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LINEE GUIDA SULL APPLICAZIONE DELLA DIRETTIVA DAC 6 AI GESTORI DI PRIVATE CAPITAL

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Academic year: 2022

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LINEE GUIDASULL’APPLICAZIONE DELLADIRETTIVA DAC6 AIGESTORI DI PRIVATECAPITAL

Elaborate con il supporto di Giusy Antonelli (Giovannelli e Associati), Gianni Bitetti (Bernoni Grant Thornton), Angelo Bonissoni (CBA), Fabio Brunelli (Di Tanno Associati), Emidio Cacciapuoti (McDermott Will & Emery), Sara Flisi (Bernoni Grant Thornton), Marco Graziani (Legance), Toni Marciante (Freshfields Bruckhaus Deringer), Davide Massiglia (McDermott Will & Emery), Luca Pangrazzi (Fieldfisher), Matteo Poletti (Fieldfisher), Eugenio Romita (Giovannelli e Associati), Francesca Sipala (Legance), Stefano Tellarini (Maisto e Associati), Sabrina Tronci (Di Tanno Associati), Marco Valdonio (Maisto e Associati), Raffaele Villa (CBA), Luca Vitale (CBA)

I. Introduzione

Come noto, la direttiva 2018/822/UE (“DAC 6” o “Direttiva”), entrata in vigore il 25 giugno 2018, è stata elaborata dal Consiglio per consentire nuove iniziative nel settore della trasparenza fiscale a livello dell’Unione, attraverso la modifica della direttiva 2011/16/UE relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale, che disciplina lo scambio automatico d’informazioni tra gli Stati membri. La Direttiva si pone in linea con l’Action 12 del piano d’azione dell’OCSE Base Erosion and Profit Shifting (BEPS).

La Direttiva mira a fornire un nuovo strumento agli Stati membri per proteggere le basi imponibili nazionali dall’erosione dovuta alla crescente evoluzione e sofisticazione delle strutture di pianificazione fiscale aggressiva, elaborate attraverso meccanismi che si sviluppano sovente tra varie giurisdizioni e trasferiscono gli utili imponibili verso regimi tributari favorevoli o che hanno in generale come effetto quello di ridurre le imposte esigibili nei confronti dei contribuenti.

La Direttiva persegue dunque lo scopo di consentire alle autorità fiscali degli Stati membri di ottenere informazioni complete e pertinenti riguardo a meccanismi fiscali potenzialmente aggressivi, al fine di reagire prontamente alle pratiche fiscali dannose e di colmare le lacune mediante l’introduzione di nuove disposizioni legislative o lo svolgimento di adeguate valutazioni di rischio e audit fiscali.

Gli obblighi di comunicazione si rivolgono in primo luogo agli intermediari che offrono assistenza o consulenza ai contribuenti nella pianificazione fiscale e, al ricorrere di certe condizioni, ai contribuenti stessi, con un intento fortemente deterrente.

Tenendo conto della continua evoluzione e della crescente complessità dei meccanismi di pianificazione fiscale aggressiva, i meccanismi oggetto di comunicazione sono individuati non attraverso descrizioni puntuali, ma attraverso “elementi distintivi” (o “hallmark”) che presentano una forte indicazione di elusione e abuso fiscale. Tra questi, è stato introdotto un elemento distintivo specifico (di categoria “D”) per far fronte ai meccanismi di elusione del Common Reporting Standard “CRS” e alle strutture offshore opache al ricorrere del quale il “meccanismo transfrontaliero” deve essere sempre oggetto di segnalazione (a prescindere da valutazioni, ad esempio, in merito ad una “riduzione di imposta”).

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Nell’ordinamento è stata data attuazione alla Direttiva DAC 6 con il decreto legislativo del 30 luglio 2020, n. 100 (“D.Lgs. n. 100/2020”), cui ha fatto seguito il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 17 novembre 2020 (“Decreto MEF”). La fissazione delle modalità tecniche per la comunicazione delle informazioni sui meccanismi transfrontalieri da parte di intermediari e contribuenti è disciplinata dal Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate prot. n. 364425 del 26 novembre 2020.

Il 15 gennaio si è chiusa la consultazione pubblica sulla bozza di circolare dell’Agenzia delle Entrate con cui sono stati forniti primi chiarimenti in merito all’applicazione delle nuove disposizioni, ai quali l’Associazione ha fornito un proprio contributo. Pochi giorni fa, l’Agenzia delle Entrate ha pubblicato la versione definitiva della circolare (la Circolare n. 2 del 10 febbraio 2021 – di seguito la “Circolare”). La Circolare, pur contenendo alcune precisazioni utili, non tratta specificatamente dell’applicazione della disciplina di cui alla DAC 6 alle società di gestione del risparmio e ai fondi comuni d’investimento italiani; tuttavia, non si esclude che l’Agenzia delle Entrate possa emettere nelle prossime settimane dei nuovi documenti di prassi che diano delle indicazioni più specifiche al riguardo. Nella Circolare si legge, infatti, che “la presente circolare tiene conto dei contributi pervenuti in termini di proposte di modifiche e integrazioni a seguito della pubblica consultazione avviata in data 28 dicembre 2020 e conclusasi in data 15 gennaio 2021. Dai predetti contributi sono stati enucleati i principi indispensabili per elaborare la presente circolare, recante i primi chiarimenti in merito alla interpretazione delle disposizioni rilevanti. Con successivi documenti di prassi saranno forniti chiarimenti a quesiti specifici contenuti nei predetti contributi”.

Giova ricordare, in premessa alle presenti Linee Guida, che la mancata reazione dell’Amministrazione finanziaria a fronte della comunicazione del meccanismo transfrontaliero da parte dell’intermediario o del contribuente non comporta l’accettazione della validità o del trattamento fiscale dello stesso (articolo 5, comma 3 del Decreto Legislativo). Coerentemente, la comunicazione di un meccanismo rilevante da parte di un intermediario o contribuente non costituisce di per sé ammissione di condotta elusiva o evasiva (come indicato nella Circolare).

Con le presenti Linee Guida l’Associazione intende fornire indicazioni generali agli associati con riferimento all’applicazione della DAC 6 (i) alle società di gestione del risparmio (SGR) con riferimento all’attività di istituzione, promozione e gestione di fondi comuni d’investimento di diritto italiano (OICR) e (ii) in generale, a talune situazioni operative riscontrabili dagli operatori del settore.

Si rappresenta inoltre che i contenuti di cui alle presenti Linee Guida, con particolare riferimento al ruolo delle SGR rispetto agli OICR gestiti, risultano applicabili, mutatis mutandis, anche con riferimento alle SICAF etero-gestite (che si qualificano come OICR con gestore esterno) e alle SICAF endo-gestite (ovverosia OICR che, invece, devono assolvere in autonomia agli obblighi di verifica/comunicazione ai fini DAC 6).

Le Linee Guida sono redatte tenendo conto dell’operatività concreta delle SGR, prescindendo dalla circostanza che, essendo destinatarie degli obblighi in materia di CRS, le stesse siano indicate (unitamente agli OICR) nell’elenco esemplificativo di intermediari potenzialmente soggetti alla disciplina DAC 6 contenuto nella relazione illustrativa allo schema di D.Lgs. n.

