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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.05 (1878) n.198, 17 febbraio

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L'ECONOMISTA

G A Z Z E T T A S E T T I MA N A L E

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI

Anno Y - Yol. IX

Dom enica 17 febbraio 1878

N. 198

A proposito dell’ Inchiesta Agraria

Tra le conseguenze cagionate dalla improvvisa e

j

improvvida soppressione del Ministero di Agricoltura Industria e Commercio vi è stato anche l’ imbarazzo nel quale ha creduto di trovarsi la Commissione per la inchiesta Agraria. — Questa Commissione rile­ vava in certo modo da quel Ministero, con cui erano stabiliti necessariamente e direttamente i suoi rapporti sotto tutti i differenti aspetti, che può dare 1’ ampio scopo pel quale essa era stata creata.

Difatti sorse il dubbio che la Commissione non potesse più funzionare come prima, dal momento . che le veniva a mancare I’ elemento principale e vitale pe’ suoi lavori. Vi fu perfino chi asserì che tutti o quasi tutti i membri della Commissione stessa ! avrebbero rassegnato le loro dimissioni ed altre si- | mili voci si sparsero e vennero ripetute — Tutto- ciò non è esatto.

La Commissione si riunì nella prima quindicina di gennaio appunto per esaminare la posizione che dal nuovissimo Decreto di soppressione le veniva fatta. Il Presidente, onorevole senatore Jacini, era d’avviso che l’ operato del Ministero attaccasse in | pieno la essenza della Commissione, dimodoché que sta non aveva più ragione di continuare nell’ uffi- j ciò affidatole.

Partendo da questo concetto l’on. Senatore aveva scritto una lettera, e si proponeva poi di rassegnare le sue dimissioni alla Presidenza del Senato.

Fu osservato, in ispecie dall’ onor. deputato Da­ miani, che la Commissione non poteva prendere de­ liberazione di sorta, e tanto meno, criticando e re­ spingendo l’operato del Ministero, fare una questione politica. La Commissione, nominata dalla Camera e dal Senato, con un fine unico e determinato, quello della inchiesta agraria, doveva badare soltanto se si trovava sempre nelle condizioni atte ad adempiere al suo mandato, e in ogni caso, attendendo ciò che i due rami del Parlamento potrebbero decidere sulla questione di massima, dopo aver esposto la nuova si­ tuazione, conformarsi e rimettersi a quel che il Par­ lamento sarebbe per credere meglio.

Tali considerazioni ebbero per effetto di sospen­ dere la contraria proposta, e di rinviare al 15 feb­ braio la nuova adunanza che dovesse concretare e formulare una risoluzione, la quale, speriamo, sia stata di una indole assolutamente pratica, quale si con­ viene a un consesso di onorevoli uomini che hanno dinanzi a sè una meta da raggiungere nel modo più sperimentale e più pratico che sia possibile.

Intanto i Ministri dello Interno e del Tesoro, che si suddividono quella die prima era una sola com­

petenza, hanno scritto mettendo a disposizione della Commissione gli uffici e i servizi, passati recente­ mente sotto di loro; cosicché, in fatto la Commis­ sione viene a trovarsi materialmente nelle condizioni identiche a quelle anteriori alla soppressione. No­ nostante crediamo eh’ essa, e per questo incaglio e per il tempo prevedibile prima di una risoluzione del Parlamento sul noto Decreto, chiederà una pro­ roga ai due anni accordali, e colla proroga un nuovo stanziamento di fondi.

E avrà ragione, poiché non è davvero da pren­ dersi sul serio la cifra che fu accordata dalla Ca­ mera. Con sessantamila lire non si fà nulla, il gran nulla, o per lo meno bisogna credere che una in­ chiesta sopra le condizioni agricole di tutta la pe­ nisola voglia dire mettere insieme dei fogli scritti, e poi stamparli. Ricordiamo ancora l’ impressione poco seria che il pubblico ricevette quando sentì annunziare la votazione di quella somma, sebbene fosse disgraziatamente avvezzo a prendere le inchieste

come una formalità.

Con tutto il rispetto, che devesi ai singoli Com­ missari, colla certezza eh’ essi vi abbiano messo tutto lo zelo possibile, quali resultati dobbiamo aspettarci da una inchiesta, che abbracciando tutta la super­ ficie d’ Italia, varia di climi, di colture, ha per base di operazione 60,000 lire tanto per studiare e scru­ tare entro la casa immersa nei pantani di un pa- dule quanto per salire in vetta agli Appennini tra le j selve d’ abeti ?

La Commissione avrà appena appena cominciato i suoi lavori, che chiedeià proroga di tempo, e aumento di danaro. E il pubblico crederà poco o punto alle utilità di cotes i lavori. — Il pubblico italiano è diventato scettrico delle inchieste. — Ne ha viste decretar tante senza approdare a nulla, per­ chè o restano lì quasi lettera morta, o si fanno precisamente come non si dovrebbero fare, o se danno dei resultati non se ne tiene conto.

È noto a tutti come si trascuri in questi casi l’accurato studio dei fatti, che dovrebbe essere ese­ guito de visu et de auditu dagli stessi inquirenti, in generale questi si rivolgono alle autorità locali, od a persone di carattere quasi ufficiale; tali infor­ mazioni, senz’ altro controllo, tornano all’ autorità | centrale dove un impiegato, che già conosce la ma­ teria, la coordina e la prepara per la Commissione: cosicché accade qualche volta che si sta in un cir­ colo vizioso, che la inchiesta finisce dove è inco­ minciata, e eh’ è quasi fatta e messa insieme da coloro contro i quali in gran parte si dovrebbe procedere.

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98 L ’ E C O N O M I S T A

17 febbraio 1878 netrare di frequente nell’animo stesso di chi ordina,

decreta o vota la inchiesta.

Quanto al non veder porre meno ai resultati, che per avventura alcune inchieste ci danno, il pubblico non manca d’ esempi, e in tutti i casi argomenta dalla maggiore. Basta guardare le inchieste giudi­ ziarie, ordinate dal Parlamento ! Esse vi possono indicare anche SO accusati di corruzione, di broglio, di violenza. Non se ne vede mai uno sul banco, e meno ancora uno condannato.

Ma queste considerazioni generali, sebbene non fuori di proposito, ci fanno uscire un po’ troppo dall’ argomento, e ci allontanano da ciò che volevamo venire a concludere.

Se la Commissione, pel fatto della soppressione del Ministero di Agricoltura, per il tempo che ha dovuto perdere, per mancanza di fondi, dovesse in qualunque guisa ripresentarsi al Senato e alla Ca­ mera onde avere una proroga e una maggiore cifra in bilancio, non sarebbe possibile riordinare meglio il tutto, e dal lato dei mezzi pecuniari, e dal lato del sistema, che al solito ci pare sbagliato e tale da non infondere molta fiducia nella bontà ed effi­ cacia dei risultati.

Sebbene un tale sospetto sia fuori di luogo e molto al disotto di noi, pure a scanso di equivoci diciamo di non alludere per niente alle onorevoli persone della Commissione; noi parliamo del modo, cioè, non possiamo ammettere che volendosi studiare sul serio le nostre condizioni agricole, così diverse e difficili, cosi collegate alle nostre questioni eeono- mico-sociale, si pretenda di farlo attribuendo a cia­ scun Commissario una immensa zona di terra, com­ prendente parecchie provincie, avendo dinanzi a sè poche migliaia di lire da spendere. Il Commissario inquirente, al solito, dovrà fidarsi delle autorità, e delle persone amiche a cui si rivolgerà, senza poter andare a vedere, sentire e toccare da sè. Altrimenti gli ci vorrebbe altro tempo, ed altri quattrini di quelli accordati ! E questo basta perchè un inchie­ sta non meriti più questo nome. Tanto varrebbe allora rivolgersi ai prefetti per informazioni; il pre­ fetto in quei casi incarica un segretario che può benissimo far la parte di uno dei soliti inquirenti.

Basta pensare, a mo’ d’ esempio, che 1’ on. Jacini deve occuparsi di tutta la Lombardia, fon. Damiani di tutta la Sicilia, fon. Toscanelli di tutta la To­ scana, e si vede luminosamente che lo scopo non si può raggiungere. Se a questo punto si rispondesse che a tal difficoltà è in parto rimediato coll’ aver affidato a ciascun Commissario quella parte d’ Italia a cui appartiene per nascita e per domici,io, repli­ cheremmo che anche questo è un madornale errore, uno di quelli errori che più influiscono sulla incer­ tezza dei resultati, imperocché, a parte gl’ indiscuti­ bili meriti individuali, ciascun Commissario avrà già sul proprio paese idee e giudizi preconcetti, e peg­ gio ancora sarà o facilmente o necessariamente at­ tratto a credere, senza verificare, quello che gli amici, le conoscenze, e forse la tradizione gli riferiranno.

