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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.05 (1878) n.200, 3 marzo

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SCIENZA ECONOMICA, FINANZA,. COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI

Anno V - Yol. IX

Domenica 3 marzo 1878

N. 200

Il dazio Comunale di Consumo nel 1876

Fra i cespiti di entrata che concorrono a soste­ nere le spese dei Comuni del Regno deve annove­ rarsi fra i più importanti il dazio Comunale di Con­ sumo, sia che cotesto si componga di semplici addizionali al dazio governativo, sia che a questi centesimi addizionali si uniscano i dazii speciali im­ piantati nel proprio territorio dai singoli Comuni. Per i grandi Comuni urbani cotesta fonte d’ entrata è anzi senza contrasto la più produttiva fra tutte le altre, ed è perciò che merita una speciale attenzione.

Recentemente il Ministero di Agricoltura, Indu­ stria e Commercio, oggi soppresso, pubblicava una elaborata ed accuratissima statistica dei Bilanci co­ munali per gli anni 1875 e 1876, ricchissima di dati relativi alle finanze locali, e dalle numerose cifre in essa riunite ci piace oggi raccogliere in special modo quelle che si riferiscono al dazio di consumo e coleste presentare ai nostri lettori affin­ chè sì abbiano un’ idea esatta della entità di quella entrata comunale non solo nel suo complesso quanto in via comparativa fra le singole Provincie ed i sin­ goli Comuni più importanti del Regno. E tanto più ci pare opportuna cotesta ricerca oggi che si studia il riordinamento del sistema tributario localo nel ■ quale il dazio di consumo sarà forse chiamato a rappresentare una parte anche più importante di quella che attualmente può essergli attribuita.

Nell’ anno 1876, considerata la totalità dei Co­ muni del Regno, i dazii generali di Consumo sali­ vano alla vistosa cifra di L. 155,102,607. — In cotesta cifra entra il dazio governativo per li­ re 69,542,759, mentre le rimanenti L. 85,559,848 rappresentano le addizionali comunali ed i dazii spe­ ciali di consumo applicati nei singoli Comuni. — Conseguentemente il dazio comunale ragguaglia al 55,16 per cento del totale de’ dazii di cotesto ge­ nere che si riscossero nel Regno nell’anno suddetto. — Tralasciando però di occuparci del dazio gover­ nativo di consumo fermeremo la nostra attenzione unicamente sui dazi e'sulle addizionali che si ri­ scuotono ad esclusivo vantaggio delle amministra­ zioni locali.

Dai dati statistici anteriori a quelli del 1876, ri­ leviamo come il dazio comunale di consumo vada annualmente crescendo di importanza sia per rincaro di dazii sia per aumento effettivo del consumo dei generi daziati. — Nel 1866, limitavasi a circa 60 milioni di lire e si mantenne giù per su intorno a questa cifra fino al 1871, nel quale anno, in virtù j

delle disposizioni recate dalla legge 11 agosto 1870, il provento di cotesto dazio saliva a 71 milioni. — Aumentava fino a 77 milioni nel 1872, a 78 nel 1875, a 79 nel 1874, e poi saliva a 85 milioni nel 1875 raggiungendo 85 milioni e mezzo nel 1876. — È da notarsi che questa ultima cifra si compone per 49 milioni di sovratasse al dazio governativo, e per 56 milioni di dazii speciali.

Però la entità del dazio comunale di consumo varia enormemente da un luogo all’ altro, da una regione all’ altra, ed in specie poi varia immensa­ mente quando si distinguono i Comuni rurali dai Comuni urlarli intendendo per questi tutti i Comuni che abbiano un centro di popolazione agglomerata non inferiore a seimila abitanti.

Nell’ anno 1876, per i soli Comuni urbani i dazii di consumo ascesero a L. 75,677,860 mentre per tutti i Comuni rurali non si ricavarono dallo stesso cespite di rendita che 9,881,988 lire. E siccome la popolazione complessiva dei Comuni urbani ascende a 8,589,561 abitanti, mentre quella dei Comuni rurali sale a 18,441,795, cosi è che questo dazio ragguaglia per i primi a lire 9,02 per testa e per i secondi a lire 0,58, mentre che la media generale per tutto il regno darebbe L. 5,19 di dazio comunale di consumo per abitante. — Se poi fra i Comuni urbani si pren­ dono a considerare solamente i 69 Comuni che sono capoluoghi di Provincia, troviamo che in questi soli il dazio comunale di consumo ascese pel 1876 a più che 60 milioni con una quota media di L. 11,12 per abitante. — Torneremo poi a rilevare sotto altri aspetti cotesta differenza della entità del dazio con­ sumo fra i Comnni di città e quelli di campagna.

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130 L’ECONOMISTA 3 marzo 1878 11 Bologna » 12 Brescia » 13 Cagliari » 14 Caltanisetta » lo Campobasso » 16 Caserta » 17 Catania » 18 Catanzaro » 19 Chieti » 20 Como » 21 Cosenza » 22 Cremona » 23 Cuneo » 21 Ferrara » 23 Firenze » 26 Foggia » 27 Forlì 28 Genova » 29 Girgenti » 30 Grosseto » 31 Lecce » 32 Livorno » 33 Lucca » 34 Macerata » 33 Mantova » 36 Massa Carrara » 37 Messina » 38 Milano » 39 Modena » 40 Napoli » 41 Novara » 42 Padova » 43 Palermo » 44 Parma » 43 Pavia » 46 Perugia » 47 Pesaro-Urbino» 48 Piacenza » 49 Pisa » 30 Porto Maurizio» 51 Potenza » 52 Ravenna » 53 Reggio di Cai. » 54 Reggio Em. » 55 Roma » 56 Rovigo » 57 Salerno » 58 Sassari » 59 Siena » 60 Siracusa » 61 Sondrio » 62 Teramo » 63 Torino » 64 Trapani » 65 Treviso » 66 Udine » 67 Venezia » 68 Verona » 69 Vicenza 3.23 1,92 1.74 3.09 0,49 2.10 4.66 1,84 0,63 0,88 0,77 2.15 1.04 3.07 7.15 2.63 2,06 8,76 4.04 1.17 1.64 18,18 2.67 0,87 1.6 8 2.23 4.16 4,91 1.54 9.58 1.31 2,94 8,50 2,57 2,09 1,99 1,68 1,89 1.96 4,20 0,57 1.75 2.31 0,84 9.59 0,74 1.97 1.16 2.55 2,67 0,23 0,70 3,88 3.23 1.17 1.07 6,80 2,48 1,16 » 11,23 » 17,40 » 12,56 » 10,87 » 8,11 » 9,51 » 9,58 » 14,01 » 3,87 » 11,70 » 13,37 » 14,55 » 7,80 » 7,73 » 30,11 » 10,55 » 3,61 » 33,21 » 14,09 » 11,32 » 9,61 » 20,80 » 8,65 » 5,56 » 14,63 » 6,84 » 13,76 » 16,92 » 5,61 » 13,83 » 8,06 » 13,84 » 19,94 » 13,82 » 17,21 » 5,40 » 7,39 » 11,77 » 8,93 y> 16,34 » 4,08 » 5,29 » 13,16 » 3,46 » 27,40 » 7,48 » 14,41 » 6,12 » 20,38 » 11,41 » 2,07 » 5,12 » 15,45 » 7,41 » 7,55 » 10,08 » 16,29 » 11,70 7,00 Da cotesta statistica rilevasi dunque che per questo titolo nelle provincie di Livorno, Roma, Napoli, Ge­ nova, e Palermo pagasi più che nelle altre provincie del Regno, e che, fra le grandi città italiane, Genova eriren ze sono più colpite da colesto balzello locale mentre lo sono in misura assai lieve Sondrio e Bel­ luno. Sarebbe a cotesto proposito interessante il ricercare se la maggiore o minore entità di questa cifra media dipenda veramente da tariffe più o meno

alte, oppure da maggiore consumo di generi daziati, dalla quale ricerca potrebbe arguirsi il grado di agia­ tezza delie popolazioni delle singole provincie e città, ma questo non è dato avere dalla statistica che ab­ biamo sott’ occhio, ed occorre contentarci dei doti offertici che pure anche così sono interessantissimi.

