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Vangelo del 2/1/ domenica del Tempo di Natale- anno C Gv 1,1-18

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Vangelo del 2/1/2022

2°domenica del Tempo di Natale- anno C Gv 1,1-18

Trascrizione del video-commento del biblista p. Fernando Armellini non rivista dall'autore.

Gli errori di composizione sono dovuti alla differenza fra la lingua parlata e scritta; la punteggiatura è posizionata a orecchio. I video sono disponibili sul suo canale YouTube: bit.ly/videoarmellini

In principio c’era Colui che è la Parola e la Parola era verso Dio

e la Parola era Dio.

Questa era, in principio, verso Dio.

Tutte le cose furono fatte per mezzo di lei e senza di lei nulla è stato fatto.

In ciò che è stato fatto

la Parola era vita e la vita era la luce degli uomini;

e la luce splende nella tenebra e la tenebra non l’ha sopraffatta.

Ci fu un uomo inviato da Dio, Giovanni il suo nome.

Questi venne per una testimonianza, per testimoniare la luce,

affinché tutti credessero per mezzo di lui.

Non era lui la luce,

ma per testimoniare la luce.

La Parola era la luce vera che illumina ogni uomo con la sua venuta nel mondo.

Era nel mondo

e il mondo fu fatto per mezzo di lei;

e il mondo non la conobbe.

Venne nella sua proprietà e i suoi non la accolsero.

Ma a quanti la accolsero

ad essi diede il potere di diventare figli di Dio,

a coloro che credono nel suo nome;

i quali non da sangue, né da volontà di carne, né da volontà di uomo, ma da Dio furono generati.

E la Parola divenne carne e pose la sua tenda tra noi;

e contemplammo la sua gloria, gloria di Unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità.

Giovanni testimonia di lui e ha gridato dicendo:

Questi era colui del quale dissi:

Colui che viene dopo di me è diventato davanti a me perché era prima di me.

Infatti dalla pienezza di lui

noi tutti accogliemmo grazia al posto di grazia;

poiché la legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità fu per mezzo di Gesù Cristo.

Dio nessuno mai l’ha visto:

l’unigenito Dio,

che è verso il grembo del Padre, egli l’ha narrato.

In questo tempo di Natale che sta per concludersi, abbiamo trascorso dei momenti sereni in famiglia, con gli amici, abbiamo incontrato le sorelle e i fratelli della nostra comunità, ci risuonano ancora le commoventi nenie natalizie, tutte cose belle… però ci siamo forse anche un po' distratti, abbiamo dimenticato un po' l'essenziale.

Ecco la ragione per cui la liturgia oggi ci propone la meditazione su un testo molto impegnativo, il

“prologo del Vangelo secondo Giovanni”.

Forse noi pensiamo che questi testi molto densi teologicamente, siano poco rilevanti per la nostra vita di tutti i giorni perché i nostri veri problemi, noi pensiamo, sono altri, il lavoro, la famiglia, la

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salute, il rapporto con i vicini… invece cambia molto nella nostra vita concreta se accogliamo la luce del Natale.

Cambia molto nel nostro modo di rapportarci con il creato, come ci indicherà proprio questo prologo che ci invita a riflettere sul senso, sul destino di tutto l'universo.

Cambia molto, se accogliamo la luce del Natale nei nostri rapporti con i fratelli.

Cambia molto anche nella nostra vita personale, perché un conto è ritenere di essere soli, senza un destino nella fredda immensità di questo universo e un altro conto è sentirsi avvolti da un amore, l'amore di un Padre che ci vuole felici in questo mondo e ci attende poi per una gioia piena nella sua casa.

Ecco la ragione per cui vogliamo capire bene ciò che è accaduto nel Natale e Giovanni ce lo racconta nel prologo che noi cercheremo di capire e di interiorizzare.

Sentiamo come inizia:

In principio c’era Colui che è la Parola e la Parola era verso Dio

e la Parola era Dio.

Questa era, in principio, verso Dio.

Tutte le cose furono fatte per mezzo di lei e senza di lei nulla è stato fatto.

Iniziamo subito con 3 versetti impegnativi:

“In principio” … questa espressione a tutti noi richiama subito l'inizio del “Libro della Genesi”, dove si dice:

“In principio Dio creò il cielo e la terra, prima non c'era nulla, era la tenebra dell'abisso”

Tou vabon, dice il testo ebraico.

