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INAUGURAZIONE ANNO GIUDIZIARIO 2017

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(1)

CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA

INAUGURAZIONE ANNO GIUDIZIARIO 2017

INTERVENTI DEI RAPPRESENTANTI

DEL CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA PRESSO LE CORTI D’APPELLO

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INTERVENTI DEI CONSIGLIERI PRESSO LE CORTI D'APPELLO

CORTE D’APPELLO DI ANCONA

CONSIGLIERE NICOLA CLIVIO Pag. 1

CORTE D’APPELLO DI BARI

CONSIGLIERE ERCOLE APRILE Pag. 13

CORTE D’APPELLO DI BOLOGNA

CONSIGLIERE PIERGIORGIO MOROSINI Pag. 21

CORTE D’APPELLO DI BRESCIA

CONSIGLIERE ANTONIO LEONE Pag. 31

CORTE D’APPELLO DI CAGLIARI CONSIGLIERE RENATO BALDUZZI

Pag. 43 CORTE D’APPELLO DI CATANIA

CONSIGLIERE ALESSIO ZACCARIA Pag. 52

CORTE D’APPELLO DI GENOVA

CONSIGLIERE PAOLA BALDUCCI Pag. 87

CORTE D’APPELLO DI L’AQUILA

VICEPRESIDENTE GIOVANNI LEGNINI Pag. 106

CORTE D’APPELLO DI LECCE

CONSIGLIERE VALERIO FRACASSI Pag. 119

CORTE D’APPELLO DI MESSINA CONSIGLIERE LUCA FORTELEONI

Pag. 134

CORTE D’APPELLO DI MILANO

CONSIGLIERE ROSARIO SPINA Pag. 148

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CORTE D’APPELLO DI NAPOLI

CONSIGLIERE ANTONELLO ARDITURO Pag. 157

CORTE D’APPELLO DI PALERMO

CONSIGLIERE CLAUDIO MARIA GALOPPI Pag. 168

CORTE D’APPELLO DI POTENZA

CONSIGLIERE LUCIO ASCHETTINO Pag. 177

CORTE D’APPELLO DI REGGIO CALABRIA

CONSIGLIERE LUCA PALAMARA Pag. 185

CORTE D’APPELLO DI ROMA

CONSIGLIERE MARIA ROSARIA SANGIORGIO Pag. 194

CORTE D’APPELLO DI SALERNO

CONSIGLIERE MASSIMO FORCINITI Pag. 204

CORTE D’APPELLO DI TORINO

CONSIGLIERE MARIA ELISABETTA ALBERTI

CASELLATI

Pag. 216

CORTE D’APPELLO DI TRENTO

CONSIGLIERE FABIO NAPOLEONE Pag. 224

CORTE D’APPELLO DI TRIESTE

CONSIGLIERE LORENZO PONTECORVO Pag. 249

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INTERVENTI DEL SEGRETARIO GENERALE E DEL VICE SEGRETARIO GENERALE

CORTE D’APPELLO DI CALTANISSETTA

SEGRETARIO GENERALE PAOLA PIRACCINI Pag. 262

CORTE D’APPELLO DI CAMPOBASSO

VICE SEGRETARIO GENERALE MARCO DALL’OLIO Pag. 272

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CORTE D’APPELLO DI ANCONA

INTERVENTO DEL CONSIGLIERE NICOLA CLIVIO

Signor Presidente, Signor Procuratore Generale, Eminenza reverendissima,

Signori magistrati della Corte e degli altri uffici del distretto, Signori magistrati onorari,

Signor Presidente del Consiglio dell’Ordine degli avvocati, Signori funzionari ed impiegati degli uffici Giudiziari, Signori ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria,

Autorità Civili e Militari. Cittadine e cittadini presenti,

ho l’onore di portare a tutti voi il saluto e l’augurio di buon lavoro del Consiglio Superiore della Magistratura per l’apertura dell’anno giudiziario.

Il Consiglio e l'intera magistratura ha da poco subito un grave lutto. E' mancato pochi giorni fa Giorgio Santacroce, già Primo Presidente della Corte di Cassazione, che come componente di diritto è stato con noi dal settembre 2014 al dicembre 2015. Altri in questi giorni ne hanno compiutamente ricostruito il lungo e ricco percorso professionale. Io aggiungo il ricordo di un uomo autorevole, rigoroso, lucido, con un tratto umano che nel profondo contrastava con l'aspetto austero. Un uomo brillante, ironico, che sapeva essere divertente.

Tutti noi al Consiglio ne conserveremo un ricordo affettuoso e indelebile.

Mi unisco poi alle considerazioni svolte dal Presidente Marino nell’esprimere sentimenti di cordoglio e vicinanza alle persone duramente colpite dal fenomeno sismico che negli ultimi mesi ha colpito anche questa regione, con effetti diretti anche sulla resa del servizio, come abbiamo appena sentito.

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Deposito agli atti dell’assemblea, su supporto informatico, l’imponente resoconto che l’Ufficio Studi del CSM ha redatto sull’attività consiliare dello scorso anno.

Farò incidentalmente qualche breve cenno ai dati statistici del lavoro svolto nel 2016, ma nel tempo a mia disposizione cercherò di fornire qualche spunto sulle direttrici lungo le quali si muove il governo autonomo della magistratura.

Parlo volutamente di governo autonomo nel suo complesso e non solo di Consiglio Superiore, perché sarebbe un errore ascrivere al solo merito dell’organo centrale l’imponente mole del lavoro svolto anche quest’anno.

E soprattutto perché, a prescindere dai numeri, la qualità del governo presuppone, su tutte le questioni di maggiore rilevanza, un contatto costante con gli Uffici e con i Consigli giudiziari ai quali va riconosciuta la funzione di imprescindibili sensori.

Il circuito interno ha dato prova di grande sensibilità ed efficienza ed è grazie all’impegno e allo spirito di sacrificio dei colleghi che operano nei distretti che oggi possiamo andare fieri del lavoro svolto.

L’altro ieri, in Corte di Cassazione, il Vice Presidente del Consiglio Superiore ha parlato di una sfida vinta, in riferimento alla massiccia e concentrata opera di ricambio dei vertici degli uffici giudiziari imposta dal legislatore con la nota abolizione del trattenimento in servizio del 2014. In effetti si parla di ben 539 incarichi (precedente quadriennio 348) conferiti in tempi ragionevoli dall’inizio della consiliatura.

I dati riassuntivi a nostra disposizione dicono, poi, che solo nel 2016 sono state definite

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- 3.124 pratiche dalla prima commissione in materia di incompatibilità ed incarichi extragiudiziari;

- 3.445 pratiche dalla quarta commissione in materia di valutazione di professionalità;

- 6.338 pratiche dalla settima commissione in materia di organizzazione degli uffici;

- 2.637 pratiche dalla ottava commissione in materia di magistratura onoraria.

Questi risultati sono stati possibili solo grazie alla celerità dei consigli giudiziari nell’approvare i pareri per le funzioni direttive e semidirettive, nonché all’indispensabile funzione di filtro e selezione delle questioni rilevanti svolta nelle altre materie.

Il discorso non può essere ridotto ad una mera elencazione di dati.

Allargando l’angolo di visuale ai contenuti, infatti, possiamo dire che il Consiglio ha dimostrato di operare bene tutte le volte che si è aperto al confronto con gli altri organi istituzionali coinvolti ed ha saputo valorizzare il contributo degli organi decentrati.

Faccio l’esempio di una delle più importanti procedure nella quale è stato impegnato, cioè quella della riforma della pianta organica della magistratura, definita con decreto del Ministro il 1° dicembre 2016.

Questa procedura, il cui merito va dato in via principale all’autorità competente, può essere indicata come paradigmatica dei risultati eccellenti che si ottengono quando le istituzioni si confrontano e dialogano sulle questioni nodali, nel rispetto delle reciproche attribuzioni, ma con l’apertura a utilizzare tutti i contributi.

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Nel tavolo paritetico i rappresentanti del Ministro e del CSM si sono innanzi tutto confrontati sui criteri in base ai quali procedere alla revisione della pianta organica, convenendo che andassero privilegiati i flussi in entrata e considerando solo come criteri qualificativi accessori quelli delle pendenze e delle caratteristiche economico-sociali e criminali del territorio.

