• Non ci sono risultati.

Le Forze aeronavali e le ambizioni della Repubblica Popolare Cinese

La rappresentazione geografica delle catene insulari, delle rotte e dei passaggi obbligati d’interesse per la Repubblica Popolare Cinese: da evidenziare anche l’esistenza, secondo le memorie dell’ammiraglio Liu Huaqing, delle

tre ampie regioni marittime definite come «near seas», «middle seas» e «far seas». Pechino rivendica inoltre una Zona Economica Esclusiva che, partendo da una linea costiera comprendente anche le isole rivendicate nel Mar Cinese

Meridionale all’interno della linea a nove trattini, non può essere riconosciuta a livello internazionale (CIMSec).

37 Novembre 2021

Dobbiamo potenziare le nostre capacità per lo sfruttamento delle risorse marine … salvaguardare risolutamente i diritti e gli interessi marittimi della Cina e far diventare la Cina una potenza marittima.

Hu Jintao, 2012

N

el periodo intercorso fra il più volte citato 18° Congresso del Partito Comunista Cinese (novembre 2012), la divulgazione dell’ultima edizione del Libro bianco della Difesa (a luglio 2019 e contenente i tratti della strategia militare cinese) (15), interventi e dichiarazioni ufficiali di alti ufficiali e funzionari della PLAN ne hanno definito il ruolo affinché la Repubblica Popolare Cinese possa diventare, nei tempi previsti, una potenza marittima globale. A parte le citazioni dell’allora leader uscente Hu Jintao, fra gli interventi e le prese di posizione in tal senso, quelle di mag-gior significato sono da attribuirsi all’ammiraglio Wu Shengli, alla guida della Marina cinese dal 2006 al 2017, un pe-riodo alquanto lungo e coincidente con l’avvio della pianificazione dottrinaria e materiale che rimane alla base del potenziamento aeronavale della PLAN. Alla luce del suo incarico, non deve quindi sorprendere che l’ammiraglio Wu confermasse sostanzialmente la visione dottrinaria consolidata secondo cui uno strumento aeronavale robusto ed efficace rimanga un requisito imprescindibile per trasformare la Repubblica Popolare Cinese in una potenza marittima globale.

Ruoli e missioni della Marina cinese

Il Libro bianco citato in apertura ribadisce esplicitamente che «... la tradizionale mentalità secondo cui la terra è più im-portante del mare dev’essere abbandonata e che grande rilevanza dev’essere invece attribuita alla gestione dei mari e degli oceani e alla protezione dei diritti e degli interessi marittimi». Quest’affermazione non implica una totale rivoluzione nel pensiero militare cinese ma rappresenta il consolidamento del fondamentale passaggio da una mentalità esclusiva-mente continentale a un approccio dottrinario che tiene in debito conto l’importanza del mare nell’evoluzione della grand strategy della Repubblica Popolare Cinese. Affinché essa sia proiettata nella nuova era, l’obiettivo fondamentale rimane, secondo il Libro bianco, la salvaguardia della sovranità, della sicurezza e degl’interessi legati allo sviluppo na-zionale. Di conseguenza, lo strumento militare cinese deve dissuadere le aggressioni e resistere contro di esse; preservare la sicurezza politica nazionale (cioè l’ideologia comunista cinese), quella del popolo e la stabilità sociale; opporsi alle mire indipendentistiche di Taiwan, contenendo qualunque iniziativa in tal senso, senza escludere a priori anche il ricorso all’uso della forza; salvaguardare la sovranità, l’unità e l’integrità territoriale, i diritti e gli interessi marittimi della Re-pubblica Popolare Cinese, a ridosso delle sue coste e oltremare; e contribuire allo sviluppo sostenibile del paese. Partendo

da questi presupposti, è necessario «… sviluppare una moderna struttura delle Forze navali, commisurata alla sua sicu-rezza nazionale e allo sviluppo dei suoi interessi, che salvaguardi la sua sovranità e i suoi diritti di natura marittima, protegga le linee di comunicazione marittima e i suoi interessi oltremare e partecipi alle attività internazionali di coopera-zione marittima …».