Il tempo ci darà ragione.

Il Trattato di Commercio Italo-francese

[Continuazione vedi N. 197).

La relazione esamina la nuova tariffa convenzio­ nale dei dazi all’entrata in Italia secondo I’ ordine

di essa che é alfincirca l’ordine della tariffa italiana in vigore e noi pure procederemo salvo poche ecce­ zioni di pari passo, raccogliendo le varie denomi­ nazioni sotto ciascuna delle X X categorie in cui ven­ gono attualmente repartite dalla nostra direzione generale delle gabelle.

La prima categoria che comprende « Le acque, le bevande e gli olii » contiene alcune modificazioni di qualche rilievo. Hanno subito lievi aumenti in questa categoria le acque m in era li finora esenti e rimaste esenti nella tariffa francese, ma colpite in Italia da un dazio a dir vero non grave di lire 3 il quintale, e Yaceto portalo da lire 3,81 e 11,SS se in bottiglie, che ha valore sempre molto maggiore di quello in botti a L. S e 15. Aumenti assai più consi­ derevoli sono stati invece portati sopra la b ir r a il cui dazio vien elevato da 2 lire l’ettolitro a 1S e sopra gli spiriti che pagavano finora in ragione di lire S 50 per l’acquavite semplice di 22 gradi o meno, lire 10 per l’acquavite dei gradi superiori e lire 15 per l’acquavite composta, o se in bottiglie, 10 centesimi per bottiglia l’acquavite semplice indi­ stintamente e 15 centesimi se composta; e pagheran­ no col nuovo trattato, tanto in Italia che in Francia lire 20 l’ettolitro l’acquavite semplice e lire 40 i li­ quori. Così riguardo al dazio sulla birra di cui la Francia importa in Italia una quantità tenuissima (la quasi totalità derivando dall’Austria-Ungheria: 34,197 ettolitri sopra 36,672 nel 1876), come riguardo a quello sugli spiriti (la cui importazione di 55,319 et­ tolitri e 17,600 bottiglie nel 1876 per 1’ acquavite semplice è fornita per un quinto dalla Francia e nella quasi totalità per quella composta: 467 ettoli­ tri e 62,200 bottiglie) non nasconde la relazione che può la tariffa dar luogo ad ulteriori riduzioni quando i paesi elle sono maggiormente interessati al com­ mercio di questi articoli accordino facilitazioni al­ l’Italia sopra i prodotti principali della sua esporta­ zione. Questi dazi nascondono in sostanza un’ arme della quale il governo intende valersi per ottenere nelle trattative con altre potenze, specialmente col- l’Austria-Ungheria, patti migliori di quelli che non sarebbero disposte ad accordarle se in virtù della soia clausola del trattamento della nazione più favo­ rita si trovassero già assicurato il diritto ai vantao-gi a cui attaccano un certo valore. Non vogliamo adesso discutere il p r o ed il contra di questo sistema tanto più che non sapremmo biasimare la scelta degli ar­ ticoli su cui si è applicato; limitiamoci soltanto a prendere atto di certe dichiarazioni che abbiamo tro­ vato sopra alcuni giornali italiani le quali emanando da coloro che hanno avuto gran parte nello studio e nella condotta delle questioni daziarie, hanno per­ ciò un certo carattere di officiosità, dichiarazioni tendenti a porre in guardia i produttori italiani di questi articoli, il cui dazio è stato notevolmente aumentato per motivi di tattica doganale e che sono colpiti all’interno da una tassa di produzione, avver­ tendoli che è esclusa ogni idea di protezionismo in queste elevazioni le quali, quando fallissero all’ in tento desiderato dovrebbero per lo meno essere con­ sacrate ad esclusivo benefizio dell’ erario mediante un corrispondente aumento dei dazi interni. Una notevole diminuzione è stata introdotta nel dazio dei

vini all’ingresso in Italia portato da lire 5 70 l’ et­

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all’importazione in Francia viene notevolmente peg­ giorato; al tenue diritto di 50 centesimi a cui nel silenzio della tariffa del 1863 erano soggetti in virtù del trattamento di favore stabilito all’epoca in cui più infieriva la crittogama e che fu sanzionato nel 1869 in un trattato col Portogallo, di cui fece suo prò indirettamente l’Italia, vien sostituito il dazio di Li­ re 5 50 a cui i vini italiani andranno soggetti quando nel corso del 1879 il trattato col Portogallo cesserà di essere in vigore. Ed anche in questa misura il dazio francese sui vini non fu ottenuto dai negozia- j tori italiani senza grandi difficoltà.

Si voleva alla Francia che il dazio fosse uguale pei due paesi senza tener conto del maggior pregio che i vini francesi hanno di fronte a quelli italiani e si pretendeva distinguerli in vini ordinari e di liquore, con dazio doppio sopra questi ultimi; non dandosi pensiero che nell’esportazione italiana figurano per buona parte i vini classificati fra quelli di liquore dei quali la Francia produce quantità poco rile­ vanti e che non prendono la via dell’Italia, mentre tale distinzione si fonda sopra certe qualità deri­ vanti dalla loro concentrazione, dalla ricchezza a l- coolica e zuccherina, che posseggono molti vini italiani specialmente delle provincie meridionali, ma che non hanno certi vini di grandissimo pregio come quelli di Sciampagna, di Porto e del Reno. Si vo­ levano inoltre assoggettare, quei vini la cui ricchezza alcoolica oltrepassasse i lo gradi, ai diritti sulla quantità di alcool superiore a quel limite, come se il prezzo del vino fosse sempre in relazione con la quantità d’alcool contenuto e come se non fosse fre­ quente il caso in Italia di vini naturali contenenti più del 15 per cento di alcool. 1 negoziatori italiani hanno tenuto fermo su questi punti, ma han do­ vuto accettare l’aumento del dazio da 30 centesimi a lire 3 ,5 0 , consolandosi col pensare che era sempre il più mite che vigesse in Europa, il dazio inglese essendo di lire 27.80 e 68.75 secondo che i vini hanno 26 gradi o più di alcool dell’ areometro Sykes, il dazio tedesco di 20 lire, quello del nuovo progetto di tariffa austriaca di 50, e quello proposto in Svizzera di 6, senza contare l'Ohmgéld, vero dazio di confine percepito da alcuni cantoni. Sugli olii è rimasto fisso tanto in Italia, quanto in Francia il dazio di lire 3 il quintale che supera di poco il 2 per cento del valore per quelli di oliva di cui l’importazione in Italia non è grande (19,629 quin­ tali nel 1876 per 2,453,625 lire) ma di cui è rile­ vantissima l’esportazione (812,897 quintali nel 1876 per 121,934,550 lire) ; un dazio più grave pesa ora sopra gli olii d i lino, d i sesam o ed altri olii

non com m estibili nè d a a rd e re (lire 5.75 e 6) men­

tre quelli d i colza e d i ravizzone pagano solo L. 2. La nuova tariffa ha fatto ragione di queste disu­ guaglianze assoggettandoli tutte al dazio di lire 6 ma rimandando quelli d i p a lm a e di cocco alla ca­ tegoria dei grassi col dazio di una lira il quintale. I sughi di ara n cio e di limone e le loro varietà furono esenti in Francia, vi sono stati sottoposti al dazio di 1 franco e 50 cent, il chilogrammo.