Successivamente, per emettere il parere sulla prima bozza di progetto, è stato il CSM ad aprire a sua volta il confronto con tutti i Consigli giudiziari per acquisire il loro parere.

Infine, nel definire la pianta organica è stato il sig. Ministro a tener conto dei rilievi del governo autonomo della magistratura. Tener conto che non vuol dire automatico recepimento, ma valutazione critica della prima proposta alla luce degli ulteriori contributi acquisiti.

Ma ad esempio, per quanto riguarda il distretto di Ancona, i rilievi del CSM, fondati sul quelli del C.G. locale, sono stati integralmente recepiti, così da evitare la soppressione di un posto al Tribunale di Macerata e portare a tre - in totale - i posti in più per l’intero distretto.

Ripeto, non sottolineo il dato in sé, ma l’esempio di buon governo che se ne trae. Il Ministro individua nel CSM non solo il titolare di potere consultivo, ma come intelorcutore fondamentale sul merito delle misure da adottare. A sua volta, il Consiglio apre al contributo delle sue risorse interne, correttamente individuate nei Consigli Giudiziari.

Il prodotto finale, comprensibilmente, poggia su una base istruttoria solida e su un ampio consenso. Ma soprattutto, può essere agevolmente spiegato perché non è calato dall’alto, bensì costruito attraverso una serie di passaggi procedimentali trasparenti e partecipati.

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Quindi, il CSM come organo centrale di governo della magistratura governa bene se si apre, se esce dalla logica autoreferenziale che tradizionalmente gli viene imputata. Se presta la propria collaborazione attenta e qualificata agli altri soggetti istituzionali coinvolti, se sa ascoltare e capire cosa accade negli uffici.

Ho seguito con molto interesse la relazione svolta dal sig. Presidente della Corte.

Fotografa un distretto che rispecchia un po’ le caratteristiche della regione, dinamico, laborioso, aperto alle novità tecnologiche e alle opportunità offerte dall'introduzione di nuove istituti (mi riferisco qui in particolare all’esempio virtuoso, all’avanguardia nel Paese, nella promozione dei tirocini formativi).

Mi ha colpito, ma non mi ha sorpreso, la dettagliata esposizione delle problematiche relative ai procedimenti in materia di protezione internazionale.

Si tratta di un’altra questione che è stata seguita dal CSM fin dall’inizio con grande attenzione.

Com’è noto, l’introduzione dell’art. 18 ter del DL n. 83/2015, in base al quale è consentita l’applicazione straordinaria extradistrettuale per questi procedimenti, si deve all’iniziativa del Consiglio Superiore ed è quindi un altro esempio virtuoso, questa volta sul versante legislativo, di leale collaborazione istituzionale.

Il piano straordinario immediatamente elaborato in attuazione della norma ha rappresentato una prima risposta, sul presupposto che ci si trovasse davanti ad una emergenza.

E di emergenza in effetti si trattava.

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Ora si tratta di prendere atto che l’incremento degli affari è strutturale e richiede misure organizzative di lungo periodo, perché al momento è purtroppo facile prevedere che le ragioni che hanno determinato il fenomeno permarranno ancora a lungo.

La settima commissione ha nei giorni scorsi acquisito un’analisi statistica sui flussi (si parla nel complesso di quasi 38.000 procedimenti gravanti sui Tribunali dei capoluoghi dei distretti). In precedenza era già stato inviato ai capi degli uffici un questionario e sono state fatte delle audizioni.

Sulla base di questi dati si lavorerà nelle prossime settimane ad un atto di indirizzo che fornisca indicazioni ai dirigenti sulle migliori misure organizzative da adottare.

Altri esempi dell’attitudine dimostrata da questo CSM verso l’apertura e il dialogo si rinvengono nel maggiore coinvolgimento dell’Avvocatura nel procedimento tabellare e nell’attività del governo autonomo, essendo stata prevista la partecipazione degli avvocati componenti il CG anche nella commissione flussi, importante organo consultivo sulle principali soluzioni organizzative. Si tratta di norme che vedono la luce dopo la stipula di un protocollo di collaborazione siglato tra il CSM e il Consiglio Nazionale Forense, che è stato sentito nella fase di elaborazione della nuova circolare.

Ancora, non si può fare a meno di citare l’impegno profuso nell’attività internazionale, sancito anche dalla costituzione di una nuova commissione consiliare – la nona – alla quale è affidato in via esclusiva il compito di coordinare tutte le iniziative di partecipazione ad organismi internazionali e a rapporti bilaterali con ordinamenti che spesso muovono i primi passi nella cultura dell’autogoverno e guardano al nostro sistema come un modello verso il quale tendere per rendere effettiva l’indipendenza della magistratura dal potere esecutivo.

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Quindi, attenzione ai fenomeni, capacità di ascolto, contatto con gli uffici, apertura al confronto con altre autorità, con altri soggetti che costituiscono parte integrante della giurisdizione, con enti sovranazionali.

Meno convincente appare l’azione del Consiglio laddove sembra allontanarsi da questi canoni di apertura e trasparenza.

Le pratiche relative alle selezioni per merito comparativo, sia che si tratti del conferimento di incarichi direttivi e semidirettivi, sia che si tratti delle nomine negli uffici di legittimità, continuano ad essere viste dai colleghi come esempio di una gestione affidata a modalità e criteri difficilmente comprensibili.

Il dibattito su questi aspetti va depurato dalle scorie polemiche che costituiscono spesso il naturale portato di una partecipazione infruttuosa ad un bando di concorso. E anche dalla enfatizzazione strumentale di questo malcontento.

Nel complesso, il panorama delle nomine effettuate risponde ad uno standard di qualità elevato, ma come per le questioni organizzative di cui si è detto, anche in questi casi la qualità dell’amministrazione non può esaurirsi nel suo esito finale, ma deve essere il frutto di percorsi decisionali trasparenti e di criteri valutativi uniformi.

Su questo si deve ancora lavorare.

Le novità introdotte dal nuovo regolamento del CSM con la maggiore pubblicità dei lavori in commissione, l’imminente avvio del portale con la possibilità di controllare lo stato delle procedure, daranno un contributo importante alla trasparenza, ma è soprattutto sulla coerenza dei percorsi valutativi che si continuerà a giocare la credibilità del Consiglio, che spesso è messa in discussione nel suo insieme anche se le disfunzioni lamentate riguardano aspetti che – per quanto importanti – assumono una rilevanza percentualmente trascurabile.

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Mi avvio a concludere con brevi cenni su due materie delle quali mi occupo personalmente e, cioè, la giustizia disciplinare e la magistratura onoraria.

Un anno fa, nel diffondersi mediatico di formule cariche di suggestione, come quella della “questione morale”, mi dicevo sicuro della insussistenza di un dilagante malaffare interno alla magistratura e nulla di quanto accaduto in seguito mi induce fortunatamente a mutare avviso. Non c’è il paventato cedimento etico, la magistratura resta nel complesso saldamente ancorata ai valori della costituzione e ad un profilo deontologico adeguato al prestigio della funzione e alla rilevanza degli interessi di cui si occupa. Non ci sarebbe bisogno di ribadirlo proprio qui, in un distretto che presenta la minore percentuale di magistrati sottoposti a procedimento disciplinare in rapporto all’organico.

Resta, comunque, gravoso l’impegno per la sezione disciplinare, che per la prima volta nella sua storia ha visto oltrepassata la soglia dei duecento procedimenti definiti. Dall’inizio della consiliatura, in sensibile incremento rispetto al quadriennio precedente, sono state pronunciate 381 sentenze (precedente consiliatura: 337), di cui 122 con affermazione di responsabilità (precedente consiliatura: 113) e 118 con assoluzione nel merito (precedente consiliatura: 96), mentre il residuo è stato definito con dichiarazioni di improcedibilità per diverse cause.

Io non credo che si possa valutare la qualità della risposta giurisdizionale dal numero delle condanne.