Anche in assenza di conferme specifiche a cura di Pechino, queste asserzioni e quelle provenienti da altre fonti ufficiali, sono state valutate alla stregua della formulazione di una nuova strategia navale cinese, nota in inglese come «offshore defense and open seas protection». Essa contiene gli elementi principali della difesa in altura ma estende la sfera delle operazioni marittime cinesi non solo oltre la prima e la seconda catena insulare, ma anche in altre aree oceaniche a sup-porto dei crescenti interessi nazionali della Repubblica Popolare Cinese e delle operazioni a essi correlate. Come già accennato, l’importanza dei commerci marittimi, l’accesso a risorse energetiche situate in aree geografiche lontane dai porti cinesi — con un esplicito riferimento al Medio Oriente e all’Africa — e la protezione delle economicamente prospere comunità cinesi all’estero, rimangono aspetti rilevanti per orientare la PLAN nell’acquisizione delle capacità necessarie alla condotta di operazioni in un crescente numero di regioni del pianeta; infatti, la politica delle acquisizioni di unità navali perseguita dalla Marina cinese dimostra l’enfasi crescente su naviglio multimissione e adeguatamente dimensionato per svolgere le predette operazioni. Data la pesante dipendenza della Repubblica Popolare Cinese dai commerci marit-timi, Pechino ha un legittimo interesse nel contribuire alla sicurezza delle rotte commerciali internazionali e alla stabilità di determinate regioni del globo: nella sua evoluzione in uno strumento moderno e flessibile, la PLAN si trova così in prima linea per affrontare una gamma di sfide strettamente legate alla sicurezza, a partire dall’agognata riunificazione con Taiwan e al forte sostegno per le rivendicazioni marittime nel Mar Cinese Meridionale e in quello Orientale.

Sotto il profilo operativo, addestrativo e della pianificazione, la PLAN appare dunque concentrata soprattutto nelle aree marittime adiacenti al territorio cinese, i cosiddetti near seas, dove maggiori sono le probabilità d’intervento in virtù delle predette sfide. Tuttavia, la necessità di svolgere una gamma diversificata di missioni non propriamente belliche, fra cui l’assistenza alle popolazioni colpite da calamità naturali, le operazioni di peacekeeping in contesti permissivi e il contrasto alla pirateria inquadrato nella protezione delle vie di comunicazione marittima, sono diventate motivazioni sufficientemente giustificate per espandere, nelle regioni più distanti dal territorio cinese, i cosiddetti far seas, il campo d’applicazione della strategia navale cinese: analizzando alcune delle missioni affidate alla PLAN, è tuttavia possibile evidenziare alcune peculiarità tipiche della sfera militare.

La prima missione riguarda l’opposizione all’intervento di soggetti estranei a contenziosi d’interesse nazionale. Sin dalla metà degli anni Novanta, la leadership politico-militare cinese è consapevole che lo sviluppo capacitivo della PLAN è diventato essenziale per dissuadere, ritardare e, se necessario, contrastare l’intervento di soggetti estranei a un conten-zioso o addirittura a un conflitto di natura interna. Il riferimento principale è ovviamente alla contrapposizione con Tai-wan, in cui il soggetto estraneo sono gli Stati Uniti, anche se non si può escludere l’applicazione di questo principio ad altre realtà turbative della stabilità nei near seas. In ogni caso, nell’ultimo decennio la Repubblica Popolare Cinese ha colmato diverse lacune esistenti in importanti ambiti capacitivi, per esempio la difesa aerea e lo strike a lungo raggio, ri-tenuti idonei a contrastare l’intervento di soggetti estranei in potenziali confronti militari su scala regionale. Nello stesso fine rientra la costruzione e l’acquisizione di un’ampia gamma di piattaforme di superficie e subacquee equipaggiate con sistemi missilistici antinave e antiaerei, oltre a ordigni balistici specificatamente concepiti per l’attacco contro por-taerei nemiche, in primo luogo quelle statunitensi. I leader cinesi auspicano che il possesso di queste capacità dissuada le mosse pro-independentistiche di Taiwan o, se la deterrenza dovesse fallire, che esse consentano di attuare una serie di opzioni militari adattabili per un confronto militare sia contro la «provincia ribelle», sia contro eventuali soggetti estranei eventualmente partecipanti al confronto.

