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Il Potere Marittimo della Repubblica Popolare Cinese nell’era della globalizzazione

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Il Potere Marittimo della Repubblica Popolare Cinese nell’era della globalizzazioneSupplemento alla Rivista Marittima novembr

Il Potere Marittimo

della Repubblica Popolare Cinese

nell’era della globalizzazione

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RIVISTA MARITTIMA 2021

Il Potere Marittimo

della Repubblica Popolare Cinese

nell’era della globalizzazione

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UFFICIO PUBBLICA INFORMAZIONEE COMUNICAZIONE

ANGELO VIRDIS, Capo dell’Ufficio

RIVISTA MARITTIMA

DANIELE SAPIENZA, Direttore responsabile GINO LANZARA, Capo Redattore

GIORGIO CAROSELLA, Redazione, Art Director GIANLORENZO PESOLA, Redazione

In copertina: La portaerei cinese LIAONING, primo esemplare di unità navale di questa categoria a entrare in servizio nella Marina della Repubblica Popolare Cinese (Xinhua).

Tutte le immagini presenti in questa pubblicazione sono state fornite dall’autore.

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3 Novembre 2021

Introduzione PARTE PRIMA Da Zeng He a Li Huaqing. Il percorso secolare della Marina cinese La Cina si affaccia sul mare Dalla Marina imperiale a quella repubblicana La Repubblica Popolare Cinese e la «nuova» Marina Dalla Marina costiera alle Forze navali d’altura PARTE SECONDA Come far nascere una nuova potenza marittima Le motivazioni della Cina Potere marittimo, strategia e sicurezza nazionale Gli obiettivi e le scadenze PARTE TERZA Le Forze aeronavali e le ambizioni della Repubblica Popolare Cinese Ruoli e missioni della Marina cinese Presenza globale PARTE QUARTA Il valore militare dei capisaldi strategici cinesi nei mari e negli oceani Gibuti e il Corno d’Africa Gwadar e la dimensione pakistana Capisaldi e cinture insulari Le isole colonizzate: avanguardia o retroguardia?

Rivendicazioni e contenziosi PARTE QUINTA L’organizzazione e la struttura delle Forze aeronavali cinesi L’era di Xi Le Forze aeronavali: generalità, organizzazione e schemi operativi Portaerei e aviazione navale Le Forze subacquee Le unità maggiori combattenti Forze anfibie e fanteria di Marina Sostenibilità logistica e operazioni d’altura PARTE SESTA Le «altre» Marine della Repubblica Popolare Cinese La Guardia costiera cinese: missioni e capacità La Guardia costiera cinese: le prospettive La Milizia marittima Le modalità d’impiego della Milizia marittima Le tre «Marine» e la suddivisione dei compiti PARTE SETTIMA La Marina mercantile e l’industria cantieristica La Marina mercantile della Repubblica Popolare Cinese La Marina mercantile cinese e il supporto alle operazioni militari La Repubblica Popolare Cinese e la cantieristica navale Consolidamento e integrazione fra cantieristica civile e militare Prospettive e considerazioni PARTE OTTAVA Realtà, ambizioni e criticità Due realtà a confronto Analisi e previsioni di medio termine Le criticità Considerazioni conclusive

INDICE

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5 Novembre 2021

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el novembre 2012, la relazione redatta dall’allora presidente della Repubblica Popolare Cinese, Hu Jintao, in occasione del 18° Congresso del Partito Comunista Cinese, può considerarsi un passaggio assai importante nella storia marittima del paese. Hu dichiarò che l’obiettivo di quest’ultimo era quello di diventare una «qiangguo haiyang», traducibile come una forte o grande potenza marittima. Nelle parole di Hu, si sarebbe dovuto «… rafforzare la nostra capacità di sfruttare le risorse marine, sviluppare l’economia del mare, proteggere l’ecosistema marino, salva- guardare fermamente i diritti e gli interessi marittimi del paese e trasformare la Cina in una forte potenza marittima».

Nella relazione di Hu Jintao si auspicava inoltre la creazione di uno strumento militare «… commisurato alla posizione internazionale della Cina», definendo in pratica due obiettivi che sarebbero stati presenti nei documenti ufficiali divulgati da Pechino dopo l’ascesa di Xi Jinping ai vertici del Partito Comunista Cinese e dell’intera leadership nazionale.

Come affermato da eminenti studiosi, i termini maritime power e seapower — potere marittimo e/o potenza marittima, nella duplice traduzione italiana — sono stati spesso definiti in modo non chiaro e impiegati in maniera intercambiabile.

Nei tempi moderni e nel lessico occidentale, il termine «potere marittimo» riassume un concetto intrinsecamente ampio che abbraccia tutti gli usi del mare, sia civili sia militari; di conseguenza, vi può essere condivisione sul fatto che il potere marittimo rappresenti il «potere o influenza militare, politica ed economica esercitata attraverso la capacità di usare il mare». Il potere marittimo di una nazione riflette dunque non solo capacità militari intrinseche qual è il com- plesso delle unità navali di superficie e subacquee, ma anche una gamma di risorse militari terrestri e di sistemi spaziali gestibili da una Marina da guerra, e a cui si aggiungono risorse e capacità non meno importanti quali una Guardia co- stiera, le infrastrutture portuali, la Marina mercantile, l’industria ittica e quella cantieristica, il patrimonio culturale e scientifico nazionale.

In sintesi, si può dire che il concetto di seapower pone maggiore enfasi sulla sua dimensione navale militare, mentre la maritime power si concentra anche sulla dimensione non militare delle capacità marittime di una nazione. Questo Sup- plemento si articola pertanto su come i leader della Repubblica Popolare Cinese hanno interpretato il concetto di maritime power, formulando le direttive affinché il paese assurga al rango di potenza marittima globale, e analizzando come tali direttive sono messe in pratica. Dopo una breve retrospettiva storica, che traccia il percorso secolare della Marina cinese, affronta le motivazioni che inducono le leadership succedutesi a Pechino a reclamare lo status di potenza marittima pla- netaria o globale e analizza il ruolo dello strumento aeronavale nel soddisfare quest’ambizione. Un aspetto importante riguarda la valenza di alcuni capisaldi strategici creati da Pechino nei mari prossimi al territorio nazionale e anche in quelli lontani, evidenziando una forte correlazione fra esigenze militari e il costrutto politico-economico della nota «via marittima della seta». Il Supplemento prosegue analizzando dapprima la struttura e l’organizzazione delle Forze aeronavali cinesi e successivamente realtà assai importanti quali la Guardia costiera e la Milizia marittima, la Marina mercantile e l’industria cantieristica nazionale. L’ultima parte si concentra sulle realtà dell’inevitabile confronto «navale» fra Repub- blica Popolare Cinese e Stati Uniti, sulle criticità tuttora esistenti lungo il percorso intrapreso da Pechino e su una serie di conclusioni prospettiche. Per non appesantirne la lettura, si è cercato di limitare al massimo l’elencazione di dati nu- merici e riferimenti tipologici, soprattutto per la difficoltà a interpretare le scarse informazioni che trapelano dal nuovo

«Impero di mezzo». Augurando buona lettura, l’Autore rimane comunque grato se verranno segnalate potenziali omis- sioni e imprecisioni.

L’autore

INTRODUZIONE

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PARTE PRIMA

Da Zeng He a Li Huaqing. Il percorso

secolare della Marina cinese

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Un planisfero di fonte cinese risalente a qualche anno fa in cui il continente asiatico e la Repubblica Popolare Cinese sono collocati in posizione centrale rispetto alle Americhe (Xinhua).

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9 Novembre 2021

La nostra Marina dovrebbe condurre operazioni costiere. Essa è una forza di difesa e tutte le nuove costruzioni devono essere realizzate per questo scopo.

Deng Xiaoping, 1980

Siamo una potenza continentale e una potenza marittima.

Jiang Zemin, 1995

La sicurezza marittima, la sicurezza nello spazio e la sicurezza nello spettro elettromagnetico sono già diventati aspetti rilevanti della sicurezza nazionale.

