• Non ci sono risultati.

L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.05 (1878) n.203, 24 marzo

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.05 (1878) n.203, 24 marzo"

Copied!
16
0
0

Testo completo

(1)

L'ECONOMISTA

GAZZETTA. S E T T I M A N A L E

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, IN TERESSI PRIVATI

Anno V - Yol. IX

Domenica 24 marzo 1878

N. 203

IL COMUNE DI FIRENZE

ED I SUOI C R E D I T O R I

Quell’ ingente disavanzo che, divenuto piuttosto la regola che la eccezione, da molti anni a questa parte chiudeva i bilanci preventivi annuali del Comune di Firenze, non solo nella parte straordinaria ma anche, e questo era il peggio, nella parte ordinaria, faceva già da lungo tempo, e fin da quando Firenze era la sede del Governo centrale, presentire anche ai meno pratici come sarebbe poi in ultimo andata a finire la cosa. Ma con assai maggior chiarezza si palesava la condizione finanziaria del Comune fiorentino da quella relazione che precedeva la petizione presen­ tata al Governo del Re nel settembre del 1876, e diretta ad invocare provvedimenti efficaci a salvarlo da una imminente rovina ; e per ultimo la relazione rimessa al Governo dalla Commissione d’ inchiesta presieduta dall’ on. comm. Magliani, pubblicata nella G azzetta U fficiale del 28 dicembre ora decorso, faceva ben presentire che quando il Comune fioren­ tino fosse abbandonato a sè stesso ed alle sue pro­ prie risorse, quando lo Stato avesse tardato ancora a venire in suo ajuto, il pagamento degli impegni contratti diveniva impossibile quando anche si fos­ sero trascurati molti fra i pubblici servigi. A scon­ giurare dunque il temuto disastro di una sospensione di pagamenti, non valevano nè nuove diminuzioni di spese, nè nuovi e più esagerati balzelli, e leg­ gendo le cifre raccolte nella relazione ora citata, appariva evidente la inutilità delle misure adottate col bilancio del -1878, dietro i suggerimenti della pre­ lodata Commissione d’ inchiesta, e che unico efficace rimedio sarebbe stato l’ intervento del Governo e del Parlamento.

Però nè il Governo nè il Parlamento vollero, nè se avessero voluto avrebbero potuto, provvedere a cotesto bisogno dal 28 dicembre 1877 ad oggi. Di­ sgraziatamente per il Comune di Firenze, dall'epoca ora accennata in poi si sono rapidamente succeduti in Italia e fuori tanti gravissimi avvenimenti da far dimenticare affatto la questione finanziaria del Mu­ nicipio fiorentino; la immensa sventura nazionale della morte di Vittorio Emanuele distolse gli animi di tutti dal considerare la disgrazia economica della nostra città ; la crisi continuata in cui si è trovato il Ministero negli ultimi due mesi ha fatalmente impedito lo studio della questione fiorentina, ed il Parlamento non è stato per anche invitato ad oc­ cuparsene. Ma il tempo è galantuomo, e se le circo­ stanze e gli avvenimenti accennati rimandarono ad altri tempi l’esame di cotesta questione, non ritar­ darono però d’un solo minuto la scadenza dei debiti

del Comune fiorentino. Ed il Municipio di Firenze, abbandonato a sè stesso, senza risorse e senza spe­ ranze, è stato necessitato nel di 17 del corrente mese di marzo a prendere quella gravissima risoluzione di cui oggi tanto si parla, deliberando « che a par­ li tire dal 18 marzo sia prorogata a tre mesi la re- « stituzione dei capitali rappresentati dalle obbliga­

li zioni e premi degli imprestiti comunali, dei capi­ li tali somministsati al Comune per contratti e sopra

« cambiali accettate dal Sindaco per l’ amministra­

li zione comunale, e per quella speciale delle spese

« per Poccupazione austriaca, e degli altri capitali « sotto qualunque forma e per qualsivoglia titolo « dovuti dal Comune. » — Promette però che sa­ ranno pagati gli interessi legali sui capitali dei quali si proroga la 'restituzione, e dispone che sia offerto il rinnuovo delle cambiali ai respetlivi possessori con accettazione a tre mesi col frutto del sei per cento. Stando alle parole della deliberazione parrebbe adun­ que che tutto si riducesse ad una proroga di tre mesi, ma è evidente che il termine del pagamento sarà ancora prorogato, se in questi tre mesi non interviene un aiuto straordinario all’infuori delle risorse comu­ nali, giacché questa deliberazione darà inevitabilmente l’ultimo colpo al credito già moribondo del Comune di Firenze, e sarebbe follìa sperare da cotoste nuove risorse per pagare i debiti vecchi. 11 provvedimento è gravissimo, e sebbene aspettato da lungo tempo non riesce perciò meno doloroso. Gli interessi colpiti sono in massa rilevante, dacché si sa come il debito fluttuante del Comune, rappresentato da cambiali, si avvicini ai 35 milioni di lire, senza anche tener conto dei capitali che sarebbero dovuti per ammorta­ mento dei debiti ordinarli. Fra le tante città del Regno, Firenze ha il triste privilegio di essere la prima a mancare ai propri impegni, e tutta la sua bellezza naturale ed artistica ci apparisce oggi come oscurata dalla bruttezza che le imprime il disonore del fallimento inevitabile. La bellezza dei suoi nuovi ornamenti sparisce quando si rifletta che ogni cre­ ditore non pagato può rinfacciarli ai Fiorentini di­ cendo che sono scroccati a danno suo. _

(2)

178

L’ ECON OM ISTA 24 marzo 1878

negare il patriottismo di cotesti amministratori, ed abbiamo già detto altra volta che noi ammiriamo chi resta impavido al suo posto a subire le conse­ guenze dall’operato proprio ed anche di quello degli altri, ma diciamo pure che anche il patriottismo può riuscir fatale per gli amministrati quando il de­ siderio del bene della propria città soverchia la ra­ gione e fa velo all’intelletto, e la esperienza dolo­ rosa ci avverte che cotesta è la verità.

Piuttosto può dimandarsi se la misura adottata dal Municipio fiorentino sia il portato inevitabile di una necessità assoluta o se poteva differirsi. — Ebbene per chiunqne conosce a fondo le condizioni finan­ ziarie del Comune di Firenze la risposta non può I essere dubbia; non solo oggi, ma anche da molto tempo in quà, la misura era inevitabile quando do­ vevano poi mancare i compensi straordinarii sperati, j ed ai quali la città aveva o credeva avere diritto.

Forse avrebbe potuto evitarsi il guaio attuale se fino dal 1871, senza perdere un minuto di tempo, appena deciso dal Parlamento il trasloco della Ca­ pitale da Firenze a Roma, si fossero arditamente adottati quei provvedimenti finanziarii che pur si adot­ tarono dal 1875 in avanti. Ma troppo tardi si pensò al riparo; le economie introdotte nel bilancio del 1875, e gli aumenti d’entrata allora decretati, erano misure che avrebbero avuta la loro efficacia quattro o cin­ que anni prima, ma quando si adottarono già la piaga era così profonda che le risorse locali non potevano guarirla. Disgraziatamente prevalsero altri concetti dal 1871 al 1875; si aggiunga che il com­ penso concesso dallo Stato a Firenze fu inadeguato ai suoi bisogni, e poi per ultimo si rifletta che i provvedimenti finanziarii adottati a prò dell’ Erario nel 1870, 1874 e 1875 rovinarono sempre più la situazione, e noi troveremo, dopo tutto, che la de­ liberazione presa dal nostro Municipio nel 17 del corrente mese avrebbe dovuto prendersi molto tempo prima, giacché quanto più era sollecita e tanto mi­ nore sarebbe stata la massa degli interessi colpiti da cotesta misura. Sarebbe adunque puerile il doman­ darsi se poteva procrastinarsi ancora cotesta deci­ sione; e quand’anche il Comune avesse potuto farlo ricorrendo un’ altra volta «1 credito non avrebbe fatto altro che aumentare il male. Il temuto evento si è ormai verificato, e cosa fatta capo ha. — Or piuttosto è da domandarsi; qual sarà la posizione dei creditori del Comune fiorentino e cosa potranno fare per tutelare i loro interessi? Qual è oggi il dovere dei Fiorentini e quale quello del Governo? Questa sospensione di pagamenti quali conseguenze arrecherà per il eredito dei Comuni? Hanno le al­ tre città interesse, o n o, a patrocinare nel Parla­ mento per mezzo dei loro rappresentanti le sorti della nostra città?

Rimettiamo al prossimo numero la nostra risposta a codeste dimande.

Il commercio dell’ Italia nel 1877

Le poco liete notizie che risultano dall’esame dello specchio degli scambi dell’Italia coll’estero nell’anno decorso ci servono di scusa ad averne ritardata fi­ nora la pubblicazione, ritardo che i lettori vorranno ascrivere a circostanze indipendenti dalla nostra vo­ lontà.