Ora ci studieremo di rilevare la importanza dei dazii comunali di consumo mettendoli al confronto con gli altri cespiti di rendite comunali. —■ Le en­ trate ordinarie di tutti i bilanci comunali pel 1876, ammontavano a 287,897,805 lire, mentre se ne eb­ bero 85,559,848 dal solo dazio di consumo; conse­ guentemente questo solo rappresenta quasi il 30 per 100 di tutte coteste entrate ordinarie. Ma cotesta proporzione varia assai se si tratta di comuni rurali 0 di comuni urbani. — Nei comuni urbani si ebbero pel 1876 lire 149,007,559 di entrate ordinarie nella qual cifra entrano i dazii di consumo per L. 75,667,860, talché il solo dazio di cui si tratta rappresenta più che il 50 per 100 dell’entrata ordinaria. E se si considerano i soli comuni che sono capoluoghi di provincia si trova che in 106,048,000 lire di entrate ordinarie il dazio di consumo vi figura 60,199,000 lire ossia nella misura del 56 per 100. Invece nei comuni rurali, che pur contengono due terzi della popolazione di tutto il Regno, il totale dei proventi del dazio consumo si limita a 9,881,988 lire, di fronte a 158,890,246 lire di entrate ordinarie cosicché non rappresenta che il 7 per 100 di coteste entrale.

Ma se si porta la nostra attenzione, non su tutte le entrate ordinarie dei bilanci dei comuni ma su quelle soltanto che si ottengono mediante l’applica­ zione delle altre tasse concesse dalle leggi alle am­ ministrazioni locali, comprese le sovrimposte sulla fondiaria, la importanza del dazio di consumo appari­ sce anche maggiore per i comuni urbani, mentre si vede assai diminuita per gli altri comuni del Regno. — Nel 1876 in tutti i comuni del Regno si, ottennero lire 225,673,658 dall’ applicazioue di tutti 1 balzelli locali comprese le sovrimposte sui terreni e fabbricati. Se ora si considerano coteste entrate distinte nei loro cespiti principali, e distinguendo i comuni rurali dagli urbani ed inspecie dalle città capiluogi di provincia, si ritrovano i dati seguenti:

nei C o m u n i nei

rurali urbani C a p ifu o c h i

Dazii di consumo L. 9,881,988 L. 75,077,860 L. 60,199,752 Tasse e diritti diversi » 2',735,811 15,729,053 10,188,844 Sovrimposte sui ter­

reni e fabbricati » 67,710,775 33,938,181 21,948,268 Somme L. 98,328,574 125,345,094 92,336,864 | Cosicché da cotesti dati resulta come per i comuni eapiluoghi di provincia il dazio di consumo rappre-| senta quasi il 75 per 100 di tutto il provento delle

altre tasse e soprattasse, e per i comuni urbani in genere il 60 per 100 mentre per i comuni rurali rappresenta solo il 9 per 100; e come cotesto dazio sia per i primi di detti comuni-sei volte più importante che tutti gli altri balzelli, escluse le sovrimposte, mentre per i comuni rurali esso non rappresenta

neppure la metà del prodotto degli altri balzelli

locali.

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nel senso di renderli più profìcui alle loro aziende. — Ma le cifre da noi riportate sono abbastanza eloquenti per dirci con quanta prudenza deve pro­ cedere il legislatore in una riforma del sistema tri­ butario se non vuole rovinare migliaja di piccoli comuni per render più floride le condizioni econo­ miche dei grossi comuni urbani. Coteste cifre ci dicono con quanta leggerezza si tratti l’ argomento della riforma del sistema tributario locale da coloro che, senza cognizioni speciali, ripetono la proposta di sopprimere addirittura per tutti i comuni la so­ vrimposta sulla fondiaria cedendo loro in compenso il provento dei dazii governativi di consumo.

Il Trattato ai Commercio Italo-francese

(Continuazione vedi n. 199)

Vedemmo nell’ ultimo nostro numero come nella stipulazione del nuovo trattato si fosse avuta una speciale predilezione per l’industria del cotone e si fosse a riguardo di essa fatto del protezionismo di pessimo genere elevando la tariffa alla stessa misura di quella francese, la quale in certi casi raggiunge anco il 12 per cento del valore mentre a riguardo dell’ indusiria della canapa e del lino si era stati più moderati ed usando con quest’ ultima modi da ma­ trigna si erano mantenuti per essa i dazi assai al di sotto di quelli francesi in modo che raramente superano l’ B per cento; vediamo adesso in qual conto si siano tenute le altre industrie sopra le ma­ terie tessili e procediamo alla decima categoria delle nostre tabelle doganali, che è quella della « lana, crino, peli e relative manifatture. » Nell’industria della lana che è antica in Italia, essendo da lungo tempo in buon essere gli opifici di Biella, di Schio, di Gandino, Prato, Stia, Bologna, Terni, della Terra di Lavoro e di varie altre località, si può constatare con immensa soddisfazione un notevole progresso negli ultimi anni. Non solo la differenza della im­ portazione sopra l’ esportazione delle lane greggie è notevolmente aumentata (da 26,671 tonnellate nel 1871 a 71,368 nel 1876) ed è diminuita in con­ fronto l’eccedenza delle importazioni dei tessuti sopra le esportazioni, ma, mentre tranne gli opifici della Liguria e del Novarese, gli altri si limitavano prima alla lavorazione della lana scardassata, si è ora in­ trodotta la lavorazione anco di quella pettinata di cui sono sorte due grandi fabbriche, quella di Piovene nel Veneto, e la filatura di Borgaro presso Torino.

Si calcola a 300,000 il numero dei fusi adoprati in Italia nella filatura della lana di cui un decimo per quella pettinata ed il rimanente per la scardas­ sata, a 1900 il numero dei telai meccanici, e 6000 quello dei telai a mano raccolti negli opifici e ad un numero molto maggiore quello dei telai sparsi. Anco per questa categoria il regime della materia prima allo stato greggio è naturalmente l’esenzione estesa ai peli di ogni sorta che pagavano fin qui lire 1 e 13 centesimi e alla lana tinta che ne pa­ gava 3,43; pei filati di lana la cui importazione è di poca rilevanza poiché nei lanifici nazionali si fanno j tutte le operazioni necessarie a ridurre la lana in tessuto, onde quelle imporrate servono soltanto ad alcune fabbricazioni di stoffe per abiti da donna, di I

passamanterie e di scialli che richiedono filati la cui qualità varia in ristrettissima misura, si è seguito un sistema del tutto diverso da quello della tariffa fran­ cese, e adottato per i filati di lino e di cotone, rinunziando alla classificazione fatta a seconda della loro numerazione. E questo sta in relazione al modo con cui, come vedremo fra poco, si sono classificati i tessuti di lana senza tener conto della loro relativa finezza e quindi della finezza dei filati che li com­ pongono. Tutti i filati semplici crudi e imbianchiti, essendo 1 imbiancatura per la lana operazione di poca importanza, pagheranno lire 50 il quintale invece di lire 46,20, quelli tinti ne pagheranno 73 invece di 69,30. E stata aggiunta la voce dei filati ritorti che subiranno un aumento del 30 per cento sul dazio del filo primitivo. La Francia ha due lunghe clas­ sificazioni per i filati semplici di lana e i ritorti che si spingono da IO franchi a 125 e da 13 a 140.