La seconda categoria che comprende le «derrate coloniali, sughi vegetali, generi medicinali, prodotti chimici ecc. » contiene non poche modificazioni di cui ci contenteremo di notare le principali. I « ge­ neri coloniali » non figurano più nella tariffa onde il governo italiano riacquista riguardo ad essi quella piena libertà di cui la relazione stessa confessa che

avrebbe fatto uso in più di una occasione se non si fosse trovato le mani legate. Conservano il dazio di lire 10 il quintale in Italia i generi m edicinali e i sughi vegetali m edicinali non nominati. La Francia ha abbassato da lire 8 a lire 6 il dazio sulla m a n n a ed a lire 4 quello sui svglii d i li­

qu irizia. Per gli articoli d i sem plicista di ogni

specie fu pattuito il dazio di lire 2 tanto in Italia quanto in Francia, tranne i sem i di sen apa esenti:

il liquore certosino finora esente in Italia pagherà il dazio dei liquori. Fra « i prodotti chimici » l’acid o

arsenioso, prima non contemplato nella tariffa con­

venzionale, si troverà alleggerito mercè la stipnla- zioue di un dazio di lire 2, gli a cid i so lfo rico e

cloridrico, e il solfato d i soda non sopporteranno più

che un dazio di 50 cent, invece di quello di 1 lira. Hanno subito invece un aumento vari acidi come il

citrico il fo s fo rico ed altri non nominati fra cui l’acetico p u ro da 4 a 10 lire il quintale, 1’ acido nitrico da 1 a 2 lire e l’ acid o benzoico, finora

esente, che come articolo di profumeria pagherà il dazio a questi assegnato cioè 50 lire. Al carbonato

d i so d a è mantenuto il dazio di 50 cent, il quintale

ed allo stesso dazio è assoggettato il carbonato di

p otassa prima esente; ambedue queste materie sono

di un uso molto importante ad alcune industrie e specialmente la prima che serve alla fabbricazione dei saponi, della carta di paglia e all’ imbianchi­ mento dei filati e dei tessuti. Fu mantenuto anche il dazio di lire 5 per la soda caustica o l’ awmo-

n iaca caustica, introducendo per altro la distinzione

di soda caustica im pu ra, di valore assai minore che non pagherà più che cent. 50 al quintale. Per gli a lc a lo id i il dazio in Italia è stato portato da lire 2.30 a lire 4 il chilogrammo.

La relazione osserva che non sarà un gran peso per gli ammalati che adoprano il solfato di chinino del quale un chilogramma può servire a compiere molte guarigioni ; le due fabbriche importanti di questa materia che abbiamo in Italia, le quali danno una produzione annua di circa 14 tonnellate, ado­ perate in parte all’ esportazione, saranno avvantag­ giate dalla nuova tariffa francese che sostituisce un dazio di 4 franchi il chilog. a quello del 5 per cento sul valore il quale ragguagliava da 20 ai 50 franchi. La m agnesia caustica fu distinta dal carbonato d i

m agnesia ed il dazio unico di lire 9.20 fu innalzato

per la prima, a lire 20 e abbassato pel secondo a lire 8. Fu innalzato da lire 3.75 a lire 5 il dazio della biacca (carbon ato d i piom bo) e non furono estranee a questa misura vedute alquanto protezio­ niste a riguardo delle fabbriche specialmente liguri che danno un’ esportazione assai maggiore dell’ im­ portazione, ma con movimento decrescente nella prima e crescente nella seconda. 11 n itro, prima esente perchè serviva alla fabbricazione delle polveri di cui il governo avea la privativa, essendo già da un pezzo abolito questo monopolio, è stato sottoposto a un dazio di lire 5 il quintale lasciando esente il

nitrato d i soda da cui il nitro (nitrato d i p o ta s sa )

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100 L ’ E C O N O M I S T A 17 febbraio 1878

anim ale da lire 2 a cent. 50, rialzandoda 4 a 5

lire il nero fum o che si fabbrica utilizzando gli olii pesanti risultanti dalla distillazione deicatrami che provengono dalle officine del gaz.

L ’ inchiostro è stato tassato a lire 15 il quintale indistintamente con un notevole aumento non tanto per quello comune che pagava lire 11.50, quanto per quello da stampa che ne pagava soltanto 5.70. La relazione tocca questo punto con disinvoltura, accennando 1’ aumento, ma trascurando di notare la misura del vecchio dazio ; fa solò osservare che mentre le fabbriche d’inchiostro comune sono sparse in tutto il regno, quelle d'inchiostro da stampa non sussistono che a Milano e a Firenze e spiega ciò col rilevare questo come uno dei casi in cui la vec­ chia tarilfa presentava una sperequazione fra il dazio del prodotto e quello delle materie prime come il melasso e gli olii di resina. Ci sembra lodevole l’in­ tenzione di togliere questo inconveniente, ma dubi­ tiamo che il nudo scelto non sia il migliore e non vorremmo che per eliminare ciò che chiamasi protezionismo a rovescio, non se ne sia fatto di quello a diritto bello e buono. Fra i « colori » lieve aumento è stato introdotto sugli estratti d i legni d a

tinta, assoggettandoli al dazio di lire 12.50. Un no­

tevole miglioramento hanno ottenuto questi articoli, di cui si crede possibile I’ esportazione in Francia, mercè la riduzione da essa fatta dei dazi da 20 e 30 a 10 e 15 lire. 1 colori estratti d a l catram e sono stati aggiunti alla tariffa col dazio di lire 30 il quin­ tale se secchi e lire 15 se liquidi o in pasta, e si è posto cura di render chiara la nomenclatura nel gruppo dei materiali da tintoria che avea dalo luogo a reclami. Il dazio sulle vernici da lire 10 indistin­ tamente è stato elevato a lire 30 per quelle a base di alcool affine di tener dietro all' elevazione della tariffa su questo articolo, ed a lire 12 per le altre.

L ’am id o olire alla relazione un altro esempio di

sperequazione fra la materia prima e il prodotto. Vi sono di questa materia varie fabbriche sparse sopra tutto il territorio nazionale che danno una produ­ zione di circa 1000 tonnellate l’ anno, e l’ importa­ zione ne è di 8,900, ma quest’ ultima è quasi tri­ plicata dal 1871 agli anni 1875 e 76. II dazio del­ l’amido era di I lira e 50 centesimi, mentre quello dei cereali da cui si ricava è di 1 lira e 40 cen­ tesimi o almeno di 1 lira il quintale; d’ora innanzi l’ amido pagherà lire 1.50 « mentre la Francia, ag­ giunge la relazione, non avendo luogo per essa ìa ragione di un forte dazio sui grani, tenne fermo il proprio diritto a lire 2. » Saremmo invero curiosi di sapere quali migliori ragioni ha l’ Italia di man­ tenere un forte dazio sui grani che non abbia la Francia, specialmente quando si mena fra noi tanto scalpore per la tassa di macinazione assai più tollera' bile di questo, e mentre il governo, per cedere alla corrente dei partiti, a cui le tariffe doganali non sono a dir vero molto famigliari, sembra disposto ad un alleggerimento della tassa sul macinato che gli farebbe rinunziare ad una somma tre o quattro volte maggiore di quella che perderebbe non solo se mitigasse, ira se abolisse del tutto il grave dazio sul grano. La cera d a

scarp e era un altro esempio sul genere dell’ amido e

vi si è proceduto con un poco più di cautela, essa paga colla vecchia tariffa 4 lire, mentre il melazzo ohe entra in gran parte nella sua composizione ne pagava 6,95. Si è portato a 6 lire il dazio sulla cera da scarpe togliendo il melazzo dalla tarilfa convenzio­

nale e facendo proposito di provvedere ad esso nella tariffa generale in misura più mite. Anche la diminu­ zione del dazio sul nero animale gioverà a questo prodotto. Per la cera, di cui la relazione constata con soddisfazione un aumento nell’importazione di quella bianca greggia e nell’ esportazione della lavorata, sì bianca che gialla, corrispondente ad una diminuzione dell’importazione delle lavorate, si è preteso mante­ nere la misura del dazio attuale, convertendolo in dazio specifico, ammesso che si possa, ciò che non siamo disposti a concedere, mantenere questa misura nell’ operare quella conversione, senza diminuire no­ tevolmente la ragione del dazio.

E a Venezia che l’ industria della cera è mag­ giormente in fiore. Anco pei sapon i l’ importazione dal 1871 ai 1876 si è un poco rallentata; si è al- l’ incontro notevolmente allargata 1’ esportazione ed il consumo interno che aumenta naturalmente non solo con i bisogni della civiltà, ma ancora con 10 sviluppo di alcune industrie come quelle tessili. La fabbricazione dei saponi si avvantaggerà dalle diminuzioni del dazio sulla soda greggia e sull’oleina, ed i saponi comuni continueranno a pagare lire 6 al quintale, ma questo dazio sarà elevato a lire 20 per i saponi profumati. La raffinazione del sapone richiede molte cure e ingredienti che pagano dazio assai grave; essa costituisce in Inghilterra un’ indu­ stria speciale a sè, che è da noi ancora in fasce. Per le essenze odorose di arancio o di limone fu concordato tanto in Italia quanto in Francia egual dazio di lire 1,50 il chilogrammo l’Italia ne esporta annualmente da 320 a 400 tonnellate; per le altre essenze il dazio è di lire 10 tranne per quella di rose che in ragione del suo alto valore è di lire 40 11 chilogrammo.

