua a progredire nelle sue classificazioni oltre il numero 60 fino al 170 con un dazio che raggiunge gradatamente i 300 franchi. I

filati imbiancati pagheranno il 45 per 400 di più di

quelli crudi ; finora essi erario compresi in una sola categoria col dazio fisso di lire 34,65 il quintale, ciò che costituiva una protezione assai rilevante per la imbiancatura a cagione dell’ enorme differenza che correva fra questo dazio e quello di lire 15 pagato dai filati crudi più grossi. I filati tinti che pagavano sempre lo stesso dazio di lire 34,65 pagheranno d’ora innanzi lire 25 in più del filato greggio del n u ­ mero a cui appartengono. I filati ritorti pagheranno di più un 30 per 100 invece del dazio unico a cui andavano soggetti finora di lire 28,85 se crudi e di 34,65 se imbiancati o tinti. Finalmente è stata ag­ giunta la nuova voce di Catene ordite (Warps) la cui preparazione da luogo ad una lavorazione spe­ ciale che pagheranno un aumento di dazio del lo per 100.

Riguardo ai tessuti di cotone (importazione 424,695 tonnellate, esportazione 3,215 tonnellate, nel 1876) la cui industria non ha ancora che piccolo sviluppo fra noi, che ha un corredo assai scarso di telai automatici e riuniti negli opificii (si calcola approssimativamente a circa 13,000 in tutto il regno il numero dei telai meccanici) e deve lottare anche contro l’ insufficiente avanzamento dell’ arte tintoria, la quale presenta per altro da alcuni anni segni di notevole miglioramento ; riguardo a questi tessuti diciamo si è pure provveduto a ciò che siano proporzionati i nuovi dazi a quelli dei filati da cui sono composti e sono stati distinti in sei classi con un doppio criterio secondo che abbiano un certo peso in 100 metri quadrati e secondo che con questo peso oltrepassino o non raggiungano un certo numero di fili di orditura e di trama nel quadrato di 5 millimetri di lato; la finezza del filato essendo evi­ dentemente in ragione inversa del peso e in ragione diretta del numero dei fili contenuto in una data

su-l) E noto che la numerazione dei filati si fa mi­ surando la lunghezza del filo che ha un determinato peso; nella numerazione francese pei filati di cotone il numero 20 indica il filo che ha una lunghezza di 20.000 metri ogni mezzo chilogrammo il numero 30 30.000 metri e cosi di seguito.

perficie. Fra queste sei classi fu repartito un dazio che parte dalle lire 52 il quintale per le più grosse e giunge alle lire 90 per le più fini e la differenza fra il dazio dei tessuti e quello dei filati che possono entrare a comporlo va anche qui sempre aumentando col l’ele­ varsi della classe. La vigente tariffa divideva in sole due classi i tessuti di cotone col dazio di 50 lire il quintale per quella che comprendeva le più grossolane e di 65 per 1’ altra. 1 nuovi dazi non si discostano molto da quelli della tariffa francese che ha per altro anche qui una classifieazione più complicata e si spinge assai più oltre pei tessuti più fini. Pei tessuti im ­

biancati verrà aggiunto il 15 per cento, pei tinti un

aumento fisso di 30 lire invece del dazio unico di lire 90 che li colpiva indistintamente, per gli stampati un aumento pure fisso di 50 lire invece del dazio di 115.50 attuale. Alle tele incerate è stata fatta una con­ dizione assai mite (lire 40 per le più fini) e si è quindi rinnuovato, se non andiamo errati, per questa indu­ stria l’ inconveniente della sperequazione fra il pro­ dotto e la materia prima che si è con tanta csten- tazione deplorata in altri casi. Nuova prova tante volte ripetuta dagli economisti che il legislatore quando mette mano a rialzare una tariffa non sa mai a qual limite potrà arrestarsi. Hanno subito au­ menti i tessuti ricamati, i tulli e mussole da lire 2,30 a lire 2,75 il chilogrammo. La maglieria e la

passamanteria; invece di pagare come ora il dazio

dei tessuti dei prodotti corrispondenti, pagherà lire 90 al quintale, questi oggetti che provengono dal­ l’ estero appartenendo quasi sempre alle qualità più fini ed anche questo rappresenta un aumento di qual­ che conto. I velluti di cotone pagheranno un dazio del 20 per cento superiore dei tessuti più fini nelle rispettive classi dei crudi, degli imbiancati, dei tinti o degli stampati, invece del dazio unico di 85 fran­ chi, e finalmente le vestimenta e altri lavori di co­

tone, nuova voce aggiunta nella tariffa, pagheranno

il 10 per cento di più dei tessuti onde sono composti. Da tutto ciò apparisce che gli industriali italiani pei lavori di cotone potranno andare assai lieti dei la­ vori che loro accorde la nuova tariffa. Potessero es­ serne ugualmente cubi i consumatori !

{Continua)

Pubblicazioni estero sopra materie economiche

Raccolta di dissertazioni d’ economia nazionale e di Statistica. Pubblicata da Giov. Conrad. Voi: t. fa­ scicoli 1-3 (Jena 1877. Gf. Fischer.)

Abbiamo detto altra volta che il pubblico inte­ resse per le scienze sociali, e specialmente per l’Eco­ nomia, è rapidamente cresciuto in Germania dopo la guerra del 1870-71; il bisogno d’ una letteratura di questo genere si fa sempre più vivo in tutte le sfere di cittadini, e ciò ha dato origine nel 1877 anche alla suindicata raccolta.

I lavori eh’ essa contiene sono di natura affatto indipendente ed hanno fra loro un nesso relativo soltanto alla redazione. 1 fascicoli finora pubblicati contengono: Ricerche agrario-statistiche intorno alla

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24 febbraio 1878 L’ E C O N O M IS T A 117

professioni e sulla mortalità respettiva, basate su ! dati statistici; Halle sulla Saale, dal 1853-1874;

e Studj sulla tariffa doganale in America, suo svi­

luppo e sua influenza sull’economia sociale, di E. I. James. Quest’ ultimo lavoro è finora il più im­

portante che sia stato pubblicato su questa materia; esso confronta con molta profondità le condizioni do­ ganali d’ America con quelle d’ Europa e la tariffa internazionale e fornisce un materiale di cifre ric­ chissimo concernente l’America, che finora in Europa I manca affatto, e che per la scrupolosa esattezza, colma una vera lacuna in questo genere di letteratura.

