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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.05 (1878) n.226, 1 settembre

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G A Z Z E T T A S E T T I M A N A L E

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI

Anno Y - Yol. IX

Domenica 1° Settembre 1878

N. 226

Il nuovo accertamento flei redditi dei fabbricati

Quando l’on. Depretis presentava al Parlamento il progetto di legge per la revisione generale dei red­ diti imponibili dei fabbricati, ebe si sta ora com­ piendo, annunziava la sua convinzione che cotesta misura, oltre a contribuire ad un più equo riparto dell imposta, avrebbe arrecato all’erario un maggior introito per oltre quattro milioni all’anno. Parlando in questo periodico di cotesto progetto ') noi pren­ devamo nota di cotesta dichiarazione dell’ on. iMini- stro, e non nascondevamo il nostro pensiero, o a dir meglio il nostro timore, che questa misura finanzia­ ria del nuovo accertamento dei redditi degli stabili urbani, sotto le apparenze della giustizia, nascondesse lo spirito fiscale di volere ad ogni modo un mag­ gior rctratto da questo cespite di entrata erariale. — Non ci pareva che dal 1871 ad oggi le condizioni economiche della nazione fossero così evidentemente migliorate da giustificare le previsioni dell’onorevole Ministro, quando pur volesse procedersi con equità; e perciò cotesto concerto ministeriale ci palesava che se si pensava mollo a colpire gli aumenti dei redditi verificatisi dopo l’ultima revisione ed a sot­ toporre alla tassa i fabbricati che potevano essere sfuggiti nel 1871 alla oculatezza degli agenti finan- ziarj, non si pensava affatto ad ammettere quelle diminuzioni che pure in molte località si erano ve­ rificate per deterioramento di condizioni economiche. — In verità che non credevamo allora di riuscire così esatti indovini; oggi benché non sia più al governo delle finanze dello Stato P on. Depretis, il suo successore si dimostra anche troppo volenteroso di realizzare le lusinghiere predizioni del suo ante­ cessore. Il modo generale di procedere degli agenti delle tasse in questa faccenda del nuovo accerta­ mento dei redditi dei fabbricati, che interessa tante persone, ha gettato un vero sgomento nella disgra­ ziata classe dei proprietari di stabili urbani da un capo all’altro d’Italia. Gli aumenti dei redditi delle case, escogitati da cotesti agenti finanziarj, sono così esagerati e stravaganti da apparire informati al prin­ cipio di una vera confisca delle proprietà urbane a vantaggio della pubblica amministrazione, piuttosto che a quei principj di giustizia che in un governo che vuol dirsi civile dovrebbero essere il moderatore di ogni operazione fiscale.

Coloro che attendevano ansiosamente questa ope­ razione sperandone un sollievo dai carichi ecces­ sivi dipendenti da un accertamento gravoso, e così più corrispondente alle mutate condizioni dei loro

') Y. Num. 155, Voi. 7.

stabili, sono stati completamente delusi nelle loro speranze. Parlare di ribasso di redditi di case con un qualunque' agente finanziario è come chiedere una atrocità senza esempio; pare che la diminu­ zione del valore locativo di un fabbricato qualunque sia cosa tanto strana che non abbia potuto conside­ rarsi dal legislatore. — Ma costì non finisce il guaio; la elevazione per parte degli agenti dei redditi degli stabili è generale e concorde per tutto il regno come se tutti procedessero dietro ordine preciso, e lo zelo che da essi si spiega è esagerato. È inutile tentare con essi un equo componimento; pare che non intendano più ragioni di sorta; e spesso è inutile la esibizione stessa della scritta di locazione dello sta­ bile tassato, perchè l’agente, facendosi forte dell’art. 13 del regolamento, oppone a cotesta prova chela pigione pattuita è troppo tenue di fronte a quello che a suo dire porta il confronto con altri stabili, e non è raro sentirsi rispondere ironicamente che, affit­ tando a così basso p rez z o le nostre case, non sap- iamo curare i nostri interessi, e che l’erario dello tato non deve sentir danno della nostra imperizia amministrativa !

Noi che ci siamo fìnti un dovere di segnalare al pubblico il buono ed il cattivo che, a nostro avviso, si riscontra nelle leggi che regolano il nostro ordi­ namento amministrativo e nel modo della loro ap­ plicazione, non possiamo oggi astenerci dal biasimare, rilevandolo, cotesto procedimento nell’ applicazione della legge del fi giugno 1877, e di accennare ai gravi inconvenienti che inevitabilmente si tira dietro sia nel campo morale che in quello economico.

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346 L ’ E C O N O M I S T A 1 settembre 1878

imposta, e vi sono molte provinole dove in media i la sovrimposta ragguaglia al doppio della tassa go- I vernativa, e conosciamo qualche comune del regno in cui la lassa, tutto compreso, ascende al 50 ed anche al 60 per 100 del reddito imponibile. — Se ! a tutto cotesto si aggiunge oggi, pel fatto degli agenti finanziari, che il reddito imponibile dei fabbricati si accerta in cifre superiori al vero nessuno vorrà ne- j garci che questo balzello va perdendo per molli luoghi il suo carattere di imposta sulla rendita per convertirsi realmente in una totale confisca del ca- | pitale.

Non possiamo credere che fon. Ministro intenda rifarsi, come taluno vorrebbe far supporre, sulle spalle dei disgraziati proprietarj di case di quello che andrà a scapitare I erario per • la abolizione [ della tassa sul macinato. Noi abbiamo troppa stima nella avvedutezza dell’ on. Seismit-Doda per attri­ buirgli un calcolo così sbagliato. L’abof'zione della tassa del macinato non gli procaccierà certamente tanti amici per quanti nemici si guadagna oggi per questo procedere dei suoi agenti a proposito della re­ visione dei redditi dei fabbricali. — E quello che ci duole anche più si è che venga in tal modo disturbata la vita economica della nazione: i fabbricati si deprez­ zino ogni giorno di più; e siano tanto screditati che non vi è oggimai istituto di credito che acconsenta a prestar danari sopra una casa; e ciò è naturale' vedendosi che, tirando avanti così, lo stato, la prò vincia ed il comune finiranno con lo spartirsi ami­ chevolmente, il reddito del fabbricato senza che ne resti niente per il proprietario. Ed è naturale an­ che che nessuno pensi ad impiegare i propri ca­ pitali nella costruzione di stabifi, e così coleste esa­ gerazioni fiscali contribuiscano per contraccolpo, ed in ¡specie nei grandi centri a quella diminuzione dei lavori che oggi così vivamente e pericolosamente affligge la classe operaia.

Sapp;amo bene che contro l’operato dell’ agenzia dille tasse i contribuenti avranno facoltà di recla­ mare alla commissione di prima e di seconda istan­ za, ed in ultimo ai tribunali ordinarj. Ma non si creda che cotesti rimedi concessi dalla legge tol­ gano di mezzo tutti gli inconvenienti e tutte' le in­ giustizie che possono derivare dalla lamentata esa­ gerazione degli agenti finanziari. — Ammesso pure che le commissioni facciano piena ragione al con­ tribuente nessuno ripagherà a lui il tempo, le noie e le spese dei ricorsi che avrà dovuto avanzare per ripararsi da una tassa ingiustamente impostagli dal­ l’agente. — E pei non è già sempre sicuro che il contribuente vincerà nel giudizio. Dato pure che la commissione mandamentale di prima istanza, com­ posta come è di elementi elettivi, la tenga più dalla parte del contribuente che da quella del fisco, per l’agente è sempre facoltativo l’appello alla commis­ sione provinciale, la quale composta per tre quinti di elementi governativi e presieduta da un rappre­ sentante governativo probabilmente darà ragione all’agente modificando il giudicato della commissione di prima istanza.

Ultimo rimedio è il ricorso ai tribunali ordinarj concesso ai contribuenti dall’art. 16 della legge del 26 gennaio 1863, rimedio che fon. Depretis avrebbe voluto soppresso ma che il Parlamento volle con­ servato, come ultimo scampo contro le intemperanze fiscali. Però cotesto è un rimedio non accessibile a tutti, è un rimedio di lusso che sarà usufruito dai

grossi possidenti che possono anticipare le spese di un giudizio civile, mi che resterà di impossibile attuazione pel povero possidente di una casupola di poche stanze. — E poi non è sempre deplorevole che il cittadino si trovi nella necessità di ricorrere al tribunale per dimandare giustizia contro il Go­ verno che, in una civile società, si appella il più rigido custode delle sacrosante regole della giustizia?