La seconda missione riguarda la protezione della sovranità marittima, dove la PLAN è chiamata a intervenire nei con-tenziosi che nel Mar Cinese Meridionale e Orientale vede Pechino rivendicare, con un’intensità più o meno variabile

39 Novembre 2021

nel tempo, confini marittimi e diritti economici nei confronti soprattutto delle Filippine, del Giappone, del Vietnam e della Malesia. Per questa missione, la PLAN è validamente fiancheggiata dalla Guardia costiera e dalla Milizia marittima (discusse più avanti) e ha impiegato tattiche coercitive per far valere i suoi interessi, soprattutto nel Mar Cinese Meri-dionale. La colonizzazione insulare negli arcipelaghi delle Spratly e Paracels ha consentito la creazione di avamposti mi-litari da cui unità della PLAN, della Guardia costiera e della Milizia marittima possono facilmente svolgere operazioni di polizia marittima, giustificate dalle già citate leggi sulla sovranità marittima, promulgate unilateralmente a Pechino negli ultimi anni. L’impiego della Guardia costiera cinese o della Milizia marittima nelle aree marittime oggetto di disputa è finalizzato a evitare l’escalation verso lo scontro militare vero proprio e per trasmettere un determinato tipo di messaggio alla comunità internazionale; nelle situazioni in cui Pechino percepisse un rischio di escalation militare, si fa ricorso a unità della PLAN, peraltro più a scopo intimidatorio che non di intervento armato diretto, dimostrando in sintesi un ap-proccio dottrinario e operativo volutamente flessibile e redditizio.

A fattore comune fra le due missioni analizzate e rientrante a pieno titolo nella difesa attiva nei near seas è il concetto delle bolle A2/AD, anti-access/area denial, elaborato dal Pentagono dopo un’analisi condotta sul campo con diverse metodologie. Applicabile anche a contesti geopolitici differenti da quelli presi in esame in questo Supplemento, il concetto A2/AD è la creazione di uno spazio tridimensionale più o meno ampio, normalmente situato a cavallo di una zona costiera ma estendibile anche a diverse decine di miglia dalla costa, da interdire al nemico mediante una complesso di assetti navali di superficie e subacquei, missilistici e aerei e asservito da una rete di sensori di sorveglianza e comando e controllo, e caratterizzato da un elevato livello d’integrazione. Nel caso della Repubblica Popolare Cinese, è assai verosimile la presenza di bolle A2/AD nel Mar Cinese Meridionale (e di cui fanno parte i sistemi e le infrastrutture situate sulle isole artificiali) e in quello Orientale, mentre non è da escluderne la presenza anche in Mar Giallo; in questi tre contesti geo-grafici, l’obiettivo strategico-operativo delle bolle A2/AD è duplice: rendere estremamente difficile l’avvicinamento di reparti aeronavali ostili (anti-access) o, se ciò fallisse, tentare di negare loro la libertà d’azione (area denial). Il concetto delle bolle A2/AD s’interseca con quella della difesa stratificata, la cui logica è legata all’estensione degli spazi d’interesse marittimi compresi nelle catene insulari: il primo strato difensivo è quello più esterno, si estende da 540 a 1.000 miglia dalle coste cinesi e gli assetti impiegabili sono essenzialmente le unità subacquee e i missili balistici antinave; il secondo strato difensivo abbraccia un’area estesa da 270 a 540 miglia dalle coste della Repubblica Popolare e al suo interno ope-rano ancora unità subacquee, nonché velivoli di base a terra e a elevata autonomia. Il terzo strato è quello più interno, esteso fino a 270 miglia dalle coste cinesi, comprendente gran parte del Mar Cinese Meridionale e Orientale e del Mar Giallo, Taiwan e la grande isola filippina di Luzon: all’interno di questa fascia, comprendente le bolle A2/AD, la PLAN può disporre di naviglio subacqueo (per lo più a propulsione convenzionale) e di superficie, velivoli di base a terra (anche sulle isole colonizzate) e batterie missilistiche costiere antinave. Non è, infine, da escludere che la realizzazione di mo-derne unità subacquee e di superficie d’altura possa aver fatto maturare anche un’ipotesi d’impiego interdittorio al di là dello strato difensivo più esterno.