Questioni e controversie del giorno in Germania — Fo­ gli volanti per la cognizione della nostra epoca pub­ blicati da Francesco di Holtzendorff. (Berlino, Carlo Habel.)

Francesco di Holtzendorff, l’ illustre professore di diritto pubblico all’Università di Monaco, molto noto anche fra noi, pubblica già da 7 anni colla colla­ borazione di distinti scienziati una raccolta di scritti

volanti, col titolo collettivo suindicato, in conformità

del quale la raccolta contiene articoli in materia po­ litica, sociale, economica, ed olire modo di procu­ rarsi un’ intera cognizione sulle più ardenti questioni del giorno. Fra le tante materie ivi trattate ci piace di segnalare I’-articolo: sull' aumento delle esigenze

della Vita, di 1. Gonrad. (fascicolo 91:)

L’ autore si studia di trattare questo difficile tema nel modo il più obiettivo possibile, e giunge per­ fettamente alla meta propostasi, dimostrando che un aumento delle esigenze della vita è assolutamente imposto dalla nostra Coltura, e promosso anche dal punto di vista economico, dalla creazione di nuovi bisogni, ma che ciò non pertanto sia per mezzo di una fondamentale educazione morale, sia con la dif­ fusione delle cognizioni economiche o con un retto apprezzamento della propria capacità individuale si può trovare la vera via di prevenire un « trop­ po » e d’ impedire che sian varcati i limiti segnati dal buono ordinamento sociale. L’ Autore si ri­ volge anzi tutto ai genitori e gli ammonisce, che non diano ai loro figli un’ educazione sproporzionata alle loro circostanze, perchè poi non abbiano a man­ care i mezzi di procurare ad essi una posizione in Società, tanto più elevata quanto più elevata fu la loro educazione. Una tale disannonia conduce fa­ cilmente a quella mezza educazione, in forza della quale vengono accampate facilmente pretese illegit­ time nella vita, le quali non corrispondono punto alle capacità dell’ individuo e si trasformano in a l­ trettanti ostacoli al benessere nazionale.

La nostra riforma monetaria di Adolfo W a ­ gner, Professore di Economia nazionale all’univer­

sità di Berlino (fascicolo 95.) In questo scritto viene analizzata brevemente e sotto forma di lettura la ri­

forma monetaria in Germania.

L’autore propugna il tipo in oro, discorre della cre­ scente produzione dei metalli preziosi negli ultimi decennj ed afferma che dal 1849 al 1875 furono prodotti in-cifra rotonda 28 miliardi di franchi in oro ed argento, e la produzione totale dal 1500, al 1848 si potrebbe calcolare a circa 48 miliardi di franchi. Quanto al rapporto di valore dell’ oro con l’argento Wagner dà le seguenti interessanti cifre :

Prima del 4873 4: 45,5 1873 4: 45,9 1874 4: 46,48 4 875 4: 4 6,58 Estate 1876 4: 49,9 4 877 4: 47,

Qnesto ribasso nel prezzo dell’ argento ha diret­ tamente rapporto colla riforma monetaria tedesca e costa secondo Wagner all’impero tedesco da 40 a 60 milioni di marchi. Ci duole che alla questione se questa perdita si fosse potuta evitare, Wagner non dia alcuna risposta. Secondo il nostro modo di ve­ dere la maggior parte di questa perdita si sarebbe potuta risparmiare, se non si fosse venduto il sover­ chio della moneta d’argento, attualmente in circola­ zione con valore legale, in forma di moneta coniata all’Inghilterra e alla China, ma si fosse venduto in verghe. La Germania circa 2 anni fa, vendette con­ siderevolissime quantità di Talleri in moneta coniata con una perdita dell’ 8 all’ IO0/., e la riebbe indie­ tro per vie indirette secondo il suo valore legale.

Trasformando le monete d’argento in verghe si sarebbe potuto prevenire siffatto inconveniente.

La ristrettezza dello spazio assegnatoci nelle co­ lonne di questo periodico non ci consente pur troppo di dilungarci sullo altre cose pubblicate nella Rac­ colta di Scritti volanti, talché compendieremo il no­ stro giudizio sul valore di questa pubblicazione di­ cendo, che essa è all’altezza del nome di Holtzendorff.

NOSTRA CORRISPONDENZA

L a rifo rm a d elle ta ss e p o stali — L a d iscu ssio n e d el B ila n c io d e l­ l’in te rn o a lla C a m e ra — I l la v o ro d eg li s ta b ilim e n ti p e n ite n - z ia r ii e il lav o ro d eg li o p e r a i lib e ri — L a p ro d u z io n e d eg li z u c ch eri in d ig e n i — P ro g e tti f in a n z ia r li.

Parigi, 20 febbraio, 1878. Il progetto di legge relativo alla riforma delle tasse postali mi darebbe agio di impegnarmi in una di­ scussione teoretica sul diritto che abbia o no, lo Stato di monopolizzare il servizio postale a proprio profitto e se non sarebbe più utile e conveniente di lasciare all’esercizio privato il servizio delle poste come in alcuni paesi si pratica. Ma la premessa che feci quando cominciai ad inviarvi questi corrieri pa­ rigini, e che mi son fatto una legge di rispettare, mi porta ad abbandonare certe discussioni che io non potrei trattare con quella competenza come altri vostri valenti collaboratori possono fare, e ad atte­ nermi puramente ai fatti che interessar possano il vostro periodico dal lato economico finanziario.

Il progetto di legge relativo alla diminuzione delle tasse postali, approvato dalla Camera, è una misura lodevole come quella che facilita lo scambio delle comunicazioni fra'cittadini, mezzo principalissimo di progresso e di civiltà.

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118 L’ E C O N O M IS T A 24 febbraio 1878 Governo francese abbia pensato a fare ai cittadini

quelle facilitazioni e a portare ad effetto quelle mi­ gliorìe che possono contribuire a rendere più solle­ cita e meno dispendiosa la trasmissione delle lettere e delle stampe.

La tassa delle lettere affrancate è stabilita a 13 centesimi ogni 13 grammi o frazione di 13 grammi. La tassa delle lettere non affrancate è fissata a 30 centesimi ogni 15 grammi o frazione; quella delle cartoline postali è di 10 centesimi.

Yi è pure una diminuzione nelle spese di affran­ catura di periodici, memorie, bollettini politici, ecc., e per questa specie di stampati è fatta altresì di­ stinzione fra quelli che circolano per tutto lo Stato e quelli che sono spediti entro i limiti di un dipar­ timento. — Il diritto che si paga per la spedizione di valori inviati per lettera è ribassato da 20 cent, a 10 per ogni 100 fr. o frazione di 100 fr. La tassa degli avvisi di ricevimento di valori dichiarati e di lettere e di altri oggetti raccomandati è del pari ab­ bassata da 20 a IO cent.