Era indubitatamente una seria anomalia quella della tariffa vigente, secondo la quale i filati pagano a peso ed i tessuti di lana a valore, onde il dazio dei primi, rimanendo costante e quello dei secondi essendo va­ riabile, ne avviene che una considerevole elevazione del valore dei tessuti rende il loro regime doganale eccessivamente protettivo, come una forte depressione molesta 1’ industria per la sproporzione fra il dazio del prodotto e quello della materia prima. La classifi­ cazione dei tessuti di lana nella tariffa italiana non è fatta a seconda del numero dei fili che contengono e nemmeno del peso del metro quadrato di stoffa, essen­ dosi ritenutosi l’uno come l’altro criterio insufficiente a determinare il grado di finezza del tessuto tanto più che il modo di lavorazione ha influenza non indiffe­ rente nel valore del prodotto. Si è quindi seguito il sistema inglese, distinguendo i tessuti in quattro cate­ gorie, ciascuna delle quali comprende i tessuti tutta lana cardata, i tessuti tutta lana pettinata e quelli della prima e quelli della seconda materia con ordi­ ture di cotone. Queste quattro categorie pagavano colla vigente tariffa un solo dazio che era o di lire 1,60 il chilogramma o del 10 per cento del valore a scelta dell’importatore. Nella relazione si dichiara di non volersi discostare da questa misura e si stabilisce nella tariffa pei tessuti di lana cardata un dazio di lire 1,50 il chilogramma il quale si risolverà in molti casi in un aumento non sempre insignificante, conse­ guenza necessaria della trasformazioue del dazio ad

valorem in dazio specifico. I tessuti di lana cardata formati con orditura di cotone pagheranno invece

una lira, anche questi per la stessa ragione si ritro­ veranno ad aver subito qualche aumento. Pei tessuti

d i lana pettinata, volendo attenersi alla stessa base

di tassazione, si è osservato che in media hanno un valore del 20 per cento superiore ai primi, e quindi si sono accresciuti i dazi nella stessa ragione coi

tessuti tutta lana, imponendoli a lire 1,80 e si sono

un poco aumentati per quelli con orditure di cotone, imponendoli a lire 1,40, rimanendo integro il criterio della materia dominante, in virtù del quale, quando i tessuti contengono meno del 50 per cento di lana sono sdaziati come tessuti di cotone sebbene in com­ mercio passino come tessuti di lana. Per tutti questi tessuti, la tariffa francese non è certo più grave dell’ita­ liana. L a maglieria, fatta generalmente di lana pettina­ ta, è assimilata ai tessuti e pagherà lire 1,80 il chilo­ gramma come la passamanteria. Pei tessuti di lana r i­

camati che comprendono ordinariamente preziose stoffe

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conser-132

L’ ECONOMISTA

3 marzo 1878

vata la distinzione dei feltri, che si fabbricano con i cascami della pettinatura e della filatura della lana, in feltri più ordinari per filtrare, per suola e per coper­ tura, di cui il dazio si è elevato da lire 5,70 a lire 7 il quintale e feltri più fini pei capelli, il cui dazio sta­ bilito a lire 18 è variato di poco dall’ attuale. Il crino

arricciato o tinto ed i lavori grossolani di crino

da lire 2,32 e lire 1 il quintale, son portati indistinta­ mente a lire 8; i tessuti di crino sono equiparati a

quelli di lana col dazio di lire 1,50, tranne quelli che servono per stacci, che pagheranno 30 lire il quintale. Affrettiamoci a segnalare un lieve ribasso sui galloni ed i nastri di lana o altri peli e i bottoni di crino, di

lana etc. due voci separate portate ciascuna da 2,30 a

2 lire il chilogramma, ed il ribasso delle coperte e dei

tappeti di borra di cascami etc da lire 57,75 il quin­

tale a lire 40 le prime e lire 50 i secondi. I tappeti e le coperte di lana pura o mista ad altri tessuti conti­ nueranno a pagare lire 100. Pei materassi è stato aumentato il dazio da lire 11 a 15. È stata soppressa la categoria speciale degli scialli che rientrano nella categoria generale dei tessuti di lana, se non che la tariffa non dice se essi debbano esser trattati quali

vestimenta, che come si è stabilito pel cotone, pagano

un aumento del 10 per cento sul dazio del tessuto. L’undecima categoria « Seta e relative manifat­ ture « si riferisce ad una'industria che può senza esitazione affermarsi essere la prima e la più cospi­ cua d’Italia. Alcuni rami di essa presentano un no­ tevole progresso, il cui movimento è da augurarsi non sia più oltre ritardato dalla terribile crisi che essa attraversa in tutta Europa. La filatura della seta ha raggiunto tal grado di perfezione da non temere concorrenza. Sono stati adottati forni e calo­ riferi del modello più acconcio per provvedere alla conservazione dei b ¿oli in modo da impedire quella specie di fermentazione e quella muffa che si svi­ luppa negli ammassi di bozzoli non bene condizio- na.i, necessariamente accumulati nei magazzini nella stagione della loro produzione, la quale fermenta­ zione avea per effetto di alter re il colore del filo diminuirne l’elasticità ed il prodotto. Si è agevolata la strofinatura dei bozzoli, l’operazione cioè, di rac­ coglierne il capo adoperandovi operaie speciali e spesso macchine apposite. L’introduzione del vapore nelle filande per riscaldare 1’ acqua nelle caldaie dove si rammollisce il bozzolo, la sostituzione in molti stabilimenti al lavoro saltuario e temporaneo del lavoro continuo e fisso anche durante la sta­ gione invernale, ottenendo per tal modo un grande miglioramento nella pratica degli operai e nella uni­ formità del prodotto, sono state, per tacere delle minori, altrettante utilissime innovazioni introdotte in questa industria che tende sempre più a concen­ trarsi in grandi stabilimenti. Anco la filatura dei cascami negli stabilimenti di Novara, di Zugliano presso Vicenza, di Meina sul lago Maggiore e di Jesi ha preso non piccolo sviluppo e conta in com­ plesso 27,000 fusi; come pure le industrie sussi­ diarie destinate a fornire la suppellettile alla filatura hanno raggiunto un grado elevatissimo di perfe­ zionamento.

Solo si deplora che i porti italiani non offrano le comodità di sbarco e di deposito che presenta quello di Marsiglia, onde i nostri Industriali devono ricorrere ad esso per approvvigionarsi dei bozzoli dell’Oriente e dell’Asia con spese non lievi di tra­ sporti e di commissioni, e che il credito in Italia

non sia abbastanza sviluppato da offrire ai produt­ tori le necessarie agevolezze per lare gli acquisti dei bozzoli ad essi necessari, i quali naturalmente devono essere effettuati tutti in breve spazio di tempo. Anco gli attrezzi per la torcitura delle sete sono stati notevolmente perfezionati, gli operai sono abilissimi e la mano d’opera non è cara. Non vogliamo ol­ trepassare questo punto senza fare un’osservazione im­ portante ed è che la filatura della seta in Italia ha potuto raggiungere un grande sviluppo ed ottenere una incontestata preminenza, nonostante il regime di esenzione doganale di cui godono le materie ch’essa produce. La tessitura invece non segue di pari passo il progresso della filatura; i telai meccanici, altrove introdotti su larga scala e con ottimi risultati, fra noi formano un’eccezione mentre l’assetto generale dell industria è la lavorazione a domicilio, meno per­ fetta dell’altra, non foss’altro a causa della sua mi­ nore continuità. In Lombardia contro 7000 telai a mano non ve ne sono che 300 meccanici, sparsi in varie località. Manca poi per la tessitura un centro importante dell’industria, che dia un indirizzo uni­ forme al gusto, alla lavorazione e agli affari, ol- tredichè la tintoria italiana, sebbene in grande pro­ gresso, è difettosa in alcune specialità di colori onde è talvolta necessario ai tessitori d’inviare con spesa non indifferente a tingere alcune loro sete a Lione.

Alle sete greggie e alle torte è mantenuta nel nuovo trattato l’esenzione, ma non così ai cascami

pettinati fla ti o tinti ed allo sete da cucire che si

è creduto opportuno, non sappiamo per qual motivo, di assoggettare ad un dazio, mite a dir vero, di 50 centesimi il chilogrammo i primi e di 3 lire le seconde. Pei tessuti di seta invece del dazio unico di 3 lire il chilogrammo dell’antica tariffa si sono stabiliti dazi di 7 lire per il velluto, di 4 per i tessuti neri e gli ermismi e di 5 per tutti gli altri; a con­ dizione per altro che vengano dal governo francese mantenute le facilitazioni accordate nel 1864 alle barche coralline italiane sopra le coste dell’Algeria che altrimenti quei dazi potrebbero essere aumentati di 1 lira. Fu accolto anco per i tessuti di seta il principio della materia dominante in modo che non vengono considerati come tali quelli che ne conten­ gono meno del 50 °/0 in peso. Pei tessuti di seta

misti con oro od argento, sia vero o falso, di cui

l’importazione è piccolissima, è stabilito il dazio di lire 10 il chilogrammo invece di quello di 3,45.