Hu Jintao, 2004

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elle citazioni dei vari leader susseguitisi alla guida della Repubblica Popolare Cinese in un quarto di secolo, è probabilmente riassunto il cambio di passo strategico adottato da Pechino all’alba del XXI secolo. Tuttavia, se si considera la millenaria storia cinese (1), gli affari marittimi hanno giocato un ruolo sorprendentemente limitato e lo strumento navale si è conseguentemente sviluppato secondo un approccio assai diverso da quello intrapreso dalle potenze marittime europee e dagli Stati Uniti già a partire dal XVII secolo e che ha creato una ben precisa tradizione marittima. Nonostante la lunga linea costiera che caratterizza la geografia cinese (18.000 km, secondo fonti cinesi, a fronte di una superficie di circa 9,5 milioni di km quadrati) (2), l’uso dei mezzi di trasporto costiero è stato alquanto li- mitato nel corso della storia, perché merci ed eserciti hanno prevalentemente utilizzato vie fluviali interne. Allo stesso modo, le più importanti battaglie navali della storia cinese hanno avuto come palcoscenico fiumi e laghi.

La Cina si affaccia sul mare

Gli affari marittimi non rappresentavano una preoccupazione per l’élite al potere all’alba della storia perché le minacce più serie alla sicurezza cinese erano di natura terrestre, sotto forma d’invasioni a cura di Forze militari provenienti dal- l’Asia centrale e settentrionale. Tuttavia, ciò non significava che la Cina — unificata nel 221 a.C. — non fosse coinvolta in attività marittime, perché durante le dinastie Tang (619-907 d.C.) e Song (960-1279 d.C.) esisteva una rete marittima commerciale estesa dall’Asia meridionale al Medio Oriente: esistono inoltre alcune prove d’importanti traversate nel Mar Cinese Meridionale e nell’oceano Indiano svoltesi a cura di mercanti cinesi nel XIV e nel XV secolo. Risale comunque

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al periodo della dinastia Song, e precisamente all’anno 1123, la creazione di una Marina cinese permanente che alla fine del XII secolo poteva contare su 52.000 uomini e una flotta formata da 20 Squadre navali: la base principale si trovava nei pressi dell’attuale Shanghai, mentre il quartiere generale era situato a Dinghai, località situata sulla costa del Mar Cinese Orientale.

La costituzione della Marina si rese necessaria per difendere l’impero dalle invasioni provenienti dai territori nordorientali affacciati sul Mar Giallo e per difendere le navi mercantili che rientravano in Cina con le merci provenienti dall’Africa orientale, dall’India e dal Mar Arabico. Quest’espansione dei commerci marittimi aveva permesso alla Cina di espandere le conoscenze del resto del mondo: una testimonianza di questo fenomeno sono le mappe «universali», su cui era dap- prima raffigurata la Cina e i mari adiacenti e che con il passare del tempo si arricchirono grazie a descrizioni sempre più accurate delle regioni arabe e africane.

Sebbene svoltosi su uno specchio lacuale di grandi dimensioni, un evento significativo della storia navale cinese fu la battaglia del lago Poyang, in realtà una serie di scontri susseguitisi nell’arco di due mesi nel 1363 e che portò alla suc-

La mappa Kangnido, realizzata verso il 1402 in Corea e considerata una delle più antiche mappe del mondo, suggerisce che nella Cina dell’epoca esistevano già conoscenze geografiche dettagliate dei mari vicini e lontani dal

territorio cinese (Dschingis Khan und seine Erben, exhibition catalogue, Monaco 2005).

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11 Novembre 2021

cessione della dinastia Yuan da parte della dinastia Ming; a quell’epoca risale inoltre il fallito tentativo di Kublai Khan (3) d’invadere il Giappone, proba- bilmente la prima applicazione dell’expeditionary warfare secondo i canoni cinesi dell’epoca. L’apice dell’attività marittima cinese, in una cornice più nettamente geopolitica, maturò all’inizio del XV secolo, grazie alle sette spedizioni marittime eseguite fra il 1405 e il 1433 dall’ammiraglio eunuco Zeng He, approdato sulle coste occidentali dell’Africa e in Medio Oriente, con tappe anche nell’odierno Brunei, in Indonesia, Thailandia e India. La tradizione popolare cinese descrive le flotte al comando di Zeng He formate da vascelli in legno ben più grandi dei loro contemporanei occidentali e adi- biti a diversi compiti: secondo i racconti tramandati ai giorni nostri, le navi tesoriere — cioè i vascelli più grandi — erano lunghe 127 metri, attrezzate con nove alberi e quattro ponti e venivano impiegate da Zeng He e dai suoi ufficiali in sottordine, mentre le altri navi erano adibite al trasporto delle truppe, dei cavalli, dell’acqua e di viveri e materiali e al pattugliamento. No- nostante non vi sia stata concordanza fra storici ed esperti navali sulle effet- tive capacità di queste navi e sui risultati delle spedizioni marittime, il mito di Zeng He è stato tramandato fino al XX secolo e ha giovato non poco alle rivendicazioni marittime avanzate da Pechino ormai da diversi anni. Tutta- via, dopo l’era di Zeng He la flotta conobbe un periodo di significativa con- trazione, perché gli oneri necessari alla sua manutenzione erano diventati insostenibili per l’economia cinese del XV secolo: la Cina rimaneva comun- que un’entità statuale prevalentemente continentale minacciata soprattutto

da tribù nomadi provenienti dall’Asia centrale, i mongoli in primo luogo, e la Marina cinese perse gradualmente la sua importanza divenendo praticamente un’appendice dell’Esercito.

Nei secoli XV e XVI, il sistema dei canali fluviali e il conseguente sviluppo di un’economia basata su questa rete interna di comunicazione rappresentarono inoltre una motivazione sufficiente per trasformare la Marina in una sorta di polizia fluviale: i grandi vascelli delle flotte capeggiate da Zeng He non ebbero seguito e le giunche divennero i principali tipi di naviglio predominante nelle acque cinesi. Di conseguenza, per circa tre secoli la maggior parte delle attività cinesi sul mare si concentrò sulla difesa costiera e sulla lotta contro la pirateria marittima, molto diffusa soprattutto nel Mar Cinese Meridionale: questo scenario dimostrò che il potere marittimo non era vitale alla sopravvivenza della Cina e la successione delle dinastie non fu minimamente influenzata dalle vicende marittime.

L’assenza di una flotta cinese propriamente detta e la conseguente debolezza politico-militare della dinastia Qing fu evi- dente durante le famose guerre dell’oppio, che a metà del XIX secolo videro le flotte di Gran Bretagna e Francia appog- giare i reparti terrestri in una serie di scontri per strappare al governo cinese non solo tariffe e concessioni favorevoli all’esportazione dell’oppio in Occidente, ma anche porzioni di territorio nazionale. Le guerre e i trattati successivamente imposti indebolirono la dinastia Qing, costringendo la Cina ad aprire diversi porti — in particolare Shanghai e Guan- gzhou/Canton — per gestire gli scambi commerciali con le potenze europee. Gli scacchi subiti durante quelle guerre servirono come incentivo per stimolare un dibattito sulla scelta fra un rafforzamento dell’Esercito, per combattere le ri- bellioni nelle province interne, o la costituzione di Forze navali adeguate a confrontarsi sul mare con le potenze occi- dentali. Nonostante entrambi i requisiti rappresentassero una minaccia per il potere imperiale, la carenza di risorse impediva di soddisfarli contemporaneamente: accordando priorità alle Forze terrestri, la Cina continuò a essere assai debole sul mare.

La statua dell’ammiraglio Zheng He, a capo di sette spedizioni marittime eseguite fra il 1405 e il 1433 (Quanzhou

Maritime Museum).

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Dalla Marina imperiale a quella repubblicana

Le incursioni giapponesi a Taiwan e una decisa presa di coscienza degli affari marittimi a cura della dinastia Qing favo- rirono, nel 1875, la creazione di una Marina imperiale, formata da quattro flotte costiere:

— la flotta del Mare settentrionale (Beiyang), basata a Weihaiwei e responsabile della difesa del Mar Giallo;

— la flotta dei Mari meridionali (Nanyang), di base a Shanghai e incaricata di difendere, nonostante il nome, il Mar Cinese Orientale;

— la flotta Guangdong (Yueyang), basata a Canton, impiegata per difendere lo stretto di Taiwan e il Mar Cinese Meri- dionale. Poiché questa flotta doveva difendere anche la regione costiera prossima a Pechino (già capitale imperiale ai tempi della dinastia Yuan), la sua creazione divenne prioritaria;

— la flotta Fujian risalente al XVII secolo, basata nell’arsenale di Foochow (costruito sull’estuario del fiume Min) e de- stinata a operare nella zona settentrionale dello stretto di Taiwan a supporto della flotta Yueyang.

