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Fabio Iadeluca. Le Organizzazioni criminali di stampo mafioso straniere nel nostro paese: La Mafia Albanese

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Fabio Iadeluca

Le Organizzazioni criminali di stampo mafioso straniere nel nostro paese:

La Mafia Albanese

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Fonte: Li Mes, Come mafia comanda, Milano, l’Espresso, 2-2002.

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Indice

Introduzione pag. 4

Capitolo I: Mafia Albanese 5

1.1 Contesto storico 6

1.2 La struttura dei gruppi criminali 8

1.3 Attività delittuose 11

1.4 Analisi del fenomeno 15

Legislazione antimafia 27

Bibliografia 32

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Introduzione

Dalla relazione approvata dalla Commissione parlamentare antimafia nel luglio 2003, emerge un quadro particolarmente allarmante della criminalità mafiosa albanese la quale mette in risalto l’elevato livello di specializzazione criminale raggiunto. Tale considerazione è supportata dalla affidabilità dell’organizzazione nel mercato mondiale del crimine, fino ad arrivare ad essere considerata nell’universo criminale come un punto di riferimento fondamentale per traffici illeciti internazionali:

“La criminalità albanese ha avuto negli ultimi anni una evoluzione rapidissima e, senza dubbio, oggi costituisce l’espressione più pericolosa nello scenario della criminalità straniera in Italia”1.

Siffatta valutazione emerge dalle attività istruttorie e dalle acquisizioni compiute nel corso della XIV legislatura dalla Commissione parlamentare antimafia, nonché attraverso il Comitato di lavoro sulla criminalità organizzata.

1 Senato della Repubblica- Camera dei Deputati- Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare approvata in data 30.07.2003, pag. 143 e segg.

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Cap. I

Mafia albanese

L’analisi del fenomeno della criminalità albanese:

“consente di avere certezza in ordine alla natura mafiosa delle organizzazioni criminali albanesi e alla loro spiccata capacità di realizzare le attività illecite secondo schemi tipicamente transnazionali. Tale valutazione è confermata dal lavoro delle forze dell’ordine, dai risultati delle indagini e dalle sentenze della magistratura che hanno accertato come molte manifestazioni criminali delle associazioni albanesi operanti in Italia presentino le peculiari caratteristiche dei sodalizi mafiosi 2”.

ancora:

“le organizzazioni criminali albanesi hanno raggiunto elevati livelli di specializzazione criminale e si sono dimostrate pienamente affidabili sul mercato del mondiale del crimine, al punto da divenire fondamentale punto di riferimento per i traffici illeciti internazionali”3.

La connotazione transnazionale del crimine organizzato, deve essere considerata un contesto estremamente selettivo per le organizzazioni criminali, che riescono a ritagliare un proprio ruolo, solo a condizione di sapersi muovere con estrema flessibilità, riuscendo a cogliere nuovi fattori abilitanti di successo, posti in essere dallo spettro delle attività illecite, alle logiche degli accordi di cartello ed alla proiezione di influenza su aree territoriali sempre maggiori.Da tale situazione, deriva il bisogno in primis per le organizzazioni criminali di ricercare accordi internazionali con analoghe realtà devianti, senza creare aree dialettiche di sovrapposizione e, di conseguenza ricercare l’espansione capillare delle proprie cellule al di fuori dei paesi d’origine, dove, come nel caso dell’Albania, la situazione socio/economica non consentirebbe meccanismi di parassitismo criminale particolarmente remunerativi.

2 Senato della Repubblica- Camera dei Deputati- Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare approvata in data 30.07.2003, pag. 143 e segg.

3 Senato della Repubblica- Camera dei Deputati- Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare approvata in data 30.07.2003, pag. 143 e segg.

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L’esperienza storica dimostra che le varie forme di contrabbando, di narcotraffico, il commercio delle armi e l’immigrazione clandestina necessitano, proprio per la loro natura, di spazi di mercato e di contrattazione su scala internazionale.

1.1 Contesto storico

Le radici storiche del fenomeno della criminalità albanese, ricollegabili al disfacimento del blocco sovietico e alla successiva profonda crisi dei Balcanio, a seguito delle quali il nostro paese è divenuto mata di un intenso, continuo e nuovo flusso migratorio, in particolar modo clandestino, proveniente dai paesi dell’est europeo.

Inoltre:

“Le crisi endogene allo stato albanese, che emergeva da una situazione storica di totale compartimentazione internazionale e nel quale si manifestava un brusco passaggio da un’economia comunista a un liberismo incontrollato4, hanno creato dei vuoti di potere che sono stati irrimediabilmente colmati dalla crescita criminale, rafforzata dal fatto che la nuova struttura statuale era caratterizzata da una corruzione estesa a tutti i livelli e dalla totale mancanza di effettive ed indipendenti strutture di contrasto al crimine organizzato, peraltro già operante anche durante la fase storica della dittatura”5.

Ancora:

“Lo studio dei fenomeni criminali riconducibili ad elementi di origine albanese nel decorso anno conferma la particolare aggressività e propensione a porsi come soggetti di primaria rilevanza nella gestione del narcotraffico.

Esiste quindi una progressiva, univoca tendenza ad una crescita criminale, che sempre più si allontana, pur non abbandonandola, dalla commissione di reati strumentali – come quelli contro il patrimonio, che frequentemente vengono commessi da chi è stato in difficoltà- per approdare alla realizzazione di sofisticati network, dediti a ben più remunerativi e gravi illeciti.

4 La relazione della Commissione nella XIII Legislatura ricorda”: La crisi albanese del 1977, provocata dal collasso delle cosiddette società finanziarie “piramidali”, aveva portato ad una crescita qualitativa dei fenomeni criminali, tanto che il controllo su vaste aree del paese, al Nord come al Sud, era nelle mani di numerose bande criminali. La debolezza strutturale delle giovani istituzioni, aggravata dalla difficoltà innescata dalla menzionata crisi, ha reso difficile, per un lungo periodo, la reazione dello Stato albanese”.

5 Per quanto l’Albania fosse considerata u paese impenetrabile ai normali rapporti, tale non lo era per i traffici di stupefacenti che, negli anni9 Ottanta, vedevano protagonisti taluni esponenti della criminalità veneta.

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E assodata la tendenza di tali soggetti criminali ad organizzazioni in sodalizi assai perniciosi per violenza e virulenza: infatti, la presenza di gruppi criminali albanesi è andata fortemente aumentando e la loro diffusione sul territorio nazionale si può con siderale omogenea da diversi anni”6.

Sulla specificità della estrema efferatezza delle condotte criminose poste in essere dalla malavita albanese, è importante menzionare per rendersi conto dell’importanza del problema, quello che la DIA scrive in merito7 “il delinquente albanese è portatore di una subcultura violenta che ne contraddistingue il comportamento , L’efferatezza, la crudeltà e la ferocia che dimostra nelle fasi del trasbordo di clandestini, nelle modalità di reclutamento e di sfruttamento delle giovani destinate a prostituirsi o dei bambini costretti a chiedere la questua agli angoli delle strade, colpisce certamente l’immaginario collettivo. Non è un caso se proprio per i criminali albanesi è stato rispolverato l’articolo 600 del c.p. -che quasi non conosceva applicazione in Italia- configurante la fattispecie delittuosa della riduzione in schiavitù era stato messo in rilievo, grazie ai dati forniti dal centro di Elaborazione Dati Interforze del Dipartimento della Pubblica Sicurezza, la particolare propensione alla commissione di delitti contro la persona, che apparivano comunque strumentali rispetto alla perpetrazione di altrettanti turpi reati: lo sfruttamento della prostituzione e dei minori, nonché di tutte le attività connesse all’immigrazione clandestina. Altre lucrose attività poste in essere dalla malavita albanese sono poi il traffico di stupefacenti e di armi. Ulteriore caratteristica peculiare di tale criminalità è costituita dal fatto che tutte queste attività vengono condotte generalmente in gruppo più o meno organizzati che appaiono feroci, determinati, e possono contare su manovalanza affamata disposta e disposta a morire per pochi soldi”.

Giova far presente, che comunque, questa figura descritta non deve essere l’elemento interpretativo assoluto, quasi a formare uno stereotipo criminale.