L'evangelista Giovanni dice che prima della creazione dell'universo, “in principio, c'era la Parola”;

la traduzione della CEI dice “c'era il Verbo, il Verbo era presso Dio”, ma verbo è una parola arcaica che per noi non significa più niente.

Il testo greco dice che in principio c'era o logos, e questo logos è un termine ben noto ai filosofi stoici del tempo di Giovanni.

“Logos” potremmo tradurlo con “Sapienza”.

Prima di tutto, in principio, c'era la Sapienza di Dio, con la quale ha creato ogni cosa.

In ogni creatura è presente la sua Sapienza, ha un progetto, un destino ed era bello ciò che Lui aveva fatto, ogni cosa aveva un significato perché fatta con Sapienza e l'uomo sarà chiamato a cogliere questa Sapienza.

Ci può aiutare a capire il significato di questi primi versetti, il dipinto celebre della “Creazione” di Michelangelo.

Quando noi entriamo nella Cappella Sistina, siamo immediatamente attratti dall'affresco della Creazione dell'uomo, quel dito di Dio che pare far scoccare la scintilla della vita in Adamo, nel primo uomo, ma pochi prestano attenzione alla mano sinistra del Creatore che avvolge in un tenero abbraccio una stupenda ragazza… è la Sapienza che, come dice la Bibbia, “era accanto a Lui quando con intelligenza faceva ogni cosa”.

Sapienza, in greco Sofia, è femminile e nell'Antico Testamento questa Sapienza, personificata con una donna, si presenta per esempio nel Libro dei proverbi, e dice:

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“Quando il Signore fissava i cieli io ero là;

quando tracciava un cerchio sull'abisso, quando condensava le nubi in alto, quando fissava le sorgenti dell'abisso, quando stabiliva al mare i suoi confini in modo che le acque non li

oltrepassassero e non invadessero la terra, io ero là; io ero accanto a Lui e giocavo sul globo terrestre unendo le mie delizie fra gli uomini”.

Eccola questa Sapienza che già nell'Antico Testamento, più volte è presentata con una stupenda ragazza che è accanto a Dio mentre Lui crea l'universo.

Ogni cosa quindi, ha in sè una ragione di esistere, è fatta per uno scopo e l'uomo è invitato a cogliere questa Sapienza, se non la coglie può sentirsi lui il padrone del creato e decidere come gestirlo e può anche giungere a pensare che lo può sfruttare in modo selvaggio e quindi anche devastando.

Giovanni ci dice che avendo messo questa Sapienza nel creato, il creato ci parla, ci parla di Dio e l'uomo, per quanto noi ne sappiamo, è l'unica creatura che può cogliere questo disegno del Creatore.

Per lo scienziato il mondo esiste, va studiato, usato, punto e basta…

Questo è vero, non c'è bisogno di Dio per capire le leggi che regolano l'universo, ma se rinunciamo a cercare il senso e il destino del creato, se rinunciamo a cogliere la Sapienza con cui è stato fatto, noi non siamo uomini.

Può essere la differenza che notiamo fra un falegname e un contemplativo che giungono in una foresta; il falegname vede subito i tavoli e gli armadi che può tirar fuori, non gli interessa altro, non si pone altre domande; il poeta invece, il contemplativo si ferma, è colmo di stupore e se è un credente, coglie la Sapienza che ha fatto tutte queste cose, il senso per cui esistono gli alberi, che destino hanno, l'acqua, la luce, l'aria…

Gli antichi non avevano le nostre conoscenze dell'universo, ma forse erano più uomini di noi perché contemplavano il cielo e sapevano ascoltare il canto delle stelle, vedevano gli astri del firmamento che danzavano per lodare il Creatore.

Paolo nella Lettera ai romani, proprio all'inizio dice che “le perfezioni invisibili di Dio, possono essere contemplate, con l'intelletto, nelle opere che Dio ha compiuto”.

Del resto, proviamo a immaginare cosa sarebbe l'universo senza l'uomo, gli astri del firmamento che, seguono le loro evoluzioni e poi su quei pianeti dove è possibile la vita è venuta fuori la vita…

ma tutto sarebbe silenzio, non si udrebbe una voce che coglie il senso di questo universo e loda colui che lo ha fatto.

Senza l'uomo tutto il creato non avrebbe senso.

Qual era il disegno sapiente di Dio?

Adesso l'evangelista ce lo dice, era la vita!

Sentiamo:

In ciò che è stato fatto

la Parola era vita e la vita era la luce degli uomini;

e la luce splende nella tenebra e la tenebra non l’ha sopraffatta.