La terza missione della PLAN riguarda la protezione delle linee di comunicazione marittima, un’esigenza derivante dalla salvaguardia degli interessi politici e degli investimenti economici cinesi in diverse zone del pianeta. Particolarmente vitale per la Repubblica Popolare Cinese rimane ancora la sicurezza delle rotte d’importazione del petrolio che dal Medio Oriente e dall’Africa attraversano l’oceano Indiano e fanno capo ai porti sul Mar Cinese Meridionale e su quello Orientale:

le medesime rotte sono utilizzate anche per l’esportazione verso l’Europa dei numerosissimi manufatti prodotti nella Repubblica Popolare Cinese, mentre le rotte del Pacifico permettono che tali manufatti raggiungano anche i mercati delle Americhe. Poiché qualsiasi interruzione dei commerci cinesi potrebbe indebolire e danneggiare l’economia na-zionale, la PLAN conferisce un’importanza sempre crescente allo sviluppo delle capacità necessarie per la protezione delle linee di comunicazione marittime oceaniche e per una maggior presenza lungo le rotte commerciali marittime: le testimonianze concrete dell’importanza che Pechino conferisce a questa missione sono essenzialmente due. La prima è

La cerimonia d’inaugurazione della base militare cinese a Gibuti, avvenuta il 1o agosto 2017

alla presenza dell’allora vicecomandante della Marina

della Repubblica Popolare Cinese; si nota la prevalenza di

personale appartenente alla PLAN, che tratteggia la valenza

militare marittima della base (Xinhua).

Un’immagine satellitare risalente, al 2018, della base militare cinese a Gibuti e delle adiacenti

infrastrutture del porto commerciale di Doraleh:

evidente la proiezione verso il mare della base militare vera e propria. L’immagine non mostra la banchina per l’ormeggio di unità navali militari (naval pier),

all’epoca non ancora comple-tata (Google Earth).

Secondo le valutazioni dell’intelligence occidentale, la Marina della Repubblica Popolare Cinese contribuisce al concetto della difesa stratificata mediante l’impiego di unità di superficie e subacquee e postazioni lanciamissili costiere

(indicate con l’acronimo CDCMs) nello strato difensivo più interno (third defensive layer), con unità subacquee nello strato intermedio (second defensive layer) e ancora con unità subacquee e missili balistici antinave nello strato più

esterno (first defensive layer) - (USN).

41 Novembre 2021

l’ormai duratura e continua partecipazione di un piccolo gruppo navale cinese (un cacciatorpediniere, una fregata e un rifornitore di squadra) alle operazioni antipirateria nell’area del Corno d’Africa, peraltro condotte in maniera pressoché autonoma, senza uno stretto coordinamento con altre Forze navali impegnate nelle medesime attività. La seconda testi-monianza riguarda la creazione di una base militare a Gibuti, ufficialmente il 1o agosto 2017 e prima infrastruttura mi-litare di cui la Repubblica Popolare Cinese dispone al di fuori del proprio territorio: il suo principale scopo dichiarato è il supporto tecnico-logistico alle unità navali della PLAN impegnate nelle operazioni antipirateria a largo dell’Africa orientale, nonché altri reparti partecipanti alle operazioni di peacekeeping in Yemen e in Somalia. La presenza, all’inau-gurazione, dell’ammiraglio Tian Zhong, all’epoca vice comandante della PLAN, conferma l’importanza strategica della base di Gibuti, non solo per la Marina cinese ma per tutto lo strumento militare, che può disporre di un solido punto d’appoggio da cui proiettare potenza in aree d’interesse situate in Africa e nell’Asia sud-occidentale. La base ha anche un’importante valenza politica perché rappresenta uno snodo importante della «collana di perle» dispiegata lungo la via marittima della seta; da ricordare, infine, che l’accordo militare tra Pechino e Gibuti permetterà alla Cina di mantenere nella base fino al 2026 — con possibilità di proroga — un contingente formato da oltre 10.000 militari. L’esperienza fi-nora acquisita con l’utilizzazione della base navale a Gibuti può essere efficacemente applicata per la possibile realizza-zione di un altro snodo con valenza militare a Gwadar, sulla costa del Pakistan, secondo il modello dei capisaldi strategici teorizzato a Pechino (16).