A prescindere da tale dato, penso che anche su questo versante sia stato mantenuto l’impegno di rifuggire da semplificazioni e facili automatismi, ci siamo sforzati di andare al cuore delle questioni anche con impegnative istruttorie dibattimentali e di vedere sempre calata la condotta nel contesto lavorativo e personale nel quale si è verificata.

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Per quanto attiene alla magistratura onoraria, va premesso che chiunque ha lavorato negli uffici, soprattutto nei piccoli uffici, non ha bisogno di tabelle statistiche per sapere quale sia il contributo che questa dà al funzionamento della giustizia.

Un contributo che non può essere solo valutato in termini di definizione degli affari, ma anche, soprattutto per i giudici di pace, con rispetto e alta considerazione per quella funzione di giudice di prossimità che l’evoluzione del sistema sembra avere progressivamente accantonato, più per necessità economica che per scelta di valore.

E’ significativo a questo proposito che molte comunità locali, anche in questo distretto, hanno deciso di sobbarcarsene i costi, in un momento certamente non facile per le finanze locali, pur di mantenere aperti questi presidi di legalità, laddove la riforma della geografia giudiziaria li aveva in precedenza soppressi.

Il Consiglio, oltre amministrare tutte le pratiche dei giudici onorari, segue con attenzione l’evoluzione normativa iniziata con la legge delega dello scorso anno per la riforma organica della magistratura onoraria. Ha su questo testo espresso un parere largamente favorevole, condividendone i punti fondamentali, e sarà chiamato a breve a valutare il principale decreto legislativo, la cui presentazione appare imminente.

Il legislatore delegato sarà chiamato ad attuare una soluzione equilibrata che nel definire i nuovi confini della funzione onoraria nei termini precisamente delineati dalla legge delega, mantenga la giusta attenzione per un’intera generazione che ha dedicato decenni a questa funzione, maturando aspettative esistenziali che meritano rispetto e costruendo un patrimonio di professionalità che non va disperso.

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Spendo qui il sincero auspicio che questo equilibrio trovi la giusta consacrazione nel testo definitivo.

Guardando al domani, l’obiettivo più ambizioso è quello di vedere licenziata l’attesa circolare sulle Procure, anch’essa vicina ad essere discussa, dopo un lavoro estremamente approfondito portato avanti da un apposito gruppo di studio.

Sappiamo tutti che il quadro normativo primario pone dei limiti, ma sappiamo anche del desiderio che hanno i colleghi di non vedere del tutto sottratto il funzionamento degli uffici requirenti ai principi fondamentali della cultura tabellare. L’obiettivo è, quindi, quello di riuscire a fornire risposte utili, pur muovendosi il Consiglio su uno stretto crinale.

Concludo, sig. Presidente.

Il Consiglio ha ormai oltrepassato la metà del suo percorso.

Nei lunghi mesi che avevano portato alle elezioni ci era stato richiesto, innanzi tutto, di accorciare la distanza tra il Consiglio e la realtà del quotidiano esercizio della giurisdizione. Di non chiuderci in una realtà artefatta e lontana dalla concretezza dei problemi con i quali tutti si misurano negli uffici, talvolta in condizioni difficilissime. Di tenere conto di tutto ciò nella valutazione delle performance di rendimento, ma anche nel giudizio disciplinare.

Credo di poter dire oggi che questa missione sia stata compiuta ed è un risultato certamente altrettanto importante dei dati statistici richiamati in premessa.

Occorre lavorare ancora nel solco fin qui tracciato, perché i colleghi se lo aspettano e lo meritano.

A tutti i magistrati del distretto di Ancona giunga, quindi, il saluto del Consiglio Superiore della Magistratura e l’incoraggiamento ad affrontare questo

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nuovo anno giudiziario con impegno e con quello slancio ideale che, in mezzo a mille difficoltà, nobilita il nostro lavoro agli occhi dei cittadini.

A tutti gli operatori del diritto presenti e rappresentati in questa Assemblea, buon lavoro.

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CORTE D’APPELLO DI BARI

INTERVENTO DEL CONSIGLIERE ERCOLE APRILE

Signor Presidente della Corte, Signor Procuratore generale, Signori Presidenti degli Ordini degli Avvocati del distretto, Signori Rappresentanti delle Istituzioni religiose, civili e militari, Signori Avvocati e Magistrati tutti, Signore e Signori presenti, a nome del Consiglio Superiore della Magistratura porgo a Voi il più cordiale saluto.

Il mio compito istituzionale è oggi quello di rappresentanza, ma vorrei che fosse anche inteso come compito di testimonianza, di attestazione della persistenza di un ruolo di rilevanza costituzionale – quello del Consiglio Superiore della Magistratura – che sarebbe vuoto se si esaurisse nelle, pur difficili, attività che si sviluppano in un palazzo a Roma, in piazza Indipendenza, e non si concretizzasse nel continuo rapporto con la realtà viva di questi uffici, nei quali viene amministrata la giustizia e quotidianamente “prende corpo” quella funzione che gli antichi greci ritenevano dovesse essere ispirata all’attuazione delle più elevate virtù universali.

E, tuttavia, la macchina giudiziaria è fatta di uomini, di relazioni, di difficoltà, talvolta di incomprensioni, spesso di ostacoli: è con questa dura realtà che dobbiamo confrontarci e dobbiamo fare i conti, considerando le conseguenze che le inefficienze ed i ritardi di un sistema provocano sulla vita delle persone, le ferite che causano sulla “carne viva” dei cittadini.

Vedete, in tutti questi anni, prima come giudice del merito e di legittimità, poi come componente di questo organo di rilevanza costituzionale, mi sono chiesto più volte – talvolta risvegliandomi da un sopore, che è un sopore prima di tutto dell’anima – quali fossero gli effetti delle mie decisioni sulla vita delle persone coinvolte nelle vicende di cui mi stavo occupando. Ed è questo il quesito che, senza cadere in pericolose forme demagogiche, dovrebbero porsi i protagonisti di ogni processo, liberandosi, se è possibile, dalla “maschera” imposta da una rigida celebrazione rituale.

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E ciò, badate bene, è tanto più necessario oggi, in una società che soffre una crisi profonda, che continua a vivere forse la sua più difficile condizione sociale ed economica dal dopo guerra: una realtà nella quale il ruolo del giudice è tanto più importante in quanto lo stesso è chiamato a fornire una risposta alle esigenze dei cittadini, anche quando l’ordinamento contempla vuoti normativi; a garantire la tutela di diritti fondamentali della persona – quali, ad esempio, il diritto alla salute o quello alla genitorialità – anche con riferimento a risvolti della vita dei singoli in passato sconosciuti ovvero trascurati, ed oggi imposti all’attenzione di tutti dai cambiamenti e dalle innovazioni tecnologiche; ancora, di un giudice chiamato a risolvere conflitti di interessi che attengono a rapporti individuali, nei quali però è agevole riconoscere le più profonde contraddizioni che caratterizzano una intera società; ad assicurare un presidio di legalità contro varie forme di malaffare, con importanti interventi – così come è avvenuto nei circondari di questo distretto – che finiscono non solamente per ripristinare le formali norme di legge in concreto violate, ma che inevitabilmente devono favorire un processo di recupero dei valori fondanti il corretto funzionamento di una società civile.

Per assolvere a tale compito c’è bisogno di una magistratura sì equilibrata e laboriosa, preparata ed autorevole, riservata e responsabile, ma soprattutto di una magistratura che conservi la sua indipendenza e la sua autonomia: fatta di uomini che devono sapere che i loro eventuali errori non saranno scusati, ma che, senza alcuna forma di indebito condizionamento, possano continuare ad assolvere alla loro funzione senza il timore di ritorsioni, senza la paura di subire le conseguenze di indebite iniziative di coloro che, per censo o altri vantaggi sociali, possono influire sulle decisioni di chi istituzionalmente è chiamato al difficile compito di ripartire ragioni e torti. Giudici che, come recitava un felice brocardo, devono esercitare la loro attività ‘sine spe ac metu’, senza la speranza di vantaggi ma anche senza il timore di inaccettabili forme di pressione.