Essendo scarse e limitate le competenze nel settore, il governo imperiale si rivolse ai cantieri britannici e tedeschi per costruire diverse unità navali con scafo metallico e propulsione meccanica; i primi esemplari furono consegnati a partire dal 1881, consentendo la creazione di Forze navali quantitativamente sufficienti che tuttavia manifestarono subito ca- renze legate alla frammentazione fra le quattro flotte e all’incapacità dei loro comandanti. La conferma di ciò si ebbe dapprima nella breve guerra che nel 1884-85 vide contrapposte Francia e Cina e in cui una contenuta formazione navale francese sconfisse facilmente la flotta Fujian, mentre gravi conseguenze derivarono dal successivo conflitto fra l’impero cinese e quello nipponico, scoppiato per il controllo della Corea: infatti, oltre alle carenze su citate, la Marina cinese soffriva di gravi difetti strutturali, tecnici e logistici, nonché della presenza al suo vertice di un generale di cavalleria.

Le corazzate della Marina imperiale cinese DINGYUAN e ZHENYUAN, costruite in Germania e qui riprese alla partenza da Kiel (Guanghdoa Maritime Museum).

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13 Novembre 2021

Senza scendere nei dettagli, basterà qui ricordare che la guerra cino-giapponese del 1894-95 fu il più duro e importante conflitto combattuto nel XIX secolo fra due flotte d’altura, formato da unità a vapore: nella battaglia combattuta alla foce del fiume Yalu il 17 settembre 1894 furono affondati quattro incrociatori e una cannoniera cinesi, mentre la rada di Wei-hai-wei fece da palcoscenico ad altri scontri in cui diverse unità cinesi, fra cui la corazzata Dingyuan, colarono a picco. Grazie al trattato di pace di Shimonoseki il Giappone entrò in possesso di Taiwan, dell’arcipelago delle Pescadores, della penisola del Liaotung e della base navale di Port Arthur, beneficiando altresì di nuove concessioni territoriali e del pagamento di una forte indennità (4).

In pratica, la Cina si affacciò al XX secolo senza possedere una tradizione militare marittima vera e propria. Nonostante una storia di battaglie su fiumi, canali e laghi a supporto delle operazioni terrestri, quelle marittime contribuirono poco o per nulla al cospicuo sviluppo del pensiero militare cinese. Questo stato di cose si protrasse anche dopo il rovesciamento della dinastia Qing e la creazione della Repubblica di Cina a cura di Sun Yat-sen, nel 1911, il quale affermò la necessità di creare una Marina cinese tanto forte da poter resistere ad attacchi e invasioni: ma sotto il profilo dottrinario e materiale, il desiderio si tramutò in ben poco di concreto. Le operazioni militari furono sempre incentrare su campagne terrestri, dapprima finalizzate a sconfiggere i signori della guerra che si opponevano alla Repubblica, e poi condotte contro i ribelli comunisti e le truppe d’invasione giapponesi. Guidata da Chiang Kai-shek, la Repubblica di Cina non sviluppò mai né una strategia navale né un programma di ammodernamento: le poche unità in servizio svolsero soprattutto compiti di natura fluviale e non erano certamente in grado di contrastare la Marina nipponica lungo le coste e sugli oceani (5).

Un plotone di marinai cinesi. Nel 1911, la dinastia imperiale Qing fu rovesciata e il capo della nuova Repubblica di Cina ribadì la necessità di creare una Marina tanto forte da poter resistere ad attacchi e invasioni (US Navy).

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La Repubblica Popolare Cinese e la «nuova» Marina

Alla fine della Seconda guerra mondiale alcune unità giapponesi di preda bellica e altre radiate dall’US Navy furono tra- sferite alla Marina della Repubblica di Cina. Il fallimento dei tentativi di accordo tra il governo nazionalista del Kuomintang capeggiato da Chiang Kai-shek e il movimento comunista guidato da Mao Tse-tung provocò lo scoppio della guerra civile.

Il governo nazionalista era sostenuto dagli Stati Uniti e godeva di una netta superiorità militare, ma i comunisti, appoggiati dalla popolazione, potevano contare su una superiorità politica e sociale, che permise loro di sbaragliare gli avversari: nel corso della guerra civile, le unità navali nazionaliste furono impiegate soprattutto per la protezione dei traffici di cabotaggio e per il trasferimento di Chiang Kai-shek, dei suoi seguaci e di circa un milione di rifugiati nell’isola di Taiwan, dove fu ri- costituito il governo della Repubblica di Cina, appoggiato da Washington e dalle nazioni filoccidentali. Sul mare e nono- stante l’affermazione di Mao, rivolta alla creazione di una potente Marina «per fronteggiare l’aggressione imperialista», la guerra civile cinese non fece registrare eventi significativi: degno di nota fu lo sbarco delle milizie comuniste sull’isola di Hainan, a cura di un gruppo di giunche con scafo in legno ed equipaggiate con obici da montagna.

Una delegazione della Marina cinese in visita a Washington nel 1930. Da sinistra, il capitano di fregata Whang, un funzionario dell’Ambasciata cinese, l’ammiraglio Tu, il ministro plenipotenziario cinese Wu, il capitano di corvetta Ching e

il parigrado De Witt Carr dell’US Navy (USN).

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15 Novembre 2021

Il 1° ottobre 1949 Mao, stabilito il governo a Pechino, proclamò la nascita della Repubblica Popolare Cinese, appoggiata dall’Unione Sovietica e dun- que saldamente inserita nella contrapposizione ideologica della Guerra fredda. Fra le Forze militari della nuova Repubblica Popolare, quelle navali

— costituite il 23 aprile 1949 mediante il consolidamento dei reparti regio- nali preesistenti — furono denominate Zhōngguó rénmín jiěfàngjūn hǎijūn, che nella traduzione letterale inglese divennero note come People’s Libera- tion Army Navy (PLAN) (6), cioè armata navale dell’Esercito popolare di li- berazione, istituzionalizzando così la sottomissione delle Forze navali a quelle terrestri. Dalian fu scelta quale sede dell’Accademia navale, costituita il 22 novembre 1949 con la massiccia presenza di istruttori sovietici, mentre i mezzi navali non erano altro che un’assortita collezione di unità minori che Chiang Kai-shek e i suoi seguaci non avevano potuto trasferire a Taiwan:

l’aviazione navale (PLANAF, cioè PLAN Air Force) fu creata nel 1951.

Nei vent’anni successivi alla fondazione della Repubblica Popolare Ci- nese, la missione principale della PLAN rimase la protezione del terri- torio continentale cinese da possibili attacchi esterni, principalmente a cura delle nazioni imperialiste, Stati Uniti e Repubblica di Cina in parti- colare. Con l’assistenza di Mosca, la Marina cinese fu sottoposta a un processo di riorganizzazione conclusosi nel 1954-55 con la creazione di tre flotte (Mare settentrionale, Mare orientale e Mare meridionale), in base a una suddivisione di competenze geografiche fra il Mar Giallo, il

Mar Cinese Orientale e il Mar Cinese Meridionale: nello stesso periodo fu creato un nucleo di ammiragli e ufficiali prelevati dai reparti terrestri e assiduamente istruiti da personale sovietico (7). Mao affidò il compito di ricostruire Forze navali degne di questo nome al

generale Xiao Jingguang, uno dei co- mandanti di maggior esperienza e capa- cità dell’Esercito di liberazione popolare, rimasto alla guida della PLAN per circa trent’anni.

Oltre alle Forze navali propriamente dette, della PLAN faceva parte anche una componente di difesa costiera, forte di diverse migliaia di uomini, il cui compito principale era, fino a tutti gli anni Ses- santa, soprattutto quello di respingere infiltrazioni via mare e illusori tentativi d’infiltrazione a cura di reparti cino-na- zionalisti: allo stesso modo, negli anni Cinquanta fu creata anche una compo- nente da sbarco, destinata a fungere da punta di lancia nelle operazioni finaliz- zate alla riconquista di Taiwan (8).

In alto, la bandiera della Marina imperiale cinese e, in basso, quella della Marina della Repubblica Popolare Cinese,

ufficialmente costituita nell’aprile 1949 (Elaborazione autore).

L’ammiraglio Xiao Jingguang (a sinistra, accanto a Ciu Enlai, nel 1957) era un ex-generale dell’Esercito popolare cinese a cui Mao affidò il compito di ricostruire le Forze navali della Repubblica Popolare (Xinhua).

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Nei primi decenni di vita della PLAN, la maggior parte del naviglio in linea era for- mato da unità costiere veloci, pattuglia- tori costieri, dragamine, naviglio fluviale e mezzi per il trasporto di limitati contin- genti di truppe, il tutto di provenienza o derivazione sovietica. Al 1957 risale l’ac- cordo navale siglato fra Mosca e Pechino per la cessione di naviglio subacqueo e unità veloci lanciamissili di dimensioni contenute: pertanto, a metà degli anni Sessanta, la Marina cinese allineava an- cora una quindicina fra cacciatorpedi- niere e fregate di origine bellica, di varia provenienza e di scarso valore militare, af- fiancati da circa 30 sommergibili di vario tipo, tutti ceduti dall’Unione Sovietica.