100/2020.

Le presenti Linee Guida sono diffuse tenendo conto della vicinanza della scadenza del termine di comunicazione del 28 febbraio p.v. (si veda infra), facendo seguito ai commenti inviati sulla bozza nell’ambito della consultazione pubblica e alle indicazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate con la Circolare.

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Le presenti Linee Guida non hanno la pretesa di essere esaustive e contengono indicazioni fondate su una ragionevole lettura delle norme, all’attuale stato del contesto interpretativo ufficiale. Peraltro, non è possibile escludere interpretazioni difformi da parte dell’Agenzia delle Entrate e si suggerisce comunque agli operatori di esaminare la propria situazione specifica secondo un’analisi case-by-case, con il supporto dei propri consulenti. Le Linee Guida si propongono comunque di costituire un benchmark di mercato per i gestori di Private Capital, da utilizzare anche nelle interlocuzioni dell’Associazione con l’Agenzia delle Entrate.

L’Associazione provvederà ad aggiornare gli operatori sugli eventuali sviluppi interpretativi di interesse.

II. Indicazioni preliminari

Il 30 gennaio 2021 è stato il primo termine per la comunicazione delle informazioni rilevanti concernenti i meccanismi soggetti all’obbligo di notifica attuati tra il 1° luglio 2020 e il 31 dicembre 2020. Il 28 febbraio 2021 è invece il termine dell’obbligo di comunicazione una tantum concernente i meccanismi transfrontalieri riportabili la cui prima fase è stata attuata tra il 25 giugno 2018 e il 30 giugno 2020. Con comunicato stampa del 29 gennaio 2021 e con la Circolare, l’Agenzia delle Entrate – tenendo conto dei numerosi contributi pervenuti in occasione della pubblica consultazione e delle innumerevoli incertezze interpretative ancora sussistenti – ha stabilito la non applicazione delle sanzioni previste dall’articolo 12 del D.Lgs. n. 100/2020, qualora le comunicazioni dovute entro il 30 gennaio 2021, non effettuate entro il predetto termine, saranno inviate entro il 28 febbraio 2021.

A tal proposito, si ricorda che la data di avvio dell’attuazione del “meccanismo transfrontaliero”

consiste nel “momento in cui il contribuente compie il primo atto avente effetti giuridici o la prima transazione finanziaria ai fini dell’attuazione del meccanismo” (articolo 2, comma 1, lettera b) del Decreto MEF). Inoltre, l’Agenzia delle Entrate nella Circolare ha chiarito che

“[l]’esplicito riferimento operato dalla disposizione in commento alla “prima fase” consente di escludere dall’ambito della comunicazione in commento i meccanismi transfrontalieri che alla data del 25 giugno 2018 erano già in fase di realizzazione, ancorché essi continuino a produrre effetti rilevanti anche dopo tale data”. Pertanto, ad esempio con riferimento ai rapporti con i sottoscrittori degli OICR (si veda infra) si ritiene che la data di riferimento debba essere individuata nel momento di accettazione dell’investitore da parte della SGR (a seguito di sottoscrizione delle quote/azioni o di acquisto sul mercato secondario), a nulla rilevando le successive vicende di natura finanziaria connesse con il rapporto (es. richiami di capitale, distribuzioni di capitale e/o di proventi), fatti salvi i casi in cui la SGR, successivamente all’apertura del rapporto, ottenga informazioni e/o documentazioni aggiuntive (es. in sede di pagamento dei proventi o di aggiornamento AML) tali da giungere a conclusioni diverse in merito al “meccanismo transfrontaliero” rispetto a quanto inizialmente valutato.

In considerazione delle scadenze citate, si suggerisce anzitutto agli Associati di tenere memoria delle verifiche svolte e dei relativi esiti, anche qualora dovessero giungere alla conclusione dell’assenza di obblighi di comunicazione in capo alle SGR, eventualmente attraverso la redazione di un documento societario interno (ad esempio, un memorandum della funzione compliance indirizzata agli amministratori o ad un’altra funzione), che potrebbe anche

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eventualmente essere portato a conoscenza del CDA della SGR e inserito nell’ordine del giorno della prima riunione utile successiva alle scadenze di gennaio e febbraio.

Sempre in via preliminare, si suggerisce che le SGR si dotino di una procedura interna per la verifica e la comunicazione dei meccanismi transfrontalieri soggetti all’obbligo di notifica ex D.Lgs. n. 100/2020. Nella procedura occorrerebbe:

• descrivere le misure necessarie per individuare, nell’espletamento dell’attività della SGR, i meccanismi transfrontalieri per i quali si impone la comunicazione;

• disciplinare l’adozione di una struttura organizzativa interna idonea a garantire la corretta e tempestiva effettuazione delle verifiche e della comunicazione all’Agenzia delle Entrate delle informazioni sui meccanismi transfrontalieri soggetti all’obbligo di notifica.

La struttura responsabile all’interno della SGR dovrebbe occuparsi altresì dell’istituzione e dell’aggiornamento di un registro telematico in cui siano archiviate le copie delle comunicazioni effettuate dalla SGR e/o da altri “intermediari” e/o “contribuenti” ovvero della documentazione societaria interna in cui si dia conto dell’assenza di obblighi in capo alla SGR, a valle delle verifiche effettuate.

La procedura dovrebbe prevedere il coordinamento delle strutture interne alla SGR ai fini dell’acquisizione da parte della struttura responsabile delle informazioni rilevanti.

La procedura dovrebbe essere costruita per fasi (o step), secondo una check list che muova anzitutto dalla eventuale qualificazione, rispetto a ciascun meccanismo in esame, della SGR come “promoter” o “service provider” e del meccanismo medesimo come “transfrontaliero”, nel senso della normativa (si veda infra). Successivamente, in caso di esito positivo dei due step precedenti, occorrerebbe prevedere la verifica della sussistenza degli elementi distintivi (hallmark) e del risparmio fiscale (qualora rilevante ai fini della comunicazione). Dovrebbe essere quindi previsto lo svolgimento del c.d. main benefit test, laddove richiesto. Nel caso in cui i test precedenti diano esito positivo, occorrerebbe valutare la ricorrenza in capo alla SGR di eventuali casi di esonero ovvero la presenza di eventuali intermediari che potrebbero aver già provveduto alla comunicazione, in assenza dei quali procedere alla comunicazione.

La procedura dovrebbe poi indicare le modalità tecniche della comunicazione, in base alle previsioni del Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate, e della conservazione della documentazione.

È altresì opportuno prevedere un confronto con gli eventuali investitori, consulenti e/o controparti estere per acquisire, dagli stessi, informazioni in merito ad eventuali valutazioni effettuate ai fini degli obblighi DAC 6 con riferimento alla propria struttura d’investimento o a quella dei deal.