La terza categoria « frutti, semenze, ortaggi ecc. » e la quarta « grassina » non presentano materia di grande interesse. Nella prima gli agrum i di cui l’ Italia esporta in Francia una quantità assai rag­ guardevole, (32,281 quint. nel 1876) ma che non regge per altro al confronto di quella che vi esporta la Spagna (258,000 quintali nel 1875) non potettero ottenere dai negoziatori francesi una riduzione mag­ giore dei 4 franchi il quintale, dazio che fu stabilito uguale nei due paesi essendo anco l’ Italia importa­ trice di una quantità non irrilevante di agrumi dalla Francia. Questo dazio in Francia è stato per altro modificato dalle recenti stipulazioni con la Spagna che lo hanno ridotto a 2 franchi e non v’ ha dubbio che in virtù della clausola della nazione più favorita l’ Italia profitterà di questa agevolezza. Alle fr u tta

secche fu mantenuto in Italia il dazio di 2 lire; la

Francia non ha voluto ridurlo al disotto di 4, tranne pei fichi che formano il maggior contingente della esportazione italiana, le altre frutta secche essendo fornite dalla Spagna e dal Levante. I tartufi, finora esenti in Italia, pagheranno lire 10 il quintale e ad ugual dazio andranno soggetti in Francia. Il dazio del luppolo è stato in Italia ridotto da lire 2,50 ad 1 per agevolare la fabbricazione della birra. Nel- 1’ altra categoria hanno avuto luogo molti aumenti e punti disgravi; si è modificata la tariffa italiana ri­ guardo al burro di cui l’ Italia esporta assai più che non importi; quello fresco che andava esente pa­ gherà 4 lire il quintale e quello salato 6, lenendo conto delle imposte che colpiscono il sale e uguali essendo i diritti stabiliti dalla Francia ; riguardo alla

(5)

che pagheranno lo lire il quintale la prima e 20 la seconda, la Francia contentandosi per quest’ ultima di soli 4 fr. riguardo agli estratti d i carn e pure esenti che pagheranno 4-0 lire (alla sola carn e cotta che serve di alimentazione alle classi meno agiate es­ sendo riservato un dazio più mite di S lire, alla carne

cru da e a l pollam e, ora esenti anche essi, uno di

3 lire, mentre la Francia colpisce con 1 fr. 50 cen­ tesimi la prima e con 15 franchi il secondo). La

stearin a e le candele steariche che pagano rispettiva­

mente 5 e 10 lire e ne pagheranno 12 e lo . La

colla d i pesce si distingue dalla colla forte con cui

andava finora unita e si eleva il suo dazio da 3 lire • 75 cent, a lire 10, mentre la Francia accorda l’esen­ zione alla colla forte di cui si fabbrica in abbondanza in tutte le parti del regno, specialmente nelle pro- vincie meridionali e di cui si esportano notevoli quantità (3721 quintali nel 1876). A tutti questi aumenti che cattiveranno agli autori della tariffa in ¡special modo gli animi degli abili salsamentari delle provincie lombarde e centrali d’ Italia si aggiunge quella sui form ag g i il cui dazio è portato da lire 4 a lire 8 il quintale senza più distinguere fra quelli di pasta dura e di pasta molle la cui importazione è a dir vero di poco conto. Anche di questo dazio si manifesta l’ intenzione di servirsi per sollecitare con­ cessioni da altri paesi onde non è improbabile ch’esso possa venir ribassato, la Francia frattanto lo ha sta­ bilito di 5 franchi, pei formaggi duri e di 4 pei molli.

P er le uova di cui T Italia esportò nel 1876 247,000 quintali e ne importò solo 156 premeva di avere favorevoli condizioni ; non si riuscì per altro ad ottenere 1’ esenzione ed i nostri negoziatori dovettero accondiscendere al dazio di 3 franchi con­ fortandosi col pensiero che la massima della nostra esportazione non si dirigeva verso la Francia.

{continua)

I NOSTRI BILANCI

ii.

Stato d i p r im a p r e v is io n e d e l l a s p e s a d e l

Min is t e r o d e l l e Fin a n ze p e r l’anno 1878. Lo stato di prima previsione della spesa del Mi­ nistero delle Finanze per 1’ anno 1878, escluse le partite di giro, ascende complessivamente a L i­ re 793,905,384 88, di cui L. 721,513,810 19 ap­ partengono alla categoria prima. — Spese effettive — e L. 74,391,574 79 alla categoria seconda — Trasformazioni di capitali — Di fronte al bilancio definitivo del 1877 si ha una diminuzione di Li­ re 9,315,792 57, di cui L. 3,480,404 1 9 nella prima categoria e L. 5,835,388 43 nella seconda.

Venendo poi a distinguere la parte ordinaria e la straordinaria si hanno le seguenti cifre. Nella par­ te ordinaria, si hanno per la prima categoria 702,391,099 19 con una differenza in meno di fronte al 1877 di 3,453,192 28 e per la seconda categoria 71,765,473 72 con una differenza pure in meno di 5,827,548 42. In totale 774,156,572 91 con una dif­ ferenza in meno di 9,280,740 70. Nella parte straor­ dinaria poi si hannoper ;a prima categoria 19,122,711 con una differenza in meno di 27,211 86 e per la

seconda categoria 2,626,100 97 con una differenza pure in meno di 7,840 01. In complesso si hanno 21,748,811 97 con una differenza in meno di 35,051 87.

Nella prima categoria — spese effettive — nella spesa ordinaria sono classificate le seguenti partite — Debito pubblico, guarentigie e dotazioni — 563,471,170 79 — Spese generali di amministra­ zione 15,357,984 40 — Spese di riscossione delle entrate e di manutenzione del patrimonio 104,639,044 — Restituzioni e rimborsi 11,810,00 0 — Spese di servizi pubblici 112,900 — Fondo di riserva e per le spese impreviste 7,000,000 — Nella spesa straor­ dinaria figurano il debito pubblico ec. per 5,624,051 Le spese generali di amministrazione per 10,471,920 — Spese di riscossione ec. 1,95 6 ,7 4 9 — Restitu­ zioni e rimborsi 1,070,000.

Nella seconda categoria — Trasformazioni di ca­ pitali per la spesa ordinaria si hanno 3,784,122 12 per acquisto ed attamento e costruzione di stabili, affrancamento di canoni, ec. 67,981,351 60 per estinzione di debiti — Per la spesa straordinaria poi, per acquisto ec. 471,000, per estinzione di debiti 2,155,100 97.

Quanto alla categoria terza — Partite di giro — la previsione risultante pel 1878 è di 92,708,587 10 con una differenza in più di 508,574 20.

Riguardo alle principali differenze, si può osser­ vare che nel debito consolidato si ha l’aumento di L. 1,335,832 47 dovuto avarie cagioni, fra le quali principalmente la rendita creata in seguito alla li­ quidazione dei conti di cui nella Convenzione di Basilea ec. per L. 35,000, quella di L. 439,395 da crearsi per la conversione tuttora in corso di obbli­ gazioni comuni delle romane, e quella di 750,000 a complemento della maggiore spesa, autorizzata con R. decreto 31 dicembre 1876 per 3,100,000, di cui 2,350,000 furono stanziate nel bilancio definitivo 1877. Vuoisi bensì notare che la spesa del 1878 per l’am­ montare della rendita suddetta cresce dietro I’ ap­ provazione dell’art. 5 del progetto di legge per lo stato di prima previsione dell’ entrata per i lavori ferroviari da eseguirsi nel 1878 e per le rate di

j

estinzione del mutuo contratto dalla Società dell’Alta | Italia colla Cassa di Risparmio di Milano.

Nel debito redimibile si riscontrano aumenti per lire 511,436,77, di cui 250,000 pel pagamento degli interessi al 5 per cento sopra i titoli da emettersi per procurare allo Stato le somme necessarie per compiere la prima serie dei lavori di sistemazione del Tevere e circa altrettante per varie altre cause. Vi sono poi diminuzioni che ascendono in complesso a 3,501,581.69, di cui 1,516,913 42 dipendono da cessazione d’ interessi in relazione alla graduale am­ mortizzazione dei debiti redimibili iscritti nel gran libro e 1,655,787.50 da interessi che cessano sulle obbligazioni delle società anonime per la vendita dei beni demaniali, della Regìa cointeressata dei tabac­ chi e della ferrovia Asciano-Grosseto.

