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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.46 (1919) n.2353, 8 giugno

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L'ECONOMISTA

GAZZETTA SETTIMANALE

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI

Direttore : M. J. de Johannis

Anno ALVI - Voi. L Firenze-Roma, 8 Giugno 1919 FIRENZE : 31 Via della Pergola ROMA : 5 6 Via Gregoriana

IL 2353

1919

Il favore dei nostri lettori ci ha consentito di supe-rare la critica situazione fatta alla stampa periodica non quotidiana, dalla guerra, durante quattro anni, nei quali, senza interruzione e senza venir meno ai nostri impegni, abbiamo potuto continuare efficacemente il nostro com-pito. Il periodo di crisi non è ancora cessato nei riguardi delle imprese come le nostre; tuttavia sentiamo di poter proseguire più alacremente e di poter anzi promettere

no-tevoli miglioramenti non appena la diminuzione dei costi ci consentirà margini oggi inibiti.

BIBLIOTECA DELL' " ECONOMISTA „ S T U D I E C O N O M I C I F I N A N Z I A R I E S T A T I S T I C I

PUBBLICATI A CORA D E L L ' E C O N O M I S T A 1 ) F E L I C E V I N C I

L'ELASTICITÀ' DEI CONSUMI

con le sue applicazioni ai consumi attuali e prebellici

= L. 2 =

2)

G A E T A N O Z I N C A L I

Di alcune esperienze metodologiclie

tratte dalia prassi delia statistica degli Zemstwo russi

= L. 1 =

In v e n d i t a presso i principali librai-editori e presso l ' A m m i n i s t r a z i o n e dell' E c o n o m i s t a — 56 Via Gregoriana, Roma.

L A N F R A N C O M A R O I

FATTORI DEMOGRAFICI DEL CONFLITTO EUROPEO

con prefazione di C O R R A D O G I N I

V o l u m e di 600 p a g i n e — L. 18

Società Editrice " Athénaeum „ — Roma S O M M A R I O :

PARTE ECONOMICA.

Una sguardo alla politica finanziaria. (ON. G. SORNIANI.) Un industriale liberista.

Un Monte di Pietà durante la guerra. La riforma tributaria.

SPUNTI ED APPUNTI.

NOTE ECONOMICHE E FINANZIARIE.

Circolazione cartacea. — Gettito d e l l e i m p o s t e . — Per la li-bertà d e i trafiiei. — La circolare m i n i s t e r i a l e d e l l e organizza-zioni industriali, p a d r o n a l i e operaie. I n i z i a t i v e i t a l i a n e n e g l i Stati Uniti. — 11 m o v i m e n t o c o m m e r c i a l e n e l Brasile n e l 1908. — Finanze f r a n c e s i . — L e officine Krupp. — Crisi d e l carbone i n Inghilterra.

NOTIZIE —COMUNICATI - INFORMAZIONI.

Casse di r i s p a r m i o p o s t a l i . — Società Italiana per le Strade Ferrate Meridionali.

R e l a z i o n e della Banca Italiana di Sconto p e l 1918. Situazioni Istituti di Credito.

P A R T E E C O N O M I C A

Uno sguardo alla politica finanziaria.

L'on. Corniani ha più volte trattati, nel nostro perio-dico, molto profondamente i più difficili problemi della nostra finanza, impostandoli con rara chiarezza e ri-solvendoli con acume, sovente superiore a quello usato dai nostri pubblici amministratori. Riproduciamo qui sotto la relazione che il chiaro uomo ha presentata al Congresso del partito liberale, nella quale ravvisiamo tutto un programma organico che vorremmo veder at-tuato nella sua totalità, e colle sole eccezioni (ad esempio dazio sul grano) nelle quali non possiamo essere d'ac-cordo con l'illustre parlamentare.

Molti si domandano se il Paese potrà s o p p o r t a r e le conseguenze finanziarie della guerra preoccupati da voci allarmiste e da affermazioni di autorevoli parlamentari.

