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Vangelo del 13/2/2022
6° domenica del Tempo Ordinario - anno C - Lc 6,17.20-26
Trascrizione del video-commento del biblista p. Fernando Armellini non rivista dall'autore.
Gli errori di composizione sono dovuti alla differenza fra la lingua parlata e scritta;
la punteggiatura è posizionata a orecchio. I video sono disponibili sul suo canale YouTube: bit.ly/videoarmellini
In quel tempo, Gesù, disceso con i Dodici, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidòne.
Ed egli, alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva:
«Beati voi, poveri,
perché vostro è il regno di Dio.
Beati voi, che ora avete fame, perché sarete saziati.
Beati voi, che ora piangete, perché riderete.
Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti.
Ma guai a voi, ricchi,
perché avete già ricevuto la vostra consolazione.
Guai a voi, che ora siete sazi, perché avrete fame.
Guai a voi, che ora ridete,
perché sarete nel dolore e piangerete.
Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti».
Sentiamo spesso l'esclamazione “beato lui”, oppure “beati loro”, riferita alle persone cui nella vita tutto corre bene, sono felici, fortunate.
Questa espressione non l'abbiamo inventata noi, la impiegavano comunemente gli antichi greci che la applicavano anzitutto ai loro dei che vivevano beati sull'Olimpo senza lavorare, poi con questa espressione designavano i ricchi, coloro che assomigliavano più degli altri agli dei perché anche i ricchi non lavoravano.
Impiegavano questa esclamazione “beato”, rivolgendola a qualunque persona che fosse felice nella vita… “beati i genitori che hanno figli eccellenti”, in Omero troviamo la beatitudine “beato il marito di un'ottima moglie” e c'è una beatitudine anche per i celibi “beato colui che non ha preso moglie”, probabilmente l’ha inventata uno la cui vita coniugale non era molto felice.
La beatitudine era applicata fra i greci, per coloro che coltivavano valori morali elevati… “beato chi consegue la fama, gli onori, chi pratica la virtù, beato chi coltiva la saggezza…”.
Non solo i greci, anche gli egiziani, soprattutto negli ultimi secoli prima di Cristo, impiegavano questa forma letteraria, ritroviamo molte delle beatitudini che ci sono nella letteratura nei testi
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egiziani, le ritroviamo nella Bibbia; per esempio “beato l'uomo che è senza peccato”, ricorre alla lettera nei Salmi, oppure “beato colui che guida il proprio cuore nel cammino della vita”, “beato colui che pratica i precetti di Dio”…
Sono beatitudini che troviamo nell'Antico Testamento.
Come i greci, come gli egiziani, anche gli ebrei impiegavano la formula “beato”, nell'Antico Testamento ne troviamo ben 44 di beatitudini, soprattutto nei Salmi che iniziano “beato l'uomo che non segue la via dei malvagi”.
Quando nella Bibbia ricorre questa esclamazione “beato”, non è solo per rivolgere un
complimento a colui che si sta comportando bene, è soprattutto un modo per indicare come raggiungere l'obiettivo che ogni uomo si propone nella propria vita.
Che cosa desidera l'uomo?
A che cosa aspira se non alla gioia, alla felicità?
Allora, con l’espressione “beato” indicavano il cammino per non sbagliare strada, per raggiungere davvero la gioia.
Quando il salmista proclama “beato chi si prende cura del povero e del debole”, dava
un'indicazione per vivere davvero bene, interessarsi di coloro che sono nel bisogno; oppure “beati coloro che camminano nella legge del Signore”, “beati coloro che agiscono con giustizia”, era un modo per inculcare i valori su cui puntare per realizzare davvero la propria vita e raggiungere la gioia.
Ma nella vita non c'è solo la beatitudine, può accadere anche l'opposto, cioè scegliere una strada per raggiungere la gioia e trovarsi nel dolore perché si è sbagliato strada.
Già i filosofi greci avevano messo in guardia da un equivoco, quello di confondere la gioia con il piacere, Epicuro è stato erroneamente accusato di aver fatto questa confusione… non è vero!