Con qual coraggio può rimproverarsi ai contri­ buenti ed ai cittadini la mala fede in fatto di pub­ bliche imposte, come può farsi appello alla loro co­ scienza, per ottenere dichiarazioni sincere quando gli agenti governativi si addimostrano così incuranti delle regole di equità, da attribuire ai fabbricati redditi superiori del doppio e del triplo al vero loro valore locativo per poi scendere ad accordi degni appena dei nostri più umili bottegai? Non è così che si fa rispettare il Governo; e che gli agenti gover­ nativi si possono guadagnare la pubblica stima.

LA RIFORMA DELLA LISTA CIVILE

i

IL BILANCIO DI CASA REALE

Di questo argomento ho trattalo in un articolo inserito nell ’E conom ista del 16 aprile 1876; e ne riparlo perchè alle ragioni di allora s’ aggiunge che presto dovrà essere votata nuovamente la dotazione della Corona, e che si hanno già patenti segni della volontà del nostro Re di dare alla Lista Civile ordi­ namento diverso dal passato.

Allora Ito preso in esame i vari elementi che formano la parte passiva della Lista Civile, e mo­ strato come siano di disparata natura e' perciò de­ stinati a scopi molto differenti. Quell’esame mi parve indispensabile, perché classificate le spese, si rende manifesto che quanto è desinato veramente ad uso della Corona si riduce a tal somma da doversi con­ cedere per ragione politica e da potersi concedere senza offesa della pubblica economia. Dimostrazione importante, perchè nella opinione dei fautori del governo repubblicano il Monarca costituzionale di fronte al Capo elettivo e a tempo scapita per questa ! principale ragione (la quale, tutto sommato, mi pare rimanga la sola) della maggiore spesa per il suo mantenimento.

Nondimeno giustificata che sia la Lista Civile quanto alla sua spedale destinazione, e quanto alla misura se questa sia proporzionata alla destinazione j stessa, conviene altresì difenderla dagli attacchi degli avversari per ciò che riguarda il modo di ammi­ nistrarla. Non ho trattato allora di questa parte del tema, perchè in quelle condizioni non mi pareva facile trovare gli elementi di una soluzione che fosse accolta con eguale favore dal paese, dal parlamento e dalla Corona. Ho detto qualche cosa dell’esempio che l’Inghilterra ci dava sul proposito; ma quantunque in alcune parti essenziali sia imitabile, in alcune altre credo sia da lasciarlo per causa delle differenti circostanze d’Italia; senza di che non potremmo ri­ cavarne proposte da effettuare utilmente.

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-4 settembre 1878 L ’ E C O N O M I S T A 317

nessioni per la legge del 24 giugno 4860 erano stati portati a dieci e mezzo; e poi dal 1 gennaio 1861 per la legge retroattiva del 10 agosto 1862, a sedici milioni e dueceniocinquanta mila lire. Re Vit­ torio nel 1864 (legge 24 novembre) per le neces­ sità dello Stato riuuuziò a tre milioni; e a un al­ tro nel 4868 (legge 3 febbraio!; dal qual tempo la dotazione fu di L. 12,250,000 fino alla legge del 51 maggio 1877 che ne fissò la misura in quat­ tordici milioni e duecentocinquanta mila lire.

Quésta dotazione, secondo la classificazione da me proposta, serve ai seguenti titoli di spesa:

1. alla C assetta p a rticolare del Sovrano, nel senso che dirò più innanzi; 2. alle Spese d i C orte; 3. all’Amministrazione del D em anio reg io ; e 4 ai servizi che quantunque affidati alia Corona, non sono di loro natura diversi da quelli generalmente com­ presi nella competenza del Governo. Perciò li chia­ mo Servìzi civili della C orona.

Il Re, a cui la nazione conferisce speciali poteri e prerogative affinchè concorra con essa ad ottenere e assicurare i fini dello Stato, presta un’ opera il cui compenso dev’ essere misurato secondo la giu­ stizia, la prudenza politica e le convenienze sociali. Questi sono i criterii che valgono anche per la re­ tribuzione degli altri ufficiali pubblici ; solamente bisogna nel caso particolare ponderarli ciascuno da se, e poscia accordarli insieme così che na rimanga

pienamente soddisfatta la ragione di Stalo.

Calcolando sopra dati forse non molto lontani d ii vero, per il fondo a disposizione personale di S. M. e per gli assegni che S. M. concede ai Reali Prin­ cipi, lostanziamento s’ aggirava intorno a due milioni e mezzo. Questa somma dunque comprende ciò che nel linguaggio degli americani si direbbe la indennità dovuta al capo dello Stato, e della quale questi può disporre a suo grado; più le somme che il Re distribuisce ai membri della Famiglia di cui è Capo, Comprendo sotto il titolo di Cassetta p a r t ic o ­ la r e il fondo destinato a questi due scopi, allonta­ nandomi dall’ uso che vi comprende soltanto il primo; per il quale in Inghilterra sono stanziate un milione e trecento mila lire, laddove da noi non si oltrepassano le ottocentomila.

Dopo la cassetta particolare vengono le Spese di Corte, che distinguo in diverse categorie, facendole seguire le une alle altre nell’ ordine voluto dalla natura dell’ oggetto e dall’ entità della spesa. Qui però giova ripetere che mi attengo per le cifre a calcoli di semplice approssimazione, i quali valgano più che a indicare 1’ assoluto dispendio, a indicarci il rapporto in cui stanno le varie spese fra di loro. Viene innanzi a tutte quella per il Personale co­ sidetto d i servizio e per le Guardie del Re. Lascio fuori il personale am m inistrativo, perchè ne faccio parola più innanzi. Per questo capo si può ritenere che venga speso in cifre rotonde un milione e otto­ cento mila lire. Seguono le scuderie (oltre il milione), le caccie (mezzo milione), gli uffici di bocca (400 mila lire) e i viaggi (200 mila). Altri capitoli che in complesso possono importare circa settecento- mila lire si riferiscono ai seguenti oggetti : il mobi­ liare, la illuminazione, il combustibile, la biancheria, il vestiario, i medicinali, la cancelleria, le feste e il culto. Queste ultime spese certamente per la mag­ gior parte si riferiscono al servizio della Corte, e soltanto per la minore agli altri rami di servizio della lista civile, dei quali discorro più innanzi. Si può

dunque calcolare che le spese richieste dalla Corte, quando vi si aggiunga qualche riserva pei bisogni casuali, siamo di qualche poco sopra i quattro mi­ lioni e mezzo.

Mi l'anno difetto elementi positivi per indagare se in queste categorie di servizi vi sia da fare qualche economia; o se si possa, risparmiando da una par­ te, provvedere con maggior utile e decoro a qual­ che altra ; e in complesso se si possa o spendere meno o spendere meglio. Nondimeno, circa il servi­ zio delle scuderie che aggrava di un grosso milione il passivo annuo della Lista Civile, posso rimettermi tanto nel rispetto tecnico quanto neH’amministrativo, alle opinioni degli uomini competenti per giustificare le osservazioni che sono per fare. Re Vittorio Ema­ nuele, memoria e compianto perpetuo degl’ italiani, volgendo sempre il pensiero ai bisogni della nazione, stimava indispensabile migliorare le nostre razze equine come nei riguardi militari così negli econo­ mici ; e volle mettersi all’ opera spiegando in ciò la passione di cui era capace la sua forte natura. Non cerco se pel passato i risultamenti siano stati pro­ porzionati al dispendio della prova; se l’ allevamento abbia o no controperato al buon regime economico di qualche tenuta in cui era fatto ; e quindi se questo servizio sia da ritenersi gravoso. Mi fermo allo scopo del servizio stesso; eh’ è di migliorare la produzione equina, fissandone i tipi stimati più opportuni; e so che nessuno ne mette in dubbio la bontà. Sor- re però la quistione dei mezzi, potendosi chiedere se abbiano ad incaricarsene liberamente i privati, 0 se deva adoperarvi il Governo da solo o insieme con quelli ; e in questo caso se sia opportuno e regolare eh’ egli riversi in tutto o in parte sulla ! Corona o le abbandoni un’ impresa che gli spette­ rebbe nell’ interesse del paese. Posta così la qui- j stione, non si tratterebbe secondo me di radiare dai bilanci dello Stato una spesa in genere per le razze , equine ; bensì di vedere se convenisse conservare le regie razze e incaricarne la Corona, malgrado che il Governo abbia il servizio speciale degli stalloni. Non mi trattengo a cercare gli argomenti pratici e 1 molivi di convenienza pei quali taluni consigliano la conservazione di quelle razze, la quale riten­ gono possa anche fornire mezzo opportuno per ri­ cavare miglior partito da alcuni demanii della Co­ rona. In questo caso però la spesa non dev’ essere compresa nel titolo delle Spese d i Corte, quanto dev’ essere piuttosto trasportata sotto altro titolo per le ragioni e gli effetti che dirò in seguito. Fra le spese di Corte deve figurare soltanto la somma de­ stinata ai servizi di scuderia e di caccia ; per cui togliendo dal milione e mezzo ora destinato a queste due categorie la somma che dovrebb’ essere erogata per le razze, e riducendo la spesa per le caccie da considerarsi non più come occupazione prediletta del principe, bensì soltanto come servizio di Corte, sa­ rebbe grandemente diminuito l’ onere del bilancio per questi due oggetti ; e forse non oltrepasserebbe la metà del dispendio attuale, quando si calcolasse di assegnare approssimativamente 200 mila lire alle caccie è 600 mila alle scuderie ; donde da ultimo lo stanziamento per le spese di Corte forse non ol­ trepasserebbe i quattro milioni.

