Università degli Studi di Brescia A.A. 2011-2012
ECONOMIA POLITICA II
Esercitazione n. 1 27 settembre 2011
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Il PIL ed il deflatore del PIL.
Esercizio 1
Si consideri un’economia costituita soltanto da quattro persone e caratterizzata da queste implicazioni: nel corso di un’intera stagione, un agricoltore ha prodotto 100 euro di frumento e lo ha venduto ad un mugnaio, il quale lo ha trasformato in 150 euro di farina, che, a sua volta, ha venduto ad un fornaio. Il fornaio ha prodotto 300 euro di pane e lo ha venduto ad un suo cliente.
a) Si calcoli il PIL di questa economia, come valore finale e come valore aggiunto.
b) Supponendo che il costo del lavoro, per ciascun operatore, sia pari al 20% del fatturato, si ricalcoli il PIL sotto la specie del reddito.
Esercizio 2
L’economia di un piccolo paese di montagna è determinata dalla produzione di tre beni: latte, cereali e lana di pecora. La produzione ed i prezzi sono riportati in tabella.
Tabella 2
Anno 1 Anno 2
Quantità Prezzo PIL nom.
PIL reale (prezzi
anno 1) Quantità Prezzo PIL nom.
PIL reale (prezzi anno 1)
Lana (kg) 100 10,00 110 12,00
Latte (ettolitri) 300 1,00 200 1,50
Cereali (quintali) 500 0,50 450 1,00
PIL nomin. e reale
2.1 Si determini l’ammontare del PIL nominale nell’anno 1 e 2.
2.2 Usando l’anno 1 come base, si determini l’ammontare del PIL reale (a prezzi costanti) in entrambi gli anni. Di quanto è cambiato (in %) il PIL reale tra il primo ed il secondo anno?
2.3 Si calcoli il deflatore del PIL nel secondo anno, usando il primo come anno-base. Qual è il tasso di inflazione tra l’anno 1 e l’anno 2?
Esercizio 3
Si consideri la seguente tabella 3, nella quale sono riportati alcuni dati aggregati, relativamente all’economia di un paese, negli anni dal 1990 al 1995.
Tabella 3
Anno Deflatore del PIL
PIL reale
(mld di euro)
PIL nominale
(mld di euro)
Inflazione
1990 0,85 1581,00 -
1991 0,90 1710,00
1992 1,00 1980,00
1993 1,08 2052,00
1994 1,15 2173,50
1995 1,18 2242,00
3.1 Il PIL nominale del paese è costantemente aumentato. Ciò potrebbe dipendere da una crescita della produzione, da un aumento dei prezzi, da entrambi i fenomeni. Si calcoli dapprima il tasso di inflazione annuale del paese in oggetto. In generale, il paese ha conosciuto un’inflazione alta, o bassa? Da cosa sarà dipeso, principalmente, l’aumento del PIL nominale?
3.2 Si determini ora il PIL reale e si verifichi la risposta data nel punto precedente.
Il mercato dei beni e dei servizi
Il modello di base
Economia chiusa: X = IM = 0.
Produzione = Reddito = Y Domanda: Z = C + I + G
→ 1^ Equilibrio nel mercato dei beni: Produzione = Domanda → Y = C + I + G Y = Reddito = Produzione I , G e T esogene C = c0 + c1Yd Yd = Y – T T = Imposte al netto dei trasferimenti
→ 2^ Equilibrio nel mercato dei beni: Risparmio = Investimento
Risparmio privato S = Yd – C = Y – T – C Risparmio pubblico = T – G Equilibrio : Y = C + I + G → Y – C – G = I → Y – C – G + T – T = I → (Y – T – C) + (T – G) = I → Risparmio privato + Risparmio pubblico = Investimento
* * *
Nel modello di base ricavare il reddito di equilibrio ed identificare il moltiplicatore della spesa autonoma. Verificare la condizione di equilibrio Risparmio = Investimento.