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40i2 L ’ E C O N O M I S T A 17 febbraio 1878 ma quel carico si riduce a sole lire 374,000 per

minori garanzie da darsi per 980,000 alle romane e 220,000 alle meridionali.

Le dotazioni comprendono l’aumento di 2 milioni alla Casa reale concesso con legge 31 maggio 1 8 7 7 , le maggiori spese di lire 17,792.30 per la Camera dei Deputati, e lire 700,000 per rimborso alle società pei viaggi dei membri del Parlamento, spesa che figurava nel bilancio dei lavori pubblici e cbe si è stimato conveniente addossare a quello delle finanze, venendo a sodisfare un desiderio ripetuta- mente espresso dalla Commissione generale del bi­ lancio.

Nelle spese generali di amministrazione si ha una diminuzione di lire 66,110.70 e nelle spese di ri­ scossione di 3,762,130.39

Per restituzioni e rimborsi si propongono L. 250.000 per rimborsi e restituzioni della tassa del macinato indebitamente pagata dal 1873 al 1877 non poten­ dosi provvedere con decreti di sgravio in causa del cambiamento degli agenti di riscossione. Si riscon­ trano poi diminuzioni per varie cause che ascendono a 1,250,000.

Nella spesa straordinaria si ha una differenza in meno di lire 27,211.86. Quanto alla 2 “ categoria crediamo sufficienti i dati complessivi accennati di­ sopra. Ci limiteremo solo ad osservare che al titolo acquisto, adattamento ecc. si propongono L. 92,186 di aumento per 1’ ammortamento della annualità alla j Società dell’Alta Italia in corrispondenza alle dimi- I nuzione del fondo degli interessi e che al titolo — estinzione di debiti — è previsto un aumento di lire 121,900 dall’ amministrazione demaniale per le obbligazioni dell’ Asse Ecclesiastico da riceversi in pagamento del prezzo dei beni dell’Asse Ecclesiastico.

La relazione ministeriale osserva che le economie sui servizi finanziari raggiungono ora 3,310,485.83, benché fra le spese si trovino 1,538,301.50 pel mi­ glioramento delle condizioni degli impiegati.

Riassunto così per capi principali lo stato di prima previsione delia spesa pel Ministero delle Finanze, ci piace accennare brevemente alcune considerazioni affacciate dalla Commissione della Camera.

Il fatto dimostra che la presentazione del bilancio di prima previsione entro il 15 settembre non ri­ media al grave inconveniente di togliere alla Camera il modo di studiare e discutere a fondo il bilancio, che dovrebbe essere la sua principale educazione, perchè a quell’epoca il Parlamento è chiuso e l’esame non comincia che alla metà di novembre. La Com­ missione crede che il rimedio più efficace sarebbe quello di cominciare l’anno finanziario al 1° aprile, come si pratica in Inghilterra e come dal 1878 è stabilito per la Prussia, mentre agli Stati-Uniti co­ mincia il 1° luglio. E dove si segue il nostro stesso sistema si lamenta lo stesso inconveniente. Sarebbe meglio stabilire un solo bilancio preventivo che ve­ nisse maturamente discusso, ma su questo punto la Commissione lascia la questione impregiudicata.

La Commissione stessa è lieta che gli stati di prima previsiome contengano ora la pura e semplice competenza dell’anno, e che sia cessata la ragione dei trasporti nei bilanci di prima previsione, attesa la distinta approvazione che si fa delle tre partite nei bilanci definitivi, cioè la competenza, i residui e gl’ incassi e pagamenti.

Quanto alla radicale innovazione introdotta nei bilanci, dividendo in tre gruppi speciali Je varie

partite che lì distinguono, la Commissione prende ad esaminare se sia utile o inopportuna. E dopo avere esposto il modo col quale la riforma è stata attuata nel bilancio di cui è parola, entra in una discussione nella quale non possiamo seguirla perchè è‘ di per se così grave che richiederebbe un lungo discorso, ma frutto della quale era la proposta del seguente ordine del giorno :

« La Camera, riconoscendo che la distinzione delle entrate e delle spese, in effettive e in trasfor­ mazione dei capitali, come fu per la prima volta applicata nell’ attuale bilancio non è esatta, e pone sotto quest’ultimo titolo, delle partite che potrebbero condurre ad erronee ed illusorie conseguenze, opina che nella categoria trasform azion i d i c a p ita li deb­ bano essenzialmente comprendersi da una parte quei fatti, come nuovi debiti e vendite di stabili, che pro­ ducono una diminuzione patrimoniale resa manifesta da aumento di interessi passivi o da perdita conti­ nuativa di redditi; e dall’ altra parte quei fatti, co­ me estinzione di debiti o acquisto di stabili, che producono un aumento patrimoniale reso manifesto da diminuzione di interessi passivi o aumenti conti­ nuativi di reddito. E quindi invita il Ministero a conformarsi a tali criteri nella compilazione dei bi­ lanci futuri.

Lo condizioni degli Operai nelle faldelle

Noi, lo dicemmo più volte sulle colonne di questo giornale, abbiamo poca fiducia nelle inchieste in ge­ nerale. Quelle poi amministrative in particolare sono le peggiori fra tutte ed hanno questo immenso di­ fetto, che le persone incaricate di raccogliere i dati desiderati non hanno un grande interesse a scoprire la verità, nè hanno molto tempo da dedicare a que­ sta operazione e gli interrogati hanno sempre molto interesse e moltissime ragioni per non rispondere esattamente.

Dovevamo fare questa premessa prima di render conto ai nostri lettori di un volumetto pubblicato in questi giorni dalla divisione Industria e Commer­ cio del cessato ministero di agricoltura e intitolato: « R icerche sop ra la condizione degli o p era i nelle

fab brich e. » Or fa un anno il ministero suddetto in­

viava a 22 Prefetture del Regno un interrogatorio, che riportiamo in nota ') al fine di raccogliere

no-() E cco l ’interrogatorio:

« 1. In quali delle primarie industrie (comprese le « minerarie) sono di preferenza adoperate le donne ed « i fanciulli?

« 2. Quale è l ’età a cui ordinariamente i fanciulli « sono messi al lavoro?

« 3. Sono frequenti i casi di bambini in più tenera « età (che si desidera sia designata) ammessi nelle « fabbriche ?

« 4. L ’orario delle donne e dei fanciulli è eguale « a quello degli altri operai ?

« Quante ore dura e come è distribuito nel più « gran numero dei casi, tenuto conto dell’ ingresso, del tempo riservato ai pasti, al riposo, all’istruzione

« ed all’uscita ?

« 5. L e donne e i fanciulli attendono di regola o « per eccezione al lavoro notturno ?

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tizie complete ed esatte intorno a! grave problema del lavoro delle donne e dei fancinlli nelle fabbri­ che. Noi crediamo che questa operazione prelimi - nare dovesse precedere di poco e servire come di giustificazione ad un progetto di legge per tutelare e limitare il lavoro delle donne e dei fanciulli che il Ministero o per meglio dire alcuni filantropi in­ fluenti presso di esso si erano fitti in capo di regalare all Italia. Ad onta della opposizione che manifestamente si era sollevata contro un tale progetto dalla stampa, da molti autorevoli scrittori e dagli industriali stessi, il Ministero sperava di ottenere dalla Camera un voto di approvazione al suo progetto presentandolo ap­ poggiato dai risultati della inchiesta.

Il volume che abbiamo dinanzi agli occhi, se non ne avesse altri, ha questo merito per noi gran­ dissimo, cioè che ha fatto retrocedere di un passo e forse ha _ seppellito per sempre il progetto di legge da noi temuto e combattuto ripetutamente. I prefetti ai quali erano stati diretti gli interro- gatorii ne fecero la distribuzione alle persone indicate loro da una circolare e poi li rinviarono al Ministero che li raccolse e li riassunse provincia per provincia. E qui fra parentesi ci permettiamo di doman­ dare: perchè non furono mandati gli interrogatorii a tutte le prefetture del Regno e si credette che bastassero ventidue?