Un’altra missione di crescente importanza nell’ambito della PLAN — e di tutta la Repubblica Popolare Cinese — è la di-plomazia navale, strumento utilizzato da sempre da tutte le Marine e declinato con altre definizioni a secondo delle cir-costanze e delle epoche. Le operazioni antipirateria a cura di unità cinesi, in essere fin dal 2008, hanno come corollario la visita, al termine dell’operazione vera e propria, a diversi porti dell’oceano Indiano e di altre regioni limitrofe. Nel-l’autunno 2017, la PLAN ha completato il suo più lungo dispiegamento «diplomatico» durato sette mesi, a cura di un Gruppo navale impegnato in visite a venti nazioni, con numerose soste anche in porti europei: alla stessa linea d’azione appartiene l’impiego della nave ospedale Peace Ark, utilizzata in numerose operazioni di assistenza alle popolazioni civili, soprattutto nel teatro indo-pacifico. Il complesso di queste attività consolida il profilo internazionale della Marina cinese, offre importanti opportunità di cooperazione bilaterale e consente alla PLAN di accrescere la propria esperienza in teatri geografici ben distanti dalle coste cinesi e dalle aree marittime adiacenti.

Presenza globale

Numerosi episodi occorsi negli ultimi anni testimoniano la volontà e la capacità della PLAN di essere presente a livello globale, associando all’impiego di unità navali non solo a occidente di Singapore ma anche a occidente di Suez, anche forme di soft power tipiche del pensiero cinese. Nell’estate del 2017, mentre il «solito» Gruppo navale dirigeva verso il Golfo di Aden per l’ennesima rotazione del naviglio impegnato nelle attività antipirateria, un altro Gruppo navale era in azione nell’Europa settentrionale: medesima la struttura, due unità combattenti e una ausiliaria, ma il teatro d’azione era il Baltico, per l’ultima iterazione di una serie di esercitazioni assieme alla Marina russa denominate «Joint Seas». Il nome non era casuale perché oltre alle attività svolte nel Baltico, unità della PLAN avevano operato assieme a quelle russe nel Pacifico, nel Mar Nero e nel Mediterraneo. Sempre in quell’estate ricca d’impegni per la PLAN, un terzo Gruppo navale — citato poco sopra e ancora composto come i due precedenti — sostò per quattro giorni a Civitavecchia, a cui seguirono esercitazioni nel Tirreno con la fregata italiana Carlo Margottini e, successivamente, con unità greche e turche. In tale ambito rientra anche l'esercitazione «Sea Interaction 2021», svoltasi nel Mar del Giappone nell'autunno del 2021 a cura di due gruppi navali d'altura , uno cinese e uno russo.

Analizzando queste attività e quelle svolte negli anni precedenti, caratterizzate da una diversa regolarità e in alcune

cir-La partecipazione alla parata navale del luglio 2017 nelle acque di San Pietroburgo — in primo piano l’incrociatore lanciamissili russo MARSHAL USTINOV, seguito dal cacciatorpediniere lanciamissili HEFEI e la fregata lanciamissili YUNCHENG

— è una delle dimostrazioni di presenza globale manifestate dalla PLAN nel corso degli ultimi anni (Novosti).

