G A Z Z E T T A S E T T I MANA L E
SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI
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-Voi. IX
Domenica 17 marzo 1878
N. 202
IL GOVERMO E GLI SCIOPERI
Il Ministero, forse nell’ intento di mostrare all’ 1- talia che la soppressione dell’ ufficio di Agricoltura Industria e Commercio non importa l’abbandono per parte del Governo dello studio accurato e fecondo delle quistioni economiche, ha creato, come noi an nunciammo in uno dei nostri passati numeri, una Commissione, coll’ incarico di studiare il problema degli scioperi e proporre allo stesso se non una so luzione almeno un correttivo, un rimedio.
Questa Commissione, dopo una prima seduta pre paratoria si è recata a Biella, più tardi muoverà forse alla volta di Como e d’ altri centri industriali, disposta a quanto pare a compiere pazientemente un pellegrinaggio per tutta i’ Italia, pronta a soffermarsi in ogni più piccolo centro manifatturiero, onde as sumere notizie, istituire studii e confronti e mettersi così in grado di soddisfare alle domanda di S. E. il Ministro dell’ Interno.
Ora, noi domandiamo, tutto questo è molto serio e vale realmente la spesa di incomodare persone egregie come sono i Componenti tutti della Commis sione per arrivare ad un risultato prevedibile, im mancabile, per riuscire ad una dichiarazione nega tiva, ad un Consiglio di astensione completa del Go verno nei casi dì sciopero?
Davvero che non ci pare.
Infatti a chi ben li considera gli scioperi, o col lettive cessazioni del lavoro per parte degli operai, possono dividersi naturalmente in due categorie di diversa natura; entrano in una le sospensioni di lavoro spontanee, volontarie e pacifiche e che non sono il risultato di minaccie, non si estrinsecano colla violenza; formano la seconda, quelle interruzioni di lavori determinate da un accordo di pochi e che cercano d’imporsi colla violenza, vuoi a carico del pa drone, vuoi a danno di quelli operai che liberamente non avrebbero aderito allo sciopero.
Ora a questi ultimi provvede esuberantemente la legge penale, infliggendo castighi ai violenti; ai primi non sappiamo in qual modo potrebbe provvedere il Governo, a meno che di una crisi che ha la sua cagione e la sua scusa in uno o in più fenomeni eco nomici, non si voglia affidare lo scioglimento ad un Delegato di Questura, o alla benemerita arma dei Beali Carabinieri.
E che, cagione degli scioperi pacifici specialmente in Italia, siano sempre cause economiche, più o meno saggiamente interpretate ma sempre di natura sif fatta, è facile il convincersi scorrendone la loro storia speciale. Sempre e dovunque sono gli aumenti tem poranei o perenni dei viveri, delle abitazioni, di quei
tributi ai quali 1’ operaio non può in alcun modo sottrarsi e che lo colpiscono nelle sue bevande, nei suoi cibi, nella sua abitazione; è l’ improvviso fio rire d’ una industria affine e più largamente rimu neratrice, che tenta l’ operaio, e che richiamando a sè molte braccia fa rincarire la mano d’ opera in paese ; è 1’ esagerata emigrazione che rendendo più scarsa l’ offerta dei lavoranti tende per una legge ben nota a far salire i prezzi del lavoro, ossia i sa larii, sono infine circostanze affatto indipendenti dal legislatore, e che tutte insieme non possono sottrarsi all’ impero d’ una legge generale, immutabile, la legge dei prezzi, che formano come il fondo ad ogni accordo di sciopero, che figura in ogni reclamo di operai che han sospeso collettivamente il lavoro. *
E in tutto questo, con qual veste e sotto quale pretesto può intervenire il Governo? Ma qui ci par d’ intendere taluni, che innamorati al solito di quel Dio Universale, di quel Briareo dalle cento braccia che per essi è, o dovrebb’ esser lo Stato, non sanno decidersi a vederlo spoglio d’ ogni ingerenza in que sta faccenda, che ci dicono: Non è già che il Go verno debba contrastare all’ individuo, sia esso ope- rajo, o padrone poco importa, il diritto di sospen dere il proprio lavoro, o di niegare il lavoro stesso all’ operajo.
Noi non pretendiamo questo di certo ; nelle re lazioni che passano tra individuo e individuo lo Stato non entra, non può entrare.
Ma quando vi ha accordo, quando vi è coalizione, siccome quest’ accordo, questa coalizione se han luogo tra operai possono rovinare i padroni, se tra i pa droni, gettare sul lastrico gli operai, cosi allora il Governo ha il diritto d’ intervenire, di sedere arbitro della contesa, di rimandare se lo crede al lavoro gli operai che si son posti in ¡sciopero, di far aprire le fabbriche che i padroni han chiuso al seguito d’ un accordo.
Questa strana teoria, fu un tempo è vero ca none amministrativo, e molti uomini politici la mi sero in pratica con la stessa buona fede con la quale i legislatori T aveano tradotta in pochi articoli di Codice, ma ciò non toglie che gli uomini sensati del giorno d’oggi la debbano respingere come falsa ed erronea.
Se ben ricordiamo è la Costituente di Francia che prima punì l’accordo, la coalizione, come un reato. — Era appena soppressa quella vecchia istitu zione delle maestranze, indarno osteggiata poco prima da Turgot, che un illuso, od un furbo M. Chape- lier, comparve alla Tribuna per denunziare una
risurrezione delle Corporazioni, com’esso la chia
L’ ECONOMISTA 17 marzo 1878 i padroni spontaneamente non mostrano di voler
acccordare.
Ed ecco di diesi trattava: Gli operai credendo che ì padroni s’ avvantaggiassero di soverchio del loro lavoro, s’eran raccolti e domandavano che l’ antica tariffa dei salarii fosse modificata, che più larga mente il capitalista rimunerasse la mano d’ opera. — A questa domanda il sig. Chapelier rispondeva con un’ accusa, e la Costituente mal pratica di materie siffatte e probabilmente, senza accorgersi dell’errore in cui cadeva facendo intervenire il potere politico in discussioni d’officina s’affrettò a decretare pene severe contro l’accordo, contro le coalizioni, e da ! quell’ epoca al 1864 in Francia, e lino ad epoche anche più recenti in altri Stali d’Europa, la coali- | zione degli operai fu considerata come un delitto, che giustifica l’intervento dell’ autorità e l’ applica zione di pene agli scioperanti. Eppure quella legisla zione durata tanti anni ili un paese colto e civile come la Francia non avea fondamento di giustizia, nè, riposava sopra alcun principio di diritto naturale.
È incontestabile, ed anche i più entusiasti adoratori dell’ onnipotenza governativa lo ammettono, che un j operaio solo può accettare o respingere il lavoro, al- j zare o diminuire la propria tariffa, lavorare gratuita mente, o chiedere dell’opera propria un salario uguale I a quello d’ un Ministro di Stato, senza che questa ‘ stfa condotta autorizzi fazione diretta, o indiretta d’un agente governativo per indurlo a mutar d’idea, ad accettare le proposte d’ un Capo fabbrica, a ri mettersi al lavoro che spontaneamente ha dismesso.— Ma se questo diritto compete all’individuo, perchè non competerà ai cento, ai mille operai d’ una mede sima arte, perchè mai il Governo avrà di fronte ad essi, e solo perchè son molti, maggiori diritti, che non avrebbe di fronte ad un solo ed isolato lavorante?
E d’ altronde l’accordo, la coalizione che altro sono se non una forma di estrinsecazione di quel principio di libera associazione, che oramai è riconosciuto ed ammesso in tutti i Codici dei paesi retti a libero reggimento? Dieci, cento operai convinti d’esser male pagati nelle loro officine, si legano tra loro, onde il collettivo richiamo abbia forza ed efficacia maggiore; in base a qual principio giudirico questo fatto così semplice, così naturale potrà venire considerato come un delitto, e come un delitto punito?