La tutela di questi valori di indipendenza e di autonomia della magistratura la nostra Carta fondamentale assegna all’organo di rilevanza costituzionale che oggi

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qui rappresento. Consiglio Superiore del quale fanno parte non solo magistrati, quasi che si trattasse di un ente corporativo, ma che i Padri costituenti vollero essere composto anche da rappresentanti dell’avvocatura e dell’accademia nominati dal Parlamento, in maniera tale – come venne efficacemente sottolineato durante i lavori della Costituente – da "far sentire un soffio esterno all'ordine giudiziario".

Consiglio presieduto dal Capo dello Stato.

In occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario in ciascun distretto, la legge vuole che il Rappresentante del Consiglio Superiore della Magistratura fornisca un contributo di conoscenza su quelli che sono stati i risultati dell’attività svolta da tale organo.

Delle molteplici iniziative assunte dal Consiglio nel suo secondo anno di consiliatura mi sia permesso sinteticamente richiamare l’azione posta in essere in quattro ambiti.

In primo luogo questo Consiglio ha continuato a svolgere un ruolo di protagonista accanto alle altre figure istituzionali, per poter fornire un contributo essenziale nella definizione dei grandi temi della politica giudiziaria del nostro Paese. Ciò nella convinzione che gli interventi del Consiglio non debbano esaurire la loro forza esclusivamente nelle materie attinenti ai profili organizzativi ed allo status dei magistrati, ma possano concorrere a rafforzare la legittimazione dell’operato dell’intera magistratura, oltre a favorire le condizioni per un efficace esercizio della giurisdizione, capace di dare concreta attuazione ai principi fondanti della nostra Carta Costituzionale.

In questa ottica, e in un più generale contesto di riforme che caratterizza l’attuale vita politica del nostro Paese, il Consiglio ha già espresso la propria opinione motivata su attività preparatoria a quella legislativa: come è avvenuto per il parere sui risultati del lavoro delle due commissioni ministeriali (Scotti e Vietti) di riforma dell’ordinamento giudiziaria; per il parere sulla riforma della magistratura onoraria, ambito questo nel quale il CSM ha contribuito a delineare la disciplina di fondo del sistema per i prossimi anni; ed ancora – invero con la manifestazione di forti preoccupazione e note di critica – per il parere sul progetto

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di modifica della giustizia minorile che, prevedendo l’abolizione dei tribunali per i minorenni ed il trasferimento delle relative competenze ai tribunali civili, corre il rischio di disperdere il ricco patrimonio di una forma di giurisdizione che ha funzionato e così di ridurre ovvero di indebolire il sistema di protezione dell’infanzia (settore questo che proprio in questo distretto ha visto attivo protagonista la magistratura).

E’ significativo, poi, quanto è accaduto nella materia della gestione dei flussi migratori (che pure ha toccato e continuata ad interessare significativamente questa terra): settore nel quale è evidente come le ragioni della sicurezza debbano essere conciliate con la tutela dei diritti di soggetti vulnerabili, nel quale dapprima il legislatore ha recepito le sollecitazioni formulate dal Consiglio per l’introduzione di norme che permettano l’applicazione straordinaria extradistrettuale di magistrati in favore degli uffici interessati da eccezionali fenomeni di ondate migratorie; e nel quale poi il Consiglio ha avviato una analisi dei flussi dei procedimenti pendenti dinanzi alle corti di appello in materia di impugnazione delle decisioni sul riconoscimento o sulla revoca dello status di rifugiato (art. 35 d.lgv. n. 25/08), in maniera tale da formalizzare nuove direttive organizzative per gli uffici oggi gravati da inaspettati carichi di lavoro.

Nell’ambito di tale attività di leale collaborazione con le altre figure istituzionali dello Stato e con i rappresentanti della categoria forense, il Consiglio ed i magistrati tutti non devono mai rifiutare il dialogo – anche per scongiurare il rischio di apparire, agli occhi della opinione pubblica, come una istituzione

‘arroccata’ a protezione di logiche corporative – purché tale confronto sia autenticamente finalizzato a restituire piena credibilità alla giurisdizione, ad eliminare ingiustificati privilegi e possibili ‘sacche’ di inefficienza.

Seguendo una seconda linea di tendenza, allo scopo di affermare un’innovativa cultura organizzativa dell’amministrazione della giustizia, il Consiglio:

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- sta per adottare una delibera per l’individuazione dei meccanismi per la definizione degli standard di rendimento cui è tenuto il magistrato, standard necessari poi per valutarne il profilo professionale attraverso il parametro della laboriosità;

- ha contribuito al risultato (atteso da molti anni) di ridefinire con il Ministero gli organici della magistratura, rimodulati per fare fronte alle mutate esigenze degli uffici di primo grado e alla nuova geografia giudiziaria, riscrittura che, a breve riguarderà anche gli uffici di secondo grado, con un incremento globale delle piante di almeno 45-50 unità.

- ha elaborato un manuale delle buone pratiche, censendo la corposa documentazione proveniente dagli uffici periferici;

- ha avviato una importante opera di riscrittura della normativa secondaria sulla organizzazione degli uffici di Procura, prima approvando una delibera contenente le linee guida in materia di intercettazione di comunicazione e conversazione (valorizzando le esperienze maturate da singoli imputanti Procure italiane), poi accingendosi ad adottare una nuova circolare sulle Procure, che ridisegni i rapporti tra Procure Generali e Procure della Repubblica e, all’interno degli uffici, i rapporti tra Procuratore e sostituti, ed il ruolo dei Procuratori aggiunti.

Proprio questa settimana Il Consiglio ha approvato la nuova circolare sulle tabelle di organizzazione degli uffici giudicanti per il trienni dal 2017 al 2019, contenente numerose novità, tra le quali mi piace segnalare quella relativa al ruolo – oggi più arricchito e pregnante – assegnato ai rappresentanti istituzionali dell’Avvocatura nelle procedure di definizione e di modifica di quelle tabelle, oltre che nell’analisi del flusso degli affari. Ciò nella convinzione nell’ineliminabile compito di cooperazione che va riconosciuto all’Avvocatura nella elaborazione e nell’attuazione delle migliori soluzioni organizzative nell’interesse esclusivo della giurisdizione.

Né vanno sottaciute le continue sollecitazioni del Consiglio dirette a sopperire alle annose carenze negli organici del personale amministrativo, impulsi che hanno

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già trovato alcune prime confortanti risposte positive da parte dell’attuale Ministro della Giustizia. Tanto nella certezza che ogni sforzo della Magistratura sarebbe del tutto vanificato in mancanza di un adeguato rafforzamento del numero dei cancellieri e dei segretari, come pure hanno avuto modo significativamente di denunciare tutti i capi degli uffici, anche di questo distretto.

Una terza linea di tendenza riguarda l’ammodernamento dei processi amministrativi di autogoverno della magistratura.

Nel mese di settembre dello scorso anno è stato approvato il nuovo Regolamento interno del CSM con la finalità di garantire maggiore efficienza, collegialità e trasparenza dei procedimenti del Consiglio. Si tratta di un atto normativo che non ha un valore autoreferenziale, non solamente per la collocazione ad esso riconosciuta nel sistema delle fonti del nostro ordinamento, ma soprattutto per il tenore di disposizioni che, come evidenziato dal Vicepresidente, “incidono sul ruolo aperto del Consiglio, pluralista e proiettato sulle relazioni con tutti i soggetti dell’ordinamento e non già solo con il Ministero e l’ordine giudiziario”.

Da ultimo, è opportuno evidenziare come questo Consiglio, per adempiere ai suoi doveri istituzionali in maniera adeguata, efficace e soprattutto ‘credibile’ agli occhi dei cittadini – anche per contrastare fenomeni circoscritti, ma purtroppo perniciosi, di comportamenti deontologicamente discutibili di taluni magistrati – si sia sforzato di garantire risposte tempestive ed agevolmente intellegibili in settori strategici dell’autogoverno, quali quelli della valutazione della progressione in carriera dei magistrati, della nomina dei direttivi e semidirettivi, del disciplinare, delle incompatibilità ambientale o funzionale. A tal fine pure dotandosi, in una ottica di ‘autoriforma’, di nuovi moduli normativi, con l’approvazione e l’applicazione del nuovo testo unico della dirigenza e di una nuova circolare sugli incarichi.