Il movimento complessivo del commercio del 1877 in confronto a quello del 1876 è dato dalle seguenti cifre :

1877 1876 D ifferenza

Importaz. 1,154,303,039 1,327,137,301 — 172,834,262 Esportaz. 966,523,543 1,216,929,416 — 250,40o,873 Totale. . . 2,120,826,582 2,544,066,717

Il rallentamento avvenuto nella somma dei nostri scambi durante il 1877 di fronte all’anno precedente è rappresentato da una diminuzione nella loro cifra totale di circa il 17 per cento risultante dalla con­ temporanea riduzione delle importazioni di circa il 14 per cento e delle esportazioni di circa il 20 per cento. Le molteplici cagioni che hanno contribuito a ereare la terribile crisi di cui tutti i paesi civilizzati hanno risentito la crudele influenza sono state par­ ticolarmente funeste al commercio italiano. La Fran­ cia che pure ha veduto restringere la somma dei suoi scambi non ha perduto che il 4 1|2 per cento circa ; l’ Inghilterra e l’ Austria hJhno veduto accre­ scersi la cifra del loro commercio, la.prima del 3 per cento circa riducendo le esportazioni, ma in­ grossando considerevolmente le importazioni ; la se­ conda di circa il 9 1|2 per cento nel quale figura per più di un terzo I’ aumento delle‘ importazioni e per poco meno di due terzi quello delle esporta­ zioni. A conseguire questo risultate nell’Impero Au­ stro-Ungarico hanno contribuito specialmente due circostanze; la vicinanza dei paesi impegnati nella guerra che han dovuto ricorrervi per approvigio- namenti di ogni sorta, ed il beneficio degli abbon­ danti raccolti chiamati in larga copia a supplire a quelli del basso Danubio di cui era rimasta in­ cagliata la circolazione.

L ’Italia all’incontro, il cui commercio come in Au­ stria è alimentato dai prodotti dell’ agricoltura assai più che da quelli dell’industria ha dovuto princi­ palmente soffrire della sorte poco felice toccata ai prodotti del suo suolo come può facilmente convin­ cersi chiunque getti uno sguardo sopra i prospetti doganali pubblicati dalla Direzione generale delle Gabelle. Oltredichè la sola industria in cui il nostro paese paese possa vantare una preminenza inconte­ stabile, l’industria serica è stata acerbamente colpita non solo dalle cagioni generali di cui han sofferto tutte le altre industrie, ma anco da cause che sono ad essa specialissime, come ad esempio la mancata raccolta dei bozzoli ed i capricci della moda ; tanto che essa sola ha arrecato nel nostro bilancio com­ merciale una diminuzione di 119 milioni di lire nelle importazioni e di 234 nelle esportazioni di fronte al 4876.

Riproduciamo come il solito i resultati generali tanto all’importazione che all’ esportazione di cia­ scuna delle 20 categorie di merci che figurano sui prospetti delle nostre dogane.

IM PORTAZIONE 1 8 7 7 1S 76 D iffe r e n z a A cq u e ,B ev a n d e,e d O lii L . 62 228 932 47 231 306 + 14 997 626 D e rra te co lo n ia li e c c . . 159 164 224 163 869 452 — 4 705 228 F r u t t i, S em en z e , e c c. 15 171 865 12 284 431 -1- 2 887 434 G r a s s i n a ... 25 268 964 28 111 161 — 2 842 197 P e s c i ... 20 302 508 20 611 866 — 309 358 B e s tia m e ... 10 288 712 17 636 912 — 7 348 200 P e l l i ... 45 110 188 48 424 789 — 3 314 601 C an ap e, L in o e r e la tiv e m a n ifa ttu re ... 29 785 912 33 230 220 — 3 444 308 C otone e r e la tiv e m a­

n ifa ttu re ... 156 514 216 163 936 473 — 7 422 257 L a n e , C rin o , e re la tiv e

(3)

24 marzo 1878 L’ E C O N O M IS T A 179 S e te e r e la tiv e m a n ifa t­ tu re ... 112 191 C e re a li, F a r in e e P a s te 92 818 L e g n am i o L a v o r i in L e g n o ... 51 350 C a rta e L i b r i ... 7 456 M e rce rie , C h in ca g lie rie 8 6 215 M e ta lli e L a v o r i fa tti con e ss i... 78 006 Oro ed A rg e n to , B ig io t­ te rie e tc ... 20 583 P ie tr e , T e r r e ed a ltr i F o s s i l i ... 51 307 V a s e lla m i, V e tr i e C ri-s ta llli... 14 597 T a b a c c h i . . . 26 511 266 523 231 642 969 107 975 153 — 119 451 703 15 156 630 133 123 197 44 309 380 7 538 905 92 236 531 -h 7 040 753 82 782 6 021 334 891 73 330 891 + 4 676 000 370 25 624 986 - 5 041 616 964 62 294 437 10 986 473 559 766 17 335 285 33 422 607 -2 737 7-26 6 910 841 ESPORTAZIONE 1 5 7 7 1 8 7 6 D iffe r e n z a A cq u e ,B ev an d e,e d O lii L. D e rr a te co lo n ia li e cc. . F r u t t i, S em en z e , e cc. . G r a s s i n a ... P e s c i ... B e s t i a m e ... P e l l i ... C an ap e , L in o e re la tiv e M a n ifa ttu r e ... Cotone e R e la tiv e m a­

n ifa ttu re ... L a n e , C rin o , e re la tiv e m a n if a ttu r e ... S e te e re la tiv e m an ifa t­ tu r e ... C e re a li, F a r in e e P a s te L e g n a m i, o L a v o r i in Legn o... C arta e L i b r i ... M e rce rie , C h in ca g lie rie M e ta lli e L a v o r i fa tti con e s s i... Oro ed A rg e n to , B ig io t­ te r ie e c c ... P ie tr e , T e r r e ed a ltr i F o s s ili... V a s e lla m i, V e tr i e C ri­ s ta lli ... T a b a c c h i ... 120 218 605 55 089 393 59 618 228 47 409 176 2 521 216 65 003 262 15 013 779 158 600 775 55 344 273 69 705 344 45 217 394 2 255 142 42 693 890 13 967 032 — 38 382 170 — 254 880 — 10 087 116 4 - 2 191 782 4 - 266 074 4 - 22 309 372 -4- 1 046 747 36 743 630 43 828 115 — 7 084 485 4 918 104 4 316 924 4 - 601 180 8 989 025 6 402 260 4 - 2 586 765 250 822 950 70 346 646 485 550 245 74 621 462 — 23'» 727 295 — 4 274 816 21 719 852 6 792 068 110 899 146 24 899 643 5 101 611 99 786 441 — 3 179 791 4 - - 1 690 4^7 4 - 11 112 705 22 663 566 19 593 928 4 - 3 069 638 20 776 080 12 159 697 4 - 8 616 383 41 165 512 47 627 377 — 6 461 865 5 732 148 81 157 5 218 086 39 777 4 - 514 062 4 - 41 380

Nella prima categoria l’ aumento rilevante delle importazioni è fornito specialmente dagli olii di cui, compreso i minerali, si è importato una somma mag­ giore di circa 13 milioni e mezzo, e dai vini di cui si è importato 1,196,000 lire di più che nel 1876. Avvertiamo che nelle differenze che andiamo ed an­ dremo notando non teniamo affatto conto degli au­ menti di valore, i quali per altro sono valutali nelle cifre complessive dei prospetti surriferiti e negli olii tali aumenti sarebbero non del tutto irrilevanti. Al­ l’incontro si esportarono circa 32 milioni di meno di olio ed 8,271,000 lire di vino. Qui appariscono evidenti gli effetti del cattivo raccolto dell’anno pas­ sato. Nella seconda categoria le diminuzioni più no­ tevoli all’importazione sono subite dal caffè 5,8 mi­ lioni, dallo zucchero raffinato 5, dai generi tinto- riali non nominati 3,3, cioè una metà dell’importa­ zione del 1876 e dall’indaco 1,1. E invece in au­ mento lo zucchero non raffinato di 7 milioni. Al­ l’esportazione diminuiscono i generi per concia e per tintoria, non nominati, di 13 milioni, il tartaro e le feccie di vino di 1. Aumentano invece il sommacco di 9 milioni ed i colori non nominati di circa 2

milioni. .

Nella terza l’ importazione delle sementi diverse è aumentata di 1, 7 milioni e quasi tutte le frutta secche presentano aumento non lieve che ncn rag­ giungono per altro la cifra di un milione; aumenta 1’ esportazione delle arancie e dei limoni di 2, 7 mi­ lioni, ma diminuisce di 9, 7 quella delle mandorle monde a cagione del raccolto mancatone quasi as­ solutamente in Sicilia e di 1, 5 milioni diminuisce 1’ esportazione delle sementi diverse. Nella quarta si trova ridotta di 1, 8 milioni l’ importazione del grasso

e 1’ esportazione delle uova di 3, 6 accresciuta in­ vece quella del burro fresco 1, 5 del pollame 2, 4 e della carne salata 4, 3. Gli esportatori di bestiame hanno avuto nel 4877 un’ annata assai favorevole. Gli animali bovini hanno fornito una maggiore espor­ tazione di 21, 6 milioni; vi ha contribuito forse in parte la scarsezza dei foraggi, ma 1’ aumento deve principalmente considerarsi conseguenza dello svi­ luppo che l’ industria dell'allevamento del bestiame ha preso specialmente nell’Alta Italia 1 importazione di esso è diminuita di un milione 4|2 e ili 5 quella dei cavalli. Nella categoria settima trovasi diminuita e l’ importazione delle pelli crude di 1 milione di lire delle verniciate di 4, 7 l’ esportazione dei guanti è aumentata di 387,000 lire e raggiunge quasi la dira di 3 4[2 milioni; è questa un’ industria che va pren­ dendo in Italia considerevole sviluppo.