Risalente a gennaio 2015, quest’immagine aerea della base navale di Portsmouth mostra il Gruppo navale della PLAN in visita nel Regno Unito: dal basso verso l’alto sono ormeggiati la fregata YUNCHENG, la nave d’assalto anfibio CHANG

BAISHAN e il rifornitore di squadra CHAOHU (Royal Navy).

43 Novembre 2021

costanze legate a contingenze specifiche, non v’è dubbio che la crescente disponibilità di unità navali registrata dal 2016 in avanti consente alla PLAN di essere maggiormente presente nelle regioni lontane dalla madrepatria, anche per dare un sostegno concreto e visibile alla Belt & Road Initiative. A parte l’incremento fisiologico del rateo di dispiegamenti nel Mar Cinese Meridionale, importanti in tal senso sono state le navigazioni eseguite dalla portaerei Liaoning oltre la prima catena insulare, inserita di volta in volta in un Gruppo navale di cui facevano parte diverse unità di scorta e che è stato costantemente monitorizzato da unità e velivoli della Marina giapponese. Poiché inizialmente la Liaoning e la sua scorta avevano sempre operato all’interno della prima catena insulare, le predette navigazioni sono una testimonianza del grado di fiducia raggiunto in seno alla PLAN nel far operare questo tipo di formazione navale molto a levante del Mar Cinese Meridionale e di quello Orientale.

La Marina cinese ha impegnato non poco anche naviglio non propriamente combattente, come accaduto con un’unità ausiliaria classe «Dongdiao»/Type 815 impiegata, ancora nel 2017, a raccogliere informazioni sull’esercitazione «Ta-lisman Sabre», svoltasi a cura di reparti statunitensi e australiani al largo delle coste nordorientali dell’Australia. Un esempio di soft power esercitato in questo teatro è stato il dispiegamento nello Sri Lanka della nave ospedale Daishandao, già all’opera in Asia sudorientale e in Africa e sulla falsariga di quanto esperito con la Peace Ark nel Pacifico.

Dalla globalità di questo schema operativo si comprende come la PLAN sia pienamente consapevole che alla forza di una Marina d’altura si associa, sia una solida componente di unità ausiliarie alturiere e sia un suo efficiente impiego per la condotta dei dispiegamenti oceanici di lunga durata, un aspetto questo che ha trovato conferma nella recente realiz-zazione di diverso naviglio di questa categoria. In termini operativi, strumentale all’impiego efficiente del naviglio ausi-liario è la già citata base navale a Gibuti, dove esso può facilmente rifornirsi senza rientrare in patria o sostare in altri porti amici dell’oceano Indiano, e quindi partecipare più frequentemente a dispiegamenti di naviglio combattente non solo nelle acque dell’Asia sudoccidentale ma anche nel Mediterraneo e oltre. In linea con un numero crescente d’impegni globali, la consistenza della PLAN continua ad aumentare: un numero sempre maggiore di unità ha acquisito esperienza

Dalla globalità di questo schema operativo si comprende come la PLAN sia pienamente consapevole che alla forza di una Marina d’altura si associa, sia una solida componente di unità ausiliarie alturiere e sia un suo efficiente impiego per la condotta dei dispiegamenti oceanici di lunga durata, un aspetto questo che ha trovato conferma nella recente realiz-zazione di diverso naviglio di questa categoria. In termini operativi, strumentale all’impiego efficiente del naviglio ausi-liario è la già citata base navale a Gibuti, dove esso può facilmente rifornirsi senza rientrare in patria o sostare in altri porti amici dell’oceano Indiano, e quindi partecipare più frequentemente a dispiegamenti di naviglio combattente non solo nelle acque dell’Asia sudoccidentale ma anche nel Mediterraneo e oltre. In linea con un numero crescente d’impegni globali, la consistenza della PLAN continua ad aumentare: un numero sempre maggiore di unità ha acquisito esperienza