E, però – come ho già accennato nella parte iniziale di questo mio intervento che, signor Presidente, mi avvio a concludere – l’esercizio di tali delicate funzioni

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non devono far dimenticare come esse rimangono espressione di un’attività

‘strumentale’, al servizio dell’attività principale, che è quella di chi amministra la giustizia nelle aule di questi palazzi.

Ed ai tanti protagonisti di questa realtà, a coloro che, tra le mille difficoltà – spesso prodotte più da un decadimento di valori etici, che non dalla mera mancanza di risorse – nel silenzio dei loro studi rendono un faticoso quanto indispensabile servigio alla collettività, cercando di dare concretezza alla naturale vocazione della coscienza umana per la giustizia, che il Consiglio Superiore deve rivolgere la sua costante attenzione e la sua deferente gratitudine.

Auguri di buon lavoro a Lei, Sig. Presidente, a tutti i Magistrati, a tutti gli Avvocati ed a tutto il personale amministrativo del distretto della Corte di Appello di Bari.

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CORTE D’APPELLO DI BOLOGNA

INTERVENTO DEL CONSIGLIERE PIERGIORGIO MOROSINI

1.Desidero a nome del CSM portare i saluti al presidente della Corte di appello di Bologna, al procuratore Generale, alla magistratura del distretto, a tutti i funzionari che con essa collaborano, alla avvocatura, a tutte autorità civili e religiose, a tutti i cittadini del distretto di Bologna.

Desidero anche esprimere un deferente omaggio al Presidente della Repubblica a cui va la nostra gratitudine per la costante attenzione verso i problemi che affliggono la giustizia italiana.

Nelle società occidentali, orfane dei fondamentali riferimenti ideologici e religiosi, deprivate della forza aggregante della tradizione, la giurisdizione da tanti viene percepita come una delle poche autorità, in certi casi l’unica, cui affidare la risoluzione di contrasti e di problemi. Accade non solo in Italia. In effetti da oltre quaranta anni, la magistratura è fisiologicamente chiamata ad intervenire in settori nuovi, non necessariamente disciplinati da norme specifiche (ad es. sui temi eticamente sensibili); a risolvere conflitti sociali di particolare complessità; ad incidere su situazioni incancrenite dall’inerzia di altri poteri. Basta scorrere i repertori giudiziari anche del distretto di Bologna, per comprendere il mutamento della natura delle domande di giustizia. I magistrati ormai si occupano di grandi flussi migratori, di tutela del risparmio, di corretta gestione di imprese sottratte a gruppi criminali e dei relativi livelli occupazionali, di equa distribuzione delle risorse pubbliche.

Insomma, funzioni essenziali, scelte ad alto contenuto politico, demandate sempre più di frequente a procure e tribunali; mentre tradizionalmente di competenza di altre istituzioni, sulla carta in grado di garantirne preventivamente la conformità alla legge. Scelte che espongono la magistratura; sovente rimproverata di protagonismo, di condizionare la discrezionalità politica e le scelte economiche.

Scelte che, al netto delle strumentalizzazioni, impongono ai magistrati un “salto di

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qualità” non solo sul piano della specializzazione, della cultura e dell’etica ma anche su quello delle “alleanze istituzionali” necessarie per rendere affidabile il servizio che rendiamo. Il tutto con l’obiettivo di ridurre il pericoloso attuale divario tra “attese di giustizia dei cittadini” e “qualità della risposta giudiziaria”. Un qualcosa di cui ogni attore istituzionale dotato di senso di responsabilità deve farsi carico, in quanto potenziale agente corrosivo delle basi democratiche del paese.

2.Delle “attese di giustizia” e delle potenziali delusioni di tanti cittadini, noi magistrati per primi dobbiamo essere pienamente consapevoli e rispondere con la massima attenzione anche nei gesti quotidiani più normali e ripetitivi (l’attenzione ai testi, il rapporto con gli avvocati e con il personale di cancelleria, il modo di organizzare il nostro lavoro, di comunicare la nostra attività); dobbiamo coltivare la capacità di “ascoltare” ogni interlocutore prima di assumere le nostre decisioni. E nessuno può girarsi dall’altra parte, o “gettare la spugna”, rassegnandosi ad una gestione burocratica del ruolo giudiziario, nonostante oggi sia diventato davvero difficile amministrare giustizia in maniera efficace e dignitosa. In effetti, non c’è riunione organizzativa negli uffici che non incominci con l’elenco degli impiegati amministrativi che lasciano il servizio e che con difficoltà saranno rimpiazzati; e che non prosegua con l’individuazione di carenze di fondi per riqualificazione del personale o per il lavoro straordinario; e che non si concluda con la ricerca di soluzioni che, con le scarse risorse disponibili, permettano di fronteggiare numeri insopportabili che rischiano di snaturare la funzione del giudice e del pubblico ministero.

In questa prospettiva, il CSM intende concretamente valorizzare le prassi virtuose, con strumenti di catalogazione e conoscenza a disposizione di tutti gli attori del sistema. Abbiamo istituito un portale internet (che sarà operativo dal prossimo 15 febbraio) in cui è prevista una area relativa alla organizzazione degli uffici. E una recente delibera ha raccolto in un “Manuale” le “Buone Prassi”, evidenziando le migliori indicazioni sulla programmazione del processo, nelle varie sfaccettature della pianificazione della gestione dei carichi di lavoro e dello

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smaltimento dell’arretrato, nonchè dell’adozione di formule per garantire la ragionevole durata del processo.

Resta in campo il tema della carenza di risorse. Il Ministero della Giustizia, negli ultimi anni, ha mostrato sensibilità, nonostante le note difficoltà economico- finanziarie. Salutiamo con favore le nuove assunzioni di personale ausiliario (dopo tanti anni di “blocco”), così come le misure sulla “mobilità” dei funzionari delle province. Inoltre, da oltre due anni lavora intensamente un “comitato paritetico” tra CSM e Ministero della Giustizia, con l’obiettivo di una più razionale allocazione delle risorse disponibili sul territorio nazionale. Quel “dialogo” ha favorito il lavoro di revisione delle piante organiche degli uffici di primo grado, che il Ministero ha concluso, previo parere emesso dal Consiglio Superiore, nell’ultimo scorcio del 2016. Questa novità ha portato al distretto della Emilia-Romagna un potenziamento per gli uffici giudicanti pari a 23 unità ed un proporzionato aumento per gli uffici requirenti, pari a 6 unità.

Nella medesima prospettiva, il CSM, negli ultimi mesi, ha cercato di intervenire tempestivamente sulle scoperture; ha deliberato applicazioni extradistrettuali di cui l’ultima, di qualche giorno fa, ha beneficiato la Corte di Appello di Bologna; e proprio nel mese di gennaio ha disposto l’invio negli uffici della Emilia Romagna di ventidue di magistrati di prima nomina, cercando così di rafforzare e dare continuità ad uffici di un territorio che, come segnalato dal Consiglio Giudiziario di Bologna, registra l’elevato aumento della popolazione durante il periodo estivo, soprattutto sulle zone rivierasche, con conseguente aumento del contenzioso.

Peraltro, di questi tempi, il carico degli affari sconta anche in Emilia Romagna l’impatto degli intensi flussi migratori, con un incremento esponenziale dei procedimenti legati all’ingresso dei migranti, molti dei quali richiedenti protezione internazionale, insieme con la presenza di minori non accompagnati. Occorre sperimentare formule organizzative ad hoc. Ad esempio l’ufficio del processo, previsto dalle circolari del Consiglio, che consiste nel costituire unità composite in ausilio a sezioni di tribunale con magistrati onorari, tirocinanti e personale di cancelleria. Ma appare urgente una ridefinizione legislativa delle relative procedure

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in termini di semplificazione e accelerazione, altrimenti le difficoltà ora riscontrabili negli uffici di primo grado, tra qualche mese assorbiranno molte risorse nelle Corti di appello.