All’incontro si è diminuito il dazio sui bottoni in considerazione dell’anima di legno che contengono, facendo loro pagare lire 4 il chilogrammo invece di 6 93 quando sono ricoperti di seta o di borra di seta e lire 2 invece di 2 30 quando sono rive­ stiti di tessuti misti. Finalmente pei lavori ed i ve­

stiti di seta fu stabilito l’ aumento del 10 per 100

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esportazione 341,180, nel 1876) pel quale la Fran­ cia rialza di 3 centesimi il dazio attuale di 53 cen­ tesimi quando sia brillato e di 25 quando conservi la colla. Riguardo alle paste che hanno una espor­ tazione assai ragguardevole di fronte ad una impor­ tazione tenuissima, è stabilito su di esse, che finora andavano esenti mentre era soggetta a imposta do­ ganale non lieve la materia prima, un dazio di L. 5 il quintale mentre la Francia conserva quello di 3 franchi.

Nella categoria tredicesima « legnami e lavori in legno i> l’Italia conservò la sua libertà d’azione per la maggior parte delle voci della sua tariffa riser­ bandosi a farne oggetto di convenzioni coH’Àustria che ha i più grandi interessi in questo ramo di commercio. Si è preteso mantenere la stessa misura del dazio attuale convertendo il diritto del 10 per 100

ad valorem in un diritto fisso all’ entrata iti Italia

di lire 15 il quintale pei mobili non imbottiti e di lire 30 per gl’imbottiti. Pei mobili di lusso, fatti cioè di legnami da ebanista intarsiati ec., siano o no imbottiti si è stabilito il dazio di lire SO togliendovi i diritti addizionali di oltre lire 7 che figurano at­ tualmente sulla nostra tariffa. La Francia mantiene l’esenzione delle doghe di cut l’Italia esportò per un valore di circa 6 milioni e mezzo nel 1876, del

carbone, delle legna da ardere, del sughero e dei legnami in genere. I mobili pagheranno in Francia

un dazio graduato da lire 7 a lire 25. I lavori in sughero pagheranno da noi come in Francia lire 15 mentre ora non pagano da noi che 10 lire.

La « carta e i libri » a cui si riferisce la quat­ tordicesima categoria rappresenta un’ industria che è presso di noi assai fiorente ed è padrona non solo quasi intieramente del mercato interno ma va apren­ dosi la via anco all’ estero e trova condizioni favo­ revoli nel tenue prezzo degli stracci, nella miglior qua­ lità di essi che contengono da noi fibre di lino e di canapa più che non di cotone e nella relativa abbon­ danza di forza idraulica che compensano lo svan­ taggio di dovere far venire dall’ estero molti ingre­ dienti necessari alla preparazione della carta a mac­ china. Le cartiere a macchina che vanno sempre aumentando ed acquistando maggior importanza non adoprano più come fanno le cartiere a mano quasi esclusivamente lo straccio, ma vi accoppiano in quan­ tità considerevoli altre sostanze di minor valore e di produzione illimitata, come il legno, al paglia, il caolino, le quali subiscono preparazioni meccaniche o chimiche a seconda dei sistemi, ve n’ è una, la cartiera di Romaguano Sesia che fa uso esclusiva- mente di queste sostanze. Alle cartiere meccaniche in Italia giovò non poco l’ introduzione della pasta di legno, generalmente il pioppo, che esse riducono in pasta servendosi di mezzi meccanici; i mezzi chi­ mici essendo da noi esclusivamente riserbali alla paglia perchè essendo di uso più diffìcile e più costosi si è stimato conveniente adoperarli solo in una sostanza che può concorrere nella fabbricazione delia carta in maggiori proporzioni del legno. L’ uso dei mezzi chimici otterrà agevolezza dalla riduzione della soda caustica a cent. 50 da li"e 5 il quintale. Le cartiere italiane contano 70 macchine di grandi dimensioni per fabbricar carta senza fine e presentarono nel 1876 un’ esportazione di 46,868' tonnellate ed un impor­ tazione di 14,631 comprese le carte colorate e i car­ toni. Alla maggior parte degli articoli concernenti la carta è mantenuto all’ entrata in Italia il regime

attuale senonchè si è tolta 1’ esenzione alla carta

sugante sottoponendola ad un dazio di lire 3 il quin­

tale, il dazio della carta comune essendo di lire 10, come pure essa si è tolta alle stampe, litografie e

cartelli poiché dava modo d’ introdurre in franchigia

molta carta comune per lettere e per usi commer­ ciali, bastando la stampa di un recapito, di una data o di una ditta per esimerla da dazio e si è stabilito per questi articoli un dazio, certo non lieve di L. 70. L’ esenzione si è mantenuta soltanto per le carte geografiche. La nostra carta di ogni sorta pagherà in trancia il dazio assai mite di soli 8 franchi. I

libri semplicemente legati, finora esenti fossero o no

stampati, pagheranno d’or inm zi quando non siano stampati il dazio della carta semplice, per gli altri soltanto essendo mantenuta 1’ esenzione. I libri ri­ legati pagheranno un dazio che è di lire 12, 20, 35 o 100 al quintale a seconda del pregio della rile­ gatura. La musica stampata esente finora pagherà il dazio di lire 5.

( Continua).

A PROPOSITO DELL’ INCHIESTA AGRARIA

Pubblicando la lettera seguente dell’ onorevole senatore Stefano .1 acini, alla quale dette occasione un nostro articolo intorno alla Inchiesta Agraria, stimiamo opportuno premettervi qualche parola.

Dubbi sulla efficacia e sui risultamenti dell’ in ­

chiesta agraria non esprimiamo noi pei primi : fu­

rono già espressi in Parlamento , così rispetto al metodo come alla esiguità della somma che le si destina ; nè è qui il caso di ripetere argomenti già svolli e cose già dette. Meglio ò dalle stesse parole dell’ onorevole Jacini dedurre la conferma della no­ stra asserzione.

La Commissione è composta per la più gran parte di senatori e di deputati. Or, poiché l’ onorevole Jacini crede che dall’ inchiesta non si avrà frutto alcuno se i commissari non se ne occupino esclusi­

vamente senza distrarsi in altre cure, è egli possibile

chiedere a membri del Parlamento una tale esclu­ sività ?

Nè basta. L’ onorevole Jacini cita un suo libro edito ventiquattro anni or sono, un libro al quale egli dette certo tutte quelle cure che per lui si potevano e del quale si occupò certo con quella

esclusività che oggi egli consiglia. Gom’ è dunque

che un libro tale, fatto a questo modo da uomo dell' ingegno dell’ on. Jacini, è giudicato dall’autore stesso opera imperfettissima ? Se il giudizio è giusto (e ci giova crederlo prestando fede alle parole del- l’ onorevole Jacini) le ragioni di tale imperfezione del suo lavoro non sarebbero forse da cercare in questa ; che neanche un uomo di molto talento, di molta assiduità, di molta pratica, può da sè solo compiere una inchiesta sulle condizioni agricole di un’ ampia intiera regione ?

(6)

134 L’ ECONOMISTA 3 marzo 1878

Ora ecco la lettera :

Milano, 22 febbraio 1878.

On. Signor Direttore dell ’Economista. Mi è pervenuto il fascicolo 17 febbraio del pre­ gevole di Lei periodico contenente l’Articolo « A

proposito dell'inchiesta agraria. » Avrei da recla­

mare contro qualche grave inesattezza che vi leggo, laddove vi è fatto menzione di ciò che, nella prima quindicina di gennaio u. s. sarebbe passato nel seno della Giunta per l’inchiesta agraria che ho l’onore di presiedere. Ma, per amore di brevità, mi limiterò a dichiarare che la proposta da me fatta, in quell’occasione, è ben diversa da quanto le hanno riferito e che, a spiegare la condotta del Presidente, le considerazioni politiche non c’ entra­ rono nè punto nè poco.

