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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.05 (1878) n.221, 28 luglio

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L'ECONOMISTA

G A Z Z E T T A S E T T I M A N A L E

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI

Anno Y - Yol, IX

Domenica 28 Luglio 1878

N. 221

A PROPOSITO DI DN PROGETTO DI LEGGE

SULLA EMIGRAZIONE

Gli uffici della Camera autorizzarono la lettura di un progetto di legge degli onorevoli Minghetti e Luzzatti, il quale avrebbe dovuto esser svolto in occasione della discussione del bilancio del Mini­ stero dell’interno.

L’argomento è di tanta importanza che ci sem­ bra opportuno di intrattenerci sulla ricordata pro­ posta. Noi abbiamo più volte toccata la quistione della emigrazione, e ci piace ora ripetere breve­ mente ciò che ne pensiamo.

Fon potrebbe a senso nostro affermarsi cogli uni che l’emigrazione è sempre un bene o con gli altri che è sempre un male. Ciò dipende da un com­ plesso di circostanze, che non permettono un giu­ dizio così reciso. Di fronte alle classi lavoratrici non c’è dubbio bensì che essa possa giovare a miglio­ rare le loro condizioni economiche scemando l’ of­ ferta delle braccia ; mentre d’ altra parte il ritorno di emigranti che hanno messo insieme qualche pic­ colo peculio non è senza grandi vantaggi materiali e morali.

Ma le sofferenze a cui spesso è esposta una emigrazione mal diretta e priva di mezzi ha spa­ ventato molti che hanno veduto l’emigrazione italiana andare crescendo. Qnd’è che abbiamo udito più volte levarsi un grido di allarme, e invitare il go­ verno a porvi un freno. Crediamo di non andare lungi dal vero affermando che insieme alla sincera pietà di alcuni andava congiunto l’ egoismo di altri interessati, ai quali pareva òttimo confondere il bene ed il male, presentando come un fatto generale \ quello che non era che un fatto parziale e tornava comodo di piangere sulle sventure dei lavoranti agricoli che espatriavano piuttostoehè trattarli in modo più umano. Questo diciamo perchè in varie provincie dell’Alta Italia e nella Basilicata l’ emi­ grazione ha giovato a migliorare le condizioni delle classi agricole e a creare in alcune una classe di contadini proprietari, e perchè oltre alle emigra­ zioni permanenti vi sono le emigrazioni periodiche, le quali recano tanto giovamento alle popolazioni di parecchie provincie dell’Alta Italia. L’ Ellena per­ tanto scriveva giustamente : « Del resto quel pub­ blico che forma la sua opinione con la lettura dei giornali non bada che alle sciagure dell’emigrazione di cui si ingemmano i fa tti diversi ; ma raramente pondera se siano l’ecceiione o la regola. Invece le classi che forniscono più largo contingente all’ emi­ grazione si fondano, quando non sono sedotte da disonesti agenti di emigrazione sulle notizie perso­

nali degli emigrati e, diciamolo pure, sono meglio informate. »

Con tutto questo lo stato intervenne e questo intervento ebbe luogo colla circolare Lanza del 18 gennaio 1875, la quale esigeva dagli emigranti la prova che essi avessero i mezzi per fare il viaggio ed anche per provvedere alla propria sussistenza durante il tempo che può presumersi necessario e non breve per trovar lavoro nel luogo ove inten­ devano recarsi e che presentassero persona solvente la quale si obbligasse per iscritto a pagare, occorrendo, il viaggio di ritorno, e questo pel caso che avessero ad essere rimpatriati a spese dei consolati. Mai si vide disposizione più illiberale ed assurda, poiché si chiedeva all’emigrante ciò che è la causa per cui emigra, fomentando in tal modo la emigrazione clandestina.

Il ministero Minghetti negli ultimi giorni che fu al potere seguendo quella corrente di idee che valse ad alienargli gli animi dei seguaci delle dottrine liberali, presentava al Senato un progetto di legge, ai termini del quale venivano posti molti vincoli alla emigrazione e il governo avrebbe avuto perfino fa­ coltà di impedirla. Fortunatamente il progetto rimase lettera morta.

Il ministero succeduto a quello Minghetti da un lato nominò una Commissione, i cui studi non ap­ prodarono a nulla perchè concluse che nulla vi era da fare, ma dall’ altra parte abolì la circolare Lanza, rendendo così il debito omaggio alla libertà indivi­ duale. Se non che la successiva circolare Nicotera in data del 20 settembre 4876 venne a riprodurre in parte gli inconvenienti della circolare Lanza. In quella occasione noi non indugiammo un istante a deplorarla. Il Ministero impaurito dal fatto di una emigrazione in massa di contadini privi di mezzi di sussistenza dal Mantovano, pur protestando del suo rispetto alla libertà, distingueva fra emigrazione na­

turale && artifieiale, dichiarando che a quest’ultima

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466 L’ E C O N O M IST A 28 luglio 1878 la lotta fra questi elementi egualmente necessari della

produzione, sta bene, ma finché essa rimane nel campo della legalità, finché in altre parole non c’ è alcuna violazione di diritti, il governo non ci deve entrare, perché altrimenti, lo ripetiamo; pecca di ingiustizia. Impedite l’ emigrazione e in certe pro­ vince dell’Alta Italia o della Italia meridionale ciò equivarrà a dar man forte ai proprietari per perpe­ tuare quagli abusi che ormai sono noti a tutti e che offendono le più sacre leggi della civiltà e della umanità.

Che nella mente di chi stabilì simili disposizioni ci fosse l’idea di tutelare le classi povere non lo negheremo davvero, ma si tratta di una tutela che somiglia alla protezione delle industrie nazionali. La vera tutela non consiste nel restringere la emigra­ zione, ma nell’impedire gli inganni, le frodi, i so-, prusi, nello illuminare gli emigranti, nel fondare al bisogno delle colonie. .

Sigino lieti di vedere che l’on. Minghetti sceso dagli scanni del potere abbia, anche in questo ar­ gomento, mostrato di tornare a idee più larghe e più liberali, seguito questa volta dall’ on. Luzzatti.

E per vero il progetto presentato dai due ono­ revoli deputati nel primo alinea dell’art. 2 dispone che nessuno può essere impedito di emigrare quando abbia adempiuto i doveri che gli sono imposti dalle leggi civili e militari. Alla buon’ora! Qui si rico­ nosce che l’emigrare è un diritto del cittadino, che lo Stato non ha facoltà di imporre vincoli che si risolvono in una negazio ¡e di quel diritto in chi forse ha maggiore necessità di esercitarlo, e la li­ mitazione che si impone è perfettamente ragionevo­ le, essendo evidente che a ne: uno può essere permesso di sottrarsi agli obblighi che derivano dalle patrie leggi. Se diventasse legge dello Stato un progetto che sancisse questo principio di giu­ stizia e di libertà, noi ci sentiremmo, per questo solo, disposti ad approvarlo, qualunque potessero essere d’altronde i suoi difetti, poiché questi in ogni modo non potrebbero essere che poca cosa di fronte al riconoscimento di quel principio, la negazione del quale, costituisce la più flagrante violazione della libertà individuale.

Il progetto Minghetti—Luzzatti all’art. 3 definisce l’agente di emigrazione e dice che sono considerati come agenti tutti coloro, siano individui o associa zioni, i quali compiono abitualmente le operazioni per l’arruolamento e per il trasporto degli emigranti all’estero.

Si eccettuano bensì i sindnci, gli impiegati dello Stato, i parroci ed in genere i pubblici funzionarli civili ed ecclesiastici, ai quali è vietato di promuo­ vere o di frenare l’emigrazione di qualsiasi maniera. La quale disposizione ci ha l’aria di essere troppo vaga e indeterminata. Che lo Stato a qualunque funzionario che in un modo o in un altro dipenda da lui inibisca di esercitare l’ ufficio di agente di emigrazione, lo intendiamo e lo approviamo, appunto per l’ordine di ragioni che disopra abbiamo accen­ nato. Poiché nella maggior parte dei casi l’emigra­ zione, è inutile dissimularlo, deriva dal contrasto fra il capitate e il lavoro, lo Stato ha stretto obbligo di essere imparziale e mancherebbe a questo suo dovere stimolando l’emigrazione come impedendola. iMa dire senz’altro che ai funzionari civili ed eccle­ siastici è vietato di promuovere o frenare l’emigra­

zione di qualsiasi maniera, ci sembra non troppo chiaro.