Così, dopo una prima fase di assistenza tecnica a cura di Mosca, la Marina cinese conobbe un’evoluzione incentrata sulla riproduzione in patria di progetti di ori- gine sovietica di complessità gradual- mente crescente, sino a giungere a un sufficiente livello di autonomia progettuale e costruttiva. Grazie all’affinità ideologica fra Mosca e Pechino, un gran nu- mero di progettisti e tecnici cinesi poté soggiornare nelle basi, nei cantieri e negli istituti di progettazione sovietici, per apprendere le tecniche di costruzione navale militare.

Le turbolenze politiche manifestatasi in Cina negli anni Sessanta non inficiarono più di tanto l’attività della Marina e grazie alla leadership dell’allora ministro della Difesa Lin Piao, investimenti significativi furono devoluti alle costruzioni navali e alle relative infrastrutture: tuttavia, durante la cosiddetta rivoluzione culturale, numerosi ammiragli, commissari politici e ufficiali superiori furono rimossi dai loro incarichi e reparti di marinai furono impiegati per sopprimere rivolte interne, ma nel complesso la Marina riuscì a evitare il clima di disordine generale instauratosi in Cina. Nonostante il suo allineamento all’ideologia maoista e l’accettazione di una presenza maggiormente diffusa di commissari politici a bordo delle unità navali, la PLAN proseguì a svolgere le proprie attività: comunque, il fallimento del “grande balzo in avanti»

propugnato e attuato da Mao e i suoi seguaci, provocarono carestie e morte fra decine di milioni di persone, mentre il programma di costruzioni navali fu gravemente inficiato dalla carenza di acciaio e di materiali per l’allestimento e le ma- nutenzioni. Analogamente, la scarsità di carburante ridusse drasticamente l’addestramento in mare, obbligando la PLAN ad affidare la sorveglianza costiera a una flotta di 140.000 pescatori.

Nel frattempo, la rottura ideologica con l’Unione Sovietica si era trasformata in un confronto politico-militare compren- dente anche il ricorso alle Forze militari e, soprattutto, un cambiamento dottrinario nel pensiero militare nazionale. Per- tanto, negli anni Settanta e Ottanta, la missione prioritaria della PLAN non era più la riconquista di Taiwan — ufficialmente definita «provincia ribelle» — bensì il contrasto a un attacco sulle coste nord-orientali della Cina da parte di reparti anfibi sovietici a sostegno di una possibile invasione dal confine terrestre, orientando perciò lo sviluppo di tattiche, mezzi e materiali verso operazioni di difesa costiera. Del resto, la Marina cinese rimaneva sempre un’entità operativa in larghis-

L’ammiraglio Liu Huaqing (a destra) fu l’artefice del rinnovamento dottrinario e materiale della PLAN e rimase in carica dal 1982 al 1988

(CIMSec).

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sima parte di natura costiera, modellata secondo concetti organizzativi di matrice sovietica e articolata principalmente su unità veloci lanciamissili, affiancate da un ridotto nucleo di cacciatorpediniere e sommergibili; a parte la conquista dell’arcipelago delle Paracels nel 1974 ai danni dell’allora Vietnam del Sud, la Marina cinese giocava ancora un ruolo puramente difensivo e di supporto alle operazioni terrestri. Infatti, l’occupazione delle Paracels non significava l’esercizio del controllo sul Mar Cinese Meridionale, nonostante la breve campagna navale fosse stata salutata come l’applicazione vittoriosa della «guerra popolare sul mare» teorizzata da Mao (scomparso nel 1968), nonostante la manifestazione di non poche debolezze capacitive in seno alla PLAN.

All’inizio degli anni Ottanta la Marina cinese era ancora una forza di difesa costiera perché il paese non aveva le risorse né per costruire uno strumento navale più forte, né aveva requisiti pressanti per realizzare unità navali con capacità al- turiere. Peraltro, la vera svolta strategica della PLAN ebbe luogo proprio in quel periodo, in un quadro di rinnovamento politico-strategico nazionale orientato verso il commercio internazionale e l’apertura verso l’Occidente quali espedienti pensati da Deng Xiaoping e i suoi collaboratori per favorire la crescita economica della Repubblica Popolare Cinese. In una cornice di riforme e parziale liberalizzazione delle società cinese, l’artefice del rinnovamento dottrinario e materiale della PLAN fu l’ammiraglio Liu Huaqing (9) che, rivolgendo la sua attenzione sugli sviluppi dottrinari e marittimi in corso all’estero, cercò con successo di armonizzare principi e tecniche di origine sovietica e nazionale con idee e inno- vazioni tecnologiche di matrice occidentale. Negli ultimi decenni del XX secolo, commercio e risorse marittime divennero decisamente più importanti per l’economia cinese, contestualmente a una rivalutazione complessiva del contesto globale di sicurezza marittima: fu proprio in quel periodo che gli interessi economici e di sicurezza della Repubblica Popolare Cinese assunsero una connotazione maggiormente marittima e una rilevanza quantitativa e qualitativa sempre crescente.

L’osmosi fra nuovi interessi strategici nazionali e il contesto geopolitico marittimo, saggiamente percepita da Deng Xiaoping, ne ribaltò gradualmente, ma completamente, il pensiero politico-strategico al punto tale che la citazione ri- portata in apertura poté essere progressivamente, ma decisamente, trasformata in senso favorevole alla Marina cinese.

Dalla Marina costiera alle Forze navali d’altura

Infatti, già nel 1985 Deng Xiaoping aveva dichiarato che non esisteva più la minaccia di un’invasione sovietica e di una conseguente guerra su larga scala e che la Repubblica Popolare Cinese avrebbe dovuto concentrare la propria prepara- zione, per fronteggiare conflitti minori, alle periferie del paese. Questa dichiarazione rappresentava una modifica fon- damentale nelle valutazioni fatte a Pechino sul contesto geostrategico e l’inizio di un’importante fase evolutiva nell’approccio agli aspetti di sicurezza marittima. La nuova enfasi sui conflitti minori periferici attribuì maggior rilevanza ai potenziali confronti militari derivanti dallo status di Taiwan e degli arcipelaghi del Mar Cinese Meridionale già oggetto di contenzioso; inoltre, lo spostamento del focus dottrinario verso conflitti su scala minore contribuì ad ampliare il pen- siero strategico verso missioni e compiti di natura marittima diversi da quelli direttamente correlati al contrasto di un’in- vasione della madrepatria. A metà degli anni Ottanta si manifestò un nuovo concetto strategico per la PLAN, orientata prioritariamente verso operazione in altura (jinhai), piuttosto che costiere (jin’an), mentre le contrapposizioni con il Vietnam, per la giurisdizione sulle Spratly, evidenziarono nel 1988 l’esigenza di sviluppare la dottrina, la struttura delle forze e le modalità addestrative per operare in profondità nel Mar Cinese Meridionale.

Nel 1993, i vertici politico-militari nazionali promulgarono nuove direttive strategiche secondo cui le Forze militari ci- nesi sarebbero state verosimilmente chiamate a operare non più lungo il confine settentrionale con la Russia, ma nelle aree marittime a ridosso di Taiwan, completando così il ribaltamento di uno scenario geopolitico fino a quel momento influenzato prevalentemente dagli aspetti ideologici. Questa mutazione concettuale trasformò Taiwan nella più impor- tante priorità militare per Pechino e pose le basi preparatorie per un possibile conflitto: per la Marina cinese ciò significò