Oramai, e dopo che son caduti tutti quei privilegi che faceano delle società antiche un corpo ibrido e punto omogeneo, è canone ammesso che la cerchia della libertà individuale si estende fin là dove in contra la libertà d’un altro, vale a dire, che ognuno è libero di fare quanto non offende gli uguali di ritti, e l’uguale libertà goduta da altri — Ma in grazia, noi domandiamo a coloro che nell’accordo che vieti compagno allo sciopero ravvisano un delitto a cui urge d’applicare la repressione, quali diritti offen dono le coalizioni e gli scioperanti ? E qui si badi che noi parliamo sempre di accordi spontanei ai quali sia estranea tanto la violenza morale tanto quella fi sica, perchè i violenti vediam sempre volontieri af fidati alia paterne cura delia benemerita arma dei carabinieri. — Qual diritto hanno i capi fabbrica, gli industriali, di costringere al lavoro i loro operai? Qual diritto per conseguenza e quale libertà sono offesi dal fatto dello sciopero e da quello dell’accordo? Davvero che non arriviamo a comprenderlo.
Nello stesso modo, che un industriale qualunque può un dato giorno congedare uno o dieci operai, 462
può chiudere la sua fabbrica e rinviare alle loro case tutti coloro che lavoravano con lui da ieri come da dieci anni, così, i dieci, i cento operai della fab brica stessa devono avere la facoltà, di rifiutargli l’opera propria, o di chiederne più larga retribuzione. — Il contratto che lega tra loro capitale e mano d’opera, industriale e lavorante è essenzialmente bi laterale e se uguale alla lettera non è la condizione economica dei due contraenti, uguale almeno ne deve essere la posizione giuridica.
Il legislatore, che pretende di punire gli scioperi dovrebbe a rigor di logica farsi sostenitore di quel principio socialista che è il diritto al lavoro, perchè l’operaio che vede lo stato intervenire nelle sue contese col capo fabbrica, che si vede forzato dal gendarme a ripigliare la spola o il martello, deposti in seguito ad un accordo e per dare maggiore effi cacia ad un richiamo che può anche esser fondato, quest’operaio avrà tutta la ragione di chiedere l’ in tervento dello Stato, quando il suo capo fabbrica lo congeda, e chiude lo stabilimento, avrà ragione di domandare lavoro in nome di un diritto riconosciuto implicitamente dal medesimo governo.
Nè si creda con questo, che in noi sia soverchia tenerezza per la classe degli operai, troppo spesso lusingata nei meeting, e dipinta sempre da una certa stampa come la vittima del capitale. Se noi par liamo in favore della libertà degli scioperi, è uni camente per logica di principi’!, perchè ci ripugna il pensiero di vedere un Prefetto, od un Sin daco intervenire in una questione di opificio, in una controversia economica al cui scioglimento soddisfa cente meglio d’ogni coazione avrebbe provveduto la libertà. — Il capitalista e l’operaio messi a fronte finiscono sempre per intendersi, ma se nei loro li tigi altri s’immischia, la quistione si fa lunga e può degenerare in scene violente od altrimenti disgu stose.
A nostro avviso pertanto la Commisione creata dal Ministero per ¡studiare il problema degli scio peri in Italia, farà bene a limitare l’opera propria ad un’inchièsta conscienziosa ed esatta delle condi zioni di salario e di vita in mezzo alle quali si sono verificati i più recenti scioperi, o quelli che nell’ultimo decennio ebbero un importanza maggiore. Da questo studio gli Economisti, e quella stampa che alterna le spesso infeconde lotte politiche all’esame serio e profondo dei bisogni materiali e morali del nostro paese, trarranno elementi per giudicare da qual parte stia la ragione tra la domanda degli operai, e i di nieghi dei padroni, e per esercitare in conseguenza un azione calmante e persuasiva, che allontani in avvenire le cause al rinnovarsi di questi sempre deplorevoli avvenimenti.
17 marzo 1878 L’ ECONOMISTA 165
I nortatori italiani Si Rendita Tnrca
La pubblica opinione, con la più viva ansietà, si preoccupa degli intenti e dei modi pei quali il Go verno italiano prenderà parte all’assetto delle cose d’Oriente e degli interessi turbati o suscitati dalla soluzione stessa della questione orientale. E invero la prosperità della navigazione e del commercio ita liano non che gli interessi politici delia nazione, ri chiedono, che l’Italia risorta ed entrata nel consesso dei grandi Stati Europei non abbia la umiliazione di dovere andare a rimorchio di altre nazioni e mo strarsi ignara ed inesperta in eventi di tanta impor tanza.
Fra cotali interessi italiani da proteggere havvene uno, che meno degli altri si presta a frasi sonanti e pure richiede tutta la sollecitudine del Governo come già di altri governi invocò la più seria atten zione. La stampa non può omettere di segnalare il danno, che proverrebbe alla economia nazionale, se per gli Italiani possessori di titoli di debito pubblico Ottomano dovesse nella pacificazione dell’ Oriente andar perduta la esigibilità dei loro crediti.
Nelle provinole meridionali, in Toscana, in Roma giace inoperoso ed incerto della sua sorte un rag guardevole capitale investito in cartelle ed obbliga zioni di prestito turco. Secondo alcuni in questa forma d’impiego furono collocati 375 milioni di lire di capitale italiano' E che non sia esagerata cotale valutazione, può argomentarsi dalla numerosa schiera dei possessori di cartelle turche intervenute in Na- | poli a solenne adunanza nel Teatro Sannazaro, ap punto per ottenere l’appoggio del Ministero lesti: ca duto. Non meno eloquente riprova può trarsi dal sollecito accorrere doi soscritlori ad una petizione presentata or sono pochi giorni al Governi) Italiano da molti Romani proprietari di titoli turchi. Potrà, che l’allettamento di un più lauto interesse, abbia consigliato molti cittadini italiani a quella forma in felice di rinvestimento. Certo è per altro, che essi non furono più imprudenti dei capitalisti inglesi e francesi i qua'i in quella specie di titoli impiega rono circa 5 miliardi di capitale.
Oltre a ciò furono in certa guisa incoraggiati al- j l’acquisto di quei titoli dallo stesso Governo-italiano, I che non escluse dalle Borse italiane i valori turchi, e riscosse una tassa anco sulla negoziazione di co- testi valori. A ogni modo gl’italiani, che acquistarono | titoli turchi, affidarono il loro capitale a un governo straniero sotto l’ ombra dei più inconcussi principi del diritto internazionale, e secondo questi principi la fortuna degli Stati, che cessano di esistere passa attivamente e passivamente agli Stati che ad essi succe dono. Di questo principio sostenuto dai più chiari pub blicisti antichi e moderni, così da Grazio e Puffendorf come dal Kliiber, Heffler Wheaton, Bluntsohli tanto meno potrebbe dubitarsi al di d’oggi, dopo le ampie questioni in cui fu discusso per occasione dei cam biamenti effettuati dalle conquiste di Napoleone 1 e dalla sua stessa caduta. Lo Stato vinto può rima nere assorbito o mutilato: se egli rimane del tutto soppresso havvi una successione a titolo universale nei diritti e negli obblighi di esso. All’ incontro, la divisione è proporzionale alla parte di ciascuno, se più e diversi sono gli Stati, tra cui si repartisce la successione, ovvero se lo Stato vinto perdendo una parte del territorio, ne conserva un altra. Per tal
modo, nell’ uno e nell’ altro caso, i creditori dello Stato vinto non possano andare legittimamente re spinti da quegli Stati, i quali ampliando il loro ter ritorio e la loro popolazione acquistano insieme col diritto di estendere le imposte reali e personali l’ob bligo correlativo di. assumere una parte proporzio nale del debito. Il nuovo regno d’ Italia, allorché si compierono le annessioni spontaneamente, rispettò con la più scrupolosa onestà cotali principii di diritto pubblico: e gli italiani accettarono coraggiosi e pa zienti qualunque sacrificio o eccesso d’imposta, pur ché la pubblica fede non fosse violata.
È ben ragione adunque, che il Governo Italiano fin d’ora, non che al futuro congresso, richiegga a fronte alta, che il regolamento dei debiti della Tur chia, si faccia dalle potenze europee con quella one stà, della quale 1’ Italia ha dato recenti e splendidi esempi. Gli altri governi europei per identità d’ inte ressi non potranno se non appoggiare le domande del Governo italiano verso la Russia.