Il secondo alinea dell’ articolo 9 li punisce alla pari degli agenti sforniti della licenza, cioè col car­ cere da un mese ad un anno e colla multa da lire 51 a lire 5000. Ora è principio elementare di diritto che nella applicazione delle leggi restrittive non si può procedere con criteri estensivi come in materia civile, e che il reato deve essere esatta­ mente e precisamente determinato. A senso nostro converrebbe dunque defininire tassativamente che cosa si deve intendere per quel promuovere e per quel frenare, chè altrimenti potrebbe darsi che uu semplice consiglio dato a qualche individuo di andarsene o di rimanere venisse elevato a delitto, il che sarebbe assurdo.

Venendo agli agenti di emigrazione, il progetto stabilirebbe presso il Ministero d’Agricoltura, Indu­ stria e Commercio un ispettore ed un ufficio di emi­ grazione, incaricato di accordare la licenza agli agenti di emigrazione, di vigilare sopra di essi in caso di trasgressione, ordinerebbe il ritiro della licenza e al bisogno li denunzierebbe alle autorità di pubbica sicurezza e giudiziarie. Gli agenti, ai termini del progetto in questione, devono per ottenere la licenza, prestare una cauzione nella somma di lire 3000 di rendita. L’emigrante che' ha un contratto scriio o verbale con un agente di emigrazione può ricorrere contro di esso per abuso di contratto alla prefettura 0 al consolato, secondochè si trova nel regno o fuori, e il prefetto o il console, accertato somma­ riamente l’abuso, determina l’ indennità dovuta al­ l’emigrante, riferendone all’Ispettore, il quale si ri tiene l’indennità sulla cauzione, come fa anco per le multe prescritte contro le infrazioni alla legge o al regolameli o da L. 51 a 5000.

Se per questi motivi la cauzione sia ridotta di un quarto, dovrà essere reintegrata. La disposizione è giusta; soltanto nel caso del contratto fra emigrante ed agente, ci parrebbe che a quest’ ultimo dovesse essere aperto il ricorso ai tribunali, poiché le auto­ rità politiche non sono le più alte a sentenziare, tanto più in ultima istanza, quando si tratta di con­ troversie riguardanti in qualsiasi modo un diritto. Gli agenti di emigrazione sono responsabili in solido degli atti dei loro commessi o rappresentanti per la esecuzione del loro mandato, e per ciò che riguarda 1 con,ratti stipulati cogli emigranti, sono responsa­ bili dal giorno dell’ arruolamento fino all’ arrivo nel luogo di destinazione, a parte gli ulteriori impegni derivanti dal contratto.

Fra le principali disposizioni del progetto ne no­ teremo altre due. La prima è quella ai termini della quale l’ Ispettore raccoglie le notizie opportune r i­ spetto alla emigrazione, le comunica ai prefetti per essere diffuse, avendo diritto di affissione gratuita dei suoi manifesti in qualunque stazione o impresa di trasporti per terra o per acqua. Questo ci pare veramente, come abbiamo detto, ufficio del governo.

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come colpevole di truffa, il che ci porterebbe in­

contro a una discussione sulla esattezza della no- nienclatura. In secondo luogo troviamo al solito troppo vaga la espressione: rappresenta fatti falsi

o sparge notizie insussistenti. Bisognerebbe stabilire

chiaramente che tuttociò deve avvenire in forza, per così dire, di un inganno premeditato; converrebbe in­ somma che il dolo fosse accertato, che altrimenti potrebbe essere colpito chi senza mal’ animo e senza altra colpa che quella della leggerezza ripetesse, come tante volte avviene, ciò che ha sentito dire. In ma­ terie odiose, ripetiamolo anche una volta, bisogna procedere coi piedi di piombo e col massimo rispetto alla libertà, e non a torto il legislatore italiano volle porre questo principio come base del nostro diritto nelle disposizioui preliminari del Codice Civile.

Ci pare pertanto che con qualche modificazione nel senso da noi accennato, il progetto Minghetti- Luzzati costituirebbe un grande progresso nella no­ stra legislazione in materia di emigrazione.

LA DISCUSSIONE POSTUMA

SUL TRATTATO DI COMMERCIO ITALO FRANCESE

Non è spettacolo nuovo il veder scambiarsi dopo un avvenimento che abbia avuto un esito poco sod­ disfacente, le querimonie e le recriminazioni fra co­ loro che hanno contribuito all’insuccesso. E naturale che ognuno voglia rigettarne tutto il biasimo sopra le altrui spalle ed alleggerire le-proprie della r e ­ sponsabilità che gli compete; ma il torto è d’ordi­ nario diviso equamente fra le varie parti. E presso a poco ciò che vediamo accadere a proposito della tensione che hanno preso i rapporti commerciali fra l’Italia e la Francia; fatto doloroso di cui, ri­ salendo alle origini, sono forse da incolparsi ugual­ mente i due paesi ed il cui effetto deve rimprove­ rarsi ai negoziatori del trattato abortito, a coloro che lo hanno preso in esame ed ai governanti dell’una, come dall’altra parte delle Alpi. Ma ai ne­ goziatori prima che ad altri, imperocché quando colui che getta le prime pietre si diparte dai retti insegnamenti della ragione e dell’esperienza, si rende più difficile agli artefici che gli succedono di con­ durre l’edificio a buon fine; una buona piega a qualsiasi negozio non può essere assicurata se fino dai primordi esso non fu bene avviato.

Ciò non pertanto il sig. Luzzatti, che ha avuto tanta parte nelle negoziazioni del trattato italo-fran- cese del 7 luglio 1877 e che, forse appunto perchè vi ha avuto così gran parte, si ostina a ritenerlo opera poco meno che perfetta, addebita alla Com­ missione parlamentare francese che ne ha impreso lo studio e particolarmente al suo relatore signor Berlet tutta la colpa delTavvenuto rigetto e della consecutiva applicazione delle tariffe generali, diri­ gendo contro di esso gli strali di una critica assai pungente in un articolo pubblicato nella Nuova A n ­

tologia. Questi risponde a sua volta con due lettere

pubblicate sopra le colonne del giornale francese il

Temps e così s’ impegna una discussione che, non

priva di una certa asprezza, serve per altro a porre in luce alcuni torti di ambo i contendenti ed a ri­ condurre in qualche punto la verità ad un termine intermedio.

I nostri lettori sanno oramai quali ragioni c’ in­ ducono a ritenere che il trattato del 1877 fosse un lavoro assai mediocre, sanno ancora che in moltis­ simi argomenti siamo assai ben lungi dal dividere le vedute del sig. Berlet; della presente disputa di­ remo adunque solo quel tanto che basii a corrobo­ rare la giustezza delle opinioni che abbiamo altre volte avuto occasione di esprimere. Non dobbiamo farci giudici della questione che riguarda il tratta­ mento fatto ai filati ed ai tessuti nella tariffa A, annessa al trattato, la quale regola i dazi d’entrata in Francia. Il sig. Berlet dice che i negoziatori fran­ cesi sono stati ispirati da soverchia compiacenza in­ troducendo nella tariffa francese con molti dettagli tutta la serie riguardante i tessuti ed i filati che non presentava interesse per l’Italia, la quale non ne esporta e che serviva quindi soltanto a vincolare la Francia di fronte ad altre nazioni di cui deve temere la concorrenza le quali ne avrebbero goduto in virtù del principio della nazione più favorita. Il sig. Luzzatti replica in primo luogo che i negozia­ tori italiani considerando appunto la mancanza di interesse del loro paese su tale argomento, salvo in alcuni pochissimi articoli, non affacciarono riguardo ad esso nessuna pretesa, accogliendo semplicemente il regime proposto dai negoziatori francesi; ed in se­ condo luogo che, questo regime era quello stesso inserito nel nuovo progetto di tariffa generale fran­ cese; ma questa seconda asserzione il sig. Berlet la dice erronea.