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548 L ’ E C O N O M I S T A 1 settembre 1878

Il personale am m inistrativo della Lista Civile si distingue in diverse categorie, in quanto ad ogni ramo di servizio naturalmente corrisponde una spe­ ciale amministrazione, e questa deve avere funzionari suoi propri. Senza distinguerne le categorie, sono centodieci circa gl’ impiegati dell’ amministrazione centrale, e risiedono alla capitale. Importano una spesa di circa 550 mila lire. Ceutotto sono quelli per l’amministrazione locale, nelle provinole, con un assegno complessivo di 250 mila lire circa. In que­ sto numero pertanto converrebbe distinguere gl’ im­ piegati che amministrano il Demanio dagli impiegati che hanno o avrebbero incumbenze amministrative negli altri rami in cui divido il servizio della Reai Casa. Dalla ideata riforma forse può nascere il bi­ sogno di aumentare I’ odierno personale, o di spen­ dere di più per esso, anche conservandone eguale il numero complessivo. Sennonché siffatto inconveniente troverebbe largo compenso nell’ assetto più naturale ed ellieaee della Lista Civile. Torna poi superfluo far previsioni sulla proporzione in cui questa spesa sarebbe ripartita fra i diversi rami amministrativi; e basta ammettere che ne sarebbe in parte aggravato anche il servizio di Corte.

Continuando ad esaminare il titolo della azienda demaniale, m’ incontro nell’ altra categoria delle fab­ briche e delle tenute, da contare al passivo per più di un milione, e all'attivo per una somma che lo sorpassa di tre o quattrocento mila lire. Se non che per altre categorie di spesa, l’amministrazione del regio demanio, se non si chiude ogni anno con un passivo, pena non poco a pareggiare l’uscita con 1’ entrata. Che se si guarda agli scopi di questo ser­ vizio, come li ho definiti nell’ articolo più volte ci­ tato, si vede che quando fosse organizzato esclu­ sivamente in ordine ai medesimi, non darebbe una rendita, ma piuttosto dovrebbe importare soltanto una spesa.

Il quarto titolo degli oneri addossati alla Lista Civile ho detto che si dovrebbe chiamare dei S e r ­ vizi od Uffici civili della C orona, come quelli che per ragioni di convenienza politica e di opportunità e non per causa della loro natura vengono attribuiti alla Lista Civile, anziché esclusivamente conservati fra le attribuzioni del Governo. Ed appunto per causa della loro natura devono avere sede distinta nell’ amministrazione, come nel bilancio della Reai Casa. Queste spese sono lasciate al Sovrano in forza delle tradizioni monarchiche, delle convenienze so­ ciali e anche dei pregiudizi popolari ; senza di che, in quanto siano giuste ed opportune, dovrebbero essere sostenute dal Governo, e per conseguenza es­ sere inscritte nei suoi bilanci.

Gl’ incoraggiamenti alle arti e alle imprese indu­ striali o scientifiche, e la beneficenza non sono uffici compresi necessariamente nelle attribuzioni costitu­ zionali del Re, come primo funzionario dello Stato; e il criterio con cui si determina la misura dell'as­ segno che gli è dovuto in questa sua qualità, non serve a stabilire quella delle spese occorrenti per questi capi. Ai quali s’aggiunge la rappresentanza, che non essendo sostenuta come ufficio, ed essendo piuttosto conseguenza di esso ad esclusivo vantaggio pubblico, non dà titolo a emolumento personale, bensì solamente a risarcimento in quanto se ne sop­ porti una gravezza. È diverso il caso della retribuzione da quello della rifusione di spese; l’assegno può avere misura fissa; gli stanziamenti per beneficenze, rap­

presentanze ed altro variano di necessità secondo le circostanze. Avverti che la dotazione vuol essere a mente dello Statuto fissata per la durata di ogni Regno; e non si vede con quali dati potrebbe il Parlamento calcolare per un periodo di tempo che tutti auguriamo lunghissimo, l’importo di spese d i­ pendenti da fatti e circostanze eventuali e grande­ mente variabili. Non è prudente e non è decoroso partito che la Corona assuma a cottimo ufficii civili di così rilevante e delicata natura.

La quistione è di fatto, e si può discutere in­ torno alla necessità e convenienza di affidarli alla Lista Civile, o intorno ai modi e alla misura in cui siano da affidarglieli; imperocché essa potrebbe anche rinunciarvi, senza detrimento dei suoi diritti e delle sue prerogative costituzionali. Ma quando sia deciso che deva conservarli, e questa decisione a me sembra la sola savia e conveniente, ritengo che l’ordinamento amministrativo dei medesimi, e la gestione economica che vi si riferisce si devano allontanare il meno possibile dai prinoipii e dalle garanzie che regolano ed assicurano l’amministrazione generale dello stato in ogni sua parte. Ne derivano infatti spese che si possono chiamare figurative nel senso che quantunque inscritte sul bilancio della Lista Civile, sono nondimeno sostenute per gli scopi del Governo, al quale dovrebbero far carico.

Prendendole partitamente in esame credo risalti di per sé la giustezza del concetto che me ne sono fatto; nel quale poi trovano fondamento le proposte di riforma che presento al giudizio delle persone competenti.

In primo luogo mi fermo ai trattamenti di riposo e disponibilità e agli eventuali assegni e sussidii per il personale. Secondo me, è una anomalìa che il Governo e la Corona adottino un diverso regime di pensioni. Ne sono nati e potrebbero nascerne an­ cora inconvenienti non piccoli. Il fatto che alcuni beni dello Stato sono destinati ad uso della Casa Reale, e che alcuni servigi d’indole governativa sono affidati anche alla Corona, non è causa sufficiente per cui il personale am m inistrativo della Lista Ci­ vile sia posto in condizione diversa, e, nel tema presente, più favorevole che non sia quella del per­ sonale governativo. Questo dualismo ha reso possi­ bile molte volte in favore di una persona il godi­ mento della pensione da parte del governo, e nello stesso tempo dello stipendio da parte della Corona o viceversa. Ma chi serve questa o per beni di cui la nazione le ha conceduto il godimento, o per gli uffici civili che le ha attribuiti, serve sempre lo Stato ; e gli devono essere applicate le regole ge • nerali riguardanti la retribuzione e la pensione degli ufficiali pubblici. S ’intende da sé che mancherebbe alla più elementare giustizia chi volesse togliere questo dualismo senza rispettare i diritti acquistati dal personale presente in forza dei vigenti regola­ menti della Gasa reale.

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1 settembre Ì8 7 8 L’ E C O N O M I S T A 349

Altre spese per uffici civili sono classificate sotto le categorie delle Belle Arti, della Biblioteca dei- fi Armeria e del Medagliere. Sommate tutte, sarebbe poco computarle in via ordinaria fra le cento e le cento cinquanta mila lire. Seguono le elargizioni so­ vrane e la beneficenza ; sino ad ora non meno di 600 mila lire l’anno. Dopo di che sarebbe da regi­ strar qui la somma che si credesse di destinare alle leali razze equine, e che sarebbe sottratta dalle spese sopra indicate di scuderia e di caccia: la qual som­ ma può forse contenersi fra le sette e le ottocento mila lire.