E in ogni caso, l’ Italia potrà ricordare, che gli stranieri creditori degli antichi Stati in cui essa era divisa non perdettero" neanche un centesimo per la formazione del nuovo regno italiano. Havvi adunque una questione di moralità pubblica: quod quisque
ju ris in alterwm statuerit, ut ipse eodem ju re uta- tur.
GLI ISTITUTI D ’ EMISSIONE
Nell’ultimo Bollettino della situazione dei conti degli istituti di emissione pubblicato dal Ministero del Tesoro sono stati aggiunti i prospetti delle si tuazioni dei conti alla fine degli anni dal 1870 al 1877 per ciascuno istituto.
Le notizie esposte in ([nei prospetti meritano spe ciale attenzione poiché offrono il mezzo di avere sott’occhio la situazione dei conti dei nostri princi pali istituti di credito alla fine dell’anno testé tra scorso confrontata con le situazioni alla fine di cia scuno esercizio degli anni precedenti. Inoltre dal l’esame delle cifre principali esposte in un sommario statistico possiamo vedere il movimento complessivo del credito presso gli Istituti d’ emissione durante gli ultimi otto anni.
Il capitale delle sei Banche d’ emissione esistenti nel Regno ascendeva al 51 dicembre 1870 a Li re 138,175,953. Durante il settennio successivo andò gradatamente aumentando, ed alla fine del 1877 aveva raggiunto la cifra di lire 503,212,190. Cre diamo opportuno di mettere in confronto il capitale degl’ Istituti d’emissione con l’ammontare della cir colazione dei biglietti di Banca alla fine di ciascun anno.
Anni Capitale Circolazione
1870 L . 138,175,953 442,435,438 1871 » 145.885,079 577,573,623 1872 « 273,879,779 623,382,254 664,329,909 1873 » 280,904,108 1874 » 286,870,226 633,229,800 621,237,832 1875 » 299,252,237 1876 » 301,299,519 646,029,437 1877 » 303,212,191 628,560,592
ve-L’ E C O N O M I S T A 17 marzo 1878 164
rificò nell’anno 1872, e ciò per l’autorizzazione ac cordata in quell’anno alla Banca Nazionale Italiana di raddoppiare il proprio capitale in seguito alla 1 convenzione fatta col governo per un nuovo mutuo di 300 milioni di lire e per la conversione del prestito Nazionale. Nella circolazione dei biglietti di Banca si ì ebbe un notevole aumento nel 1871, e progredì pure nei due anni successivi; diminuì invece nel 1874 e 1875, crebbe nel 1876 per ricever poi una nuova diminuzione nel 1877. La circolazione dei biglietti di Banca presentava alla fine del 1877 un aumento di 186 milioni di lire, a confronto della circolazione stessa alla fine del 1870.
Vediamo ora quale era il capitale delle quattro Banche d’emissione costituite come società anonime, e il patrimonio dei banchi di Napoli e Sicilia alla fine degli anni 1870 e 1877.
1870 1877
Banca Nazion. ital. L. Banco di Napoli. . » Banca Nazion. tose . » Banca Komana . . » Banco di Sicilia . . » Banca tose, dicred. »
8 ), 000,000 L. 25,000,000 » 11,915,400 » 5,375,000 » 5,885,553 > 1 0 ,0 0 j,0 l0 » 200,000, 000 39, 012,190 30, 000, 000 15, 0U0. 000 9,200, ODO ì 10,0^.0, 000 Totale . . . L. 138,175, 953 L. 303, 212,190
La circolazione dei biglietti di Banca ammontava per ciascuno istituto, alla fine dei due anni posti in confronto, alle seguenti cifre :
1870 1877
Banca Nazionale ita'. L. 290,291,710 L. 368,017,033 Banco di Napol i . . . » 78,028,209 » 116,123,953 Banca Nazionale toscana » 28,314,790 » 54,077,999 Banca Romana . . . » 33490.219 » 41,564,941 Banco di Sicilia . . . » 3,310,510 » 33,996,126 Banca tose, di credito . » 9,000,000 » 14,780,540 Totale generale. L . 442,435,438 L . 628 560,592
Nel 1870 la circolazione dei biglietti di Banca superava di 304 milioni di lire il capitale degl’isti tuti di emissione; nel 1877 la differenza in più nella circolazione de’detti biglietti, a fronte del ca pitale, aveva raggiunta la cifra di 323 milioni. È da osservarsi però che i biglietti di banca in circo lazione ammontavano nel 1870 a più di 3 volte il capitale, mentre nel 1877 si ragguagliavano a poco più del doppio.
Confrontando l’ammontare del capitale con la cir colazione dei biglietti di banca per ciascuno istituto, vediamo che il Banco di Sicilia è 1’ istituto che ha, proporzionatamente, aumentato in particolar modo la circolazione dei suoi biglietti. Infatti mentre non ha neppure raddoppiato il capitale negl’ultimi otto anni, la sua circolazione è nel -1877 dieci volte maggiore di quella dal -1870. La Banca Bomana segna invece la minore differenza in questo rapporto; il suo ca pitale è quasi triplicato dal 1870 al 1877, e 1’ au mento della circolazione de’ suoi biglietti non am monta neppure a un quarto alla fine dello scorso anno a fronte del 1870.
Lo sconto degli effetti cambiari e le anticipazioni sopra pegno sono le due principali forme per mezzo delle quali gli istituti di circolazione esercitano la loro azione. Ecco l’ammontare del portafoglio e delle anticipazioni delle Banche di emissione alla fine di ciascun esercizio nell’ottennio 1870-1877:
Anni Portafogli Anticipazioni
1870 L. 317,507,430 L. 81,123,479 1871 » 343,469,269 >, 89,084,606 1872 >» 398,883,746 » 111,039,022 1873 >» 420,464,734 » 118,756,372 1874 » 386,832,543 » 83,388,676 1875 » 333,558,701 » 93,810,540 1876 » 324,570,981 » 96,751,057 1877 » 352,104,048 » 101,551,760
Da queste cifre vediamo come dal 1870 al 1873 la situazione del portafoglio delle Banche d’ emis sione al chiudersi dei respettivi esercizi presenta sempre un aumento; nel triennio successivo 1874-76 si riscontra invece una progressiva diminuzione; e se alla fine del decorso anno 1877 il portafoglio presenta un aumento di 27 milioni e mezzo a fronte del 1876, pur tuttavia merita di essere notata la differenza in meno di oltre 68 milioni che si verifica un confronto del portafoglio alla fine del 1873. Le anticipazioni sopra pegno aumentarono pure dal 1870 al 1873, però nell’anno successivo diminuirono notevolmente per ricever poi nel trien nio 1875-77 dei progressivi aumenti.
Non sarà inopportuno vedere l’ ammontare del portafoglio di ciascuno istituto alla fine dell’anno 1870 in confronto a quello esistente al chiudersi dell’eser cizio 1877.
1870 1877
Bilica nazionale ital. L . 198.868.608 L. 192,562.058 Bmeo di Napoli . . »
Banca nazion. Toscana » Banca Romana. . . » Banco di Sicilia . . » Banca Tose, di credito »
49,087,520 » 68,783,764 25,984,318 « 30,874,476 23,058,759 » 34,285,684 8,531,184 » 19,268,412 11,977,041 » 6,329,654 L. 317,507,430 L. 352,104,048
Il Banco di Napoli, la Banca Romana, il Banco di Sicilia e la Banca nazionale toscana presen tano un aumento nella situazione del respettivo por tafoglio alla fine del 4877 a fronte di quello esi stente al termine dell’esercizio 1870; mentre nelle situazioni della Banca nazionale italiana e delta Banca toscana di credito si riscontra una diminu zione nel portafoglio del 1877 a fronte dei 1870.