Le industrie tessili presentano un aumento all’ u- scita di quasi tutti gli articoli manufatti, ma crediamo non sia questo un indizio di ottimo augurio e se te­ niamo conto delle condizioni tutt altro che prospere in cui si trovano queste industrie e della minore im­ portazione nel regno dei loro prodotti dobbiamo ri­ tenere che la maggiore esportazione eh’ esse presen­ tano provenga dalla necessità di trovare sbocco al di fuori alle merci che si trovavano incagliate al- 1’ interno. Speriamo che ciò abbia valso almeno a procacciare ai nostri industriali qualche nuovo cliente. La diminuzione di 7 milioni che troviamo all’ espor­ tazione delle canape è intieramente dovuta alla per­ dita delle canape e del lino greggio e pettinato, per­ dita che raggiunge 8, 8 milioni se si valuta la di­ minuzione del valore, senza questa oltrepassa di poco i 5 milioni.

(4)

180 L’ ECONOMISTA 24 marzo 1878

diminuzione di 4 milioni all’ importazione e di 1,4 al­ l’ esportazione. Nella stessa categoria può notarsi un aumento all’ importazione delle macchine, di circa 2 milioni degli scardassi di 1,5, ma una diminuzione nelle macchine speciali per la filatura di 1,8 milioni e negli strumenti scientifici di 2 ; all’ esportazione una riduzione di circa 5 milioni nelle treccie di paglia e di 1 negli stracci per tacere di altri oggetti di minore importanza.

Fra i metalli troviamo un aumento nell’ importa­ zione delle rotaie 3,3 milioni, nell’acciaio in barre, 1,2, e negli arnesi di ferro per le arti e 1’ agricol­ tura 1 ,4 ; all’uscita rileviamo un aumento di 1 mi­ lione 1|2 nel minerale di piombo; quasi tutti gli articoli di questa categoria in generale sono in au­ mento tanto all’entrata quanto all’uscita ed è questo un fatto che non può trascurarsi di notare senza soddisfazione. Pei metalli preziosi vi fu una dimi­ nuzione di 4,4 milioni nell’ introduzione dell’oro e dell’argento in verghe ed un aumento di 10,8 mi­ lioni nell’uscita di questi metalli coniati. Nella cate­ goria diciottesima diminuì l’ importazione del car­ bone fossile di circa 4 milioni e dei bitumi di 5,1 aumentò di 2,3 milioni l’esportazione dello zolfo. La sola variazione di qualche rilievo che presenti la diciannovesima classe è una diminuzione di quasi un milione nelle bottiglie nere comuni, che sta probabil­ mente in correlazione con la di minuta produzione dei nostri vigneti.

La diminuzione dei nostri scambi non ha recato un’influenza ragguardevole sopra i proventi delle nostre dogane giacché come abbiamo visto, la maggior parte delle riduzioni e le più importanti hanno avuto luogo sopra materie prime non soggette a dazio. Le do­ gane hanno dato una maggiore entrata di L. 2,305,015 a cui hanno contribuito per altro in parte i nuovi balzelli; ciononpertanto la somma di 100 milioni 1|2 fornita nel 1877 dalle nostre dogane è assai lungi dal corrispondere alle previsioni del bilancio che la fa­ cevano ascendere a 106 milioni di lire.

RIVISTA BIBLIOGRAFICA

Alessando Garelli. Sulla Teoria della Ricchezza. -Torino E. Loescher 1878.

Fra le tante monografie che veggono la luce in Italia intorno ad argomenti della scienza economica pura ben poche hanno i pregi per cui risplende questo studio del prof Garelli U quale formò oggetto della prolusione al corso di economia politica, inaugu­ rato nel novembre decorso nella R. Università di Torino. Noi l’ abbiamo letto con vivo interesse ed anco, non esitiamo a dirlo, con non lieve profitto. In essa non si fa sfoggio, come pur troppo si è preso il mal vezzo fra noi, di malsicuri slanci nelle nebulose regioni delle escogitazioni tedesche, ma con una forma chiara e concisa e con vasta e soda erudizione si espongono nitidamente e si discutono le varie dot­ trine insegnate dagli economisti intorno a ciò che nel linguaggio scientifico debba intendersi « per ric­ chezza. » Chiunque conosca quanto sia essenziale il ben precisare nella mente degli studiosi il vero si­ gnificato delle nozioni fondamentali della scienza, prima di procedere a risolverne i problemi, si ac­ corgerà facilmente dell’ importanza dello studio del

prof. Garelli, che, presentando uno specchio accurato delle varie dottrine e ponendole in confronto fra loro, sparge di viva ed ottima luce uno dei punti più culminanti della scienza.

Dopo aver passata in rassegna la dottrina del si­ stema mercantile che attribuisce titolo di ricchezza soltanto al denaro, quella dei fisiocrati che non ac­ corda il carattere di ricchezza che ai prodotti mate­ riali, e l’ insegnamento di coloro che riconoscono tal carattere soltanto a ciò che lia costato un lavoro umano, e dopo di aver confutato questi errori di cui non mancano di farsi paladini, anco scrittori moderni l’ autore scende ad esaminare lo stato attuale della scienza intorno a questo argomento e ne divide il campo in due grandi scuole.

Una eh’ egli crede potrebbe denominarsi scuola fr a n c o -ita lia n a sebbene vi appartengano A. Smith, T. R. Malthus e J. S. Mill, chiama ricchezza tutto ciò che è utile a sod d isfare i bisogni um ani; un’ altra che potrebbe chiamarsi anglo-tedesca designa con tal nome soltanto i beni perm u tabili. La prima nella quale 1’ autore francamente si schiera ha peccato talvolta per mancanza di rigore scientifico e di esat­ tezza, ma la seconda ha colpe assai più gravi. Essa infatti racchiude nella teorica dello scambio tutta quanta 1’ economia politica, come se uno piuttostoché un altro indirizzo dato alla produzione o ai consumi non potesse essere oggetto importante di studio per 1’ economista, anco indipendentemente dal fatto certo proeminente e quasi generale dello scambio dei pro­ dotti ; avvertiamo di passaggio che in un’ altra parte del suo studio 1’ autore confuta 1’ opinione di coloro che escludono dal quadro della scienza economica la parte relativa al consumo della ricchezza. Inoltre come si può sostenere che non v’ è ricchezza se non in ciò che può permutarsi ? Una fortezza inespugna­ bile, un ottimo equipaggiamento di artiglierie costi­ tuiscono per lo Stato una ricchezza indipendente­ mente dal proposito o dalla possibilità che lo Stato possa avere di cederle o di venderle. Lo stesso dicasi delle abilità o facoltà personali di cui po­ tranno scambiarsi i prodotti ma non 1’ abilità stessa. Col criterio della permutalità si verrebbe a negare il carattere di ricchezza all’ acqua che un paese pos­ sedesse in tal copia da lasciarne a tutti libero 1’ uso e si verrebbe a riconoscere un tal carattere quando 1’ acqua divenisse scarsa in modo che chi la posse­ desse potesse pretenderne un prezzo da chi volesse servirsene.

Ma non ci fermiamo più oltre sopra questi ed altri argomenti con cui si confuta vittoriosamente questa dottrina, ed accenniamo a quella che forma quasi una seconda parte di questo studio nella quale l’au­ tore considera la ricchezza in ordine ai grandi fe­ nomeni economici della produzione, dello scambio, della distribuzione e del consumo, esaminando i vari aspetti ed i vari rapporti a cui essa dà vita secondo che la ricchezza si contempli in ciascuna di queste fasi.

(5)

24 marzo 1878 L’ ECONOMISTA 181

in modo da formare un tutto a sè distinto da quella ! della prod u zion e e della distribuzione della ricchezza, e non crediamo abbia ragione di dire che « si scam­ bi o no la ricchezza, ciò non ha che un’influenza affatto accidentale sul modo di distribuirla fra i pro­ duttori. »

Nè possiam ommettere dipoi che sarebbe un pro­ gresso scientifico il sostituire la . definizione che l’ autore dà dell’ Economia Politica, l a scienza delle leggi che governano la ricchezza n ei su oi r a p p o r ti coll’ interesse individuale e sociale a quella ormai classica del Say, la quale, oltre a fornire un con­ cetto assai chiaro del contenuto di questa disciplina, presenta anco il vantaggio, tale almeno ci apparisce, di delinearne la partizione in modo da fissarla chiara e distinta nella mente. Queste osservazioni non ab- biam voluto tacere per far meglio apparire la sin­ cerità e l’ imparzialità delle lodi non comuni di cui troviamo meritevole lo studio del prof. Garelli.