In tutte le creature è presente la Sapienza di Dio con la quale sono state fatte e questa Sapienza ci rivela il disegno del Creatore.

Qual era il fine ultimo di tutta questa creazione?

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4 Il prologo risponde dicendo “era la vita”.

In italiano noi abbiamo un solo termine per dire vita, i greci ne avevano 2, uno è “bios”, la vita biologica, quella che accomuna le piante, gli animali, anche la nostra vita biologica; l'altro termine è “zoé” al quale si aggiunge, poi spesso nel Nuovo Testamento, “aionios” eterna.

Meglio sarebbe dire “la vita dell’Eterno”.

Il fine ultimo di tutta la creazione dell'universo era che Dio voleva comunicare la vita dell'Eterno, la sua stessa vita, a una delle sue creature… l'uomo.

E questa vita era la luce degli uomini.

Gli ebrei dicevano che la luce dell'uomo era la Torah, “luce ai miei passi la tua Parola”, è vero, ma Giovanni dice:

la luce ultima che illumina e dà senso all'universo, era la vita dell'Eterno donata agli uomini.

Quando giunge questa luce dell'Eterno sugli uomini, tutto acquista un significato nuovo, il cielo, la terra, i campi, le montagne, gli animali… tutto diventa motivo per intonare la lode al Dio Creatore, a esprimergli lo stupore, la riconoscenza, la gioia, perché ha voluto dare a noi la sua stessa vita.

“E la luce splende nella tenebra e le tenebre non l'hanno sopraffatta”.

La luce non lotta contro le tenebre, basta che splenda e le tenebre si dissolvono.

Se durante la notte noi apriamo la finestra di una stanza illuminata, non è la tenebra che entra, è la luce che vince la tenebra.

Il mondo era avvolto da una tenebra, dal non senso dell'universo, una luce ha illuminato ed è la vita dell'Eterno che ha dato senso al tutto.

Qui l'evangelista comincia già a introdurre colui che è venuto a portare nel mondo questa luce, la Parola di Dio, il figlio di Dio che ha preso forma umana nel grembo di Maria proprio per portare nel mondo questa luce che è la vita dell'Eterno, senza questa luce è il non senso di tutto l'universo.

E adesso il prologo si interrompe per introdurre la figura di Giovanni Battista.

Sentiamo:

Ci fu un uomo inviato da Dio, Giovanni il suo nome.

Questi venne per una testimonianza, per testimoniare la luce,

affinché tutti credessero per mezzo di lui.

Non era lui la luce,

ma per testimoniare la luce.

Tutti e tre i Vangeli sinottici presentano il Battista come precursore, colui che doveva preparare il popolo d'Israele ad accogliere il Messia.

L'evangelista Giovanni ce lo presenta con una missione diversa, dice:

“È stato inviato da Dio per testimoniare la luce”.

Lo sappiamo molto bene chi è un testimone, non è uno che insegna qualcosa, questo è un ripetere delle nozioni che uno ha già appreso, no... qui si tratta di comunicare un'esperienza che uno ha fatto e il Battista ha fatto l'esperienza della luce, lui l’ha vista e la può testimoniare.

L'obiettivo è che tutti arrivino a credere attraverso questa testimonianza.

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È esattamente ciò che accade nell'educazione religiosa, l'educazione alla fede, che deve essere portata avanti da genitori, da catechisti… lì non si tratta di dare delle nozioni, ma di comunicare un'esperienza di vita, altrimenti uno non è credibile.

Nell'educazione, uno non può fingere, non può barare, quando uno insegna delle nozioni può anche dire che non dovete drogarvi ma lui si droga, insegna delle cose giuste, ma la sua vita non testimonia ciò che sta dicendo.

Ecco l'importanza quindi, che genitori e catechisti abbiano visto la luce, abbiano conosciuto davvero Cristo e il suo Vangelo e possano testimoniare che questa luce dà senso alla loro vita, allora diventano credibili.

E continua l'evangelista dicendo:

“non era lui la luce”.

C'è ancora, al tempo in cui è stato scritto il Vangelo di Giovanni, alcuni tra i discepoli del Battista credevano fosse lui la luce, il Messia, per questo Giovanni dice “non era lui la luce, ma era stato inviato per testimoniare la luce”.

Anche questo è un messaggio importante per la nostra vita, non ci presentiamo noi come luce del mondo, la luce è Cristo, noi siamo luce riflessa di Cristo!

E dopo questa inserzione sul Battista, il prologo riprende il tema della luce, quella vera.