Lo spettro dell’albanese come “uomo nero” dei Balcani e del mediterraneo può ingenerare delle gravi limitazioni nella compressione della realtà mafiosa albanese. Il discorso sui balcani post-comunisti è molto ampio e complesso, e questi dovrebbe essere ponderato con senso critico e con metodologia analitica a livello scientifico, facendo attenzione di non dimenticare le ragioni geopolitiche che stanno alla base di tale problematica, dovuti a decenni di schiavitù che hanno portato all’ imbarbarimento del popolo albanese8.

6 Questo profilo diffusivo era già stato identificato nel 1999, cfr. – Trattato internazionale di stupefacenti ad opera di gruppi albanesi presenti in Italia- Ministero dell’Interno – Dipartimento della Pubblica Scurezza – direzione Centrale per i Servizi Antidroga. Roma, 9 aprile 1999.

7 Senato della Repubblica- Camera dei Deputati- Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare approvata in data 30.07.2003, pag. 146.

8 Scrive Anna Di Lellio: “ Nei balcani, la perdurante instabilità politica e sociale aiuta a confermare l’idea ottocentesca “dell’uomo balcanico”: l’abitante indigeno non di una regione ma di una polveriera, l’inscrutabile individui senza Stato, indipendente dall’esterno ma legato ai clan locali e destinato a riprodurre la violenza delle vendette ad infinitum, Negli ultimi dieci anni, l’albanese è

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La storia dello Stato albanese è secolarmente complessa e include, accanto alla conversione all’Islam e alla dittatura comunista, delle tradizioni cattoliche e ortodosse.

Secondo gli analisti delle Nazioni Unite, l’essenza principale dello Stato albanese nello sviluppare infrastrutture idonee per affrontare i radicali cambiamenti nel governo, inteso come pubblici poteri e pubbliche funzioni, in quanto ancora si assiste ad un primato sulla politica da parte delle singole personalità e del potere individuale.

1.2 La struttura dei gruppi criminali

Le operazioni poste in essere dalle forze di polizia hanno permesso di studiare la fenomenologia delle organizzazioni albanesi nella loro progressiva escalation criminale, dal quel emergono alcuni elementi caratteristici della malavita albenese:

il criterio dell’associazionismo stabile degli indagati, che in un primo momento sfuggiva ai primi riscontri investigativi, è stato riconosciuto come caratteristica peculiare dei sodalizi albanesi.

Alcuni analisti hanno sottolineato come:

“l’organizzazione mutatis muttandis, si configuri sotto un profilo sociologico anomalo a quella della

‘Ndrangheta: appartenenza dei sodali allo stesso nucleo familiare, alla stessa città o addirittura allo stesso quartiere. Le bande albanesi hanno anche un’altra caratteristica, che ricollegabile a quella dei clan calabresi, ovvero la struttura generalmente orizzontale, all’interno della quale è riconoscibile esclusivamente il capo supremo9, essendo le altre figure di secondo piano intercambiabili”.

alla cultura democratica occidentale. Fa notare lo storico americano Isa Blumi che questo stereotipo è connotato dallo stesso velato razzismo che, in Orientalismo, Edward Said trova nella letteratura eurocentrica del mondo non occidentale. Gli altri popoli dell’ex Jugoslavia, dai croati ai serbi, sono riusciti a negoziare un’identità che li riavvicina all’Occidente. I serbi in modo particolare hanno beneficiato della memoria storica collettiva della Jugoslavia titina incentrata sulla lotta al nazismo, ma anche della continua comunicazione con il marxismo occidentale grazie al movimento dell’autogestione, la rivista Praxis e la popolarità del dissidente Milovan Dijlas. Di recente i serbi si sono presentati come membri a pieno titolo dell’Europa occidentale grazie all’Ortodossia cristiana.

Gli albanesi invece sono rimasti intrappolati nella categorizzazione astratta e dispregiativa di

“etnia” e “ Islam”.

9 Al proposito è storicamente puntuale la notazione della Procura della Repubblica di Savona che, nel procedimento penale n. 812 del 1996 nei confronti di Prifti Enea + 15, riscontra che “gli albanesi si caratterizzano non solo per la tendenza ad aggregarsi in ragione delle comuni origini, ma

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Dal punto strettamente delle relazioni con gli altri gruppi, si assiste, in assenza di scopi strumentali comuni, al dispiegamento di plurime realtà tra loro autonome, che sviluppano in proprio le diverse attività illecite, senza però essere sovrastate da un’autorità né da regole comuni. Comunque, questa autonomia, alla luce degli elevati livelli di specializzazione criminale e affidabilità del mercato mondiale del crimine raggiunto dalla malavita albanese, tanto da rendere primario l’impegno per queste organizzazioni criminali, quella della ricerca di accordi internazionali con analoghe realtà devianti e costituire esse stesse un punto di riferimento per i traffici illeciti.

Quindi, alla luce di quanto sopra evidenziato si può affermare che la criminalità albanese che opera in Italia non ha una organizzazione verticistica ma è strutturata in gruppi autonomi, caratterizzati dall'appartenenza etnica e costituiti su base "clanica", familiare o territoriale (nel senso della provenienza degli adepti dalla stessa zona dell'Albania).

Caratteristiche peculiari sono, ancora, la forte coesione degli associati, la struttura cosiddetta "orizzontale" (nel senso che, come nella 'ndrangheta, all'interno del gruppo conta solo il capo, mentre tutti gli altri sono intercambiabili), la rigidità delle regole interne, la forza di intimidazione, l'omertà interna ed esterna, la tendenziale ricerca del controllo del territorio, anche attraverso eventuali accordi con le associazioni criminali locali.

“particolarmente rigide appaiono le regole interne alle varie organizzazioni. Alla fortissima coesione tra gli adepti si somma una penetrante forza intimidatoria all’interno del gruppo: le ragazze destinate alla prostituzione vengono sistematicamente violentate, costrette a consegnare ai loro sfruttatori (rigorosamente loro connazionali) i passaporti, tutte le somme guadagnate e vivono in stato di reale carcerazione per evitare possibili fughe. Per le ragazze albanesi, esiste poi una continua minaccia di ritorsioni sui familiari rimasti in madrepatria. Tale capacità intimidatoria ha permesso alle cosche albanesi di gestire in molte città italiane anche la prostituzione delle ragazze provenienti da paesi dell’ex blocco orientale, garantendo alle organizzazioni criminali ingenti guadagni da reinvestire in differenziati canali illeciti e leciti, quali gli investimenti immobiliari in Albania”10.

anche per conferire al gruppo un ordine strettamente gerarchico, con un capo indiscusso che provvede a prendere tutte le decisioni, anche le meno impegnative”.

10 Senato della Repubblica- Camera dei Deputati- Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare approvata in data 30.07.2003, pag. 148 e segg..

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Le organizzazioni criminali albanesi presentano delle caratteristiche organizzative, che si indirizzano verso un assetto di dominio del territorio sul tipo che caratterizza le organizzazioni criminali di stampo mafioso nostrane. Tale peculiarità si rende possibile grazie alla pluralità dei loro interessi delinquenziali, alla duttilità intelligente dei modi operativi, alle dotazioni di armi e ai gruppi di fuoco, alla capacità di stabilire rapporti collaborativi con le mafie storiche e con altri gruppi internazionali.

La criminalità organizzata albanese, per questo complesso contesto di manifestazioni, esprime un pericolosissimo livello di pericolosità, e nell’universo criminale multietnico desta la maggiore preoccupazione, e, infatti gli episodi riconducibili alla malavita albanese, per modus operandi caratterizzato da un’estrema efferatezza nel compimento di azioni delittuose, destano un forte allarme sociale

I gruppi albanesi stanziati in Italia sono spesso in contatto tra loro, anche se non condividono necessariamente le medesime attività criminali; essi sono in rapporto con la criminalità residente in Albania, sempre disponibile per gli approvvigionamenti di droga, armi ed esseri umani, specialmente donne da destinare allo sfruttamento sessuale; sono altresì collegati con altri soggetti criminali albanesi - singoli o associati - residenti in altri Paesi dell'Europa, con i quali realizzano i traffici illeciti.