Supino. Del Conto Corrente. — Bologna, Fava e Ga-ragnani, 1878.

Questa nuova pubblicazione dell’ egregio avvocato Supino, già noto per altri pregevoli scritti di diritto commerciale, ha per scopo (è appena necessario l’ av­ vertirlo,) di illustrare l’ istituto giuridico del Conto Corrente, una delle forme di contrattazione più ge­ neralmente usate dai commercianti, e che nonostante, è affatto trascurata dalla maggior parte delle attuali legislazioni positive e fra le altre anche dalla nostra. — Quindi un pregio non ultimo del suo lavoro deve ravvisarsi nella scelta stessa del soggetto, giacché è appunto intorno a quei rapporti giuridici i quali sfuggono tulf ora alla sanzione del legislatore che le ricerche dello studioso riescono maggiormente pro­ ficue, e come norma alla attuale giurisprudenza, e come criterio fondamentale per una legislazione fu­ tura. — Di questo pregio poi deve tributarsi tanto maggior lode all’ avv. Supino, inquantochè, giudican­ done almeno dal complesso delle sue opere, apparisce chiaramente come egli abbia appunto cercato di di­ rigere i suoi studi ad illustrare più specialmente il diritto non codificato; e del come egli sappia farlo ne è prova la meritata reputazione di cui gode nel foro il suo trattato sulle O perazioni d i B orsa, del quale abbiamo altra volta parlato nelle colonne del nostro

giornale.

Ma per un altro titolo ancora merita lode il Supino e ci piace tributargliela, ed è quello di essere stato il primo o quasi, fra noi a trattare ex p ro fesso la materia delicata e controversa del Conto Corrente. — Con ciò non intendiamo dire già che il suo sia un lavoro originale; anzi è in gran parte, e non potrebbe essere diversamente, un’opera, di compilazione. Dopo quanto è stato scritto intorno a questo argomento cominciando dai nostri antichi trattatisti di Diritto Com­ merciale e giungendo fino ai modernissimi scrittori italiani e francesi i quali più o meno si occupano tatti del Conto Corrente, dopo che in materia di Conto Corrente, si è già formata una copiosa raccolta di massime di giurisprudenza, dopo che, per tacere di altre, abbiamo le monografie veramente normali del Noblet e del Feitu, troppo diffìcile sarebbe il dire qualche cosa di veramente nuovo in proposito; ma per questo appunto non è così facile, come a prima vista potrebbe sembrare, il raccogliere in tanta congerie di materiali le opinioni più autorevoli e più

meritevoli di esame, T esporle metodicamente, lo sce­ verare con sana critica quelle che sono da accettarsi da quelle che invece si debbono rigettare. E ciò ha fatto il Supino e per quanto a noi sembra lo ha fatto bene. Solo avremmo voluto che egli desse a questo suo studio un più ampio svolgimento, quale lo avrebbe certamente consentito l’ importanza del- l’ argomento, e la dottrina dello scrittore.

In ogni modo però noi crediamo, che anche nei modesti confini che l’ autore si è voluto imporre, l’ opera del Supino possa essere consultata con pro­ fitto da tutti. E diciamo da tutti, perchè ci sembra che un’ opera la quale come questa si occupa di un argomento di così vitale interesse per il commercio non debba essere ricercata soltanto dal ceto forense, ma anche, e più se fòsse possibile, dagli uomini di affari, almeno da quelli i quali non affatto digiuni di studi o forniti di qualche cognizione legale, me­ ritano veramente il nome di commerciante.

Ed è appunto per segnalarla alla loro attenzione, che abbiamo voluto darne questo cenno bibliografico, che a prima vista potrebbe sembrare, non troppo in armonia coll’ indole del nostro giornale.

Augusto Tamburini — Credito, capitale e banche — Divagazioni economiche. —- Bologna Tip. Fava e G-aragnani — 1877,

L ’ autore dice essersi proposto di fare conoscere a coloro che sono affatto ignari di cose bancarie quanto sul credito, sul capitale e sulle banche è necessario che ciascun sappia. Ci pare che egli sia riuscito assai bene nel suo intento di spiegare in poche parole ed in modo chiaro le principali ope­ razioni di una banca di depositi e sconto cioè; i conti correnti, i depositi di risparmio, gli assegni a scadenza fìssa, gli sconti e le anticipazioni. Questa parte del libro può essere letta con frutto da molti e forma un piccolo manuale popolare assai utile.

La parte generale sul credito ed il capitale lascia invece un poco da desiderare sia per precisione, sia perchè si poteva dire di più con meno parole; ma, per altro, sono piccole mende e, nel suo insieme, il libro è buono e scritto con sani criteri economici.

DEI RAPPORTI DELL’ECONOMIA POLITICA

COLLA MORALE, COL DIRITTO E COLLA POLITICA

Di questo tema molte volte trattato, e con sin­ golare efficacia svolto fra noi dall’ on. Minghetti in un libro tenuto giustamente in pregio, è tornato a parlare nel fascicolo del lo febbraio della Bevile des deux m ondes il sig. E. de Laveleye.

(6)

182 L’ ECONOMISTA 24 marzo 1878

che le ultime sventure della Francia e la grave crisi che ha traversato recentemente ebbero la loro prima cagione nella ignoranza in fatto di economia politica.

L ’ origine di questo stato di qose rimonta al 1818, quando la rivoluzione di febbraio fatta a proposito di una rivendicazione di diritti politici prese imme­ diatamente il carattere di una rivoluzione sociale. Ognuno ricorda come dopo il movimento Sansimo- niano del 1850 l’ idea di una trasformazione pro­ fonda della società si fosse diffusa fra gli operai ili Parigi e delle grandi città, e come pochi economisti rimanessero sulla breccia contro i socialisti. Disgrazia­ tamente il malinteso fra il popolo e la borghesia era trop­ po grande e troppo grande l’ignoranza dalle due parti. Gli uni credevano che con pochi decreti si potesse rin­ novare l’ ordine sociale, gli altri temevano che i S o ­ cialisti divenuti padroni avrebbero proceduto alla divisione dei beni. Se le cognizioni economiche fos­ sero state più diffuse, gli operai avrebbero compreso che le riforme sociali non si fanno che lentamente, e i conservatori si sarebbero accorti che in un paese nel quale i cittadini che posseggono una parte della fortuna mobiliare o immobiliare della nazione for­ mano la maggioranza, la proprietà non può esser messa in pericolo nemmeno dal suffragio universale.

Così si andò al colpo di Stato. La popolarità del secondo impero gli venne dal progresso economico, che fece per qualche tempo dimenticare il resto. Oggi in Franeia il socialismo è scomparso e gli operai comprendono tutte le difficoltà di una trasforma­ zione economica. Se il pericolo esistesse si avreb­ bero per difendere la repubblica i conservatori e i partigiani della democrazia. Un governo popolare è più forte per la resistenza di un governo autocratico od oligarchico. Sarebbe enorme danno ristabilire il dispotismo dove il popolo non è più fatto per su­ birlo. Un po’più di cognizioni economiche general­ mente diffuse, dissiperebbe le illusioni come le paure e mostrerebbe che lo spettro rosso e il radicalismo sono spauracchi impiegati dal dispotismo per attirare a sè i gonzi ed i timidi.

L’economia politica è specialmente necessaria ai legisti ed agli avvocati, perchè la maggior parte delle leggi più importanti si riferiscono a questioni economiche.

Questa scienza fu considerata un tempo come una scienza a sè, positiva, descrittiva che bastava a sè stessa. Ma considerata così è tecnologia, statistica e soltanto non sarebbe economia politica. La parte che tratta del consumo parve la meno importante, e pertanto gli antichi avevano quasi esclusivamente portata la loro attenzione su questo punto, perchè erano soprattutto moralisti. La produzione dipende dal consumo. Cangiate i bisogni e voi avrete can­ giato d’uu tratto tutta la industria. Dunque a senso del Laveleye, la definizione dell’ economia politica trascura l’essenziale. Occorre quindi comprendere a dovere il suo oggetto e la sua missione.