Lui aveva ben chiaro in mente che il piacere è buono purché porti alla gioia, all'armonia con se stessi, con la pratica della virtù; ecco allora la necessità di mettere in guardia da scelte ingannevoli, dagli abbagli e siccome Dio ama l'uomo, con la sua Parola indica il cammino della vita, quello che ti porta alla felicità, alla realizzazione piena di te stesso e mette in guardia dalle strade sbagliate.
Per questo la Bibbia ricorre a un'altra esclamazione “guai”, “hoi”, “hoilehà” in ebraico, ricorre ben 75 volte nell'Antico Testamento.
Però facciamo attenzione, questo “guai, hoi” non ha il significato che spesso noi gli attribuiamo, non è una minaccia di castighi, non è Dio che dice “poi te la faccio pagare”, no… “hoi” è un grido di dolore di un Padre che è Dio che vede il figlio che va fuori strada e non sarà mai felice perché ha scelto le vie che non sono quelli che Lui indica.
Essendo questo il modo di comunicare fra tutti i popoli del bacino del Mediterraneo, non desta meraviglia che nel Nuovo Testamento ricorrono ben 45 beatitudini. Ricordiamo le due molto belle, rivolte a Maria, Elisabetta che le dice:
“Beata colei che ha creduto”;
Poi, molto bella quella della donna che è incantata di fronte Gesù che lo sente annunciare il Vangelo ed esclama:
“Beato il ventre che ti ha portato!”.
C’è un po' di gelosia in questa donna pensando a Maria che ha avuto un figlio come Gesù;
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Poi ricordiamo “Beati quei servi che il padrone al ritorno troverà ancora svegli, li farà sedere, si metterà a servirli”;
l'altra beatitudine per “coloro che, pur non avendo visto crederanno”.
Nel Nuovo Testamento troviamo anche l'opposto della beatitudine, il “guai”, “uai” in greco, ricorre ben 46 volte… “Guai a te Corazim”, “Guai a te Betsaida”, non vuol dire che Gesù minaccia queste città, “poi finirete tutti all'inferno”, no!
“Uai ” è il grido di dolore di Gesù che vede queste città che Lui ama, nelle quali ha predicato il Vangelo e che loro lo rifiutano, hanno fatto una scelta di morte.
Ecco, “uai” è il grido di dolore di Gesù, “guai a voi, scribi e farisei ipocriti”, “guai a quell'uomo che dà scandalo”.
Le più note delle beatitudini che troviamo nei Vangeli, sono quelle che ci vengono presentate da Matteo - e sono 8 - e da Luca che ne presenta 4, quelle sulle quali noi oggi rifletteremo.
Luca aggiunge anche 4 guai.
Per cogliere il significato, dobbiamo prestare attenzione anzitutto a chi Gesù rivolge queste beatitudini e questi guai, sentiamo:
Gesù, disceso con i Dodici, si fermò in un luogo pianeggiante. C'era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone.
Ed egli, alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva: Beati voi...
Quando sentiamo parlare di beatitudini, noi pensiamo subito a quelle di Matteo con le quali inizia
“il discorso della montagna”, allora siamo forse rimasti stupiti quando abbiamo ascoltato ciò che ci dice Luca, che le beatitudini sono state pronunciate da Gesù, non sul monte ma in un luogo
pianeggiante.
Le 2 ambientazioni di Matteo e di Luca, sono una cornice letteraria artificiale, lo sappiamo molto bene… il monte non è materiale, è il monte biblico quello di cui ci parla Matteo, cioè il momento, il luogo, il contesto in cui l'uomo assimila del pensiero di Dio, quel pensiero, quel modo di giudicare, di valutare le cose che è lontano da quello degli uomini quanto il cielo dalla terra.
Come mai Luca non colloca anche lui sul monte le beatitudini, ma in un luogo pianeggiante?
La cornice letteraria è artificiale per tutti e 2 gli evangelisti, del resto le beatitudini non sono state pronunciate di seguito da Gesù, sono state raccolte da 2 comunità, quelle di Matteo raccolte dalla comunità di Antiochia di Siria e quelle di Luca, probabilmente dalla comunità di Filippi.