Le principali industrie italiane nelle quali vengono impiegati i fanciulli e le donne sono : le coltivazioni minerarie, le zolfare, le fabbriche di panni, i seti­ fici, i lanifici, i cotonifici, le fabbriche di tabacchi, di fiammiferi, di guanti, di nastri, di stoviglie, di cotone, le concierie di pelli, le cartiere, le fabbriche di oggetti in corallo e in filigrana, di paste, e di cappelli di paglia. L'età di ammissione dei fanciulli

« Se non lo è, quale è l ’ orario dei giorni festivi ? « 7. Quali sono i salari medii secondo le industrie « e secondo le età delle donne, dei fanciulli e degli « adulti maschi ?

«8. Quale è in generale il grado d’ istruzione dei «fanciulli che lavorano nelle fabbriche?

« La loro precoce ammissione e la durata del la- « voro fanno ostacolo alla istruzione ?

«9. In qual modo e in qual misura le agglome- « razioni di donne e di fanciulli e di adulti per causa « d i lavoro agiscono sulle qualità morali delle classi

« operaie ?

« 10. Quali sono in generale le condizioni igieniche « delle fabbriche?

< 11. Quali sono le industrie insalubri, ai cui la- « vori le donne e i fanciulli prendono parte ?

« 12. Sia nelle industrie insalubri, sia nelle altre, ♦ le donne e i fanciulli debbono attendere a lavori « che non sono in armonia con le loro forze ed atti- « tudini?

« 13. Quale differenza passa tra la condizione igie- « nica della popolazione in generale e quella della «popolazione operaia?

« 14. Quali sono le condizioni igieniche degli ope- « rai addetti alle singole industrie ?

« Quali sono le malattie e i difetti fisici a cui sono « soggetti ?

« Derivano dal lavoro precoce, o troppo prolunga- « to, o faticoso o mal distribuito dei fanciulli e delle « donne?

« 15. Se il lavoro delle donne e dei fanciulli fosse « limitato per legge, ne avrebbero danno e in qual ♦ misura gli industriali da un lato e dall’altro le fa- « miglie operaie ?

« Il danno sarebbe permanente o passeggierò ? « Sarebbe compensato da benefizii indiretti ? »

è in media dai 9 ai 12 anni, meno nelle filande nelle quali sono ammesse bambine di 6 o 7 anni per lavori non gravi o per aiuto alle madri.

Le ore di lavoro sono quasi generalmente le stesse tanto per le donne ed i fanciulli quanto per gli adulti. — Nelle zolfare della Sicilia non oltre­ passano 6 o 7j il che proverebbe che non solo non si lavora troppo dai fanciulli, ma che gli adulti potrebbero lavorare di più. Generalmente non vi è nè lavoro notturno nè festivo: quanto alla misura dei salari le risposte, che ci danno la media di essi, non meritano che ne facciamo menzione e noi concordiamo con l’ autore del volume ministeriale che da esse è dilfieile di potersi formare un cri­ terio esatto ed assoluto del guadagno di un operaio. L’istruzione dei fanciulli è quasi nulla: pochissimi sanno leggere o scrivere e ciò non devesi attribuire alla precoce età in cui essi cominciano a lavorare, perchè a 9 o a 12 anni potrebbero avere frequen­ tate le scuole elementari, ma a trascuranza dei ge­ nitori o dei fanciulli stessi. — Intorno all’inlluenza delle agglomerazioni di operai di sesso e di età di­ versa, in generale, stando alle risposte, non vi sono inconvenieuti perchè lavorano in compartimenti se­ parati. Dove questa separazione non esiste taluni lamentano gravi inconvenienti. Altri invece dicono che ne derivano vantaggi al morale di essi promuo­ vendo l’emulazione, lo spirito di fratellanza, l’amore al lavoro e perfino i matrimoni ! Le condizioni igie­ niche delle fabbriche, specialmente di quelle costruite da vent’ anni in qua, sono generalmente buone ; la maggior parte delle industrie però di per sè stesse non giovano certo alla salute degli operai, e delle donne e dei franciulli in specie, ma pur troppo non v’è.potere legislativo che possa renderle sane, e se sarebbe preferibile che i figli degli operai frequen­ tassero le sale di ginnastica invece di dedicarsi, fosse puré per poche ore, a lavori meno sani, questo pietoso e platonico desiderio non si potrebbe rea­ lizzare senza che venisse a mancar loro lo scarso cibo che si guadagnano attualmente.

Quasi tutte le risposte concordano nell’ affermare che in nessuùa specie d’industria le donne e i fan­ ciulli sono sottoposti a lavoro che non sia in ar­ monia con le loro forze ed attitudini e ciò nell' in­ teresse stesso degli industriali ed anche perchè nè donne nè fanciulli si sottoporrebbero a fatica supe­ riore alle loro forze : come pure concordano quasi tutte in ciò che nessuna differenza viene osservata fra la condizione igienica della popolazione in gehe- aale e quella della classe operaia.

Alla domanda : quali siano le condizioni igieniche degli operai addetti alle singole industrie la maggior parte delle risposte dicono che sono generalmente buone e che non si verificano in essi malattie non comuni al resto della popolazione ; alcune risposte però accennano a speciali infermità derivanti sia dalla natura del lavoro sia dalla soverchia gravezza o durata del lavoro stesso.

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L ’ E C O N O M I S T A 17 febbraio 1878

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NOSTRE CORRISPONDENZE

compensato da benefizi indiretti, altri vedono un vantaggio per gli industriali soltanto : finalmente una piccola parte degli interrogati che, nel volume che abbiamo sott’ocohio si calcola un 10 per cento, ri­ tiene che una legge limilatrice del lavoro sarebbe un benefizio per tutti e che da essa non potrebbe derivare verun danno nè pel lavorante nè per l’in­ dustriale. — Secondo la maggioranza degl’ interro­ gati e quasi tutti i fabbricanti una legge limitativa del lavoro oltre al grave danno che porterebbe ai- fi industria e agli operai sarebbe inutile nelle con­ dizioni in cui oggi si trova il lavoro nelle fabbriche, oltreché si incontrerebbero gravi difficoltà nel for­ mulare una legge unica da applicarsi a tutte le industrie e in tutte le regioni d’Italia.

Che alcuni uffici sanitari, e fossero anche tutti, abbiano dato il loro parere favorevole ad una legge non ci sorprende punto, anzi ci sorprenderebbe se fosse- avvenuto il contrario, che alla salute dei fan­ ciulli senza dubbio gioverebbe non solo la limita­ zione, ma la proibizione assoluta del lavoro.

Fra le risposte all’ultimo quesito ci sembrano degne di nota quella della Camera di Commercio di Bologna contraria alla legge ■ ) quella della de­ putazione provinciale di Caserta che ne propugna l’attuazione, purché però si vada con passo cauto e si metta in equilibrio l’interesse dell’ industria con quello dell’ umanità, e finalmente quella della Ca­ mera di Commercio di Genova la quale ritiene che una legge limitativa del lavoro resterebbe lettera morta, come è avvenuto in Inghilterra, che ne ha fatte tante senza cavarne costrutto.

Abbiamo voluto trattenerci a lungo su questa re­ cente pubblicazione ministeriale non perchè, come ab­ biamo già detto, noi crediamo che i dati in essa rac­ colti abbiano un gran valore, ma principalmente per rispetto agli egregi uomini che hanno diretto il la­ voro con molta coscienza e dopo aver preparato im­ parzialmente l’interrogatorio hanno tratto dalle r i­ sposte delle conclusioni contrarie allo scopoche, cre­ diamo, si fossero proposti.

Ad essi tributiamo volentieri e per quel che val­ gono, le nostre lodi.

') La camera di commercio dice:

« Nella nostra provincia non occorre limitare il lavoro, che in sostanza non è troppo grave.

« Limitandolo ne verrebbe danno :

« 1. Alle donne e ai fanciulli i quali tanto meno ne ricaverebbero di salario ;

« 2. Alle loro famiglie, cui mancherebve in parte il sussidio che ricevono dal loro lavoro ;

« 3. A l fabbricante che o dovrebbe limitare la produzione, o valendosi di adulti in luogo di donne e fanciulli, incontrerebbe maggiori spese, senza dire della impossibilità di trovare adulti abili al lavoro come le donne e i fanciulli.

« Il danno sarebbe permanente e non compensato. Ben si potrebbe dire che i fanciulli avrebbero mag­ gior agio di studio; ma la cosa non vuole essere considerata in astratto, ma in concreto.