Ed ecco come ragiona il chiaro scrittore. L ’uomo ha numerosi bisogni, che il progresso della civiltà ha raffinato. Egli si procura ¡strumenti via via più perfetti. « 11 progresso è enorme, ma è dovuto al miglioramento dei processi di fabbricazione, all’ ap­ plicazione della scienza, alla industria o, come si dice, all’impiego intelligente del capitale. Descrivere questo progresso non è ancora economia politica ; questa non apparisce che quando si tratta della di­ visione e del buon impiego della ricchezza acqui­

stata, e anche, finché si tratta di un uomo solo o di una famiglia isolata, non è che economia dome­ stica. »

« Non vi è luogo all’economia politica che in seno di un gruppo di famiglie, in un comune, in uno Stato. » Infatti, stando all’ etimologia, significa la buona amministrazione della casa comune, ossia dello Stato. Non si tratta soltanto delle finanze pubbliche, ma del benessere dei cittadini. Le leggi più favo­ revoli all’accrescimento del benessere saranno quelle che contribuiranno più a rendere il lavoro produt­ tivo. Il lavoro sarà più produttivo quando la scienza e l’istruzione siano più diffuse e quando ciascuno goda del frutto del suo lavoro. La organizzazione della responsabilità e la pratica della giustizia, ecco la cosa essenziale in economia politica. Il che mo­ stra già i rapporti che legano l’economia al diritto e alla politica.

La maggior parte degli economisti ortodossi hanno voluto escludere dalle loro speculazioni l’intervento dello Stato ; non se ne occupavano che per proscri­ verlo. Essi volevano dunque fare dell’economia po­ litica non politica, perchè non diventa tale che quando ha per oggetto l’ azione dello Stato, cioè le leggi. L’analisi della divisione del lavoro, delle oscillazioni dei prezzi, della legge dell’offerta e della domanda, della rendita, del profitto, del salario è stata un servigio resoci da quegli scrittori, « ma è l’A. B. C. della scienza, non è la scienza essa stessa, non più di quel che la calligrafia sia l’ arte di scrivere. L ’ oggetto proprio dell’ economia è l’ influenza delle leggi e delie istituzioni sullo sviluppo della ricchezza, tanto è ciò vero che gli economisti nelle loro riu­ nioni, nei meetìngs, nelle assemblee politiche, do­ vunque non si rivolgono a scolari, non parlano che di leggi da riformare o da adottare, non di pretese leggi naturali necessarie, che si lasciano nei ma­ nuali, ma delle leggi dello stato fatte liberamente dal legislatore. »

I creatori della economia politica la capirono così, i fisiocrati in Francia e Adamo Smith in Inghilterra. Quest’ ultimo disse che aveva per oggetto di arric­ chire popolo e sovrano. « Si tratta dunque delle leggi dello Stato, non delle leggi naturali. » Dire che così è arte, è non comprendere che tale è l’in­ dole di ogni ordine di conoscenze rivolte a uno scopo, e quindi di tutte le scienze morali.

Quanto al metodo, è un tentativo vano quello di Cournot e di Walras di mettere i problemi econo­ mici in formule algebriche, come lo è quello di Rossi e di Senior di « dedurre » i principii della scienza delle ricchezze da alcuni assiomi concepiti a p r io r i. L ’economista deve avere in vista un ideale, che è il benessere di tutti conformemente alla giu­ stizia, ma deve tener conto delle circostanze parti­ colari per vedere quali siano le leggi più adatte, e non solo-delia natura generale dell’ uomo. In tal modo non si tratta più di constatare le pretese leggi naturali che non sono che dei Iruism s, cioè l'analisi degli effetti della legge dell’offerta e della domanda fatta con più o meno particolari, legge in cui si voleva inchiudere tutta la scienza e che si trova esposta in alcuni manuali con perfetta chiarezza. Si tratta invece di cercare quali sono le leggi e le istituzioni che le società devono adottare per arri­ vare al benessere.

(7)

24 marzo 1878 L’ ECONOMISTA 183

la forma di governo più favorevole all’accrescimento della ricchezza ? Sarebbe pure interessante vedere l’ influenza delle diverse forme del culto sulla pro­ duttività del lavoro e sulla prosperità dei popoli. La morale tocca alle radici stesse della economia poli­ tica, perchè la ricchezza è ciò che sodisfa a un bi­ sogno veramente umano, cioè razionale. Di più l’ influenza della morale si fa sentire ad ogni passo nelle questioni economiche. La famosa questione della popolazione che domina tutte le altre, si risolve principalmente con considerazioni d’ ordine morale. I giuristi non vogliono che si insegni loro l’econo­ mia politica, e pertanto senza economia politica non si penetra nel fondo del diritto e viceversa. In tutte le società la libertà dell’uomo si spiega nel quadro imposto dalle istituzioni giuridiche e dai regolamenti dello Stato, che modificano profondamente la produ­ zione e la distribuzione della ricchezza. Il Wagner ha dimostrato che lo sviluppo economico di un po­ polo dipende prima dal progresso dei procedimenti tecnici delle differenti industrie e poi dallo stato della legislazione che serve di base e di regola alle attività economiche degli individui. Egli ha dimo­ strato che la proprietà non è un diritto che presenti sempre caratteri identici e, per cosi dire, ne­ cessari'!.

Il Laveleye passa quindi a dimostrare che la co­ noscenza della economia politica è indispensabile al giureconsulto, e al solito osserva che la giustificazione della proprietà si trova non tanto nell’ interesse par­ ticolare quanto in quello generale. La ragione dei limiti che le si impongono è precisamente la stessa. II diritto commerciale e industriale acquistano sempre maggiore importanza, e quindi occorre che il giurista conosca l’ economia politica.

Tali sono le cose dette dal Laveleye nel suo ar­ ticolo, e noi abbiamo voluto riferirle con qualche larghezza perchè esse sono una conferma delle ten­ denze di quella nuova scuola, della quale sovente abbiamo tenuto parola. Non ci pare dunque sia fuor d’ opera l’ aggiungere qualche considerazione, il che noi faremo colla massima brevità.

Prima di tutto non poniamo in dubbio le relazioni della economia politica colla morale, col diritto e colla politica, nè crediamo che alcuno possa farlo ragio­ nevolmente, dal momento che non si può impugnare che uno stretto legame congiunga fra loro tutte le scienze sociali. Ma non è per questo men vero che ogni scienza abbia un dominio a sè. Soltanto una scienza da sola non può risolvere problemi per loro natura complessi.

Il Laveleye dice che l’ economia non deve trattare delltf pretese leggi naturali, che sono dei iruism s e costituiscono l’ abbiccì della scienza, ma de/e al con­ trario cercare quali sono le leggi e le istituzioni che le società devono adottare per arrivare al benessere.

Noi non arriviamo a comprendere come vi possa essere una scienza, se si negano le leggi generali. Queste leggi seguono una evoluzione progressiva, ma la loro esistenza è certa come più volte è stato di­ mostrato. E tanto meno arriviamo a capire come si potrebbero fare leggi che guidino al benessere senza conoscere le leggi naturali che regolano i fenomeni economici. Che nelle scienze sociali la scienza e 1’ arte, per così dire, si compenetrino lo ammettiamo, ma non ammettiamo che si possa dettare un precetto se non si parte da un principio. Che poi questo prin­ cipio si sia trova .a per induzione o si sia dedotto

da un princìpio anteriore, è una questione di me­ todo, che richiederebbe troppo lungo discorso.

Gli economisti nelle assemblee e nei meetings par­ lano di leggi speciali e non di leggi generali ! E la cosa la più naturale del mondo. La tribuna non è la cattedra, ma ciò non significa che la prima debba far dimenticare la seconda. L ’ economista, se merita questo nome, nel discutere la bontà di uno speciale provvedimento avrà in mira le leggi naturali eco­ nomiche, e riterrà cattiva quella misura che le di­ sconosca. Se non fosse così, perchè disapproverebbe il ristabilimento del calmiere, i dazi protettivi e via discorrendo? Noi parliamo per gli econornisti veri; quanto a coloro che non ammettono leggi naturali economiche, essi ci sembrano tutto fuori che eco­

nomisti. .

Si cita Adamo Smith. È vero che egli disse che l’ economia aveva per oggetto di arricchire po­ polo e sovrano, e che questa definizione conviene piuttosto ad un’ arte che ad una scienza, ma bisogna anche pensare che ciò non impedì al grande scrit­ tore di trattarla come una scienza e di illustrare pel primo con una somma lucidità e larghezza quelle stesse leggi naturali che il Laveleye chiama ripetu­ tamente prelese.

Quanto poi all’ accusa fatta agli economisti orto­ dossi di non aver voluto occuparsi dell’ intervento dello Stato che per proscriverlo, è la solita inesat­ tezza. La esagerazione di uno o di pochi non si può affibbiare a una scuola intera, e noi non sappiamo altro che questo, che cioè gli economisti hanno vo­ luto che lo Stalo tuteli i diritti dei cittadini e com­ pia poi tutte quelle opere d’ interesse generale che i privati non debbono, non possono o non vogliono fare. Ripetizione questa di cose vecchie, ma ripeti­ zione necessaria quando si rinnovano vecchie accuse.

La situazione delle Banche d’emissione

al 31 gennaio 1878

Abbiamo ricevuto dal Ministero del Tesoro <rDi- visione dell’Industria e del Commercio) il bollettino delle situazioni mensili dei conti degl’ Istituti d’e­ missione al 31 gennaio 1878. Secondo il consueto esamineremo le cifre principali contenute in questa pubblicazione, ponendo i dati del mese di Gennaio 1878 in confronto a quelli corrispondenti alla fine del precedente mese di Dicembre 1877.

