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Capitolo 3. Metodi di Misura Della Gittata Cardiaca

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Capitolo 3. Metodi di Misura Della Gittata Cardiaca

3.1 Revisione della letteratura sui metodi di misura invasivi

e mini invasivi

Recenti studi hanno dimostrato l'importanza di una corretta gestione fluidoterapica nei pazienti post operatori, pazienti critici e pazienti emodinamicamente instabili poiché essa riduce la mortalità e il periodo di ospedalizzazione del paziente (Murakawa et al., 1988 ; Rivers et al., 2001), così la possibilità di predire quali pazienti traggano effettivamente beneficio dalla somministrazione di un bolo di fluidi è diventato oggetto di numerosi studi in umana (Monnet & Teboul, 2013).

La somministrazione di fluidi spesso ha la finalità di aumentare la gittata cardiaca agendo sull'aumento del precarico, poiché per la legge di Frank Starling, un aumento del volume telediastolico comporta un maggiore allungamento dei miocardiociti con conseguente aumento della contrattilità cardiaca e del volume di eiezione (Marik et al., 2011).

Nel paziente critico e/o i stato di shock, la ristabilizzazione ed il mantenimento della perfusione tissutale è l'obbiettivo primario dell'anestesista nel periodo perioperatorio e dell'intensivista nel periodo post operatorio e la possibilità di monitorare la gittata cardiaca e di verificare la responsività ai fluidi del paziente permette di evitare la somministrazione eccessiva o ridotta di fluidi (Marik et al., 2011 ; Romagnoli et al., 2009).

Esistono diverse tecniche che permettono il monitoraggio della gittata cardiaca ma per molte di esse sono stati messi in discussione l'invasività

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e le complicazioni legate alla procedura (Romagnoli et al., 2009). Tra i principali rischi associati alla cateterizzazione dell'arteria polmonare abbiamo aritmie, infezioni, embolia polmonare, rottura dell'arteria polmonare ecc. Inoltre è necessaria una certa conoscenza della tecnica e non tutte permettono il monitoraggio continuo della gittata. Questi svantaggi hanno portato alla ricerca ed allo sviluppo di nuove metodiche meno invasive e utilizzabili in diversi ambienti e circostanze, come in pronto soccorso, durante il trasporto del paziente o durante il ricovero (Funk et al., 2009).

Alcuni metodi per il monitoraggio della gittata cardiaca utilizzano parametri definiti statici, come la pressione atriale destra, la pressione di incuneamento capillare polmonare (WEDGE pressure) e i volumi telediastolici destro e sinistro, altri utilizzano parametri definiti dinamici come l'SPV, PPV, velocità del sangue in aorta (Michard & Teboul, 2002).

Michard e Teboul in una revisione della letteratura, hanno dimostrato la maggiore capacità predittiva dei parametri dinamici rispetto ai parametri statici analizzando 12 pubblicazioni su MEDLINE, dal 1988 al 2002. Purtroppo i parametri dinamici hanno il limite di poter essere monitorati e utilizzati solamente con pazienti anestetizzati e ventilati meccanicamente, poiché sono influenzati dalle variazioni di pressione intratoracica determinate dalla ventilazione a pressione positiva (Michard & Teboul, 2002).

La tecnica considerata gold standard per la misurazione della gittata cardiaca è la termodiluizione ed è spesso utilizzata come termine di paragone per le nuove tecniche di monitoraggio (Peyton & Chong, 2010). Una meta-analisi condotta dai Critchley e Critchley sottolinea che le nuove metodiche per il monitoraggio della gittata cardiaca dovrebbero avere una percentuale di errore uguale o minore al 30% paragonandone i