Le sofferenze presso le Banche di emissione si raggirarono a poco più di 4 milioni di lire durante il triennio 1870-72; ascesero ad oltre 6 milioni e mezzo alla fine dell’ esercizio 1873; quindi andarono gradatamente ad aumentare fino a raggiungere la ragguardevole cifra di 19 milioni e 700 mila lire al chiudersi dell’anno 1877. Ecco come erano ri partite le sofferenze per ciascuno istituto alla fine degli anni 1870 e 1877 :
1870 1877
Banca Nazion. ital. L. 2,492,613 L. 7,192,575 Banco di Napoli . . » 497,029 » 5,928,680 Banca Nazioa. tose . » 142,776 » 183,547 Banca Romana . . » 897,101 a 2,453,266 Bauco di Sicilia . . » 93,981 » 3,930,945 Banca tose, di cred. » 18,342 » 36,799 Totale . . . L. 4,141,842 L. 19,725,812
Nelle cifre seguenti sono esposte le spese e le rendite di ciascuno esercizio delle Banche d’emissione durante gli ultimi otto anni:
Anni Spese Rendite
17 marzo 1878 L’ ECONOMISTA 165 Anni 1872 1873 1874 1875 1876 1877 Spese L 13,892,338 » 15,724,746 » 17,394,136 » 17,676 924 » 15,886,765 » 16,078,862 Rendite L. 33,277,505 » 35,443,021 » 36,122,574 » 37,443,522 » 35,402,659 » 34,552,953
Dal 1870 a tutto il 1875 abbiamo un aumento costante tanto nelle spese, quanto nelle rendite ; nel successivo 1870 si riscontra una diminuzione piut tosto notevole nelle spese e più ancora nelle ren dite delle nostre Banche d ’ emissione ; nel decorso anno 1877 aumentarono di poco le spese, e le ren dite continuarono a diminuire e non in piccola pro porzione.
Dal confronto delle spese con le rendite di cia scuno esercizio vediamo che nell’anno 1875 si ve rificò il maggiore utile per le Banche d’emissione, le rendite di quell’anno superarono le spese per oltre 19 milioni e mezzo di lire.
RIVISTA ECONOMICA
L ’ u ltim o stad io d ella q u e s tio n e m o n e ta ria ag li S ta ti U n iti — Il p ro g etto di u n a n u o v a ta riffa d a z ia r ia in A m erica — I l com i ta to p e r la co n c lu sio n e d i u n tr a tta to F ra n c o -A m e ric a n o .
Nell ’Economista del 9 decembre decorso rendem mo esatto conto ai nostri lettori dello stato e delle vicende della grande questione agitatasi agli Stati Uniti americani intorno al regime monetario da adot tarsi nella Confederazione. Adesso che questa que stione, delle cui ulteriori fasi non abbiamo potuto redigere la cronaca come sarebbe stato nostro desi derio, è giunta se non ad un termine almeno ad una soluzione, giova che ne porgiamo notizie più complete e più precise di quelle che non trovinsi nella maggior parte dei giornali che ne hanno parlato.
Il progetto inteso a render forza monetaria al l’argento, tornando a coniare l’antico dollaro ameri cano del peso di 412 grani e 1|2 a 9| 10 di fino, progetto il quale per esser stato presentato al Con gresso dal deputato Bland è conosciuto sotto il nome di Bland bill ricevette la sanzione della Camera dei Rappresentanti e del Senato. In quest’ultimo consesso esso incontrò per altro delle modificazioni assai ra dicali le quali contrariarono non poco le vedute ed i desideri dei più estremi fautori della rimonetizza- zione dell’argento. Questi per altro, quando il pro getto fu di nuovo rinviato alla Camera dei Rappre sentanti, acconsentirono di approvarlo per intiero così come era stato modificato dal Senato affine di non scindere le forze del silver party e di non compromettere il beneficio della maggioranza dei due terzi che quegli emendamenti avevano procacciato al progetto anco nella Camera alta e che ne assi curavano l’adozione anco nel caso che il presidenta vi avesse posto il suo veto. Essi si riserbavano non pertanto a presentare separatamente e sotto altre forma nuove proposte al Congresso intese ad abro gare od a render vane alcune delle più importanti modificazioni che non andavano loro troppo a genio. Come tutti sanno il Bland bill subì infatti il veto presidenziale, ma ripresentatò immediatamente ai due rami del Congresso vi conseguì con non minore ra pidità presso a poco lo stesso numero di voti ripor
tati la prima volta ed ottenne, in virtù della maggio ranza di oltre i due terzi, forza di legge. Cosi gli Stati Uniti torneranno a godere la poco invidiabile prerogativa di una circolazione bimetallica conti nuamente in balìa delle fluttuazioni del mercato dei metalli preziosi.
Le modificazioni introdotte dal Senato nel Bland
B ill consistono nell’ aver stabilito a profitto del go
verno federale invece che a profitto dei privati l’u tile derivante dalla coniazione per la differenza fra il valore legale del dollaro ed il valore della quan tità di argento che lo compone, poiché la coniazione non è più lasciata libera in facoltà dei privati, ma deve esser fatta per opera del governo, e nell’ aver limitato la somma di argento che deve venire co niata essendo incaricato il Segretario della Tesoreria di far acquisto ogni mese di una somma dai 2 mi lioni ai 4 milioni di dollari che devono essere co niati immediatamente. Nella Camera dei rappresen tanti era stato inoltre stabilito affine di render sem pre maggiore il valore di scambio dell’ argento che i possessori di esso potessero, depositandolo negli Uf fici della Tesoreria, ricevere un Certificato di depo sito il quale avrebbe potuto essere spendibile presso tutti gli Uffici governativi. Il Senato ha mitigato questa disposizione e I’ ha ristretta al suo lato utile disponendo che il rilascio dei certificati della Teso reria potesse aver luogo soltanto dietro il deposito dì moneta avente corso legale nella Confederazione e per una somma non inferiore ai 10 dollari. Fi nalmente il Senato ha aggiunto all’ atto una clau sola con cui s’ ingiunge al Presidente della Confe derazione di mettersi in rapporto con gli Stati del l’Unione latina o con altri governi di Europa invi tandoli ad una Conferenza, in cui venga fissato il rapporto legale fra l’ oro e l’argento, affine di adot tare P uso internazionale del sistema del doppio tipo ed assicurare la stabilità del valore relativo dei due metalli. I debitori americani hanno pertanto acqui stato la facoltà di liberarsi con una valuta deprez zata di circa il 10 per cento. Se lo Stato possa va lersi di questa facoltà senza aver T aria di mancare ai suoi impegni è una questione molto complessa e molto discussa sui giornali americani ed inglesi. Chi vuol negargliela si appoggia fra le altre cose sopra le dichiarazioni dei prospetti per 1’ emissione dei vari imprestiti in cui esplicitamente veniva promesso il pagamento in oro degli interessi e degli ammortiz zamenti. Queste dichiarazioni per altro non sono in corrispondenza col testo delle leggi che sanzionavano gl’ imprestiti, nelle quali si trova fatta menzione sol tanto del pagamento in moneta legale, ed il Congrasso
ha già troncato la questione, approvando prima an cora che fosse adottato il Bland bill, una proposta del senatore Mattews tendente a stabilire che anche 10 Stato poteva pagare capitale ed interessi dei suoi debiti in oro od in argento a sua scelta. Comunque sia, 11 Presidente della Confederazione ed i reggitori delle sue finanze mostrano per ora la ferma volontà di tener alto il credito degli Stati Uniti e di non ricor rere all’ argento, specialmente di fronte ai creditori esteri, se non quando vi si siano spinti da impre scindibile necessità.