La situazione della parte attiva delle sei Banche di emissione esistenti nel Regno si riassume nelle cifre qui appresso indicate alla fine de’ due mesi in esame : Cassa e riserva . Genti. 1878 L. 306,432,815 L. Die. 1877 289,569,855 Portafogli. . . » 308,798,713 » 352,104,048 Anticipazioni » 101,132,888 » 101,551,760 93,327,983 Titoli . . . . » 95,785,325 » Crediti . . . . » 399,214,322 )) 379,580,672 Sofferenze. . . » 19,307,653 » 19,725,813 Depositi . . . » 769,163,688 » 756,819,496 Partite varie. . » 52,748,292 » 55,603,506 Totale L. 2,052,613,696 L. 2,048,283,133 Spese del Corrente

(8)

184 L’ ECONOMISTA 24 marzo 1878

Nel movimento generale degli Istituti d’emissione abbiamo nel mese di Gennaio del corrente anno una diminuzione di quasi 6 milioni di lire. Dall’ esame delle cifre parziali vediamo che la cassa e riserva presentano un aumento di quasi 17 milioni di lire, mentre nel portafogli abbiamo una diminuzione di oltre 42 milioni di lire. Ecco l’ammontare del por­ tafogli di ciascuna delle Banche d’emissione alla fine de’ due mesi in esame:

Genn. 1878 Die. 1877 L. 172,150,046 L. 192,562,058 » 55,971,863 » 68,783,764 » 25,963,203 » 30,874,476 » 32,638,805 » 34,285,684 » 17,966,353 » 19,268,412 » 4,108,443 » 6,329,654 Banca Nazion. ¡tal.

Banco di Napoli . Bacca Nazioa. tote Banca Romana . Banco di Sicilia . Banca tose, di cred

Totale. . . L. 308,798,713 L. 352,104,048 Le situazioni del portafoglio di tutte le Banche di emissione presenta una diminuzione alla fine di Gennaio del corrente anno. Per la Banca Nazionale Italiana la differenza in meno ascese a quasi 20 mi­ lioni, pel Banco di Napoli a 13 milioni e per la Banca Nazionale Toscana a 3 milioni di lire. Nel portafoglio della Banca Romana, in quello del Banco di Sicilia e finalmente in quello della Banca To­ scana di Credito, la diminuzione si raggirò a circa 2 milioni di lire per ciascun Istituto.

La differenza in più di 20 milioni di lire che si riscontra nei crediti è dovuta alle anticipa­ zioni statutarie fatte al Tesoro durante il mese di Gennaio del corrente anno. La Banca Nazionale Ita­ liana aumentò in detto mese la sua anticipazione di 10 milioni, il Banco di Napoli anticipò 0 milioni, la Banca Romana 2 milioni, e 2 milioni anticipò pure la Banca Toscana di Credito.

La parte passiva delle sei Banche di emissione si riassume come appresso alla fine de’ due mesi in esame :

Gen. 1878 Die. 1877 Cap. e mas. di risp. L. 336,478,536 L. 334,385,022 Circolazione . . . » 624,371,291 » 628,560,592 Debiti a vista . . » 140,205 892 » 136,796,306 Debiti a scadenza. » 87,754,903 » 80,498,084 Depositi . . . . » 769,163,688 » 756,819,496 Partite varie . . . » 91,313,107 » 92,749,541 Totale L. 2,049,287,417 L. 2,029,809,041 Rendite del corrente

» 9,255,877 » 34,552,953 esercizio .

Totale generale . L. 2,058,543,294 L. 2,064,361,994 La circolazione dei biglietti di banca è diminuita di 4 milioni e 200 mila lire nel mese di gennaio; abbiamo invece un aumento di 3 milioni e mezzo nei debiti a vista, e di oltre 7 milioni nei debiti a scadenza, cioè nei conti correnti fruttiferi e nei ri­ sparmi.

Le operazioni di sconto e quelle di anticipazioni ascesero nel mese di gennaio del corrènte anno alle cifre seguenti per ciascuno dei sei istituti di emis­ sione :

Sconti A nticipazioni itol I

1---Banco di Napoli Banca nazion. Tos Banca Romana. Banco di Sicilia L. 77,078,323 L. 8,592,318 » 13,393,006 » 7,486,872 i » 12,713,509 » 418,320 » 7,781,712 » 109,500 » 3,994,790 999,307 » 1,195,481 » 2,064,846 L. 115,960,647 L. 19,867,337

Nel mese di gennaio le maggiori operazioni di sconto furono eseguite nelle seguenti provincie : F i­ renze (23 milioni e 200 mila lire), Milano (14 mi­ lioni e -400 mila lire), Roma (IO milioni e 780 mila lire), Napoli (8 milioni e mezzo), Genova (8 milioni) Torino (5 milioni), Bari (4 milioni) e Livorno (3 mi­ lioni e 300 mila lire). Le maggiori anticipazioni si effettuarono nelle provincie di Napoli (6 milioni e mezzo), Firenze (3 milioni) e Roma (un milione e 800 mila lire).

La circolazione complessiva ammontava al 31 gen­ naio 4 878 a lire 4,564,574,290 50 ripartite come appresso : biglietti del consorzio, lire 940,000,000 ; biglietti degli istituti d’emissione, lire 624,571,290 50.

Vediamo ora il prezzo corrente delle azioni delle quattro Banche d’ emissione costituite Come Società anonime, alla fine dei due mesi in esame:

Gen. 1 8 7 8 Die. 1 8 7 7 Banca Nazionale ita1. L. 1.994 00 L. 1,981 00 Banca Nazionale toscana » 730 00 » 700 00 Banca Romana . . . » 1,129 50 » 1,155 00 Banca tose, di credito . » 550 00 » 545 00 Nelle azioni della Banca Nazionale Toscana ab­ biamo nel mese di gennaio un aumento di lire 50; in quelle della Banca Nazionale italiana l’aumento è di lire 43 e quelle della Banca Toscana di credito aumentarono di lire 5. Le azioni della Banca Ro­ mana presentano invece una diminuzione di L. 29 50. A proposito però del prezzo corrente delle azioni degl’istituti d’emissione, è bene ricordare che le azioni della Banca Nazionale Italiana, quelle della Banca Nazionale Toscana e della Banca Romana, hanno il valore nominale di lire mille, di cui sono versate lire J750 per la prima, lire 700 per la se­ conda, ed è versato l’intero ammontare per la terza ; e che le azioni della Banca Toscana di Credito hanno il valore nominalo di lire 500 e sono versate per metà soltanto.

CRONACA DELLE CAMERE DI COMMERCIO

Camera di Commercio di Milano. — Nella se­ duta del 26 febbraio deliberò di costituire una Com­ missione coll’ incarico di fare oggetto di studio del progetto il trattato commerciale colla Francia, dal punto di vista principalmente delle condizioni fatte alle nostre industrie, e di redigere poi speciale me­ moria in proposito da presentare al Parlamento.

A far parte di quella Commissione, la cui «omina fu deferita alla presidenza, vennero invitati i signori consiglieri: Binda, Bressi, Cozzi, Fuzier, Lualdi, Mac- cia e Richard.

(9)

24 marzo 1878 L’ ECONOMISTA 185

' Richiamata la propria deliberazione, 23 febbraio 1877, colla quale stabiliva di associarsi alla Camera di Commercio di Milano nel presentare al Senato del Regno una Petizione, nello scopo fosse_ sospesa 1’ abolizione dell’ arresto personale per debiti com­ merciali, sino a che, mediante la riforma del Codice di Commercio, le disposizioni di legge riguardanti le dichiarazioni di fallimento e tutto il procedimento relativo fossero rese maggiormente sicure e pronte nella loro applicazione, e più efficaci; dichiara non essere il caso di esprimere nuovamente il voto ri­ chiestole dalla stessa Camera di Commercio di Mi­ lano nel senso medesimo di quello espresso colla soprariferita deliberazione.

Dichiara che non sia conveniente, e che sarebbe senza risultato, l’ appoggiare presso il Governo una istanza della Camera di Commercio*di Cosenza per ottenere che, con apposite disposizioni legislative, venga posto un freno all’ esorbitante usura praticata in Cosenza stessa e in altre piazze commerciali del Regno.

Camera di Commercio di Savona. — Nella se­ duta del 12 febbraio vista la circolare della rappre­ sentanza commerciale genovese del 5 febbraio, an- nunziante il progetto di convocazione al più presto possibile d’un congresso camerale in quella città per ¡studiare ed emettere parere sopra diverse impor­ tantissime quistioni, ivi enumerate, mediante l’inter­ vento di uno o più membri delle Camere che vi faranno adesione, la Camera approvando il progetto, aderisce unanime di prender parte al congresso fidu­ ciosa che le altre consorelle vi concorreranno pure. — Si comunica agli adunati la petizione dell’ono­ revole Camera di Milano tendente ad ottenere che il Governo, in senso dell’ ordine del giorno appro­ vato dal Senato nella seduta 4 dicembre 1877, pre­ senti nel più breve termine possibile, colla riforma delle leggi commerciali e penali, quelle disposizioni le quali valgano a garantire con maggiore spedi­ tezza ed efficacia gl’interessi del credito e del com­ mercio. La Camera coerente ai suoi anteriori re­ clami contro il progetto di legge per l’ abolizione

dell’arresto personale in materia di debiti, presen­ tati assieme alle altre consorelle, sebbene con esito sfavorevole, appoggia vivamente l’ istanza della Ca­ mera Milanese, cui spera che tutte si associeranno, onde almeno conseguire con forze riunite quanto saviamente raccomandò quell’illustre consesso.