Alle quali categorie di uscita unisco finalmente l’ altra delle straord in arie rappresen tan ze, e intendo delle rappresentanze che non sono da comprendere nella consueta spesa di Corte, e alle quali per con­ seguenza non basterebbe l’ assegno fatto per questa. Ne porgono occasione le visite di principi esteri o speciali avvenimenti interni, o i viaggi di S. M. e dei BR. Principi fuori di Stato.

Considerando le materie sin qui annoverate fra i Servizi civili della C orona, si conferma che non spet­ tano di per sè alla lista civile; bensì al Governo, nella cui sfera d’ azione sono compresi i fini a cui servono. Nondimeno vi sono ragioni, o in date circostanze se ne possono trovare per lasciarle alla Lista Civile as­ segnandole tondi proporzionati. Se non che appunto per ciò la erogazione di questi fondi deve ispirarsi ai medesimi eriterii da cui sarebbe ispirato il Go­ verno se ne ritenesse per sè l’ amministrazione; e deve farsi con le solite guarentigie costituzionali af­ finchè fiutile della spesa corrisponda al sacrificio imposto per essa ai contribuenti. Donde da ultimo fi altra conseguenza che la previsione dei fondi per questi servigi è condizionata al verificarsi delle cir­ costanze da cui essi dipendono, e lo stanziamento resta giustificato nei limiti che risultano dal conto am­ ministrativo.

Sarebbe invero cosa ingiusta ed inopportuna, tanto quella per cui la Lista Civile per la insufficienza dell’ assegno dovesse provvedere a un bisógno ma­ nifestatosi maggiore in seguito, intaccando fondi de­ stinati ad altri scopi, o compromettendo il proprio stato economico; quanto l’ altra per cui profittasse di re­ sidui derivanti dalla eccedenza dell’ assegno in con­ fronto della spesa realmente fatta.

Distinguerei pertanto nel bilancio passivo della Reai Casa due parti: fi una delle spese veramente proprie della lista civile; l’ altra delle spese figura­ tive per servigi a cui di regola dovrebbe provvedere il Governo, ina che per opportunità sono lasciati invece alla Corona. Ciascuna parte consterebbe di due titoli, suddivisi ciascuno in varie categorie di spesa. I titoli sarebbero questi: la Cassetta P a rtico la ­ re (2,500,000 I.), il Servizio della Corte (4,000,000 1.1, il D em anio Regio, e i S erv iz i civili della Corona Soltanto i due primi si rileriscono all’ amministra­ zione della Lista Civile propriamente detta; per cui presentemente in causa degli altri due titoli essa apparisce ingrossata di una somma che in sostanza le è estranea, e che può essere stimata tre milioni d| lire, o poco meno; donde l’ accreditarsi e mantenersi di giudizi e di equivoci punto favorevoli alle nostre istituzioni. Le due parti poi del bilancio, attenendoci ai principali elementi di fatto esposti sin qui, ci da­ rebbero, prese insieme, e con larghezza di previsione una spesa di quasi nove milioni, senza incbiudervi quella per le straordinarie rappresentanze.

Parrebbe da ciò che fi attuale stanziamento fosse soverchio. Sono però da avvertire due fatti: il primo ehe la Lista Civile nel 1877 fu aumentata di due milioni e sgravata di mezzo forse per rimediare a uno sbilancio, che cessato nelle sue cagioni, non può d’ uu tratto cessare anche nei suoi elfetti. I! secondo fatto è che a fianco del leale e prode He Umberto siede ora sul trono la graziosa Regina che vi ha portato l’ esempio delle più belle virtù, e ne ha dagl’ Italiani ricambio di ammirazione e di affetto. Le conseguenze del primo fatto sono transitorie, e vi si potrebbe provvedere senza aumento permanente della do­ tazione. Le conseguenze del secondo devono invece essere precisate per soddisfarvi in modo degno e immutevole.

Non v’ ha dubbio che sotto questo rispetto la cate­ goria del bilancio in cui sono iscritti gli Assegni a i R R . P rin cipi, (la quale nell’esposto disegno fa parte del titolo Cassetta P a rtico la re) deve essere dotata più largamente; e per un delicato sentimento di con­ venienza, come per la certezza d’ interpretare il pen­ siero della nazione, il Parlamento terrà conto di questa circostanza nella nuova legge. Parimenti nel­ l’ amministrazione della Casa civile e del Demanio regio si renderanno necessari più larghi provvedi­ menti per il servizio della Regina; e si dovrà altresì pensare alle beneficenze di cui ella è invocata e tanto generosa dispensatrice.

Se non che per stabilire la misura di questi au­ menti occorrono dati precisi di fatto; i quali, per ciò che riguarda la Cassetta Particolare e il servizio di Corte, e cioè i servizi veramente costitutivi della Li­ sta Civile, devono essere apprezzati per guisa che lo stanziamento fatto per la durata del Regno (questo è il proprio carattere della regia dotazione) non riesca in seguito difettivo o soverchiamente lauto. Forse per le nuove circostanze del Regno non potrà elevarsi a meno di nove milioni o in quel torno; i quali rap­ presentano, in confronto delle cifre riportate di sopra, fi aggiunta di mezzo milione alla Cassetta Particolare e di circa due milioni ai servizi di Corte.

Queste previsioni però e questi computi possono anche essere tralasciati, bastando soltanto di avere qui distinto le diverse parti del bilancio passivo di Casa Reale e di averne veduta la differente natura, allo scopo di esaminare la presente organizzazione della Lista Civile, e di giudicare se possa essere riformata con utile della Corona e delle istituzioni che ci reggono.

Venezia, 2 0 Luglio 1878.

Saverio Scolari.

La Sezione Italiana all’ Esposizione di Parigi

(Continuazione e fine).

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■ vita effimera ed artificiale, altre industrie, che fra noi non potrebbero mai giungere ad un grado di im­ portante sviluppo. — La feracità del terreno, la mi­ tezza del clima fanno sì che il nostro paese sia mi­ rabilmente adatto a svariatissimi generi di coltura mentre la sua ricchezza di pascoli tanto nelle località più elevate, come in pianura è una circostanza fa­ vorevolissima nell’ allevamento del bestiame in larghe proporzioni, e allo sviluppo delle industrie affini.— Nonostante l’ Italia si trova anche da questo lato in una condizione di decisa inferiorità rispetto alle altre nazioni. — Il prodotto del grano e degli altri cereali che sotto l’ inospite cielo dell’ Inghilterra può rag­ guagliarsi di sovente a 21 volta la semente, da noi ben di rado può ragguagliarsi a 12. — La magna p a re n s fru gu m come pomposamente ma a buon di­ ritto la chiamavano gli antichi poeti, è costretta ogni anno a mendicare sopra mercati stranieri, di che preparare il pane quotidiano per i suoi abitanti, giac­ ché il grano che si raccoglie all’ interno non basta. — La produzione dei nostri vigneti che allignano pro­ sperosi in ogni terra italiana, certamente ricca per quantità, (comunque potrebbe esserlo ancora di più), comincia ora appena a fare i primi passi per lottare vantaggiosamente rispetto alla qualità coi vini fore­ stieri. Quanto poi all’ allevamento razionale di be­ stiami e degli animali dn cortile, è assai se da pochi anni si è compresa la necessità di sostituire metodi più scientifici e razionali a quelli meramente empi­ rici, e troppo soventè assurdi, che da tempo imme­ morabile si sono inveterali fra noi.

Quali siano le cause dì uno stato di cose cotanto deplorevole non sarebbe agevole ne breve ricerca, l’ indagare. — Certamente non sono nè poche di numero, nè tutte facili a vincersi. — E per accen­ nare soltanto alle principali non saprebbe negarsi come debbano avervi grandissima parte, l’ ignoranza profonda delle nostre popolazioni agricole che le rende reluttanti a qualunque innovazione, la difettosa r i ­ partizione della nostra proprietà territoriale, che quà si trova soverchiamente frazionata, altrove concen­ trata nelle ma: i di pochi possessori di latifondi, la scarsità di capitali disponibili e l’ elevatezza del saggio dell’interesse, l’assenza di sistemi razionali, e il poco uso di quei mezzi meccanici che diminuirebbero gran­ demente le spese di produzione, ed anche, ci si con­ senta il dirlo, quel falso amor proprio comune alla grande maggioranza dei proprietari, e universale poi nelle provincie ove vige il sistema della mezzadria di voler trarre dai propri fondi tutti quei prodotti di cui non siano assolutamente incapaci anziché de dicarsi soltanto a quella coltura speciale, per cui i fondi medesimi sarebbero naturalmete predisposti

Quali poi di questo stato di cose siano gli effetti facile è il giudicarne dai seguenti dati statistici.