3. Da parte del CSM, la vicinanza a questo distretto è connessa anche all’impatto giudiziario dei fenomeni di criminalità organizzata presenti in Emilia Romagna. Non intendo fare dell’allarmismo in una terra di grande tradizione civica e democratica, a cui –lo dico con orgoglio- appartengo. Ma non possiamo trascurare alcuni dati che giungono dalla Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo. Nel Rapporto Annuale per il 2015 si parla espressamente di “immissione nel circuito legale di danaro di provenienza illecita”, di “radicamento nel territorio di rappresentanti di gruppi criminali in giacca e cravatta e dotati di competenze professionali e manageriali”, di forme di “sostegno di una parte della stampa locale”. In altri termini, si evidenzia la presenza di reti criminali che collegano luoghi elevati e luoghi infimi della società, contaminando gangli dell’economia, della società e delle istituzioni e quindi del sistema democratico. La protezione della libertà di iniziativa economica, dei diritti di molte persone nei luoghi di lavoro, dell’integrità e della trasparenza delle pubbliche amministrazioni, spetta in primo luogo alla azione preventiva delle istituzioni locali e del mondo della cooperazione.

Solo in parte si è realizzata con gli osservatori della legalità pur meritoriamente presenti in alcune province della regione.

Ma, poi, anche l’azione repressiva deve fare la sua parte. Dunque, è importante la specializzazione della magistratura requirente e della polizia giudiziaria sulle forme di insinuazione dell’organizzazioni mafiose nelle pubbliche amministrazioni e nel circuito economico-finanziario. Ma la bontà complessiva della risposta repressiva la si misura nei processi, per questo il potenziamento degli organici della giudicante in questo distretto ha oggi un significato particolare. Ci vogliono giudici per il controllo sulle regolarità delle indagini e per le misure cautelari, per applicare misure di prevenzione che aggrediscono patrimoni illeciti, nonché per celebrare i dibattimenti con tutte le garanzie e in tempi ragionevoli. Proprio in questa prospettiva, vorrei ricordare l’impegno, in termini di professionalità e

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organizzazione, messo in campo dalla magistratura nel processo denominato Aemilia, relativo a oltre duecento imputati con una miriade di capi di imputazione per reati gravissimi quali associazione di stampo mafioso, concorso esterno, estorsione, truffa aggravata, intestazione fittizia di beni, corruzione e altro. Credo che i tempi in cui si stanno svolgendo gli accertamenti processuali rappresentino un segnale di grande civiltà. Basti pensare al fatto che risale al 28 gennaio 2015 l’ordinanza del Giudice delle indagini preliminari che applicava misure cautelari personali e reali ad oltre 100 indagati e che già nel settembre del 2015 veniva formulata la richiesta di rinvio a giudizio per circa 240 imputati. Che nell’aprile del 2016 si concludevano il rito abbreviato nei confronti di 71 imputati (peraltro con 58 condanne) e il patteggiamento per 19 imputati; e che il rinvio a giudizio di 147 imputati ha dato vita ad un dibattimento iniziato nel marzo del 2016 davanti al Tribunale di Reggio Emilia, tutt’ora in corso, dove si sono già tenute oltre 60 udienze con l’audizione di circa 170 testi. Sono dati importanti sotto il profilo della serietà e della efficienza della magistratura del distretto. E vorrei evidenziare, la riservatezza e la sobrietà dimostrate dai pubblici ministeri, in sintonia con quanto auspicato proprio ieri nella cerimonia di apertura dell’anno giudiziario presso la Corte Suprema di Cassazione.

Ma consentitemi una considerazione generale sul tema della riservatezza delle indagini. Non riguarda solo le responsabilità penali, disciplinari e professionali del magistrato. Oggi andrebbe visto anche da un altro angolo prospettico. Nell’agosto scorso in un decreto legislativo in materia di funzioni di polizia e assorbimento del Corpo forestale dello Stato si è introdotta una norma che obbliga i poliziotti a riferire alla scala gerarchica le indagini segrete. Intercettazioni non ancora valutate dal pubblico ministero possono finire sul tavolo di strutture direttamente dipendenti dal potere esecutivo. Non è in discussione la fiducia verso organi di polizia (che fanno tanto per il nostro paese), ma di potenziale erosione delle norme del codice che attribuiscono al pm il ruolo di dominus delle indagini. Quella novità del codice del 1988 fu alla base di un controllo di legalità esercitato a tutto tondo, a partire dagli anni novanta. Al di là dei possibili profili di incostituzionalità della nuova

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norma, è confortante che le stesse forze di polizia abbiano annunciato di adottare una sorta di self restraint per proteggere la piena cooperazione con la magistratura.

4.Oggi, il primo obiettivo da coltivare in ogni decisione del CSM credo debba essere: la non dispersione delle professionalità e dell’impegno di tante persone che operano nella giurisdizione. Perché il servizio giustizia dipende moltissimo dal

“sentire” di fare cose “utili” .

A) Sul versante delle valutazioni della professionalità, il nostro sistema, nonostante i carichi schiaccianti, non può preoccuparsi solo di "contare" ciò che produciamo ma deve sforzarsi di "pesarlo" per migliorarne la qualità. Sulle fonti di conoscenza occorre fare dei passi avanti, anche con riguardo alle tracce dei percorsi di specializzazione utili per le nomine dei direttivi e dei semidirettivi e agli elementi di valutazione per le procedure di conferma degli stessi.

B) Sulla organizzazione degli uffici, il plenum di mercoledì scorso ha approvato all'unanimità la circolare sulla tabelle per il triennio 2017-2019. Tra le novità, in un'ottica di semplificazione e di trasparenza, si è voluta assicurare una ampia partecipazione dell'avvocatura nel procedimento di formazione dei progetti tabellari, al fine di promuovere una comune cultura della giurisdizione sui temi dell'organizzazione.

C) Il CSM vuole essere vicino alla magistratura onoraria. Il contributo di essa è indispensabile a varie latitudini sia per il settore civile sia per quello penale.

Occorre una politica strutturata per valorizzarne il contributo. E alcuni nodi vanno affrontati a diversi livelli istituzionali. Il Consiglio, in più delibere, promuove l’organizzazione in modo razionale dell’impegno dei magistrati onorari di tribunale e procure nel c.d. “ufficio del processo”. Prevede una loro collocazione non più abbandonata a logiche individualistiche dei singoli togati, bensì ad un inserimento tabellare a livello di sezione o di gruppo di lavoro o di settore, sotto la diretta responsabilità del presidente di sezione o coordinatore di gruppo/settore. Sempre il Consiglio è impegnato a garantire una formazione permanente e risposte adeguate sul piano disciplinare.

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Ora si attendono gli sbocchi della legge delega n.57 del 2016, i cui principi cardine e la cui struttura appaiono condivisibili, come affermato in una specifica risoluzione del CSM della primavera del 2016. Con l’auspicio che i decreti delegati prevedano norme transitorie rispettose della dignità professionale e umana di una generazione di magistrati onorari in servizio più volte prorogati in passato.

5. L’incisività della azione giudiziaria dipende anche dalla qualità degli interventi legislativi. La legge n.195 del 1958 istitutiva del Consiglio Superiore prevede tra le attribuzioni di quest’ultimo all’art.10 la possibilità di fornire pareri sulle riforme in materia di amministrazione della giustizia e ordinamento giudiziario.

Da componente del CSM, nel rivendicare la piena autonomia dalla politica, penso non si debba mai rinunciare a un dialogo franco ed equilibrato con parlamento e governo; e sono consapevole del compito non facile del legislatore, perché non mi sfugge che nelle attuali società pluralistiche e multiculturali, con un quadro politico spesso frammentario, è difficile identificare “valori condivisi” su cui costruire un impianto globale, nuovi codici coerenti e aggiornati. Ma di riforme organiche c’è grande bisogno sia nel settore civile che in quello penale. Su questo versante il Consiglio, in questi ultimi due anni, ha formulato pareri e proposte su disegni di legge e decreti legge, sempre con spirito di collaborazione istituzionale.