III. Indicazioni in merito agli obblighi delle SGR rispetto alla istituzione, promozione e gestione dell’OICR

Con riferimento alla rilevanza dell’OICR (che rientra nell’ambito soggettivo degli obblighi CRS) quale “intermediario” ai fini DAC 6, si ritiene anzitutto che, nel caso dei fondi di investimento, la verifica degli obblighi di comunicazione possa e debba essere ricondotta alla SGR responsabile della istituzione o gestione. Diverso appare il caso delle SICAF endo-gestite o delle SICAV, tenute ad effettuare la verifica di eventuali obblighi di comunicazione in proprio.

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L’istituzione e promozione di un OICR potrebbe in astratto farsi rientrare nell’hallmark indicato alla lettera A.3 dell’Allegato 1 al Decreto Legislativo1, ricorrendo sia documentazione sia

“strutture” standardizzate. Un meccanismo contraddistinto da detto elemento non è tuttavia comunicabile “se finalizzato alla fruizione di un singolo regime fiscale di agevolazione previsto dall’ordinamento dello Stato e al ricorrere delle condizioni previste dalla disposizione di agevolazione”2. In quest’ottica, si è dell’avviso che il regime di esenzione del fondo possa considerarsi un regime fiscale “agevolativo” e rientrare nell’esenzione dagli obblighi di comunicazione, essendo esso riconosciuto solo al ricorrere delle condizioni previste dalla legge (ossia il rispetto dei requisiti regolamentari per la definizione come “fondo” e la vigilanza sul fondo stesso o sul gestore). Non sembra peraltro che il fondo, beneficiando di un regime fiscale di esenzione (previsto anche sui proventi distribuiti a certi investitori esteri) ordinario e strutturale, previsto dalle norme erga omnes, possa di per sé solo configurare – beninteso al di fuori di ipotesi di eventuale strumentalizzazione o utilizzo non fisiologico (cfr. sub V.) – altri elementi distintivi collegati al risparmio di imposta3.

Si è inoltre dell’avviso che l’OICR non rientri nella definizione di impresa associata, di cui all’art. 8, comma 2, lettera a), del Decreto MEF4. L’OICR, infatti, non è una impresa (non avendo peraltro autonoma capacità di agire rispetto alla SGR) ed è gestito dalla SGR in totale autonomia dai partecipanti. Ciò in quanto la nozione di “impresa associata” di cui al D.Lgs. n. 100/2020, ripresa senza ulteriori commenti anche dalla Circolare, prevede che si faccia riferimento a

“soggetti che svolgono attività di impresa”. Come noto, secondo quanto previsto dalla disciplina di carattere regolamentare5, un OICR non può svolgere attività di impresa (come anche previsto dalla normativa fiscale6 e confermato dalla prassi dell’amministrazione finanziaria7). Non si ritiene si possa quindi configurare una relazione associativa (per i medesimi motivi) tra i partecipanti al fondo e le partecipazioni detenute nelle portfolio companies e tra il fondo e le medesime società partecipate.

IV. Indicazioni in merito agli obblighi delle SGR rispetto alle strutture estere che investono nel fondo

La struttura di investimento estera che partecipa all’OICR potrebbe, in ipotesi, costituire un

“meccanismo transnazionale” potenzialmente conoscibile dalla SGR.

1 Un meccanismo che ha una documentazione e/o una struttura sostanzialmente standardizzate ed è a disposizione di più contribuenti pertinenti senza bisogno di personalizzarne in modo sostanziale l’attuazione.

2 Cfr. art. 8, comma 1, del Decreto MEF del 17 novembre 2020.

3 La presenza degli elementi di categoria A, B, C ed E impone l’obbligo di comunicazione solo se sono “suscettibili di determinare una riduzione delle imposte cui si applica la Direttiva 2011/16/UE, dovute da un contribuente in un Paese dell’Unione europea o in altre giurisdizioni estere con le quali è in vigore uno specifico accordo per lo scambio di informazioni” ai fini DAC 6. Cfr. art. 6, comma 1, del Decreto MEF del 17 novembre 2020.

4 Tale definizione prevede che “nel caso in cui più di un soggetto partecipi alla gestione, al controllo, al capitale o agli utili dello stesso soggetto, tutti i soggetti coinvolti sono considerati imprese associate”.

5 Cfr. Provvedimento della Banca d'Italia del 19 gennaio 2015, recante il Regolamento sulla gestione collettiva del risparmio il quale al Titolo I, Capitolo II, sezione II, paragrafo 1, stabilisce che "indipendentemente dalla natura giuridica dell'OICR, il patrimonio dell'OICR non può essere utilizzato per perseguire una strategia di tipo imprenditoriale, sia essa commerciale o industriale ovvero una combinazione delle stesse".

6 Cfr. art. 73, comma, 1, lett. c) del TUIR che annovera gli OICR tra gli enti non commerciali.

7 Cfr. e.g. Risposta n. 98 del 5 aprile 2019 e Risposta n. 469 del 7 novembre 2019.

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Nei casi in cui la SGR è del tutto estranea rispetto all’ideazione, elaborazione, organizzazione e attuazione della struttura d’investimento estera, si ritiene non sorgano in capo alla stessa obblighi di qualificazione come promoter8 del meccanismo estero.

Inoltre, con riferimento a tutti quei servizi ordinariamente forniti dalla SGR alla struttura d’investimento estera che hanno natura routinaria (ad esempio, predisposizione e raccolta dei moduli di sottoscrizione, esecuzione di verifiche KYC, AML, invio degli ordini di pagamento dei proventi, ecc.), ossia “caratterizzati da una discrezionalità minima dell’operatore, da procedure standardizzate e di frequente esecuzione”, si ritiene non sorgano obblighi di comunicazione in capo alla SGR neanche in qualità di service provider, ai sensi dell’articolo 4, comma 3, del Decreto MEF9.

A tal proposito, la Circolare – recependo parte dei contributi inviati – ha altresì espressamente chiarito che tra le “transazioni bancarie e finanziarie di routine”, per le quali l’articolo 4, comma 3 del Decreto MEF prevede una presunzione legale relativa di assenza dello standard di conoscenza, rientra altresì “il mero collocamento di quote di Organismo d’Investimento Collettivo del Risparmio, salvo che non si tratti di strumenti finanziari creati appositamente per una singola categoria di investitori”.

Ciò detto, qualora residuino attività che qualificano la SGR come service provider del meccanismo (ad esempio il collocamento delle quote di un fondo “tailor made”, dedicato a particolari categorie di investitori), escludendo per quanto sopra detto in ogni caso l’hallmark di categoria A.3, sembrerebbe che l’hallmark di rilievo da verificare rispetto alla struttura estera, per quanto rientra nelle conoscenze e competenze ordinarie della SGR, almeno nella generalità dei casi, sia quello di categoria D10. Al riguardo, si ritiene che possa automaticamente escludersi la configurabilità degli hallmark di categoria D in caso di esito positivo delle procedure di adeguata verifica della clientela e di individuazione del titolare effettivo, ordinariamente svolte dalla SGR secondo le disposizioni regolamentari in materia di antiriciclaggio e CRS (quando dunque la SGR è in grado di individuare il titolare effettivo dell’investimento nell’OICR). Va ricordato che la SGR service provider non è tenuta a svolgere

8 Intermediario “promotore” è un soggetto “che elabora, commercializza, organizza o mette a disposizione ai fini dell’attuazione un meccanismo transfrontaliero da comunicare o ne gestisce in autonomia l’intera attuazione”, ai sensi dell’art. 2, comma 1, lettera c) del D.Lgs. n. 100/2020 in combinato con l’art. 1, comma 1, lettera a) del Decreto MEF del 17 novembre 2020.

