LA CASA SUL MARE
Serie di ANTONIO MULAS
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PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA
Copyright © 2021 ANTONIO MULAS
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“Ciao Anna ti disturbo?”
“Ciao Martina! Figurati, è una settimana che non ci si sente, come stai?”
“Tutto bene... senti pensavo se potevamo ve- derci, ma poi mi sono detta ‘è sabato sera, ma- gari sarà fuori con Guido’, ero indecisa ma, siccome tra poco passerò vicino a casa tua, ti ho chiamata”
“Hai fatto bene, Guido è fuori, mi ha chiamata poco fa dicendomi che non sarà a casa prima delle venti, vieni su che facciamo in tempo a prendere un aperitivo e fare due chiacchere... ti aspetto”
Nel caso avessi avuto qualche dubbio, lei mi ha confermato una verità che stento ancora a credere, così le rispondo a malincuore: “Va bene, a dopo”
Forse sono stata impulsiva a volerla vedere subito, cosa le dico? Con che diritto? Rischio di rovinarle l’esistenza... certo non se lo merita, sono ancora sconvolta, non me lo sarei mai aspettata.
Ci devo pensare bene, magari è solo una sbandata di cui Guido si pentirà presto, magari è una parentesi breve che lui può chiudere senza danni... come sua amica sono combattuta... e se fosse una cosa seria? Quella donna non la
conosco, ma l’ho già vista da qualche parte, anche se adesso non mi viene in mente dove.
Ho visto bene il suo viso quando ha abbrac- ciato Guido, i capelli lunghi, lisci, biondi, su una faccia slavata... Anna è cento volte più bella.
Mi monta il nervoso, se penso a come Anna sia innamorata persa di un coglione... ma anche qui do un giudizio frettoloso, e se fosse stato proprio il suo comportamento a far allontanare Guido?
Anna è sempre stata una brava persona, one- sta, lavoratrice, ma forse si è legata a lui in ma- niera morbosa, anche se non mi sembra che ab- bia mai dato segni di gelosia ossessiva o di un attaccamento opprimente, che non lascia spa- zio... ma se ci penso bene mi sembra una stupidaggine, ma quale spazio?
Sono arrabbiata con me stessa perché, se mi interessa la loro sorte, essendo amica di en- trambi, dovrei prima capire meglio com’è la situazione veramente.
Avrei dovuto aspettare, magari cogliere un segno, una loro confidenza, invece ho agito d’impulso chiamandola per andare subito da lei dopo quello che ho visto.
Cerco di calmarmi mentre suono il citofono di
casa sua.
“Ciao Martina, vieni entra, come sta la tua schiena?”
“Bene, sto meglio”
“Allora, cosa mi racconti? Come mai da que- ste parti? Siediti”
È allegra, sorridente, contenta, come sempre del resto e poi, mi chiedo, ‘perché non dovrebbe esserlo’?
Ci sediamo in sala, trovo una scusa banale per la mia visita e poi le dico: “Volevo chiamarti prima, ma in questi ultimi giorni ho avuto una brutta settimana al lavoro, e la sera ero proprio stanca, tanto da non voler sentire o vedere nes- suno.
Ne ho approfittato per mettere ordine in casa, stare un po’ da sola, pensa, domani sono invitata a pranzo da mia madre ma credimi, nonostante sia da parecchi mesi che non la vedo, ci vado malvolentieri”
Anna si alza e va in cucina, la sento armeggiare e poi torna con due bicchieri, del ghiaccio e una ciotola di pistacchi, dal mobile bar versa due dita di vermouth rosso, me lo porge, si siede vicino a me e mi dice tranquilla:
“Cosa è successo, non ti ho mai sentita lamen- tarti così e poi per il lavoro”
“In effetti niente di particolarmente grave, ma ho come la sensazione che qualcosa in ufficio stia cambiando”
“Taci, anche Guido in questo periodo mi dice le stesse cose, è in crisi, è giù, in fin dei conti lavorate in ditte diverse ma che fanno capo allo stesso gruppo, o sbaglio?”
“Sì è così, ma ti ha detto qualcosa di specifico perché, per quanto ne so, le società vanno bene”
“No, anche lui non è sicuro di niente... mi ha parlato di un’eventuale ristrutturazione e, con il suo livello, ha il timore di essere lasciato a casa, ma poi con me del suo lavoro non ne vuole parlare troppo per non angustiarmi mi dice...
pensa, proprio oggi pomeriggio si doveva vedere con l’Amministratore Delegato del gruppo per capirne qualcosa”
Lei non sa niente, noto la sua apprensione sincera per lui, guardo il suo bel viso e mi fa rabbia sapere che Guido le mente, la lascia sola nel fine settimana per incontrarsi con
‘quell’amministratore delegato’, bionda, secca e con una faccia slavata.