« Il fanciullo non sarebbe più sorvegliato dei ge­ nitori che sono alla fabbrica o all’ officina. A bban ­ donato a se stesso, il fanciullo non solo non studie­ rebbe, ma si dax-ebbe al vagabondaggio, e, trovandosi con altri fanciulli già corx-otti, ne avrebbe danno maggioi-e della stessa ignoranza. D ’ alti-onde nelle scuole serali e domenicali si ha mezzi sufficienti di istruzione per chi ne vuol profittare ; e in quelle ore e . in quei giorni i genitori possono meglio sorvegliare i loro figliuoli. »

I Congressi di operai — Definizione paradossale di un congresso operaio —• Il congresso operaio di Lione — Sue deliberazioni — Un’ imprudenza — Il crucifige contro il sig. Simon — La chiusura del 'Congresso — Come firiiscono i Congressi — La Camera di Commercio inglese di Parigi — Un bell’ articolo del sig. Molinari — La Convenzione colla Banca di Francia.

Parigi, 14 febbraio, 1878.

In massima non sono punto contrario ai congressi operai, ai quali non si potrebbe senza ingiustizia ne­ gare il diritto che si accorda ad ogni ceto di per­ sone — artisti, scienziati, letterati, insegnanti, ec. — di riunirsi cioè ogni tanto per comunicarsi recipro­ camente le idee che più sembrano atte a migliorare le sorti di quella data classe di persone cui i con­ gregati appartengono, di provvedere alla sorte di moiti disgraziati per migliorare quella di altri, in­ somma per procacciare di ottenere que’ migliora­ menti che l’umanità in genere e i suoi singoli mem­ bri in particolare cercano di raggiungere effettuando così ciò che con parola di cui si usa ed abusa og­ gidì si è convenuto di chiamare progresso.

Tanto più oggi fioperaio cerca questi migliora­ menti alle sue condizioni in quanto un sentimento oggi universale, — non spetta a me definire se utile e lodevole, o dannoso e segno di corruzione, — un sentimento universale io diceva spinge tutti ad ago­ gnare il benessere materiale, il conforto, dirò con parola d’olire Manica, e l ’operaio non meno degli altri risente questo influsso materialista, è animato dalle tendenze degli altri e cerca di appagarle.

Pertanto è naturale che gli operai cerchino di riunirsi ogni tanto e cerchino di provvedere al mi­ glioramento delle loro condizioni. Fin qui credo po­ chissimi non approvino queste modeste ed eque aspirazioni. — Ma in pratica? A h! la pratica: qui è dove la questione s’ imbroglia, dove si presenta il lato scabroso, gl’ inconvenienti di questi congressi operai !

Un congresso operaio oggi potrebbe definirsi — non mi tacciate di paradossiselo — un congresso al quale gli operai veri non intervengono, e nel quale gente che lavora poco e vorrebbe lavorare anche meno, parla di politica, di socialismo, di religione, di tutto fuorché di veri e reali bisogni del popolo che lavora.

Queste osservazioni che forse vi avrei potuto ri­ sparmiare, ma che, oramai che le ho gettate giù sulla carta, vi prenderete in santa pace voi e i vo­ stri benigni lettori, mi venivano alla mente scor­ rendo i resoconti del Congresso operaio di Lione il quale è destinato a lasciare di sè quella traccia che lascia

il fumo in aere od in acqua la spuma.

I congressisti di Lione hanno parlato — forse non è la parola propria, ma lasciamo là — hanno discusso molto, hanno tratto fuori tutto il solito frasario del socialismo da strapazzo, tutto il reltori- cume radicale ; spesso hanno divagato nella politica; spessissimo sono andati a personalità, ma s’ è con­ cluso poco o nulla e credo che la classe operaia abbia davvero poco da guadagnare sino a che la di­ scussione de’suoi interessi è affidata a codesta r a d i•

caille che degli operai si cura niente affatto, ma che

cerca di sfruttare certe situazioni, e certi malcon­ tenti per i loro poco alti disegni.

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le discussioni che ebbero luogo in seno al Congresso di Lione, ma vi farò parola di alcune deliberazioni che esso ha preso riguardo alle questioni che erano all’ordine del giorno e che nell’ultimo mio corriere v’indicava.

Riguardo al lavoro delle donne il Congresso fra le altre deliberazioni ha preso quella della forma­ zione delle Camere sindacali di donne operaie nelle città e nelle campagne ; che le donne non abbiano a lavorare più di otto ore ; soppressione delle agen­ zie {bureaux de placem ent) laiche e religiose; rim­ pasto della legge sul lavoro de’fanciulli, soppressione di tutti i laboratorii di conventi e congregazioni che dovrebbe essere chiesta da una petizione generale delle donne.

Il Congresso ha poi insistito molto sulla costitu­ zione delle Camere sindacali dalle quali si ripro­ mette un gran bene, e che dovrebbero regolare la produzione, il mantenimento dei salari e la di­ fesa degl’ interessi comuni; il collocamento degli operai e degli apprendisti, l’insegnamento professio­ nale, la sorveglianza degli apprendisti, la formazione delle casse per gli scioperi, e per mancanza di lavoro

[chômage) assicurazioni mutue eco. Finalmente il

Congresso ha chiesto l’abrogazione di tutte le leggi restrittive del diritto di riunione e di associazione.

Citerò ancora fra le deliberazioni — che più pro­ priamente dovrebbero dirsi aspirazioni — del Con­ gresso questa relativa alla durata del lavoro. Il Congresso avrebbe posto come principio che la gior­ nata dell'uomo debba essere così divisa : otto ore consacrate al lavoro della sua professione; otto ore destinate allo studio, alle ricerche scientifiche let­ terarie, esercizi ginnastici, alla coltura intellettuale ecc. finalmente otto ore al sonno.

Inutile vi dica che queste discussioni sono 1 state spesso interrotte o turbate da discussioni politiche e partigiane nelle quali le idee più stravagantemente radicali avevano, com’ è naturale, il sopravvento.

Basterà vi citi l’episodio di un tal cittadino Ni­ colas, il quale avendo avuto la malaugurata idea d far menzióne del signor Jules Simon come di un uomo che aveva dedicato il suo ingegno e la sua coltura a dettare opere che si occupavano del mi­ glioramento delle classi diseredale — si vide tron­ care la parola da un altro cittadino, il cittadino Chpbert, vecchio socialista, un energumeno radicale­ socialista il quale dichiarò che in un congresso di onesti operai il nome di Simon non doveva pro­ nunciarsi nemmeno, poiché era il nome di un apo­ stata che aveva più tardi smentito coi fatti quanto aveva affermato negli scritti. — E queste parole furono accolte dai soliti tonnerres d ’applau disse­

ments che posero nella massima confusione il cit­

tadino Nicolas che balbettò delle scuse e dovè fare atto di confessione per la inopportuna réclam e fatta al signor Simon. E t nunc eru d im in i!

Venerdì (8) ebbe poi luogo la seduta di chiusura del Congresso. Ciascuna delle nove commissioni lesse le risoluzioni che era incaricata di formulare su una delle questioni proposte al Congresso. Queste risoluzioni delle quali alcune vi ho accennate, ma che tutte non potrei formularvi senza abusare della pazienza dei vostri lettori, furono tutte votate senza discussione dai cittadini operai e dalle cittadine operaie che non mancavano al Congresso lionese.

Quindi un cittadino Merle, fece l’esposizione della situazione finanziaria del Congresso, che grazie alle

sottoscrizioni raccolte presenta un eccedente di at­ tivo che servirà agli ulteriori Congressi.

Fu pure deciso che un Congresso straordinario sarebbe tenuto a Parigi nel prossimo settembre in oc­ casione dell’Esposizione che riunirà nella grand!ville operai dei due mondi. Il terzo Congresso nazionale poi avrà luogo a Marsiglia nel febbraio del 1879.

Quindi l’assemblea si è separata alle grida: di Viva la Repubblica !

Ma siccome tutti i salmi finiscono in gloria e tutti i congressi e riunioni in un banchetto, così anche i congressisti di Lione, il giorno dipoi della chiusura del Congresso si riunirono ad uno dei soliti fraterni banchetti.

Questo banchetto era presieduto dal cittadino Jaequenim delegato de’ campagnuoli ; v’ erano un centinaio d’invitati e fra questi alcune donne.

In fine del banchetto fu votato un indirizzo a Garibaldi. Un giornale radicale di qui faceva osser­ vare che se « l’eroe repubblicano » fosse in questi giorni andato all’altro mondo l’ultima voce che gli sarebbe giunta sarebbe stata quella dei lavoratori francesi.