466 L’ ECONOMISTA 17 marzo 1878 campo, quello delle tariffe. Nella questione della cir
colazione metallica gli Stati del Sud erano animati da una specie di sentimento di rivolta contro l’ag gravio derivante a tutti i contribuenti del debito pub blico dell’Unione che era stato creato principalmente per reprimere le loro velleità secessioniste ed avea contribuito alla loro disfatta; gli Stati dell’ Ovest erano intesi ad abbassare il superbo predominio degli immensi capitali che dalle doviziosissime regioni orientali è venuto a mettere in coltura i terreni e le ricchezze naturali dell’ occidente, a costruirvi le grandi città e la rete ferroviaria e di cui pesa assai di dover prevalere gl’ interessi dai non sempre lar ghi proventi delle varie intraprese. Nella questione delle tariffe lo stesso dualismo comincia a far sentire con assai più ragione agli Stati ove dominano gli agricoltori ed i piantatori la stanchezza del tributo eh’ essi sono costretti a pagare alle regioni ove pre vale il ceto industriale. Se non che, a questo senti mento di reazione contro i sacrifici che gl’industriali americani impongono ai consumatori, partecipano an che gli Stati commerciali del littorale dell’Atlantico, ai quali le esigenze dell’ industria non fanno perder d’ occhio gl’ interessi del commercio onde gli Stati di Nuova York, Nuova Jersey e Connecticut si sono accostati in questa questione agli Stati del Sud, men tre questi ultimi hanno perduto 1’ alleanza di quasi tutti gli Stati del centro, compresi quelli di Virginia, Maryland, Ohio e Pennsylvania, da cui avevano avuto largo sussidio nella questione monetaria. Gli Stati della Nuova Inghilterra non hanno più una tendenza al protezionismo molto pronunziata, ed è probabile ch’essi rimangano estranei alla lotta quando abbiano la speranza di vedersi assicurata la libera introdu zione di alcune materie prime e specialmente del carbone, in ordine al quale sono adesso soggette alle esigenze dei produttori nazionali.
La guerra contro il partito protezionista è inco minciata con un compromesso in virtù del quale cercando di dar soddisfazione ai vari interessi degli Stati coalizzati si è compilata una nuova tariffa pre sentata al Congresso dai signor Fernando Wood de putato democratico di Nuova-York ed approvata dalla Commissione del Bilancio. Ecco le principali riforme che si vogliono introdurre con questo nuovo progetto. Tre quarti degli articoli adesso^ soggetti a dazio son resi esenti e la tariffa si limita a circa 500 voci. Su lutti gii articoli che rimangono colpiti da un dazio di entrata ha luogo una riduzione di circa il 25 per cento sopra il dazio attuale. La perdita derivante al Tesoro da queste riduzioni è largamente compensata con gli aumenti provenienti da altri articoli prima esenti e che si assoggettano a dazio. La nuova tariffa dovendo riuscire gradita agli agricoltori ed ai piantatori del Sud e dell’Ovest non riduce i dazi sul vino, sugli spiriti, sullo zucchero e sul tabacco, e fra gli articoli che vengono ora per la prima volta tassati sono la seta greggia, con un dazio del 10 per cento sul valore, il crino del 30 per cento, l'avorio del 50, gli stracci del 40, il sughero, le pelli greggie, l’ indaco, lo stagno, la gomma ara bica, la canfora e le sementa oleaginose eccettuate quelle di lino. I proventi da ricavarsi da questi.og getti per cui prima era libera l’ importazione si cal colano a circa 30 milioni di franchi. Fra esse ve ne sono molti che costituiscono gli elementi principali dell’ esportazione italiana in America, onde i negozianti italiani se ne sono giustamente commossi ed hanno
fatto dei passi presso i rappresentanti del Governo italiano agli Stati Uniti reclamando da essi l’ efficaca tutela dei propri interessi. Ad aumentare i benefici del Tesoro americano sui proventi delle dogane cou- trivuirà anche un risparmio di 20 milioni di franchi circa, che si conta di poter realizzare mercè le sem plificazioni che s’ introducono nella redazione della nuova tariffa, unificando i vari dazi che erano fin qui calcolati separatamente; molti articoli essendo ora contemporaneamente soggetti a diritti di diversa na tura calcolati gli uni sul valore, gli altri sul peso, altri infine in proporzione delle spese di commissione, di spedizione, (l’ imballaggio ecc. Gli oggetti prove nienti da paesi nei quali i prodotti americani sono colpiti da dazi differenziali come per esempio la Francia, sopporteranno essi pure una sovratassa del 40 per cento. Andranno esenti gii articoli di vestiario per uso personale dei viaggiatori fino all ammontare di 2,800 franchi, gli oggetti adoprati alla costruzione ed alla riparazione delle navi e a quella delle mac chine a vapore, le macchine stesse inservienti al l’agricoltura o alla raffineria degli zuccheri, i;l sapone, gli acidi, lo preparazioni chimiche e medicinali ecc. Come si vede da tutto ciò non è certo il trionlo del libero scambio che si prepara agli Stati Uniti con l’adozione della nuova tariffa, e lo scopo della Commissione che I’ ha redatta è stato unicamente quello di repartire sopra basi più larghe il peso dei 750 milioni di franchi che il governo vuol ricavare dalle dogane, sottraendo in pari tempo alla classe degli industriali una parte dello sfrenato potere che esso esercita sui consumatori e chiamando a parte ciparne gli agricoltori ed i proprietari del suolo. Con tuttociò il libero scambio non ha motivo di do lersene poiché il protezionismo dì cui godono le in dustrie è sempre il più difficile a vincersi, ed e quello il cui mantenimento può sempre meglio colorirsi can ragioni di pratica opportunità e periino con sen timenti di patriottismo, ma il protezionismo accor dato all’agricoltorà è assai più diffìcile che trovi spe ciose giustificazioni da accampare, onde la conversione del primo nel secondo non può che avvantaggiare indirettamente la causa della libertà.
Frattanto le classi finora protette agli Stati Uniti sono assai vivamente esasperate e cercano di pro muovere anco agitazioni popolari contro la nuova tariffa. Una corrispondenza da Filadelfia al Times del 28 febbraio ci narra una dimostrazione impo nente avvenuta nella città di Pittsburg che è uno dei centri principali dell’ industria del ferro ed il punto d’incrociamento di molte grandi linee ferro viarie. Ivi erano convenuti rappresentanti da varie parti dell’Unione ed i proprietari delle fabbriche cir convicine aveano fatto sospendere il Lavoro per per mettere ai loro operai di andare ad ingrossare l’as sembramento. Oggetto all’ira della moltitudine era specialmente l’Inghilterra che si accusa di eccitare coll’oro dei suoi industriali la propaganda liberista affine di rendere il mercato americano mancipio dei produttori di Birmingham e di Manchester. Vi fu perfino chi disse che una parte dei sei milioni di sterline chiesti da lord Beaconsfield al Parlamento inglese dovevano essere erogati a questo scopo.
17 marzo 1878 L’ ECONOMISTA 167 vittoria e che il protezionizmo industriale riceva j
frattanto una prima scossa. Il momento attuale è 1 adunque assai opportuno per l’azione intrapresa dal comitato francese istituito con io scopo di preparare la conclusione di un trattato di commercio franco americano. Questo comitato si è formato recente- j mente in seguito ad iniziativa privata ed in questo momento è in viaggio per l’America un suo ra p - j presentante le cui istruzioni consistono nel mettersi in rapporto con i Free Trade Clubs che si sono rapidamente moltiplicati da qualche tempo nelle va rie parti dell’Unione, invitandoli a costituire un co- j mitato analogo a quello ch’egli rappresenta.
NOSTRE CORRISPONDENZE
Parigi, 14 marzo, 1878.I .a q u e s tio n e f e r r o v ia r ia d in a n z i a lla C a m e ra fra n c e se — I l di* scorso d e l sig . R o u h e r — U n m emento d el M o n iteu r a l l’e x m i- n is tr o d e ll’im p ero — I l tr a tta to co m m erciale d e lia F r a n c ia con la S p a g n a e con l ’I ta lia — L e n u o v e ta riffe d o g an a li — I l r a p p o rto d e lla C om m issione d e i p o r ti m a r ittim i — L ’esp o rta z io n e d el v in o d i C h am p ag n e.