Nella discussione del bilancio dell’interno è stato abbastanza interessante il discorso del signor Martin Nadaud, il quale si è a lungo intrattenuto delle così dette Società di patronato la cui nobile missione sa­ rebbe di proteggere coloro che per falli commessi hanno subito una pena in carcere, e di procacciare loro i mezzi di rimettersi sulla buona strada, traendo profitto della punizione che la società inflisse alle loro colpe.

Il signor Nadaud ha mostrato come queste società di patronato diano in Francia poco efficaci risultati, anzi ha lanciato addirittura la loro condanna dicendo che se bene si esamina le Società di patronato non esistono in Francia che di nome, mentre in Inghil­ terra la loro opera salutare si esercita molto attiva­ mente e con grande vantaggio della moralizzazione delle classi popolane.

Quindi tra il signor Nadaud e il signor Tillancourt si è impegnata la discussione tanto controversa tra gli economisti del lavoro nelle prigioni; deplorando 11 primo che il lavoro nelle prigioni faccia iniqua concorrenza al lavoro degli operai, l’altro sostenendo la tesi opposta. 11 signor Tillancourt ha fatto rile­ vare come in questa importantissima questione eco­ nomica si confondano, quasi da tutti, due termjni : la concorrenza della quantità del lavoro prodotto e la misura del salario di questo lavoro, misu/a sulla quale la produzione del lavoro ha una notevole in­ fluenza.

La quantità del lavoro, ha detto il sig. Tillancourt, ha una influenza insignificante, perchè 20 mila operai che lavorano meno abilmente degli altri operai — nelle prigioni non possono fare una seria concor­ renza a 5 o 6 milioni di lavoratori liberi. Tenendo conto dell’ apatia e dell’ inabilità del mestiere dei condannati, si valuta a mo’ d’ esempio cbe in Fran­ cia, la totalità del lavoro effettivo non sorpassa quello che potrebbero compiere 6 od 8000 operai liberi.

Pertanto le critiche che vengono rivolte contro il lavoro dei detenuti cadono di per sè, tanto più che v’ è da osservare che quei condannati ove fossero liberi lavorerebbero pure; eppoi il lavoro contribui­ sce a moralizzarli e a dare loro agio di ammassare un piccolo peculio che riesce loro utilissimo quando, al momento della loro liberazione, si trovano privi di ogni risorsa, e spesso non riescono, senza gravi difficoltà, a trovare occupazione.

Ma dove T inconveniente si manifesta si è nel prezzo a cui vengono ceduti gli oggetti fabbricati nelle prigioni. L’ operaio detenuto si trova in con­ dizioni affatto eccezionali da quelle dell’ operaio libero.

L’ operaio detenuto à alloggiato, nudrito, vestito, riscaldato a spese dello Stato, mentre 1’ operaio li­ bero deve di per sè provvedere a tutti i suoi bi­ sogni e bene spesso anco a quelli di una numerosa famiglia. Laonde 1’ oratore fece in certo qual modo 1’ apologia di una legge stabilita dall’ Assemblea na­ zionale nel 1849 e per la quale non si potevano mettere nel mercato oggetti fabbricati nelle prigioni ; lo che avrebbe avuto per conseguenza immediata di fare ribassare di valore i medesimi oggetti fabbricati dagli operai liberi. Per quella legge I’ attività degli operai degli stabilimenti penitenziarii doveva soltanto essere impiegata in lavori d’ utilità pubblica come a dire fabbriche del governo, lavori per 1’ esercito, per la marina ecc. Il signor Tillaneourt ha terminato col i dire che senza che il ministro dell’ interno si affa­ ticasse a cercare altri mezzi per provvedere agli in­ convenienti di questa questione del lavoro dei dete­ nuti basterebbe richiamasse in vigore l’ accennata legge dell’ Assemblea nazionale.

I O c . . . | . . •

Ai due oratori, dei quali sinteticamente e per i quanto mel concede il tempo e lo spazio ho cercato di riassumere i lunghi discorsi, ha risposto il signor Choppin, commissario del governo, che pur promet­ tendo di essere breve si è alquanto dilungato facendo noti tutti gli ostacoli che s’ incontravano nell’ appli­ cazione pratica della legge accennata. Mi piace fra gli altri citarvi questo argomento che mi pare di non lieve peso che cioè nel far lavorare i detenuti per lo Stato s’ incontrano non lievi difficoltà da parte delle varie amministrazioni per le quali i detenuti debbono lavorare. Nè è stato pago alle affermazioni vaghe e indeterminate, ma ha citato fatti, ed ha ci­ tato quello delle obiezioni avanzate l’ anno scorso dal ministero della guerra il quale ha dichiarato che non avrebbe potuto, senza grave difficoltà, imporre agl’ intra prenditori 1’ obbligo di fare eseguire i lavori delle forniture ai detenuti. 11 signor Choppin ha ter­ minato coll’ affermare, e la Camera ha accolto le sue assieurazioni con vivi segni di approvazione, che nulla trascurava per avviare questa importante que­ stione del lavoro dei detenuti ad una soddisfacente soluzione promuovendo gradualmente e nei limiti del possibile il lavoro dei detenuti a profitto dello Stato.

Ho voluto fare brevemente cenno di questa im­ portante discussione avvenuta alla Camera francese perchè essa ha toccato una questione economica delle più controverse e sulla quale specialmente la classe operaia viene tratta facilmente in erronei apprezza­ menti e a giudizii o avventati o falsi.

Certo è innegabile che il lavoro delle prigioni può, ove non sia regolato con certe norme, riuscire ad un’ iniqua concorrenza pegli altri operai, ma è anche vero che a certe risoluzioni radicali della importante questione esistono serie difficoltà pratiche, le quali non è possibile sormontare d’ un tratto, ma che bi­ sogna vincere gradualmente.

(7)

24 febbraio 1878 L’ E C O N O M IS T A 119 presentano un aumento in confronto di quelli del­

l’ epoca corrispondente del 1877, di 104,639 ton­ nellate.