Non son certo i nostri principi che suggeriscono al relatore francese questi appunti; sorvolando quindi sopra ad essi vediamo il sig. Luzzatti meravigliarsi che il sig. Berlet, rilevando i progressi fatti dall’Ita­ lia nell’esportazione in Francia dei suoi prodotti manifatturati accresciuti da 21 a 54 milioni durante il periodo 1863-76 e ponendoli in confronto col movimento dell’esportazione francese in Italia dei pro­ dotti dalla stessa categoria, che da 143 milioni nel 1863 salirono a 162 nel 1864 e quindi discesero intorno a 100 rimanendo a 102 milioni nel 1876, deplora nella sua relazione che ad onta di tali ri­ sultati la Francia conservi i suoi dazi o li elevi di poco, mentre l’ Italia li aggrava spietatamente. E risponde al relatore francese con lo annoverare alcuni articoli in cui anco la nuova tariffa conven­ zionale francese faceva pesare più gravemente la mano del fisco sopra i prodotti italiani. Ma sebbene disgraziatamente questi dazi rialzati colpiscano le produzioni che più dovrebbero esser care all’Italia ed i negoziatori nostri avrebbero dovuto studiarsi con ogni cura di evitarle, il sig. Luzzatti non giunge a nominare che poche voci, cioè: i marmi lavorati, i filati di cascami di seta, i ventagli, le terre di Siena, e i formaggi, nè possono mettersi a confronto col numero di aggravamenti che il relatore fran­ cese enumerava nella tariffa italiana ove, secondo che altre volte abbiamo dimostrato, gli aumenti pos­ sono considerarsi come regola generale.

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in-468 L’E C O N O M IS T A 28 luglio 1878 scritti nel trattato avrebbero potuto venir modificati

nelle successive trattative con 1’ Austria e con la Svizzera.

Tutte queste ragioni invero ci sembrano poco alte a convincere il negoziatore francese di inesat­ tezza nelle sue apprezzazioni ; egli invero non si lagnava delia mitezza del dazio francese bensì del­ l’elevatezza di quello italiano e mostrava che la Francia, quasi sfornita d’interesse per ciò che ri­ guarda il bestiame grosso, non lo è poi per i pic­ coli animali, cioè per le giovenche, i torelli e i vi­ tellini che pagano in Italia un dazio quintuplo e decuplo di quello francese. E di più avea ragione di dire che ciò che sarebbesi fatto nelle trattative dell’Italia con l’Austria o la Svizzera era cosa che non lo riguardava; a lui incombeva di studiare il trattato quale era, nè doveva preoccuparsi delle mo­ dificazioni che avrebbe potuto ulteriormente subire. I trattati diverrebbero inutili se bastasse rimettersi alle incerte promesse verbali fatte dai rappresen­ tanti più o meno autorizzati da un governo.

Alle stesse obbiezioni si prestava il dazio sopra le paste e la semola stabilito in Francia a 3 fr. ed in Italia a 5 lire e SO cent, il quintale, se non che in questo caso si presenta al sig. Luzzatti ovvia la risposta che i frabbricanti italiani devono pagare la tassa sulla macinazione e quella d’ importazione dei cereali, onde la misura del dazio nei due paesi presso a poco si corrisponde. Poiché il parlare in Italia di abbandono dei dazi compensatori sarebbe 10 stesso che voler passare per indemoniati, la ri­ sposta non è cattiva, ma il sig. Berlet non vi si accomoda, tanto più ch’egli nega che la Francia i jn abl a interessi da tutelare in Italia pei suoi fabbricanti di paste e di semmola i quali, egli asse­ risce, son giunti, in grazia a r ceutissimi progressi di fabbricazione a far concorrenza ai prodotti del­ l’Italia e ad esportarvi gran copia dei propri. Tutto ciò per altro se dobbian dire la verità non risulta dall’ispezione dei prospetti doganali.

Il dazio sugli agrumi da motivo di più ragionevoli lagnanze al sig. Berlet, nè può passar per buona la giustificazione offertane dal Luzzatti, che cioè l’Italia si limitò a chiedere la parità del dazio nei due paesi e fu la Francia che ne fissò la misura. La Francia non tardò a rinunziarvi riducendolo della metà negli accordi presi con la Spagna e frattanto l’Italia conserva il dazio veramente esorbitante di quattro lire.

Spesso il sig. Luzzatti risponde con molta disin­ voltura agli appunti del relatore francese e dispensa a se la ragione ed a quello il torto col restrin­ gere la questione entro termini che ne falsano 11 significato. Così egli fa per esempio a proposito dei frutti conservati nello spirito e delle candele steariche. Vuoi coonestare l’enorme aumento del dazio dei primi a 40 lire il quintale allegando gli aggravamenti introdotti nella tassa sull’ alcool per effetto della tassa di fabbricazione stabilite nel 1870 a cui corrisponde una sovrattassa daziaria ; ma egli non riflette che in tali conserve il peso del frutto fornisce i due terzi almeno del peso dell’insieme, e che, appunto perciò, la Francia benché, abbia sugli spiriti dazi molto maggiori dei nostri, si era conten­ tata del dazio assai modico di 8 franchi sui frutti in conserva. Così riguardo al dazio sulle candele stea­ riche. Il signor Berlet dice che fra l’acido stearico e le candele non vi è differenza sensibile dì prezzo onde

le candele valgono in sostanza quanto la stearina, dimodoché un dazio elevato sulla materia prima equivale in questo caso ad una protezione sulla fab­ bricazione la quale può procacciarsi la sua materia prima all’interno. Il signor Luzzatti risponde che i dazi italiani di 12 lire sulla stearina e di 15 sulle candele sono per ciò appunto più logici e meglio proporzionati di quelli francesi di 8 e 19 franchi; e parrebbe eh’ egli avesse ragione, se non si scorgesse che la voce la quale sulla tariffa francese comporta il dazio di 19 franchi va compresa nell’espressione seguente « acide stéarique oavré autrement quen bougies » e che quindi le candele avrebbero dovuto pagare in Francia soli 8 franchi come la materia prima.

Contro le elevazioni del dazio sui tessuti di seta il sig. Berlet spende non poche parole, ma il nego­ ziatore italiano ha buon giuoco nel difenderle, poi­ ché questi dazi di 4, 5 e 7 franchi non possono in realtà chiamarsi esagerati. Il relatore francese af­ ferma che l’Italia aveva accresciuto i dazi sopra tutti i prodotti manifatturati che formano il contin­ gente principale dell’esportazione francese e che in tal guisa compensava assai male la Francia la quale aveva largheggiato nelle concessioni sopra i pro­ dotti naturali e le derrate alimentari, ma questo è proprio il caso di dire eh’ egli vede il bruscolo negli occhi altrui e non vede il fuscello nei propri. S’egli intende per concessioni degli aumenti di tariffa meno arditi dei nostri, le sue parole pos­ sono avere un significato che sarà impropriamente espresso, ma non sarà destituyo da una certa appa­ renza di verità; altrimenti la sua affermazione sa­ rebbe assolutamente falsa ed egli dimenticherebbe le crudeli ferite arrecate al commercio dei prodotti del suolo che più stanno a cuore all'Italia, dimen­ ticherebbe gli aumenti che la tariffa francese por­ tava ai nostri vini, alle noci, alle mandorle e alle carubbe, al burro, alle uova ed al miele.