La discussione pel riscatto delle linee secondarie di strade ferrate è stato l’argomento più notevole delle discussioni della Camera, ed ha dato luogo a lunghi discorsi, ma poco concludenti. Per riassu mervi in due parole la importante questione che oc cupa i rappresentanti della Francia, vi dirò che si tratta di 2615 Udometri appartenenti a compagnie, che come vi accennai in altra mia corrispondenza, un po’ per le mutate condizioni dei tempi, un po’per chè quelle linee peccavano, come suol dirsi, ili vizio d’origine, sono rese impotenti a continuare il ser vizio. Il progetto del governo propone il riscatto di queste linee tenendo conto del costo reale del primo impianto; una commissione speciale ha studiato e redatto i conti che si debbono pagare a ciascuna compagnia. Inutile vi dica che sulla medesima que stione del riscatto le opinioni sono molto diverse, ma per ora si tratta non di definire una" questione dottrinaria, ma di prevvedere ad uno stato di cose che reclama provvedimenti urgenti. Lo Stato riscatta le linee penetrato dalla necessità di far cessare que sto stato di cose che reputa dannoso, e riserva la questione di sapere quello che farà poi. Questo si presenta ad alcuni in certo modo quasi come un imperioso dovere per lo Stato. In quelle linee se condarie sono impegnati grandi interessi ; vi è gente che in esse ha riposto i suoi piccoli capitali e che da due anni attende ansiosamente di sapere qual sorte le è riserbata : per tanto lo Stato non farà male a rendersi padrone delle linee secondarie e tratterà poi in seguito di quello che vi sia di me glio a fare. Cosi ragionano i sostenitori del proge.to
governativo. _ . ,
Contro il progetto governativo del riscatto ha adoperato tutta la forza della sua eloquenza il signor Rouher, il quale si è pronunciato contro, ponendo a tesi della sua dimostrazione che l’idea del riscatto delle ferrovie è strettamente collegata, anzi inevita bilmente compresa nell’altra dell’esercizio delle fer rovie in mano allo Stato medesimo. Oppugnata I idea dello Stato intraprenditore di terrovie, il signor Rouher ha combattuto anche l’ingerenza dello Stato in qualità di regolatore delle tariffe. — Mi sarebbe
impossibile nello stretto spazio di una di queste let tere darvi anco brevemente un riassunto del lungo discorso del signor Rouher, discorso che occupa una dozzina di colonne del Journet Officici. Ma vi dirò invece che il signor Rouher, checché si possa pensare della tesi da esso sostenuta e comunque la si voglia giudicare, ha avuto momenti felicissimi ed è stato specialmente stringentissimo laddove ha com battuto il riscatto delle linee secondarie perchè se condo lui questo primo passo conduce in un tempo più o meno lontano al riscatto generale, crea un precedente vizioso pel governo, il quale prima o poi potrebbe trovarsi sulle braccia le vaste reti ferro viarie dello Stato costretto ad esercitarle, a fare da intraprenditore, da regolatore di tariffe, a trasfor marsi insomma in industriale, lo che non va a versi al signor Rouher. E con molta erudizione l’oratore ha parlato della questione ferroviaria negli Stati esteri, ed ha mostrato come il Belgio ancora si ri senta con grave danno del contralto riscattatorio concluso con il signor Philippnrt, ed ha pure fatto osservare con quanta poca serietà si alleghi l’esem pio della Germania, della Baviera, della Sassonia, ove lo Stato si è fatto costruttore di ferrovie, oliò quella che in quegli Stati era necessità imprescin dibile appo noi diverrebbe un grave errore. Infatti in quegli Stati la ricchezza principale è immobiliare, è di ampli possessi agricoli, mentre in Francia la ricchezza mobile rappresenta più di 60 miliardi e allora si può lasciare all’associazione privata I ini ziativa della costruzione delle ferrovie e 1’ esercizio
delle medesime. .
E pratico ed espertissimo di cose economche si è mostrato I’ antico ministro dell’ impero quando ha parlato dello tariffe ed ha combattuto I’ opinione di coloro che vorrebbero lo Stato regolatore di quelle, e a tanto più forte ragione 1’ utopia vagheggiata da alcuni e in particolar modo dal signor Jaubert, il quale è di quelli che pretendono, credendo di avervi diritto, alla gratuità dei trasporti. 11 signor Allain Targò, repubblicano, quegli che nella discussione sulla questione ferroviaria 1’ anno scorso, fu lancia spezzata del riscatto, dell’ ingerenza governativa, e della regolarizzazione delle tariffe, affermò, con po chissima’ profondità economica in verità, che la ne cessità deh’ ingerenza governativa nella regolarizza zione delle tariffe si imponeva perciò che le Compa- fune ferroviarie non erano di aitro curevoli che di I aumentare i dividendi e però sempre miravano ad aumentare le tariffe. Erroneo giudizio che il signor
i
Rouher non ha mancato di oppugnare facendo notare come anzi appunto perchè le Compagnie ferroviarie cercano sempre di aumentare i dividendi, cosi deb bono cercare di rendere meno gravi le tariffe. E il signor Rouher ha pienamente ragione, poiché è prin- cipio elementare di economia pratica che i prodotti di una data industria sono sempre in ragione inversa del costo degli articoli della medesima.11 discorso del signor Rouher è stato grandemente lodato, e poiché - - come ho avuto più volte occa sione di osservare — la politica fa, o poco o molto, capolino ben sovente anche nelle serene sfere della scienza economica, non sono mancate le lodi, pero ben meritate, dei fogli bonapartisti e l’ organista
Moniteur che nella questione ferroviaria si trova
168 L’ ECONOMISTA 17 marzo 1878 di contraddizione. Come va, ha detto il foglio del [
signor Dalloz, che il signor Rouher il quale oggi combatte la teoria dello Stato esercitante le ferrovie, già un tempo approvava lo stato industriale, com merciante, trafficante, accentratore di tutto e perfino... impresario ?
Frattanto mentre io credeva di potervi parlare del discorso che doveva pronunciare a difesa del pro getto, il ministro dei lavori pubblici signor Freycinet, ecco che una indisposizione sopravvenutagli gli fa ritardare questo discorso e però non ve ne potrò parlare che nella prossima corrispondenza.
Riguardo al trattato commerciale tra la Francia e la Spagna e tra la Francia e l’Italia, parecchi membri della commissione incaricata di emettere il suo parere circa la opportunità di approvare quel trattato, avevano espresso l’opinione che si dovesse aggiornare la discussione di quei trattati sino a che non fosse compita la verifica delle tariffe doganali fra i due governi. Tuttavia la maggioranza della cómmione decise che non v’era ragione di attendere la revisione delle tariffe, tanto più che questa non si sarebbe potuta recare ad effetto che in un epoca molto lontana.
Pare che la commissione incaricata di esaminare ii progetto del trattato di commercio tra la Francia e la Spagna si mostri ostile alle concessioni che sono fatte alla Spagna stessa particolarmente per ciò che riguarda i diritti sui vini.
Nella decorsa settimana veniva distribuito il pro getto di legge che stabilisce la nuova tariffa doga nale, il quale progetto dovrà essere preso in esame quanto prima da un’apposita commissione di tren- tatrè membri che verranno scelti dalla Camera.
Eccovi qualche particolare intorno a questo im portante progetto. — L’esposizione dei motivi di chiara che il governo è di parere si debba perdurare nel sistema di libero scambio inaugurato nel 1860.
Il nuovo progetto prende per limite superiore del tariffato francese avvenire i dazi che all’epoca della riforma del 1860 erano state considerate come il limite massimo delle riduzioni. Questa disposizione sofire eccezione per alcuni articoli la cui tassa viene aumentata e per altri che esenti da tassa insino ad ora, vengono invece sottoposti a tassa. Fra questi articoli figurano i generi di cacciagione, formaggi, burro, miele, pesci d’acqua dolce, ostriche ecc. ecc. Tali aumenti di tasse sono proposti per avantag giare le entrate del tesoro.
Il progetto propone pure di elevare di un decimo i diritti d’ importazione sui filati di cotone, perchè, l’industria cotoniera in Francia sembra colpita più che alcun altra dal lavoro delle fabbriche americane.
A semplificare poi i mezzi di percepimento di dette tasse il progetto summentovato propone di rimpiazzare i dazi valorem, con diritti specifici sta biliti a seconda della natura degli oggetti stessi e che fissati una volta per sempre, pongono il tesoro al coperto dalle frodi inevitabili nella tassazione ad-
valorem.
Berlino 13 Marzo
L ’in d u s tr ia d e lla la n a in G e rm a n ia — I l fe rro ted esco e q u ello S co zzese — Im p o rta z io n e del f e rro — I p r o te z io n isti n e lla D ieta — L a s ta tis tic a d elle m e rci •— L ’im p o sta su l ta b acco — L a p r o d u z io n e d el ta b acco •— L ’a r te te d e s c a a l l ’E sp o siz io n e d i P a r ig i — N o tizie v a rie .