9 Anche nella sua qualità di sostituto d’imposta, la SGR acquisisce dall’investitore una serie di autocertificazioni relative al proprio status di soggetto esente da ritenuta, rispetto alle quali la normativa fiscale non richiede di svolgere alcuna attività di verifica della veridicità delle attestazioni (ma solo di conformità e regolarità formale).

10 Hallmark D1: Un meccanismo che può avere come effetto di compromettere l’obbligo di comunicazione imposto dalle leggi che attuano la normativa dell’Unione o eventuali accordi equivalenti sullo scambio automatico di informazioni sui conti finanziari, compresi accordi con i paesi terzi, o che trae vantaggio dall’assenza di tale normativa o tali accordi.

Hallmark D2: Un meccanismo che comporta una catena di titolarità legale o effettiva non trasparente, con l’utilizzo di persone, dispositivi giuridici o strutture giuridiche: a) che non svolgono un’attività economica sostanziale supportata da personale, attrezzatura, attività e locali adeguati; e b) che sono costituiti, gestiti, residenti, controllati o stabiliti in una giurisdizione diversa dalla giurisdizione di residenza di uno o più dei titolari effettivi delle attività detenute da tali persone, dispositivi giuridici o strutture giuridiche; e c) in cui i titolari effettivi di tali persone, dispositivi giuridici o strutture giuridiche, quali definiti dal decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, sono resi non identificabili.

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attività di due diligence ulteriori rispetto a quelli ordinariamente previsti dalla normativa regolamentare11.

Qualora invece la SGR riscontri anomalie nello svolgimento delle suddette verifiche, tali da richiedere una segnalazione specifica ai fini CRS/AML, potrebbe altresì configurarsi un onere di comunicazione ai fini DAC 6 sulla base degli hallmark di categoria D12.

Resta inteso che nei casi in cui la SGR partecipi attivamente alla elaborazione, commercializzazione, organizzazione, attuazione e gestione della struttura estera e/o disponga di un set informativo più ampio (ad esempio in relazione ad una struttura offshore di un contribuente/titolare effettivo italiano), l’onere di comunicazione in capo alla stessa potrebbe presentarsi più gravoso, anche con riferimento ad hallmark diversi da quello di categoria D, sempre nei limiti delle informazioni disponibili13.

V. Indicazioni in merito agli obblighi delle SGR rispetto alle operazioni di investimento/disinvestimento e alle operazioni delle società target

Nella maggior parte dei casi le operazioni di investimento/disinvestimento condotte dalle SGR per conto di OICR italiani riguardano partecipazioni in società italiane e non presentano elementi di transnazionalità (la controparte è italiana), quindi non rilevano ai fini degli obblighi DAC 6.

Le operazioni di acquisto o cessione effettuate dalla SGR per conto del fondo, nei casi in cui presentino elementi di transnazionalità (ad es. la partecipazione compravenduta è in una società con sede in una giurisdizione diversa dall’Italia ovvero la controparte, cedente o acquirente, o l’intermediario o i soggetti finanziatori sono esteri ovvero successivamente all’investimento nella target si aggiungono soci non residenti), dovrebbero essere scrutinate ai fini DAC 6 (in quanto la SGR potrebbe rivestire la qualifica di promoter o service provider), al fine di verificare l’eventuale sussistenza di elementi distintivi. Nella generalità dei casi, salvo situazioni specifiche da analizzare caso per caso, le operazioni ordinarie di acquisto/cessione di partecipazioni condotte dall’OICR non dovrebbero configurare meccanismi comunicabili. Le stesse indicazioni si reputano valide (per i medesimi motivi) con riferimento alle operazioni c.d.

di “add-on”. Peraltro, rispetto ad eventuali meccanismi transfrontalieri comunicabili realizzati dalla controparte dell’OICR (a seconda dei casi, cedente o acquirente della partecipazione compravenduta), la SGR non si qualifica generalmente come intermediario (salvo che non ricorra il caso contrario e sia dimostrabile che la SGR abbia effettivamente agito in tale veste in supporto della controparte).

Con riferimento agli obblighi di comunicazione potenzialmente scaturenti in capo alla SGR con riferimento alle operazioni poste in essere dalle società in portafoglio (che abbiano carattere

11 Al riguardo, la relazione illustrativa al decreto ministeriale (secondo quanto riportato nella Circolare) specifica che il fornitore di servizi «non debba adempiere ad ulteriori obblighi di due diligence rispetto a quelli ordinariamente già richiesti dalla legge ad altri fini (es. antiriciclaggio) ovvero già disponibili per altre ragioni (ad esempio, commerciali). Inoltre, non viene richiesto al fornitore di servizi di possedere o esercitare un livello di expertise superiore a quello richiesto per fornire il servizio».

12 Sebbene questa interpretazione sia quella più prudenziale, deve altresì osservarsi che, in tal caso, si determina una duplicazione di obblighi di segnalazione già previsti dalle rispettive discipline AML e CRS e un aggravio di oneri e di adempimenti in capo agli intermediari.

13 Cfr. Art. 6, comma 2, D.Lgs. n. 100/2020 “2. Per gli intermediari, le informazioni di cui al comma 1 sono oggetto di comunicazione solo nella misura in cui gli stessi ne sono a conoscenza, ne sono in possesso o ne hanno il controllo”.

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transnazionale), occorre anzitutto stabilire se la SGR si qualifica come promoter o service provider rispetto all’operazione.

Al riguardo si ritiene di escludere il coinvolgimento della SGR se la conoscenza del meccanismo deriva dalla mera presenza di propri esponenti all’interno del CDA della società target. Le determinazioni dell’esponente della SGR membro del CDA della target sono assunte appunto in tale (ultima) veste e non comportano di per sé la qualifica della SGR quale intermediario promotore o consulente rispetto all’iniziativa assunta. In questi casi, generalmente, l’obbligo di comunicazione (in presenza delle condizioni) ricadrebbe sulla target (quale promotore e/o contribuente) o su altri intermediari che dovessero intervenire nell’operazione. Inoltre, il finanziamento dell’operazione mediante equity injection da parte del fondo non qualifica automaticamente la SGR come promotore (l’attività di investimento non implica un’azione propulsiva del “meccanismo” da parte della SGR) e di per sé non integra alcun hallmark.

Qualora la SGR svolga attività di consulenza (e ad esempio riceva una advisory fee) rispetto all’operazione transnazionale che coinvolge la target, allora in qualità di service provider la SGR dovrà verificare la ricorrenza di un risparmio d’imposta (previsto quale presupposto per gli hallmark di categoria A, B, C ed E) e degli elementi distintivi (nonché svolgere il MBT, ove previsto), sulla base delle informazioni prontamente disponibili ed in base al proprio standard di esperienza e conoscenza.