Camera di Commercio di Fotenza. — Nella se­ duta del dì 8 febbraio il Presidente fa considerare che la minaccia che pende sulla secolare istituzione, detta Banco di Napoli, per parte del Municipio di Napoli, di far suoi una parte degli utili dello stesso, ha destate serie apprensioni in tutto il ceto com­ merciale delle Provincie Napoletane, e di altre in cui quell’istituto tiene le sue sedi o succursali. Il Banco di Napoli rappresenta gl’ interessi di parecchi milioni d’ Italiani, che per la sua opera proficua e generosa, veggono fiorire 1 industrie, alimentarsi il commercio, sviluoparsi l’agricoltura. Le sue opera­ zioni giovano al commerciante ed all’industriale con gli sconti, agli agricoltori col credito fondiario, a tutti con le fedi di credito e le polizze nominative. Attentare in qualsiasi modo al lavoro benefico del grande istituto di credito, che ogni dì più attecchi­ sce ed estende le sue ra d ici, sarebbe un fatto de- plorevolissimo. Uscendo dalla cerchia delle

Piovili-eie Napoletane il Banco di Napoli è divenuto uno de’ fattori importantissimi di credito e di prosperità in buona parte d’Italia e l’aumento continuo de suol capitali, i cui frutti si rivolgono all’incremento sem­ pre crescente degli stessi, mostrano che solo il con­ corso A molto provincie abbia potuto formare in pochi anni un colosso, che ognora cresce, e che tale non era nel 1860. Nessuno ha diritto di porvi le mani, e lo svolgersi della sua attività , e lo ac­ crescersi delle sue operazioni non gioverà che sem- pre più ad estendere i benefici del credito in quelle provincie ed in altre d’ Italia. ,

Giova augurarsi che non si ripeta ciò che altri uomini, ed altri tempi osarono di fare, perchè non è per migliorare le sorti di una città rispettabilis­ sima, la cui amministrazione forse senza criterio misurato ha creduto di spandere le proprie risorse, che debba cercarsi di minare una istituzione creata col lento lavorio de’ secoli, e che deve solo forse coordinarsi alle regole nuove della vita economica, per rendere più estesi, a tutte quelle provincie Na­ poletane, e ad altre d’Italia che ne saranno deside­ rose i prosperi influssi della sua vivificante azione. La Camera udite le suddette considerazioni fa voti perchè venga respinto in qualsiasi modo ogni tentativo che cerchi di toccare i privilegi del Banco di Napoli, e se la trasformazione de' suoi statuti si potrà credere necessaria, il tempo che tutto matura, e la discussione sapiente delle aule legislative saprà convenevolmente provvedervi. Ordina che della pre­ sente deliberazione se ne facciano consapevoli gli Eccellentissimi Ministri delle Finanze e dèi T e­ soro e la Direzione Generale del Banco di Napoli. Camera di Commercio di Torino. — Nell’ adu­ nanza del 16 febbraio il Presidente dà comunica­ zione:

Del decreto in data del 23 gennaio p. p., per cui il Prefetto di Torino, quale Delegato ministeriale, approva il bilancio della Camera per l’esercizio 1878 nelle pareggiate risultanze di L. 130,030 3 6 ;

Della circolare in data del 23 gennaio p. p., colla quale la Camera di Commercio di Milano fa invito alle Camere consorelle di dare appoggio alle istanze da essa presentate al Ministèro del Tesoro, acciò vogliasi promuovere la più sollecita esecuzione del­ l'ordine del giorno per cui il Senato del Regno, ammettendo l’abolizione dell’arresto personale pei debiti commerciali, invitava il Ministero « a pre- sentare nel più breve termine possibile colla riforma delle leggi commerciali e penali quelle disposizioni che valgano a guarentire con maggior speditezza ed efficacia gl’interessi del credito e del commercio;»

Invitata ancora la Camera a deliberare se, in conseguenza di gravi dissèsti che avvennero alla Borsa a cagione di azzardate e ruinose speculazioni alle quali si diedero alcuni dei pubblici mediatori, non sia il caso di ordinare, a termine dell’ articolo 52 del Codice di commercio, la presentazione dei libri che essi, in forza del precedente articolo 46 devono tenere muniti delle formalità prescritte.

(10)

186 L’ ECONOMISTA 24 marzo 1878

ed incarica il Presidente e la sua Commissione di ispezione della occorrente verificazione, dei risultati della quale ne sarà poi fatta sommaria relazione per quegli ulteriori provvedimenti che possano es­ sere del caso.

Approvasi ancora un’altra proposta del Presidente, che è, di rappresentare al Ministero il desiderio ed il bisogno dei commercianti ed industriali che sia sollecitamente promossa la discussione dei nuovi trattati di commercio affinchè cessi quanto prima l’attuale posizione provvisoria e le conseguenti dan­ nosissime incertezze.

NOSTRA CORRISPONDENZA

Parigi, 21 marzo, 1878.

I l discorso del m in istro dei la v o ri p u b b lici sul progetto di r i ­ scatto delle lin e secon d arie — l a v o tazio n e d el progetto di r i­ scatto e del progetto del m in istro delle fin a n z e rig u ard o aH 'cm is- sione del titolo 3°io — I l com m ercio d’im p ortazion e e d ’espor­ ta z io n e d e lla F r a n c ia nei p rim i due m e si del 1878 — L a Com­ m issione d e lla P h y lo x e r a .

Il ministro ha incominciato collo stabilir bene che nel progetto sul quale la Camera era chiamata a dare il suo voto non era punto implicitamente com­ presa la questione del sistema definitivo dello eser­ cizio per parte dello Stato ed anche meno quella del riscatto generale delle linee ferroviarie ; ha os­

servato che ove la Camera volesse un giorno in­ traprendere la trattazione di queste questioni gene­ rali ed esso ed i suoi colleglli sedessero sempre sul banco di ministri non sfuggirebbero la discussione, ma per ora si sarebbero bene guardati di fare en­ trare la questione di straforo nel progetto di legge con un equivoco articolo della legge stessa. Il mi­ nistro ba quindi posto in sodo quali erano i punti intorno ai quali egli intendeva spendere la sua parola e questi punti sono cinque: d. se è mestieri vera­ mente riscattare le linee di cui è proposto il riscatto dal governo; — 2. se il prezzo del riscatto non sia troppo esagerato e lo Stato non faccia, accet­ tandolo, un cattivo affare; — 3. se lo Stato non ponga un pericoloso precedente col presente riscatto e non si esponga alla pretesa di altre linee di voler essere riscattate perché ridottesi a male; — 4. ri­ spondere alle preoccupazioni di coloro che lamen­ tano che nel progetto di legge non sia fatta parola del regime definitivo; — 5. combattere i timori e le preoccupazioni che l’art. 4. potè indurre in al­ cuni che cioè con esso si lasciasse adito a soluzioni che si fossero potute realizzare anco nolente la Ca­ mera. Riguardo al primo punto l’on. ministro ha ! rifatto la storia del progetto di legge ed ha dimo­ strato come la Camera rifiutando di votare il rinvio | puro e semplice del progetto presentato l’anno scorso nella importante discussione del mese di marzo ed anzi approvando nelle due proposte Bethmont e Allain Turgé, alla quasi unanimità il progetto di ri­ scatto ba posto i varii ministri che si sono succe­ duti al potere, nella necessità di addivenire alla pre­ sentazione del progetto attuale. I ministri Cristophle, Paris, e Freycinet, non hanno in certo modo fatto altro che eseguire la volontà della Camera dalla cui iniziativa il progetto si derivava. — Il ministro ha poi mostrato come la Camera fosse nell’obbligo di riscattare quelle linee giacché verso coloro che avevano interessi nelle medesime aveva in certo

modo contratto degli obblighi in quanto, in questo anno in cui la quistione è rimasta sulla sospensiva gl’ interessati avevano trascurato ogni altra via di salvezza, non cercando neanche di far riscattare quelle linee mezzo rovinate sia dalla Compagnia del­ l’Ovest sia da qualche altra grande Compagnia. Ha quindi con le cifre alla mano provato come il prezzo di riscatto delle linee secondarie non sia troppo ele­ vato, poiché si viene a pagare 191,000 franchi per Kilómetro mentre quelle della nuova rete d’Orleans ne costano 340,000 per Kilómetro; il complesso della nuova rete francese costa in media 366,000 franchi per Kilómetro; dedotto il prodotto costano allo Stato che guarentisce l’ interesse 15,000 franchi per Kilómetro. Insomma le linee riscattate ammet­ tendo che non producano affatto verranno a costare 10,000 francbq compreso l’ammortamento. I! signor de Freycinet ha poi preso per obbiettivo il valore commerciale che dal sig. Rouher e da altri si sa­ rebbe voluto applicare nel riscatto delle linee ed ha dichiarato che non sa comprendere come questa pa­ rola valore com m erciale venga posta innanzi quando si tratta di ferrovie e d’ interesse dello Stato. È un impiccolire la questione riguardarla dal punto di vista del valore commerciale poiché la vera rendita della ferrovia non è ciò che essa dà al proprietario dei titoli o all’esercitante la linea ma la vera ren­ dita è « l’economia che essa permette di realizzare sui trasporti. — Quanto alla proposta di coloro che avrebbero voluto si lasciassero andare in rovina com­ pleta le ferrovie per poi averle a miglior prezzo, il ministro fece osservare che giammai in Francia una industria era stata lasciata sotto il peso di una cosi d racon ian a disposizione. A tale proposito rammentò come nel 1852 il governo — e il signor ministro de Freycinet lo approva — intervenne nella crisi nella quale l’ industria ferroviaria si dibatteva, e le prestasse utile e ingente soccorso.