Sentiamo:

La Parola era la luce vera che illumina ogni uomo con la sua venuta nel mondo.

Era nel mondo

e il mondo fu fatto per mezzo di lei;

e il mondo non la conobbe.

Venne nella sua proprietà e i suoi non la accolsero.

Ma a quanti la accolsero

ad essi diede il potere di diventare figli di Dio, a coloro che credono nel suo nome;

i quali non da sangue, né da volontà di carne, né da volontà di uomo, ma da Dio furono generati.

Non era il Battista la luce vera, è la Sapienza di Dio venuta nel mondo per illuminare ogni uomo.

E cosa ci fa vedere questa luce?

Ci mostra anzitutto il vero volto di Dio!

Dopo tutte le menzogne che gli uomini hanno raccontato su Dio, che faceva fare le guerre, che amava un popolo e odiava l'altro popolo, che premiava coloro che obbedivano ai suoi comandi e castigava con pestilenze e calamità chi trasgrediva ai suoi ordini… è venuta questa luce del cielo, questa Sapienza, a mostrarci il vero Dio che è amore e solo amore, che ama tutti in modo

incondizionato, anche coloro che hanno sbagliato tutto nella vita li avvolge con il suo amore.

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Non esiste l’ateismo, la Bibbia ci parla del politeismo, dell'idolatria e anche oggi non esiste l'ateismo.

Tutti hanno un loro Dio, anche se non lo chiamano così, ma è il punto di riferimento che dà senso alla loro vita, che decide di tutte le loro scelte.

La luce vera venuta nel mondo, la Sapienza di Dio, ci mostra l'unico Dio che ci lascia liberi e dà il senso vero alla nostra vita.

E poi, questa Sapienza è venuta a illuminare il volto dell'uomo, ci mostra l'uomo vero, colui che ama, chi non ama non è uomo, chi non pensa al fratello, chi non dona la sua vita a chi ha bisogno, non è ancora un uomo.

Noi siamo fatti proprio per questa Sapienza, se non accogliamo questa luce, noi saremo sempre inquieti e insoddisfatti.

Questa luce non è stata conosciuta.

Qui il verbo “conoscere” ha il significato semitico, quello che ha nella Bibbia, non significa sapere qualcosa, aver ascoltato, aver capito… significa aver dato la propria adesione, unire la propria vita come fa lo sposo con la sposa.

Non conoscere, in senso semitico, implica un atteggiamento di chiusura, di rifiuto di questa luce, allora se l'uomo rifiuta questa luce su Dio e sull'uomo distrugge sé stesso.

È venuta questa luce nella sua proprietà, ma non è stata accolta dai suoi.

Chi sono questi suoi?

Si è pensato che fossero gli israeliti, no… appartengono a questa luce tutti gli uomini.

Vuol dire che questo amore, questa scelta di unire la propria vita a questa luce, è una scelta libera, non c'è nessuna seduzione che possa estorcere l'amore, neppure Dio può estorcere questo amore;

l'adesione deve essere data con tutta libertà, c'è chi può rifiutare questa luce, ma ci sono anche coloro che la avvolgono.

Che cosa accade a costoro?

Dice il prologo di Giovanni che ricevono “il potere di portare il nome di figli di Dio”, possono essere chiamati e chiamare sé stessi figli di Dio.

La prima lettera di Giovanni dice una verità molto bella e consolante per tutti noi, ci invita a riflettere su quale grande amore ci ha dato il Padre al punto di poterci chiamare figli suoi e lo siamo realmente, “amatissimi - dice Giovanni - noi già fin d'ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è ancora stato rivelato, sappiamo però che quando ci sarà manifestata la nostra condizione di figli di Dio, noi saremo simili a Lui perché lo vedremo, così come egli è”.

La figliolanza divina noi già l'abbiamo perché ci è stata portata da questa Sapienza del cielo.

Non si tratta quindi di aderire a una dottrina, ma di accogliere questa Sapienza che è una persona, che è Cristo.

Questa filiazione divina - dice il prologo - non va confusa con la nascita della vita biologica e c'è una triplice negazione molto energica, che viene fatta perché vuole richiamare la gratuità di questo regalo che Dio ha fatto all'uomo di donarci la sua stessa vita, la vita dell'Eterno, così che quando si conclude la nostra gestazione in questo mondo, la vita biologica finisce, questa vita si manifesta in tutta la sua pienezza.