La produzione media dei cereali in Italia secon lo i più recenti studi si valuta così:

Frumento . . . . . . Ettol. 51,790,005 G ranturco... » 51,098,331 Risone (riso brillato) . . » 9,818,131 Segale ed orzo . . . . » 6,657,288 A v e n a ... » 7,043,567 Questa produzione peraltro, come lo abbiamo già detto, non è sufficiente al consumo, dacché seb­ bene per i cereali inferiori si verifichi una sensi­ bile eccedenza dell’esportazione rispetto alla impor­ tazione, questa differenza non vale a contrabbilan­ ciare l’ eccedenza di gran lunga maggiore fra

es-portnziane e importazione che si verifica a carico nostro rispetto al solo grano, è che nel 1877 an­ nata da non annoverarsi certo fra le più sfavorevoli fu di 140 mila tonnellate circa, mentre nel 1876 lo era stala di oltre tonnellate 250 mila. E ciò senza parlare della semola e delle fecole in gene­ rale per le quali pure l’Italia e tributaria degli al­

tri paesi.

Migliori al certo sono le condizioni della nostra produzione vinicola. L’Italia infatti ha una superficie di 1,870,109 ettari destinati alla coltivazione della vite e ne ricava una produzione totale di 27,136,531 ettolitri di vino. Però siamo ancora ben lungi da quella meta, cui possiamo e dobbiamo aspirare, giacché gli imperfetti metodi di preparazione dei nostri vini, la troppa grande varietà e instabilità di tipi, fanno si che in tanta abbondanza di prodotti, abbondanza che potrebbe anche farsi maggiore, noi non giungiamo ad esportare (die 4 o 500 mila et­ tolitri di'Vino all’anno, vale a dire neppure la cin­ quantesima parte del raccolto annuale, e ne rica­ viamo a mala pena un prezzo medio di L. 65 ad ettolitro; prova evidente che i vini italiani che pure annoverano qualche specialità ricercata, quali ad esempio i vini liquorosi di Marsala e simili, non hanno ancora saputo appagare le esigenze del con­ sumo internazionale, come i vini francesi la cui fabbricazione costituisce una delle industrie più ricche per quel paese. Veramente prosperosa fra le industrie agricole può dirsi soltanto, l’industria olei­ fera, dacché mentre per la mitezza del nostro clima l’olivo alligna prosperoso sopra una considerevole estensione di territorio nazionale, la sua coltivazione e la preparazione delle olive, si compie fra noi con melodi certamente superiori a quelli praticati in al­ tri paesi, i quali comunque più favorevolmente di­ sposti a simile cultura, sono peraltro assai meno avanzati nella civiltà. Circostanza questa che deve metterci in guardia contro il pericolo di vedere un giorno o l’altro seriamente compromessa quella po­ sizione di incontestabile predomio che esercitiamo ora i sul mercato oleifero mondiale. Frattanto l’Itàlia da 900 mila, ettari di terreno piantati ad olivi racco- j glie annualmente in media 3,400 mila ettolitri di olio e ne esporta poco meno che 700 mila quin­ tali, i quali spediti per la maggior parte nelle re- i gioni nordiche dell'Europa e nell’America, si ven­ dono a carissimo-prezzo, come condimento di lusso e assai ricercato per le tavole signorili.

Un altro ramo di produzione agricola che può ; essere destinato a prendere in Italia un grande svi­ luppo e alimentare una larga esportazione è la col­ tura dei frutti e degli erbaggi, i quali possono pro­ dursi da noi in abbondanza, durante tutto l’anno e mercè gli attuali mezzi di trasporto vendersi in stato di perfetta freschezza sui mercati delle prin­ cipali città d’Europa.

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Ciò quanto all’ industria agricola propriamente detta. Dovremmo ora discorrere dell’allevamento del bestiame, ma non volendo dilungarci di troppo come la materia, e la abbondanza di dati statistici raccolti a questo proposito lo esigerebbero, ei limitiamo a brevissime osservazioni. — Abbiamo già avuto luogo di lamentato la mancanza quasiché generale di buoni metodi di allevamento; nonostante per amore di imparzialità ci piace constatare un fatto il quale apparentemente verrebbe a smentirci, e cioè che dalle nostre statistiche commerciali risulta una notevolissima eccedenza della esportazione sulla importazione per tutte le specie di animali dome­ stici, se si eccettuano i cavalli, dacché le razzo indigene essendo di pochissimo pregio è naturale non siano ricercate negli altri paesi che ne posseg­ gono delle ottime.

Ed invero chi ben consideri la realtà delle cose non potrà dire certamente che questo fatto non possa conciliarsi con quella nostra osservazione, in- quautochè se il numero degli animali che si pro­ ducono annualmente in Italia è esuberante rispetto ai bisogni del consumo interno, ciò non prova per nulla che i metodi di allevamento praticati attual- menie sieno inappuntabili; l’argomento varrebbe quando si potesse dimostrare, che la produzione at­ tuale avesse raggiunto, o quasi,' il limite massimo, cosa pur troppo assai lontana dal vero. — Ma un argomento ancor più evidente in favore della nostra tesi lo abbiamo, quando lasciato da parte il cri­ terio della quantità, ci facciamo a considerare la cosa sotto il punto di vista della qualità, poiché i nostri allevatori non possono davvero vantarsi di avere prodotto uno solo di quei tipi perfetti di ani­ mali, che negli altri paesi si annoverano a diecine e a centiuaja : come del resto lo prova lo stesso numero degli espositori italiani in questo genere di produzione, numero così esiguo, che quasi si pos­ sono contare sulle dita.

Un’altra prova l’abbiamo nella condizione in cui versa un’industria affine è strettamente connessa con quella di cui ci occupiamo: l’industria del Casei- licio. — Consultando infatti i dati statistici relativi al nostro movimento commerciale rispetto a questa industria, troviamo è vero una eccedenza a nostro favore fra l’esportazione e l’importazione di circa 20 mila quintali pel burro, ma per il formaggio invece la differenza è lutto nostro carico, e in una misura assai maggiore che oscilla fra i 40 e i 50 mila quintali all’anno. Per peggio nella produzione del formaggio, come in quella del vino, è da la­ mentarsi il difetto della soverchia varietà e della instabilità dei tipi, e questo fa si, che delle tante qualità di formaggio che si fabbricano i:i Italia, ben poche escono dal cerchio delle respettive provincie, due o tre soltanto possono trovare smercio ail’in- fuori .dei contini dello stato, cioè le F ontine del­ l’alto Piemonte; il G orgonzola della Lombardia, e il così detto cacio P arm ig ian o. — Ecco quindi un altro ramo di produzione che coltivato convenien­ temente potrebbe essere fonte di larghi benefizi pel nostro paese.

Capace pure di grande sviluppo sarebbe un’altra industria, essa pure assai affine alle precedenti, l’al­ levamento del pollame e degli annuale da cortile. Infatti sebbene anche so to questo rispetto i metodi praticati tutfora fra noi siano eminentemente pri ■ mitivi, pure nondimeno la importazione animale di

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simili animali, è già assai rilevante come rilevan­ tissima poi è quella delle uova di cui con progres- l sione sempre crescente siamo arrivati ad esportare

persino 247 mila quintali in un anno.

Molte altre cose sarebbero a dirsi intorno alle svariatissime industrie e tutte importanti i cui pro­ dotti si trovano compresi in questi tre ultimi grup­ pi, ma ci limiteremo a questi cenni, dacché ci Í sembrano sufficienti a dimoslrare (ove pure ve ne fosse bisogno) quanto largo e prolicuo campo of­ frano queste industrie alla nostra attività produttiva e come al loro sviluppo sia strettamente collegata, la futura prosperità del nostro paese.