Piuttosto mi sento indotto ad indirizzarmi a Lei per contrapporre una semplice osservazione ad una censura ch’Ella ha mosso contro il metodo seguito dalla Giunta per l’inchiesta agraria. Giova qui r i­

cordare che, secondo questo metodo, il lavoro del­ l’inchiesta sarebbe diviso in quattro periodi, e che, nel primo periodo, notisi bene nel primo periodo soltanto, si attribuisce a ciascuno dei dodici com­ missari l’incarico di studiare una determinata zona d’Italia, quella ch’egli meglio conosce, e di racco­ gliere, nella medesima i materiali destinati ad essere poi sottoposti all’esame di verificazione, di appura-

mento e di confronto che, pei tre periodi ulteriori,

la giunta collettiva si riserva. Ora, egli è appunto contro questo procedimento che VEconomista se la piglia. Egli è così facendo, che, secondo \’Economista, I inchiesta diventa impossibile e non merita il suo nome. Come mai non deve sembrare assurdo che Fon. Jacini abbia ad occuparsi di tutta la Lom­ bardia, e Fon. Damiani di tutta la Sicilia, e l’onor. Toscanelli di tutta la Toscana ! Essi non saranno in grado di lar niente di bene. Se invece i signori Jacini, Damiani e Toscanelli potessero seguire un metodo diverso, basterebbe questo per esser certi che lo scopo dell’inchiesta agraria verrebbe ottima­ mente raggiunto.

10 mi asterrò dal difendere teoricamente il me­ todo adottato, il che per altro non mi sarebbe dif­ ficile; mi restringerò ad addurre un fatto personale per provare che praticamente quel procedimento, applicato oggi al primo periodo dell’ inchiesta, ha già fatto le sue prove in altri tempi e quindi non si può dire che sia inattuabile.

11 sottoscritto, or sono ventiquattro anni, senza aiuto di nessuna autorità governativa, è riuscito a scrivere un. libro intitolato « la proprietà fondiaria

e le popolazioni agricole in Lombardia » nel quale

si discorre, relativamente alle nove provincie lom­ barde, di tutti i principali argomenti di cui deve occuparsi la presente inchiesta applicata a tutta l’Ita­ lia. Quel lavoro, a mio giudizio, è cosa imperfet­ tissima dal lato della scienza e della forma; eppure ebbe quattro edizioni, fu tradotto in tre lingue e se ne continua lo smercio. Come si spiega questo fe­ nomeno? Non lo si può spiegare altrimenti che ammet­ tendo essere stata trovata veridica ed esatta l’esposizio­ ne dei fatti, sebbene fosse l’opera di un giovane, il quale ebbe il solo vantaggio di essere un po’fa m i­

gliare nelle cose descritte, di potersi occupare per due anni esclusivamente del compito assunto, e di non

essersi mai stancato di interrogare migliaia di p e r­

sone accettandone peraltro le risposte se non dopo

averle diligentemente vagliate e verificate. Il presu­ mere pertanto che il medesimo Jacini possa riuscire a conseguire oggi altrettanto e che i suoi colleghi tutti assai più competenti di lui, siano in grado di fare molto meglio di lui rispetto alla zona affidata a ciascun di loro, seguendo un procedimento già trovato opportuno alla prova, perchè mai le do­ vrebbe sembrar fuor di luogo?

Certamente che, per condurre a termine il lavoro riservato al primo periodo dell’inchiesta, occorre che

a tutti coloro che lo hanno assunto, e non solo ad

una parte di essi, sia possibile dedicare il loro tempo e le loro forze intellettuali esclusivamente all' in- combeusa a cui si sono sobbarcati. Se altri doveri ed altre occupazioni ne li distornassero, ammetto be­ nissimo che seguendo il nostro metodo, i frutti de­ siderati o non si avranno o non saranno saporiti. Ma se è il tempo e la possibilità di essere inaltera­ bilmente assidui, che per un supposto, mancasse ad alcuni o a tutti quanti i commissari, con quale altro metodo si potrebbero ottenere migliori risultati? E se, per avventura, la nostra impresa non dovesse riu- scire(badi bene che questa non è che una mera ipotesi), prima di investigare se il metodo seguito dalla Giunta fosse il preferibile, non. sarebbe il caso di esami­ nare se sia stato conveniente di far cadere la scelta dei componenti la Giunta d’inchiesta esclusivamente sopra uomini parlamentari ossia sopra uomini che sono posti nel bivio o di lasciar da parte l’ adempi­ mento d’ogni altro dovere per potersi dedicare al- l’ inchiesta agraria quanto occorre, o di non trovar la possibilità di soddisfare completamente al loro compito dell’inchiesta agraria, entro il termine fissato dalla legge, stante la necessità in cui sono di adem­ pire anche altri doveri che incombono loro contem­ poraneamente ?

È da sperarsi che l’inchiesta agraria abbia un esito buono e che riesca ad appagare il desiderio del maggior numero, ma siccome \’Economista pre­ dice il contrario ed assegna già la cagione del cat­ tivo risultato, mi credo in debito di prevedere anche le più lontane possibilità e di prevenire gli ecomi­ sti contro la condanna di un metodo il quale non avrebbe alcuna colpa, anche nel caso che si avve­ rasse la predizione A&WEconomista.

Mi creda, sig. Direttore, con distinta considerazione Dev. S. Ja c i n i.

RIVISTA BIBLIOGRAFICA

La questione sociale di Pietr o Ellero — Bologna, 1877

E questo un libro nel quale in stile diffuso e Boccaccevole si tratta di una quantità veramente straordinaria di argomenti.

L’autore principia col notare come le querele contro l’ordine presente della società vadano sempre crescendo, egli crede quindi utile esaminare con animo imparziale i mali ed i beni de’ quattro o r­ ganamenti sociali : proprietà, famiglia, stato e culto.

(7)

« di pugnale e di flagello, e inseguenti altri che | « stillano sangue per ampie ferite, mendiei che mo- « strano le piaghe e stendono la mano, infanti « esposti cui le belve dilaniano e schiavi che scuo-

« tono e trascinano le catene : sopra tutti i quali

« passa, stritolandone le ossa, il carro immane di « Tagarnat. »

Così principia la descrizione de’ mali della pro­ prietà.

L’ autore prosegue'dimostrando come senza questa non esisterebbero i furti, e verrebbe quindi meno la necessità di punirli, cosa che, crediamo, sarà concessa da tutti senz’ alcuna difficoltà. Parla dei matrimoni fatti per interesse, delle contese tra i fratelli per la paterna eredità, delle fiere e dei balli di beneficenza, dell’ accattonaggio, dei libertini, di donne vecchie che essendo ricche usurpano « le « prerogative stesse della giovinezza e della beltà » e di moltissime altre simili cose. Yi è anche « l’or­ rido mostro dell’ industrialismo » contro il quale rompe una lancia.

Alla famiglia imputa pure gravi guai. Come per la proprietà ed il furto nota, argutamente, che se non vi fosse il matrimonio nemmeno potrebbe es­ servi mai adulterio.

Dopo alcune digressioni sulla prostituzione, le monache, ed i domestici affanni, l’ autore passa a considerare i mali dello stato e del culto trattando questi argomenti in modo analogo ai due primi. Quindi descrive gli intendimenti e gli esperimenti per innovare la società umana dicendo di Platone, di Catilina, della democrazia fiorentina, dei sistemi socialisti moderni e dedicando infine molte pagine al sistema evangelico ed'ai regno di Dio. Vi sono digressioni . sulle sacre scritture, sulle eresie, sui santi padri del deserto. Trattando quest’ argomento l’autore ci narra le tentazioni dalle demonia che durò Sant’Antonio, come pure quelle durate da Sant’ Ilarione, Sant’ Abraam ed altri. Non abbiamo capito bene cosa ciò avesse, che fare con la qui- stione sociale.