Che cosa volevano fare queste comunità?
Volevano sintetizzare la proposta di uomo fatta da Gesù, quella proposta di uomo riuscito, beato, che è ben diversa da quella che ti fanno gli uomini della pianura, ti propongono ben altre
beatitudini.
Come mai Luca colloca in un luogo pianeggiante, come mai questa cornice artificiale?
Perché lui vuole mostrare che questa proposta di uomo è rivolta alle persone di tutto il mondo, di tutte le nazioni e difatti, coloro che sono attorno a Gesù sono una grande folla che viene da Gerusalemme, dalla Giudea, ma anche da territori pagani; quindi le beatitudini che Gesù propone sono rivolte a tutti.
Tuttavia c'è un gruppo di discepoli ai quali Gesù si rivolge direttamente, le folle ascolteranno queste beatitudini da quel gruppo che per primo le recepisce.
4 Da chi è composto questo gruppo?
Lo abbiamo trovato domenica scorsa, sono quei discepoli che si trovavano sulla barca e che hanno ricevuto da Gesù l'incombenza di tirar fuori gli uomini dalle acque di morte e portati alla vita… e più si trovano in acque profonde, più si devono impegnare per salvarli, per tirarli fuori.
Che cosa hanno fatto questi discepoli?
Lo ricordiamo: “tirate le barche a terra, lasciarono tutto e accolsero la proposta di Gesù, seguire Lui”.
Notiamolo “hanno lasciato tutto”, è a loro che adesso Gesù rivolge la beatitudine, “beati voi, avete fatto la scelta giusta”.
Sentiamo adesso le ragioni per cui questi discepoli che hanno abbandonato tutto e hanno seguito Lui, per quale ragione sono proclamati beati?
Hanno 4 caratteristiche questi beati, ascoltiamo:
Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio.
Beati voi, che ora avete fame, perché sarete saziati.
Beati voi, che ora piangete, perché riderete.
Beati voi, quando gli uomini vi odieranno
e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno
e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell'uomo.
Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo.
Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti.
“Beati voi” dice Gesù, non alle folle, ma a un gruppo ristretto dei suoi discepoli, non ha pronunciato questa beatitudine davanti agli accattoni e ai miserabili.
La povertà non è una cosa buona, Dio non vuole che sui figli vivono nella miseria, vuole che stiano bene, che siano felici.
Di che povertà sta parlando Gesù?
Di quella che hanno scelto i suoi discepoli, perché facendosi poveri sono entrati nel regno di Dio.
Nel discorso programmatico di Nazareth, Gesù ha detto:
“Sono venuto a portare ai poveri un lieto annuncio” . Qual era questo lieto annuncio?
Non certo che sarebbero rimasti poveri, nella miseria, no!
Ad annunciare che questa condizione sarebbe scomparsa dal mondo e tutti avrebbero avuto il necessario quando gli uomini avessero accolto il mondo nuovo da Lui proposto, il regno di Dio e in questo regno di Dio si entra facendosi poveri.
È questa la scelta che hanno fatto i suoi discepoli.
Che cosa hanno fatto di particolare?
Lo abbiamo appena ascoltato, hanno deciso di abbandonare tutto, di rimanere senza niente!
È stata una scelta la loro, non è stata la conseguenza di una sventura, non è beato colui che diventa povero perché un terremoto gli fa crollare la casa… no!
La prima condizione per entrare nel regno di Dio e di diventare poveri per scelta.
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Un po' più avanti, in questo stesso capitolo 5 di Luca, viene narrata un'altra chiamata, quella di Levì; Gesù gli dice: “segui me” e lui si alzò, lasciando tutto.
Per seguire Gesù e diventare suo discepolo, tu devi lasciare tutto.
Nel Vangelo di Luca, questo lasciare tutto è ripetuto come un ritornello al termine di ogni chiamata.
Quando c'è quel nobile ricco che si presenta a Gesù perché ha un'inquietudine interiore, ha tutto ma non è felice, Gesù fa la diagnosi: “Tu se attaccato ai beni, vendi tutto quello che hai,
distribuiscilo ai poveri”.