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risultati alla termodiluizione ( Critchley &Critchley ,1999). Uno studio più recente ha analizzato quattro nuove tecniche non considerate dai Critchley (tecnica basata sulla metodica pulse contour, utilizzo del doppler esofageo, calcolo della frazione inspirata di anidride carbonica e

bioimpedenza elettrica toracica) sempre paragonandole alla

termodiluizione, con il risultato che la percentuale di errore in tutte le tecniche era molto simile e mai inferiore al 45% (Peyton & Chong, 2010). La termodiluizione è una metodica che prevede l'inserimento di un particolare catetere (Swan-Ganz) a livello dell'arteria polmonare. Questo catetere presenta più lumi necessari a diverse funzioni: il lume che raggiunge l'arteria polmonare presenta un palloncino che una volta gonfiato permette di misurare la WEDGE pressure, un lume posto a livello dell'atrio destro è necessario per il monitoraggio della pressione atriale e per iniettare il fluido utilizzato come indicatore, un altro lume che presenta un termistore è necessario per misurare la temperatura del sangue a livello dell'arteria polmonare e poi sono presenti lumi accessori, per esempio per la somministrazione di farmaci. Viene inoltre cateterizzata una grossa arteria, generalmente l'arteria femorale, con un catetere che presenta un termistore sull'apice. L'iniezione dell'indicatore viene effettuata a livello dell'atrio destro utilizzando fisiologica o glucosata ad una T0 conosciuta (temperatura ambiente o fluidi raffreddati). Successivamente il termistore posto nell'arteria femorale rileverà la differenza di temperatura dell'indicatore permettendo così la determinazione di una curva di variazione di temperatura. Questa curva presenta una rapida ascesa con un picco massimo, seguito poi da una lenta discesa. La gittata cardiaca viene calcolata a partire da questa curva ed è inversamente proporzionale alla media della variazione di temperatura dell'indicatore rispetto al tempo intercorso fra l'iniezione del fluido e la misurazione a livello arterioso (area sotto la curva).

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F= V0(Tb-T0)K1/

ΔTb dt

Dove V0 è il volume iniettato, Tb è la temperatura del sangue, T0 è la temperatura dell'indicatore al momento dell'iniezione, Tb e dt indicano invece la variazione di temperatura del sangue nel tempo.

Figura 3.1 Area della variazione di temperatura dell'indicatore rispetto al tempo. (Da Perel, 2008).

Della curva tre grandezze vengono considerate: l'area sottesa per il calcolo della portata cardiaca; il tempo di attraversamento medio e la costante di discesa della curva (K).

La termodiluizione è stata utilizzata da Perel et al. per dimostrare la capacità di SPV come indicatore di ipovolemia in cani che subivano un prelievo ematico pari al 10%, 20%, 30% del volume sanguigno totale stimato. Durante il prelievo infatti solamente la gittata cardiaca e SPV% mostravano una graduale discesa, mentre FC, PAM e pressione venosa centrale si mantenevano stabili. Basandosi sui risultati ottenuti Perel suggerisce che il monitoraggio dell'onda arteriosa durante ventilazione meccanica del paziente e i valori da essa derivati come SPV, possano effettivamente essere utili per la valutazione dello stato volemico del paziente (Perel et al., 1987).

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arteriosa indotte dalla ventilazione meccanica e negli anni è stato appurato che queste variazioni non erano indicative del volume ematico né del precarico ventricolare, bensì erano indicatori di responsività ai fluidi (Michard, 2005). Negli ultimi anni è stata dimostrata la possibilità di utilizzare i parametri dinamici derivanti dall'interazione cuore-polmone, come SPV e PPV, come predittori della capacità di un paziente di aumentare la gittata cardiaca a seguito di un bolo di fluidi (Marik et al., 2005).

La velocità del flusso aortico può essere utilizzata per calcolare la gittata cardiaca tramite l'utilizzo di ecodoppler transesofageo (Marik et al., 2005). Inizialmente la tecnica veniva effettuata con una sonda trans toracica, ma la difficoltà di trovare e mantenere il posizionamento della sonda stessa aumentava la percentuale di errore e riduceva la riproducibilità dell'esame. Grazie alla sonda transesofagea è possibile