Il regime dei tessuti quale era stato stabilito dal nuovo trattato prestava il fianco a molte obbiezioni, nè possiamo biasimare il relatore francese di averle fatte rilevare. Il sig. Luzzatti adduce la necessità di meglio graduare la scala dei dazi specifici e questo era certo un compito non lieve, ma la strada presa per giungervi era stata evidentemente la peggiore. Poiché si aveva in mente di non togliere non solo, ma anzi, di aumentare la protezione accordata alle industrie nostrane si era fissato in generale l’infimo gradino della scala dei nuovi dazi specifici ad un livello superiore del dazio unico, o poco meno che unico, che si voleva graduare ; onde ne avveniva che se si fosse voluto mantenere la misura della protezione in proporzione con la progressione dei valori delle merci, si sarebbe fatta ascendere la scala dei dazi a sommità spaventevoli e affatto nuove per l’ Italia, dimodoché fu creduto conveniente di andare alleggerendo la protezione per le qualità superiori, e ciò si fece tanto più volentieri inquantochè la loro produzione è presso di noi o nulla o affatto insignificante.

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na-sconde in seno, quando non sia fatta con molta cau­ tela, basti il considerare che i tessuti di lana tanto cardata quanto pettinata, sotto il regime del dazio del IO per ICO non pagavano in media che 80 cent, il chilogrammo.

Il signor Luzzatti esclama : che cosa importa a voi francesi che la produzione ordinaria sia mag­ giormente protetta di quella più fine, poiché la Francia, per la raffinatezza del suo gusto e l’abilità dei suoi manifatturieri, si distingue appunto nella fabbricazione delle qualità superiori e viene per esse ricercata ? Noi non troviamo strano che il signor Berlet avesse cura di porre in rilievo la tendenza protezionista della tariffa italiana anco colà dove la Francia non era direttamente interessata, egli però e non a torto ha trovato singolarmente strano che si ritorcesse la taccia di protezionismo contro di lui che non ne aveva date ancora prove così lampanti come quelle da lui poste in evidenza nell’opera dei suoi accusatori.

Non hanno grandissimo valore, dal punto di vista degli interessi francesi, le obbiezioni fatte ai dazj di uscita che l’Italia stimava opportuno d’imporre sopra taluni dei suoi prodotti. A proposito del dazio sul vino che avea fatto dire al signor Berlet poter l’Italia sopportare sui suoi vini un dazio assai più elevato che non quello di 3- fr. 50 stabilito nel nuovo trat­ tato, poiché essa percepiva sull’ uscita dei suoi vini una tassa di 1 fr. IO, il Luzzatti lo rimprovera di avere ignorato che questo dazio di uscita era stato abolito dal nostro Parlamento all’epoca della discus­ sione della tariffa generale. Al che il relatore fran­ cese risponde che esaminando un atto internazionale della durata di l i anni, egli non avea da preoccu­ parsi ai una misura di ordine interno, disposizione potestativa e forse effimera. Sebbene non ci sembri che sia da menare intieramente per buona questa scusa, essa pertanto vale a dimostrare gl’ inconve­ nienti di una politica commerciale ristretta e im­ provvisata giorno per giorno senza vedute d’ in­ sieme e senza un programma bene stabilito. Perché somministrare ad altri delle armi che possono offen­ dere noi o possono giovare contro di noi, nella resistenza, quando queste armi si sarebbero potute facilmente e con nostro vantaggio distruggere solo che ci si fosse pensato un poco più presto ?

Da questa breve rassegna di alcuni dei punti che hanno dato motivo ai maggiori attacchi in Francia contro il trattato del 1877, il lettore potrà accor­ gersi che non sempre questi attacchi erano destituiti di fondamento ; potrà meglio persuadersi ancora di ciò che più volte abbiamo avuto occasione di ripe­ tere ; che, cioè, a procacciare avversari al nuovo trattato, contrivuiva in particolar guisa lo avere troppo spesso negli aumenti della tariffa abbandonato ma­ nifestamente le ragioni fiscali per abbracciare le mire del protezionismo, aumentando di preferenza i dazj degli articoli di produzione italiana.

Si accorgerà ancora il lettore che mentre è indu­ bitato che una corrente impetuosa di protezionismo attraversa alcuni strati dell’atmosfera industriale in Francia, nulla prova che a tale corrente piegasse l’animo del signor Berlet quando accumulava i suoi appunti contro la tariffa italiana. Chi ha as­ serito il contrario ha tratto in inganno l’ opinione pubblica probabilmente con lo scopo di porre al si­ curo e fuori di discussione il proprio preteso libe­ ralismo. Il signor Berlet difendeva il regime staffi­

no nel 1863, sotto al quale il commercio e le in­ dustrie dell’ Italia han potuto prendere uno sviluppo assai soddisfacente, e di fronte al quale quello del nuovo trattato faceva certo dal punto di vista delle idee liberali un sensibile regresso. I progressi fatti dalle esportazioni italiane in Francia sotto il trattato del Ì863, autorizzavano naturalmente l’ aspettativa che nuòvi progressi sarebbero stati compiuti nel senso della libertà commerciale ; mentre in realtà si tornava indietro e sotto lo specioso pretesto di ne­ cessità fiscali, che il governo italiano con la sua più recente condotta ha quindi mostrato insussistenti, si dava libero sfogo alle velleità di un protezionismo spinto talvolta fino all’ esagerazione.

Facciamo voti perchè presto cessi ogni inutile gara, ogni questione di amor proprio offeso che si è cosi stoltamente e così inopportunamente sollevata fra i due paesi, e perchè, riprese sollecitamente i negoziati commerciali con più acume e con vedute più larghe e più corrette, possa al più presto ces­ sare lo stato attuale così infido pei nostri scambi, e possano le due nazioni italiana e francese camminare di Concerto a difesa degli interessi comuni e degli interessi della civiltà strettamente concordi nei fini economici come in quelli politici.

La situazione degli Istituti di Credito

a l 3 0 a p rile 1 8 7 8

Dal Ministero del Tesoro (Direzione dell’Industria e del Commercio) è stato pubblicato in questi giorni il bullettino semestrale delle situazioni dei conti alla fine di aprile scorso degl’ Istituti di credito che fun­ zionano nel Regno.

Al 30 aprile 1878 erano regolarmente costituite in Italia 119 Banche Popolari e 104 Società di cre­ dito ordinario, in tutto 223 Istituti. Ecco come al­ l’epoca anzidetta si ripartiva il capitale per ciascuna delle due specie d’istituzioni.

Banctie popolari Società di Credito ordinario Capitale Sociale. L. 39,558,200,— L. 339,518,741,70 Capitale sottosc. » 38,773,090,— » 287,611,141,70 Capitale versato. » 37,603,634,67 » 186,321,623,94

Le Banche popolari non solo hanno il loro ca­ pitale sociale sottoscritto quasi per intero, ma lo hanno altresì per la maggior parte effettivamente versato, poiché la differenza fra il capitale sociale e quello versato non raggiunge neppure la somma di 2 milioni di lire.

Le Società di credito ordinario presentano invece maggiori differenze ; il loro capitale sociale è sotto- scritto per oltre quattro quinti; però l’ ammontare del capitale effettivamente versato supera di poco la metà di quello sociale.

Vediamo ora qual è l’ammontare delle principali partite dell’attivo e del passivo delle Banche popo­ lari e delle Società di credito ordinario alla fine di aprile del corrente anno.

Banche popolari Numerario in cassa. L. 8,416,656 Portafoglio... » 120,461,668 Anticipazioni... » 13,221,534 Titoli dello Stato .. » 33,030,585

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470 L’ E C O N O M IS T A 28 luglio 1878 Obbligazioni di corpi morali... Azioni ed obbliga- » 2,738,440 » 6,324,316 zioni di Società.. » 5,372,749 » 122,718,487 Conti correnti attivi.

Depositi e titoli a » 17,862,829 » 141,906,401 cauzione... Effetti e crediti in )> 25,213,402 » 122,004,795 sofferenza... » 2,756.370 » 4.222,967 Debiti diversi . . . .