La progressiva capacità di interazione con la criminalità organizzata italiana ha riguardato, in particolare, le associazioni pugliesi, campane. Sono stati inoltre accertati rapporti continuativi anche con la criminalità comune italiana, spesso utilizzata in funzioni di "servizio".

Il radicamento di gruppi o singoli referenti albanesi è oramai diffuso nell'intero territorio nazionale, a volte con vere e proprie basi logistiche per l'arrivo, il transito o lo smercio dei beni (droga, armi, clandestini).

Inoltre, emerge che i delinquenti albanesi residenti nel nostro paese, appartenenti a organizzazioni criminali, tendono sempre più spesso a regolarizzare la loro posizione, munendosi di permessi di soggiorno per sfuggire ai provvedimenti di espulsione cui vanno incontro i clandestini e per meglio assicurarsi la possibilità di spostamento legale sul territorio italiano. Questi soggetti sono animati da un forte spirito nazionalista e, sono capaci per tale motivo di contrapporre reazioni di gruppo in risposta ad eventuali

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iniziative ostili di altri elementi criminali: i conflitti d’interesse vengono spesso risolti con decisivi atti di forza dall’indubbio stampo mafioso.

1.3 Attività delittuose

La diffusione della malavita albanese nel nostro paese segue all’apertura delle frontiere dovuta ai noti eventi politici, a partire dal 1991, quando prese via un rilevante esodo di cittadini albanesi verso i paesi europei e, in particolar modo verso l’Italia. I flussi migratori determinarono l’adozione di provvedimenti finalizzati al loro contenimento che però, in pratica, ebbero la conseguenza di favorire lo sviluppo del fenomeno dell’immigrazione clandestina, in special modo attraverso il canale di Otranto, con sbarchi, in prevalenza sulle coste pugliesi.

Il relativo trasporto di clandestini si è dimostrato a lungo andare come un affare estremamente redditizio, talmente redditizio da attirare l’attenzione della Sacra Corona Unita. In seguito questa attività è passata nelle mani della criminalità albanese. Secondo un accordo con la criminalità pugliese, la quale avrebbe permesso l’attività di traghettamento in cambio di crescenti partite di sostanze stupefacenti.

Con il passare del tempo, l’autonomia delle associazioni criminali albanesi rispetto a quelle tradizionali italiane è andato progressivamente aumentando e si è sviluppata una cooperazione avente per oggetto specifiche attività criminose che vengono ideate e consumate nel territorio italiano. Le attività delinquenziali gestite dalle organizzazioni albanese risultano essere:

- lo sfruttamento della prostituzione in danno a connazionali introdotti clandestinamente in Italia e, non di rado, sequestrati nel paese di origine; inoltre , le vittime di questo crimine sono molte volte ridotte in schiavitù e sono punite, anche con la morte, in caso di trasgressione alle regole imposte dai loro aguzzini;

- il traffico di sostanze stupefacenti, sia leggere che pesanti, prodotte in Albania;

- il traffico di armi da guerra e di materiale bellico, provenienti dall’Albania e dai paesi dell’ex Jugoslavia;

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- i furti di autovetture di grossa cilindrata commessi in Italia con successivi esportazioni in Albania e nei paesi del Medio Oriente;

Le organizzazioni criminali albanesi presentano una struttura di tipo familiare e usano il sistema del terrore per diffondere il messaggio di un potere al quale è quasi impossibile sottrarsi.

La criminalità albanese si è potuta giovare di due concomitanti fattori: da un lato la posizione geografica strategica del Paese d'origine e dall'altro il controllo del territorio albanese reso possibile anche dalla debolezza e dalla permeabilità delle pubbliche istituzioni, a cominciare da quelle deputate al contrasto del crimine.

I gruppi di criminali insediatati in Italia e negli altri Paesi dell'Europa, mantengono solidi rapporti con quelli della madre patria e, non di rado, rappresentano i terminali e i gestori locali di traffici organizzati su scala internazionale.

La vicinanza geografica e la generale diffusione della lingua e della cultura italiana in Albania, consentendo una più facile reciprocità nei rapporti, anche criminali, lasciano prevedere che nei prossimi anni il nostro Paese costituirà, comunque, un approdo privilegiato per i traffici di armi, stupefacenti ed esseri umani che la criminalità albanese dimostra sempre più di sapere gestire in un'ottica transnazionale.

Dalla consapevolezza della dimensione assunta dal fenomeno discende la necessità di sostenere e implementare l'azione di contrasto globale avviata negli ultimi anni dall'Italia.

Accanto alle iniziative investigative e giudiziarie prettamente nazionali, la spiccata dimensione transnazionale della criminalità albanese impone, poi, di porre al centro dell'azione di contrasto lo sviluppo della cooperazione internazionale giudiziaria e di polizia.

I gruppi albanesi stanziati in Italia sono spesso in contatto tra loro, anche se non condividono necessariamente le medesime attività criminali; essi sono in rapporto con la criminalità residente in Albania, sempre disponibile per gli approvvigionamenti di droga, armi ed esseri umani, specialmente donne da destinare allo sfruttamento sessuale; sono altresì collegati con altri soggetti criminali albanesi - singoli o associati - residenti in altri Paesi dell'Europa, con i quali realizzano i traffici illeciti.

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La progressiva capacità di interazione con la criminalità organizzata italiana ha riguardato, in particolare, le associazioni pugliesi, campane. Ma sono stati accertati rapporti continuativi anche con la criminalità comune italiana, spesso utilizzata in funzioni di "servizio".

Il radicamento di gruppi o singoli referenti albanesi è oramai diffuso nell'intero territorio nazionale, a volte con vere e proprie basi logistiche per l'arrivo, il transito o lo smercio dei beni (droga, armi, clandestini).

Infine, va ricordata la spregiudicatezza operativa, la violenza e la efferata aggressività delle manifestazioni individuali o associate della criminalità albanese che destano allarme grave nella collettività e impongono di dare priorità al contrasto di questo fenomeno.

La fondatezza del giudizio di pericolosità del fenomeno criminale albanese è confermata dalla versatilità dimostrata da quelle organizzazioni nella gestione di una pluralità di interessi criminali.

I settori coltivati negli ultimi anni dalla criminalità albanese sono essenzialmente tre: il traffico della immigrazione clandestina, lo sfruttamento della prostituzione e il traffico di stupefacenti. A questi si aggiungono attività collaterali quali furti, rapine e ricettazione (in specie autovetture rubate in Italia e in Germania e inviate in Albania). Particolare rilievo, poi, assume il commercio di armi, anche di tipo bellico.

Il traffico di emigranti clandestini è gestito dalla criminalità albanese con professionale imprenditorialità.

Se all'inizio del fenomeno della migrazione dal Paese delle Aquile i traghettatori erano pugliesi, dal 1997 la mafia albanese ha assunto in prima persona il business impiantando una articolata organizzazione di gommoni - appartenenti ad associazioni o a singoli che ad esse fanno riferimento - che gestisce gli sbarchi in Italia dei clandestini di tutto il mondo diretti nell'Europa occidentale.

Dapprima utilizzati per i flussi di clandestini albanesi, i gommoni hanno poi trasportato schiere di migranti delle più disparate etnie, dai cinesi ai curdi dai cingalesi agli egiziani, ai pakistani, etc. in fuga dalla fame e dalla guerra.

Per porre le mani su siffatto esodo di massa, la malavita albanese, grazie ad una conquistata affidabilità criminale, si è inserita nel traffico di esseri umani intessendo

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rapporti di affari con le organizzazioni che gestiscono i flussi migratori sul piano internazionale.

Effettivamente i gruppi albanesi hanno dimostrato massima efficienza nella esecuzione del "servizio" sempre garantito con proditoria efferatezza ed assenza di scrupoli verso le vittime del traffico e da una spiccata capacità collusiva ed intimidatoria, anche rispetto alle autorità istituzionali albanesi.

Il traffico di clandestini ha costituito, storicamente, il volano economico delle altre attività illecite, sia perché i proventi di quel traffico sono stati investiti negli stupefacenti, sia perché le organizzazioni albanesi hanno realizzato, attraverso i referenti e i gruppi stanziati in Italia, il successivo sfruttamento sessuale delle ragazze trafficate.