I progetti finanziari i del ministro sig. Say non vanno esenti da opposizione. La conversione della rendita S per cento sembra una operazione difficile ad effet­ tuarsi nelle condizioni attuali della Francia che natu­ ralmente risente dell’ incertezza che regna in tutti i paesi di Europa. La creazione di un nuovo titolo di rendita, 3 per cento per sopperire al riscatto delle linee ferroviarie suscita anch’ essa non poche obie­ zioni, poiché molti reputano dannoso emettere un nuovo titolo che farà concorrenza agli altri già esi­ stenti, che forse sono troppi, tutti ugualmente gua- rantiti dallo Stato, ma dei quali non si sa quale sia quello che precisamente rapprpsenta il debito dello Stato. La conversione della rendita venne effettuata al tempo dell’ impero, ma — a qualunque partito si appartenga — fa d’ uopo riconoscere che in quel tempo la nazione tráncese trovavasi in una condi­ zione di sicurezza e di prosperità quale la repub­ blica per ora non le ha dato. J.

CRONACA D ELLE CAMERE Di COMMERCIO

Camera di Commercio di Milano — Nella se­ duta del 7 febbraio corrente è data lettura della circolare della Camera di Cremona, nella quale si espongono gli inconvenienti che derivano alle indu­ strie, dalla applicazione del dazio di consumo alle materie prime ed in ¡special modo al carbon fossile ¡ quali inconvenienti, parrebbe, secondo la circolare riuscire assai gravi nella città di Cremona. In base a ciò la prefata Camera invita a far pratiche presso la Commissione parlamentare incaricata di studiare il riordinamento dei dazi interni di consumo, onde, in omaggio al principio della parità di trattamento da farsi alle industrie in qualunque parte del regno esercitate, si diciliari esente dal dazio di consumo il carbon fossile, il quale realmente anziché un og­ getto di consumo diretto, è piuttosto uno strumento di produzione.

Il Presidente esprime l’opinione che sia veramente a deplorarsi la applicazione del dazio consumo sul carbon fossile, ma che forse le circostanze di fatto locali potrebbero scusare, se non giustificare, sifatta deroga ai principii di una saggia amministrazione.

Il signor Feltrinelli crede egli pure che si debba passar all’ordine del giorno sulla domanda della Ca­ mera di Cremona, stante che i criteri direttivi per l’applicazione del dazio consumo siano a desumersi per una parte dall’entità dei bisogni del Comune nel quale deve essere stabilito, e per l’altra dalla qua­ lità degli oggetti che in tal comune sono di maggior consumo; intorno a che parrebbe impossibile di det­ tare norme generali egualmente opportune in ogni parte d’Italia.

E invece di diversa op’nione l’onor. Lualdi il quale ricorda come già in occasione dell’inchiesta indu­ striale siano stati espressi gravissimi lamenti contro il modo onde funziona la tassa del dazio consumo, la quale ha per effetto in alcuni comuni di impe­ dire affatto l’esercizio di un’ industria col colpirne fortemente le materie prime, in altri, colla diversa misura di tassazione, di tendere quell’esercizio assai

precario e in condizioni svantaggiose. — Riconosce l’onor. Lualdi che la causa di questi inconvenienti sta nell’essersi tolta ai comuni la partecipazione nel prodotto della imposta sulla ricchezza mobile, costrin­ gendoli di necessità a ricercare risorse ai loro biso­ gni pecuniari pur là, dove alle considerazioni fiscali dovrebbero prevalere quelle d’ordine economico. Ciò per altro non diminuisce, a suo avviso, I’ obbligo delle Camere di Commercio di adoperarsi, nei limiti delle loro facoltà, onde impedire o limitare tali in convenienti, tanto più che la possibilità che essi si abbiano a verificare è connessa nella pratica alla assai variabile preponderanza nel Consiglio Comunale del­ l’elemento possidente o dell’elemento industriale, dei quali l’uno è naturalmente indotto a far pesare pre­ valentemente sull’altro i carichi comunali. In parti­ colare poi, per quanto riguarda l’esonero del car­ bon fossile, di cui specialmente si preoccupa la Ca­ mera di Cremona, egli ritiene doveroso di appog­ giarne la domanda, costituendo quella merce uno strumento principalissimo di produzione e non un oggetto di consumo diretto nel senso proprio della parola.

Non condivide questo parere il cav. Fuzier, il quale pensa che non sia scevra d’inconvenienti (comun­ que di carattere affatto contrario) neppur la propo­ sta dell’ onor. Lualdi di escludere con disposizioni generali dall’applicabilità del dazio consumo alcune categorie di materie prime. Al postutto le condizioni locali impongono talvolta delle necessità, contro cui è vano lottare, se pur si vuol lasciare una pratica importanza alla tassa sul consumo.

11 signor Feltrinelli apprezza le considerazioni che inspirarono all’onor. Lualdi il voto poc’anzi espresso ed egli- pure sarebbe dello stesso avviso se le dif­ ficoltà pratiche di attuare il lodevole proposito non fossero pressoché insormontabili ; e didatti egli fa riflettere che la domanda di esonero, oggi fatta pel carbon fossile, ne richiamerebbe domani un’altra si­ mile pei legnami, e per altri materiali da fabbrica, e si potrebbe dire per la quasi totalità degli arti­ coli oggi colpiti dal dazio consumo comunale, raro essendo il caso che una merce non serva di mate­ ria prima ad alcuna industria. E una volta che le domande venissero, come la logica vorrebbe, spinte a questo estremo, l’imporlante cespite d’entrata co­ stituito dal dazio consumo diventerebbe una vana parola.

Replica l’on. Lualdi che, per quanto attendibili le preoccupazioni del sig. Feltrinelli per mantenere a questa tassa la necessaria rilevanza, tuttavia le Camere di Commercio hanno, a suo credere, l’ob­ bligo di far noti gli inconvenienti del sistema vi­ gente onde, da coloro cui spetta, si possa portarvi rimedio. Aggiunge che sarebbe meno a dolersi se il carbon fossile fosse colpito di dazio in ogni co­ mune, di quello che l’essere tassato in alcuni ed esente in altri: ciò arreca difatti a carico delle in­ dustrie una sperequazione di imposta più nociva della stessa sua gravezza: quindi insiste nel suo voto favorevole alla domanda della Camera di Cremona la quale messa ai voti, viene a maggioranza appro­ vata.

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L’ E C O N O M I S T A 2 4 febbraio 1878 120

rilevare essere l’argomento di grandissima impor- ì tanza per l'industria, ciò che viene anche fatto rile-

j

vare dall’onorev. Lualdi. Perciò, e per non essersi potuto inscrivere questo oggetto nell’ordine del giorno per l’odierna seduta ne vien rimandata la discus­ sione alla seduta prossima.