Quello che mi rattrista è che ho sempre giudi- cato Anna una persona molto intelligente e non capisco come fa a credere a queste cose se non per l’amore per Guido che non la fa ragionare.
Mi viene spontaneo domandarle: “E da quanto tempo ha questa sensazione?”
“Con me ne ha parlato solo la settimana scorsa, ma io avevo intuito qualcosa già da prima, negli ultimi tempi lui era diventato ner- voso, mi sembrava distante, finché non l’ho messo alle corde per capire cosa aveva, ho insistito e lui mi ha detto dei problemi che ha sul lavoro. Poverino, chissà per quanto tempo è stato male, si è tenuto tutto dentro per non farmi stare in pensiero”
“Perché, che cosa ti ha detto?”
“Ma mi ascolti? Ha paura di essere lasciato a casa... tu stessa mi hai appena detto che stai avendo dei problemi in ufficio, sembra che tu non mi senta”
“Certo che ti ascolto, te l’ho detto, sono preoccupata anche io. Però scusa, non per sminuire il ruolo di Guido in azienda, stavo pensando, strano che un Amministratore Delegato, una persona a capo di diverse aziende diversificate sul mercato, una persona così influente, spenda il proprio tempo nel fine settimana per parlare con un dipendente di eventuali problemi aziendali. Di solito se ci sono ristrutturazioni con eventuali riduzioni di personale lo veniamo a sapere a cose fatte e poi
mai dall’Amministratore Delegato... non è così? A te non sembra strano?”
“In effetti hai ragione, ma non è detto che si sia incontrato solo con lui... sarà un meeting, avrà riunito lo staff dei quadri e dirigenti... non lo so, magari ci sono dei problemi solo nella ditta di Guido, lui non è entrato nei particolari, spero che appena torna mi dica qualcosa di più chiaro”
“Lo spero anch’io tanto, per voi due”
“Beh, potrebbe riguardare anche te”
“Non credo”
Mi guarda sorpresa senza capire, ma mi ri- prendo subito anche perché non me la sento di dirle niente riguardo a Guido, non ce la faccio...
non adesso, anzi, devo stare attenta a come parlo, così le rispondo: “Nel mio caso magari non c’entra il lavoro d’ufficio, è solo un po’ di depressione, di stanchezza, lo sai come sono fatta tengo a ingigantire tutto”
Mi sta montando il nervoso per lei, voglio cambiare discorso subito.
“Cosa stavi cucinando? Sento un buon pro- fumo”
“Niente di speciale, ho messo su un po’ di ragù, avevo in casa delle pappardelle che pre- paro per cena”
“Beata te che te le puoi permettere, io ingrasso solo a parlarne, piano piano sto rinun- ciando alla pasta, al pane, ai dolci... mi sta ve- nendo la pancia”
“Ma cosa stai dicendo? Hai un fisico da invi- diare... stai rinunciando solo a quello?”
“Non mi guardare con quel sorrisino ebete, ho passato una settimana brutta e da sola, non che mi sono fatta suora”
“Luigi, l’hai più sentito?”
“Sì, quasi tutti i giorni, adesso è all’estero, credo che rientrerà lunedì”
“Questa sì che è una bella notizia... raccon- tami”
Anna ritorna con il sorriso di sempre, felice, queste cose la rendono dolce e morbida come un babà e, infatti, si accomoda meglio sul di- vano, mi viene vicino e quasi mi abbraccia chiedendomi particolari, aspettative, mi pro- spetta progetti che io assecondo più o meno volentieri, col pensiero fisso di lei che prepara la cena mentre il marito si vede con una zoccola in una camera d’albergo.
Non riesco più a stare qui a parlare di varie amenità, me ne devo andare, diversamente le dovrei raccontare tutto quello che ho visto questo pomeriggio.
“Anna, devo proprio andare, si è fatto tardi e tra poco arriverà Guido, penso che avrà molte cose da dirti... magari se non ti spiace ti ri- chiamo io così mi racconti se ci sono novità op- pure ci mettiamo d’accordo per rivederci pre- sto”
Mi alzo noncurante delle sue proteste per il poco tempo che sono stata lì.
La saluto, esco e torno alla macchina.
Mi infilo nel traffico del sabato sera, lento, intasato, ma ho voglia di tornare a casa in fretta, sono triste per Anna e per Guido che mi ha veramente deluso.