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l’adozione del concetto strategico di «difesa attiva in altura» (jinhai jiji fangyu), una decisione perciò antecedente la crisi dello stretto di Taiwan del 1995-96, spesso considerata come il catalizzatore per la modernizzazione dello strumento aeronavale cinese. Il concetto strategico della difesa attiva in altura è servito da cornice, non solo per propugnare la riu- nificazione di Taiwan, ma anche per rafforzare le rivendicazioni territoriali nel Mar Giallo, nel Mar Cinese Orientale e in quello Meridionale e nella Zona Economica Esclusiva (ZEE) (10), nonché per contrastare la presenza di Forze navali ritenute ostili; il concetto è stato inoltre strumentale per sviluppare una Marina di caratura regionale principalmente, ma non esclusivamente, concentrata sulla difesa della sovranità territoriale. Varie fonti cinesi hanno definito l’area ope- rativa per l’esercizio della difesa attiva in altura, quella situata entro o poco oltre la cosiddetta «prima catena insulare», oppure, ma con minore convinzione, quella situata fra la prima e la «seconda catena insulare», definizioni coniate da Liu Huaqing. È importante ricordare che la prima catena insulare parte a settentrione dall’arcipelago delle Kurili e da quello giapponese, scende lungo le Filippine e giunge fino all’Indonesia: quest’area marittima comprende il Mar Giallo, il Mar Cinese Orientale e quello Meridio- nale e Taiwan. Sempre partendo da settentrione, la seconda catena insu- lare si protende nel Pacifico occiden- tale fino agli arcipelaghi delle Bonin e delle Palau e si chiude a meridione sui territori indonesiani che fronteg- giano la costa settentrionale dell’Au- stralia. Nella mappa di seguito riportata (foto 11), realizzata dalla CIA (Central Intelligence Agency) su documentazione di fonte cinese, la regione del Mar Cinese Meridionale

— all’interno della prima catena insu- lare — rivendicata dalla Repubblica Popolare Cinese, è racchiusa all’in- terno della famosa «linea dei nove tratti» e si presta facilmente alle ri- vendicazioni territoriali marittime, soprattutto dopo l’adesione di Pe- chino all’UNCLOS, la dichiarazione di una ZEE estesa per 200 miglia dalla costa cinese e la scoperta d’im- portanti giacimenti di risorse energe- tiche sui fondali dell’area.

Una serie di eventi occorsi tra la fine degli anni Novanta e il decennio suc- cessivo sono indicativi della cre- scente consapevolezza di Pechino in merito all’importanza dei problemi marittimi: fra essi, la citazione dell’al- lora segretario del Partito Comunista

Una cartina redatta dalla Central Intelligence Agency mostra la linea a nove trattini (in verde) tracciata da Pechino per rivendicare la sovranità su buona

parte del Mar Cinese Meridionale (CIA).

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19 Novembre 2021

Cinese, Jiang Zemin, riportata in apertura. L’ingresso della Cina nel Word Trade Organization, nel 2002, ha segnato un’altra tappa importante nello sviluppo e nell’attuazione di una strategia commerciale focalizzata sui traffici marittimi, da cui ha preso le mosse un eccezionale potenziamento delle infrastrutture e del naviglio mercantile. Infine, sulla scia della nuova minaccia terroristica palesatesi con gli attentati dell’11 settembre 2001 e foriera di minacce alla sicurezza di natura non tradizionale — in primo luogo la pirateria marittima e il terrorismo sul mare —, una nuova e importante di- mensione è stata aggiunta al dibattito interno sulla grand strategy della Repubblica Popolare Cinese.

In sintesi, gli eventi maturati fino al primo scorcio del XXI secolo hanno confermato la progressiva affermazione di un nuovo complesso di elementi politici, economici e di sicurezza rivelatisi centrali per consolidare, nella leadership di Pe- chino, l’importanza del dominio marittimo negli affari della Repubblica Popolare Cinese e la conseguente necessità di rafforzare concettualmente e materialmente la Marina e le altre istituzioni nazionali operanti sul mare.

(1) Fino al III secolo a.C., le popolazioni che vivevano lungo le valli del fiume Giallo e del fiume Azzurro facevano parte di sette Stati distinti, il più potente dei quali era il regno di Qui, guidato dal sovrano Ying Zheug. Nel 221 a.C., egli riuscì a sottomettere tutti gli altri Stati, unificò la Cina autoproclamandosi imperatore e cambiò il suo nome in Ch’in Shi Huangdi. La parola «Cina» deriva dal nome Ch’in.

(2) La cifra di 18.000 km comprende anche isole e arcipelaghi nel Mar Cinese Meridionale — prima fra tutti Taiwan — rivendicati dalla Repubblica Popolare Cinese come territorio nazionale, ma non riconosciuti come tali dalla maggioranza della comunità internazionale. Al netto di quest’aspetto, l’estensione costiera della Cina è pari a 14.500 km, fattore comunque rilevante da un punto di vista geopolitico e geostrategico.

(3) Famoso condottiero mongolo e fondatore del primo impero cinese della dinastia Yuan.

(4) Tuttavia, le preoccupazioni di alcune potenze europee ne provocarono un intervento diplomatico che costrinse il Giappone a rinunciare a gran parte di quanto ottenuto con la vittoria militare. La revisione del trattato di Shimonoseki restituì alla Cina la base di Port Arthur e la penisola del Liaotung.

(5) Un breve conflitto fra Repubblica di Cina e Unione Sovietica ebbe luogo nel 1929 lungo il fiume Amur e vide all’opera, senza risultati apprez- zabili, monitori e cannoniere fluviali.

(6) L’acronimo corretto è PLA-N, proprio per indicare l’originaria dipendenza delle Forze navali dall’Esercito. Nella letteratura specializzata l’acronimo PLA-N è diventato PLAN. Nel prosieguo di questo Supplemento, per indicare le Forze navali della Repubblica Popolare Cinese verrà utilizzata sia l’espressione «Marina cinese», sia l’acronimo PLAN.

(7) Tuttavia il contributo dei consiglieri militari sovietici per addestrare il personale non poteva rimediare all’assenza delle minime condizioni basilari per svolgere operazioni anche di portata limitata.

(8) Nell’estate del 1950 doveva aver luogo la progettata invasione di Taiwan, da eseguire a cura di una flotta di 4.000 giunche a motore con 200.000 uomini a bordo.

(9) Li Huaqing fu comandante in capo della Marina cinese dal 1982 al 1988 e transitò successivamente ai vertici della Commissione militare cen- trale, massimo organo di potere della Repubblica Popolare Cinese.

(10) La Repubblica Popolare Cinese ha aderito all’UNCLOS (United Nations Convention on the Law of the Sea) nel 1996, creando così la premessa politica per consentire la promulgazione unilaterale di leggi e norme sufficienti a supportare rivendicazioni di natura marittima.

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21 Ottobre 2021

PARTE SECONDA Come far nascere

una nuova potenza marittima

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Il leader della Repubblica Popolare Cinese Xi Jinping ripreso durante la visita in Indonesia compiuta nell’ottobre 2013.

Nel 2018, Xi Jinping ha fatto proprie le dichiarazioni del suo predecessore Hu Jintao in merito alla volontà di far diventare la Cina una «potenza marittima forte o grande» (Xinhua).

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23 Novembre 2021

Salvaguardare l’integrità e la sovranità territoriale e realizzare la completa riunificazione della Cina sono aspirazioni condivise da tutto il popolo cinese, e anche interessi fondamentali della nazione cinese … Il popolo cinese e la nazione cinese credono fermamente nella capacità di difendere tentativi secessionisti di qualsiasi tipo … Xi Jinping, 2018

N

el novembre 2012, in occasione del 18° congresso del Partito Comunista Cinese l’allora leader cinese Hu Jintao presentò una relazione che ha rappresentato un passaggio fondamentale nella storia marittima della Cina.

Hu dichiarò che l’obiettivo della Repubblica Popolare Cinese era quello di diventare una «potenza marittima forte o grande» («qiangguo haiyang»), rafforzando le capacità di sfruttamento e sviluppo delle risorse economiche pro- venienti dal mare, salvaguardando i diritti e gli interessi marittimi del paese e trasformandolo perciò in una forte potenza marittima. In quell’occasione, Hu Jintao propugnò anche l’adattamento delle Forze armate cinesi alla nuova posizione internazionale del paese, stabilendo in pratica un obiettivo strategico fondamentale indicato nel Libro bianco della Re- pubblica Popolare Cinese, divulgato nel 2013 dopo l’ascesa di Xi Jinping alla leadership del paese.

Secondo il Libro bianco, «la Cina è un’importante nazione con connotazioni marittime e terrestri: i mari e gli oceani offrono spazi immensi e risorse abbondanti per favorirne lo sviluppo sostenibile, diventando di vitale importanza per il benessere e il futuro della popolazione. Pertanto, le Forze armate cinesi hanno il dovere prioritario di salvaguardare ri- solutamente i diritti e gli interessi marittimi della Cina». L’obiettivo di diventare una potenza marittima solleva una serie d’interrogativi sull’effettivo significato di quest’aspirazione e sulle modalità con cui la Repubblica Popolare Cinese per- segue questo obiettivo, interrogativi preceduti da una valutazione di ciò che i leader cinesi intendono per «potere ma- rittimo»: prima di trattare quest’aspetto è tuttavia necessaria una breve esposizione del moderno significato di quest’espressione.