Camera di Commercio di Roma — Nell’ adu­ nanza del 15 corrente dopo aver ricevuta comuni­ cazione delle deliberazioni prese da alcune Camere di commercio o comizi agrari del regno intorno la recente soppressione del Ministero d’agricoltura, in­ dustria e commercio, e dopo udito il verbale della discussione che ebbe luogo nel seno della commis­ sione nominata a riferire in oggetto, adottava per appello nominale, alla maggioranza di 8 voti su 12, il seguente ordine del giorno:

« La Camera di commercio di Roma non crede di dover fare alcuna manifestazione circa la soppres­ sione del ministero d’agricoltura, industria e com­ mercio. »

In seguito alla enunciata risoluzione, sulla propo­ sta della Camera di commercio di Genova per la riunione di un congresso in quella città di tutte le rappresentanze commerciali del regno, deliberava di declinare l’invito.

Camera di Commercio di Torino — Nella sua adunanza del 16 corrente accettò in massima 1’ in­ vito della Camera di Genova per un congresso da essa proposto; e volò il seguente ordine del giorno:

« La Camera di Commercio di Torino, associan­ dosi alle deliberazioni emesse da molte altre Camere di Commercio, fa voti perchè il Ministero di Agri­ coltura e Commercio sia ripristinalo, ed incarica la propria Presidenza di portare tale voto a conoscenza del Parlamento o delle Camere consorelle. »

Nel Congresso delle Camere di Commercio a Ge­ nova si tratteranno i seguenti argomenti: 1° Sulla soppressione del ministero d’agricoltura, industria e commercio; 2° Sull’esercizio e servizio ferroviario ; 3° Sull’organizzazione del servizio bancario in Italia 4° Sui trattati di commercio e riforme doganali ; 5° Sugli ordinamenti della marina.

Camera di Commercio di Genova. — Nella sua seduta del 26 gennaio 1878, il Presidente dice che prima d’ora era sua intenzione dl.intrattenere la Ca­ mera sulla soppressione del Ministero d’ agricoltura e commercio, ma ciò non ha potuto aver luogo e per le circostanze luttuose del Paese, e per essere egli stato impedito di intervenire alla Camera per causa di indisposizione.

Il Presidente passando a svolgere la sua proposta dice come già da alcuni anni si andava riconoscendo che i sistemi basati unicamente su principii teorici e non sempre ben definiti, e talvolta incoerente­ mente applicati coi quali si vollero governare le cose commerciali e industriali del nostro Paese, senza tenere in pari tempo il conto necessario dei consi­ gli che venivano dati dagli uomini della pratica e del lavoro, non facevano raggiungere lo scopo desi­ derato perchè non solo a grado a grado si rendeva impossibile al Paese di svolgere tutta quella mag­ giore attività di cui è suscettibile in ognuno dei rami dai quali dipendono la vera prosperità e il be­ nessere della Nazione, ma si veniva invece ad inca­ gliare e a tormentare con eccessive fiscalità e re­ strizioni gli sforzi di tutti quelli che col loro lavoro

e operosità sono i veri promotori della prosperità generale del Paese.

Egli premesso in primo luogo che non fa qui- stione di persone, perchè nè esso nè la Cantera di Genova non ne hanno mai fatte, è pronto a salutare il bene da qualunque parte ci venga dato, e se ben di frequente questa Camera ha dovuto mostrarsi con­ traria agli atti della cessata Amministrazione ogni qualvolta li giudicava nocivi all’interesse del nostro Commercio, della nostra Marina e delle Industrie del nostro Stato non crede che ora debba trattenersi dal fare udire la sua voce, se vede continuamente tra­ scurati anche dalla nuova Amministrazione questi importantissimi e vitali interessi della Nazione.

Egli vorrebbe che gli uomini chiamati a reggere le sorti degli Stati sapessero elevarsi a tal punto da comprendere che un uomo veramente di Stato, e di grande levatura deve non già prepararsi le maggio­ ranze, ma deve saperle conquistare colla sola forja della sua abilità e di quella volontà che inspira il dovere di dare una saggia e ordinata amministra­ zione al suo paese.

Sono oramai trascorsi due anni dacché le redini del Governo stanno nelle mani degli uomini che fin allora stavano schierati nelle file della opposizione alla precedente Amministrazione.

Tutti conosciamo come e in quali circostanze ciò siasi verificato, e ben sappiamo come un tale avve­ nimento sia stato generalmente, e specialmente nella nostra Genova salutato, perchè si sperava finalmen­ te, ora che l'Italia è fatta e politicamente costituita, che dagli uomini del nuovo Ministero si sarebbe compreso come ora il nostro paese avesse sommo bisogno di pace e di tranquillità, e si dovesse pen­ sare' seriamente a promuovere la vera prosperità del paese con buoni e stabili ordinamenti amministrativi.

Ma pur troppo le speranze che avevano comin­ ciato a far nascere taluni dei primi atti della nuova amministrazione, sono a poco per volta tutte quante svanite.

Quistioni doganali, quistioni ferroviarie, quistioni di servizio bancario, trattati di commercio, ordina­ menti per la marina, industrie e produzioni del no­ stro suolo, sono quistioni tutte queste sempre pen­ denti le quali non si risolvono, mantenendosi così un continuo stato di incertezza che impedisce lo svi­ luppo d’ogni utile lavoro, nel mentre che invece veggonsi aumentare le fiscalità, e aggravarsi di con­ tinuo i contribuenti con maggiori imposte e balzelli. Pargli, al Presidente, che procedendo per tali vie si finirà per depauperare il nostro paese.

Continua il Presidente osservando che mentre il paese da oltre due anni si trova così in continuo stato di trepidanza e di incertezza vedendo sempre ritardata e procrastinata la soluzione di quistioni che interessano in così alto grado l’avvenire dello Stato, quasi a togliere ogni ulteriore speranza, e a provare come (benché non voglia crederlo) così vitali inte­ ressi non sieno tenuti dal governo in quel conto che si meritano, ecco che ultimamente con non poca sorpresa generale, e in forza di un decreto Reale si vide ad un tratto soppresso il ministero dell’ Agri­ coltura, Industria e Commercio per creare un nuovo ministero così detto del Tesoro, il quale come quello delle Finanze avrà anziché no un compito fiscale.