Peraltro, la supremazia conquistata dalla criminalità albanese nel campo dello sfruttamento della prostituzione, ne ha consentito la gestione a livello monopolistico in diverse città italiane.

E mentre dapprima il racket riguardava solo le giovani di origine albanese - vittime in patria di soprusi e inganni se non di veri e propri sequestri di persona - negli ultimi tempi anche le ragazze trafficate dai Paesi dell'Est sono sfruttate in Italia sul mercato del sesso dalla malavita albanese.

Quanto agli stupefacenti, è dato oramai notorio che gli scafisti, oltre ai clandestini trasportano contestualmente anche altra merce (armi e droga), così alimentando la c.d.

"rotta balcanica meridionale".

Inizialmente impiegati come corrieri, gli albanesi sono riusciti a stabilire importanti relazioni con le organizzazioni di narcotrafficanti delle aree di produzione, di transito, di stoccaggio e di consumo legittimandosi quali referenti capaci di assumere, ben presto, il controllo dell'intera area balcanica.

La crescente diffusività di tali organizzazioni ne ha accelerato il processo evolutivo, creando i presupposti per nuovi assetti di controllo territoriale, omologabili a quelli espressi dalle organizzazioni mafiose italiane: esse invero si caratterizzano per il ricorso sistematico alla violenza ed all'intimidazione, in un clima di conseguente omertà interna ed esterna alle organizzazioni.

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L'analisi e i risultati dell'attività della magistratura italiana indicano come, in definitiva, la criminalità albanese abbia acquisito un decisivo ruolo nello scenario internazionale dei traffici di stupefacenti: non solo controllano le rotte dell'eroina per conto delle organizzazioni turche ma, grazie ad una inedita affidabilità loro riconosciuta dai cartelli colombiani, i gruppi albanesi e oggi la stessa terra di Albania, si pongono come testa di ponte per la preparazione, lo stoccaggio e la diffusione nei paesi europei della cocaina, della quale i criminali albanesi si apprestano a divenire i principali importatori.

L'esperienza compiuta in questi ultimissimi anni nel mondo dei traffici illeciti, ha consentito dunque ai criminali albanesi di maturare un modello associativo agile e ramificato, presente in posizione dominante in molti Paesi europei, così da ampliare la sfera d'influenza sui traffici di eroina e di hascisc e anche della cocaina, grazie ai cennati recenti accordi con i cartelli colombiani.

Tra le altre attività illecite praticate dai criminali albanesi, va ricordato il traffico di armi, anche di tipo bellico, che ha particolarmente interessato il nostro territorio e, infine, per il suo rilievo macroscopico, il traffico di auto rubate.

1.4 Analisi del fenomeno

Dall’analisi delle relazioni della Direzione Investigativa Antimafia nel periodo che va dal primo semestre del 1998 al 1 semestre 2004, emerge una recrudescenza della criminalità di stampo mafioso albanese, fino ad arrivare a quanto descritto nella relazione approvata dalla Commissione parlamentare antimafia “le organizzazioni criminali albanesi hanno raggiunto elevati livelli di specializzazione criminale e si sono dimostrate pienamente affidabili sul mercato del mondiale del crimine, al punto da divenire fondamentale punto di riferimento per i traffici illeciti internazionali11

In particolare:

1° semestre 199812:

11 Senato della Repubblica- Camera dei Deputati- Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare approvata in data 30.07.2003, pag. 143 e segg.

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“La criminalità albanese è in progressiva espansione in quasi tutte le regioni d’Italia. Essa, preoccupante per la violenza che la caratterizza, difficilmente potrebbe operare senza addivenire ad accordi a livello strategico con le organizzazioni mafiose italiane, specie nei settori operativi tradizionali.

La criminalità di tale etnia, dopo aver acquisito il monopolio dello sfruttamento della prostituzione, con conseguente rapida accumulazione di profitti, è passata al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, che assicurano una redditività molto elevata.

Si sono costituiti gruppi criminali autonomi e paritetici a quelli italiani in grado di gestire l’intero iter della droga, della produzione in Albania di marijuana, alla raffinazione, sempre in quel Paese, di eroina, con successiva esportazione e vendita all’in grosso ed la minuto sui mercati italiani. Lo sviluppo della delinquenza albanese è stato facilitato da una convergete serie di elementi favorevoli individuabili nella possibilità di un efficace controllo del territorio tramite lo sfruttamento della prostituzione, potendo contare su sacche di reclutamento pressoché illimitate, alimentate dai connazionali clandestini e non sulla possibilità di reperire armi.

2° semestre 199813:

“Alle mafie tradizionalmente operanti in Italia si aggiungono le organizzazioni criminali estere ed, in particolare, tra le più pericolose, quella dell’ex Unione Sovietica, la cinese, l’albanese, la nigeriana, la colombiana e la turca, ciascuna votata a specifici settori di intervento. Anche nel semestre in esame, la criminalità organizzata internazionale ha rivolto la sia attenzione ai flussi di immigrati clandestini, utili strumenti per le altre attività illecite, quali il traffico di armi e di stupefacenti. Le strutture criminali esogene, attraverso il controllo diffuso del territorio e la disponibilità di ampie risorse finanziarie e umane, si innestano sempre di più nei fenomeni socio-economici della Nazione. Tali risorse, in rapida evoluzione, sono favorite dall’incessante flusso di clandestini che da molteplici Paesi, e con svariati mezzi,approdano giornalmente in Italia veicolando, al fianco di persone oneste in cerca di migliori condizioni di vita, numerosi soggetti attirati dal miraggio di facili guadagni.

In particolare, la criminalità albanese è in progressiva espansione in quasi tutte le regioni d’Italia. Essa, preoccupante per la violenza che la caratterizzata, difficilmente potrebbe operare senza addivenire ad accordi a livello strategico con le organizzazioni mafiose italiane, specie nei settori operativi tradizionali.

La criminalità di tale etnia, dopo aver acquisito il monopolio dello sfruttamento della prostituzione, con conseguente rapida accumulazione di profitti, è passata al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, che assicurano una redditività molto elevata.

Si sono così costituiti gruppi criminali autonomi e paritetici a quelli italiani in grado di gestire l’intero iter della droga, della produzione in Albania di marijuana, alla raffinazione, sempre in quel Paese, di eroina, con successiva esportazione e vendita all’ingrosso ed al minuto sui mercati italiani.

Lo sviluppo della delinquenza albanese è stato facilitato da un convergente serie di elementi favorevoli individuali nella possibilità di un efficace controllo del territorio tramite lo sfruttamento della prostituzione, potendo contare su sacche di reclutamento pressoché illimitate, alimentate dai connazionali clandestini e non e sulla possibilità di reperire armi”.

13 Direzione Investigativa Antimafia – relazione 2° semestre 1998.

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1° semestre 199914:

“le attività info-investigative hanno consentito di acclarare che le consorterie delinquenziali albanesi hanno assunto, nel tempo, un ruolo rilevante nel contesto criminale nazionale, riuscendo a trapiantare le proprie strutture logistiche ed operative nelle grandi aree metropolitane del nord e nelle regioni del versante adriatico. In tali ambiti hanno evidenziato una pervasività sul territorio sempre più virulenta,, dimostrandosi capaci di soppiantare, quando necessario, con la spiccata aggressività che la caratterizza, la concorrenza malavitosa.

Altra peculiarità che le contraddistingue nel panorama delle forme criminali non autoctone è quella di esser riuscita a creare rapporti paritari con diversi gruppi gravitanti nell’area della Camorra, della

‘Ndrangheta ed anche di Cosa Nostra, ma soprattutto con la criminalità organizzata pugliese, posizioni che, se si consolidassero, diventerebbero estremamente pericolose.

La conclamata valenza delinquenziale albanese induce a valutare le sue dinamiche evolutive sia con riferimento alle manifestazioni che si palesano all’interno del Paese d’origine, che alle proiezioni, con particolare attenzione al territorio italiano e, conseguentemente, a tutte le possibili connessioni con altri Paesi, soprattutto europei.