Esercizio 4
Un’economia chiusa (X = IM = 0) è caratterizzata dalla seguenti relazioni:
C = 100 + 3
4 Yd ; I = 500 ; G = 200 ; T = 180 ; Yd = Y – T
4.1 Si ricavi il reddito di equilibrio e si identifichi il moltiplicatore della spesa autonoma. A quanto ammonta la spesa autonoma? Quanto vale il risparmio privato? E quello pubblico? Si verifichi l’equilibrio “risparmio = investimento”.
4.2 Abbiamo verificato che il governo ha un disavanzo di bilancio. Si ipotizzi che riduca la spesa pubblica fino a portarla in pareggio: quali effetti produce questa manovra sul reddito di equilibrio? (ricavare Y direttamente e tramite il moltiplicatore).
4.3 Si ipotizzi ora che, invece di ridurre la spesa pubblica come in 4.2, il governo raggiunga il pareggio di bilancio aumentando la pressione fiscale: anche in questo caso si stimi l’effetto sul reddito di equilibrio.
4.4 Si determinino gli effetti delle due manovre di politica fiscale 4.2 e 4.3 sul risparmio, sia pubblico, che privato e si verifichi la condizione di equilibrio “risparmio = investimento”.
4.5 Si stimi l’effetto delle due manovre di politica fiscale sul consumo (si faccia un confronto con la situazione iniziale).
APPENDICE MATEMATICA
Il piano cartesiano
Piano cartesiano: sistema di riferimento nel piano della geometria euclidea costituito da due rette, non necessariamente ortogonali, su ciascuna delle quali si fissa un orientamento (rette orientate) e per le quali si fissa anche una unità di misura grafica, che consente di identificare qualsiasi punto del piano mediante una coppia di numeri reali.
Nel seguito considereremo sistemi formati da due assi ortogonali, uno orizzontale e l’altro verticale.
Origine: il punto nel quale le due rette di riferimento si incontrano.
Ascisse ed ordinate: le due rette di riferimento sono denominate rispettivamente asse delle ascisse (asse orizzontale) e asse delle ordinate (asse verticale).
Un punto P nel piano cartesiano è individuato da una coppia di numeri, diciamo (a , b): allora “a” è l’ascissa, mentre “b” è l’ordinata di P.
Il Piano Cartesiano
E(5; 5) D(4; 4)
C(3; 7) B(2; 8)
A(1; 2) O(0; 0)
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
0 1 2 3 4 5 6
Asse delle ascisse
Asse delle ordinate
Fig. 1
NB: l’unità di misura grafica non è necessariamente la stessa sui due assi: come ben si vede in figura, la lunghezza del segmento che indica 1 è maggiore sull’asse delle ascisse, che sull’asse delle ordinate (c’è ampia libertà in materia).
Equazioni nel piano cartesiano
Insiemi di punti nel piano possono essere identificati da equazioni che sono relazioni tra le x e le y dei punti stessi.
Ad esempio l’equazione y = – x + 10 è soddisfatta dai punti B(2 ; 8) , C(3 ; 7) , E(5 ; 5) della Fig. 1, ma non dai punti O, A e D.
Invece l’equazione y = –x2 + 4x + 4 è soddisfatta dai punti B, C, e D sempre della Fig. 1, ma non dagli altri (provare per credere).
Le due equazioni presentate a titolo di esempio sono soddisfatte da molti altri punti; se prendiamo tali punti in maniera sufficientemente “fitta”, otteniamo delle linee, che danno origine a delle forme nel piano cartesiano: la prima è una retta, la seconda una parabola, come si può vedere in Fig. 2.
Figure nel piano cartesiano
0 2 4 6 8 10 12
0 1 2 3 4 5 6
Fig. 2
O(0 ; 0)
A(1 ; 2)
B(2 ; 8)
C(3 ; 7)
D(4 ; 4) E(5 ; 5)
■
■
■
■
■
■
La retta nel piano cartesiano
Una qualunque equazione lineare in x ed y rappresenta una retta nel piano cartesiano; viceversa, qualunque retta nel piano può essere rappresentata mediante un’equazione lineare in x ed y.