Peraltro, nei casi in cui la SGR svolga attività di promoter rispetto all’operazione transnazionale della società partecipata dall’OICR, nel senso che elabora (ossia idea), organizza (ossia predispone, coordina e monitora tutte le fasi necessarie alla concreta attuazione) o mette a disposizione ai fini dell’attuazione (ossia definisce in tutti gli elementi costitutivi e comunica alla target) un meccanismo transfrontaliero (che coinvolge la target) o ne gestisce in autonomia l’intera attuazione (qualora il meccanismo sia elaborato da terzi), l’onere di comunicazione in capo alla stessa potrebbe presentarsi più ampio, sempre nei limiti delle informazioni disponibili14. Nei casi in cui la SGR svolga un ruolo rispetto all’operazione transnazionale della partecipata essa dovrà seguire la procedura DAC 6 elaborata internamente, completare la check list e verificare l’eventuale obbligo di comunicazione. Quanto detto prescinde, si ritiene, dalla circostanza che il fondo detenga una partecipazione di maggioranza o minoranza nella target.

Peraltro, si ricorda che laddove venga acquisita l’evidenza dell’avvenuta comunicazione da parte di altro intermediario che abbia comunicato le “medesime informazioni” che avrebbe comunicato la SGR sulla base della propria conoscenza della transazione, la SGR (promoter e/o service provider) sarebbe esonerata dagli obblighi di comunicazione.

Ai fini DAC 6 potrebbero altresì rilevare le anomalie eventualmente riscontrate dalla SGR nello svolgimento delle verifiche AML/CRS sulle controparti, ai fini della configurazione dell’onere di comunicazione sulla base degli hallmark di categoria D (si veda supra).

Giova peraltro ribadire che non sembra che il fondo, beneficiando di un regime fiscale di esenzione (previsto anche sui proventi distribuiti a certi investitori esteri) ordinario e strutturale, previsto dalle norme erga omnes, possa di per sé solo configurare altri elementi distintivi collegati al risparmio di imposta15. Ciò comporta che le eventuali verifiche della SGR rispetto

14 Cfr. Art. 6, comma 2, D.Lgs. n. 100/2020 “2. Per gli intermediari, le informazioni di cui al comma 1 sono oggetto di comunicazione solo nella misura in cui gli stessi ne sono a conoscenza, ne sono in possesso o ne hanno il controllo”.

15 La presenza degli elementi di categoria A, B, C ed E impone l’obbligo di comunicazione solo se sono “suscettibili di determinare una riduzione delle imposte cui si applica la Direttiva 2011/16/UE, dovute da un contribuente in un

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alle strutture estere degli investitori ovvero rispetto ai propri investimenti debbano essere svolte in stretta aderenza al dettato normativo (e agli hallmarks), considerando l’OICR – nella normalità dei casi e al di fuori di ipotesi di strumentalizzazione – come estraneo al meccanismo per i motivi sopra specificati. Dunque, in presenza di una funzione fisiologica di intermediazione del risparmio dovrebbe normalmente altresì escludersi la possibilità di configurare un meccanismo

“top-down” che comprenda investitori, OICR e partecipate.

VI. Frequenti strutture di investimento utilizzate dai fondi esteri UE/SEE per l’acquisizione di società italiane mediante l’utilizzo di holding intermedie UE

Premessa

1. Come noto, la Direttiva (UE) n. 2018/822, recepita in Italia dal D.Lgs. n. 100/2020 (anche

“DAC 6”), ha introdotto un obbligo di comunicazione alle Amministrazioni Finanziarie a carico degli Intermediari (“Promoter” o “Service provider”), ed in via sussidiaria a carico degli stessi contribuenti, di talune operazioni cross border (c.d. “meccanismi transfrontalieri”) che presentano determinati indici di rischio fiscale (c.d. “elementi distintivi” o “hallmarks”); ci si riferisce a schemi di pianificazione fiscale aggressiva che possono comportare una potenziale riduzione d’imposta e la loro finalità principale è l’ottenimento di tale risparmio d’imposta (c.d. “main benefit test” o “MBT”), inclusi anche meccanismi transfrontalieri che possano compromettere l’obbligo di comunicazione previsto dal cosiddetto Common Reporting Standard (“CRS”) o che determinano una catena di titolarità legale o effettiva non trasparente.

2. Tenuto conto dei dubbi sollevati da alcuni operatori di settore con riguardo alla sussistenza degli obblighi di disclosure DAC 6 in presenza dell’utilizzo di comuni (ma non per questo standardizzate) strutture di investimento utilizzate frequentemente dai fondi esteri europei per l’acquisizione di società italiane mediante l’utilizzo di holding lussemburghesi, si condividono alcune riflessioni che possano essere di ausilio a tal fine.

3. In particolare, tali dubbi sono stati sollevati in quanto alcuni consulenti fiscali esteri (soprattutto tedeschi) hanno qualificato le predette strutture d’investimento come rilevanti ai fini del DAC 6, ritenendo integrato l’hallmark A.3 (standardized structures) ed hanno pertanto inviato la comunicazione alla competente Autorità fiscale estera che, ricordiamo, trasmetterà il contenuto delle informazioni ricevute all’Agenzia delle Entrate Italiana entro il 30 aprile 2021 e poi trimestralmente. Nell’ambito di tali comunicazioni sono state citate come rilevanti, ai fini del potenziale risparmio fiscale del meccanismo transfrontaliero, le previsioni italiane riguardanti l’esenzione fiscale dei dividendi e capital gain, in virtù dell’applicazione della Direttiva Madre-Figlia e delle previsioni convenzionali.

4. In questo contesto, l’analisi che segue è limitata – come anticipato – al frequente caso di un fondo alternativo di investimento di diritto estero (i) di tipo chiuso (ii) non conforme alla

Paese dell’Unione europea o in altre giurisdizioni estere con le quali è in vigore uno specifico accordo per lo scambio di informazioni” ai fini DAC6. Cfr. art. 6, comma 1, del Decreto MEF del 17 novembre 2020. L’istituzione e promozione di un OICR non potrebbe in astratto farsi rientrare neanche nell’hallmark indicato alla lettera A.3 dell’Allegato 1 al Decreto Legislativo, in considerazione del fatto che il regime di esenzione del fondo può considerarsi un regime fiscale “agevolativo” e rientrare nell’esenzione dagli obblighi di comunicazione, essendo esso riconosciuto solo al ricorrere delle condizioni previste dalla legge (ossia il rispetto dei requisiti regolamentari per la definizione come “fondo” e la vigilanza sul fondo stesso o sul gestore).

(10)

direttiva 2009/65/CE, (iii) il cui gestore è soggetto a forme di vigilanza nel Paese estero nel quale è istituito ai sensi della direttiva 2011/61/UE, (iv) istituito in uno Stato membro dell’Unione europea o in uno Stato aderente all'Accordo sullo spazio economico europeo che consente un adeguato scambio di informazioni, (v) che acquisisce una Target italiana per il tramite di una holding UE e di una Bidco Italiana, con la finalità tipica degli investimenti di private equity di creazione di valore attraverso un piano strutturato.