L’insieme delle ragioni fin qui esposte inducono ad inferire che oggi si possa ormai parlare di mafia albanese, di non secondaria valenza rispetto ad altre mafie, perché ancor più temibile per la spiccata avidità, la determinazione a conseguire i propri obiettivi con qualsiasi mezzo e, infine, la scelta di operare in territori individuati per le favorevoli condizioni ambientali”

.

2° semestre 199915:

“In questo è stato realizzato il progetto in esame “SHQIPERIA” (così era denominata originariamente l’Albania), con lo scopo di analizzare, più nel dettaglio. L’espansione della criminalità organizzata albanese e di approfondire le caratteristiche peculiari di questa nuova mafia, la cui aggressività suscita un sempre maggiore allarme sociale.

Questo progetto ha consentito di effettuare considerazioni, scevre da ogni pregiudizio riguardo al facile binomio immigrazione=criminalità, sulla effettiva incidenza del fenomeno in Italia, che ha stimolato la prosecuzione nell’analisi preventiva diretta a conoscere, più nel dettaglio le dinamiche e le metodiche di questa emergente criminalità, che talvolta bsi presenta sotto le spoglie di micro delinquenza diffusa, favorita dal tragico fenomeno della clandestinità, ma più spesso è espressione di forme di gangsterismo urbano, se non addirittura di pericoloso associazionismo criminale, sovente a carattere transnazionale.

Nello studio è stato sviluppato un quadro analitico di tale fenomenologia delinquenziale non solo a fini conoscitivi ma anche, e soprattutto, per fornire constante supporto informativo alle indagini.

In particolare sono state analizzate le attività criminali cui sono più frequentemente dedite le consorterie criminose schipetare: l’immigrazione clandestina, il traffico di stupefacenti e di armi, il riciclaggio. Una specifica attenzione è stata inoltre prestata agli illeciti che più degli altri destano preoccupazione: la tratta e lo sfruttamento di esseri umani, sia per quanto riguarda i minori che le donne.

E’ stato osservato che i canali dell’immigrazione clandestina, che già da soli garantiscono enormi guadagni, hanno costituito il “pass-partout” per aprire le porte ad altri affari illeciti, dall’introduzione nel mondo del lavoro nero allo sfruttamento della prostituzione e dei minori, per finire al traffico di stupefacenti e delle armi.

14 Direzione Investigativa Antimafia- relazione 1° semestre 1999.

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La criminalità albanese si è dedicata a questa attività fin dagli inizi degli anni ’90, di fatto, monopolizzando ilo transito di clandestini attraverso l’Adriatico e costituendo l’ultimo anello di una catena organizzativa internazionale molto più vasta, che va dalle mafie dell’estremo oriente a quelle dei primi lembi dell’Europa dell’Est e del Bosforo.

Ciò che maggiormente preoccupa è la capacità dei criminali albanesi di variare le metodiche di accesso clandestino, tramite il trasbordo finale con veloci imbarcazioni, oppure via terra, attraverso il nord dell’Italia e l’Unione Europea, utilizzando le frontiere tedesca ed austriaca, od ancora attraverso gli scali aeroportuali nazionali, grazie alla falsificazione dei documenti di identità.

E’ statoo rilevato inoltre che, dopo aver fatto giungere in Italia i clandestini, la catena illecita di sfruttamento non si ferma: quando possibile, oforzatam,ente o artatamente, i clandestini sono indotti al lavoro nero o costretti, quando bambini o donne, all’accattonaggio, oppure sfruttati sessualmente da sodalizi, nei quali figurano spesso anche italiani, aventi complicità, se non addirittura vere e proprie diramazioni, su tutto il territorio nazionale.

Il traffico di clandestini ha, quindi, costituito il volano per mezzo del quale sono state sviluppate nella nostra penisola le altre attività delittuose da parte di sodalizi criminali albanesi, la cui pericolosità trova maggior forza nella loro organizzazione per clan familiari che (ormai ai normali collegamenti con la madrepatria) consente di continuare a delinquere anche quando uno dei membri sia arrestato o comunque costretto ad abbandonare il territorio italiano.

Si è provveduto pertanto ad evidenziare i gruppi familiari, per offrire una chiave di lettura, sia preventiva che giudiziaria, finalizzata al contenimento di tale pericoloso fenomeno criminale. Risulta, quyindio, evidente che i nemici da combattere sono principalmente questi sodalizi criminali a base familiare, i quali, data la loro estrema mobilità, dvono essere preventivamente individuati sul territorio e, quindi, sradicati mediante mirate indagini di polizia giudiziaria.

Con il passare del tempo, almeno per alcune associazioni delinquenziali più forti, lo sfruttamento della prostituzione e dei minori è diventato marginale rispetto ad altre attività sicuramente più redditizie quali il traffico di armi e di stupefacenti, dapprima solo marijuana prodotta in Patria, successivamente eroina turca, generalmente di provenienza orientale, ed infine cocaina sudamericana.

Tali affari hanno consentito loro di entrare in contatto con le compagini mafiose italiane. Gli attuali rapporti di forza pendono sicuramente ancora a favore delle consorterie autoctone,m ma è certo che è stato creato un servizio di fornitura di stupefacenti e di armi, su larga scala, da parte della criminalità organizzata albanese a quella italiana.

Le informazioni raccolte hanno inoltre consentito di appurare modalità e dinamiche del traffico di stupefacenti nonché di osservare il progressivo affinamento delle tecniche della raffinazione in Albania e del trasporto da parte di quella criminalità, per il tramite di propri emissari, in Italia e negli altri Paesi dell’Unione Europea.

L’analisi ha indotto alla constatazione che da una parte il traffico di droga si fa sempre più ingente, dall’altra diminuiscono le mete di destinazione. Ciò fa presumere un innalzamento del livello quantitativo dei delinquenti albanesi, che da originari semplici spacciatori sono diventati trafficanti di medio ed alto livello.

Le “aree di raccolta” sono rappresentate dalle città pugliesi (non solo quali zone di transito, ma anche di intensi rapporti di affari con la Sacra Corona Unita), dagli altri porti adriatici e progressivamente dall’Emilia Romagna, dalla Lombardia, in particolare da Milano, e dal Piemonte, con Torino che funge da centro di successiva raccolta e distribuzione. In tali luoghi sono sempre presenti propaggini delle organizzazioni criminali.

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Come già detto, nelle regioni a maggiore presenza criminale mafiosa, i rapporti tra tale emergente criminalità e le mafie “storiche” sembrano al momento generalmente solo di fornitura e non di distribuzione sul territorio. Sono stati tuttavia rilevati alcuni casi anomali, relativi alla presenza di gruppi di cittadini albanesi dediti anche allo spaccio di stupefacenti, sia in Campania che in Calabria.

La maggiore organizzazione realizzata e l’evoluzione verso modelli propriamente mafiosi dei sodalizi criminali albanesi dediti al traffico di stupefacenti, rendono ancora più difficile l’attività preventiva di contrasto.

Connesso alla precedente delittuosità è il traffico di armi che, oltre a far entrare e transitare per l’Italia un consistente numero di armi clandestine, ha contribuito ad armare le organizzazioni delinquenziale autoctone, le quali con molta facilità sembrerebbero servirsi delle offerte albanesi a basso costo per comprare armi da guerra ed esplosivi.

La pericolosità della comunanza di affari che lega alcune organizzazioni albanesi alla criminalità mafiosa italiana nei settori chiave dell’immigrazione clandestina, del traffico di stupefacenti, delle armi e degli altri illeciti, induce a riferire un possibile allargamento di tali intese anche ad altri gruppi minori di schipetari, che stanno crescendo grazie alla loro attività criminali sul nostro territorio”.

1° semestre 200016:

“Si segnala la pericolosa, costante crescita e la sedimentazione dei gruppi criminali albanesi sul nostro territorio.

Numerosi sono i piccoli gruppi dediti principalmente alla tratta ed allo sfruttamento degli esseri umani, attraverso le attività illegali dell’immigrazione clandestina e della prostituzione o dell’utilizzo dei minori per l’accattonaggio. I suddetti interessi delittuosi per la crudeltà con cui sono perpetrati assumono, sovente, la forma di una vera e propria riduzione in schiavitù delle giovani vittime.