Esaurita così la non breve, comunque superficia­ lissima indagine, che ci eravamo proposta, troppe davvero sarebbero le conseguenze, che spontanee ci sgorgherebbero dalla penna. — Ma poiché ciò ci trascinerebbe troppo oltre il compito nostro, così delle tante accennando ad una sola, come la più ap­ propriata al soggetto di questi nostri articoli, conclu­ deremo dicendo che f Italia, la quale per le sue con­ dizioni odierne non può aspirare al primato in nessuna industria ; che all’ odierna Esposizione non ha saputo neppure presentarsi con un saggio adeguato della sua attività produttiva, deve per lunghi anni ancora, de­ porre il pensiero di farsi promotrice e centro ad una Esposizione universale. — Agire diversamente sarebbe un venir meno ad ogni senso di carità cittadina, e peggio ancora una presunzione, che ci esporrebbe alle piu cocenti umiliazioni. — Pensiamo piuttosto a met­ tere a profitto quei tanti preziosi ammaestramenti che abbiamo potuto trarre dalle Esposizioni passate e presenti, e se lo vogliamo fare sul serio, non ci resterà davvero troppo tempo per pensare ad altro.

LA COMMISSIONE D INCHIESTA

SULL’ ESERCIZIO D E L L E FERR O V IE

Il 19 agosto ora decorso in una sala del Ministero dei Lavori Pubblici si adunava per la prima volta la commissione d’inchiesta sull’esercizio delle ferro­ vie istituita colla legge 8 luglio 1878, N. 4438. Erano presentigli on. Uevincenzi, Briosctii, Ferracciù, Genala, Laporta, Lacava, Bembo e Morandini. La commissione essendo composta di quindici membri era pertanto in numero e procedè quindi alla co­ stituzione del seggio. Rimasero eletti a presidente fon. Jaciui, a vice-presidente fon. Ferracciù, a se­ gretario fon. Genala.

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parte di questo comitato vennero eletti gli onorev. Morandini, Devincenzi, Bembo, Genala, Laporta.

Parve opportuno alla commissione il raccogliere la maggior quantità possibile di libri e documenti da ogni paese, e di ciò vennero incaricati gli on. Brioschi e Genala.

Si formararono poi tre gruppi, incaricato il primo di studiare le condizioni dell’esercizio dell’Alta Italia, il secondo quello delle Meridionali, il terzo quello delle Bomane. Il mandato di questi comitati con­ siste nel raccogliere fatti relativi all’esercizio delle I ferrovie italiane, e allineile ciò riesca più facile, crediamo die ciascuno dei membri dei comitati me- | desimi avrà ampia libertà di entrare nelle stazioni, negli uffici di amministrazione ecc. ecc.

Sappiamo inoltre die la commissione ha avuto il | lodevole pensiero di rivolgere un invito alla stampa allo scopo di pregarla a volere inviare alla Com­ missione stessa tutti gli articoli in cui venisse trat­ tata la questione ferroviaria e tutte le notizie rela­ tive. Inoltre per mezzo del Ministero degli affari esteri ha rivolto egualmente invito ai nostri rap­ presentanti all'estero affinchè forniscano schiarimenti intorno a ciò che a proposito di ferrovie può in­ segnare l’esperienza degli altri paesi.

RIVISTA BIBLIOGRAFICA

L’Italia Vivente, Studi sociali di Leone Carpi. Mila­

no, Vallardi, 1878.

11 sig. Leone Carpi con quella operosità che lo distingue ha composto questo nuovo libro. Non po­ trebbe mettersi in dubbio la importanza dello scopo che egli si è prefisso, quello cioè di studiare le classi più agiate delia popolazione, con animo se­ reno e imparziale. E siamo d’accordo con lui quan­ do dice che giova essere schietti e sinceri e non rifuggire dal mettere a nudo le nostre piaghe. È impossibile guarire una malattia se prima non se sia fatta una accurata diagnosi.

L ’on. Carpi, seguendo il sistema da lui tenuto scrivendo libri di argomento assai diverso da que­ sto, formulò un questionario che col mezzo del Mi­ nistero fu rimesso a tutti i prefetti del Regno e a quanti uomini più insigni possegga oggi l'Italia. I quesiti riguardavano l’aristocrazia del sangue e quella del denaro, la borghesia alta e media, il clero alto e basso, la burocrazia. Non sappiamo se questo si­ stema sia il migliore. Non abbiamo soverchia fede nelle informazioni ufficiali. I prefetti, i quali bene spesso sono sbalzati da una provincia all'altra non hanno nè il tempo, nè il modo di conoscerle a fondo, ne c’è da fidarsi che le persone a cui per avventura siano per dare l’incarico di rispondere siano proprio le più adatte all’uopo. Più lede ab­ biamo nelle informazioni privale ; qui ciascuno può dire quello che sa di certa scienza; nondimeno non c'è da dissimularsi che possono molto le preven­ zioni, le tendenze, gli umori particolari. Non dubi­ tiamo che il eh. A. abbia saputo con sana critica scegliere il meglio. Nondimeno in un lavoro di que­ sto genere meglio giova forse restringersi in più angusto limite e giudicare dietro le osservazioni proprie.

Con questo non intendiamo disconoscere il me­ rito del lavoro, ispirato da un nobilissimo intento. La­ sciando da parte tre capitoli che l’egregio A. dedica a Vittorio Emanuele, a Pio Nono e a Giuseppe Garibaldi, e che veramente non entrano nella materia, diremo che nel capitolo sull’aristocrazia nobiliare sono an­ notate le origini della degradazione della nostra aristocrazia. Noi non seguiremo il eli. A. nella sua esposizione, trattandosi di un argomento che non tocca che indirettamente la materia dei nostri studi. Ci limitiamo a far voti con lui a che il nostro pa­ triziato, che pur conta uomini notevoli, ma che sono pur troppo eccezioni, riprenda le tradizioni degli avi.

Come dell’aristocrazia del sangue, cosi dell’aristo­ crazia del danaro l’autore parla assai lungamente e mentre condanna ciò che oggi si chiama affarismo, eccettua gli uomini die s’ inalzarono onestamente coll’esercizio delle industrie e dei commerci. Della borghesia e del clero dice cose che saranno util­ mente lette.

Quello, su cui dobbiamo un momento fermarci si è la rinnovata accusa che il sig. Carpi rivolge agli economisti puritani, come egli li chiama. Il Carpi è protezionista, protezionista convinto e ha il merito di dirlo apertamente, del che lo lodiamo oggi in ¡specie che le tendenze protezioniste si ve­ lano sotto nomi e teorie a cui si vuole dar l'aria di novità.

Ma certo non possiamo essere con lui quando crede che i dazi di confine elevati sarebbero per le nostre provincie sorgente di prosperità. Non ci tratteniamo a combattere su questo punto le dottrine dell’ on. Carpi, perchè la confuzione, del protezio­ nismo è stata fatta da un pezza dalla scienza e dalla esperienza.

Il libro del Carpi è poi un po’ diffuso, I’ ordine lascia talvolta a desiderare, e certe cose vi appari­ scono alquanto esagerate, come quando ci dà uu elenco delle donne illustre italiane specialmente vi­ venti. Noi figli della cavalleria, come avrebbe detto il 1 Pellico, non vorremmo inai essere meno che cor- \ tesi col gentil sesso, ma in verità che molte delle donne da lui citate, che sappiamo modeste quanto colte, si maraviglieranno forse per le prime di tro­ varsi in quel catalogo. Siamo partigiani della più larga educazione femminile, fedeli a’ nostri principii 1 invochiamo per la donna la libertà, certi che la natura la trarrà dove la sua indole la chiama, ma I di ogni donna che sia istruita non ci pare conve­

niente far quasi u.t idolo e metterla sugli altari.

NOSTRE CORRISPONDENZE

Berlino, 28 agosto. Ritorniamo di nuovo all’ esposizione della carta e lasciando la sala principale penetriamo nella corte. Colà vi è un rumore continuo, una immensa attività come se ci trovassimo in una grande officina. Molte macchine esposte sono in movimento: ci occuperemo delle più importanti.

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lunghezza, ci mostra prima di tutto una cassetta in rame da colori con un apparato da scaldare, dalla quale cassetta il colore viene applicato sul rotolo mediante un lunghissimo feltro.

Come novità citiamo la macchina da legare i libri di Theim, che lega gli opuscoli con del refe che s’ incolla alla carta. 1 fascicoli che unisce sono soli­ dissimi, però questa macchina non si può raccoman­ dare per legare grossi volumi.

Vi sono molte macchine più piccole, fra le altre quella per numerare le pagine dei libri di commercio ed altre macchine. L'attenzione del visitatore è vi­ vamente attratta dalla macchina da cartocci che oc­ cupa una sola ragazza ed in una ora allestisce 3000 car­ tocci. Un notevole progresso si osserva nei cilindri a pressione veloce per la litografia e l’incisione in zinco. Mentre i cilindri a mano danno soltanto 25 incisioni in un’ ora, la macchina ne fornisce 350.