Così il Wollemborg, in alcuni suoi studi, stabi-lisce il bilancio post-bellico dello Stato nelle seguenti cifre:

Spesa L. 7,070 milioni - Entrate 4,050 milioni - De-ficit annuale 3,000 milioni.

A formare i sette miliardi di spesa entrano 240 mi-lioni annui di ammortamenti, 150 mimi-lioni di maggiori spese per percezione d'imposte, 600 milioni per aggio e commissioni di pagamenti all'estero.

La Commissione di finanza del dopo-guerra sup-pone una spesa di 6,943 milioni ed un'entrata di 4,050 milioni con un deficit di 2,493 milioni.

L'on. Maggiorino F e r r a r i s più ottimista, calcola una spesa di 7 miliardi ed un'entrata di 4,758 milioni con un deficit di 2,2505 milioni.

Tali calcoli sono fatti supponendo che al 31 ottobre 1918 la guerra, abbia costato 50 miliardi, aggiungendo ai quali i 13 miliardi anteriori alla guerra ed 11 mi-liardi che o c c o r r e r a n n o in questo esercizio di tran-sazione, si arriverebbe a 74 miliardi ai cui interessi si dovrebbe provvedere.

Io penso che un punto di partenza positivo p e r giudicare la situazione sia l'ultima esposizione finan-ziaria Nitti, del novembre 1918, posteriore agli studi sopra riferiti. In essa il preventivo 1919-20 era rias-sunto in queste cifre :

Spesa 5,515 milioni - Entrate 4,855 milioni - De-ficit 660 milioni.

La spesa è stata aumentata, rispetto al preventivo 1818-19 di 1,300 milioni ; così fu aumentato lo stan-ziamento del Ministero del tesoro di 580 milioni per maggiori interessi passivi, portandolo a 2,586 milioni ; vi è un aumento di 150 milioni p e r le pensioni di guerra portate a 453 milioni ed aumenti vi sono in molti altri dicasteri.

Quello della guerra è stabilito in 408 milioni e quello della marina in 234, cioè con 27 milioni meno che il bilancio di pace 1913-14

Le indennità per la guerra e caroviveri figurano nel preventivo 1919-20 per 700 milioni di cui 184 p e r i ferrovieri.

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264 milioni 13,689 14,737 » 10,845 3,758 » 15,376 milioni 58,352 » 2,124 » 6,950 milioni 67,426 Quando si consideri che sulla circolazione ban-caria lo Stato c o r r i s p o n d e un tenuissimo interesse di circa 30 milioni appare che la cifra stanziata di 2,586 milioni è sufficiente per il servizio di interessi del n o s t r o debito. Dovendo noi spendere in più del bi-lancio ordinario; dopo il 31 dicembre 1918, in questo periodo di transazione altri 9 miliardi e mezzo, do v r e m o provvedere, pel servizio i n t e r e s s i ; altri 475 milioni, per cui la spesa a m m o n t e r e b b e a 6000 mi-lioni che p o t r e m m o a r r o t o n d a r e a 6200 per le lar-ghezze e concessioni che si vanno introducendo in vari rami dei pubblici servizi.

Ma se la spesa aumenta, aumentano anche le entrate e i risultati dei p r i m i dieci mesi dell'esercizio 1918-19 hanno dato 4571 milioni di e n t r a t e principali effettive ; cioè 1,108 milioni più che il corrispondente periodo del 1917-18; per cui, alla chiusura del c o r r e n t e eser-cizio, avremo 5,500 milioni. Aggiungendovi le entrate minori, come partecipazione dello Stato agli utili delle Banche di emissione, concorsi e rimborsi vari, ecc. in 200 milioni, avremo 5,700 milioni.

Questo risultalo è ottenuto mentre per alcuni mesi abbiamo avuto tre provincie sotto l'occupazione stra-niera di cui ancora oggi si risentono.