Tali piccole organizzazioni generalmente non sono collegate tra loro, se non occasionalmente per la conclusione di singoli illeciti affari; talvolta capita che entrino violentemente in conflitto tra loro per il loro predominio del territorio, creando non pochi problemi per l’ordine e la sicurezza pubblica.

Ancora più pericolosa appare l’accertata presenza di alcuni gruppi criminali albanesi con un’organizzazione più strutturata, caratterizzati da una marcata transnazionalità degli illeciti affari gestiti quasi sempre direttamente dall’Albania, dove risiede la testa pensante dell’associazione. Nella nostra penisola ed in genere in Europa, ma talvolta anche oltre oceano, risultano presenti invece stabilmente emissari o i gregari e solo raramente si riscontra l’intervento dei capi per la conclusione di grossi accordi con la malavita locale.

E’ ormai palesemente manifesto il connubio sinergico d’affari che lega i gruppi criminali albanesi più forti ed organizzati con le consorterie mafiose autoctone tradizionali siano esse pugliesi, napoletane, oppure siciliane e calabresi, specialmente nell’ambito del traffico di stupefacenti e del traffico di tabacchi lavorati esteri, e talvolta anche nel traffico di armi.

Preoccupanti appaiono le indicazioni che fanno presumere una evoluzione della delinquenza organizzata albanese verso forme tradizionali di delittuosità, quali potrebbero essere, ad esempio, il sequestro di persona a scopo di estorsione. Infatti sul territorio sembrano coesistere, accanto ai principali gruppi criminali, strutture più piccole e snelle, essenzialmente a carattere familiare,che si organizzano anche occasionalmente e che possono modularsi a seconda dell’esigenza criminale che si presenta, dedite prevalentemente al traffico delle auto rubate e dei reati contro il patrimonio, in sensibile aumento”.

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2° semestre 200017:

“E’ indubbio che la pericolosità espressa dai devianti di questa etnia nel corso del secondo semestre 2000 continua fortemente a preoccupare, sia per le peculiari caratteristiche legate alla tendenza a strutturarsi organizzativamente, che per l’acquisita facilità nel travalicare i confini territoriali degli Stati. Il vincolo di sangue, considerato fattore cementante l’unione criminosa nei gruppi più piccoli, sfuma, cedendo il passo ad una organizzazione più strutturata, nelle consorterie più grandi, le quali hanno assunto caratteristiche propriamente mafiose, con una gestione decisamente verticistica ed una suddivisione capillare e puntuale delle mansioni tra gli affiliati. Il controllo costante della situazione delle cellule presenti nei diversi Paesi UE, tra cui l’Italia, da parte dei capi, che risiedono in madrepatria, è assicurato da connazionali che rappresentano i loro “agenti mandanti”, spesso in possesso di regolare permesso di soggiorno e, talvolta, da loro sporadiche sortite.

Il traffico di clandestini . che in principio avveniva in maniera eclatante, attraverso i sbarchi massicci di irregolari e con imbarcazioni di fortuna- viene ormai realizzato attraverso diversificate rotte geografiche, con natanti e veicoli all’uopo specializzati, come dimostrano gli ultimi sequestri effettuati dalle Forze di Polizia, che contribuiscono a dare contezza dell’esistenza di un apparato logistico ampiamente in brado di gestire il business dell’immigrazione a livello transnazionale. Lo sfruttamento degli esseri uman, in origine perpetrato con palese ed inusitata violenza, assume ora sempre più spesso connotazioni silenziose e subdole. Il traffico di stupefacenti, privilegiato dai criminali albanesi per l’alta redditività, ha le caratteristiche di un mercato all’ingrosso, come evidenziano anche le attività giudiziaria di contrasto del semestre in esame.

Accanto alle problematiche scaturenti dalla sedimentazione di alcune consorterie più grandi, vi è la crescita parallela di diversi piccoli gruppi criminali, più spesso formati da clandestini, a struttura essenzialmente familiare, che si dedicano principalmente alla tratta ed allo sfruttamento degli esseri umani, ma non trascurano ilo traffico di stupefacenti, che li porta ad avere contatti con i gruppi maggiori, ai quali forniscono spesso manovalanza o comunque appoggio in tutta la penisola. Il rischio, paventato in sede di analisi, è costituito dalla possibilità che questi connubi estemporanei possano stabilizzarsi, rendendo sempre più pervasiva tale presenza criminale, già peraltro capillare su tutto il territorio italiano, come evidenziato dalle operazioni di polizia recentemente effettuate. Un ulteriore aspetto che desta notevole allarme sociale, specialmente nel nord della nostra penisola, è costituito dal fenomeno dei reati contro il patrimonio, perpetrati con violenza ed in forma organizzata da vere e proprie bande do extracomunitari, non solo albanesi, non inserite nei grandi circuiti criminale, che effettuano veri e propri raid, che talvolta si concludono tragicamente.

Si segnala infine la presenza della delinquenza albanese in aree dove l’esistenza di una forte criminalità autoctona faceva prevedere difficoltà di inserimento. In Campania, Calabria, Puglia, ma anche in Sicilia, emerge girono dopo giorno un quadro allarmante di rapporti che, in ragione della globalizzazione oltre che dei mercati anche del crimine, uniscono l’esperienza e le risorse di una mafia antica con quelle di una relativamente giovane, ma molto spregiudicata e vogliosa di emergere ed affermasi”.

1° semestre 200118:

“L’attività svolta nel semestre conferma le inferenze prodotte in precedenza; le principali consorterie criminali albanesi, a carattere più marcatamente mafiogeno, stanno assumendo nel tempo un

17 Direzione Investigativa Antimafia- relazione 1° semestre 2001.

18 Direzione Investigativa Antimafia- relazione 1° semestre 2001.

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ruolo sempre più rilevante nel contesto delinquenziali italiano ed internazionale, sia nel traffico di clandestini, e nel connesso sfruttamento della prostituzione, che nel narcotraffico, gestito con sempre maggiore professionalità, e quasi del tutto avulso da qualsiasi forme di sudditanza nei confronti delle organizzazioni autoctone, riuscendo a creare solidi collegamenti con gruppi pugliesi, della Camorra e di Cosa Nostra, a favore dei quali provvedono al continuo approvvigionamento delle sostanze stupefacenti.

Recenti indagini di polizia giudiziaria hanno inoltre messo in luce rapporti diretti con i cartelli colombiani, che in particolare avrebbero interesse a dirottare i flussi di cocaina dai porti del nord Europa, olandesi in particolare, alla più sicura Albania. Non si esclude che in Albania possano essere state costituire raffinerie di cocaina, in presenza sul mercato di una cocaina rosa per indicare quella proveniente, e verosimilmente,m manipolata in Albania.

Altrettanto noti sono i rapporti con la mafia turca, per i floridi affari legati all’eroina e per quella parte di immigrazione clandestina proveniente dal sud est asiatico.

Accanto a queste più grandi consorterie criminali a carattere transnazionale continuano a sussistere, così come già nel precedente semestre evidenziato, gruppi minori a struttura essenzialmente familiare, spesso formati da clandestini, dediti agli stessi illeciti traffici, ed in particolare allo sfruttamento della prostituzione ma con capacità organizzativa e delinquenziale sicuramente minore che, tuttavia, trattengono le giovani vittime ricorrendo a forme di crude violenza esercitata sulle stesse o a forme di ritorsioni nei confronti di familiari rimasti in Patria”.