misurare continuamente il flusso si sangue che ad ogni sistole viene eiettato nella parte discendente dell'aorta. Per poter valutare il volume di eiezione è necessario conoscere la sezione del vaso nel punto in cui si misura il passaggio del flusso. Questa misurazione viene fatta con una sonda transtoracica. L'aorta viene quindi considerata come un cilindro e viene calcolata l'area della sua sezione (CSAa) partendo dal raggio del vaso, a suo volta derivato da un normogramma basato su età, peso, sesso e altezza. Essendo il flusso aortico pulsatile la sua velocità(Vf) è variabile nel tempo e viene descritta in un grafico velocità/tempo delineando così una curva della velocità del flusso. Vf è quindi calcolata facendo l'integrale della velocità su un tempo compreso tra T0 (inizio del flusso in aorta) e T1 (fine del flusso in aorta). Per ottenere il volume di eiezione si moltiplica CSAa per Vf e viene poi applicato un fattore di correzione K in quanto il flusso viene calcolato solo nella porzione discendente del vaso. Questo comporta che solo il 70% del flusso viene

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considerato. Il restante 30% non viene infatti incluso nel calcolo perché viene pompato nei vasi che nascono dall'arco aortico, cioè prima della porzione aortica discendente.

Numerosi studi hanno dimostrato l'accuratezza di questa tecnica paragonandola alla termodiluizione (Funk et al., 2009). Uno studio condotto su dei pazienti che venivano operati per riparare una frattura del femore, ha dimostrato che il gruppo di studio, che riceveva una fluido terapia mirata al paziente impostata grazie al monitoraggio effettuato con doppler esofageo, veniva dimesso prima rispetto al gruppo di controllo, riducendo il periodo di ospedalizzazione anche di 8 giorni (Sinclair et al.,1997). Analogamente un altro studio condotto su un gruppo di pazienti operati per frattura dell'anca, ha dimostrato il ridotto periodo di ospedalizzazione e la ridotta incidenza di ipovolemia intraoperatoria nei pazienti che venivano monitorati con ecodoppler transesofageo e ai quali era stata impostata una fluidoterapia mirata (Venn et al., 2002).

Un'altra tecnica minimamente invasiva è stata basata sulla bioimpedenza elettrica toracica e prevede l'utilizzo di sei elettrodi da apporre sulla superficie corporea: due ai lati del collo e gli altri quattro nella parte inferiore del torace (Funk et al., 2009). In questa tecnica il torace viene considerato come un cilindro perfuso da una certa quantità di fluido avente una resistenza specifica. Se ad alcuni elettrodi viene trasmessa una corrente, la bioimpedenza generata dal fluido intratoracico è rappresentata da una resistenza elettrica ad alta frequenza e ridotta ampiezza che viene percepita dagli elettrodi non stimolati. Il suo valore è inversamente proporzionale al volume dei fluidi toracici per cui maggiore è il volume dei fluidi minore è il valore misurato dagli elettrodi (TEB) (Kubicek et al., 1999). Purtroppo durante diversi interventi chirurgici l'utilizzo di questa tecnica è sconsigliato a causa dell'interferenza data dall'elettrobisturi, ventilazione meccanica e

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manipolazioni chirurgiche, ma anche in caso di cardiopatie come insufficienza cardiaca o patologie coronariche (Perrino et al., 1994). Inoltre una meta-analisi condotta negli ultimi 30 anni da Raaijmakers et al. ha sottolineato come questa metodica per il monitoraggio della gittata cardiaca debba essere considerata con cautela (Raaijmakers et al., 1999). LA tecnica di Fick è basata sul principio di conservazione di massa secondo cui, la quantità di un indicatore, l'ossigeno in questo caso, che viene distribuito ai tessuti dal sangue arterioso deve essere pari alla somma della quantità di O2 che si ritrova nel sangue venoso misto e della

quantità trattenuta dai tessuti (VO2). Poiché questa tecnica era poco

utilizzabile, invasiva e soggetta a errori , il principio di Fick è stato modificato per adattarlo a un altro indicatore: l'anidride carbonica (Jaffe, 1999). Questa tecnica (NICO) non è invasiva e prevede il monitoraggio della variazione nell'eliminazione di CO2 e della pressione parziale della