Non minore sarà l'entrata del 1919-20 in cui si sono calcolati ancora i prodotti dei sopraprofitti di guerra ma si sono fatte riduzioni nelle dogane ed altri ca-pitoli, per cui il deficit non sarà superiore ai ai 505 milioni.

Molti provvedimenti sono stati ventilati p e r siste-m a r e la nostra situazione finanziaria del dopo g u e r r a e fronteggiare gli oneri da essa derivanti e li passe-r e m o passe-rapidamente in esame.

F r o n t e unico finanziario.

Fu invocato da autorevoli pubblicisti e parlamen-tari, fidenti in questo spirito di cooperazione e fra-tellanza che dovrebbe ispirdre la Lega delle Nazioni. Si è progettato da alcuni un grande prestito interna-zionale a modico interesse colla garanzia di tutti gli Alleati, in modo che il credito dei più forti aiuti quello dei più deboli. Finora l'Inghilterra e la Francia, quest'ultima in piccola misura, avevano concesso pre-stiti agli alleati minori, ma prolungandosi la guerra, anche esse dovettero, alla loro volta c o n t r a r r e p r e stiti cogli Stati Uniti, intervenuti molto più tardi nella g u e r r a ; pertanto sarebbe in definitiva il credito degli americani che dovrebbe servire agli altri, ma essi hanno già fatto conoscere di non e n t r a r e in questo ordine di idee non volendo garantire per Nazioni che p o t r e b b e r o essere poco

solvibili-D'altra parte un intervento finanziario degli Stati Uniti, date le sue tendenze invadenti, vorrebbe dire controllo delle finanze dei vari Stati, controllo al quale solo le Nazioni come la Turchia possono adattarsi.

Non credo poi che il governo inglese voglia se-guire il consiglio dell'Economist di cancellare i suoi c r e d i t i verso gli alleati.

Invece è più facile che le singole nazioni possano fare operazioni finanziarie presso Nazioni neutrali, come la Svizzera e l'Olanda.

8 giugno 1919 — N. 23 53

Monopoli

Vari p a r l a m e n t a r i pensano che i monopoli statali di articoli di grande consumo possano p r o c u r a r e allo Stato grossi proventi, raccogliendo anche i guadagni dei c o m m e r c i a n t i ; ma io non divido tale ottimismo perchè, mentre si s o p p r i m e r e b b e r o i guadagni sotto-posti a tassazione di una numerosa classe di persone, non si potrebbe evitare la spesa del n u m e r o s o per-sonale burocratico che dovrebbe farne le veci.

Il Ministro delle finanze, insieme al cessato Mini-stro del tesoro, on. Nitti grande fautore dei monopoli, progettò col decreto Luogotenenziale del 18 novembre 1918, da convertirsi in legge dal Parlamento, i seguenti monopoli di approvvigionamento e vendita: 1) caffè e suoi surrogati; 2) the ; 3) zucchero ; 4) petrolio, ben-zina, parafina ed altri olii minerali; 5) c a r b o n fossile 6) alcool d e n a t u r a t o ; 7) materie esplodenti; 8) lampa-dine elettriche, oltre al monopolio di produzione del m e r c u r i o e chinino.

I monopoli più importanti sono quelli del carbone, dello zucchero e del caffè. Del carbone p r i m a della guerra s'importavano annualmente circa 12 milioni di tonnellate di cui circa q u a t t r o p e r la marina, ferrovie ed altri servizi statali: dai rimanenti otto milioni si calcolava ricavare, col monopolio, un centinaid di mi-lioni, ma di f r o n t e alie proteste ed al danno che ne a v r e b b e r o subito le industrie nazionali ne fu abban-donata l'attuazione.