2° semestre 200119:

“L’attività di prevenzione e di repressione svolta nel periodo in esame dalle Forze di Polizia ha nuovamente confermato la crescente importanza delle consorterie criminali albanesi a maggiore caratterizzazione mafiogena, che hanno assunto un ruolo centrale nella gestione del traffico di stupefacenti, che acquisiscono in grandi quantitativi direttamente dai turchi (eroina) e dai colombiani (cocaina), per poi riversare la droga a loro volta sul mercato del nostro paese, fungendo da intermediari anche per la grande criminalità italiana.Le risultanze investigative confermano inoltre le inferenze già elaborate da questa DIA circa la presenza in diverse regioni di cellule criminali, costituite più spesso da corrieri o da rappresentanti che da capi, i quali invece rimangono, escluse sporadiche sortite, al sicuro in madrepatria.Anche i grupoopi più piccoli , a gestione essenzialmente familiare e dediti principalmente allo sfruttamento della prostituzione ed al traffico di stupefacenti di minor portata, si stanno evolvendo e strutturando, ampliando la gestione e il business sessuale oltre confine, in area Shengen, spostandosi indifferentemente da e per l’Italia. A tale proposito si può contare una diversificazione della

“merce”umana da utilizzare, che sempre più spesso non è albanese bensì proveniente dai Paesi dell’Est Europa, dove evidentemente la criminalità schierata ha stabilito basi di reclutamento. Il cambiamento è stato determinato da un lato, dalla contestazione della minor complessità nella gestione delle proprie vittime, scaturente dalla lontananza dei loro paesi di origine, dall’altro dalla sussistenza e dalla funzionalità degli accordi intergovernativi tra l’Italia e l’Albania, che hanno impedito il degenerare della situazione e ottenuto la sensibile riduzione degli illeciti traffici di clandestini, di droga e di armi sul canale di Otranto

L’aumento della conflittualità tra i diversi gruppi insistenti sullo stesso territorio, confermata dai numerosi soggetti indagati oper lesioni personali e rissa in alcune aree geografiche,m è sintomatico della

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tendenza a crescere, sedimentarsi e ad esercitare il predominio sui gruppi concorrenti attraverso l’utilizzo della violenza.

Ulteriori approfondimenti meritano le deduzioni scaturite dalle modalità di riciclaggio e di rinvestimento dei proventi illeciti, che quando rientrano in madrepatria vengono utilizzati per l’acquisto di beni mobili ed immobili, ma allorquando permangono in Italia cominciano ad essere utilizzati nel legale mercato economico. Si segnala infine un ulteriore fenomeno, anche se solo occasionalmente ed tipicamente associazionistico, rappresentando dalle bande, composte peraltro non solo da albanesi, specializzate nei reati contro il patrimonio, principalmente in rapine e furti in appartamenti e di autovetture di grossa cilindrata ”.

1° semestre 200220:

“L’attività preventiva e repressiva svolta ha consentito di delineare più approfonditamente le connotazioni tipiche delle organizzazioni delinquenziali albanesi maggiormente assimilabili alla fenomenologia mafiosa, individuabili soprattutto nelle linee operative, nel linguaggio utilizzato, nell’ambito culturale e nei modelli di comportamento.

In tale prospettiva in particolare si evidenzia:

- l’omertà, come regola di vita , che preserva i singoli appartenenti alla comunità criminale e la comunità stessa, da eventuali forme di collaborazione di persone tratte in arresto;

- il cosiddetto “ nomadismo criminale”, operato da coloro che occupano posizioni di rilievo nella struttura di comando del clan, che li induce, nel timore di essere individuati, a cambiare spessissimo dimora quando sono in Italia, a riparare frequentemente all’estero o a recarsi per lunghi periodi in Patria; di fatto vivono precauzionalmente in un continuo stato di latitanza;

-l’atteggiamento omertoso permea il comportamento e consente, anche in seguito agli eventuali scompaginamenti derivanti dagli arresti e con la prospettiva di pesanti condanne, di prevenire fenomeni collaborativi significativi.

E’ ormai accertato che la mafia albanese è strutturata in modo orizzontale assimilabile all’originario assetto della ‘Ndrangheta calabrese, con organizzazioni che operano parallelamente e solidali tra loro in virtù di un legame etnico e/o familiare molto stretto.

La bramosia di rapidi e cospicui guadagni è il collante che unisce i vari gruppi criminali organizzato in famiglie, che entrano in lotta tra loro solo per vecchie faide dovute a motivi d’onore, sesso, appartenenza politica o religiosa.

La criminalità organizzata albanese è attiva principalmente nel grande traffico di stupefacenti; in origine marijuana, immediatamente affiancata dall’eroina e poi dalla cocaina; quest’ultimo stupefacente costituisce la nuova sfida di mercato degli albanesi che tendono ad ampliare i propri spazi verso gli Stati Uniti.

Solo i livelli più bassi della catena associativa sono talvolta dediti ad attività complementari, come lo sfruttamento della prostituzione , ancor più raramente, il traffico di clandestini.

Uno schema esemplificativo del tipico clan albanese vede coinvolta una struttura a base familiare con un elemento di vertice che, generalmente, è affiancato da una persona di massima fiducia. L’organizzazione comprende poi una struttura fissa nelle varie aree dell’Unione Europea, costituita da persone stabilmente residenti, ed i c.d. trafficanti, responsabili del trasporto dello stupefacente. Infine vi sono i corrieri veri e propri, materialmente incaricati del trasporto e di solito di basso profilo criminale. Infine gli spacciatori,

20 Direzione Investigativa Antimafia- relazione 1° semestre 2002.

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che raramente sono albanesi: nel sud della nostra Penisola, di norma, tale compito viene riservato agli italiani, mentre al nord gli schipetari si avvalgono indifferentemente di nostri connazionali o dei nordafricani.

I capi, come già argomentato in passato,rimangono quasi sempre inmmadrepatria, da dove impartiscono direttive, delegando a soggetti presenti in Italia, quasi sempre in regola con il permesso di soggiorno, l’attività di supporto logistico ai connazionali deputati al traffico di stupefacenti ed i collegamenti con la criminalità autoctona anche di tipo mafioso, con la quale gli affari sono notevoli, In quanto gli albanesi offrono servizi e prodotti illeciti a prezzi notevolmente convenienti, con consegne a domicilio e conseguente diminuzione di rischi da parte delle consorterie italiane. Oltre alle organizzazioni criminali dalle caratteristiche tipicamente mafiose, rivestono estrema pericolosità quei gruppi a forte connotazione familiare, spesso in contrasto tra loro, dediti, in particolare, al traffico ed allo sfruttamento, specialmente sessuale, degli esseri umani ”.

2° semestre 200221:

La criminalità organizzata albanese,. Nel semestre in esame, ha dimostrato di aver acquisto un rilevante livello di pericolosità: è quella che ormai, nel variegato mondo criminale multietnico del nostro Paese, desta maggiore preoccupazione. Infatti, gli episodi delittuosi di cui gli elementi criminali di tali etnie si sono resi responsabili, da soli o con soggetti italiani, oltre ad essere in aumento, sono caratterizzati da una efferatezza tale da provocare allarme sociale.

I delinquenti albanesi residenti in Italia e appartenenti a strutturate organizzazioni criminali tendono sempre più spesso a regolarizzare la loro posizione, munendosi di permessi di soggiorno per sfuggire ai provvedimenti di espulsione cui vanno incontro i clandestini e, di conseguenza, per meglio assicurare la possibilità di spostamento sul territorio italiano al fine della buona riuscita dei loschi affari.

Si è di fronte a personaggi che, quand’anche stringano alleanze con malavitosi autoctoni, sono animati da un forte spirito nazionalista e, pertanto, sono capaci di contrapporre reazioni di gruppo in risposta ed eventuali iniziative di altri elementi criminali.

Ulteriore caratteristica è che non appena sorgono conflitti d’interesse, questi gruppi non indugiano a far ricorso alle armi per compiere atti di forza dall’indubbio stampo mafioso. A tale proposito appare preoccupante la particolare diffusione di armi nell’ambito della comunità albanese, sia residenziale che stanziale;se a questo si aggiungono la particolare determinazione ed efferatezza con la quale i più facinorosi risolvono in conflitti, si comprende loro conflitti, si comprende facilmente l’estrema violenza che caratterizza alcuni degli episodi criminosi che hanno visti protagonisti i sodalizi in questione. Forte della posizione acquisita e dalle consistenza e specializzazione numerica, la criminalità organizzata albanese ha acquisito assoluta padronanza in determinati settori di traffici illeciti. Accade così che i clan che si occupano prevalentemente del traffico di clandestini difficilmente abbiano contrasti con quelli che si dedicano ad esempio,m al traffico di stupefacenti.