frazione espirata di CO2, a seguito di un breve periodo di rirespirazione,

per valutare il flusso nei capillari polmonari. Poiché questo calcolo non prevede il sangue shuntato a livello polmonare, deve essere stimata una frazione di shunt intrapolmonare basata sulla saturazione del sangue ottenuta dal pulsossimetro (Harydai et al., 2000). Questa tecnica è stata confrontata con la termodiluizione in sei cani in condizioni fisiologiche e a seguito di utilizzo di dobutamina, alotano e a seguito del clampaggio della vena cava. I risultati hanno dimostrato un buon grado di concordanza con la tecnica della termodiluizione, per cui l'autore conclude affermando che NICO è una buona metodica per la misurazione della gittata cardiaca e che in certi casi è migliore di altre tecniche mini invasive (Harydai et al., 2000). Uno studio condotto su 15 pazienti sottoposti a chirurgie maggiori o ricoverati in terapia intensiva, ha dimostrato una buona capacità di questa tecnica di stimare la gittata cardiaca paragonandola alla termodiluizione. L'autore però sottolinea che

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questa tecnica non può completamente rimpiazzare la più invasiva termodiluizione, ma che può essere utilizzata per un monitoraggio emodinamico più completo nel paziente critico (Odenstedt et al., 2002) . Infine Marik in una revisione della letteratura, sostiene che questa tecnica sia soggetta a numerosi errori e limitazioni, a partire dalla varietà di risultati ottenuti dagli studi di validazione che la classificano come una tecnica poco accettabile (Marik, 2013).

La misurazione della gittata cardiaca mediante analisi della curva di pressione arteriosa è detta Pulse Contour Analysis ed è una delle tecniche più recenti mini-invasive studiate. Questa tecnica necessita solamente dell'introduzione di un catetere in un'arteria periferica e studia l'onda pressoria basandosi sulla relazione tra la pressione arteriosa, il volume di eiezione, la compliance arteriosa e le resistenze periferiche. Quattro sistemi ad oggi si basano su questa metodica e possono essere classificati in base all'algoritmo utilizzato per l’analisi della relazione pressione/volume in 3 categorie: metodi che necessitano una misura della gittata cardiaca tramite diluzione per calibrare il sistema, metodi che richiedono caratteristiche demografiche e fisiche del paziente per la stima dell'impedenza arteriosa, metodi che funzionano senza alcun tipo di calibrazione o dati precaricati. Inoltre dall'analisi dell'onda, questa metodica, estrapola il volume di eiezione, la variazione del volume di eiezione (SVV), la PPV e SPV (Marik, 2013). Dell'onda pressoria vengono riconosciuti anche i picchi di sistole e diastole, i punti rappresentativi, come l'incisura dicrota, e le fasi di instabilità caratteristiche.Per questo motivo può essere applicata indistintamente ad ogni tipo di paziente sia in condizioni di stabilità che di alta instabilità emodinamica. Per ottenere l'onda di pressione arteriosa è necessario introdurre un catetere in un'arteria periferica e collegarlo a un monitor, tramite una linea di collegamento a pressione riempiti di soluzione

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eparinata, collegati a loro volta a un trasduttore. Queste prolunghe di polietilene sono a bassa compliance e sono in grado di trasmettere la pressione di pulsazione senza modificarne le caratteristiche. Il collegamento tra il catetere e la linea completamente piena di liquido è necessario perché, secondo la legge di Pascal, un cambiamento di pressione, indotto in questo caso dalla pressione arteriosa, produce la medesima pressione in ogni punto e trasmette così la variazione pressoria dal vaso al trasduttore.