(11)

24 marzo 1878 L’ ECONOMISTA 187

esecuzione del programma dei lavori suaccennati. » Questo progetto di legge, ha detto con una frase felice il signor de Freycinet, è divenuto come a dire la prefazione del grande programma dei lavori pubblici che abbiamo presentato al paese. » E lo ha perciò caldamente raccomandato all’ approvazione della Camera.

Dopo il ministro dei lavori pubblici, il quale pronunciò un discorso che, comecché si possa dis­ sentire da lui in quanto alle opinioni espresse, va grandemente lodato per la chiarezza dell’ argomen­ tazione, per le ragioni addotte ed anche per la eletta forma, lo che non nuoce, prese la parola il signor Rouher, il quale insistè sugli argomenti che nel lungo discorso del quale vi tenni parola in un mio precedente carteggio, aveva esposto, — ed altri ora­ tori ai quali però la Camera prestò scarsa atten­ zione.

Il progetto di riscatto ferroviario — lasciamo il campo delle parole ed entriamo in quello dei fatti — fu approvato alla Camera dei deputati, riportando nella votazione 387 voti favorevoli e 94 contrarii.

Lo stesso progetto fu presentato al Senato dal ministro dei lavori pubblici nella seduta del 18 cor­ rente e veniva votato riportando 153 voti favorevoli e 100 contrarii, dopo una breve discussione sugli articoli, alla quale prendevano parte il sig. Lambert de Sainte Croix, Delsol ed altri.

È naturale che avendo la Camera votato il pro­ getto di legge tanto validamente sostenuto dal mi­ nistro Freycinet pel riscatto delle ferrovie favorisse eziandio del suo voto il progetto di legge del ministro Say che tendeva a procurare i mezzi per procacciare al Governo i mezzi di recare a compimento il disegno di riscatto. Ed infatti la Camera votò il progetto Say che reca la creazione del nuovo titolo 3 °/o ammor- tizzabile in settantacinque anni mediante estrazioni annuali come le obbligazioni ferroviarie.

Avendovi più volte parlato di questo progetto di legge e del modo col quale il mondo finanziario accoglieva la progettata emissione di questo nuovo titolo e dei caratteri e delle modalità che lo distin­ guono dall’ altro titolo 5 °/o, basterà ora mi limiti a farvi breve cenno della votazione di questo progetto e l’ avrò subito fatto quando vi avrò detto che la votazione ebbe luogo nella seduta del 16 corrente e che il progetto di legge Say ottenne 331 voti fa­ vorevoli e 67 contrarii.

Si può dire che questo progetto di legge sia passato quasi senza discussione. Soltanto, contro l’ articolo 5 del progetto, che stabilisce l’ ammortamento in 7o anni parlò il sig. Rouvier deputato di Marsiglia, il quale volle dimostrare come l’ ammortamento limitato altro non sia che una dispendiosa chimera e come non si debba fare assegnamento su altro che sul rialzo dei fondi per scemare il debito. Tanto più il signor Rouvier combattè l’ ammortamento in quanto esso lo reputa (mi si passi l’ espressione) un eccesso di zelo, imperocché si vuole togliere alle future generazioni un onere loro derivante da un beneficio del quale usufruiranno al pari delle presenti generazioni.

Insomma la votazione di questi due progetti, l’ uno del Ministro dei lavori pubblici, l’ altro del Ministro delle finanze costituisce un vero e proprio trionfo dell’ amministrazione repubblicana che ci regge.

Eccovi alcuni dati riguardo al commercio della Francia nei due primi mesi del 1878.

Le importazioni si sono elevate dal primo gennaio

al 28 febbraio del corr. anno a 671,828,000 fran­ chi, e l’ esportazione a 426,245,000 frnchi Le im­ portazioni sono in aumento, col corrispondente periodo del 1877 di franchi 78,399,000; le esportazioni sono in diminuzione di 22,763,000 franchi.

Mentre la P hylossera ha fatto la sua malaugurata comparsa in qualche dipartimento della Francia non è privo d’ interesse il portare a cognizione come è stato fatto in questi giorni dai nostri fogli che la Commissione della phylossera dopo avere raccolta buona copia di notizie, petizioni, documenti, note sul modo di curare questo flagello delle viti, ha deciso di rimettere questi documenti ai ministri competenti perchè questi, allo loro volta, li trasmettano alle so­ cietà scientifiche che si occupano dell’ importante argomento della phylossera.

RIVISTA DELLE BORSE

Firenze, 23 marzo. Nei primi giorni dell’ ottava la questione orientale, che è sempre il punto nero della speculazione, accennava a farsi gravissima per T ostinazione della Russia a non volere sottoporre al Congresso che quella parte del trattato di Santo Stefano che poteva interes­ sare le altre potenz*, e per la persistenza dell’ Inghilterra e dell’ Austria, le quali do­ mandavano che tutto il trattato fosse sog­ getto di discussione, senza di che esse non sarebbero intervenute alla riunione. A far pen­ dere poi la bilancia verso il ribasso, si ag­ giunsero le voci corse della dimissione di lord Derby, l’occupaz one di Tenedos da parte de­ gl’ ingles', e le proteste della Russia contro quest’ultimo fatto. Sotto l’impressione di que­ ste notizie, tutte le principali Borse d’Europa aprirono la settimana deboli, e con marcata tendenza al ribasso. Più tardi non essendosi confermate le dimissioni di lord Derby, nè 1’ occupazione dell’ isola di Tanedos, e vocife­ randosi anche che la Rugsia sarebbe venuta nelle viste dell’Inghilterra rapporto all’esame del trattato, i mercati ottennero qualche mi­ glioramento, ritornando più attivi e più so­ stenuti. La fiducia tuttavia stenta e molto a rientrare negli animi, e argomentandolo dal linguaggio peisimista dei giornali officiosi russi, si crede generalmente ben difficile un accordo finale fra 1’ Inghilterra e la Russia, accordo che non potrebbe essere basato che sopra reciproche concessioni, a cui 1’ una e l’altra delle due potenze non sembrano molto disposte. Che la Russia voglia rinunziare a qualsiasi più piccola cosa di ciò che ha acqui­ stato con la punta della spada, son pochi che l’ammettono, e i più ritengono invece che ella si manterrà ferma nelle sue pretese finché sarà spalleggiata dalla Germania. Un cambiamento nella attitudine politica di questa potenza, po­ trebbe soltanto rendere la Russia più accessi­ bile e meno esigente.

Riferimenti

Documenti correlati

Si da poi lettura di una lettera del Presidente della S o ­ cietà vetraria di Altare e del relativo opuscolo del Segretario della medesima sulle condizioni

L’ onorevole Pierantoni diceva che non poteva ammettere la partecipazione alle multe che dai pre­ cedenti progetti veniva accordata agli agenti scopri­ tori delle

L’autore non è prodigo nelle lodi, ma biasima giustamente e fin da principio dice, per evitare ogni falso criterio, « dopo molte centinaia d’anni di divisione

Il nuovo accertamento flei redditi dei fabbricati Quando l’on. Depretis presentava al Parlamento il progetto di legge per la revisione generale dei red­ diti

Firenze, 3 agosto. I fatti politici di maggiore rilievo verifica­ tisi in settimana furono il passaggio della Sava per parte delle truppe austriache, che

naio decorso erano già state calcolate pel 1878 dal ministro Dèpretis nella cospicua somma di 12 mi- lioni); e finalmente per circa 15 milioni figura nel- l'incremento dei

Quanto alla tariffa delle tare e importazioni tem­ poranee, la Commissione nella sua relazione là voti 1° perchè venga mantenuto il sistema di sottoporre a

Il governo conobbe come per alcune località diffi­ cilmente cotesle strade sarebbero costruite rilascian­ done tutta la cura alle amministrazioni provinciali ; e