Dice:

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“Non da sangue, non da volontà di carne, non da volontà di uomo, ma da Dio sono nati”… da un germe divino; quindi viene esclusa ogni mediazione umana nella nascita in questa vita, è esclusa la sessualità, la concupiscenza, la pulsione naturale, la volontà di uomo… è un dono completamente gratuito e incondizionato che Dio ha fatto a questa creatura che è l'uomo.

E adesso, siamo giunti al messaggio centrale di tutto il brano.

Ascoltiamo:

E la Parola divenne carne e pose la sua tenda tra noi;

e contemplammo la sua gloria, gloria di Unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità.

Abbiamo ascoltato il racconto dell'evento centrale di tutta la storia dell'umanità, la Sapienza di Dio si è fatta carne, nel grembo di Marina la Sapienza ha preso forma umana.

Ci saremmo aspettati che l'evangelista impiegasse il termine Sofia – Sapienza, invece usa il termine Logos che era ben noto nel mondo ellenistico, è il vantaggio di essere maschile e vuole dirci che questa Sapienza ha preso forma umana in Gesù di Nazareth.

Se noi vogliamo vedere la luce vera del volto di Dio dobbiamo guardare a Lui; se vogliamo vedere l'uomo riuscito, l’uomo vero, l'uomo bello è quello che Lui ha realizzato.

Noi non crediamo in un altro Dio se non nel volto di Dio che vediamo brillare in Gesù di Nazareth e non crediamo in un altro uomo riuscito, se non in colui che assomiglia al volto bello di uomo che è quello di Gesù di Nazareth, l'uomo che ama fino a donare totalmente se stesso, donare la vita anche per i nemici.

“Si è fatto carne”

Il Logos, la Sapienza e quando si dice cane, nel mondo semitico non si intendono i muscoli, non si è rivestito di muscoli, si è fatto uomo richiamando però un aspetto di debolezza, di fragilità che fa parte della condizione umana; vuol dire che ha assunto la nostra ignoranza, ha dovuto studiare, tutto ciò che ci rende fragili, difficoltà di salute, dimenticare, addormentarsi, tutto ciò che fa parte della nostra condizione umana è stata assunto da questa Sapienza perché per parlarci, per rivelarci questa luce, si è fatto uno di noi.

Chiaro, per tanti questo non è credibile, che un Dio si faccia uno di noi, ma è l'unico Dio credibile perché se Dio è amore, ha rivelato in Gesù di Nazareth il massimo dell'amore, si è fatto un bambino bisognoso di carenze, di latte, altrimenti piange.

Questo è il nostro Dio, prendere o lasciare, ma è l'unico credibile perché ha manifestato il massimo dell'amore, più in là dell'amore rivelato poi sul calvario quando dona la vita per coloro che lo odiano… più in là non si può andare.

L'unico Dio credibile è quello che arriva a questo amore infinito, un amore di colui che si fa uno di noi proprio per dirci quanto ci ama.

Ha posto la sua tenda in mezzo a noi.

Questa è un'immagine che deriva dall'Antico Testamento, la tenda è la dimora dei nomadi e durante l'Esodo, Dio accompagnava il suo popolo nella sua tenda che si era fatto costruire, poi

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ricordiamo che quando il popolo lo ha rifiutato, ha preferito il vitello d'oro, Dio ha detto Mosè

“porta la mia tenda fuori dall'accampamento”, però continuava ad accompagnare il popolo.

Mosè, quando voleva consultare Dio, usciva dall'accampamento e andava in questa tenda, ma Dio ha continuato ad accompagnare il suo popolo.

Poi è stato costruito il tempio da Salomone, al posto della tenda, sempre per indicare questa presenza di Dio che vuole stare con il suo popolo, ma adesso non c'è più nessun tempio di cui abbiamo bisogno per incontrare Dio, perché Dio ha posto la sua tenda nella persona di Gesù di Nazareth, è Lui il tempio dove presente Dio.

Continua il prologo dicendo “noi abbiamo contemplato la sua gloria”.

Quando si parla di gloria di Dio, non è la nostra vanagloria quando vogliamo salire in alto, mostrarci più grandi degli altri, dominare… questa non è gloria, è vanagloria.

La gloria di Dio è quando Lui riesce a mostrare chi è, e Dio è amore, manifesta la sua gloria quando rivela quanto è capace di amarci.

La prima lettera di Giovanni inizia dicendo:

“Ciò che era da principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che abbiamo contemplato e che abbiamo toccato con le nostre mani…”

Noi abbiamo toccato la vita presente in Gesù di Nazareth, la zoé, la vita dell'Eterno e noi la annunciamo a voi questa vita, ve l'annunciamo perché la vostra gioia sia piena.