Gli ha dato la medicina per la guarigione… non l'ha accettata!
Per essere discepoli e appartenere al mondo nuovo, tu devi rinunciare a tutto, questa povertà volontaria non è qualcosa di facoltativo o di riservato ai religiosi, alle suore, ai frati… no!
Chi vuole essere cristiano, chi vuole entrare nel regno di Dio, nel mondo nuovo, deve fare questa scelta e allora è beato, è richiesta a tutti, dice Gesù: “Chiunque di voi non rinunzia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo”.
Dobbiamo richiamarla questa verità, altrimenti ci illudiamo di appartenere al regno di Dio, ma non ci siamo dentro se siamo attaccati ai beni.
Come privarsi dei beni?
Li buttiamo fuori dalla finestra così finiscono ai fannulloni, no… questa sarebbe una follia, sarebbe un'interpretazione davvero dissennata delle Parole di Gesù.
I beni di questo mondo sono preziosi, sono un dono del Creatore, ma vanno gestiti secondo il disegno del Creatore al quale appartengono e Gesù ha messo in guardia dal pericolo di attaccare il cuore a questi beni… e allora non si entra nel regno di Dio.
Per entrare nel mondo nuovo bisogna uscire dalla menzogna e accogliere la verità.
Qual è la menzogna?
È quella che noi ripetiamo continuamente, le mie capacità, la mia intelligenza, la mia abilità… mi hanno permesso di accumulare tanti beni, di avere case, campi… adesso tutti questi beni sono miei.
Questa è la menzogna da cui nascono tutti i guai, considerare i beni come propri, è una menzogna perché nulla è nostro, tutti gli aggettivi possessivi sono una menzogna, tutto è di Dio, noi siamo amministratori di beni che non sono nostri e dobbiamo gestirli secondo il disegno del proprietario.
Come mai il Signore ci ha consegnato questi beni?
Hanno dei destinatari, sono coloro che ne hanno bisogno.
Noi non siamo autosufficienti, non abbiamo tutti i beni di cui abbiamo bisogno, li dobbiamo chiedere ai fratelli; Dio ci ha fatti bene, costretti a scambiarci questi doni.
La menzogna, da qui nascono tutti i guai, è quando li consideriamo nostri, allora cominciamo a negoziarli, a offrirli al miglior offerente e più aumenta il bisogno più possiamo aumentare il prezzo, quindi diventare sempre più ricchi e aggiungere casa a casa, campo a campo, come denunci il profeta Isaia.
Allora per entrare nel mondo nuovo che Gesù ci propone, che è secondo il disegno di Dio, quel mondo da cui scompare la povertà, dal quale scompaiono le guerre, le violenze… è la gestione dei beni facendosi poveri, cioè rimanendo senza niente perché si è capito chi sono i destinatari, si rimane senza niente perché non si trattiene nulla per sé, per il proprio egoismo, ma lo si consegna
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a chi è nel bisogno e allora anche noi riceviamo dai fratelli i doni che Dio ha consegnato a loro affinché li consegnino a noi quando ne abbiamo bisogno.
Povero, in senso evangelico, è colui che non possiede nulla per sé, che rinuncia ad adorare il denaro all’uso egoistico del proprio tempo, delle proprie capacità intellettuali, dell'erudizione, dei diplomi, della posizione sociale…
L'ideale del cristiano non è la povertà e l'indigenza, ma è un mondo in cui tutti siano poveri evangelici, un mondo in cui nessuno accumula per sé, nessuno sperpera, ognuno mette a disposizione dei fratelli ciò che ha ricevuto da Dio.
“Beati voi poveri” non è un messaggio di rassegnazione, ma di speranza in un mondo dove nessuno sia più bisognoso, perché Dio ha fatto bene il mondo e tutti i bisogni dell'uomo possono essere saziati quando i beni sono gestiti secondo il disegno del Creatore.