È strano il destino, se non fosse stato per Paolo che mi ha trascinata in quella casa, non avrei saputo nulla... la stessa casa sul mare di cui lei si è innamorata, sulla quale chissà quanti sogni ha costruito... non mi ha detto neanche se con Guido ne ha mai parlato... se l’hanno mai vista insieme, mi piacerebbe vedere la faccia di lui... la casa proprio accanto a quell’albergo.
Ripenso al dubbio che ho sollevato con Anna sull’appuntamento di Guido e che per poco non mi ha indotta a dirle tutta la verità, ma vale anche per me lo stesso ragionamento; perché Lorenzo, con tutti soldi e le occasioni che po- trebbe avere, una persona così ricca e influente,
con tutte le donne che potrebbe permettersi, sceglie proprio me per levarsi le sue voglie? Si vede che lo faccio godere meglio di sua mo- glie... non hanno più rapporti, mi ha detto, anche se ho saputo che è giovane e bella... ma con una sua dipendente, non lo capisco e, pensandoci bene, non posso imputare a lui i miei problemi d’ufficio di questi ultimi giorni, sono sciocca solo a pensarlo, nella sua posi- zione e con i problemi che deve avere!
Mi sto sopravalutando e poi cosa ci guadagne- rebbe?
Potrei andarmene anche domani e cercare lavoro altrove, non ho una famiglia a cui devo rispondere o potrei danneggiarlo raccontando in giro la nostra relazione... io certo ho poco da perdere, anzi!
Ha ripreso a piovere forte, l’aria gronda di umidità, l’asfalto bagnato rallenta il traffico e riflette e moltiplica le luci dei fari, delle inse- gne, dei lampioni che brillano attraverso le gocce che scendono in rivoli copiosi sui fine- strini della macchina, si vede poco, i clacson spazientiti suonano per un nonnulla, mi dà tutto fastidio e ho freddo.
Sono ferma all’ennesimo semaforo, guardo fissa davanti a me questo bailamme di luci
annacquate, quando solo ora mi viene in mente dove ho visto la donna che oggi era abbracciata a Guido: in una bella fotografia, grande, incorniciata e appesa su una parete nella plancia della barca di Lorenzo, proprio lei, sorridente, bella con i lunghi capelli biondi al vento, al ti- mone di comando.
Prendo veloce il cellulare dalla borsa, ri- guardo la foto che ho scattato e riconosco il viso di lei in quello che ho visto sulla barca.
‘Non è possibile!’, mi dico scuotendo la testa, sperando che non sia quello che penso e non so perché ma, d’impulso, la cancello; appoggio la fronte sul volante, rimango ferma in mezzo alla strada davanti al semaforo, incurante dei clacson che mi urlano addosso, delle macchine che mi superano sfiorando la mia, dei finestrini che, indifferenti alla pioggia, si abbassano imprecando contro di me finché non trovo la forza di muovermi allo scattare del verde successivo.
Sono completamente stordita, troppe emo- zioni oggi, non vedo l’ora di essere a casa.
*****
Non potevo aspettarmi una reazione diversa, non l’ho mai vista così, d’altronde non ce n’era mai stata l’occasione.
In tutta questa settimana non ho fatto altro che pensare a Lidia, a come parlarne dopo i consigli che mi aveva dato Luigi.
Sapere che lei è incinta è stato come un colpo in testa e mi sono reso conto che non sarebbe stato così se l’amassi veramente; parlandole pensavo che una via di uscita si sarebbe trovata, e invece io le ho proposto l’unica soluzione che lei non si sarebbe mai aspettata. Era arrivata già agitata, dicendomi che aveva pochissimo tempo, che aveva lasciato Luca alla governante e che doveva rientrare entro un’ora. Poi si è arrabbiata perché non avevo mai risposto ai messaggi che tutti i giorni mi aveva inviato, mi ha subito aggredito dandomi del vigliacco per- ché era sicura che non avevo ancora parlato con mia moglie e che stava male e che il bambino era anche mio, che ne ero il responsabile e che continuava a vomitare e non sapeva come giustificarsi con il marito, con il personale, con i clienti del suo negozio perché era sempre più assente.
Mi ha detto tutto questo come un fiume in piena, quasi senza prendere fiato, urlando e piangendo e non me l’aspettavo.