5. La presente nota non entra nel merito della sussistenza o meno dei requisiti soggettivi di applicazione della normativa DAC 6 in relazione alla struttura descritta in precedenza, che si assumono integrati (anche se dovranno essere oggetto di valutazione caso per caso)16, ma concerne unicamente la valutazione in tale contesto della ricorrenza dei requisiti oggettivi della transnazionalità, degli hallmarks e del main benefit test.

6. Ai fini della presente nota, potendo ben assumere che la struttura di investimento riguardi un genuino investimento di private equity italiano, ossia l’attività di investimento istituzionale in capitale di rischio di società italiane effettuato con l’obiettivo di stimolarne la crescita e realizzare un capital gain a seguito della dismissione in un periodo predefinito (e.g., medio lungo-termine), si ritiene che con riguardo alla stessa si possa di conseguenza ragionevolmente assumere anche quanto segue:

i. non siano previsti meccanismi che consentano all’intermediario di ricevere una remunerazione parametrata o che sia dovuta al manifestarsi ad un vantaggio fiscale;

ii. non si richieda un ammortamento sul medesimo patrimonio ovvero relief da doppia imposizione sul medesimo reddito/capitale in più di una giurisdizione e che quindi non siano integrabili gli hallmarks C2 e C3;

iii. non sia finalizzata all’acquisizione di una “bara fiscale”, non permetta la conversione del reddito in capitale, doni o altre categorie di reddito e non consista in un’operazione

“circolare” e che quindi non siano integrabili gli hallmarks B1, B2 e B3;

iv. sia compliant con le norme sul CRS e KYC e che quindi non siano integrabili gli hallmarks D1 e D2;

v. non comporti il trasferimento di attivi, di beni immateriali, di funzioni e/o rischi e/o attività e che quindi non siano integrabili gli hallmarks C4, E2 ed E3.

7. Inoltre, si assume, come avviene oramai nella prevalenza dei casi, che detta struttura non abbia richiesto ed ottenuto la possibilità di beneficiare di norme di “porto sicuro”, cosiddetti safe harbour unilaterali (e.g., ruling), e che quindi non sia integrabile l’hallmark E1.

8. Alla luce della struttura descritta e delle predette assunzioni, di seguito saranno condivise riflessioni riguardanti la possibilità che la struttura presenti gli hallmarks A1, A3 e C1.

9. Seguono considerazioni di natura preliminare che tengono conto dell’attuale set normativo (D.Lgs. 30.07.2020 n. 100 e D.M. 17.11.2020) e della Circolare dell’Agenzia delle Entrate.

16 Si rinvia all’analisi sul requisito soggettivo di applicazione della normativa DAC6 sviluppata nella parte seconda delle linee guida.

(11)

Verifica dell’integrazione degli hallmarks A1, A3 e C1

10. Come rilevato in premessa, l’obbligo di disclosure DAC 6 scatta laddove siano soddisfatte determinate condizioni soggettive (non oggetto di approfondimento nella presente nota, in quanto assunte come sussistenti) e oggettive, quest’ultime rinvenienti sostanzialmente nella transnazionalità del meccanismo, nella presenza di almeno un hallmark, e, per alcuni di essi, nella sussistenza di una potenziale riduzione d’imposta che costituisce la finalità principale del meccanismo (c.d. “main benefit test”).

11. Nel caso di specie, trattandosi di un’operazione che riguarda entità italiane (i.e. Bidco e Target), la (o le) holding europea(e) ed il fondo UE/SEE, si ritiene ricorrente il primo requisito della transnazionalità, e pertanto, occorre chiedersi se possa ritenersi altresì ricorrente (e in quale fase specifica lungo la catena di controllo, dalla società italiana agli investitori del fondo estero) almeno uno degli hallmarks riportati in allegato al D.Lgs. n.

100/20 relativamente ai quali non si sia potuto assumere la loro insussistenza (i.e., A1, A3 e C1), per poi valutare l’eventuale soddisfacimento del MBT (ove applicabile).

12. Il primo hallmark (A.1) di cui al detto allegato riguarda: “un meccanismo in cui almeno un partecipante al meccanismo si impegna a rispettare una condizione di riservatezza che può comportare la non comunicazione ad altri intermediari o alle autorità fiscali delle modalità con cui il meccanismo potrebbe garantire un vantaggio fiscale”.

13. L’hallmark è di potenziale interesse in quanto, di regola, le acquisizioni e le strutture funzionali alle stesse sono accompagnate da structure memorandum o tax opinion che contengono generali clausole di riservatezza (già sovente anticipate nelle engagement letter), che però non hanno ad oggetto solo gli aspetti fiscali del meccanismo (e comunque non la

“modalità con cui il meccanismo potrebbe garantire un vantaggio fiscale”), bensì tutte le generiche informazioni sull’operazione (es: riferimenti del buyer e del seller, prezzo di acquisizione della target, importo dei finanziamenti bancari, tassi d’interesse applicati, piano di investimento dei manager, etc.). Occorre pertanto stabilire se tali clausole di riservatezza presenti negli structure memorandum predisposti dagli advisor fiscali e legali o nelle relative lettere di incarico possano o meno integrare tale hallmark.

14. Il D.M. definisce la “condizione di riservatezza” come “una clausola che vincola contrattualmente l’intermediario o il contribuente a non divulgare a terzi uno o più elementi del meccanismo commerciabile o su misura”. La definizione del predetto D.M. sembra pertanto avere portata più ampia rispetto a quella utilizzata nell’hallmark A.1 di cui al D.Lgs.

n. 100/2020 nel quale si pone l’accento sulla “modalità con cui il meccanismo potrebbe garantire un vantaggio fiscale”, aspetto invece non citato nel D.M. 17.11.2020.

(12)

15. A tale riguardo si cita il chiarimento offerto dalla Circolare dell’Agenzia delle Entrate: (i)

“circa il contenuto della clausola di riservatezza, è necessario che la stessa abbia ad oggetto le modalità con cui il meccanismo potrebbe garantire un vantaggio fiscale”17, (ii) “non assumono rilevanza, ai fini dell’integrazione dell’elemento distintivo in esame, le clausole di riservatezza che hanno ad oggetto ambiti diversi da quello fiscale quali, ad esempio, le clausole che hanno l’esclusiva finalità di tutela del segreto industriale, della regolarità delle quotazioni sui mercati regolamentati o della riservatezza dei dati personali e sempre che tali clausole non siano idonee ad impedire la comunicazione delle modalità attraverso la quali un meccanismo potrebbe generare vantaggi fiscali”.

16. Alla luce di quanto sopra, allo stato è ragionevole ritenere che l’hallmark A.1 non dovrebbe trovare applicazione al caso di specie (i.e., clausole di riservatezza generiche), fermo restando la necessità di valutare caso per caso la portata delle clausole di riservatezza contenute negli accordi tra i soggetti coinvolti nel lavoro relativo al meccanismo transfrontaliero (e.g., engagement letters e structure memo/tax opinion dei consulenti coinvolti in tali operazioni).