L’industria della lana in Germania si trova in co stante regresso; essa fu grandemente danneggiata
della politica del libero commercio : così dicono i nostri protezionisti. Nessuno potrà negare che questa industria versi in cattive condizioni e subisca la sorte di molte altre industrie. In generale però si deve constatare che l’industria della lana in Ger mania non ha scemato d’importanza, anzi essa è au mentata regolarmente, sopratutto da dieci anni in qua, cioè dal tempo nel quale cominciò ad essere possibile la politica della libertà del commercio. Se dunque v’ è una industria che possa provare meglio delle altre, l’utilità del libero scambio si è certamente quella delle lane, e non si può intendere il motivo per il quale i protezionisti non cerchino un sog getto più adatto pei loro attacchi.
La scala sulla quale si può misurare l’estenzione d’una industria è la quantità di materiale greggio che viene messa in commercio. In prova di ciò e per maggior chiarezza riiferiamo ìa seguente tabella la quale indica la produzione della lana in Germania, l’importazione di lana greggia, l’esportazione e la quantità di lana adoperata nella Gèrmania stessa dal 1834 al 1877. A n n o P ro d u z . d e lla la n ain G e r m a n ia I m p o r t a i. T o ta le 1834 429900 c e n tn e r (50 kil) 90373 520273 1840 555500 164021 719521 1840 561000 149677 710677 Ì855 543600 358250 901850 1861 632200 393162 1025?62 1867 706100 888035 1594135 1870 662500 1048362 1710862 1873 625000 1110034 1735034 1870 025000 1360110 1985110 1877 623000 1427323 2050323
Anno Esportazione di Lana Consumo di generale a testa 1834 132621 C e n tn e r 387652 C e n tn e r 1,65 libbre ted. 1840 149260 570261 2,10 1840 137903 572774 1,95 1855 87839 814011 2,49 1861 95497 929865 2,68 1867 2A0874 1353261 3,57 1870 420761 1290101 3,37 1873 249455 1485579 3,64 1870 414259 1570851 3,71 1877 403831 1588492 3,715
Da queste cifre si può vedere che il consumo della lana in Germania si trova in un aumento con tinuo il quale si è mantenuto fino all’anno scorso. In tali condizioni il domandare modificazioni della tariffa doganale come fà ora l’Unione centrale della industria in Germania, potrebbe suscitare una giu sta critica. Ciò che abbiame detto per l’ industria . delle lane in genere, possiamo dirlo per quella dei | fabbricati di lana. Le cifre che si riferiscono e que- st’ultima sono per gli anni 1872-1877 i seguenti:
Importazione in Centner 1872 1873 1874 1875 1876 1877 1 T e s s u ti d i la n a : A rtic o li d i la n a : 344039 158047 329182 174247 339794 153847 349730 151753 326116 143671 290461 123057 Esportazione in Centner 1872 1873 1874 1875 1876 1877 T e s s u ti d i la n a : A rtic o li d i la n a : 114923 370922 104870 366481 122000 274230 87149 332365 76600 300316 94057 306581
Se l’esportazione dei tessuti di lana è scemata come vediamo, l’esportazione degli articoli di lana invece sorpassa del triplo la importazione di questi Visto il ristagno generale e persistente degli affari questi risultati non si possono chiamare brillanti, ma non sono neppure scoraggianti e non tali da far parere necessario un aumento dei dazi.
17 marzo 1878 L’ ECONOMISTA 169 Sulla proposta di alcuni proprietari di fonderie di
ferro il Ministro de! commercio prussiano ha ordi nalo che si facesse nella fonderia « Unione » in Essen una prova per comparare la fusione del ferro naturale del Reno e della Westfalia con quella del ferro naturale della Scozia.
I giornali tedeschi pubblicano una lettera del Mini stro del Commercio il quale esprime la sua sod disfazione per i buoni risultati ottenuti in sull’espe rimento del ferro naturale puro indigeno. Il ministro soggiunge :
« Io spero che una costanza sufficiente nella com posizione dei diversi generi di ferro prodotti nel no stro paese potrà far si che il commercio del ferro greggio in Germania abbia sempre meno bisogno del ferro naturale dell’estero, e che potremo perve nire a respingere questo del tutto dalle piazze te desche. » Questo fatto è importante anche come pro testa contro i protezionisti. L’importazione del ferro naturale in Germania montò nell’anno 1872, quando l’imposta doganale era ancora di 30 cent, per centner, a 12,393,118 centner. Nell’anno 1873 fu abolita quell’imposta e l’ importazione montò a 13,800,780 Centner. Da quell’epoca l’importazione non aumentò più. Nell’anno 1877 essa era di 10,334,166 Centner cioè di circa il 24°[0 inferiore a quella dell’anno 1873. Questa è una prova lampante che il miglior mezzo di promuovere lo sviluppo di quest’ Articolo si è di camminare costantemente sulla via del libero scambio. Ecco il punto sul quale si deve sempre e sempre ritornare nel nostro paese, tanto più che i protezionisti non lasciano passare nessuna occasione per dar sfogo alle loro idee; e, se riuscissero, ciò sa rebbe tanto più da rimpiangere, perchè abbiamo fatto ultimamente mediante la legge proposta sul vice cancelliere imperiale un passo avanti per l’incremento interno dell’impero te 'esco, il che a nulla gioverebbe se i protezionisti pervenissero a far nominare uno dei loro vice-cancelliere, ossia rappresentante del Cancelliere imperiale.
Il progresso e il consolidamento dei nostri rap porti economici dipendono quasi unicamente da questa innovazione, ed è anche per questa cagione che i nostri avversari, i protezionisti, fanno il possi bile per giungere ad esercitare una influenza con tinua.
Fu annunziato nel Parlamento per parte del go verno tedesco che i preliminari per il trattato com merciale tedesco-austriaco sarebbero fra breve ri presi in Rerlino. Viste le circostanze interne attuali in cui si trova l’Austria, questo fatto diede luogo a molte dicerie, tanto più che il governo austriaco fece dichiarare nella « Montagsrevue » (il suo gior nale officioso) che egli non sapeva nulla della ri presa delle trattative. L ’ Unione protezionista, composta di deputati ha scelta quest’occasione per interpel lare il governo sulle sue intenzioni, e ha proposto nel medesimo tempo che l’impero tedesco non con chiuda coll’ Austro-Ungheria un trattato di com mercio prima di aver formata per la Germania stessa una tariffa generale per tutti i prodotti del l’industria e del commercio.
Una legge imperiale elaborata da una commis sione nominata a questo scopo dal ministero porrà fine ai continui ma giusti lamenti intorno alla man canza di una statistica esatta dei nostri prodotti. — II punto fondamentale di questo progetto è che chi unque voglia importare o esportare mercanzie, sia
obbligato di denunziarle alla frontiera allo scopo di poter agevolare la formazione di questa statistica. Le mercanzie che si debbono denunziare per iscritto debbono pagare, allo scopo di coprire le spese del trasporlo delle mercanzie straniere comprese nella statistica una tassa di 5 Pfennig per cassa, se sono mercanzie non imballate 20 Pfennig per ogni 1000 chilogrammi, e di 10 Pfennig per ogni 5000 chilo grammi di prodotti greggi, di 5 a 10 Pfennig per capo di bestiame. Rapporto alle disposizioni speciali possiamo dire che esse corrispondono in generale a quelle della istituzione simile introdotta in Francia da parecchi anni con molto successo. Il progetto sarà presentato alla prossima sessione del Parlamento e sarà accettato senza dubbio perchè esso rimedia a un difetto da molto tempo osservato nell’ organizza zione delle nostre imposte.