Non nego la gentilezza del pensiero dei cittadini congressisti e quella del foglio radicale, ma dubito che quella sarebbe stata una forte consolazione per il generale che preferirà certo rimanere perchè altre voci gli giungano nel romitaggio di sua elezione.

Il banchetto si è chiuso colla famosa canzone des

Ouvriers di Pietro Dupont e quindi gli operai si

sono separati gridando con un à p ro p o s molto di­ scutibile: Viva l’amnistia!

Tuttociò è poco serio, lasciatemelo dire: e con le canzoni repubblicane, e colle grida e colle de­ clamazioni mal si provvede a questioni che per essere studiate proficuamente hanno d’ uopo di calma e di discussioni spassionate e debbono essere tenute costan­ temente nel campo della scienza economica corrobo­ randole cogli insegnamenti della pratica.

Ed ora passiamo ad un altro banchetto ma d’in­ dole molto più calma di quello degli energumeni socialisti di Lione.

La Camera di Commercio inglese di Parigi dette le sera dell’H corrente un pranzo al Gran Véfour; a questo banchetto intervennero quarantadue invitati rappresentanti le principali industrie d’ Inghilterra. Vi erano fra gli altri il sig. Culiffe Owen vice-pre­ sidente della Commissione inglese per l’Esposizione del 1878 e il suo aggiunto capitano Harris.

Non mancarono numerosi brindisi. Il sig. Murray segretario della Camera di Commercio bevve alla prosperità della stampa anglo-francese o il signor Leroy Beaulieu, il dotto direttore dell 'Economiste

fra n ça is fece ampli elogi della stampa inglese della

quale il distinto economista è caldo ammiratore. furono poi distinti i tre punti del programma cioè quello delle tariffe telegrafiche anglo—francesi che tutti giudicano troppo elevate; l’ altro la legge Irancese sulle patenti o brevetti che non protegge sufficientemente le m arche di fabbrica straniera, fi­ nalmente si parlò della opportunità d'invitare le Ca­ mere di Commercio dell’Inghilterra a recarsi a Parmi durante l’Esposizione.

(10)

r

106 L ’ E C O N O M I S T A 17. febbraio 1878

disse l’oratore, mi ha fatto sperare che la Camera voterà presto una legge a questo scopo.

Mi piace farvi menzione di un pregevole articolo che il sig. M. G. Molinari ha pubblicato in uno degli scorsi giorni nel Jo u r n a l des Debats a proposito del trattato commerciale Franco Americano. Il signore Molinari pone in evidenza l’importanza della riforma delle tariffe'doganali agli Stali Uniti come un fatto che viene in appoggio della superiorità del sistema del libero scambio su quello protezionista. Il sig. Mo­ linari comincia dal fare parola dei grandi vantaggi che gli americani si ripromettevano dal sistema pro­ tezionista che stabilirono su larga scala durante e dopo la famosa guerra di secessione. Questi vantaggi dovevano essere morali e materiali; ma ben presto i cittadini della grande Repubblica dovettero per­ suadersi che si erano pasciuti di una illusione e i famosi vantaggi si mutarono in altrettanti incomodi e danni.

I gentlemen e le ladies dell’Unione non erano più costrette, è vero, a chiedere all’Europa le sete, i drappi, gli articoli di mode, i vini. Mg che accadde? Glie quegli articoli dovettero pagarli dieci volte più ai produttori americani protetti. Non chiedevano più all’Europa il bordeaux e lo cham pagne, ma erano costretti a surrogare questi vini squisiti con abomi­ nevoli bevande indigene che costavano quanto i vini summentovati. L’articolista del Debats termina il suo articolo con una breve statistica dei fallimenti agli Stati Uniti (che nei cinque ultimi anni sono stati 36,787, excusez du peu!) e mostra quanto a ragione e con quanta sagacia gli americani che positivisti per eccellenza, poco si curano dei principii e molto dell’interesse reale, cominciano ad essere stanchi del protezionismo e come per conseguenza, sorgano d’ogni parte dei club libero-scambisti (free trad e-

clubs) sicché il Sig. Molinari spera che la riforma

delle tariffe nella grande Repubblica sarà ben presto un fatto compiuto.

Inutile vi faccia osservare, che lo comprenderete da voi, come la Francia, se il voto anzi il progno­ stico del sig. Molinari si realizza, avrà da guada­ gnarne considerevolmente.

Nei giorni scorsi si è molto parlato di una nuova convenzione che sarebbe stata conclusa fra lo Stato e la Banca di Francia. Con questa convenzione la anticipazione permanente senza interessi della Banca allo Stato che era stata stabilita in 60 milioni dalla legge del 1857 sarebbe portata a 140 milioni, cioè 8 0 milioni d’aumento.

Nel 1857 era stato stipulato che questa anticipa­ zione avrebbe equivalso alla media del credito del conto corrente del Tesoro che era allora di 60 mi­ lioni. Questa media è attualmente di 140 milioni; pertanto non si fa altro che interpretare lo spirito della convenzione del 1857 elevando la cifra dell’an­ ticipazione permanente

Quando la differenza del conto del Tesoro e del- 1’ avanzo permanente verrà saldata a debito del Te­ soro stesso questo pagherà sulla differenza un inte­ resse di 1 0|0

Un’altra modificazione sarebbe questa che la Banca non pagherebbe l’ imposta relativa ai diritti di bollo stabilita sui biglietti di banca, se non che sui bi­ glietti emessi per le operazioni di sua spettanza ; gli altri biglietti che venissero da lei posti in circolazione non pagherebbero imposta di sorta.

Ne resulterebbe un’ economia di due milioni circa

a favore della Banca e pel pubblico il vantaggio di ottenere più facilmente biglietti al portaorte.

La nuova convenzione regolerebbe altresì una lite esistente fra la Banca e lo Stato circa una somma di 9 milioni e mezzo requisiti dal governo della Comune. Lo Stato prenderebbe a suo carico la metà di questa somma; l’altra metà che toccherebbe alla Banca sarebbe computala nei guadagni realizzati quando lo sconto passasse il 6 0|0- Questa clausola derogherebbe alla convenzione del 1857 secondo la quale i guadagni sugli sconti al di là del 6 0|0 debbono essere portati in aggiunta al capitale.

E basta per oggi

Il discorso della Coroua. — R iform a tributaria. — La produzione del ferro e del carbone. — Gli eccedenti della amministrazione delle poste. — La democrazia sociale in Germania e suoi or­ gani. — Associazione centrale per la Riforma sociale.

B erlino, 13 febbraio.

L ’apertura del parlamento tedesco ebbe luogo il 6 corr. colla lettura di un discorso della corona re- Jativo alla situazione amministrativa, e ietto dal mi­

nistro delle finanze Camphausen. In quel discorso fu accennato alle relazioni politico-commerciali col­ l’Austria, e fu espressa la speranza che dopo il ter­ mine del Provvisorio che avverrà alla fine di giu­ gno, vi sarebbe finalmente occasione di rannodare nuove relazioni, e di stipulare uua nuova conven­ zione commerciale. Inoltre si accennò all’aumento delle imposte sul tabacco, e alla trasformazione delle tasse di bollo particolari in tasse di bollo imperiali. Il progetto di legge sull’aumento della imposta sul ta­ bacco fu già presentato al parlamento, ma nella forma attuale non può esser certo della sua accet­ tazione, a meno che il cancelliere imperiale non pre­ ferisca di presentar tosto completo il suo progetto sulla riforma delle imposte, e di far conoscere al parlamento le sue progettate riforme economiche.

In Berlino già da lungo tempo si è costituita una associazione di diversi membri del parlamento allo scopo di promuovere la costruzione di linee ferroviarie secondarie, e la sua attività viene validamente appog­ giata dal ministero del commercio e dal capo delle poste imperiali. (Reichspostmeister.)

Mediante questi due aiuti efficaci l’associazione la quale opera in prima linea in Prussia, senza però perdere di vista l’ interesse dell’intiero impero tede­ sco, pervenne a condurre a termine la costruzione di IO a 12 linee secondarie; e questo risultato non è certo da disprezzarsi. I fondi necessari per queste linee secondarie economicamente molto importanti, furono coperte in parte dagli stessi interessati, in parte con somme supplementarie uscite dalle casse dello Stato e finalmente dalla amministrazione delle poste imperiali. Le linee che fino ad oggi furono attivate hanno pienamente provato la loro vitalità ed hanno attirato sn di loro una grandissima atten­ zione.

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