Conti correnti a inte­ resse e depositi a

» 6,992,606 § 74,977,766 risparmio... » 153,707,605 » 361,662,400 Fondo di riserv a... » 10,643.498 » 27,854,313 Creditori diversi . . » 8,748,742 » 66,815,285 Spese e perdite... » 1,875,834 » 4,402,467 8,468,784 Rendite e profitti . . » 3,996,426 »

Movimento generale. » 257,232,220 » 11,012,104,504 Al 30 aprile 1878 il portafoglio delle Banche popolari ammontava ad una cifra tre volte maggiore del capitale da esse versato, mentre quello delle Società di credito ordinario sorpassava di poco l’am­ montare del loro capitale effettivamente versato. Le anticipazioni delle Banche popolari sono maggiori di quasi un milione di quelle effettuate dalle Società di credito ordinario. In titoli dello Stato le banche po­ polari avevano impiegati 35 milioni di lire, vale a dire sette ottavi del loro capitale versato, mentre i 43 milioni di litoli dello Stato impiegati dalle So­ cietà di credito non rappresentano neppure la quarta parte del capitale di esse, effettivamente versato.

I debitori diversi figurano fra le attività delle Banche popolari per quasi 7 milioni; le Società di credito ordinario portano sotto questo titolo la rag­ guardevole cifra di circa 75 milioni.

Una delle partite che maggiormente dimostra la fiducia del pubblico nelle istituzioni di credito sono i depositi in conto corrente e a risparmio. Esami­ nando le cifre sopra riportate vediamo che al 80 aprile 1878 le Banche popolari avevano per oltre 153 milioni e mezzo di questi depositi, cioè per un valore quadruplo dell'ammontare del loro capitale versato; i depositi anzidetti presso le Società di cre­ dito ascendevano alla fine di aprile a 361 milioni e mezzo, vale a dire neppure al doppio del proprio capitale effettivamente versato.

Non sarà inopportuno vedere come al 50 aprile 1878 si ripartivano per compartimenti i depositi in conto corrente e a risparmio e per ciascuna delle due specie d’istituti di credito.

Coapartimeiti Banche popolari ordinario Piemonte... L. 15,734,552 04 L. 71,790,291 90 L iguria... » 1,654,779 70 » 79,347,596 56 Lombardia... »> 96,135,875 93 » 33,243,697 57 Veneto... » 17,361,288 94 » 16,702,028 96 Emilia... » 19,407,219 04 >» 3,220,518 66 Um bria... j> 233,054 55 » 353,121 87 M arche... » 307,436 28 » 1,445,295 03 T oscan a... » 1,120,475 49 » 110,674,397 45 Lazio... » 120,927 25 » 18,509,888 20 Abruzzi e Molise « 28,802 29 » 344,013 95 Campania... » 220,754 01 » 16,606,141 94 P u g l i e . . . . ... » 4,709 33 » 1,045,933 56 Basilicata... » — ■— » 146,693 16 Calabria...,... a 27,181 29 » — ---Sicilia... » 1,350,549 71 » 7,743,744 73 Sardegna... » — — » 489,036 85 Totale L. 153,707,605 85 L. 361,662,400 39 Le Banche popolari di Lombardia hanno la mag­ gior somma di depositi (96 milioni) la sola Banca

mutua popolare di Milano alla fine di aprile aveva oltre 53 milioni fra conti correnti e depositi a ri­ sparmio. Le Società di credito ordinario della To­ scana sono quelle che presentano la maggior somma (410 milioni) per detto titolo; la Società generale di credito mobiliare italiano ha oltre 62 milioni di de­ positi e il Monte de’Paschi di Siena concorre per più di 43 milioni in detta cifra. A questi due isti­ tuti spettano adunque 'a maggior parte dei depositi indicati nelle situazioni dei conti delle Società di credito ordinario della Toscana al 30 aprile 1878.

La somma complessiva dei conti correnti e dei depositi a risparmio, ammontava alla fine di aprile 1878 a lire 515,370,006 24 (lire 153,707,605 85 le Banche popolari e lire 361,662,400 39 le Società di credito ordinario) ; al 28 febbraio scorso i depo­ siti anzidetti ascendevano a lire 536,849,111 50 (lire 153,392,360 12 le Banche popolari e lire 383,456,751 le Società di credito). Quindi nel bi­ mestre decorso abbiamo una diminuzione nei de­ positi complessivi di quasi 21 milioni e mezzo di lire, alla quale concorsero soltanto le società di credito ordinario, poiché nei depositi presso le Ban­ che popolari abbiamo un aumento di 300 mila lire.

Gli nltimi scioueri in Francia e in Italia

Mentre la Francia offre al mondo con le buone condizioni delle sue finanze e del credito pubblico e con l’Esposizione universale la prova principale e convincente della sua risorta e meritata prosperità, mentre si annunzia da ogni parte un risveglio mag­ giore delle sue industrie e del suo commercio, come per rendere questa situazione meno lusinghiera ecco il fatto di scioperi gravissimi sviluppati in parecchi punti di questo paese.

A Saint-Etienne, a Bordeaux; ad Anzin, gli ope­ rai all’improvviso hanno abbandonato le miniere e le fabbriche, domandando dappertutto una diminu­ zione nelle ore del lavoro e un aumento di salario. Non è dato ancora di determinare con certezza le cause di questi scioperi. Fino dai primi momenti è stata sparsa la voce che i bonapartisti avessero mano in quest’affare. I giornali repubblicani, anche i più seri e accreditati come il Temps, hanno rife­ rito con premura la notizia che qualche gruppo di operai aveva reclamato ad Anzin il signor Jules Amigues, candidato buonapartista, ami de l’omrier. Molto probabilmente il De Marcère, ministro del­ l’interno, nel suo recentissimo discorso politico pro­ nunziato a Maubeuge, intendeva di accreditare que­ sta voce quando parlava d’ intriganti, che hanno sobbillato gli operai.

Ma quando anche il fatto e il significato di que­ sta dimostrazione stessero nei termini indicati, si tratterebbe di cosa troppo isolata e troppo parziale per spiegare uno sciopero come quello di Anzin, e in generale gli ultimi scioperi francesi.

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lavoratrice ha, si può dire, organizzato una cospi­ razione del silenzio contro i capi d’industria.

€ Gli operai si sono fatti mutoli non soltanto con coloro che son preposti all’alta direzione degli opifici, ma eziandio con gl’ impiegati subalterni, coi loro antichi colleglli che esercitano un qualsiasi ufficio di sorveglianza. Per ciò solo che costoro appartengono all’ amministrazione, sono avuti in sospetto. Se un operajo riceve dal principale qualche segno di be­ nevolenza, è sospetto; se va a presentargli una ri­ mostranza, o un reclamo qualsiasi, è sospetto. Lo si elimina dai convegni, lo si guarda con diffidenza. Un operajo eleva qualche dubbio sull’adempimento delle promesse vane che ambiziosi di bassa leva seminano a piene mani nelle classi lavoratrici ? È sospetto. Se non si mostra convinto della buona fede e della va­ lentia di questi seduttori è sospetto ».... La popola­ zione artigiana in Francia presenta questo carattere comune e costante da parecchi anni in qua : il mal­ contento della situazione attuale, la sorda ostilità contro i principali e le tendenza politiche opposte a quelle degli industriali. »

Quindi non sempre il miglioramento in qualche ramo della produzione basterà a spiegare la causa degli scioperi. Come non basterà a sedarli o impedirli la consolidazione del regime repubblicano, voluto sopra tutto dalle classi operaje. L’ operajo vuole la Repub­ blica perchè crede che questa forma di governo sia la più adatta per realizzare le aspirazioni della sua classe.

La Repubblica conservatrice e liberale, secondo F etichetta del Thiers e dei suoi -011110!, se davvero rimarrà conservatrice e liberale, sarà dagli operai detestata tanto quanto il regime monarchico.

AdAnzinnel bacino carbonifero del Dipartimento del Nord si sono messi in sciopero circa 9000 ope­ rai minatori. Il primo motivo che ha dato origine allo sciopero dicesi sia stato il licenziamento di 2000 operai che i direttori della famosa Società, la quale ha creato tanti milionari fra cui il Sig. Thiers, han dovuto operare non avendo potuto rinnovare un contratto con la Società delle ferrovie del Nord per la fornitura di combustibile polverizzato e ridotto in mattonelle il che 1’ ha costrette a chiudere le sue fabbriche di agglomerati.