17. L’hallmark A.3. riguarda «un meccanismo che ha una documentazione e/o una struttura sostanzialmente standardizzate ed è a disposizione di più contribuenti pertinenti senza bisogno di personalizzarne in modo sostanziale l'attuazione».

18. La Circolare dell’Agenzia delle Entrate chiarisce in proposito che “dal tenore letterale di tale previsione emerge – quale elemento caratterizzante il meccanismo standardizzato – quello della sua applicazione generalizzata che ne consente il potenziale utilizzo da parte di una pluralità indeterminata di soggetti, senza la necessità di particolari adattamenti in relazione alla specificità dell’utilizzatore.”. Tale caratterizzazione non sembra però confacente alla struttura di cui trattasi, essendo relativa a fondi d’investimento chiusi, le cui strutture (in tutte le sue articolazioni e meccanismi) sono personalizzate in funzione del singolo investimento o al più del fondo investitore, e non certamente disponibili ad una loro utilizzazione senza necessità di adattamenti da parte di una pluralità indeterminata di soggetti.

17 In proposito l’Agenzia delle Entrate, nella Circolare, ha altresì affermato che, ai fini dell’integrazione dell’elemento identificativo in commento, non è necessario che la stessa sia rivolta contemporaneamente agli altri intermediari ed alle autorità fiscali, essendo sufficiente che la riservatezza sia richiesta nei confronti di una sola categoria di soggetti. Ad esempio, una clausola di riservatezza che preveda la possibilità di comunicare i dettagli del meccanismo all’Amministrazione finanziaria, tenendoli riservati nei confronti di altri intermediari, comporterebbe l’integrazione dell’hallmark, così come una clausola di riservatezza che, al contrario, imponesse l’obbligo di confidenzialità solamente nei confronti dell’Amministrazione finanziaria. Secondo l’Agenzia delle Entrate, esempi di casi in cui si ritiene verificato l’elemento distintivo della confidenzialità sono: - presenza di accordi di non divulgazione degli aspetti fiscali del meccanismo; - evidenze di accordi di altro tipo con gli utilizzatori effettivi o potenziali, relativamente alla riservatezza dei dettagli fiscali del meccanismo; - il divieto esplicito a carico degli utilizzatori attuali o potenziali di conservare il materiale promozionale o altri dettagli circa il funzionamento del meccanismo;

- la presenza di accordi che impongono all’utilizzatore l’obbligo di comunicazione al promotore della corrispondenza riguardante il meccanismo, in particolare quella intercorsa con l’Amministrazione finanziaria; - il divieto di ricorrere ad altre tipologie di consulenze esterne connesse alla attuazione del meccanismo. La Circolare inoltre ha precisato che una clausola di riservatezza a carattere generale che abbia ad oggetto esclusivamente informazioni diverse da quelle comunicabili ai sensi dell’articolo 6 del decreto legislativo non integra l’elemento distintivo in commento.

(13)

19. L’hallmark C.1. riguarda «Un meccanismo che prevede pagamenti transfrontalieri deducibili effettuati tra due o più imprese associate, dove si verifica almeno una delle condizioni seguenti: a) il destinatario non è residente a fini fiscali in alcuna giurisdizione;

b) nonostante il destinatario sia residente a fini fiscali in una giurisdizione, quest'ultima: 1) non impone alcuna imposta sul reddito delle società o impone un'imposta sul reddito delle società il cui tasso è pari o prossimo a zero; oppure 2) è inserita in un elenco di giurisdizioni di paesi terzi che sono state valutate collettivamente dagli Stati membri o nel quadro dell'OCSE come non cooperative; c) il pagamento beneficia di un’esenzione totale dalle imposte nella giurisdizione in cui il destinatario è residente a fini fiscali; d) il pagamento beneficia di un regime fiscale preferenziale nella giurisdizione in cui il destinatario è residente a fini fiscali».

20. In base al tenore letterale della disposizione, è di tutta evidenza che siano esclusi i dividendi, poiché il regime fiscale in Italia non prevede un regime di deducibilità in capo alla società che eroga il pagamento. La disciplina dell’Aiuto alla crescita economica non dovrebbe qualificare in modo differente i dividendi a fini dell’hallmark in parola, tenuto conto che consiste in un meccanismo che riduce il suo appeal in termini di deducibilità del rendimento nozionale all’aumentare delle distribuzioni dei dividendi.

21. Inoltre, tale disposizione non dovrebbe essere applicabile neanche in relazione ad operazioni di finanziamento o di finanza strutturata, dacché gli interessi corrisposti dalla target (i) sono deducibili in Italia con alcune limitazioni secondo le disposizioni dell’articolo 96 del Tuir (di derivazione europea, invero, secondo la Direttiva ATAD) e (ii) sono tassati in Lussemburgo in base ad una aliquota nominale non prossima allo zero, senza pertanto fruire di esenzioni totali o regimi fiscali preferenziali. Con riguardo a questo ultimo aspetto, la circostanza che la holding lussemburghese sia capitalizzata anche attraverso finanziamenti da parte del fondo UE/SEE e, pertanto, corrisponda interessi su tali finanziamenti così da compensare ai fini fiscali lussemburghesi gli interessi ricevuti dalla BidCo dovrebbe essere irrilevante nella misura in cui il margine di interesse sia arm’s lenght. Inoltre, sembrerebbe irrilevante la circostanza che non si applichi la ritenuta in uscita sugli interessi corrisposti alla holding lussemburghese tenuto conto del fatto che l’hallmark in commento è indifferente rispetto alla tassazione del recipient degli interessi nel paese della fonte degli stessi.

Verifica del “main benefit test” collegato agli hallmarks trattati

22. Come citato in premessa, la presenza di un hallmark non è sempre sufficiente per far scattare l’obbligo di comunicazione in oggetto. Per gli hallmarks A, B e C.1 b.1), c) e d) è altresì necessario che sia soddisfatto il MBT ossia quando il vantaggio fiscale è superiore al 50%

della somma del vantaggio fiscale e degli altri vantaggi extra-fiscali, dove il “vantaggio fiscale” è definito come “uno tra i principali vantaggi, avente natura fiscale, che ragionevolmente ci si attende dal meccanismo transfrontaliero, tenuto conto dei fatti e delle circostanze”, mentre il “vantaggio extrafiscale” è definito come “qualunque vantaggio economico quantificabile di natura non fiscale derivante dal meccanismo transfrontaliero”.