Il segnale viene poi convertito da un microprocessore in informazioni visibili sul monitor sotto forma digitale (numerica) e grafica (onda pressoria in funzione del tempo). Il catetere arterioso, generalmente di poliuretano o teflon ™, dovrebbe essere del diametro minore possibile per ridurre al minimo il rischio di tromboflebiti (20, 22 GG). Questo viene inserito generalmente nell'arteria femorale o radiale perché sono arterie facilmente reperibili e cateterizzabili e perché consentono una buona percezione della pressione. Il sito di posizionamento del catetere è molto importante perché esistono variazioni di pressione legate ad esso. Al catetere viene collegata una prolunga piena di liquido non comprimibile e in assenza di bolle. Idealmente questa linea dovrebbe essere corta, larga e non rigida per ridurre le interferenze dette damping. Tra la prolunga e il trasduttore è presente un rubinetto tre vie necessario sia per effettuare lo zero pressione, sia per effettuare prelievi ematici. Il traduttore consente la trasformazione di energia meccanica in segnale elettrico. Questo a sua volta viene processato, amplificato e convertito da un microprocessore in informazioni visibili sul monitor. Il trasduttore deve essere mantenuto in posizione orizzontale e a livello del cuore del paziente, più precisamente a livello dell'atrio destro. Posizionamenti diversi rispetto al cuore possono causare variazioni dei valori della pressione di circa 7,5 mmHg ogni 10 cm di altezza. Un diaframma

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flessibile è presente all'interno del trasduttore ed è collegato a quattro fili conduttori (quattro resistori connessi tra loro e posizionati con una configurazione a ponte di Wheatstone a costituire un estensimetro o strain gauge). L’onda pressoria viene trasmessa dalla colonna di fluido del circuito e deforma la membrana mettendo in tensione i fili. La resistenza che ne deriva è proporzionale alla deformazione del diaframma e quindi alla pressione arteriosa. Per mantenere pervia la cannula, a monte del trasduttore, esiste un sistema per poter effettuare dei flush di fisiologica eparinata, fino a circa 2-4 mL/ora. Questo sistema usa un'alta pressione per sospingere i fluidi e serve anche per verificare eventuali interferenze (McGhee&Bridges, 2002).

Una curva è un'interferenza che viaggia attraverso un mezzo trasferendo energia e non materia. L'onda sinusale è una delle onde più semplici disegnata da un punto che si muove a velocità costante attorno a una cerchio. Quest'onda si può definire con la funzione Y= sin X

Figura 3.2 Onda sinusale semplice. Le frecce indicano le caratteristiche dell'onda: frequenza e ampiezza. (Da Jones & Prat, 2009)

Le caratteristiche di quest'onda sono l'ampiezza e la frequenza.

La prima rappresenta il massimo discostamento dell'onda dallo 0 e la seconda il numero di cicli al secondo espressi in Hertz (Hz).

La lunghezza è la distanza tra due punti della curva aventi lo stesso valore (es punti di massima ampiezza) (McGhee & Bridges, 2002). Ogni

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onda complessa può essere scissa in un insieme di onde semplici. Per esempio l'onda arteriosa è un'onda complessa costituita da un'onda fondamentale (es Hz 1) e una serie di onde minori dette armoniche che hanno frequenza multipla rispetto alla fondamentale (es 2 Hz, 4Hz ecc.. ). Per avere un'onda arteriosa è necessaria un'onda fondamentale che stabilisce la frequenza e almeno sette armoniche (Bufalari et al. , 2007). La Fourier Analysis è l'analisi delle onde complesse mediante la loro scomposizione in onde semplici. Questo è il metodo grazie al quale il microprocessore analizza le onde che gli arrivano dal trasduttore: le scompone in onde semplici per poi riassemblarle per fornire un'accurata rappresentazione dell'onda pressoria. Ogni materiale oscilla liberamente a una certa frequenza definita frequenza naturale, ma se viene opposta una forza con una frequenza simile alla frequenza naturale, si crea una risonanza, cioè il sistema inizierà ad oscillare alla sua massima frequenza. Poiché le onde vengono analizzate dal microprocessore in base alla loro frequenza, è importante che questa non venga distorta. Le onde che arrivano al trasduttore hanno una frequenza alta, circa 24 Hz, ma se il sistema di misurazione ha una frequenza naturale simile al sistema che stiamo misurando, si può avere un'amplificazione e distorsione del segnale che esiterà in una sovrastima della pressione. I sistemi di misurazione devono quindi avere delle frequenze naturali molto alte, almeno 8 volte la frequenza dell'onda fondamentale del polso arterioso. In pratica: se un animale ha una frequenza cardiaca di 180 bpm, la frequenza naturale del sistema di misurazione deve essere almeno 180 x 8= 1440 Hz, cioè 24 Hz in 60 secondi. La naturale frequenza di un sistema è determinata dalla proprietà dei suoi componenti per cui può essere aumentata riducendo la lunghezza della cannula e/o della linea, riducendo la compliance della cannula o la densità del fluido o aumentando il diametro della cannula e/o della linea.