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24 febbraio 1878 L ’ E C O N O M I S T A 121

di grande capacità, avrebbe potuto rendere grandi servizii al paese, non potè a meno di fargli una penosa impressione e per il modo col quale venne compiuta, e per le conseguenze che può avere; per­ ciò sembragli che questa Camera non debba trala­ sciare di occuparsi di questo fatto manifestando la sua opinion1, perchè dato il caso che la Camera divida gli stessi suoi sentimenti circa il modo di giudicare di questo atto, egli allora farebbe la proposta di do­ versi rivolgere al Governo del l\e per dimostrare il dispiacere che si è provato per la soppressione di quel Ministero, e far conoscere la convenienza di doverlo ripristinare.

E non solo egli fa la proposta per una simile istanza, ma in considerazione delle tante e gravi qui- stioni che interessano in sommo grado la prosperità generale della Nazione, e che pur troppo da molto tempo, e con sempre crescente danno del Paese, rimangono sempre insolute, egli si chiede se non sia giunto il momento in cui le Camere di Commercio dello Stato debbano farsi vive per trattare appunto di siffatte quistioni e sottoporre al governo quelle deliberazioni che le Camere ¡stesse avranno giudi­ cato di prendere nell’interesse generale del Paese.

La legge permette alle Camere di Commercio de lo Stato di riunirsi a Congresso. — Varii Con­ gressi di rappresentanti di Camere di Commercio ebbero luogo negli anni scorsi, ma quelli erano Congressi convocati dal Governo il quale formulava esso' stesso i quesiti e richiedeva sui medesimi il parere delle Camere di Commercio, e ben si com­ prende che, e per quanto le Camere si sieno sempre date premura di rispondere all’invito del Governo, non sempre i quesiti ¡stessi, e per conseguenza i relativi responsi potessero acquistare Tefficacia desi­ derata.

Ora trattandosi di un vero Congresso di soli rap­ presentanti di Camere di Commercio per trattare, discutere e formulare delle proposte sui più vitali interessi della Nazione, a suo giudizio mai come ora si sarebbe presentata la necessità di farlo per ¡scuo­ tere quella apatia che sembra siasi impadronita de­ gli animi dei più, e ci fa rimanere spettatori passivi dei danni che pregiudicano le sorti del nostro Paese, danni che ogni giorno si fanno più gravi. Perciò quando la Cimerà divida la sua opinione, egli cre­ derebbe opportuno che da questa Camera per sua propria iniziativa si avvisasse al modo di invitare a Congresso qui in Genova e al più presto possibile i rappresentanti delle Camere di Commercio del Regno per lo scopo sopra indicato.

Queste sono le cose che egli credeva suo dovere esporre alla savia considerazione della Camera, e le proposte che egli intendeva sottoporre al giudizio e e alle deliberazioni dei suoi colleghi.

Dopo una discussione sulla convenienza o no di adottare in massima l’idea del Congresso, o se in­ vece debba lasciarsi ad una Commissione da nomi­ narsi di studiare prima di tutto l’ opportunità del Congresso medesimo, la Camera delibera:

ì.° di fare istanze al Regio Governo nel senso di

manifestare la penosa impressione, che si è provata per la soppressione del Ministero di agricoltura, in­ dustria e commercio esternando i! desiderio che sia ripristinato:

2° di approvare in massima la proposta del Con­ gresso, lasciando alla presidenza di nominare i mem­ bri della Commissione in numero di cinque la quale

deve studiare e riferir su i mezzi e condizioni di at­ tuazione di esso.

Camera eli commercio di Savona. — Nella sua seduta del 28 gennaio scorso letta la Circolare del sig. Ministro del Tesoro in data 1 gennaio, conte­ nente l’annunzio della soppressione del Ministero di agricoltura, industria e commercio, e la Circolare della Camera di Padova dei 14 corrente; con cui partecipando di aver deliberato una petizione al Par­ lamento contro quest’ atto, invita le Consorelle ad appoggiarla col loro voto, la Camera si associa in massima alle svolte considerazioni; ed informata eziandio che la Rappresentanza commerciale di Ge­ nova ha testé votato simile istanza, delibera di con­ formità, augurandosi che con forze riunite si ottenga la ricostituzione del predetto Ministero noli’interesse dell’ industria, del commercio e dell’ agricoltura.

2. Visto la lettera del sig. Presidente del Consi­ glio di perfezionamento della scuola professionale d’arti e mestieri in data 29 dicembre p. p., la Ca­ mera procede a votazione segreta per la surrogazione del proprio rappresentante presso il detto Consiglio, e conferma a maggioranza il comm. Ponzone nella stessa carica per triennio 1878-80 a mente del R. Decreto 15 agosto 1871.

3. Considerando la Camera che col 31 dicem. 1877 è scaduto il quadriennio della nomina del suo De­ legato presso la Cassa invalidi di Marina mercantile in 'Genova, previo scrutinio segreto pel rimpiazzo del medesimo, rielegge a maggioranza il cav. Giuseppe Acquarone per altri quattro anni, a termini del Re­ gio Decreto 8 novembre 1868, con incarico al pre­ sidente delle occorrenti partecipazioni alla Prefettura della Provincia.

4. Ritenuta la scadenza del biennio dello elezioni dei membri dell’ufficio circondariale d’ispezione delle Società commerciali ed istituti di Credito, la Camera mediante apposito squitinio, conferma a membri effettivi i sigg. cav. Martinengo e cav. Viglienzoni, e nomina a supplenti i sigg. Bugna e Dellepiane pel biennio 1878-79, commettendo il presidente di in­ formare il sig. Sotto-prefetto presidente dell’ ufficio stesso.

o. Letto il foglio del sig. Ispettore Centrale del genio civile in Genova sul progetto di variante alla nuova Darsena in costruzione, senza incagliare me­ nomamente i lavori in corso, e discussa nuovamente la importantissima pratica, la Camera delega il pre­ sidente ed il cap. Tognasso a conferire espressamente col sig. Ingegnere delegato pel servizio marittimo in questa Città, onde intendersi esplicitamente, salvo ad emettere le opportune deliberazioni in merito, dietro l’analogo rapporto.

L e r i s c o s s i o n i e i p a g a m e n t i

al 31 gennàio 1878.

(10)

122 L’ E C O N O M I S T A

24 febbraio 1878 Le riscossioni risultano come segue:

Imp. fondiaria eserc.

corr. L.