Sul versante della giustizia civile, il CSM ha apprezzato l’idea di

“sperimentare” mezzi alternativi al processo in funzione deflattiva, quali ad es. la

“negoziazione assistita obbligatoria”, purchè non se ne abusi. In tempi di crisi economica e di disegualianze sociali, i “lodi privati” possono penalizzare i soggetti deboli delle controversie e la giurisdizione rischia di essere inghiottita da logiche di mercato.

Sulla Giustizia penale, registriamo segnali positivi, anche dal punto di vista culturale e di sistema. Penso alle misure contro il sovraffollamento carcerario. Sia sulle sanzioni che sulle misure cautelari si è cercato di uscire dalla logica “carcero- centrica”, dopo anni di pacchetti sicurezza che si muovevano in direzione “ostinata e contraria”.

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Il Consiglio Superiore ha formulato uno specifico parere sul disegno di legge n.2067, attualmente al Senato, avente ad oggetto la riforma del processo penale e dell’ordinamento penitenziario. Quella proposta di riforma va apprezzata, innanzitutto, per il metodo attraverso il quale è stata elaborata, con una discussione di due anni dentro e fuori le aule parlamentari che ha coinvolto avvocatura e magistratura. Paiono opportune le misure utili per decongestionare il carico degli affari penali, quali le condotte riparatorie che estinguono il reato e i vari dispositivi che “scremano” e “semplificano” le impugnazioni in appello e in cassazione. Ma queste misure rischiano di essere vanificate se non si adotta una soluzione chiara sulla prescrizione, peraltro richiesta anche dall’Europa per una efficace lotta alla corruzione. Il Consiglio Superiore ha elaborato una proposta di “sistema” che esclude, per tutti i reati, la possibilità di loro estinzione per decorso del tempo, dopo la condanna di primo grado. D’altronde con quella pronuncia lo Stato dimostra tempestivamente e concretamente l’interesse a punire. E ciò eviterebbe appelli pretestuosi o richieste dilatorie finalizzate alla prescrizione, oggi forieri di enorme spreco di risorse giudiziarie.

La riforma in esame si segnala per nettezza delle scelte e organicità sull’ordinamento penitenziario. Si aggiorna l’impianto del 1975, con l’idea che il carcere non sia solo “neutralizzazione” e non possa ridursi, come spesso accade, a

“pattumiera” della emarginazione sociale. Si promuovono i diritti dei detenuti (lavoro, istruzione, religione, relazioni affettive); si implementano forme di giustizia riparativa con attenzione verso le vittime dei reati; si insiste sulla finalità rieducativa della pena; e si rilancia il ruolo del magistrato di sorveglianza. Con i giusti investimenti, quelle novità sarebbero un grande passo avanti in termini di civiltà. Meriterebbero in Parlamento una corsia preferenziale per l’immediata approvazione.

Desta, viceversa, preoccupazione il progetto di riforma della giustizia minorile votato alla Camera. In nome dell’abbattimento dei costi, accorpa l’attuale sistema ai tribunali e alle procure ordinarie, quelle per gli adulti. C’è il rischio di disperdere quel patrimonio di specializzazione richiesto dagli standard europei. Le strutture “generaliste”, come le procure per adulti, sono esposte alle emergenze di

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turno (sicurezza urbana, crimine organizzato, immigrazione). Non garantiscono l’esclusività delle funzioni minorili dei singoli magistrati. Ossia quella risorsa, dei tribunali e delle procure ad hoc, che riescono a cooperare con i Comuni per i servizi sociali; con le Ausl sulla neuropsichiatria infantile; con le Scuole; con le prefetture per gli stranieri “non accompagnati” in età preadolescenziale. Per questo il CSM ha formulato una proposta. E’ tempo di scelte coraggiose. Va promossa l’idea del tribunale autonomo per le relazioni familiari e lo status personale; accompagnato da una procura speculare. Le nuove strutture dovrebbero sommare competenze del civile e del penale, oggi coperte dai tribunali per i minorenni e dalle “sezioni famiglia” dei tribunali ordinari. Insomma, un unico tribunale per tutti i momenti di

“incontro” tra giustizia e minori.

6. Proprio le ragioni alla base dell’ intervento sulla giustizia minorile votato lo scorso marzo alla Camera accreditano plasticamente una certa grammatica della giustizia, oggi in voga e molto concentrata su espressioni come “controllo dei costi”, “indicatori di rendimento”, “smaltimento flussi”, che sovente si uniscono alla prudenze attorno a concetti quali “legalità sostenibile” o “giudice bocca della legge”. Visioni aziendalistiche della giustizia e modello di giudice conformista,

“tutto statistiche” e “combinato disposto”, intellettualmente disimpegnato e sostanzialmente “senza una anima”, finirebbero per penalizzare il senso della giurisdizione. Chi ha a cuore la difesa dei diritti fondamentali e la democrazia, sa bene che al giudice non si chiede solo tecnica giuridica e cognizioni specialistiche, ma forte senso della realtà che si traduce nella capacità di lavorare in equipe, nella determinazione costante, nel coraggio, nell’equilibrio. In ciò sta la grandezza e l’insostituibilità del nostro lavoro in una società esigente e complessa. E questo è il contributo che la magistratura deve offrire e può offrire alle speranze di giustizia che nutrono anche le donne e gli uomini di buona volontà di questa splendida terra.

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CORTE D’APPELLO DI BRESCIA

INTERVENTO PARZIALE DEL CONSIGLIERE ANTONIO LEONE

Signor Presidente della Corte di Appello,

Signor Procuratore generale, Eccellenza rev.ma,

Signor Presidente del Consiglio dell‟Ordine degli Avvocati, Autorità tutte,

Signore e signori Avvocati e Magistrati.

Innanzitutto, desidero esprimere, a titolo personale ed a nome del Consiglio tutto, un deferente omaggio al Presidente Mattarella: ampia è la gratitudine per la costante attenzione con cui segue l‟attività consiliare e per il prezioso interesse che costantemente presta ai problemi della Giustizia italiana.

Rivolgo, altresì, il mio pensiero e saluto a tutti i magistrati, agli avvocati e al personale amministrativo, che pur fra tantissime difficoltà, operano in questo così importante distretto in modo probo, rigoroso e intransigente nella consapevolezza del rilievo nevralgico che la giustizia ha per il buon svolgersi della convivenza civile.

Ho ascoltato con grande interesse la relazione del Presidente della Corte, Castelli, dalla quale emerge con chiarezza il quadro dello stato della giustizia nel Paese e più specificamente nel vostro distretto, dei problemi e delle questioni che ancora attendono soluzione e dei traguardi raggiunti.

Debbo dire che ne ho apprezzato finanche l’impostazione, direi, contro corrente rispetto a quelle che hanno sempre inteso limitarsi alle lamentazioni…giuste, per carità, ma certamente ripetitive e rituali. Il Presidente ha così evitato il rischio di perdere un po’ il senso profondo di questo evento che è anche la sede per ricordare, a tutti gli operatori, il senso di appartenenza alla schiera

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di coloro che operano per la giustizia, i successi ottenuti sia qualitativamente che quantitativamente, gli obiettivi raggiunti e qualche piccolo sollievo giunto grazie anche al Consiglio che oggi rappresento!!

È il rafforzamento di questo comune sentire, che deve riempire di contenuto la cerimonia dell’inaugurazione dell’anno giudiziario.

In questo spirito ed in questa prospettiva non può mancare un po’ di autocritica, perché delle disfunzioni della giustizia non possiamo accusare soltanto gli altri, in primis il legislatore e la politica, che le loro responsabilità ce le hanno di sicuro, (mi riferisco anche a me stesso che in politica ci sono stato fino a poco tempo fa) ma tutti noi: siamo un po’ co-responsabili, avvocati, magistrati, amministrativi, organi di autogoverno, sì organi di autogoverno!

Lo dico con la massima umiltà, ma credo che sia una premessa indispensabile per cercare di migliorare le cose e ripristinare la fiducia dei cittadini, attraverso un servizio più tempestivo ed efficace nonché la credibilità dell’Amministrazione della giustizia i cui problemi sono ben noti e non ho certo bisogno di ricordarveli.

L‟inaugurazione dell’anno giudiziario è sicuramente un momento importante per l’amministrazione della Giustizia: un’occasione di riflessione e di proposte.