Finalmente l’ autore prende ad esaminare se sia cosa buona e giovevole di sciogliere la società umana: in astratto parrebbe di sì, basterebbe per ciò che vi fossero « animi concordi, sentimenti acconci e co- « strimi correlativi. » Ma, disgraziatamente, queste condizioni mancano e gli abitatori di questo basso mondo « sono a quel che pare ben lungi ancora « dallo avere l’angelica natura, e ben lungi quindi « di potere attualmente vivere senza società. Con- « stato, e confessato, per quella fedele riverenza al « vero, che sempre volemmo osservata, qualmente « (contro a ciò che attestano gli oppositori delle idee « e delle imprese utopistiche) non mancherebbe a « queste una mera possibilità di approdare in certe « cjrcostanze ed a certe condizioni, non è per ciò « detto che il dissolvimento sociale abbia da avere « effetto... Per quanto la società sia carica di delitti, « di piaghe e di tormenti ; date le occorrenze e le « passioni che la richiedono, essa è non solo una « necessità, ma un bene relativo inapprezzabile, in « quanto frena lo imperversare di mali maggiori.»

Per altro l’autore la vuole almeno riformare e se la prende specialmente contro la moderna borghesia, causa di moltissimi guai. Yi sono considerazioni sull’uomo primitivo, sulla formazione della società, sull’ amore universale e sino sulla questione della

discendenza dell’uomo dalle scimmie, che viene ri­ soluta negativamente.

Si vede che l’autore ha conoscenza dei recenti progressi della scienza sociale, ma egli ne scrive come potrebbe farlo un uomo del cinquecento, e quasi sempre pare che i problemi di cui tratta siano posti per la prima volta. Non mancano idee buone, ma guadagnerebbero assai ad essere esposte in altro modo.

NOSTRA CORRISPONDENZA

l )

La discussione relativa al lavoro delle donne e dei fanciulli alla Camera belga — l.e Casse di previdenza in Francia — sen­ sibili progressi nei depositi — L’emissione del titolo 3 °/o.

Parigi, 27 febbraio, 1878.

A Bruxelles si occupano così sovente e a lungo delle cose nostre che è quasi un dovere di reci- procanza per noi il menzionare qualche importante questione che si agiti dai nostri finitimi belgi.

Ed è perciò che non parrà del tutto fuori di luogo se oggi vi accennerò brevemente la discus­ sione che ebbe luogo negli scorsi giorni alla Camera belga riguardo al regolamento del lavoro delle donne e dei fanciulli nelle miniere.

Questione complessa e di non facile risoluzione! Che pur troppo se i sentimenti umanitarii consiglie­ rebbero, vedere allontanati da quei gravi lavori le donne ed i fanciulli che ad essi per la loro natu­ rale debolezza sembrano poco atti, d’altro canto bi­ sogna togliersi dal pensiero di risolvere la questione troppo recisamente.

È un fatto che la condizione delle classi lavora­ trici è tutt’altro che prospera, e in molti casi è una stretta necessità il trarre partito da tutte, dirò così, le forze vive della famiglia stessa per sopperirne ai bisogni dell’ esistenza. Poniamo il caso di una fa­ miglia di operai composta di un lavoratore che debba mantenere uno o due vecchi genitori, la moglie e due o tre figliuoli, come si può vietare a quest’individuo di {rarre partito del lavoro di uno di questi fi­ gliuoli ed anco della moglie se le condizioni sue lo richiedano? Ora più che troncare la questione d’un tratto è mestieri far entrare nella mente della classe operaia le ragioni per le quali sarebbe consigliata l’astensione delle donne e dei fanciulli da certi la­ vori. Bisognerebbe poco a poco mostrare all’operaio come l’impiego prematuro dei fanciulli in certi la­ vori, danneggi in modo considerevole il loro sviluppo e bene spesso sia cagione che, deteriorata la loro salute, impedito il libero svolgimento delle loro forze, giunti all’età in cui il lavoro di essi potrebbe riu­ scire più proficuo siano invece infiacchiti e non siano in grado di produrre che la metà od anche meno del lavoro che produrrebbero ove le loro condizioni fi­ siche fossero pienamente sviluppate.

Lo stesso dicasi del lavoro della donna. L’ope­ raio ha ordinariamente una famiglia alla quale esso non può prestare le sue cure morali e materiali: e

*) In omaggio alla piena libertà che lasciamo ai nostri collaboratori pubblichiamo la seguente, sebbene non dividiamo tu tte le idee del nostro egregio corri­ spondente sul primo argomento di cui parla.

(8)

156 L’ ECONOM ISTA marzo 1878

questa missione è necessariamente affidata alla moglie, alla sorella dell’operaio stesso. Ma come si può pre- i tendere che la donna possa accudire alle faccende domestiche quando ha esausto le sue forze in gravi lavori quali sono, a mò d’esempio, quelli delle mi­ niere? E spesso la donna impiegata in opere da cui l’ indole sua e la sua fisica costituzione rifuggono, deteriora considerevolmente la sua salute, e la prole che un dì o l’altro metterà al mondo non potrà che essere di scarso aiuto.

Insomma questa quistione del lavoro delle donne e dei fanciulli sembrami si debba riguardare con criterii un pò più vasti di quello che non si faccia da alcuni i quali o le attribuiscono scarsa impor­ tanza o stimano poterla risolvere su due piedi con un decreto assoluto. Bisogna in certo modo fare en­ trare nella mente dell’operaio che la limitazione — giacché la proibizione è difficile poterla ottenere — del lavoro delle donne e dei fanciulli tende in­ direttamente a fare il suo vantaggio contribuendo ad accrescere ed a migliorare le forze produttrici.

Alla Camera belga il signor Bernaert, ministro dei lavori pubblici, e l’on. signor Allard hanno sta­ bilito il giusto mezzo che bisogna tenere nel rego­ lare il lavoro delle donne e dei fanciulli. In tale discussione abbiamo avuto gli estremi opposti so­ stenuti dai signori Jottvand e Pirmez. Il primo vor­ rebbe che la legge assolutamente vietasse alle donne di scendere a lavorare nelle miniere, mentre l’altro — Pirmez — quasi quasi ci avrebbe voluto ricon­ durre alla onnipotenza del paterfamilias romano che dava al padre facoltà di vita e di morte sulla prole e avrebbe voluto libertà piena ed intera di lavoro. Ambedue sostenevano una tesi sbagliata : chè se non può assolutamente proibirsi il lavoro delle donne e dei fanciulli, perocché già questo la­ voro è soggetto a non poche gravose restrizioni da parte della legge, non si può nemmeno permettere, come il signor Pirmez avrebbe voluto, che la società abiuri completamente ai suoi diritti di proteggere i suoi membri, ove uopo sia, anche contro i genitori. Questo è un principio della legislazione moderna, è nello spirito dei tempi e non lo si può porre in non cale.

La decisione che da questa discussione è venuta fuori si è che dal 4° p. v. agosto il limite dell’età per l’ammissione dei fanciulli alle miniere è stabi­ lito a 42 anni e per le fanciulle a 43.

Il signor Frère si è pronunciato contro qualunque limitazione al lavoro.

La Commissione di sorveglianza delle casse d’am­ mortamento e depositi in Francia ha indirizzato al Senato e, alJa Camera dei deputati il rapporto sulle opera­ zioni degli anni 4873, 74, 75. In questo rapporto e con vivo interesse che ho letto i paragrafi rela­ tivi alle casse di risparmio, a quelle di mutuo soc­ corso e a quella così detta di ritiro per la vec­ chiaia, che tutte vengono comprese sotto il titolo generale di casse di previdenza.

Dalle cifre esposte in questo rapporto si rileva come i depositi vadano sempre sensibilmente au­ mentando, sicché alla fine del 1875 hanno raggiunto la cifra di oltre 6 milioni di franchi.

La Commissione del bilancio si è pronunciata al- l’ unanimità in favore della creazione del nuovo titolo 3 0|o ammortizzabile. Pertanto possiamo con­ siderare come accettato il progetto dell’ on. Ministro delle Finanze.