Quando noi comprendiamo quanto Dio ci ha amato, al punto da farsi uno di noi ed a dirci che era venuto a portarci la vita dell'Eterno, più di questo non possiamo desiderare e quando lo capiamo, il nostro cuore non può che essere colmo di gioia.

Questa Sapienza di Dio fatta carne, si è presentata “piena di grazia e di verità”.

È un'espressione che si trova nella Bibbia, “fēset vēnet”, vuol dire la pienezza dell'amore ed è un amore che non ti tradisce mai, che fedele sempre in modo incondizionato, un amore che non dipende dalla tua risposta, se tu rispondi con amore sei felice, ma Lui continuerà sempre con un amore infinito e fedele.

Questo è ciò che ci è rivelato dalla Sapienza di Dio che ha preso forma umana nel grembo di Maria.

Sentiamo adesso come conclude questo prologo:

Giovanni testimonia di lui e ha gridato dicendo:

Questi era colui del quale dissi:

Colui che viene dopo di me è diventato davanti a me perché era prima di me.

Infatti dalla pienezza di lui

noi tutti accogliemmo grazia al posto di grazia;

poiché la legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità fu per mezzo di Gesù Cristo.

Dio nessuno mai l’ha visto:

l’unigenito Dio,

che è verso il grembo del Padre, egli l’ha narrato.

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Dopo un altro richiamo alla testimonianza del Battista, il prologo continua dicendo che “dalla pienezza di Lui abbiamo ricevuto grazia al posto della grazia”.

La pienezza di Lui è quella di Gesù di Nazareth.

Di che pienezza si tratta?

Il massimo dell'amore, un amore più grande di quello che Lui ha mostrato non è possibile; è venuto in questo mondo, si è fatto uno di noi per incontrarci, abbracciarci, farsi abbracciare e poi donare la vita anche per i suoi nemici, un amore più grande è impossibile.

Questa è la pienezza della rivelazione del volto di Dio che è amore e solo amore e da questa pienezza noi abbiamo ricevuto la grazia al posto della grazia.

Sono due grazie, due grandi doni che Dio ha fatto all'umanità!

Il primo… la Torah, la Legge, la Parola di Dio data attraverso Mosè, indicava il cammino della vita;

se vuoi essere un uomo non fare adulterio, non ingannare, non rubare, non uccidere…

Ma era una legge esterna questa, molto bella, un grande dono che Dio fatto il suo popolo, poi attraverso Gesù è giunta a noi, dalla sua pienezza, la grazia al posto di questa grazia, la nuova Legge che è lo Spirito, che è la vita divina che Lui ha portato in questo mondo!

Non è più solo la vita biologica quella che noi abbiamo, adesso ci è stata donata da questa

pienezza di amore, la vita dell'Eterno e questa è la nuova Legge che sostituisce quella precedente, colui che ha ricevuto questa vita nuova ha una nuova identità, è un figlio di Dio; questa nuova identità è per lui la nuova Legge, se prima non doveva uccidere, adesso non solo non può uccidere, ma la sua identità di figlio di Dio lo porta all'amore massimo, a dare la vita anche per il nemico.

La prima grazia serviva a preparare la seconda, la vita divina che è stata portata nel mondo dalla pienezza di amore manifestataci in Gesù di Nazareth.

Nessuno ha mai visto Dio

Il desiderio dell'uomo è sempre stato quello di vedere il volto di Dio, ritorna continuamente nell'Antico Testamento il desiderio dell'uomo di vedere il volto di Dio, Mosè, Elia, erano saliti sul monte per vedere la gloria di Dio… no.

La prima lettera di Giovanni dice: “Dio, nessuno lo ha mai visto”;

Nella trasfigurazione è bello che gli apostoli, i tre privilegiati, riescono a vedere la metamorfosi del volto di Gesù sul monte e con loro ci sono anche Mosè ed Elia perché anche loro possono vedere il volto di Dio soltanto sul volto di Gesù di Nazareth;

L'unigenito figlio di Dio - dice il prologo - colui che contempla il volto del padre, Lui ci ha narrato l'identità di Dio, ci ha raccontato con la sua persona, con le sue parole, con tutta la sua vita ci ha mostrato il volto del Padre.

Se noi vogliamo vedere il volto di Dio, dobbiamo contemplarlo sul volto di Gesù e il Vangelo ci presenta proprio questo volto.

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