Per lo zucchero esiste un regime speciale. Lo Stato 10 acquista dagli industriali ad un dato prezzo, lo ca rica di una tassa e sopratassa e mette in vendita ad un dato prezzo. Il consumo annuale per abitante, che nel 1900 era meno di tre kg. era salito a circa 7 kg.: 11 consumo che era di 1,910,000 quintali nell'esercizio 1913-14 si era elevato nel 1914-15 a due milioni 380 mila: la produzione è più o meno abbondante" secondo l'estensione coltivata a barbabietole, 450 mila ettari nel 1916 ed 1 milione e 800 mila quintali di zucchero) e secondo l'andamento della stagione. Così nel 1915 f u r o n o coltivate 82 mila ettari a barbabietole, con una produzione di oltre 3 milioni di quintali di zuc-chero s u p e r i o r e al consumo. Nel 1916 la produzione, stante l'influenza della stagione e la diminuita esten-sione delle barbabietole, fu di soli 1 milione e 400 mila quintali che si dovette completare con la saccarina e con l'importazione di 200 mila quintali di zucchero estero con grave danno della finanza. A pace con-chiusa il consumo che s u p e r e r à i 2 milioni di quin-tali dovrà ottenersi tutto dalla produzione interna. Lo zucchero p r i m a delle guerra, valeva 145 lire al quintale di cui 76,15 di tassa di fabbricazione an-davano allo Stato e circa 68 rappresentavano il costo di produzione e l'utile dell'industriale.

Con d e c r e t o Luogotenenziale del 5 s e t t e m b r e 1915 fu applicata una sopratassa di L. 5 al quintale, elevata con d e c r e t o del 31 agosto 1917 a L. 17, e con altro decreto 18 ottobre 1917 a L. 62 con che il costo dello zucchero da 145 si elevava a L. 225 cioè 86,85 costo di produzione e L. 138,15 tassa e sopratassa. Con de-creto 13 novembre 1917 la sopratassa fu elevata a 140 ed il costo dello zucchero fu portato a L. 445 al quin-tale, di cui 6,75 p e r compenso alle rivendite L. 216,15 tassa e sopratassa, e L. 222 costo di produzione.

Così all'aumento del prezzo dello zucchero hanno contribuito due elementi; il costo di produzione, che da 68 è passato a L. 222 per quintale, e la tassa che da 76,15 è salita a L. 216,15 p e r quintale.

Supponendo tutte le limitazioni al c o n s u m o dello zucchero, questo potrà elevarsi ad oltre 2 milioni di quintali e supponendo che il costo di produzione si abbassi verso le 100 lire al quintale, lo Stato potrà diminuire il prezzo di vendita ed avere un ricavo di oltre 500 milioni all'anno.

Del caffè prima della g u e r r a se ne importavano circa 300 mila quintali annualmente, gravati da un diritto di dogana di 130 lire al quintale; ma il con-sumo è andato aumentando, f o r s e pel maggior uso da parte dei militari e pel fatto che è ancora una delle L'ECONOMISTA

1. Vecchi debiti anteriori alla 1. Vecchi debiti anteriori alla g u e r r a

2. Prestiti Nazionali contratti d u r a n t e la guerra

3. Buoni del tesoro ordinari 4. Buoni del tesoro 5 per cento triennali o quinquennali

5. Buoni del tesoro all'estero e crediti degli Stati Uniti 4,50 per cento

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8 giugno 1919 — N. 2353 L'ECONOMISTA bibite più economiche; nei primi dieci mesi

dell'eser-cizio 1918-18 se ne importarono 442 mila quintali, che pagano 130 lire al quintale di dazio più L. 50 sotto forma di tassa di consumo, istituita con Decreto Luo-gotenenziale 13 maggio 1917. A tale proposito il Mini-stro delle Finanze, nella sua relazione pari data, così si esprime :

« A parte ogni questione dottrinale sull'utilità eco-nomica dei monopoli e sulla opportunità di avviare la finanza sopra una tale direttiva, facili e rapide in-dagini hanno potuto persuadere il Governo che la proposta di una statizzazione, sia degli acquisti ossia anche della sola vendita del caffè, non si presenta attuabile per lo meno al presente ». Ed il Ministro si difìonde poi ad e s p o r r e le difficoltà d'ordine tecnico e quelle commerciali dipendenti specialmente dalle oscillazioni dei prezzi. Non crediamo aggiungere altro ma solo osservare come un maggiore provento si ot-terrebbe coll'aumentare la tassa di consumo senza bisogno di monopolio.