Questo nucleo di licenziati ha propagato il mal­ contento fra gli altri operai che subornati da essi hanno cominciato ad accampare pretese di aumento di salario e riduzione di ore di lavoro. L’ energia e la prudenza spiegata dal governo hanno impedito dei grossi guai terribili : un momento parve quasi ine­ vitabile una collisione fra gli operai e le truppe di guardia ai pozzi. Le ultime notizie indicano un mi­ glioramento nella situazione. Esso sarebbe dovuto a una concessione della Compagnia di Anziu, In quale ha accordato di fare lavorare il lunedì; che era una delle domande degli operai.

A Saint Chamond presso Saint-Etienne si posero in ¡sciopero il 19 luglio gli operai delle fabbriche di passamanteria e tessuti di seta, lo sciopero è ge­ nerale e si contano 5000 scioperanti. A Eordeaux lo stesso giorno 19 si posero in ¡sciopero i lavoranti fornai. Essi domandavano un aumento di salario, pel quale gli operai di prima categoria ottenessero la paga giornaliera di 4 Ir. 47 e quelli di seconda di 2 lì1. 45. L’autorità municipale ha preso le opportune misure per assicurare l’alimentazione delle città, qua­ lora gli scioperanti persistessero nelle loro idee.

Fra noi è scoppiato uno sciopero a Como fra i tintori del grande stabilimento di S. Abbondio.

Gli operài domandano un aumento di mercede per le ore straordinarie di lavoro in ragione di 50 centesimi ogni ora, mentre prima il lavoro straor­ dinario era rimunerato sulla base di un decimo delle respettive mercedi. E domandano altresì un aumento di 50 centesimi al giorno per ogni operaio.

11 Consiglio amministrativo della tintoria ha ri­ sposto che riteneva retribuiti al giusto i propri ope­ rai : che un aumento di mercede, se si fosse do­ vuto fare, non poteva essere accordato indistinta­ mente a tutti gli operai ; ma avrebbe dovuto essere accordato per gradi e conforme all’abilità di ciascun operaio. Ha aggiunto che lo stabilimento non è in floride condizioni, giacché l’anno decorso potè a mala pena dare ai propri azionisti un dividendo del due per 100, e quest’ anno i primi due trimestri si sono chiusi con perdita.

Anche l’officina Huth è chiusa. Questo industriale, conosciuto lo sciopero di Como, temendo che gli operai una volta messe le sete nei bagni gli avreb­ bero dettate condizioni esorbitanti, ha licenziato i suoi operai, promettendo di riaprire presto la fab­ brica.

In un’ ultima adunanza i tintori hanno convenuto di riprendere il lavoro, ma a condizione di avere un aumento di mercede, sia pure minimo, per non riconoscere il loro torto.

1 padroni delle tintorie non sembrano disposti a concedere verun aumento. Standone alla narrazione dei giornali ed alle induzioni che ci offre la cogni­ zione delle condizioni in cui vivono gli operai dei setifici lombardi e specialmente i comaschi crediamo potere affermare che le cagioni dello sciopero di Como sono esclusivamente economiche a differenza di quelle degli scioperi francesi che sono principal­ mente sociali.

Non mancheremo di dare ai lettori dell’ Econo­

mista più ampii dati e ragguagli su questo ultimo

sciopero e su quelli francesi. Speriamo che gli operai di Como facciano senno, e non aggravino con pre- , tese ingiuste le condizioni già di per sè non floride

delle industrie.

Società di economia politica di Parigi

( Riunione del 5 giugno)

Il presidente Federico Passy rammenta alla società che il congresso annuale dell’Associazione francese per il progresso delle scienze avrà luogo quest’anno, per eccezione, a Parigi dal 22 al 30 agosto. La sezione d’economia politica sarà presieduta quest’anno dal signor Passy.

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472 L’ E C O N O M IS T A 28 luglio 1878 che è stato immaginato e realizzato di più bello, di

più grande e di più utile. La curiosità che svegliano le esposizioni non è nulla di frivolo ; è il desiderio di contemplare i capi d’ opera e di paraganare fra loro le produzioni agricole, industriali, artistiche e scientifiche proprie a ciascuna razza, a ciascun paese. Le esposizioni forniscono inoltre 1’ occasione a quei molti congressi in cui si discutono questioni inte­ ressanti l’ intera umanità.

Sono però feste che costano : e la spesa che oc­ casionano cresce a dismisura e se andiamo di que­ sto passo, chi sa dove ci fermeremo. Sembra all’ ora­ tore e con ragione che queste solennità si rinnovino con troppa frequenza : che un popolo, come un individuo ricco, si dia di tempo in tempo la soddi sfazione di offrire un ballo o un pranzo ai suoi co­ noscenti sta bene, ma se i balli o i pranzi si ripetono troppo spesso, ciò diverrà oneroso e fastidioso per gli invitati non solo, ma e specialmente per 1’ anfi­ trione che paga e che, per quanto ricco, se vuole spendere il suo denaro, potrebbe farne un impiego più utile o più serio.

Ma si dirà le esposizioni non sono soltanto delle feste; il lato utile di esse è quello che bisogna mag­ giormente considerare; è il lato principale: in una parola le esposizioni universali sono divenute una istituzione economica. — Ebbene da questo lato ap­ punto le esposizioni si prestano a gravi critiche. — Parlando a economisti l’ egregio oratore non crede di dover fermarsi a combattere f opinione volgare secondo la quale le esposizioni sarebbero eccellenti, come tutto ciò che è occasione di spese, perchè esse

fanno andare il commercio. — È poi fuor di dubbio

che invece d’ essere un vantaggio immediato per il commercio e per l’ industria esse sono una causa di perturbazione che si fa sentire sovreccitando certi rami dell’ attività umana mentre colpisce gli altri di paralisi. —

Un' altra conseguenza diretta e delle più spiace­ voli delle esposizioni universali è il rincaro fittizio ed eccessivo delle pigioni e di ogni specie di derrate: i prezzi una volta elevati non tornano più al loro li­ vello anteriore. — Non è neanche vero che le espo­ sizioni promuovano il vero progresso industriale: molti oggetti sono capi d’ opera fatti apposta per la esposizione che non sono punto I’ espressione di un progresso reale e durevole e molti che hanno fatto una vera scoperta si guardano bene dall’esporla per il timore di giovare ai concorrenti nazionali e stra­ nieri. — V’ è chi si lusinga che le esposizioni con­ durranno al libero scambio ed alla pace universale ma per ora l’ esperienza dimostra il contrario — È vero come ha detto il sig. Nottelle che le esposizioni internazionali sono I’ antitesi e la condanna del pro­ tezionismo e della guerra, ma non è la prima volta che si vedono coesistere per molti anni e anche per secoli così che sembrano incompatibili. — Riassu­ mendo, il sig. Mangia dice che come solennità, feste e divertimenti pubblici le esposizioni sono ciò che di meglio si è trovato fino ad oggi ; ma si ha il gran torto di esagerare a dismisura le dimensioni e la magnificenza; come istituzione economica poi sono utili mediocremenle almeno nelle proporzioni e nella forma che si sono loro date.

Il sig. Nottelle conviene che le esposizioni sono soprattutto grandi feste ma crede che a questo ti­ tolo sono meritevoli di approvazione. Non nega che costino caro ma crede che siano una splendida glo­

rificazione del lavoro. E vero che vi si vedono dei prodotti di circostanza : ma le macchine non occu­ pano esse un posto d’ onore nelle esposizioni ? E poi le esposizioni mostrano la superiorità della Francia e permettendo a tutti i consumatori di paragonare fra loro i prodotti dei divetsi paesi dal punto di vista della qualità e del buon mercato fanno toccar con mano l’assurdo dei vincoli alla libertà di commercio ed un giorno verrà in cui questa dimostrazione og­ gettiva e realista serva a debellare il protezionismo.

Il sig. Mauro Majchi, deputato al parlamento italiano, conviene che le esposizioni costano caro e chesi rinnuovano troppo spesso ma crede chesono mezzi preziosi per istabilire nel mondo la fraternità demo­ cratica. Le spese che occasionano sono largamente compensate dall’ emulazione che risvegliano fra i popoli civilizzati, dalla spinta che danno all’aumento ed alla diffusione delle ricchezze e finalmente del­ l’istruzione pratica che offrono sotto una forma molto attraente e dagli studi comparativi a cui for­ niscono gli elementi.