Le opinioni soro ancora indecise riguardo all’au mento progettato della imposta sui tabacchi. Nel suo insieme quella proposta trova le più grandi opposi zioni: in prima linea combattono contro ad essa come contro al monopolio dei tabacchi diverse Camere di commercio, fra le quali primeggia quella di Brema non senza ragione, essendo questa una quistione vi tale per essa dacché questa libera città dell’impero, una delle Anseatiche, ha il primato per 1’ introdu zione del tabacco e per la fabbricazione dei sigari e dei tabacchi all’ ingrosso. Accanto a Brema dob biamo nominare il Palatinato il quale certamente avrà da risentirsi delle nuove imposte e col sistema della Regia, esso da una produzione di tabacco che il è 40 per cento della produzione tedesca ossia nel 1876 su 8875 ettari produsse 229,447 centner di tabacco. — Negli ultimi anni l’Impero tedesco per cepì per le imposte e gabelle sul tabacco : 1874|75 12636014 mark, 1875|76 12375922 mark e 1876[77 . 14281956 mark astrazion fatta dalle restituzioni fatte all’esportazione. Se vogliamo paragonare a queste entrate il consumo di tabacco che si fa in Germania, abbiamo: per il 1876|77 un consumo di 1440979 centner, il che da 3 a 4 libbre tedesche a testa (2 libbre tedesche — 5 libbre italiane). Queste somme sono in proporzione molto più elevate delle entrate e delle rendite, per simile imposta nei paesi a noi limitrofi. È della più grande necessità chel’ Impero cerchi di procurarsi maggiori entrate, e sarebbe cosa impossibile trovare un miglior mezzo di aumentarle di quello di un aumento sul tabacco. — Questo ha inteso benissimo il Cancelliere Imperiale allorquando osservò in una di queste ultime settimane che egli lasierebbe volontieri cadere ogni aumento d ’imposta nel tabacco, e anche la Regìa quando si potesse in dicargli un’altra fonte di risorse per l’Impero.
170 L’ ECONOMISTA 17 marzo 1878 disposizione di una commissione nominata a questo
fine, i quadri degli artisti moderni che questa sce glierebbe nelle pinacoteche dell’Impero. Il quale provvederà alle spese mediante la somma di 75000 mark.
L’imperatore ordinò che si escludessero i qua dri rappresentanti generali tedeschi o fatti d’ arme. La lista dei lavori artistici che dovranno essere esposti verrà esaminata ed approvata dall’imperatore stesso.
Malgrado tutti questi sforzi dell’ultima ora, si deve considerare come mancata questa partecipazione par ziale all’ esposizione : essa servirà però a provare j che 1’ astenersi dal prender parte ali’ esposizione fu ! per la Germania un grande sbaglio economico.
Qual notizia pervenutaci per via privata diamo ancora la seguente, che cioè il benemerito ministro in ritiro Delbruk, il quale è bene conosciuto in Italia, decise di porsi di nuovo al servizio del! Im pero, o almeno di utilizzare le sue numerose ed ! eminenti conoscenze a prò del bene economico na zionale. Cosi pure abbiamo l’annunzio che il mini stro delle finanze prussiano Camphausen il quale essendo venuto in lite con Bismark aveva doman dato la sua dimissione, rimarrà in carica : il che non può considerarsi come un segno favorevole al l’avvenire, e trova la sua ragione nel fatto che la Germania e sopra tutto la Prussia è povera di uomini capaci, in materia finanziaria e dotati di genio or ganizzatore.
M 'tl E DOCUMENTI UFFICIALI
La Gazzetta Ufficiale ha pubblicato i seguenti
A tti Ufficiali:
21 febbraio. •— 1. R. decreto, 23 gennaio, che ap prova alcune modificazioni dello statuto della « Secietà Oambiaggio e compagnia per la fabbricazione del ferro vuoto Oambiaggio e sue applicazioni. »
2. R. decreto, 23 gennaio, che approva la riduzio ne di 13,000,000 di lire del capitale della Banca Na poletana.
3. R. decreto, 30 gennaio, che approva alcune mo dificazioni dello statuto della Società anonima « Im presa dell’Esquilino. »
4. Disposizioni nel personale dipendente dal mini stero della guerra e in quello dell’Amministrazione delle imposte dirette e del Catasto.
La Gazzetta Ufficiale pubblica il seguente avviso del ministero degli affari esteri:
L ’Ambasciata russa presso la Reai Corte ha noti ficato la revoca del divieto ai bastimenti mercantili neutrali d’esportare dai porti russi del Mar Nero e dell'Azoff i grani ed altri prodotti alimentari, le pelli di montone, le pelli e tutti i generi lavorati di tal natura.
Si legge nella stessa Gazzetta Ufficiale :
5. M., sulla proposta del ministro dell’interno, ha nominato i signori :
Martini prof. Ferdinando, deputato al Parlam ento; Mussi dottor Giuseppe, id., e
Lemmi ing. Emilio
a componenti della Commissione Reale per l ’Esposi zione di Parigi.
22 febbraio. — 1. R. decreto, 10 febbraio, che ap prova il regolamento per l’applicazione della legge forestale del 20 giungno 1877.
2. Disposizioni nel personale dipendente dal ministero dell’interno.
Il ministro dell’ istruzione pubblica ha indirizzato ai direttori degli osservatori meteorologici la seguente circolare :
Per gli effetti dei reali decreti del 26 dicembre 1877 e del 23 gennaio corrente anno, con i quali fu soppresso il ministero di s gricoltura, industria e commercio, e vennero ripartite fra gli altri ministeri le attribuzioni ad esso affidate, gli osservatori meteorologici e tutto ciò che riguarda il servizio di meteorologia sono pas sati nella competenza del ministero dell’ istruzione pubblica.
Nel dare di ciò avviso alle S I. LL. ho bisogno di far notare come questo passaggio non porta alcuna mutazione nell’andamento del servizio suddetto, es sendo mio intendimento di promuovere con ogni ala crità le iniziative e gli studi al miglioramento ed al progresso di questa scienza.
Mi lusingo quindi che anche da parte delle SS. LL. non sarà per venirmi meno quella gentile ed efficace cooperazione che già ebbero a prestare al soppresso ministero.
Le comunicazioni che le SS. LL. dovranno d ’ ora innanzi fare, saranno ind rizzate al ministero di pub blica. istruzione, divisione delì’insegpamento tecnico.
I l Ministro
Co ppin o.
22 febbraio. — Decreto 10 febbraio che approva il Regolamento per 1’ applicazione della legge fore stale 20 giugno 1877 ;
Disposizioni nel personale delle prefetture. Con regio decreto del 23 gennaio 1878 :
Daniele Vasta cavaliere Giovanni, prefetto di terza classe della provincia di Belluno, nominato prefetto di terza classe della provincia di Rovigo.
Con regi decreti del 3 gennaio 1878 :
Pisani cavaliere Luigi, già sottoprefetto di prima classe nel! amministrazione provinciale, collocato a riposo in seguito a sua domanda.
• 25 febbraio. — 1. R. decreto 10 febbraio, che in- stituisce la Direzione generale <ti statistica del Regno, dipendente dal ministero dell’ interno.
2. RR. decreti 14 e 17 febbraio, che determinano alcune nuove condizioni di ammissione agli impieghi nel ministero dell’ interno e nell’amministrazione pro vinciale.
3. R. decreto 14 febbraio, che determina la compo sizione del R. commissariato italiano a Parigi per l’ Esposizione universale de! 1878.
4. Disposizioni nel personale dell’ amministrazione delle Poste ed in quello dell’ amministrazione dei te legrafi.
26 febbraio. — 1. Nomine nell’ordine della Corona d ’ Italia.
2. R. decreto 10 febbraio, che riparte il littorale delio Stato in sei distretti di pesca.
3. R. decreto 23 gennaio, che approva un aumento del capitale della Società enologica veronese.
4. R. decreto 31 gennaio, che sopprime due peculi di grano amministrati dalla congregazione di carità di Scandiano (Reggio Emilia) e ne autorizza l’inver sione del patrimonio in determinati scopi di bene ficenza.
5. R. decreto 27 gennaio, che inverte a totale be neficio delle scuole elementari maschili e femminili la disposizione contenuta nel chirografo di Papa Pio VI, 17 settembre 1797, e la erige in corpo mo rale autonomo.
6. Disposizioni nel personale dipendente dal mini stero dell’interno, in quello dipendente dal ministero della guerra, nel personale giudiziario e in quello dei notai.
1° marzo. — 1. Nomine nell’Ordine dei SS. Mau rizio e Lazzaro, fra le quali notiamo quella dell’ono revole Nicotera a gran cordone.