In questo contesto la partecipazione del rappresentante del Csm ha il significato – doveroso - di partecipare agli operatori della giustizia e della cittadinanza tutta l’operato dell’organo di autogoverno.

Non occorre in quest’occasione così prestigiosa ricordare che il Costituente ha previsto per la magistratura un sistema di autogoverno incentrato sul CSM proprio al fine di garantire, tutelare e promuovere l’autonomia e l’indipendenza della magistratura e, quindi, l’indipendente ed imparziale esercizio delle funzioni giudiziarie da parte dei singoli magistrati, quale garanzia fondamentale dei diritti e delle libertà dei cittadini ed in particolare quale garanzia del “diritto

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allo stato di diritto”, che si traduce nel principio dell’uguaglianza di tutti davanti alla legge e dell’uguaglianza della legge per tutti.

E’ in questo senso che il C.S.M. ha più volte affermato che l’indipendenza è un diritto dei cittadini e non un privilegio dei magistrati; ed è a garanzia di questo diritto dei cittadini che la Costituzione ha posto il Consiglio superiore della magistratura.

Questa cerimonia, dunque, deve rappresentare un momento di riflessione e di confronto, di bilanci e di visioni prospettiche: in questo senso, va evitato il rischio che essa sia vissuta e si palesi come una vuota liturgia, priva di contenuto.

Noi operatori di giustizia non possiamo permettere che ciò accada, specie in tempi tanto difficili in cui vi è il pericolo che il tessuto connettivo del Paese si possa sfilacciare a causa di una congiuntura economica non felice, non disgiunta da un possibile smarrimento culturale.

In questi tempi di crisi, dunque, come pure è stato scritto, occorre tener ben orientata la bussola verso i valori repubblicani. La Costituzione continua a indicare la direzione per l’interprete: e ciò è ancor più vero nell’epoca della post-modernità, che si disvela per l’interagire di plurimi formanti.

Va detto che ormai il diritto non trova più la sua fonte esclusiva nel conio legale.

La progressiva potenza della attualità non è più arginabile entro i rigidi confini riduzionistici del legalismo formalistico calato dall’alto.

Il diritto, dunque, non viene più ottriato da un legislatore dall’alto verso il basso, ma, invece, si forma in senso contrario, affiorando dal basso verso l’alto, e ciò anche per colpa dei legislatori che hanno perso la capacità di guardare lontano:

prevedere le esigenze dei cittadini.

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Infatti , non vi è più nessuna area di interesse che sia rimasta immune dalle decisioni dei giudici: di qui il crescente e naturaliter rilievo politico, sociale ed economico assunto dal comparto giudiziario.

La trama fitta ed intrecciata dei formanti normativi, l’emergere di nuovi diritti, la sete di una sempre più efficace tutela giurisdizionale degli stessi attribuisce al potere giurisdizionale, latamente inteso, un ruolo non più periferico nell’assetto istituzionale: non foss’altro perché è l’unico dei tre poteri dello Stato che il cittadino può direttamente attivare e dal quale può legittimamente attendersi una risposta alla propria istanza di giustizia.

Infatti, una moderna declinazione del principio di legalità, nel senso di soggezione al diritto di ogni forma di potere statuale, ivi compreso il potere legislativo, si coniuga con un rafforzamento del principio di giurisdizionalità per cui ogni passo mosso nel senso della limitazione e soggezione al diritto dei pubblici e privati poteri non può che presupporre un allargamento della giurisdizione, nelle sue varie articolazioni.

In questo quadro, così complesso ed articolato, il magistrato è chiamato a bilanciare i contrapposti beni di origine costituzionale, sovranazionale ed euro unitaria, (finchè durerà), in una graduatoria crescente di valori, al cui culmine rimane la tutela della dignità umana che costituisce la vera pietra angolare dell’ordinamento costituzionale, quale punto di sintesi dei valori fondamentali del nostro ordinamento, del quale la Repubblica non può mai tollerare od imporne il sacrificio.

Per questo va ribadita la necessità che la magistratura nel suo insieme ed i singoli magistrati serbino la propria terzietà costituzionale, quale potere neutro, impermeabile ad ogni impropria vicinanza a centri di interesse politico, economico o, peggio, a poteri occulti.

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Significativa, in tal senso, la delibera del 4 maggio 2016, con cui il CSM ha dettato linee guida in materia di equa distribuzione delle deleghe nelle esecuzioni immobiliari, al fine di assicurare la massima trasparenza ed efficienza nella gestione di siffatti procedimenti e nel conferimento di incarichi professionali all’interno di essi.

Ad un crescente ruolo della magistratura nel formarsi del dibattito pubblico e quale innegabile parte del ceto dirigente del Paese corrisponde un maggiore onere di trasparenza e limpidezza comportamentale, un’algida distanza da condotte che possono ingenerare sfiducia nei cittadini o impropria confusione di ruoli, come può accadere quando un magistrato sia chiamato a svolgere incarico di tipo politico amministrativo (e il pensiero va alla delibera consiliare del 21 ottobre 2015 sul rapporto tra politica e giurisdizione).

All’aumento di responsabilità che incombe sul giudice, deve altresì conseguire una consapevolezza aggiuntiva sugli effetti delle sue decisioni, sul caso concreto e sul sistema.

Dunque, rafforzamento delle coscienze e delle sensibilità, aspetto che il Presidente della Repubblica, il 28 aprile u.s. così descriveva: "I provvedimenti adottati dalla magistratura incidono, oltre che sulle persone, sulla realtà sociale e spesso intervengono in situazioni complesse e a volte drammatiche, in cui la decisione giudiziaria è l'ultima opportunità, a volte dopo inadempienze o negligenze di altre autorità. Per questo l'intervento della magistratura non è mai privo di conseguenze. La valutazione delle conseguenze del proprio agire non può essere certo intesa in alcun modo come un freno o un limite all'azione giudiziaria rispetto alla complessità delle circostanze".

Occorre un novello impegno nella difesa dei valori costituzionali dell’autonomia e indipendenza, che oggi si difendono sia tutelando i magistrati da campagne di ingiusta delegittimazione, sia adottando risoluzioni e delibere consiliari consapevoli e adeguate alle pubbliche necessità, e non dal sapore

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corporativo o, peggio ancora, insaporite da esigenze di gruppo quasi da….. vincolo di mandato post elettorale!

Insomma non è più tempo di chiusure corporative, in cui dissimulare incapacità professionali o inefficienze nella dirigenza o semidirigenza, che si ridondano a danno di colleghi e utenza.

Per questa ragione la Consiliatura in corso è profondamente attenta alla realtà effettiva degli uffici e cerca di intervenire in modo coerente e compatto, in modo sinergico, convinta che il miglioramento del servizio giustizia sia un obiettivo che può essere perseguito di pari passo con la tutela dei valori fondanti della giurisdizione e con le esigenze reali della magistratura di oggi.

Il Consiglio Superiore della Magistratura è chiamato in causa a pieno titolo, e non da oggi, per conseguire l’irrinunciabile obiettivo di concorrere alla effettiva attuazione del principio di ragionevole durata dei processi, potendo incidere, su diversi fronti e con differenti strumenti, sul fattore tempo nella definizione dei giudizi avanti la magistratura ordinaria.

Decisive sono le individuazioni da operare in sede di scelta della dirigenza, di controllo di professionalità, organizzazione degli uffici, mobilità orizzontale, incompatibilità e incarichi extragiudiziari.

Considerato il rilievo del momento ermeneutico nell'inveramento dell'ordinamento giuridico, è di palmare evidenza, poi, l'importanza della funzione nomofilattica assegnata alla Corte di Cassazione; la tutela delle condizioni per un corretto esercizio di questa prerogativa fondamentale, rimane uno degli obiettivi cruciali del legislatore, ma anche del CSM, nell'ambito delle sue prerogative.

Quanto ai carichi di lavoro, poi, il CSM sta verificando la possibilità di individuazione dei valori medi nazionali di produttività per i singoli settori e le diverse specializzazioni, al fine di realizzare il disposto dell’art. 11, comma 2, del

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