L’ apologista del progetto ministeriale, che, come vi accennavo nella mia passata corrispondenza, ha incontrato non poche obiezioni ed opposizioni nel mondo finanziano e boursier, fu il sig. Wilson il quale dette opera a dimostrare i vantaggi della creazione di un nuovo titolo. Dimostrò come questo titolo abbia molti lati di rassomiglianza col titolo ferroviario 5 0|0 di 500 fr. e come anzi abbia su quello un vantaggio: il vantaggio di essere ammor­ tizzabile in uno spazio di tempo meno lungo. Quindi il sig. Wilson con le cifre alla mano ha mostrato come il nuovo 5 Op) avrà, tenuto conto del minore spazio di tempo in cui sarà ammortizzabile, un van­ taggio di quasi tre punti sul 3 0[o vecchio.

Contro le dimostrazioni del sig. Wilson parlò un solo membro della Commissione, il sig. Rouvier, il quale avrebbe voluto che invece dell’ammortamento alla pari e a data fissa — il nuovo 3 0[o dev’ es­ sere ammortizzato in 75 anni — si praticasse l’am­ mortamento per mezzo del riscatto sulla piazza e al corso quotidiano, come si pratica in Inghilterra.

A difesa dell’ utilità anzi della necessità dell’am­ mortamento a data fissa parlarono i signori Allain largó, Ferry, Germain ed altri, i quali preferiscono quel sistema come quello che si oppone alla tendenza che si fa sempre più generale nelle rappresentanze nazionali di preoccuparsi dei bisogni del momento trascurando le date di ammortamento. Coll’ammor­ tamento a data fissa la generazione attuale mostra di volere sopportare i pesi del prestito che essa con­ tratta, e non riversa sulle generazioni future una parte del peso del! imprestilo stesso.

Fu il sig. Ferry che principalmente dimostrò la convenienza dell’ applicazione di questo principio. Allargando la discussione egli ha rammentato che il significato della legge non è limitato ad un og­ getto speciale e che se il nuovo titolo giungesse ad accaparrarsi il pubblico favore, si potrebbe avere nel nuovo 5 0|Q un potente mezzo di modificare il carattere del debito pubblico francese.

11 sig. Germain, forse con soverchio ottimismo, volle dimostrare che la Francia aveva attualmente nel suo bilancio delle risorse disponibili per contrarre un nuovo prestito. J.

PRODOTTI DELLE STRADE FERRATE

nell’ anno 1877'.

Il Ministero dei lavori pubblici ha pubblicato a breve distanza il prospetto dei prodotti delle ferro­ vie nei mesi di ottobre novembre e dicembre 1877, in confronto con quelli degli stessi mesi 1876. Ri- proi ìclamo i prodotti dell’intero anno 1877 in con­ fronto con quelli del 1876:

1877 1876

Ferrovie dello Stato L. 87,742,833 L. 86,207,267 Ferrovie di diverse So­

cietà esercitate dalla Società del Sud del­

(9)

Si ebbe dunque nell’ anno 1877 un aumento di L. 2,186,531. Aumentarono: le ferrovie dello Stato di L. 1,535,566; le ferrovie di diverse Società eser­ citate dalla Società del Sud dell’ Austria, di lire 509,905; Torino-Lanzo, di L. 27,263; Torino-Rivoli, di L. 14,323; Vicenza-Thiene-Schio, di L. 135,797. Diminuirono: le Romane, di L. 118,904; le Meri­ dionali. di L. 57,065; le Sarde, di L. 19,948.

Ecco ora i prodotti chilometrici del 1877 iu con­ fronto con quelli del 1876:

1377 Ì8 7 6 24,131 L. 25,082 15,677 » 15,246 16,459 » 16,531 15,247 » 15,286 5,003 » 5,103 13,718 » 15,835 11,784 » 10,590 7,076 « 7,648 4,693 » — 19,256 L. 19,636

Nella media generale del 1877 si ebbe partanto una diminuzione di L. 380. Diminuirono: le ferro­ vie dello Stato di L. 951; le Romane di L. 72; le Meridionali di L. 39; le Sarde di L. 100; Torino- Lanzo di L. 2117. Aumentarono: le Ferrovie di diverse Società esercitate dalla Società del Sud del­ l’Austria di L. 431; Torino-Rivoli di L. 1194.

Durante l’ anno 1877 vennero aperti all’ esercizio i seguenti tronchi di linea:

Ferrovie dello Stato:

Badia Legnago chil. 18

Carnia-Resiutta » 8 Legnago-Dossobuono 44 Spezzano-Al banese-Maiolungo » 11 Romagnano-Balvano » 7 Frassia-Cosenza » 33 Grassano-Calciano » 3 Linea Vicenza-Treviso: Treviso-Castelf ranco » 25 Castelfranco-Cittadella » 12 Cittadella-Vicenza » 24 Padova-Bassaijp » 48 Totale chil. 233

Crediamo ancora opportuno di riprodurre dalla medesima pubblicazione ministeriale il prospetto corn- • parativo dei prodotti chilometrici delle linee riunite dall’anno 1865 a tutto il 1877. Esso è il seguente :

1865 L. 16,890 1872 L. 18,995 1866 » 16,920 1873 » 20,093 1867 >» 15,470 1874 » 20,128 1868 » 15,690 1875 » 19,575 1869 » 16,816 1876 » 19,636 1870 » 16,517 1877 » 19,256 1871 » 17,175

A H I E DOCUMENTI UFFICIALI

La Gazzetta Ufficiale ha pubblicato i seguenti

A tti Ufficiali:

5 febbraio. — Art. 1. Il Comitato permanente del genio civile di cui agli articoli, 11 e 13 del regola­ mento approvato col no: tro decreto del 6 giugno 1863, Ferrovie delle Stato L.

Ferrovie di diverse Società eser­ citate dalla Società del Sud

dell’Austria ■» Romane » Meridionali » Sarde » Torino-Lanzo » Torino-Rivoli » Vicenza-Thiene-Scliio » Vicenza-Treviso e Padova-Bas- sano » Media generale L.

numero 1320, sarà d’ora innanzi composto nel modo seguente :

Presidente: Il ministro segretario di stato pei lavori

pubblici.

Membri: Il segretario generale del ministero dei la­

vori pubblici;

Il direttore generale delle strade ferrate; Il direttole generale di ponti e strade;

11 direttore generale delle opere idrauliche; f ,

Il vice-presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici ;

I due presidenti di sezione del Consiglio superiore dei lavori pubblici.

Segretario: Da designarsi con decreto ministeriale.

Art. 2. Il capo della divisione che tra tta gli affari del personale del Genio civile interverrà alle sedute del Comitato per dare gli schiarimenti e le notizie occorrenti, e per riferire quando ne abbia avuto spe­ ciale incarico.

5 febbraio. — R. decreto, 26 dicembre, che sopprime 1’ ultimo comma dell’ articolo 58 del regolamento per la scuola di agricoltura in Portici.

R. decreto 20 dicembre, che concede facoltà di oc­ cupare le aree e derivare le acque indicate nell’ an­ nesso elenco, agli individui nel medesimo elenco no­ minati.

9 febbraio. — 1. Indirizzi di condoglianza e di omaggio alle L L. MM.

2. R. decreto, che approva una deliberazione del Consiglio comunale di Avezzano.

3. R. decreto 23 gennaio, che approva il nuovo statuto della Compagnia Reale delie ferrovie sarde.

4. R. decreto 23 gennaio, che aggrega i comuni del mandamento di Canale di Covone all’ ufficio di regi­ stro di Alba.

L a stessa Gazzetta pubblica il seguente decreto : I biglietti degli Istituti di emissione del taglio di lire 259, che temporaneamente si continuano ad ac­ cettare dalle tesorerie dello Stato per operarne il cambio in altri biglietti a corso legale o consorziali, non saranno più ricevuti nolle casse erariali a co­ minciare dal 1° aprile 1878.

12 febbraioi — 1. R. decreto 27 gennaio, che ap­ prova il ruolo organico del personale dell’Osserva­ torio astronomico della R. Università di Roma.

2. R. decreto 27 gennaio, che approva il ruolo o r­ ganico del personale deU’Osservatorio astronomico di Napoli.

15 febbraio. — 1. R. decreto, 23 gennaio, che ap­ prova il nuovo statuto delia Cassa di risparmio di Pisa.