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Molti sistemi per la misurazione della pressione invasiva che utilizzano la cateterizzazione arteriosa periferica, hanno una frequenza naturale attorno a 200 Hz, la quale viene però ridotta da eventuali bolle nella linea, damping, rubinetto a tre vie ed eccessiva lunghezza della prolunga (Jones & Prat, 2009).

Il damping è una riduzione dell'ampiezza di oscillazione a seguito della riduzione di energia nel sistema. In alcuni sistemi il damping è necessario per ridurre la risonanza della frequenza della pressione arteriosa percepita ed è detto damping critico. Il suo coefficiente dovrebbe essere attorno a 1, ma questo comporterebbe un sistema con risposta relativamente lenta, per cui il valore del cosiddetto damping ottimale è di circa 0,7 (McGhee & Bridges, 2002 ; Jones & Prat, 2009). Nella maggior parte dei sistemi il damping è dato soprattutto dalla frizione dei fluidi lungo il sistema, ma può derivare anche da vasospasmo, da un rubinetto a tre vie aggiuntivo, presenza di bolle nella linea, grumi o coaguli e difetti della cannula. Il damping quindi in parte riduce gli effetti di risonanza, ma riduce anche la frequenza di risposta (McGhee & Bridges, 2002).

Un sistema può avere:

-damping ottimale dove il sistema risponde rapidamente a variazioni di segnale e il fattore è circa 0.7;

Figura 3.3 Onda di pressione arteriosa con damping ottimale. (Da Jones & Prat, 2009)

-underdamped, dove l'onda arteriosa verrà visualizzata con un picco sistolico eccessivo a causa di una sovrastima del valore di pressione

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sistolico e una sottostima del valore di pressione diastolica (mentre la PAM sarà solo lievemente modificata). Il coefficiente sarà inferiore a 0.7;

Figura 3.4 Onda di pressione arteriosa con sistema underdamped. (Da Jones & Prat, 2009)

-overdamped, dove il sistema non oscilla liberamente e il coefficiente sarà maggiore di 1. Il risultato sarà quello di ottenere un'onda poco definita e un'incisura dicrota poco evidente per sottostima del valore di pressione sistolica e sovrastima del valore di pressione diastolica (McGhee & Bridges, 2002; Jones & Prat, 2009)..

Figura 3.5 Onda di pressione arteriosa con sistema overdamped.(Da Jones & Prat, 2009)

Le pressioni invasive sono misurate dal sistema a partire da un valore iniziale, definito zero pressione, che corrisponde al valore di pressione atmosferica, poiché essa agisce contemporaneamente sul paziente e su tutto il sistema di monitoraggio.

Infatti esponendo all'aria ambiente la linea piena di fluido (aprendo quindi il rubinetto a tre vie) ed effettuando l'azzeramento del sistema di monitoraggio è come se portassimo il valore di pressione iniziale a 0, sottraendo cioè la pressione atmosferica. A questo modo i valori e le

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variazioni di pressione sistolica vengono percepiti e valutati senza interferenze (Jones & Prat, 2009). Possiamo quindi affermare che le diverse metodiche esistenti per il monitoraggio della gittata cardiaca, se utilizzate congiuntamente ai monitoraggio di routine, permettono al clinico di effettuare una terapia mirata e corretta di fluidi, farmaci vasopressori e/o inotropi positivi e terapie specifiche, verificando la risposta del paziente e migliorando così il suo outcome (Funk et al., 2006).