Per equazione lineare in x ed y si intende un’espressione algebrica del tipo:
(e1) y = mx + q oppure (e2) ax + by + c = 0 dove m, q, a, b, c stanno ad indicare dei numeri costanti. Esempio:
(e1) y = 1
2 x + 4 ; y = –2x + 10 ; y = 3x – 2 ; y = – 3
2 x – 8 (e2) x – 2y + 8 = 0 ; 2x + y – 10 = 0 ; 3x – y – 2 = 0 ; 3x + 2y + 16 = 0
Ovviamente si può sempre passare da una forma all’altra con semplici passaggi algebrici.
Nell’esempio, le equazioni (e2) sono, salvo errori, la trasformazione delle (e1).
Una retta scritta come in (e1) è detta in forma esplicita, mentre se scritta come in (e2) è in forma implicita. Ciascuna forma può avere una sua specifica utilità pratica (a seconda della convenienza, si può sempre passare dall’una all’altra) ma quella esplicita ha importanti ricadute di tipo grafico. Vediamole.
Retta in forma esplicita: y = mx + q dove: m = coefficiente angolare ; q = termine noto.
Cominciamo col più facile: il significato del termine noto q. Per comprendere il suo significato geometrico, chiediamoci qual è il punto che si trova sulla retta ed ha ascissa x = 0 (quello è il punto nel quale la retta interseca l’asse y): basta sostituire x = 0 nell’equazione e ricavare la y.
Ecco come:
y = m(0) + q → y = 0 + q → y = q. Conseguenza, la retta interseca l’asse y nel punto (0 ; q).
Detto diversamente: il termine noto q è l’ordinata del punto di intersezione tra la retta e l’asse y. Si dice anche che q è l’intercetta della retta sull’asse y.
Ora veniamo al significato geometrico del coefficiente angolare m. È la parte più importante della retta; come in qualche modo suggerisce il suo nome, m dipende dall’angolo che la retta forma con l’asse delle x; in altre parole esso è responsabile dell’inclinazione della retta. E la maniera è questa. Supponiamo di percorrere un qualunque tratto di strada lungo la retta, andando da un suo punto A ad un suo punto B. Ora immaginiamo di andare ancora da A a B, ma con due movimenti in sequenza: il primo orizzontale, il secondo verticale (vedi Fig. 3)1. Ebbene, se facciamo il rapporto delle lunghezze, in valore e segno, tra il movimento verticale e quello orizzontale, il risultato è costante e dà sempre m.
1 Chi ha dimestichezza col gioco degli scacchi, può immaginare il primo spostamento da A a B come quello dell’alfiere; invece la serie di due spostamenti, uno orizzontale e l’altro verticale, può essere vista come una mossa del cavallo.
Per comprendere bene ciò che accade, consideriamo la retta di Fig. 3, che ha equazione y = 1
2 x+ 1 e supponiamo di andare dal punto A al punto B (la retta potrebbe essere una strada di montagna; A e B collegate tra di loro) con lo spostamento obliquo AB indicato dalla relativa freccia.
Ora immaginiamo di spostarci da A a B, ma compiendo due movimenti: AH + HB, anche questi indicati dalle frecce, rispettivamente orizzontale e verticale. La lunghezza di AH, in valore e segno, è ∆x = + 4. La lunghezza di HB è ∆y = + 2. Il rapporto tra le due è m = ∆y
∆x = + 2 + 4 = + 1
2 . Non è un caso! Qualunque spostamento obliquo sulla retta, scomposto nelle sue due componenti orizzontale e verticale, darebbe luogo allo stesso risultato: m = ∆y
∆x = + 1
2 . Ad esempio, si supponga di scendere da B verso A: ∆x = – 4; ∆y = – 2; ∆y
∆x = – 2 – 4 = +
1 2 = m.
→ Pertanto, m è responsabile dell’inclinazione della retta.
Una retta come quella di Fig. 3 ha un m positivo (∆x e ∆y, quale che sia lo spostamento obliquo di cui sono componenti, avranno sempre lo stesso segno).