Degli altri monopoli minori progettati non è il caso di occuparsi perchè le materie in questione sono già soggette a tasse ed il cambiamento di percezione non porterebbe grandi vantaggi.

P r o p o s t a pericolosa

Il rimborso delle spese di guerra mediante prele-vamenti sul capitale è un'idea vagheggiata special-mente dai socialisti, i quali vorrebbero così dare un primo colpo al capitalismo. L'idea fu combattuta in-vece da un socialista francese nel recente congresso socialista di Berna, ove sostenne che un imposta sul capitale ha per effetto di farlo sparire e di emigrare all'estero.

In Italia ove la proprietà t e r r e n i e fabbricati è suddivisa fra 3,800 mila ditte, ove i patrimoni infe-riori a 50 mila lire arrivano, nel loro valore comples sivo, a circa la metà del patrimonio sociale, un pre-lievo di soli 30 miliardi porterebbe uno sconcerto nell'economia pubblica nazionale e privata. Noi dob-biamo anzi favorire la formazione del capitale, salvo a colpirlo nel suo reddito quando questo è già in circolazione.

Indennità .di guerra

Sembra si sia stabilito che la Germania debba pa-gare una prima indennità di 125 miliardi, di cui i primi 20 debbano destinarsi ai risarcimenti delle Pro vincie francesi invase ed al pagamento di viveri im-portati in Germania; sul rimanente da pagarsi in vari anni, alla Francia sarebbe assegnato il 55 per cento ed all'Italia il 7 e mezzo per c e n t o : quota questa li-mitata indipendentemente dalla possibilità per la Ger-mania di pagare una così grossa indenniià.

Verso l'Austria la questione dell'indennità è p u r e difficile date le sue minore risorse qd il fatto che parte delle Provincie che la componevano sono ri-sorte come Stati amici. Pertanto la indennità deve considerarsi come entrata eventuale.

Rimane dunque da provvedere coi metodi vecchi ma sempre convenienti dei prestiti, delle tasse, delle economie.

Noi abbiamo considerato il bilancio 1918-19 e quello del 1919-20 come bilancio di pace, provvedendo al bi-lancio ordinario con entrata ordinaria ed alle spese straordinarie, portate dallo stato transitorio attuale, con prestiti. Inoltre non abbiamo tenuto calcolo delle nuove Provincie redente pensando che ai loro biso-gni basteranno i contributi da esse provenienti.

Noi abbiamo una grande risorsa nei proventi delle tasse indirette e specialmente nelle privative e tasse di fabbricazione perchè la popolazione italiana, oggi • 40 milioni, cresce annualmente di più di mezzo milione (prima della guerra l'eccedenza delle nascite sui morti era del 14 per mille).

E supponendo che una metà vada all'estero, l'altra metà produce e consuma; così è certo che, tolte le imitazioni del tesseramento, avremo un aumento nel Provento dello zucchero, caffè, tabacco fiammiferi.

205 E' vero che nel 1921 cesseranno gli ingenti proventi dei sopraprofìtti ed altri per circa 900 milioni, ma saranno compensati dalla ricchezza mobile sui 4 mi-liardi di nuovo capitale azionario emesso e sulle nu-merose industrie sviluppatesi, dal dazio del grano di circa 130 milioni, dalla riforma finanziaria, progettata dall'on. Meda di cui quest'anno si è avuto un primo saggio nell'imposta di circolazione sul vino, non nella forma progettala dalla Commissione del dopo guerra ma in quella più pratica, studiata dai commercianti-ma più che tutto avremo l'incremento naturale di tutti i contributi che .prima della guerra si verificava in misura del 3 al 4 per cento delle entrate.