La gran mole di informazioni acquisite ha consentito di desumere che i clan albanesi si sono strutturati in modo ancor più piramidale, con la creazione, altresì, di un vertice formato da capi delle principali famiglie criminali che stabilmente e direttamente dall’Albania impartiscono ordine e direttive concernenti la consumazione di azioni delittuose finalizzate al traffico di sostanze stupefacenti, alla supremazia sul territorio d’influenza o per risolvere, con sistemi efferati, eventuali contrasti.

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Nel nord - est della Penisola, tali sodalizi, stante la capacità organizzativa dimostrata, hanno acquisito spazi sempre maggiori nel complesso e disorganico arcipelago criminale.Con riferimento all’immigrazione clandestina ed allo sfruttamento della prostituzione, hanno sicuramente una posizione di dominio. Altra attività criminale da non trascurare ed alla quale risultano dedite bande composte anche da albanesi è quella dei cosiddetti “assalti in villa”,tipologia di rapina non di rado associata a sequestri di persona e violenze.

Anche in Lombardia la criminalità di etnia albanese ha assunto una notevole rilevanza: oltre che nel traffico di esseri umani e nei connessi settori dell’immigrazione clandestina e dello sfruttamento della prostituzione, svariate indagini recenti confermano l’operatività, nel traffico dell’eroina e della cocaina, di centrali site in Albania, che hanno come interlocutori gruppi criminali misti operanti in Italia, a composizione prevalentemente straniera.

In Liguria una notevole attenzione è tuttora rivolta a tale fenomeno criminale in quanto la regione, come ben noto, ha risentito di una massiccia immigrazione di quell’etnia. Qui gli albanesi hanno ben presto polarizzato l’attenzione delle Forze di polizia per diverse tipologie delinquenziali, che vanno dai reati contro il patrimonio allo sfruttamento della prostituzione, fino al traffico di stupefacenti. A seguito di numerose indagini è stato possibile riscontrare come siano in netto incremento le attività criminose riconducibili a tali gruppi organizzati, ad alcuni dei quali è stato recentemente anche contestato il reato di associazione mafiosa.

In Piemonte le attività info-operative hanno consentito di acclamare che le consorterie delinquenziali albanesi hanno assunto, nel tempo, un ruolo rilevante nel contesto criminale locale, riuscendo a trapiantare le proprie strutture logistiche ed operative nell’area metropolitana del capoluogo ed in alcune province, tra le quali in particolare Asti. In principio le organizzazioni criminali schipetare parevano dedite specialmente allo sfruttamento della prostituzione; difatti, con il tempo, alcune aree della città di Torino sono divenute dominio pressoché incontrastato delle prostitute albanesi, che hanno scacciato quasi definitivamente dall’area metropolitana quelle africane,m ricorrendo ad atti intimidatori e violenti.

Attualmente il plusvalore finanziario derivante dalla gestione di tali attività illecite ha consentito il salto di qualità di tali gruppi che su stanno gradualmente affacciando al traffico della droga.

Anche in Toscana il fenomeno criminale organizzato albanese ha assunto dimensioni degne di attenzione ed ha prodotto in tempi rapidissimi una impennata di eventi criminosi. Si tratta principalmente di reati legati al traffico di stupefacenti, allo sfruttamento della prostituzione ed ai resati contro il patrimonio.

Per quanto riguarda il traffico di droga, è stato riscontrato operativamente che i clan albanesi dediti a tali traffici hanno acquisito una qualificata nicchia di mercato nel settore delle droghe pesanti, realizzando una importante rete di contatti internazionali.

Il centro della Penisola risente della vicinanza della Puglia scelta, per ovvi motivi di contiguità, quale area di elezione per l’insediamento di cellule dei più importanti gruppi criminali mafiosi schipetari. Il Lazio, come l’Abruzzo, Le Marche, l’Umbria ed in misure minore il Molise, sono aree di transito per le regioni del nord, nonché di destinazione dello stupefacente importato da quelle consorterie criminali.

Nel Lazio, in particolare, la delinquenza albanese, lungi da voler conseguire o tentare di conseguire un improbabile controllo del territorio, si pone sul mercato come interlocutrice delle aggregazioni mafiose nostrane ivi presenti, assicurando la regolarità della fornitura di stupefacente proveniente dalla Turchia.

La Puglia, come detto, è chiaramente nla regione che maggiormente risente della presenza del crimine organizzato albanese”.

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1° semestre 200322:

“La criminalità organizzata di matrice extracomunitaria è presente nel territorio nazionale con numerosi sodalizi, in maggioranza composti da albanesi, nord africani e cittadini dell’est europeo, impegnati nella commissione di vari reati.IL fenomeno criminale provenente dal paese delle aquile è stato, sin dalle prime manifestazioni,. Oggetto di particolare attenzione da parte della DIA attraverso una articolata azione investigativa, che ha permesso di monitorare, nella sua visione globale, il suo evolversi sull’intero territorio nazionale sia sotto l’ aspetto del mero transito di traffici illeciti da loro gestiti – trovandosi il nostro Paese su una delle direttrici privilegiate per i mercati internazionali Est-Ovet sia dalla destinazione finale delle stesse attività illegali, in considerazione della cospicua presenza di cittadini di etnia albanese. In particolare, i primi riscontri investigativi avevano consentito di appurare che detti sodalizi transadriatici si erano stabiliti, nella fase iniziale, in Puglia non solo per opportuni motivi logistici ma anche per il particolare momento storico-giudiziario che avevano causato il disgregamento dei importanti sodalizi criminali autoctoni operanti nella regione.

Successivamente, si registrava una graduale e crescente diffusione della criminalità albanese su tutto il territorio nazionale, mediante la costituzione di numerose “cellule operative” dislocate in diverse regioni italiane, in particolare nel centro nord dell’Italia (Lazio, Toscana, Emilia Romagna Piemonte, Liguria, Lombardia, Veneto e Friuli), ove la scarsa presenza sul territorio di altre organizzazioni criminali idonee ad opporsi all’aggressività, efferatezza, omertà, disponibilità di armi e abbondante manovalanza criminale albanese, ha permesso alla stessa di ampliare la propria ingerenza e di realizzare profitti illeciti, con conseguente maggiore disponibilità di denaro da reinvestire in altrettante attività illecite.

Le indagini svolte hanno permesso di constatare il formarsi di consorterie mafiose basate su vincoli di parentela ed affinità con la conseguente costituzione di vere e proprie gerarchie interne; inoltre, sono venuti alla luce collegamenti con omologhe associazioni criminali che esplicano le proprie attività illegali dell’Est-euorpeo, in Turchia e nel Sud – America.

Di pari passo alla ramificazione territoriale dei criminali albanesi si è parallelamente evoluta

“quantitativamente” la tipologia dei reati consumati, spostandosi dall’attuazione di reati minori, specie contro il patrimonio, allo sfruttamento della prostituzione e, successivamente, al traffico di sostanze stupefacenti.

2° semestre 200323:

Consapevoli che la spinta criminogena di questa nuova e complessa realtà sociale non poteva esaurirsi esclusivamente in fenomeni di delinquenza comune, destinati nel tempo ad esaurirsi, gli apparati anticrimine, tra cui questa Direzione, hanno posto l’attenzione verso quella criminalità etnica strutturalmente organizzata, a volte in modo subdolo, che è espressione riconosciuta di gruppi delinquenziali propri dei Paesi d’origine, che si sono “internazionalizzati” ed hanno allargato i propri orizzonti criminali, sfruttando le massicce migrazioni intercontinentali.

Tali consorterie organizzano il traffico di esseri umani dai Paesi di origine e di transito, non solo al fine di lucrare sul favoreggiamento dell’immigrazione, ma spessissimo ai fini del conseguente sfruttamento sessuale e del lavoro nero effettuato nei Paesi di destinazione,. Indirizzato, oltre al settore manifatturiero minore, alla fiorente industria della falsificazione dei marchi. Sovente invece alimentano il traffico di stupefacenti e di armi.

22 Direzione Investigativa Antimafia- relazione 1° semestre 2003.

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