A prescindere da quanto teorizzato in materia di sea power e maritime power da Alfred Thayer Mahan, Julian Corbett e, in tempi più recenti, Geoffrey Till, nel mondo occidentale, quest’ultima espressione è oggi più comunemente interpretata come un concetto intrinsecamente ampio, comprensivo di tutti gli usi del mare, sia civili, sia militari. Nel suo senso più ampio e come già ricordato nell’Introduzione, l’espressione può essere esplicitata come «potere o influenza militare, politica ed economica esercitata attraverso la capacità di usare il mare». Il potere marittimo di uno Stato riflette le capacità militari basate sul mare, oltre che una gamma di risorse militari terrestri e sistemi spaziali, gestita o gestibile da una Ma- rina, e un insieme di capacità paramilitari (per esempio, Guardia costiera, Milizia marittima, ecc.) e civili, quali infra- strutture portuali, Marina mercantile, flotta peschereccia e cantieristica navale.

Un valido esempio dell’espressione maritime power proviene da un convegno sul tema svoltosi nel 2003 al Naval War

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College dell’US Navy, in cui l’allora comandante dell’US Coast Guard affermò che «il potere marittimo del XXI secolo riguarda esigenze di una nazione che vanno oltre le capacità puramente militari e che comprendono la preservazione delle risorse marittime e la garanzia del transito sicuro di merci e popolazione sul mare, la protezione dei confini marittimi e l’esercizio della sovranità marittima, la prevenzione dell’uso improprio di mari e oceani e la salvaguardia della vita umana in mare». In sintesi e come già ricordato, l’altrettanto nota espressione sea power pone maggiore enfasi sulla di- mensione navale militare del concetto, mentre maritime power abbraccia anche gli aspetti non militari delle capacità ma- rittime di una nazione.

Le motivazioni della Cina

Le motivazioni addotte da Pechino, per diventare una grande potenza marittima, si basano su una serie di circostanze strategiche radicalmente modificate a suo favore negli ultimi vent’anni. A partire dell’ultimo decennio del XX secolo, gli interessi economici e di sicurezza della Repubblica Popolare Cinese in teatri situati al di là delle sue immediate regioni costiere e alturiere — cioè quelle all’interno della prima catena insulare e della ZEE — sono aumentati in maniera espo- nenziale. La combinazione fra la potenza economica complessiva della Repubblica Popolare Cinese, l’importanza dei suoi interessi all’estero e, più recentemente, la visione di Xi Jinping del sogno cinese, ha favorito la creazione di una

«visione del mondo» tale da far diventare l’assunzione al rango di potenza marittima globale una stringente necessità per il paese. Questa considerazione è corroborata anche dal modello di sviluppo economico e sociale adottato dal governo di Pechino a proposito delle caratteristiche geografiche di una nazione di 1,4 miliardi di abitanti il cui territorio è pre- valentemente montuoso e dove soltanto il 30% della superficie si trova a un’altitudine inferiore a 1.000 metri. Pertanto, se nelle remote regioni occidentali della Repubblica Popolare Cinese lo sviluppo socio-economico è stato limitato dalla conformazione del territorio, permettendo solamente un minimo miglioramento delle condizioni di vita di popolazioni comunque abituate alla pastorizia e all’agricoltura, la crescita demografica, industriale e sociale si è maggiormente ma- nifestata nelle regioni orientali e soprattutto nelle provincie costiere, con l’espansione, spesso incontrollata, di grandi agglomerati urbani e industriali di stampo parzialmente occidentale.

Lo straordinario sviluppo economico e industriale avviato negli anni Novanta ha subito un rallentamento dal 2011, anche per effetto dei dazi imposti dagli Stati Uniti, che hanno colpito le esportazioni cinesi; di ciò ne hanno risentito non solo il settore manifatturiero e quello edilizio, ma anche il terziario, mettendo in difficoltà la classe media che ha ri- dotto di conseguenza i consumi. La politica monetaria espansiva, inoltre, insieme all’esorbitante indebitamento delle imprese e delle province è un elemento di forte instabilità: per tentare di arginare questi eccessi, dal 2017 sono state messe sotto inchiesta numerose aziende gravemente indebitate ed è stato ridotto il flusso d’investimenti verso l’estero.

Il 13° piano quinquennale, adottato nel 2016 e prossimo alla scadenza e ad essere seguito dal 14° piano (11), ha tuttavia ribadito gli obiettivi del precedente, fortemente orientato allo sviluppo dei servizi e del mercato interno per ren- dere il paese meno dipendente dalle esportazioni e dall’industria pesante, ormai in eccesso di capacità produttiva. Una domanda energetica nazionale comunque rilevante è parzialmente soddisfatta dalle miniere di carbone e da nuovi impianti idroelettrici, rendendo quindi prioritario il ricorso a fonti d’approvvigionamento esterne, in primo luogo gli idrocarburi provenienti soprattutto dal Golfo Persico (12).

Le affermazioni dei leader cinesi e i documenti ufficiali divulgati da Pechino caratterizzano l’obiettivo di diventare una potenza marittima globale come essenziale per la strategia di sviluppo della Cina, per il benessere del popolo, per la sal- vaguardia della sovranità nazionale e per il ringiovanimento della nazione cinese. In particolare, il raggiungimento del predetto obiettivo è legato ai seguenti aspetti:

gli interessi marittimi della Cina sono modellati dal desiderio del Partito Comunista Cinese di promuovere e

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25 Novembre 2021

difendere i suoi «principali» interessi di sicurezza nazionale. Secondo l’Accademia cinese delle scienze militari:

«Oggi e per molto tempo a venire, gli interessi nazionali del nostro paese si stanno espandendo maggiormente sul mare, la sicurezza nazionale è minacciata principalmente dal mare, il fulcro del confronto militare è soprat- tutto nel mare»;

i leader cinesi affermano che una parte fondamentale di questi interessi è rappresentata da «diritti e interessi

marittimi», concentrati in aree prossime al paese, la cui protezione richiede una Guardia costiera forte e capace;

lo sfruttamento economico dei mari è considerato un elemento importante nella visione generale nazionale. La

scarsità di risorse è spesso citata come un fondamento logico, con la visione aggiuntiva secondo cui le risorse ittiche ed energetiche dell’economia marittima possono aiutare ad alleviare la scarsità di materie prime, che ri- mangono peraltro indispensabili per il continuo e armonico sviluppo della Repubblica Popolare Cinese. Nel 2015, il valore complessivo di tali risorse è ammontato a circa il 10% del PIL nazionale, in un contesto che in- clude tutte le industrie coinvolte nello sfruttamento delle risorse marine o che utilizzano le aree costiere e off- shore, nonché attività correlate quali il trasporto costiero e oceanico, l’estrazione di petrolio e gas, la pesca, lo sfruttamento di energia eolica, solare e delle maree, i prodotti farmaceutici derivati da estratti animali e vegetali marini e persino il turismo marittimo;

Il cacciatorpediniere lanciamissili HEFEI e l’incrociatore lanciamissili russo PIOTR VELIKIY (Pietro il Grande), ripresi durante la parata navale di San Pietroburgo svoltasi a luglio 2017 (Novosti).

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la Repubblica Popolare Cinese vuole la «riunificazione della madrepatria». Taiwan, come isola, è un problema

militare intrinsecamente marittimo, una dimensione cui si aggiungono le controversie territoriali nei tre mari su cui si affaccia la massa continentale cinese. Inoltre sei dei dieci maggiori porti cinesi possono essere raggiunti solo navigando attraverso il Mar Cinese Orientale;

Pechino ha stabilito che i suoi interessi marittimi, in termini di risorse energetiche e d’altro tipo, i suoi mercati

e le rotte marittime, sono diventati essenziali per la propria crescita economica e, per estensione, per la propria stabilità politica. L’obiettivo di creare l’ormai nota via marittima della seta del XXI secolo — che collega la Re- pubblica Popolare Cinese al Sud-Est asiatico, all’Asia meridionale, all’Africa orientale e al mar Mediterraneo, è l’ultima manifestazione della centralità delle connessioni marittime globali per il continuo successo economico del paese. Secondo i funzionari cinesi, il 90% del commercio nazionale cinese viaggia ormai sui mari, mentre la via marittima della seta rappresenta la direttrice che corre sui mari e gli oceani dell’ormai nota Belt and Road Iniative, BRI;

uno degli aspetti marittimi politicamente più impegnativi per Pechino è la protezione delle numerose, cospicue

e fiorenti comunità di lavoratori cinesi che vivono all’estero, in nazioni spesso instabili. Secondo il ministero degli Esteri cinese, circa 30.000 imprese impiegano oltremare cinque milioni di lavoratori cinesi: come noto, cittadini cinesi sono stati evacuati dalla Libia nel 2011 e dallo Yemen nel 2015, rendendo centrale il ruolo della PLAN per affrontare queste emergenze;

La fregata lanciamissili YUEYANG («Type 054A») ripresa durante l’edizione 2014 della grande esercitazione

«RIMPAC» svoltasi nelle acque dell’oceano Pacifico: fu quella l’ultima occasione in cui unità cinesi parteciparono ad attività addestrative con l’US Navy ed altre Marine filoccidentali (USN).