Il sig. Vasconcellos è un grande partigiano delle esposizioni universali. Secondo lui esse sono molto profittevoli per il paese che le fa perchè vi attirano una grande quantità di forestieri che vengono a spendervi il loro danaro non fosse che con l’instal­ lare a proprie spese le loro rispettive esposizioni. Le esposizioni internazionali hanno reso grandi ser­ vigi specialmente ai piccoli Stati ed il Portogallo in particolar modo deve loro di non esser confuso con la Spagna e di avere sviluppato in proporzioni considerevoli il suo commercio di esportazione. Nonostante il sig. Vasconcellos si augurerebbe che le esposizioni si tenessero a maggiori intervalli.

Il sig. Fould divide le opinioni del preopinante, e crede le esposizioni un incomparabile strumento di propaganda commerciale. — Un tempo i diversi paesi erano veramente stranieri gli uni agli altri, adesso si conoscono, e le loro relazioni si sono strette e moltiplicate. — E per questo che le in­ traprese d’esportazione hanno preso un così grande e così felice sviluppo. — Non vi è oggidì una pic­ cola città o un piccolo villaggio della China o del Giappone di cui i prodotti non siano conosciuti e non giungano in gran copia in Europa. — Si ha torto di credere che gli oggetti di lusso e di fan­ tasia abbiano nelle esposizioni una importanza esclu­ siva sebbene siano quelli che attirano maggiormente gli sguardi dei semplici curiosi. — Le cose utili, gli oggetti di consumo generale vi occupano un grande spazio e le persone che vi hanno interesse sanno dove trovarle. — Il sig. Fould si augura che si con­ tinui a fare delle esposizioni, ma le vorrebbe meno dispendiose e meno frequenti ; in una parola teme che con l’abuso e l’eccesso si arrivi a scre­ ditare una istituzione che, in se stessa, è eccel­ lente.

Secondo il sig. Alglav» le esposizioni universali non vanno esenti da giuste critiche, esse non sono di grande utilità dal punto di vista economico. — Non è in esse che si può sul serio e con profitto studiare e paragonare le produzioni dei diversi paesi : tutto ciò chi vi si impara non può essere che superficiale.

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privata, sono l'espressione del genio, dello stato di civiltà e di prosperità di un popolo. — Abbiamo forse torto di spender molto danaro per esse ? Il sig. Alglave domanda che non si giudichi con una severità che sarebbe ingiusta queste splendide so­ lennità, le quali se non ci rendono tutti i servigi che loro si attribuiscono, almeno ci procurano sod­ disfazione d’un carattere molto elevato.

Il sig. Limonsin non dubita dell’ utilità economica morale e politica delle esposizioni e dei congressi che le accompagnano, e non teme la loro frequenza. — Le esposizioni ed i congressi sono l’ antidoto della guerra e finiranno per farla sparire.

Il sig. Deheurle la pensa come il preopinante: non j gli sembra che le spese aceasionate dalle esposizioni sieno ancora eccessive, e quando diverranno tali la reazione si produrrà naturalmente e si rientrerà nei limiti tracciati dalla ragione e da un bene inteso in­ teresse. Dal punto di vista economico le esposizioni rendono servigi incontestabili perchè contribuiscono ad illuminare i popoli sulle risorse che possono trarre gli uni dagli altri e per conseguenza inevitabilmente presto o tardi produranno un movimento generale verso il libero scambio.

Il sig. Pascal D uprat è un partigiano dichiarato i delle esposizioni ; rammenta l’ origine francese di questi concorsi industriali istituiti sotto la prima re­ pubblica. — Crede che siano non solo una buona idea, ma anche un buon affare. — Per l’esposizione attuale si sarà forse spesa una trentina di milioni visto gli enormi incassi giornalieri. — Si sono pur spesi pochi anni fa 60 milioni per costruire il teatro dell’ope­ ra ! — I trenta milioni che costerà 1’ esposizione si ri­ troveranno senza fatica nei progressi materiali e mo­ rali di cui essa sarà il punto di partenza. — Si dirà forse che i protezionisti non si convertono e chel’esposi- zicne dei prodotti che i loro concorrenti stranieri producono meglio di loro e a miglior mercato servirà loro invece di pretesto per domandare un aumento di protezione. — D’altra parte le guerre non sono cessate e tutti i popoli sono armati. — Non vi è dubbio che vi sono nel mondo degli uomini che non rinun- zieranno mai ai propri privilegi e dei principi am­ biziosi che non disarmeranno volentieri ; ma tutto ciò avrà una fine, che le esposizioni contribuiranno a render più prossima. — Tuttavia il signor Duprat riconosce che le esposizioni si succedono troppo di frequente e prendono proporzioni eccessive. È que­ stione di limiti da stabilire, ma in questi limiti le esposizioni sono e saranno sempre una delle .opere più belle e più feconde della moderna civiltà.

Il sig. Mauro Macchi rammenta che si tratta di fare a Roma una esposizione universale nel 1881. Qualcuno ha trovato che quest’ idea era prematura e che non si dovesse pensarvi più per 20 anni, il signor Macchi, quantunque creda che le esposizioni sieno troppo frequenti, crede pure che sarebbe troppo lungo quel lasso di tempo.

lì sig. Nottelle fa notare che i protezionisti sono condotti per comodo di causa a rappresentare l’ in­ dustria francese come in uno stato di inferiorità di fronte a quelle delle altre nazioni.

Nonostante non trascurano di prender parte alle esposizioni universali e di lottare per avere le ri­ compense che fanno testimonianza della loro supe­ riorità.

Questa contraddizione flagrante non è dessa la condanna del protezionismo ? Il primo oratore signor

Mangiti, contro le idee del quale gli altri hanno più

o meno combattuto, replica a qualcuna delle obbie­ zioni, protestando che non è un avversario sistema­ tico delle esposizioni in generale e meno ancora un detrattore della attuale che approva ed ammira quanto altri mai dal punto di vista politico ed este­ tico. È solo come economista che si spaventa delle spese eccessive e dell’ emulazione di prodigalità che cl trascina ; è ancora come economista che dubita dei resultati meravigliosi che si vogliono attribuire alle esposizioni.

NOSTRA CORRISPONDENZA

. Berlino, 23 luglio 1878. Il Congresso è terminato, la pace è conchiusa e da alcun' t ‘mpo già i rappresentanti delle grandi potenze hanno lasciato Berlino. Il resultato più im­ portante per noi pure si può riassumere nelle parole; « Dominio dell’ Inghilterra sull’Asia minore. » Non si possono fin d’ ora prevedere gli effetti, in fatto di incivilimento storico ed economico, che avrà quel­ l’avvenimento. La conseguenza immediata di esso è che il commercio dell’ Inghilterra ha acquistato di nuovo un vasto territorio; e coll’arte che hanno gli in­ glesi di colonizzare, creeranno in pochi anni un nuovo possesso nell’ Asia minore; se con ciò l’ industria in­ glese trovasse un nuovo emissario pei suoi prodotti, allora la preponderanza probabilmente non incomo­ derebbe gli altri Stati industriali d’ Europa, però (orse non sarà cosi, ma l’ Inghilterra in ogni modo si man­ terrà salda dove s’ è stabilita una volta. Il trattato di pace è appena pubblicato e già i capitalisti inglesi si danno attorno per fare i preparativi finanziari richiesti dalla costruzione della ferrovia della Valle dell’ Eufrate che è destinata a congiungere la nuova po­ tenza acquistata nell’Asia minore, colle Indie orientali.

' La prima Esposizione internazionale della carta fu aperta qui il 20 corrente nella « Exercierhaus » posta nella Carlstrasse, Alla inaugurazione vi assi­ stevano i Ministri della guerra, del commercio e del- l’ interno ed il direttor generale delle poste, dottor Stephan. Nel discorso inaugurale fu accennato al vantaggio che hanno le esposizioni speciali, su quelle universali.