(14)

23. In proposito occorre dapprima considerare che l’Agenzia delle Entrate ha affermato che: “la circostanza che il vantaggio extrafiscale debba essere “economicamente quantificabile”

consente in primo luogo di circoscriverne l’ambito a quei benefici connessi agli aspetti economici dell’impresa oggettivamente determinabili. In altri termini, indipendentemente dalle ragioni sottese all’attuazione del meccanismo, che possono essere di varia natura (commerciale, organizzativa, regolamentare), ciò che rileva è l’impatto concreto in termini di riduzione di costi o incremento dei ricavi attesi. Tali vantaggi, peraltro, devono essere oggettivamente determinabili al momento in cui sorge l’obbligo di comunicazione e comprovabili attraverso adeguata documentazione contabile o extracontabile (ad esempio bilanci previsionali, due diligence predisposte in occasione di operazioni straordinarie etc.)”. Nella versione finale della Circolare si è altresì meglio precisato come tale valutazione possa anche avere natura prospettica chiarendo che “Al fine di coordinare e rendere equipollenti i termini di “vantaggio fiscale” e di “vantaggio extrafiscale” si precisa che il vantaggio extrafiscale deve essere quello che, sulla base della documentazione disponibile ragionevolmente ci si attende dal meccanismo transfrontaliero, tenuto conto dei fatti e delle circostanze”.

24. Ebbene, il ricorso da parte dei fondi esteri ad holding intermedie UE è giustificato da svariate ragioni di business, legali, contrattuali, etc. Tuttavia, la misurazione del vantaggio legato alle ragioni extra-fiscali non pare essere sempre di semplice attuazione (“in termini di riduzione di costi o incremento dei ricavi attesi”), soprattutto con riguardo ai vantaggi extra- fiscali non oggettivamente misurabili. In tale contesto, si raccomanda di raccogliere documentazione ed evidenza circa le possibili modalità di quantificazione di tali vantaggi.

25. Quello che però rileva maggiormente ai nostri fini è che secondo l’Agenzia delle Entrate:

“la riduzione d’imposta è da intendersi in termini potenziali, ossia quale vantaggio di natura fiscale che ci si può attendere come logica conseguenza dei fatti e delle circostanze del caso, ponendo a confronto ipoteticamente gli effetti fiscali in presenza del meccanismo, compresi quelli derivanti dall’applicazione di norme agevolative, con gli effetti che si verificherebbero in sua assenza”. Quindi, stando all’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate, bisognerebbe porre a confronto la fiscalità applicabile al caso in cui non fosse presente la holding UE e verificare quale sarebbe stato il trattamento fiscale applicabile al fondo, investitore diretto della società italiana.

26. Seguendo questo approccio e tenendo conto anche della nuova esenzione fiscale applicabile dal 1° gennaio 2021 ai dividendi e ai capital gain da cessione di partecipazioni qualificate derivanti da investimenti diretti di fondi alternativi stabiliti in Paesi UE/SEE gestiti da un gestore soggetto a forme di vigilanza ai sensi dell’AIFMD, si potrebbe argomentare che poiché la struttura di investimento in analisi in assenza della holding lussemburghese (i.e., fondo UE/SEE che investe direttamente nella società italiana) beneficerebbe dal 2021 in avanti dell’esenzione da imposta sui dividendi e sui capital gain da partecipazioni qualificate (e non qualificate in base all’art. 5 del D.Lgs. n. 461/1997) oltreché dell’esenzione da ritenuta sugli interessi corrisposti su finanziamenti a medio-lungo termine alle imprese da parte di investitori istituzionali stabiliti in Paesi white list prevista dall’art. 26, c. 5-bis, del D.P.R. n. 600/1973, allora l’ottenimento in caso di utilizzo di una holding lussemburghese – al ricorrere dei relativi presupposti – delle esenzioni da ritenuta in uscita su dividendi ed interessi in base alle Direttive europee e dell’esenzione da imposizione dei capital gain fase di exit in base al trattato con il Lussemburgo ovvero in base all’art. 5 del d.lgs. n. 461/1997 non dovrebbe rappresentare un vantaggio di natura fiscale in quanto ottenibili anche in assenza della holding lussemburghese.

(15)

27. Quanto precede dovrebbe risultare un’argomentazione utile qualora dovesse essere integrato un hallmark. Infatti, il MBT non dovrebbe ritenersi soddisfatto18. Tuttavia, il risultato dell’analisi compiuta avendo a riferimento la disciplina fiscale italiana applicabile con e senza l’utilizzo di una società holding lussemburghese tra gli investimenti in Italia ed il fondo UE/SEE andrebbe verificato anche con riguardo alla rilevante disciplina fiscale estera.

Conclusioni

28. Alla luce di quanto sopra esposto, e tenuto conto dei chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate nella Circolare, allo stato dovrebbe potersi ritenere che la struttura d’investimento in oggetto non dovrebbe essere rilevante ai fini della disclosure DAC 6, in quanto non dovrebbe risultare integrato nessun degli hallmarks.

29. Anche qualora dovesse essere integrato un hallmark, il MBT non dovrebbe essere comunque soddisfatto dal 2021 in avanti, posto che dal 1.1.2021 i dividendi e capital gain percepiti dai fondi UE/SEE gestiti da un gestore AIFM sono esenti per disposizione interna. Stesso ragionamento può essere esteso anche agli interessi, nel caso in cui la Bidco Italiana sia in parte capitalizzata con equity ed in parte mediante finanziamento soci e siano soddisfatte tutte le condizioni per l’applicazione dell’esimente interna da ritenuta prevista dall’art. 26 co. 5-bis del DPR 600/73.

30. Tali conclusioni sono altresì allineate a quanto affermato dalla LPEA (Luxembourg Private Equity & Venture Capital Association): “Private equity investments are not in the focus of the MDR. While in many cases none of the hallmarks should be fulfilled, it can be anticipated that if a hallmark is fulfilled, it will likely be a hallmark that is subject to the MBT. This sets the bar for reporting quite high. Given that international investments are made for legitimate commercial reasons (generating regular income, maximization of value, etc.) and not for generating tax benefits, the MBT should generally not be met in these cases”19.



L’Associazione provvederà a monitorare eventuali chiarimenti e posizioni interpretative dell’Agenzia delle Entrate sui temi trattati nelle presenti Linee Guida, al fine di fornire gli opportuni aggiornamenti agli Associati.

18 Si rileva che con riguardo alle strutture potenzialmente soggette all’obbligo di comunicazione prima del 1° gennaio 2021 (a partire dal 25 giugno 2018), data di efficacia dell’esenzione su dividendi e capital gain su partecipazioni qualificate derivanti da investimenti diretti di fondi alternativi stabiliti in Paesi UE/SEE il cui gestore sia soggetto a forme di vigilanza ai sensi dell’AIFMD introdotta dall’art. 1, c. 631-633, della L. n. 178/2020, l’argomentazione dell’assenza di un vantaggio fiscale non sarebbe spendibile in punta di diritto non essendo previsti effetti retroattivi da parte della norma menzionata dianzi. Tuttavia, esistono valide argomentazioni giuridiche per sostenere che la irretroattività sia comunque contraria al diritto dell’Unione Europea (i.e., libertà di movimenti di capitali).

19 LPEA (Luxembourg Private Equity & Venture Capital Association), “Luxembourg implements the Mandatory Disclosure Regime (DAC 6): What will be the Impact on Private Equity Investments in Luxembourg?”; by Oliver R. Hoor, Tax Partner and Head of Transfer Pricing & the German Desk with ATOZ Tax Advisers, October 2019.

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