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27 Novembre 2021

c’è la consapevolezza che gli interessi marittimi in regioni lontane dalla Cina rappresentano un elemento di vul-

nerabilità, comprendente nuovi rischi per la sicurezza nazionale e potenziali minacce a cura di altre potenze marittime. Allo stesso modo, Pechino riconosce l’importanza strategica del settore delle costruzioni navali, in- dispensabile per garantire sia centinaia di migliaia di posti di lavoro, sia lo sviluppo tecnologico ed economico del paese, e sia un grado di autosufficienza necessaria per fronteggiare le sanzioni economiche;

infine, vi sono numerosi elementi indicatori per affermare che la Repubblica Popolare Cinese ambisce a diven-

tare una potenza marittima globale per rafforzare il suo status internazionale. L’opinione diffusa fra le élite go- vernative e intellettuali di Pechino è che, storicamente, le maggiori potenze mondiali sono state potenze marittime: gli esempi riconosciuti risalgono al XIV secolo e riguardano i Paesi Bassi, la Spagna e il Portogallo, mentre in epoche più recenti si fa riferimento alla Gran Bretagna, agli Stati Uniti, al Giappone e, seppur in misura minore, all’ex-Unione Sovietica. Sebbene quest’aspetto storico non venga ritenuto prioritario, a Pechino vi è la chiara percezione di quanto il potere marittimo possa contribuire a far diventare una nazione, attore di primo piano nello scenario globale.

Non esistendo una strategia marittima divulgata all’estero da cui derivare una chiara spiegazione in merito all’adattamento del potere marittimo con gli obiettivi strategici della Repubblica Popolare Cinese, un’analisi delle dichiarazioni di Xi Jinping offre alcune intuizioni sull’attuale pensiero della leadership cinese. Un obiettivo strategico prioritario dei leader cinesi da Deng Xiaoping in avanti ha riguardato l’importanza di costruire una società prospera. Per Xi, questo significa sviluppo economico, sociale, culturale ed ecologico, fondato sulla crescita economica: egli afferma inoltre che rendere

«il popolo prospero e il paese forte» è lo scopo stesso del Partito Comunista Cinese ed è dunque fondamentale per la sua stessa sopravvivenza. Xi ha esplicitamente collegato l’auspicio di trasformare la Cina in una potenza marittima globale con il «sogno cinese», affermando che questa trasformazione di ampia portata è strumentale per promuovere uno sviluppo economico sostenuto e sano, salvaguardando la sovranità, la sicurezza e gli interessi nazionali e raggiungendo l’obiettivo di completare la costruzione di una società benestante e di una nazione più giovane. In sintesi, assurgere a potenza ma- rittima globale è diventato un tratto essenziale e irrinunciabile della grand strategy della Repubblica Popolare Cinese.

Potere marittimo, strategia e sicurezza nazionale

La decisione di costruire un potere marittimo cinese è stata divulgata nel corso del 18° Congresso del Partito Comunista Cinese, tenutosi nel novembre 2012, e indica un nuovo sviluppo nel modo in cui i leader di Pechino pensano alla Cina come una potenza globale (13). La visione di Jiang Zemin del 1995 — potenza continentale e marittima allo stesso tempo

— si è ulteriormente evoluta perché prima Hu Jintao e poi Xi Jinping hanno affermato che la Cina deve avere un potere marittimo e continentale commisurato al suo status di potenza globale: di conseguenza, le esortazioni a suo tempo for- mulate da Hu Jintao non rappresentavano semplicemente l’unico di un lungo elenco di obiettivi nazionali da perseguire, bensì la consapevolezza che la difesa degli interessi marittimi è probabilmente l’elemento più importante dell’esercizio del potere marittimo.

Oltre a invocare, per la Repubblica Popolare Cinese, lo status di potenza marittima, il 18° Congresso del Partito ha anche dibattuto sull’esigenza di modellare Forze militari commisurate alla posizione internazionale del paese. Xi ha spesso affermato che la sicurezza nazionale — concetto olistico comprendente sia principi tradizionali, sia innovatori e in cui sono integrati elementi di sicurezza politica, economica, militare, scientifica e tecnologica, culturale e sociale — dovrebbe essere la massima priorità dell’élite politica nazionale. Per Xi, lo sviluppo e la sicurezza sono strettamente cor- relati, perché il primo fornisce la base per creare forti capacità militari, ed entrambi sono necessari per il già citato «sogno cinese» e per il ringiovanimento nazionale auspicato da Xi.

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Nella penultima edizione del Libro bianco sulla difesa cinese, risalente al 2015 e dal titolo «La strategia militare della Cina», colpisce l’enfasi conferita alle questioni marittime e diversi passaggi significativi anche per lo sviluppo capacitivo della PLAN (14). L’incremento degli interessi globali della Cina ha fatto sì che la sicurezza degli interessi esteri in materia di energia e risorse, vie di comunicazione marittima, istituzioni, personale e risorse all’estero, sia diventata una questione basilare. Pertanto, in accordo con i requisiti strategici relativi agli spazi alturieri, la Marina cinese ha spostato gradual- mente la sua attenzione da un concetto dapprima incentrato unicamente sulla già citata «difesa delle acque alturiere» a una filosofia che adesso comprende anche la protezione delle vie di comunicazione marittime. Nel Libro bianco si afferma che i mari e gli oceani contribuiscono alla stabilità duratura e allo sviluppo sostenibile della Repubblica Popolare Cinese:

dunque, la tradizionale mentalità che anteponeva la terra al mare deve essere abbandonata, attribuendo di conseguenza grande importanza alla gestione dei mari e degli oceani e alla protezione dei diritti e degli interessi marittimi. I nuovi concetti di prevalenza del mare sulla terra sono alla base del processo di ristrutturazione dello strumento aeronavale, un processo finalizzato ad ampliarne capacità e spettro di missioni, fra cui la deterrenza strategica, le capacità offensive, la condotta di operazioni expeditionary complesse e l’interoperabilità con le altre Forze armate cinesi. Da ciò nascono l’esigenza per lo sviluppo e un ammodernamento della PLAN, commisurati alla sicurezza nazionale e al soddisfacimento degli interessi legati allo sviluppo globale della Repubblica Popolare Cinese, per salvaguardarne così la sovranità nazio- nale, i diritti e gli interessi marittimi, per proteggerne le linee strategiche di comunicazione marittima e per partecipare alla cooperazione marittima internazionale.

Un plotone di marinai della Repubblica Popolare Cinese appartenente alla guarnigione di Hong Kong, defila in parata.

I tratti della strategia militare cinese sono stati delineati nell'ultima edizione di un Libro bianco sulla difesa nazionale, risalente al 2015 (Associated Press).

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29 Novembre 2021

Nel volume The Science of Military Strategy, edito nel 2013 dall’Accademia di scienze militari delle Forze armate cinesi, è stata affrontata direttamente la questione della sicurezza della Repubblica Popolare Cinese nel settore marittimo, af- fermando senza mezzi termini che il pericolo di guerra nei domini marittimo, aereo, spaziale e/o informatico è in au- mento: la minaccia di un conflitto a oriente è più grave di quella relativa a un conflitto a occidente, mentre la minaccia di un conflitto sul mare è maggiore rispetto a un conflitto terrestre, aumentando le probabilità d’impiego delle Forze armate per salvaguardare diritti e interessi in patria e all’estero. La più grave minaccia di guerra proviene da parte di un nemico formidabile che potrebbe scatenare un conflitto contro la Repubblica Popolare Cinese attraverso un attacco a sorpresa, finalizzato a distruggerne le capacità belliche, mentre la minaccia più probabile di guerra proviene dal mare, un riferi- mento non tanto celato a possibili iniziative statunitensi.