La promessa che accompagna questa beatitudine non è rimandata al futuro, ma tu entri, non in paradiso dopo questa vita, entri nel regno di Dio quando ti fai povero, ma se poi tu sei dentro e cominci ad attaccarti ai beni e a trattenerli egoisticamente per te… tu sei fuori dal mondo nuovo.
Quali saranno le conseguenze della scelta della povertà evangelica?
Cosa devono aspettarsi i discepoli che rinunciano all'uso egoistico delle ricchezze?
A questa domanda, Gesù risponde con altre tre beatitudini che riguardano i discepoli che hanno fatto la scelta di rinunciare a tutto, di non trattenere nulla per sè.
Ci saranno dei sacrifici da fare, il cristiano non cerca il sacrificio, la sofferenza, la sofferenza non piace a Dio, Dio non vuole il dolore e non offriamoglielo perché non sa che cosa farne, ma certe scelte comportano rinunce dolorose.
Ecco allora quali sono… vengono in altre 3 beatitudini.
La prima, “voi avrete fame, beati voi che avrete fame, sarete saziati”.
Hanno fame, devono mettere in conto che patiranno la fame, nel regno di Dio la povertà non esiste, ma c'è comunque una fame che può creare certi disagi, la miseria è creata dagli uomini quando gestiscono male i beni, ma c'è un'altra fame… se tu hai un collega che gestisce i beni secondo i criteri del mondo vecchio e quindi tu lo vedi accumulare case a case, campi a campi, 60 metri di yacht, ti può venire la stessa fame e la brama delle stesse cose che lui è riuscito a
ottenere con le sue abilità, le tue forse sono anche superiori… tu questa fame non la puoi saziare, non potrai permetterti mai il superfluo che è imposto dalle mode, dalla pubblicità, sono forme artificiali di fame, bisogni indotti e anche il cristiano è tentato di saziare questa fame… non lo può fare.
Certe comodità, quando il fratello manca del necessario, il cristiano non se le può permettere, certi abiti firmati costosissimi, certi gioielli, non possono essere presenti nella vita di un cristiano, quando li avessero tutti… ma quando il fratello è nel bisogno, tu non puoi permetterti di saziare questa fame.
Coloro che mettono al centro di tutte le scelte il bisogno del fratello, mettano in conto che proveranno certi disagi e certe privazioni, a volte potranno anche mancare del necessario se il fratello si trova in bisogni estremi, ma saranno beati perché Dio li sazierà della fame di vita, staranno vivendo da veri figli di Dio, è la sazietà di una vita realmente umana quella di chi ama.
Poi mettano in conto anche il pianto coloro che fanno questa scelta di entrare nel regno di Dio, saranno beati.
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Non equivochiamo questa beatitudine pensando che il dolore piaccia a Dio, no, ma scegliendo Cristo, i discepoli che sono coinvolti nella costruzione del mondo nuovo, che mondo si trovano davanti?
È una situazione molto dolorosa che tutti noi conosciamo, una situazione di miserie, di guerre, di crudeltà, allora, di fronte a questa realtà, chi vuole costruire un mondo nuovo soffre.
Il pianto del discepolo è segno di amore, della sua passione, perché al più presto si realizzi il disegno di Dio.
Gesù ha pianto di fronte alla città di Gerusalemme, che Lui ama, quando si è reso conto che rifiutava questa proposta, si è reso conto che questa città sarebbe andata incontro alla rovina, allora è scoppiato a piangere… è il pianto di chi ama, Dio li consolerà, coloro che hanno questo pianto, questa passione di amore, perché vogliono che tutti gli uomini siano felici e devono tenere presente che i semi di bene che gettano nel dolore, cresceranno, daranno frutti copiosi.
Il Salmo 126: “nell'andare, se ne va e piange portando la semente da gettare, ma quando torna indietro carico di covoni, è colmo di gioia”.
È ciò che Dio promette a coloro che amano e arrivano anche a piangere per amore.
L'ultima beatitudine, “beati voi quando sarete perseguitati, insultati, odiati”.