Id. a rre tra ti » Imp. ricchezza mobile eserc. corr. » Id. a rre tra ti » Macinazione » Imposta sul trapasso della propr. e sugli affari. In amm. della Direzione gener. del Demanio »

Imposta sul prodotto del mov. a grande e piccola veloc. sulle

ferrovie » Tassa di fabbricaz. » Dazi di confine » Dazi di consumo » Privative » Lotto » Servizi pubblici » P a tr. dello Stato » E n trate diverse » Rimborsi » E ntrate straordin. » Asse ecclesiastico » 1 8 7 8 1 8 7 7 110,733 21 43,390

_

46,066 49 55,856 31 2,373,514 80 3,345,792 76 17,317 83 143,682 01 7,450,566 27 7,586,965 98 13,470,432 82 13,392,383 92 1,151,515 81 1,122,581 73 286,156 67 280,792 67 8,501,302 90 8,387,188 82 4,963,933 79 6,532,058

_

7,106,595 67 7,184,399 29 3,163,288 31 3,521,904 34 19,436,397 72 19,393,810 81 20.950,854 12 20,925,332 19 272,011 91 188,388 54 1,005,665 46 1,746,304 05 2,894,117 27 2,784,222 56 2,724,374 65 2,838,397 76 Totale L. 95,921,815 70 99,472,851 78

per la somma di undici milioni, dieci dei quali fu­ rono pagati all’ Impresa Vitali, Charles, Picard in conto degli undici milioni portati dalla transazione 17 agosto 1877, stata approvata con legge 31 di­ cembre 1877; ed un milione venne pagato alla So­ cietà del Sud dell’Austria qual terzo acconto della liquidazione dell’ esercizio provvisorio delle ferrovie dell’Alta Italia pel secondo semestre 1876.

Le spese del Ministero delle finanze aumentarono di L. 8,943,579 75. Le spese di diversi capitoli ora accollate alle finanze passeranno a carico dei Ministero del tesoro, non appena approvato il bilancio definitivo di previsione per l’ anno 1878. Aumen­ tarono pure le spese dei Ministeri di grazia e giu­ stizia L. 153,022 47; dell’interno L. l,181,68o'33, o quello della marina L. 668,853 76.

Diminuirono le spese dei Ministeri: degli esteri di lire 93,165 28; dell’istruzione pubblica lire 24,607 75; della guerra L. 916,892 17; dell’ abolito Ministero dell’agricoltura, industria e commercio L. 32,957 91. Le spese di quest’ultimo Ministero verranno, all’ap­ provazione del bilancio definitivo 1878, portate in aumento dei Ministeri alla dipendenza dei quali pas­ sarono i relativi servizi.

Nel gennaio 1878 le riscossioni superarono le spese di L. 3,647,040 07.

Ecco la situazione del Tesoro al 51 gennaio 1878: Si ebbe pertanto nel gennaio del 1878 una dimi­

nuzione di L. 3,548,036 08. Presentarono aumento: Fondiaria (esercizio cor ente) per Tassa sugli affari

Tassa dei movimento sulle ferrovie Tassa di fabbricazione

Dazi di confine

Proventi servizi pubblici Patrim onio dello Stato E ntrate varie

E ntrate straordinarie Ebbero diminuzione: Imposta fondiaria (arretrata) Ricchezza mobile (eserc. corrente) Ricchezza mobile (arretrati) Macinato Dazi di consumo Privative Lotto Rimborsi e concorsi Asse ecclesiastico L. 67,343 21 » 78,048 90 » 28,934 08 » 5,364 — » 114,114 04 » 43,186 91 » 25,521 93 » 83,623 37 » 109,894 71 L. 9,789 82 » 972,277 96 » 126,334 18 » 136,399 71 » 1,568,124 21 » 77,803 62 » 353,616 03 » 740,698 59 » 114,023 11 Ecco ora i pagamenti fatti nel gennaio 1878 in con­ fronto con quelli del gennaio 1877:

1 8 7 8 1 8 7 7 Tesoro L. Finanze » Grazia e giustizia » Estero » Istruzione pubblica» Interno » Lavori pubblici » Guerra » M arina » Agricoli, abolito » 10,581,786 45) 31,227,478 39) 1,727,980 58 437,243 70 1,336,659 05 5,820,058 14 21,466,308 45 16,268,030 87 2,889,884 05 522,345 65 32,863,685 09 1,574,958 41 530,708 98 1,361,266 80 4,638,372 81 10,469,859 46 17,184,923 04 2,221,030 29 555,303 56 ATTIVO.

Fondo di Cassa fine 77 L. 164,890,165 16 Crediti di Tesoreria id. » 121,316,697 29 Riscossioni fine gennaio 78 » 95,924,815 70 Debiti di Tesoreria id. » 447,944,659 40 Al fondo di Cassa che esisteva al 51 Dicembre 1877 si sono portate in aumento L. 858 62 in seguito a revisione ili conti ed accertamento di versamenti e pagamenti fatti in base alla vigente legge di contabilità. Altre variariazioni potranno aver luogo ulteriormente, sino cioè alla formazione del rendiconto generale consuntivo del 1877 :

P A S S I V O .

Debiti di Tesoreria fine 77 L. Pagam enti a tu tto gennaio 78 » Fondo di Cassa fine gennaio 78 » Crediti di Tesoreria id. » Si ebbe:

Nel fondo di cassa diminuz. di L. Nei debiti di tesor. aumento »

Totale L. 438,587,769 78 92,277,775 63 106,830,039 10 192,380,753 04 58,060,126 06 9,356,889 69 67,417,015 68 Sottraendo le quali dall’aumento dei crediti di Tesoreria in lire 71,417,015 68, si hanno lire 3,647,040 07, che rappresentano appunto le mag­ giori riscossioni ottenute nel 1878 in confronto dei pagamenti.

I Buoni del Tesoro salirono da L. 217,558,600 a L. 222,896,100, con aumento di L.‘ 5,337,500.

Le anticipazioni statutarie delle Banche salirono da lire 18,500,000, a lire 57,500,000 con un au­ mento pertanto di lire 19,000,000.

Istanza del Municipio di Nardi al Governo

T atale L. 92,277,775 63 71,400,108 44 Y’ è pertanto nel gennaio 1878 un aumento di spese di L. 20,877,667 19. a formare il quale par­ tecipò principalmente il Ministero dei lavori pubblici

(11)

pa-24 febbraio 1878 L’ E C O N O M IS T A 125 raggiare con un debito sempre crescente il disqui­

librio annuale del suo bilancio, fece petizione al Go­ verno del Re e al Parlamento per implorare una riforma tributaria, mercè la quale il dazio consumo fosse restituito a’Municipii, libero ed esente da qual­ sivoglia canone o participazione governativa.