La metà della sala dell’esposizione, che misura 3000 metri quadrati, è riempita di paste gregge per carta e industria della carta, carta e cartone già pronti, oggetti fatti di carta ed altri articoli che con­ cernono questo ramo d’ industria. Là troviamo legno pialletQ, celluloso e pasta di paglia nelle diverse fasi di fabbricazione, stracci, farina di legna, resina ed altri prodotti chimici

Gli immensi rotoli di carta da stampati disposti con arte, sono in armonia coffa vastità della sala, invece fanno una figura meschina i quinterni di carta da scrivere, esposti negli armadii a cristalli. Le carte colorate e le carte di Francia, dal porpora fino al verde, fanno beffa mostra di sè. Edilizi simili a pa­ diglioni accolgono la carta di lusso, le cartine e le figure le più diverse ed alcuni oggetti praticissimi per l’ istruzione, insieme ad altri inventati dal Frébel per occupare i bambini.

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474 L’ ECONOMISTA 28 luglio 1878 graziosissima fatta di manichini di carta. Curiosissimi

quinterni con figure in proporzioni gigantesche, ci rammentano gli anni dell’infanzia, inchiostri, penne, utensili da scrivere e da disegnare, chiudono la se- zione di destra alla quale appartiene pure un padi­ glione che -trovasi piuttosto a sinistra dove sono tende e vasi di carta.

La metà sinistra della sala serve all’esposizione delle macchine e delle sezioni di esse, al quale uso è destinata pure in parte la piazza che è nel centro dell’ edilizio. Colà si trovano le tre macchine motrici, colle caldaie fissate nel muro, ed altre macchine spinte dalla forta del gaz. Vi sono pure i cilindri litografici, le macchine per colorare la carta con apparati curiosissimi per appendere ed asciugare, pompe maestose, macchine per lare la biancheria di cartarie buste ed altri molti oggetti tutti in piena attività. Nel centro del cortile la casa di carta invita a farle una visita e mostra quale impiego si- può fare della carta nel costruire e nell’ ammobiliare le abi­ tazioni. I ricchi stucchi del soffitto, la rivestitura delle pareti, le tende, i tappeti, le tavole, le tinozze, la stufa pure, tutto è in carta. Vediamo l’ impiego della carta a molteplici scopi e la statistica della produzione e del consumo della carta presso i diversi popoli ci offre dei dati importanti:

Milioni di ; hilog. di caria a te sta per abitanti Stati Uniti d’America del Nord 525 kil. 14,0 G e r m a n ia ... ... . 244 » 6,0 Inghilterra... 168 » 5,0 . F ra n c ia ... 135 » 3,6 Austria-Ungheria... 92 » 2,5 R u s s i a ... 67 » 0,9 Italia... 38 » 1,4 Scandinavia...3 » 5,0 B e l g i o ... 29 » 5,1 Svizzera... 17 » 6,3 Vista la molteplicità degli oggetti esposti, in una mia prossima corrispondenza, tutta dedicata all’espo­ sizione, mi occuperò dei diversi gruppi.

Le nuove emissioni, favorite dal successo della ultima emissione di rendita francese al 3 0|o, sono state aperte anche qui. La casa Erlanger e figlio di Francoforte sul Meno, alla testa di un consorzio tedesco, fu la prima che assunse diciotto milioni di marchi della Banca delle Ipoteche svedese con ipoteca e l’ interesse del 4 Ojo ; la sottoscrizione è aperta oggi e domani a Francoforte, Berlino ed Am­ burgo alì’84 1[2

0|0-La città di Amburgo emette 20 milioni di rendita al 3 1[2 0|0 per coprire le spese occorrenti per le costruzioni degli stabili e degli edifìzii pubblici. La metà di questa somma è stata accollata da un con­ sorzio all’ 81 1|2 0|().

Le inchieste approvate dal Reichstag sono inco­ minciate ; quella sull’industria del lino e del cotone è stata aperta oggi dal sotto-segretario di Stato Herzog, quella sui tabacchi ha già tenuto le sue sedute. Nel seno della Commissione d’inchiesta pre­ vale 1’ opinione che il sistema americano di tassare i tabacchi si adatterebbe difficilmente alla Ger­ mania. Il governo imperiale non crede sieno suffi­ cienti le informazioni che fornisce il commissario americano, il quale assiste alle sedute, ed invierà in America una commissione dì periti per attingere maggiori notizie. Inóltre sembra che i commissari sieno poco propensi per l’introduzione del monopo­ lio. La commissione ha avuto campo di esaminare

fino nei più minuti dettagli le disposizioni delle Regie dei tabacchi austriache e francesi; e i mem­ bri della commissione si sono dovuti convincere che non soltanto moltissime di quelle disposizioni sono vessatorie, ma che si vede pure evidentemente che il fumare è rincarato immensamente pel consuma­ tore, senza che le casse dello Stato ne risentano un vantaggio rilevante. Tutti i membri della commis­ sione d’ inchiesta sono concordi nell’ammettere che l’ imposta sui tabacchi deve dare una quota mag­ giore di quella che fornisce adesso. Pare anzi pre­ valga i’ opinione che la quota potrebbe essere di due terzi più alta dell’ attuale» senza danneggiare troppo i produttori ed i consumatori.

Qui, ed in tutta la Germania, si licenziano gli operai socialisti e le direzioni delle ferrovie dello Stato sono state invitate dal Ministro del commercio a condursi in siffatta guisa coi loro subalterni. Questa corrente minaccia di soffocare ogni ragionevolezza, inoltre questo contegno severo nel campo della vita civile ed industriale, otterrà precisamente l’opposto di ciò che si propone.

Le lotte elettorali dominano completamente la si­ tuazione, pochi giorni ci separano dal dì della bat­ taglia e sarebbe inopportuno il voler fin d’ora parlare dei resultati della medesima. I protezionisti traggono partito da ogni circostanza per crearsi dei partigiani, nei loro discorsi elettorali promettono mari e monti a chiunque, purché faccia adesione al loro partito, Apprezzano il valore di guadagnare alla loro causa dei personaggi influenti possono fare assegnamento sul principe di Bismarck e cercano di tirare a se il luogotenente dell’ imperatore, principe Federigo Guglielmo; assediano or questo or quell’ alto per­ sonaggio con continue deputazioni. Se i protezionisti uscissero vittoriosi dalle elezioni, sarebbero introdotti di nuovo i dazi sul ferro, aumentati i dazi sui filati e sui tessuti, verrebbero rotti i trattati liberali di commercio e si potrebbe attendere die una tariffa da guerra fosse generalmente applicata. In previsione di questi fatti sarebbe cosa da desiderarsi che l’ ex- ministro Delbruck, che si porta candidato al Réichstag fosse eletto, egli, quando era al potere sapeva para­ lizzare l’ influenza protezionista nel governo dell’ im­ pero, essendo ora chiamato al Reichstag potrebbe mostrare al governo quale indirizzo dovrebbe esser dato alla politica dei dazi e delle lasse dell’ impero tedesco.

Seguendo con calma i discorsi degli agitatori elet­ torali uno si meraviglia oltremodo che nessun partito, nessun candidato, nessun agitatore abbia pensato che le scuole di economia politica sono altrettanto utili che un senato economico-politico, Questo fatto è deplorevolissimo perchè prova che il popolo tedesco non ha ancora conosciuto i mezzi necessari per sanare le piaghe aperte nel suo seno. Da noi l’economia politica è in.grandissima parte ancora monopolizzata dai ciotti e da poche persone colte, sarebbe meglio che il popolo fosse addimesticato coi principii che in­ formano lo sviluppo e la distribuzione della ricchezza piuttosto che cercar sempre e poi sempre di far capire ad un mezzo milione di soldati l’importanza delle decorazioni, insegnando loro a distinguere i co’ori delle fettucce degli ordini, come accade ogni anno nel corso della istruzione militare. È vero che in Germania è apprezzata maggiormente la conoscenza delle decorazioni che quella di qualche scienza su­

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