The Science of Military Strategy delinea quattro scenari con una connotazione marittima, che i vertici politico-militari di Pechino sarebbero chiamati a gestire:

una guerra difensiva su larga scala e ad alta intensità in cui paesi «egemonici» cercano di fermare la «pacifica

ascesa» della Repubblica Popolare Cinese. Gli esperti cinesi ritengono che un siffatto conflitto abbia una bassa probabilità di accadimento, rimarcandone tuttavia l’elevata pericolosità. Quest’affermazione è un riferimento alquanto palese agli Stati Uniti, da cui deriva la necessità «di contenere, prevenire e resistere a possibili minacce dal mare, in particolare attacchi di precisione su larga scala a medio e lungo raggio, ad alta intensità» e garantire così «la sicurezza della patria»;

Attività operative sul ponte di volo della portaerei LIAONING. La ristrutturazione dello strumento aeronavale cinese ne amplia capacità e spettro di missioni, fra cui la deterrenza strategica, le capacità offensive, la condotta

di operazioni expeditionary complesse e l’interoperabilità con le altre Forze armate (Xinhua).

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un conflitto definito «anti-secessione», su larga scala e ad alta intensità, scatenato da una dichiarazione d’indipen-

denza di Taiwan. La definizione di questo scenario non sembra tener in alcun conto una reazione degli Stati Uniti;

un conflitto di media intensità e su scala ridotta lungo le regioni periferiche della Repubblica Popolare Cinese,

la cui dimensione marittima riguarda varie situazioni di confronto militare legate alle dispute in corso nel Mar Cinese Orientale e in quello Meridionale — comprese quelle riguardanti lo sfruttamento delle risorse energetiche

— nei confronti di Corea del Sud, Giappone, Filippine, Vietnam, Brunei, Malesia e Indonesia;

conflitti a bassa intensità e su scala ridotta, con una connotazione marittima rappresentata dalla protezione di

rotte strategiche, dei cittadini cinesi residenti all’estero e degli interessi di Pechino all’estero.

La crescente importanza della dimensione marittima dell’economia cinese implica un impegno rilevante per le istituzioni militari e paramilitari, per proteggere l’accesso della Repubblica Popolare Cinese alle risorse offshore, specialmente nelle aree contese. Garantire la giurisdizione cinese sulla propria piattaforma continentale e nella ZEE e proteggere i diritti e gli interessi marittimi di Pechino, costituiscono dunque un requisito importante per le predette istituzioni, con la PLAN chiamata a operare anche a grande distanza dalla Repubblica Popolare Cinese, per svolgere funzioni sostan- zialmente analoghe, oltreché proteggere le linee di comunicazione marittime d’importanza strategica per Pechino. Nel The Science of Military Strategy sono riportate 30 principali rotte marittime che collegano gli scali cinesi a oltre 1.200 porti in 150 paesi, rotte considerate vitali e fondamentali l’economia e lo sviluppo sociale della Repubblica Popolare Cinese. L’importanza attribuita alla protezione delle linee di comunicazione marittima, degli interessi dei cittadini cinesi all’estero, è stata riaffermata anche nel Libro bianco sulla difesa del 2019 e lascia pochi dubbi sul fatto che la garanzia della sicurezza dei traffici commerciali via mare continuerà a essere una delle principali preoccupazioni per la Marina cinese e, potenzialmente, anche per la Guardia costiera.

Un gruppo navale della PLAN, di cui fanno parte cacciatorpediniere, fregate lanciamissili e un’unità d’assalto anfibio

«Type 071» (in fondo) in linea di fila nel Mar Cinese Meridionale nel 2018 (USN).

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31 Novembre 2021

Un sottomarino d’attacco a propulsione nucleare classe «Shang/Type 039B». Gli sforzi della Repubblica Popolare Cinese per diventare una potenza marittima globale rientrano in un approccio di gradualità che parte dall’essere già una

potenza marittima a livello regionale e che si snoda attraverso specifiche peculiarità (Xinhua).

Il rifornitore di squadra cinese HONGHU («Type 903») rifornisce a dritta il cacciatorpediniere lanciamissili HEFEI («Type 052D»), a sinistra la fregata lanciamissili YUNCHENG («Type 054A») e di poppa l’unità d’assalto anfibio CHANG BAISHAN

(«Type 071») - (sinodefense.com).

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Negli ultimi anni, è stata inoltre posta una crescente enfasi sulla necessità che la Repubblica Popolare Cinese contribuisca al mantenimento della pace internazionale e ad altre attività multilaterali a sostegno dell’ordine internazionale. Unità navali cinesi partecipano attivamente sin dal 2008 alle missioni antipirateria nel Golfo di Aden, mentre reparti militari sono stati coinvolti in operazioni ONU di mantenimento della pace ad Haiti, Libano e Congo. Come osserva The Science of Military Strategy, «come si conviene a una potenza influente su scala globale ... [la nostra] partecipazione alla salva- guardia della sicurezza marittima internazionale è sia un requisito per salvaguardare i nostri interessi, sia un’importante dimostrazione del rispetto delle nostre responsabilità internazionali», un’ulteriore motivazione per correlare lo sviluppo del potere marittimo cinese con la costruzione di una Marina in grado di partecipare anche ad attività a sostegno dell’or- dine internazionale.

Gli obiettivi e le scadenze

Diverse fonti ufficiali cinesi hanno divulgato informazioni in merito a scadenze sequenziali ritenute ragionevoli per rag- giungere gradualmente lo status di potenza marittima e comunque legate a eventi di portata storica per la Repubblica Popolare Cinese. Una prima scadenza riguarda il 100° anniversario della fondazione del Partito Comunista Cinese, ce- lebrato nel 2020 e da far coincidere con il raggiungimento di un primo traguardo strategico coincidente con la condotta di operazioni oltre la prima barriera insulare: anche se quest'obiettivo sembra essere stato raggiunto ma con alcuni limiti comunque derivanti dalla geografia marittima, ciò non significa che quello precedente — cioè il controllo delle aree ma- rittime comprese entro la prima barriera insulare — lo sia stato, come dimostra lo stato di tensione ivi esistente.

Come approfondito nell’ultima parte di questo Supplemento, le scadenze fissate per diventare una delle principali potenze marittime del mondo — se non la principale — sono generalmente indicate nel 2049 (il 100° anniversario della fondazione della Repubblica Popolare) o nel 2050 (l’anno, indicato da Deng Xiaoping, in cui il prodotto interno lordo cinese do- vrebbe eguagliare quello delle economie industriali più avanzate). Va tuttavia notato che la leadership di Pechino usa queste date anche come riferimenti simbolici per un’ampia gamma di obiettivi economici, politici e militari, ed esse sono da considerare come indicatori retorici piuttosto che vere e proprie scadenze inamovibili. Come analizzato nell’ultima parte del Supplemento, più realisticamente e alla luce degli eventi più recenti — pandemia da Covid-19 in primis — e delle previsioni, diversi analisti occidentali ipotizzano che la Repubblica Popolare Cinese raggiunga l’obiettivo di as- surgere allo status di principale potenza marittima — ma a livello regionale — entro il 2030, una valutazione sinteticamente basata sul fatto che la PLAN non sia complessivamente in grado di agire su scala planetaria e con continuità. Questa va- lutazione non implica che la Marina cinese sia in ritardo nel conseguimento dell’obiettivo: al contrario, essa appare come uno strumento sempre più completo e tecnicamente capace, che sta spostando il proprio focus anche su missioni al di là della seconda catena insulare da un lato e a occidente dello stretto di Malacca dall’altro. In sintesi, non manca molto tempo a far sì che la Marina cinese possa essere universalmente riconosciuta come una vera e propria «blue-water navy».

Mentre il Partito Comunista Cinese ha stabilito obiettivi chiari per lo sviluppo di una vasta gamma di capacità legate a un più ampio utilizzo dei mari in chiave commerciale e militare, vi è condivisione sul fatto che vi siano ancora da pianificare e attuare diverse attività per tradurre i concetti in realtà. Prendendo sempre come riferimento il 18° Congresso del Par- tito, numerosi alti funzionari cinesi hanno affermato l’esigenza di definire una strategia e una pianificazione generale per trasformare la Cina in una potenza marittima globale, comprensivi di una serie d’indicatori correlati e di un calendario realistico per raggiungere l’obiettivo.

Queste considerazioni sono avvalorate dall’elevato numero di articoli e interventi pubblici divulgati negli anni successivi al 18° Congresso del Partito e in tempi recenti, ed è chiaro che le deliberazioni di quel consesso in materia d’interessi e politica marittima non sono state trattate alla leggera nella Repubblica Popolare Cinese. Infatti, tutte le principali entità

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