Tutti i discorsi che avevo in mente, tutta la diplomazia che avevo elaborato sono svaniti di colpo e senza pensarci le ho detto: “Io questo bambino non lo voglio”
Se ci ripenso, dire che si era fatta livida in volto è poco, era diventata verde, le lacrime le si sono asciugate di colpo e ha cominciato a col- pirmi con pugni e schiaffi, ho cercato di cal- marla dicendole che non volevo dire così, ma solamente che non ero pronto e che questo non c’entrava con il nostro rapporto, che le volevo bene e che era stato un incidente e che di un bambino non ne avevamo mai parlato, che le sarei stato sempre vicino se avesse deciso di abortire, anche per evitare scandali dalle conse- guenze imprevedibili.
Mi sono reso conto, guardando i suoi occhi spalancati, increduli e umidi di pianto che mi stavo arrampicando sugli specchi, mi sono sen- tito soffocare, tanto che ho dovuto aprire la fine- stra per prendere aria.
Mi ha sorpreso quando mi sono sentito
abbracciare forte da dietro, a lungo, in silenzio, ho sentito il suo viso bagnato di lacrime appog- giato al mio, i suoi lunghi capelli mi hanno avvolto e solo allora ho potuto sentire l’intenso profumo di lei.
Poi mi ha lasciato senza dire una sola parola, ha preso la borsetta, la sua giacca ed è uscita in fretta, senza guardarmi, senza darmi il tempo di fermarla, di parlarle ancora.
Mi è dispiaciuto, non ho concluso niente e non so che intenzioni abbia.
Potrebbe dire tutto a mia moglie solo per ri- picca, d’altronde, non potevo prendere tempo, trovare altre scuse, sarebbe servito solo a peggiorare le cose, sto sperando addirittura che Lidia possa prendere una decisione anche per me, qualunque sia, me ne assumerò le responsabilità, ma almeno mi tolgo un peso; mi sento un verme, un inetto e adesso sto tornando da Anna a cui non ho avuto il coraggio di dire niente, che ama profondamente un coglione che non la merita.
Entro e la sento armeggiare in cucina “Guido, sei tu?”
“Sì, ciao”
“Arrivo subito, un attimo sennò mi si attacca il sugo”
Ne approfitto per andare in bagno, rinfre- scarmi e trovare una scusa plausibile per oggi.
Lei mi viene incontro reggendo con le mani la zuppiera piena, le porgo la guancia per un bacio, lei mi bacia veloce, poi si ferma, mi guarda e mi bacia più a lungo e strofina il viso ancora sulla guancia, tutta storta e in bilico che quasi rischia di rovesciare la pasta.
“Stai attenta... cosa c’è?”
“Niente, dai siediti a tavola, è pronto... hai fatto tardi, come è andata? Raccontami”
“Non è stata una riunione molto lunga, ho perso più tempo ad andare e tornare, con questo traffico sotto la pioggia, che il tempo che sono stato lì”
“Dove l’avete fatta la riunione?”
“Presso la sede centrale, nella sala convegni”
“Chi c’era? Eravate in tanti?”
Mi accorgo che mi fa domande serrate e man- gia poco, mentre io mi riempio la bocca di pasta per prendere tempo e riflettere.
“Buonissima questa pasta… c’era l’Amministratore Delegato e poi il direttore del
personale, il direttore amministrativo e una parte di noi dirigenti, non tutti”
“E cosa vi hanno detto?”
“In realtà non molto, hanno presentato situa- zioni contabili fatte nelle varie società legate ai piani di investimenti in alcune aziende, com- presa la mia, hanno evidenziato bilanci del primo semestre non perfettamente in linea con gli obbiettivi...”
Mi fermo per mangiare, ho lo sguardo fisso nel piatto e lei incalza: “Allora, ti devo levare le parole di bocca?”
“Niente, non c’è niente di certo, di sicuro per il momento, non hanno parlato direttamente di licenziamenti, hanno parlato di nuovi sviluppi e investimenti prospettando un’eventuale ridu- zione del personale a fronte di un bilancio negativo a partire dal prossimo anno”
“Mi sembra che, tutto sommato, non sia una situazione così negativa, non tanto da preoccu- parti come mi avevi detto”
“Sì ma la direzione, per il momento, non si vuole sbottonare... sai, il mercato azionario, le maestranze... te l’ho detto, non è sicuro niente, non sono tranquillo, lo sai, essendo dirigente
fanno presto e senza preavviso... mentre tor- navo a casa pensavo di guardarmi un po’ in giro, se ci sono offerte interessanti o altre opportunità di lavoro”
Lei non ha mangiato quasi niente, mi ha sem- pre guardato seria.