Io credo poi che la necessità impone una riforma dei nostri ordinamenti amministrativi. Si grida contro la burocrazia, ma la colpa è anche della eccessiva re-golamentazione e delle eccessive formalità che si ri-ciehdono per ogni più semplice atto. Basti questo esempio: così pel pagamento di un sussidio di L. 200 ad un asilo d'infanzia della mia Provincia, deliberato dal Ministero dell'Interno, è stato necessario: l ) c b e la Divisione amministrativa ne faccia richiesta di emissione; 2) che la Ragioneria la esamini e se la trova regolare emetta il m a n d a t o , 3) la Corte dei conti esamina se sta bene ed invia alla Direzione Ge-nerale del Tesoro, Div. IV, per l'ammissione al paga-m e n t o ; 4) questa invia il paga-mandato alla Delegazione del tesoro, la quale se il pagamento è esigibile all'Uf-ficio postale, lo deve rimettere a questo pel tramite della direzione postale. (Ufficio Ragioneria).

Anche una riforma degli organi di controllo, come la Corte dei Conti, è necessario poiché essa stessa nella sua relazione riconosce di non poter corrispon-dere al suo mandato.

Gli aumenti per caro-viveri ed altri compensi dif-ficilmente potranno essere aboliti anche se cesseranno le cause del disagio della vita, ma in ogni modo una economia si potrà attuare semplificando le funzioni e quindi diminuendo i funzionari.

Ma un vantaggio .dei futuri bilanci si avrà colla di-minuzione degli oneri del nostro debito costituito in parte da buoni del tesoro il cui interesse al loro ca-d e r e potrà essere abbassato ca-dal 5 al 4 mentre noi vediamo che il prestito emesso ad 86 è ora a 92 e si avvia alla pari e quindi ad una possibile conversione

Ma se anche per alcuni esercizi avremo un deficit di qualche centinaio di milioni che potremo chiudere con prestiti (il risparmio nazionale si calcola in 2 mi-liardi all'anno) se vi sono punti oscuri come l'eccesso di circolazione e la crescente spesa delle ferrovie, abbiamo anche nuove ricchezze da far f r u t t a r e esten-dendo specialmente Te irrigazioni, le bonifiche e l'ap-plicazione delle forze idrauliche.

Noi dobbiamo ripensare ai più difficili periodi at-traversati nel campo politico, economico e finanziario nei primi tempi del Regno d'Italia, e questo ci deve incoraggiare a proseguire con nuova lena; ma per questo occorre pace esterna ed interna, spirito di eco-nomia e di sacrifizio, qualità queste che il popolo ita-liano ha saputo dimostrare.

I n g . G . C O R N I A N I Deputato al Parlamento.

Un industriale liberista.

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266 L'ECONOMISTA 8 giugno 1919 — N. 23 53 ad adattarsi, per non essere travolto, ad un regime

di libero scambio. Ciò dovrebbe essere più che altro nella mente dei capitalisti internazionali che mani-polano la pace e la f u t u r a Società delle Nazioni.

Ed ecco ciò che ha detto il coraggioso industriale. L'industria automobilistica ha v e r a m e n t e costituito un vanto nazionale d u r a n t e la guerra. Le statistiche ufficiali relative d i m o s t r a n o come l'esportazione che nel 1913 era stata di L. 34.180.937, salì nel 1917 a lire 114.978.805.

La sola Fiat f o r n ì ai Governi Alleati oltre 50.000 veicoli.

P e r c h è questa magnifica attività non abbia ora a subire un'improvvisa paralisi, ma continui a svolgersi doppiamente benefica a vantaggio dell'industria e del lavoro pacifico o c c o r r e r r à che il c o m m e r c i o inter-nazionale non venga ostacolato dalle b a r r i e r e doga-nali. Se non che, in c o n t r a s t o coi principi fondamen-tali della Società delle Nazioni, e nell'atto stesso in cui le Potenze Alleate sembrano dedicare i loro sforzi a s t r i n g e r e i legami che uniscono le Nazioni, alcune di esse stanno escogitando u h modo infallibile per dividere gli animi, mediante il m a n t e n i m e n t o è l'in-troduzione di tariffe proibitive che prima della g u e r r a e r a n o sconosciute.