2. Disposizioni nel personale dipendente dal mini stero di pubblica istruzione, in quello dell’Ammini- strazione finanziaria, in quello dell’Amministrazione del demanio e tasse, in quello dell’Amministrazione dei telegrafi e nel personale giudiziario.

L a stessa Gazzetta Ufficiale pubblica le seguenti disposizioni nel personale dipendente dal ministero dell’interno :

Con R. decreto 14 febbraio 1878:

Salaris comm. avv. Elisio, prefetto di seconda classe della provincia di Brescia, nominato prefetto di se­ conda classe della provincia di Bari.

Con R. decreto 10 febbraio 1878:

Paternostro comm. Paolo, prefetto di seconda classe della provincia di B a ri, nominato consigliere alla Corte dei conti.

L a Gazzetta Ufficiale pubblica la seguente ordi­ nanza di sanità m arittima:

Il ministro dell’interno, per regolare con uniformità

(10)

138 L’E C O N O M I S T A 3 marzo 1878 il trattamento sanitario delle navi che giungono dal

litorale della presidenza di Bombay, decreta: Art. 1. Le navi che salpano dalla presidenza di Bombay per recarsi in Italia, dovranno munirsi di patente sanitaria rilasciata o vidimata dal console od agente consolare italiano residente nel luogo di par­ tenza.

Art. 2. Le navi che giungeranno sprovviste della patente o del visto di cui sopra, saranno sottoposte al trattam ento contumaciale prescritto dal paragrafo quinto del quadro delle quarantene approvato con decreto ministeriale 29 aprile 1867.

16 corrente. — Decreto 27 gennaio con cui si ap­ prova un elenco di autorità e di uffizi ammessi a cor­ rispondere in esenzione delle tasse postali ;

Decreto 31 gennaio con cui viene eretto in corpo morale YOspedale di Santa Maria Salate degli in

ferm i fondato nel Comune di Cori (Roma);

Decreto 27 gennaio con cui si autorizza la Società

cooperativa di credito in Belluno e si approva il re ­

lativo statuto ;

Disposizioni nel personale del Ministero della guerra, della marina e dei lavori pubblici.

16 febbraio. —- 1. R. decreto 26 gennaio, che ap­ prova alcune variazioni introdotte nell’ elenco delle autorità e degli uffizi ammessi a corrispondere in esen­ zione delle tasse postali.

2. R. .decreto 31 gennaio, che erige in corpo mo­ rale l'ospedale di S inta Maria Salute degli infermi, comune di Cori.

3. R. decreto 23 gennaio, che autorizza la Società cooperativa di credito, sedente in Belluno, e ne a p ­ prova lo statuto.

4. Disposizioni nel personale dipendente dal mini­ stero della guerra, in quello dipendente dal ministero della marina e nel personale dell’amministrazione cen­ trale dei lavori pubblici.

La Gazzetta Ufficiale pubblica inoltre la seguente ordinanza di sanità marittima :

Art. 1. E vietata l ’importazione nel Regno degli animali bovini ed ovini provenienti dai porti e scali della Russia sul Mar Nero e sul Mar d’Azof, e da quelli dei Principati uniti di Moldavia e Valacchia.

Art. 2. Le pelli non conciate, la lana sucida, le unghie, le ossa e gli altri avanzi di detti animali della medesima provenienza, per essere ricevuti nel Regno, dovranno essere sottoposti ad una regolare disinfe­ zione con acido fenico o con cloruro di calee, ed allo sciorinamento per la durata di cinque giorni.

Dato a Roma, 14 febbraio 1878.

18 febbraio. Decreto 27 gennaio con cui si modifica l’ordinamento delle paghe spettanti al personale delle compagnie infermieri della regia marina ;

Decreto 26 settembre 1877 cosi concepito:

Articolo unico. Sono dispensati dal servizio delle

milizie territoriale e comunale i cittadini dello Stato, consoli e vice-consoli delle potenze estere che per reciprocità concedono uguale dispensa ai nostri agenti consolari da servizi consimili.

Disposizioni nel personale della pubblica istruzione e dei telegrafi.

RIVISTA DELLE BORSE

Firenze 2 marzo.

L ’ incertezza nel campo de’la speculazione si è fatta nel corso della se ttim an a sem pre m ag g io re su tu tte le Borse di E u ro p a, non esclusa q uella di P a rig i, che da v ario tem po è s ta ta il b aluardo dei rialzisti.

Il tra tia to di pace che doveva essere firm ato da varj g io rn i non è stato an co ra stip u lato , e tan to i g io rn ali, che g li uom ini di affari, che furono finora o ttim isti, com inciano a v acillare, e temono che 1’ orizzonte politico anziché ra s­ serenarsi debba invece farsi sem pre più g r a ­ vido di tem peste. Se si considera infatti 1’ a t ­ te g g iam en to delle potenze d irettam en te in te ­ r e s ó te nel conflitto orientale, vi è da tem ere davvero che anziché avvicinarsi ad un com ­ ponim ento pacifico, ci si vada sem pre più a l ­ lontanandosi. L a R ussia stessa che dovrebbe essere ab b astan za sodisfatta del re su lta to della g u e rra , non dà prova di desiderare sin cera­ m ente la pace allorché p reten d e condizioni così enorm i da eccitare tim ori, e gelosie nelle altre potenze. Anche la T u rc h ia nou si m ostra molto propensa, e non h a tu tti i torti, ad ac­ c e tta re le proposte della R ussia, e vedendosi adesso sp a lle g g ia ta d all’ A ustria, e d a ll’I n ­ g h ilte rra , cerca di tira re in lu n g o le t r a t t a ­ tive, sperando col provocare un conflitto e u ­ ropeo, di sfu g g ire alla en o rm ità d e le co n d i­ zioni russe. Se si ag g iu n g o n o a tu tto questo i poderosi arm am en ti che si fanno in I n g h il­ terra, la dom anda di u n credito di 60 m ilioni di fiorini fatta alle Cam ere dal Governo a u ­ striaco, non che le voci d i mobilizzazioni e di co n cen tram en ti di tru p p e in altre p a rti di E uropa, ci si p ersu ad erà facilm ente quanto sia difficile il dare un indirizzo stab ile al m ercato dei valori pubblici.

A P a rig i fra tta n to il m ercato cominciò con molte offerte su tu tti i valori, ma sp ecial­ m ente sulle rendite, per cui i prezzi fino dai p rim i g io rn i dell’ottav a esordirono g e n e ra l­ m ente deboli. M ercoledì ed an ch e giovedì vi fu qualche m iglioram ento, m a verso la c h iu ­ su ra i prezzi subirono un sensibile tracollo, essendo caduto il 3 0[0 da 74 17 a 73 52; il 5 0[0 da 110 a 109 e la re n d ita ita lia n a da 73 95 a 72 70.

A L ondra pu re la se ttim a n a chiude con deprezzam ento essendo declinati i consolidati ioglesi da 95 5[8 a 95; la re n d ita ita lia n a da 73 5(8 a 73 e il consolidato tu rco da 8 l j l 6 a 7 8[16.

A V ienna lo stesso andam ento, cioè sensi­ bile ribasso sui fondi e p eg g io ram en to sulla v alu ta.

In Ita lia g li affari furono g en eralm en te senza im p o rtan za a motivo ap p u n to della g ra n perplessità in cui si trovano g li operatori di am be le p a rti ed an ch e a motivo della liq u i- d zione di febbraio, la quale esigette un pe­ sante lavoro preventivo p er tro v are sfogo sia per le vendite, sia per rip o rti alle rile v a n ti somme di ren d ita, che debbono essere conse­ gnate. Il riporto si m an ten n e costantem ente a circa 30 centesim i, cifra ab b astan za elevata, se si riflette all’abbondanza sem pre g ra n d e del denaro.

La re n d ita 5 per cento esordì su lla n o stra Borsa a 80 62 1[2 in co n tan ti per fine mese, si spinse il m ercoledì fino a 80 97 1[2, re tro ­ cesse il giovedì a 80 25, e dopo essere risa lita a 80 40 resta rg g i da 80 42 a 80 47 per fine Corrente.

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