Invece una retta come quella di Fig. 4 avrà m negativo: ∆x e ∆y sono sempre opposti di segno, se x cresce, allora y diminuisce e viceversa.
retta y = 1/2x + 1
0 1 2 3 4 5 6
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
■
A■
B
∆
∆∆
∆x
∆
∆∆
∆y H
Fig. 3
retta y = - 1/4x + 2
0 0,5 1 1,5 2 2,5
0 1 2 3 4 5 6 7 8
Fig. 4
■
■
■ A
B
∆ C
∆
∆∆x > 0
∆
∆
∆
∆x < 0
∆
∆∆
∆y > 0
∆∆
∆∆y < 0
Esercizio 5
Come esercizio, si provi a determinare l’esatta equazione di ciascuna delle rette rappresentate in figura 5 (m e q sono immediatamente deducibili dall’osservazione del grafico):
-10 -8 -6 -4 -2 0 2 4 6 8 10
-5 -4 -3 -2 -1 0 1 2 3 4 5
Fig. 5
1
2
3
4
SOLUZIONI Esercizio 1
a) PIL come valore finale e come valore aggiunto.
Agricol tore
Mugna
io Fornaio Cons.
finale
P = 100 P = 150 P = 300
Il valore finale del PIL è, chiaramente, PIL = 300 I valori aggiunti sono i seguenti:
- agricoltore: 100
- mugnaio: 50 ( = 150 – 100 ) - fornaio: 150 ( = 300 – 150 )
--- Totale: 300
b) PIL come reddito degli operatori economici.
Esistono due tipi di reddito: da lavoro e da capitale.
i) Redditi da lavoro:
- Lavoro pagato dall’agricoltore: 20 - Lavoro pagato dal mugnaio: 30 - Lavoro pagato dal fornaio: 60
--- Totale redditi da lavoro: 110
ii) Redditi da capitale:
- Reddito dell’agricoltore: 80 = 100 – 20
- Reddito del mugnaio: 20 = 150 – (100 + 30) - Reddito del fornaio: 90 = 300 – (150 + 60)
--- 190 PIL = 110 + 190 = 300
Agricol tore
Mugna io
Fornaio
L = 20 L = 30
Output = 100 K = 0
U = 80
}
K = 100U = 20}
Output = 150
L = 60 K = 150 U = 90
}
Output = 300
Osservazione
La determinazione del PIL come reddito richiede qualche, ulteriore, specificazione.
I tre processi produttivi rappresentati, rispettivamente quello dell’agricoltore, del mugnaio e del fornaio, costituiscono tutti e tre delle aggiunte di valore, ad un prodotto preesistente.
Supponiamo che la terra abbia valore zero (ipotesi accademica!).
Arriva il contadino e, con le sementi, un aratro, il lavoro suo e dei suoi aiutanti, “trasforma la terra in frumento”: ha aggiunto del valore ad una cosa che prima non ne aveva; l’aumento di valore è stato pari a 100 (cioè, da 0 a 100).
Il mugnaio continua esattamente là dove il contadino si è fermato: con l’impiego di lavoro e di una macina, egli aggiunge ulteriore valore al frumento, trasformandolo in farina. Il valore aggiunto è 50.
Per ultimo arriva il fornaio e, grazie alla manodopera e ad un forno, aumenta nuovamente il valore del bene prodotto fino a quel momento, trasformando la farina in pane. L’aggiunta di valore, quest’ultima volta è pari a 150. In questo modo il bene finale vale 300 = 0 + 100 + 50 + 150.
→ A questo punto dobbiamo porci una domanda: chi può vantare dei diritti sul valore di ciascuna aggiunta? Ad esempio, quando il frumento è diventato farina, accrescendo il proprio valore di 50, a chi sono andati quei 50 in più ?
La risposta è: sono andati a chi ha fornito i mezzi di produzione, che hanno reso possibile l’aumento di valore. Si tratta precisamente dei proprietari dei fattori produttivi, in input al processo trasformativo. E i fattori produttivi, in estrema sintesi, sono di due tipi: lavoro (= manodopera) e capitale (= macchinario).
L’aumento di 100 conferito dall’agricoltore al valore della terra, spetta a chi ha lavorato nei campi (per 20 euro) e a chi ha fornito i macchinari e le sementi (per 80 euro).
L’aumento di 50 prodotto dal mugnaio, spetta per 30 a chi ha lavorato e per 20 a chi ha messo la macina.