Occupiamoci specialmente della vetrina del Museo industriale tedesco dove sono esposti soltanto i pro­ dotti degli antichi fabbricanti di carta, dei chinesi e giapponesi. Fino dall’anno 400 circa data la fabbrica­ zione della carta in nell’impero celeste e al giorno d’og­ gi in complesso si fa press’ a poco come facevasi mille anni addietro, chè oggi pure la carta viene quasi esclusivamente fabbricata a mano.

Bambù, paglia di riso come pure la scorza del gelso, formano la stoffa greggia che si fa macerare per molli giorni nell’acqua e quindi battendola con un martello di legno si r.duce una massa liquida alla quale si unisce della glutine di radici o del­ l’amido di riso per legarla. Questa materia liquida si sparge su delle forme che si fanno in China di argilla porosa, e nel Giappone di un tessuto a guisa di stuoia con dei bastoncini di bambù. I così detti quaderni si spianano, per renderli lisci con delle spazzole piane e si pongono a rasciugare al sole. Questa carta sembra poco adatta per scrivervi con inchiostro a cagione della sua porosità, però nel Giappone se ne servono come carta da scrivere, suoiendo i giapponesi scrivere da un sol lato e quasi sempre col pennello e l’inchiostro della China. Però i nostri fabbricanti dovrebbero prendere per esempio la resistenza della carta giapponese cercando di fabbricare carta egualmente solida. Nel Giappone preparano una carta-cuoi per mezzo di una infu­ sione di semola, carta che dopo asciugata coprono con olio e resina. Questa carta è tanto solida che non ha nulla da invidiare al cuoio. Se ne vedono esposte delle cartelle, dei portamonete e delle cas-' setline. Inoltre è stata esposta carta da designare, da fazzoletti, da camice, da impannate per finestre, buste colorate, carta da giocattoli per bambini, man­ telli da acqua pure in carta e carta oliata. Una specie del tutto nuova per noi si trova nei tessuti in carta. La carta che serve a quella fabbricazione vien tagliata a finissime liste che si torcono finche non hanno raggiunto la resistenza del refe ed è utilizzata per tessere stoffe da abiti che possono esser lavate. 1 graziosi disegni in oro che si am­ mirano nelle stolì'e di seta giapponesi si fanno con listine di carta che s’introducono nel tessuto sulle quali si applica prima del foglio d’oro, e dei fili torti.

Noi troviamo pure delle frutta di carta e degli ornamenti per acconciare il capo delle donne e ci rammentiamo degli usi dei figli del sole quando vediamo gli anelli che si abbruciano nei funerali.

Per le suppliche da presentarsi all’ Imperatore della China bisogna servirsi di carta, gialla che deve essere involta in seta gialla e posta in una casseltina coperta di stoffa del medesimo colore, come si vede all’ esposizione. Il chínese tiene mol­ tissimo che una certa qualità sia impiegata soltanto per un certo scopo, cosa che non avviene fra noi, dove siamo molto emancipati in questo argomento e ci serviamo della carta cilindrata da stampa per carta da scrivere. S p e ria m o le questa prima espo­ sizione dell’ industria della carta possa segnare un cambiamento da noi e che il buon fabbricato faccia sparire quello cattivo.

Sui lavori della commissione d’ inchiesta sui ta­ bacchi, so da fonte autorevole che fin d’ ora i membri di essa hanno acquistato la convinzione che la sola maniera acconcia per tassare maggiormente il tabacco sia quella di stabilire il dazio d’ introdu­ zione e di cambiare la tassa sul terreno coltivato a tabacco in un dazio sul peso, ma che delibasi però rigettare tanto il monopolio quanto l’ imposta sulla fabbricazione del tabacco all’ uso americano. Oltre a queste tasse sul tabacco, per ottenere una rendita maggiore si pensa d’ introdurre una tassa sulla pa­ tente per la vendita del tabacco, al minuto come si fa in Russia ; non è però fissata ancora la cifra di questa tassa. Il Comitato provinciale dell’Alsazia-Lo- rena ha votato una mozione con 20 voti contro 2 per la riattivazione del monopolio del tabacco. È noto che in quelle province tedesche le quali erano sotto la dominazione francese prima del 1871, esi­ steva il monopolio.

Nei giorni 16, 17, 18 settembre sarà tenuto a Berlino un congresso di tutti i commercianti e ven­ ditori di generi coloniali, di prodotti italiani, di burro, droghe e tabacco. Nel giorno 17 si tratterà soltanto di formare una lega centrale dei commercianti te­ deschi. Si discuterà pure sulle diverse specie di so­ cietà di consumo, volendo i commercianti dichiararsi contrari alle medesime.

Ad Heidelberg si adunò la settimana decorsa una conferenza di tutti i ministri tedeschi delle finanze nella quale furono discussi i noti progetti d’ imposte e di protezionismo del Cancelliere e pare che le opinioni dei ministri delle finanze fossero favorevoli ai progetti del principe di Bismarck. Ciò significa in altri termini che i ministri hanno approvato i pro­ getti d’ imposte e di amministrazione economica di Bismarck. Bisogna procurarsi.del danaro, non importa di dove si tolga ed il mezzo più comodo è quello di procurarselo colle imposte indirette sui generi di consumo. Pare che i ministri, contrariamente alla commissione d’ inchiesta sui tabacchi, abbiano appro­ vato il monopolio.

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Se gettiamo uno sguardo sul resultato delle ele­ zioni in Germania ci accorgiamo facilmente che non v’è partito politico che sia uscito soddisfatto dalla lotta elettorale: non è -stato creato una solida mag­ gioranza ed il centro disgraziatamente, cioè i parti­ giani della Corte di Roma, possono far pendere la bilancia in favore dei progetti governativi. Questo resultato pure è stato cagione che il principe di Bismark sia entrato in trattative con Roma, giudi­ cando necessario di terminare la campagna contro la curia, cosa che può fargli perdere per sempre la sua reputazione tanto in paese, quanto all’estero. Vicino al giubbilo degli uomini del centro è facile accorgersi di quello che provano i socialisti i quali hanno dato quasi un milione di voti in favore degli uomini del loro partito, che sebbene i candidati so­ cialisti abbiano ottenuto pochi seggi, pure la quan­ tità immensa dei voti che hanno avuto è sempre un segno dei tempi che corrono ed ha prodotto non poca agitazione nei circoli governativi. I socialisti adesso si sentono mal sicuri in Germania ed hanno posto il loro quartier generale a Londra da dove inviano emissari in tutte le parti d’Europa, cercan­ do di agitare. Per quanto è dato giudicare dal punto di vista economico del nuovo Reichstag, può dirsi che probabilmente la maggioranza sarà formata di partigiani di un sistema protezionista moderato. Dal­ l’altro canto il partito del libero scambio guadagna una grandissima forza coll’ ingresso nel Reichstag del ministro Delbruck, che fin d’ oggi deve esser considerato come il capo di quel partito al quale la Germania deve la soppressione e la limitazione di alcuni dazi protettivi.

Vienna, 29 agosto Dopo la mia ultima corrispondenza la situazione è del tutto cambiata in Austria; il compromesso con­ cluso appartiene ormai al dominio degli ostacoli su­ perati e l’occupazione della Bosnia è divenuta per noi l’oggetto di tutta la nostra attenzione. Non si può in alcun modo prevedere di qual peso sarà questa occupazione per le nostre finanze, giacché non sarà reso conto al pubblico dell’impiego del credito di 60 milioni, votato a quello scopo, e l’amministra­ zione militare pretende di avere ancora in cassa la metà di quella somma. Nonostante ciò il corso della nostra rendita è caduto, cosa che si deve sempre considerare come un segno di sfiducia nei dati ufficiali.