Sventuramente, ad onta delle ragioni addotte in comprova del diritto de’Comuni e della convenienza della riforma, quella petizione non ebbe risultato di sorta aleuno; e piu sventuratamente ancora gli im­ barazzi finanziari! del Comune, persistendo sempre le stesse cause e l’uso de’medesimi espedienti, da quel tempo in poi si sono per tal modo accresciuti da rendere oramai quasi impossibile la sistemazione del bilancio comunale.

Per certo questo stato di cose non può protrarsi più oltre, senza compromettere tutto 1’ andamento de’servizii pubblici, la serietà dell' Amministrazione e il decuro stesso del Governo: ma il mezzo di ov­ viarvi non è in mano degli amministratori locali, ne basta a trovarlo tutta la loro buona volontà.

Quando si rifletta che il disavanzo annuale del­ l’azienda municipale di Napoli sale a circa otto mi­ lioni e mezzo di lire, non si avrà difficoltà a con­ venire che questo disavanzo riesce impossibile a colmarsi con le tasse; sia esagerando le esistenti, sia imponendone delle nuove. Ancora, quando si pon mente che tutte le entrate ordinarie del Comune non bastano a pagare il canone gabellario al Go­ verno, gl’interessi de’ debiti e le tasse fiscali, si re­ sterà facilmente convinti che le più severe econo­ mie, alle quali si vorrà ricorrere possono bensì es­ sere un mezzo di ordine, ma non mai un elemento di risorsa. Infine, quando si considera che tutta la massa de’debiti contratti dal Municipio di Napoli, corrisponde e si agguaglia presso a poco all’ammon­ tare unito delle somme pagate alle Finanze dello Stato pel dazio consumo, si sente la necessità di concbiudere, che i compito del nostro assetto finan­ ziario è superiore alle forze degli amministratori mu­ nicipali ; e ohe siccome la causa del dissesto è ve­ nuta dal fatto del Governo, così il principio del riordinamento non può d’ altronde partire che da esso.

E in questa convinzione che il Consiglio comu­ nale di Napoli deliberava, nella tornata del di 15 de- cembre ultimo, farsi istanza al Governo del Re a fine d’implorarne giustizia per la eccessiva esazione del canone gabellario; ed è in questa speranza che i sottoscritti si son fatti portatori del voto del Consi­ glio ed oratori del Comune presso il Reai Governo. Non è già che il Consiglio municipale di Napoli cessi d’insistere sulle conclusioni contenuto nella petizione del 1874; ma aspettando esso la piena attuazione di quelle dall’opera lenta e compassata del Parlamento, è costretto pel momento dall’ im­ preteribile bisogno del bilancio ad invocare dal Go­ verno un provvedimento immediato per veder ri­ dotto a più eque e giuste proporzioni il gravoso ed eccessivo contingente del canone gabellano.

E ciò non domanda a titolo di privilegio e di favore, ma per sola ragione di giustizia.

Quando nel 1875 si rinnovarono gli abbonamenti con i Comuni per la riscossione del dazio di con­ sumo governativo, il M.nistero, servendosi della la­ titudine che la legge gli accordava, procedette alla fissazione del canone rispettivo, con criterii più o meno larghi e più o meno discordanti dalle cifre

della percezione di fatto, secondo che apprezzamenti di altra natura, e pure attendibili, gli consigliavano.

Questi apprezzamenti non furono nè equi nè giusti, nè benevoli per Napoli; quantunque, se un riguardo di giustizia distributiva doveva aversi per alcuno, questo riguardo avrebbe dovuto aversi per Napoli, più che per ogni altro Comune. Infatti qui lo spo­ stamento d’interessi, avvenuto da! 18150 in poi, ha rese le condizioni della vita più difficili e stentate, segnatamente nelle classi lavoratrici: da qui tutto ha esulato, stabilimenti pubblici, affari, industria com­ mercio, tutto, meno l’amore per la patria e le fede nei destini nazionali. Nè alcun compenso materiale è venuto a riparare tanta jattura, nè l’onda fecon­ dante del Potere centrale vi è passata, come a To­ rino, Firenze e Roma a versarvi i tesori della sua permanenza ed i compensi della sua dipartita. Per io che, la forza contributiva dei consumatori napo­ letani è visibilmente scemata, e va di giorno in giorno anche più diminuendo per effetto di quel riflusso di vita politica ed economica, che anche pel mutato sistema di viabilità e pel centro di affari spostato va ad abbondare altrove. A questo si ag­ giunge che Napoli, per effetto della sua eccedente agglomerazione, subisce la necessità di maggiori spese che gli altri Gòmu ii non subiscono, specialmente pei servizi d’indole governativa e per la istruzione popolare ; sicché sarebbe stato giusto che il dazio di consumo, che è la espressione soprattuto del nu­ mero, si fosse prelevato dal Governo piuttosto in ragione inversa che in ragione diretta del suo pro­ dotto.

Eppure queste considerazioni, che abrebbero do­ vuto far trattare la città di Napoli, se non con be­ nevolenza, almeno con giustizia, non valsero a nulla: invece alla petizione del 1874, si rispose nel 1875, chiedendo un aumento del canone gabellario ; e que­ sto aumento che si volle esigere, eccessivo per rap­ porto alla quantità, ingiusto per rapporto alla distri­ buzione, venne ad aggravare la già insopportabile soma, che pesava sulle spalle del "Municipio napole­ tano.

Mentre a Torino, secondo le cifre ufficiali del Ministero delle finanze, sopra una eccedenza di ri­ scossione dei dazi governativi di lire 937,500, si domandò un aumento di lire 650,000, lasciando al Comune un utile di lire 287,500; mentre a M lano sulla eccedenza di lire 624,382, si chiese un au­ mento di lire 240,000, lasciandole un utile di li­ re 384,382; mentre a Roma sulla eccedenza di lire 1,884,400, si volle un aumento di lire 1,400,000, lasciando al Municipio l’utile di L. 484,000, e men­ tre a Firenze sopra l’eccedenza di lire 1,320,000, si trovò sufficiente l’aumento di lire 300,000, lascian­ dole l’ utile di lire 1,620,000, a Napoli solamente sulla eccedenza di lire 430,000 si ebbe la durezza di pretendere un aumento di lire 400,000, non la­ sciando al Comune che un margine di lire 30,000. Questi dolorosi ricordi bastano per dimostrare quanta sperequazione vi sia ne’ diversi contingenti del canone gabellario, e quanto il Comune di Napoli sia stato trattato ingiustamente, e rispetto agli altri comuni e rispetto a’ propri abitanti.

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