Finalmente l’aumento di 150 dovuto al fornaio, spetta per 60 a chi ha fornito il proprio lavoro e per i restanti 90 a chi è proprietario del forno.
Così il reddito da lavoro, alla fine è stato 20+30+60 = 110. Quello da capitale è stato invece 80+20+90 = 190. La somma dei due redditi fa 300, cioè il PIL dell’economia.
Esercizio 2
Tabella 2
Anno 1 Anno 2
Quantità Prezzo PIL nom.
PIL reale (prezzi
anno 1) Quantità Prezzo PIL nom.
PIL reale (prezzi anno 1) Lana (kg) 100 10,00 1000,00 1000,00 110 12,00 1320,00 1100,00 Latte (ettolitri) 300 1,00 300,00 300,00 200 1,50 300,00 200,00 Cereali (quintali) 500 0,50 250,00 250,00 450 1,00 450,00 225,00
PIL nomin. E reale 1550,00 1550,00 2070,00 1525,00
2.1
In questo semplice esempio, lana, latte e cereali sono tutti prodotti finali; pertanto il PIL nominale si ottiene moltiplicando la quantità per il prezzo e sommando il valore dei tre beni:
Anno 1: PIL_1nominale = 1550,00 Anno 2: PIL_2nominale = 2070,00
2.2
Si tratta di calcolare il PIL utilizzando i prezzi dell’anno 1. Il PIL dell’anno 1 è lo stesso del punto precedente; quello dell’anno 2 risulta: PIL_2reale = 1525,00.
Nel passaggio dal primo al secondo anno, l’aumento del PIL riportato dal valore nominale è dovuto solo ad un fenomeno inflativo (crescita dei prezzi); in effetti il PIL reale è diminuito percentualmente di 1525 – 1550
1550 = – 1,61 %.
2.3
Deflatore del PIL al 2^ anno: P2 = PIL_2nominale
PIL_2reale = 2070
1525 = 1,3574 = prezzo medio dei beni finali.
Poiché il deflatore del PIL al 1^ anno è P1 = 1 (il primo anno è assunto come base di calcolo), possiamo esprimere il tasso di inflazione come αααα = P2 – P1
P1
= 35,74 %, un valore molto elevato,
responsabile dell’apparente aumento del PIL, vero solo in termini nominali, ma non reali.
Esercizio 3
3.1
Il tasso di inflazione che si verifica nell’anno t è dato da
α α α α
t = Pt – Pt – 1Pt – 1 dove Pt è il deflatore del
PIL nell’anno t ; sicché, ad esempio:
α α α α
1991 = 0,90 – 0,850,85 = 5,88 % ;
α α α α
1992 = 1,00 – 0,900,90 = 11,11 % ecc. Osservando i valori calcolati e riportati in tabella, si può notare un elevato tasso di inflazione, principale responsabile dell’aumento del PIL nominale.
3.2
Sappiamo che sussiste la relazione: Deflatore del PIL Pt = PILnomiale
PILreale . Pertanto vale anche: PILreale = PILnomiale
Pt . In questo modo si può calcolare il PILreale per ciascun anno.
Tabella 3
Anno Deflatore del PIL
PIL reale
(mld di euro)
PIL nominale
(mld di euro)
Inflazione
1990 0,85 1860,00 1581,00 - 1991 0,90 1900,00 1710,00 5,88%
1992 1,00 1980,00 1980,00 11,11%
1993 1,08 1900,00 2052,00 8,00%
1994 1,15 1890,00 2173,50 6,48%
1995 1,18 1900,00 2242,00 2,61%
Esercizio 4
L’esercizio 4 sarà riproposto nel prossimo incontro. La soluzione sarà contenuta nel relativo file.
Esercizio 5
Retta 1: q = 6 ; m = ∆y
∆x = – 6
+3 = – 2 ⇒ y = – 2x + 6 Retta 2: q = 0 ; m = ∆y
∆x = – 2
+2 = – 1 ⇒ y = – x Retta 3: q = 0 ; m = ∆y
∆x = +2 +3 = + 2
3 ⇒ y = 2 3 x
Retta 4: q = 4 ; m = ∆y
∆x = +6
+2 = + 3 ⇒ y = 3x + 4