Sulle speranze che possa offrire il sud-est pel no­ stro commercio circolano le opinioni le più strane, le più strane idee nel pubblico e nella stampa. Si sparge la notizia di costruzioni di ferrovie bosniache, come pure di accordi su quel terreno ciò prova che in queste quistioni prima di tutto bisogna porsi d’ac­ cordo coll’Ungheria,. il che è. impossibile prima che sieno terminate le elezioni in quel regno. È vero però che sono stati sanzionali dei trattati colla Ser­ bia, mediante i quali quel principato si è obbligato a costruire la ferrovia da Alexinas a Belgrado nello spazio di tre anni. Con ciò la Serbia si dichiara pronta ad amministrare quella linea secondo i prin- cipj e lo stile delle ferrovie meglio dirette che sono in Austria, e così il governo austriaco vuole essere assicurato che il traffico internazionale non soffrirà troppi danni per causa di una amministrazione tra­ scurata o per mancanza di sicurezza nelle comuni­

cazioni. Inoltre il trattato si occupa di regolare la Porta di ferro e non trascura la eventuale conclu­ sione di un trattato di commercio o di qualcosa di simile. Così sulla carta, in pratica poi sarà altra cosa come lo prova la condotta passata della Serbia. E certo che nei circoli governativi delle due parti della monarchia si pensa di faro entrare al più pre­ sto possibile la Bosnia e l’Erzegovina nella comune lega doganale ed in seguito ad invitare pure la Serbia e il Montenegro a farne parte. Pel momento tutte le merci che sono spedite nei paesi occupati, sono esenti da dazio, ma non è così per le merci che da quei paesi sono spedite in Austria, ed i nostri industriali e commercianti ne traggono tutto quel partito che possono.

Come in altri stati e più che in ogni luogo in Germania, così anche qui si lamentano le poche co­ gnizioni economiche politiche delle nostre assemblee parlamentari. Siamo alla vigilia delle elezioni per le diete e siccome il bisogno richiede un rimedio, così la nostra stampa si occupa di questa materia e mo­ stra pure la necessità di maggior cultura economica per migliorare le finanze dello Stato ; Siccome nel nuovo periodo legislativo si debbono discutere la ri­ forma dei tributi comunali e la costruzione di ferro­ vie locali occorre che i nostri deputati abbiano una cultura economica più vasta e più profonda di quella che essi stimavano necessaria fin qui.

Le discussioni per la conclusione del trattato di commercio colla Germania che pareva dovessero esser riprese il 1 settembre sono di nuovo ritar­ date, ed il ritardo è motivato dalla Germania la quale vedrebbe con piacere che dopo spirato questo provvisorio nè fosse concluso un altro per alcuni mesi o per più lungo tempo. La Germania desidera che siano ritardate le discussioni sui trattati di com ­ mercio per potere attendere il resultato delle in ­ chieste e soprattutto per vedere raggruppamento dei partiti politico-commerciali nel Reichstag. Non im ■ • porta ripetere che questo provvisorio nuoce moltis­

simo al nostro paese.

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cialmente le prime mancanti di facoltà sufficienti per richiedere dai capitani gli elementi necessari a compiere tale inchiesta; ritenendo che i capitani marittimi sarebbero meglio al caso di apprezzare i fatti rettamente e di pronunziare un giudizio a cui dovrebbe tener dietro la sanziono penale del ritiro della patente di capitano e la sospensione dell’ eser­ cizio propone :

« l.° L ’ istituzione in ogni compartimento ma­ rittimo del regno di una Corte disciplinare marittima, composta di un Presidente Magistrato e due capitani marittimi incaricata di procedere, in caso di avveni­ menti gravi, ad un’ inchiesta sulle cause del disa­ stro, facoltizzala ad infliggere al capitano la pena della sospensione dall’ esercizio, o ritiro della patente di grado, quando risultasse imperizia, negligenza, o male proposito da parte sua.

« A questa Corte disciplinare marittima di primo grado, ne farebbe seguito un’altra composta di 8 giu­ dici, Magistrato I’ uno, pratici gli altri, che giudiche­ rebbe in grado di appello.

« 2.® Estensione ai Conso'i all’ estero di facoltà atte a condurre alia piena conoscenza dei fatti.

* 3.® Obbligatorietà di un inventario di bordo e modificazione di sistema nella tenuta del giornale nautico, del quale olire un modulo.

Non si associa per altro la Commissione della I Camera di Commercio alla prima proposta la quale tende ad istituire un Tribunale il cui giudizio non condurrebbe che all’interdizione o alla sospensione dello Esercizio mentre resterebbe separato e indi- pendente il corso delle altre procedure civili o cri­ minali che gl’ interessati credessero d’ intentare di­ nanzi ai tribunali comuni. Ma il pronunziato di questi ultimi non potrebbe non appoggiarsi compie tamente sopra quello del primo che avrebbe con­ dotto a termine l’indagine sopra il fatto imputato, onde ne avverrebbe che si lascerebbe stabilire la condizione di fatto da cui dovrebbero scaturire im­ portantissime conseguenze giuridiche da un’autorità la quale, essendo composta per la massima parte da uomini pratici non offrirebbe sufficienti guaren­ tigie per escludere ogni timore d’inesatti apprezza­ menti. Inoltre i capitani fanno parte per lo più delle Società di assicurazione e sono interessati diretta­ mente nelle questioni di avarie o di baratteria. La Commissione crede più conveniente di proporre che le autorità giudiziarie ordinarie nel procedere all’in­ chiesta prescritta dalla legge dovessero associarsi dei pratici capitani marittimi incaricati di mettefe nella massima evidenza i fatti. Dovrebbe quindi a mente della Commissione farsi luogo nel Tribunale di Commercio ad una speciale sezione a cui do­ vessero devolversi tutte le contestazioni marittime e la cui competenza si estendesse finn ad irrogare le pene disciplinari dell’ interdizione o della sospen­ sione dell’esercizio per la negligenza o il dolo ac­ certato del capitano, f giudici componenti questa sezione dovrebbero essere per 2|3 capitani marit­ timi e d’innanzi ad uno di questi dovrebbe esser fatta la relazione che l’articolo 339 del Codice commerciale manda farsi d’innanzi al Presidente del Tribunale.

Il consigliere C asarelto osserva che l’ istituzione di tribunali nautici non sarebbe cosa nuova poiché questi sono ammessi in molti paesi e specialmente in Inghilterra e presentano grandi vantaggi dal lato della competenza e della celerità dei giudizi; aggiunge

j che a suo avviso uno speciale Tribunale marittimo ! sarebbe assai meglio in grado di determinare la ve­ rità dei fatti produttivi di effetti civili e penali im­ portantissimi che non la proposta seziono del Tribu­ nale di Commercio.

Il Consigliere T orre, crede superflua l'istituzione del nuovo "Tribunale poiché per l’ appuramento dei ! fatti crede che la Capitaneria di Porto potrebbe pro-

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cedervi con la massima esattezza quando eseguisse ] severamente e scrupolosamente la leggo specialmente I se si avesse cura di aggregare _ agli ufficiali che la compongono degli uomini pratici del mare; e per decidere poi sulle conseguenze civili e penali il nuovo Tribunale non potrebbe da un lato possedere | gli svariati elementi, le informazioni, la conoscenza degli usi e della diversa natura dei contratti che possiede il Tribunale di Commercio e dall’ altro sa-

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rebbe difficile che il Governo acconsentisse a devol­ vere ad essi una parte della giurisdizione penale dei Tribunali esistenti. Insiste quindi nelle proposte della Commissione, rilevando inoltre che la nostra marina non merita la taccia che le vien data poiché i casi di baratteria e di avarie simulate sono assai rari e che iT Tribunale speciale marittimo non fu creato in Inghilterra, tanto per reprimere queste frodi quanto per porre un freno agli armatori che continuavano a far navigare bastimenti in cattivo stato.

C ataldi vice-presidente dice di essersi trovato come membro del Tribunale di Commercio nel caso di avere una convinzione contraria a quanto emergeva da un giornale di bordo, ma avere dovuto nonper­ tanto giudicare secondo le risultanze di questo poiché esso fa fede ai termini di legge fino o prova con­ traria la quale mancava.

Il Tribunale proposto dall'Associazione marittima dovrebbe istituire un’ inchiesta a fondo intorno alle circostanze di fatto ed esaminare tecnicamente il giornale di bordo, il quale appunto perciò, secondo la stessa proposta, dovrebbe esser compilato sotto una forma più ampia e più dettagliata. Il Tribunale procederebbe non solo come le Capitanerie ili Porto ad appurare i fatti, ma deciderebbe ancora sull’ in­ capacità del capitano; che pella facoltà nel nuovo Tribunale di applicare pene disciplinari, esso diver­ sifica dai Tribunali penali, i quali sono soltanto chiamati a pronunziarsi sulle colpe o dolo; e dai Tribunali di Commercio avanti i quali devono essere portate le cause per gli effetti civili che dai fatti incolpati possono emergere.

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