Le ho detto solo delle ovvietà, di riunioni che vengono fatte regolarmente in qualsiasi azienda anche se con modalità diverse, giusto con un poco di preoccupazione per tenere in vita la mia giustificazione.
“Stasera subito prima che tu arrivassi mi è venuta a trovare Martina”
“Come mai? Come sta?”
“Sta bene, come al solito, passava di qua per caso e si è fermata a salutarmi”
Sono un po’ sollevato per aver cambiato argo- mento e le chiedo sorridendo: “Cosa ti ha raccontato di bello?”
“Abbiamo parlato del più e del meno, anche di lavoro e quando le ho detto dei tuoi dubbi sull’azienda, sulla possibilità di una ristruttura- zione è rimasta sorpresa perché lei non ne ha il minimo sentore, anzi, mi ha detto che la tua so- cietà va molto bene”
Mi stizzisco e le rispondo: “Ma che ne sa lei, è solo un’impiegata!”
“Beh, lavora in amministrazione, qualcosa avrebbe saputo”
“Se pensi che lei sia più informata di me...”
Lei adesso mi guarda fisso, arrabbiata.
“No, certamente, lei non ha il privilegio di parlare con l’Amministratore Delegato come fai tu, però non capisco perché t’innervosisci tanto.
Martina non mi ha detto niente di particolare, come tu del resto, e io rimango sempre preoccu- pata, ma se a te non importa niente tanto da pensare di cercare un altro lavoro, va bene, meglio per te e per me che sto in pensiero”
Sento il suo sarcasmo e la vedo sempre più seria, sono io in torto, sono io che mento a mia moglie, sono io che dovrei vergognarmi e non prendermela con lei perché si preoccupa di un evento che ho solo inventato, così cerco di riprendere in mano la situazione.
“Scusami, mi dispiace, non pensavo che te la pigliassi tanto per il mio lavoro”
Mi avvicino per baciarla, ma lei si alza di scatto toglie i piatti sporchi e va in cucina.
Torna con un’altra portata, mi riempie il piatto
ma decisamente non ho più appetito.
“Sono tua moglie, perché non dovrei preoccu- parmi... ne abbiamo già parlato a lungo la settimana scorsa.
Facciamo così, per il momento non voglio angustiarmi, quando tu avrai qualcosa di certo, di sicuro e di serio da dirmi, io sarò sempre qui ad ascoltarti e a porgerti la mia spalla; anche io lavoro da anni e so come funziona una grossa società e se, negli ultimi tempi, il tuo umore nei miei confronti così cambiato, è solo dovuto a dei presentimenti sul tuo futuro in quella cazzo di azienda, non sono sicura di crederti”
“Ma cosa stai dicendo? Martina ti ha detto qualcosa?”
Mi interrompe quasi urlando.
“Martina non c’entra niente, hai capito perfettamente cosa sto dicendo, se le tue preoccupazioni sul lavoro saranno accertate me lo dirai, diversamente, finché stai con me e in questa casa, il lavoro lo lasci fuori dalla porta come ho sempre fatto io nei tuoi confronti, men- tre se c’è altro me lo devi dire, adesso!”
Mi guarda seria, determinata, in attesa di rice- vere una risposta che non arriva.
“Bene, allora parliamo d’altro”
Lei si siede ma mangia poco o niente, cinci- schiamo nel piatto entrambi, ogni tanto mi guarda, ma la vedo seria, poi mi fa: “Domani è domenica”
“Sì, lo so”
“È il nostro anniversario, non te lo ricordavi?”
“Certo che me lo ricordavo, non mi hai dato il tempo di dirtelo... ho già prenotato in un bel ristorante che mi ha consigliato Luigi, su in collina, dove non siamo mai stati... poi, se il tempo è bello, pensavo di andare a vedere la casa sul mare di cui mi hai parlato, a cui tieni tanto, almeno da fuori, tu volevi prendere un appuntamento con l’agenzia, ma non mi hai più detto niente
“Sono contenta, anche Martina mi ha parlato bene di quel ristorante, sempre se è lo stesso in cui è stata con Luigi; riguardo all’appuntamento con l’agenzia, ci sto ancora riflettendo, lo farò a suo tempo, se la casa sarà ancora disponibile, sono convinta che in questo momento ci siano delle cose più importanti”
Anna non aggiunge altro, allunga un braccio sul tavolo, mi prende una mano con la sua e
stringe forte, poi mi dice: “Fammi un favore”
“Dimmi”
“Prima di venire a letto fatti una doccia”
La guardo sorpreso sorridendo ma lei rimane seria.
“Perché, puzzo?”
“No... ma hai addosso un profumo che non mi piace”