Chi ragiona secondo il Vangelo non deve aspettarsi applausi perché sta facendo una proposta che è in contrasto con il mondo vecchio e quindi verrà osteggiato, sarà messo al bando perché sarà ritenuto un sovvertitore dell'ordine costituito, è un ordine che è accettato, ritenuto giusto da tutti, la giustizia di questo mondo... “a ciascuno il suo”, ma qual è il suo?
Tutto è di Dio!
Il mondo antico non si rassegna a scomparire perché è guidato dall'egoismo, dall'interesse, non vuole che sorga l'umanità nuova guidata dalla logica dell'amore, dall'attenzione all'altro, dalla disponibilità, dal servizio disinteressato, dalla ricerca dell'ultimo posto… queste sono proposte che sono completamente fuori dalla logica del mondo vecchio.
Fate attenzione - dice Gesù - perché se gli uomini vi applaudono vuol dire che ragionate come loro.
Il discepolo è beato nel momento stesso in cui è perseguitato, perché la persecuzione è la prova inconfutabile che stai seguendo e accogliendo la logica del Maestro.
Adesso sentiamo i quattro guai:
Ma guai a voi, ricchi,
perché avete già ricevuto la vostra consolazione.
Guai a voi, che ora siete sazi, perché avrete fame.
Guai a voi, che ora ridete,
perché sarete nel dolore e piangerete.
Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti...
Il primo “guai” è per i ricchi “guai a voi ricchi”… che brutta traduzione questo “guai”.
Per noi questa espressione è una minaccia, non è questo il senso dell'espressione sulla bocca di Gesù, Gesù non minaccia castighi, Gesù ama ed è un grido di dolore il suo.
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In greco noi abbiamo “uai” che si rifà a un termine ebraico che ho già citato, “hoi” che è un lameno funebre, di fronte a un lutto, la persona nel suo dolore si mette le mani nei capelli e grida “hoi, cosa non è capitato”.
È un grido di dolore questo di Gesù, di fronte al ricco che non ha consegnato i beni ai destinatari, Gesù piange su chi ha fatto una scelta di morte.
È un lamento funebre il suo!
“Tu ricco che eri applaudito, invidiato da tutti, hoi, ti sei rovinato la vita”
Dovremmo tradurre:
“Ahi a voi ricchi, -non guai - hoi perché avete causato la povertà accumulando beni che dovevate consegnare, siete dei pazzi!
A Gesù spiace, è un grido di dolore il suo, perché vede una persona che si è rovinato la vita.
“Alla dogana, i beni che non sono stati consegnati ai destinatari vengono requisiti e tu sei rimasto senza amore, sei un morto come uomo perché non hai amato”.
Il secondo “guai'.
“Ahi a voi che siete sazi”, voi che gestite i beni di questo mondo per i vostri piaceri, che sperperate le risorse del creato e causate la fame, la povertà, la miseria di tanta gente... “hoi”, dice Gesù, un grido di dolore su queste persone… sono dei falliti, dei morti.
Il terzo “ahi”.
“Ahi a voi che ora ridete”.
Voi che sghignazzate invece di sorridere, invece di donare gioia al fratello fate piangere, perché provocate ingiustizie, soprusi, umiliazioni, siete causa della sofferenza dei più deboli, siete dei falliti nella vita, dei morti…ahi dice Gesù.
E conclude con l'ultimo “hoi a voi quando tutti gli uomini vi applaudiranno”, perché è ciò che capitava nell'Antico Testamento ai falsi profeti, ai profeti di menzogna, venivano applauditi perché cercavano non di dire la verità che veniva dal cielo, ma cercavano di assecondare quelli che erano i desideri degli ascoltatori.
Sarebbe il segno, se voi siete applauditi, che senza rendervene conto vi siete adeguati alle beatitudini di questo mondo.
Su questi quattro lamenti funebri si conclude il Vangelo di oggi, ma servono a farci riflettere…
apparteniamo alle folle che ascoltano il Vangelo o siamo dei veri discepoli che hanno fatto la scelta di mettere tutto se stessi a servizio del fratello e quindi a costruire una vita di amore?
È una domanda che ci dobbiamo porre… appartengo ancora alle folle o ho fatto la scelta di essere un vero discepolo?