3.2 PRAM

PRAM (Pressure Recording Analytical Method) è un nuovo sistema per il monitoraggio mini invasivo della gittata cardiaca. Questo sistema necessita solamente dell'introduzione di un catetere in un'arteria periferica e non necessita, né di informazioni antropometriche, né di calibrazioni.

Figura 3.6 MostCare®, il monitor distribuito da Vytech per il monitoraggio della gittata cardiaca con metodica PRAM (Da vygon.it )

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Il calcolo della GC è basato sul Pulse Contour Methods (PCMs), che analizza l'intera onda pressoria (fase sistolica e fase diastolica) campionata a frequenza molto alte (1000 Hz) e per ogni battito delinea un'onda pressoria.

Figura 3.7 Onda arteriosa registrata con monitor MostCare

L'insieme dei punti rappresentativi e dell'area sotto la curva (pressione/tempo [P/t]) vengono valutati secondo la teoria fisica delle perturbazioni, per ottenere l'impedenza del sistema. La teoria delle perturbazioni afferma che ogni sistema fisico tende a reagire per riacquisire la sua stabilità, cioè la situazione in cui è richiesta minima energia (Mirabile & Baroncini 2012). L'analisi matematica dell'andamento della curva di pressione arteriosa è basata sulla relazione tra il volume di eiezione sistolica e le caratteristiche fisiche del sistema vascolare (la forza di eiezione generata dal ventricolo sinistro, il postcarico, la compliance arteriosa, la resistenza dei vasi periferici) e devono per questo essere valutati tutte insieme. Quindi ad ogni itto cardiaco, si hanno variazioni di pressione e quindi di volume all'interno dei vasi arteriosi. L'entità di queste variazioni dipende da molti fattori interdipendenti. La variabile Z è l'espressione matematica della relazione esistente tra pressione e volume nel tempo di queste variabili, ed è calcolata nel vaso in cui si registra la curva di pressione. Z non è una

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costante e viene calcolata dal sistema ad ogni battito analizzando la sola curva di pressione arteriosa e non viene impostata in base a dati preregistrati o calibrata utilizzando altri metodi di misura della GC; poiché essa è legata sia alle variazioni di fase sistolica che a quella diastolica, esistono due valori corrispondenti alle due fasi. Le due fasi sono distinte dalla dicrota per cui la rilevazione dell'incisura dicrota è fondamentale (Romagnoli et al., 2013).

Lo stroke volume viene quindi calcolato a questo modo:

SV = A / Z

dove A è l'intera area della porzione sistolica comprendente sia la componente pulsatoria che quella continua dell'onda arteriosa (mmHg x sec).

Z a sua volta può essere calcolata con la seguente formula:

Z(t)=P/t*K

dove P/t (mmHg/sec) è la descrizione analitica dell'onda pressoria analizzandone i cambiamenti morfologici come pressione su tempo in un

ciclo cardiaco. K è un fattore inversamente proporzionale

all'accelerazione istantanea della sezione trasversale del vaso considerato ed ha come unità di misura (cm/sec²×cm²). Il suo valore è ottenuto dividendo la PAM attesa in condizioni fisiologiche per il valore di PAM misurato al momento, per cui è un valore differente ad ogni ciclo cardiaco (Romano et al., 2006). Il valore di PAM atteso varia a seconda dell'arteria in cui stiamo misurando la pressione: 100 mmHg in un'arteria centrale e 90 mmHg in un'arteria periferica. Poiché le perturbazioni dell'onda pressoria (riflessioni dell'onda di pressione o basso SV)

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influenzano l'accelerazione istantanea della sezione trasversale del vaso, possono esserci discostamenti di K da 1 con variazioni della trasmissione dell'onda. K è quindi anche fattore di correzione nel calcolo della variabile Z nelle circostanze in cui l’onda di pressione trasmessa si discosti dalla fisiologia. Le variabili che abbiamo nominato precedentemente sono quindi rappresentate da A, P/t e K che essendo strettamente correlate vengono valutate simultaneamente (Romagnoli et al., 2013).

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