Questa tendenza si manifesta in Francia, in Inghil-t e r r a , nell'Impero BriInghil-tannico, nel Belgio,"nell'Argen-tina, ecc., specialmente p e r r i g u a r d o ai dazi sugli au-tomobili, m e n t r e negli Stati Uniti non vi è indizio che le fortissime tariffe attuali abbiano a venire ri dotte.

Suppongasi una vettura automobile del peso di 1000 chilogrammi e del valore medio di Lire Ital. 10,000; il dazio di importazione a cui sarebbe soggetta nei varii Paesi è il seguente :

Francia (il 70 % ad valorem) . Canadà (35 % tariffa generale, più una

tassa speciale di g u e r r a sul prezzo di vendita pari al 7 1/2 % ed inoltre il 10 % p e r extra dogana) . . . .

Inghilterra (il 33 % ad valorem) Argentina (25 % più 7 % ) ,

Stati Uniti (il 3 0 % e il 15 % se di valore

s u p e r i o r e a 2000 doli.) . . . .

Belgio (Fr. 80 per 100 kg.) . . . .

m e n t r e in Italia vettura fino a 100 kg.

L. 7000 5250 3300 3200 3000 800 400 Come se queste cifre non f o s s e r o sufficientemente proibitive, è venuta anche la minaccia del « contin-gentamento », per cui il Belgio e l'Inghilterra, ad es., p e r m e t t e r e b b e r o di i m p o r t a r e solo il 100 per cento od il 50 p e r cento delle automobili che si i m p o r t a r o n o nel 1913, m e n t r e l'industria automobilistica si a p p r e sta a quintuplicare e decuplicare la produzione, come da noi in Italia.

Voci recenti p a r l a n o a d d i r i t t u r a della proibizione di importazione di m e r c i non b r i t a n n i c h e in Australia, ossia nel Dominion più i m p o r t a n t e dal punto di vi-sta automobilistico.

Se questo stato di cose non dovesse venire pro-f o n d a m e n t e modipro-ficato, l'Italia a v r e b b e validissime r a g ' o n i di equità e di fatto per elevare una dignitosa p r o t e s t a .

In p r i m o luogo essa ha fatto la g u e r r a in difesa dei principi democratici, e codesto nuovo protezio-nismo costituisce p e r essa un'offesa e quasi una sfida, inquantochè s a r e b b e ben lungi dal rafforzare i vin-coli di solidarietà e di fratellanza che la guerra ha c r e a t o f r a le Nazioni Alleate.

In secondo luogo le b u o n e consuetudini interna-zionali vogliono che, a l l o r q u a n d o un Paese ha lo svan-taggio di i m p o r t a r e in misura assai maggiore di q u a n t o esso non esporti, spetti ai Paesi che da queste con dizioni r i t r a g g o n o così notevoli profitti, il favorire con speciali tariffe doganali la Nazione di scarsa espor fazione. Ora l'Italia rispetto ai Paesi che abbiamo so-p r a citati, trovasi nelle condizioni esso-presse da se-guenti d a t i : Esportazione Impotazione in Italia dall'Italia 1317 1917 Stati Uniti L. 3.144.651.647 L. 179.700.271 Inghilterra » 1.565,498.162 » 324.477.192 Francia » 645.1.36.358 » 589.690.247 India Inglese » 693.527.960 » 48.689.645

L'Italia ha non solo diritto, come appare da que-ste cifre, ma bisogno urgentissimo che non siano fru-strati gli sforzi coi quali la sua industria si adopera a ristabilire codesta bilancia commerciale.

Essa non possiede ricchezze che le consentano di bastare, sia p u r e approssimativamente, ai bisogni della sua n u m e r o s a popolazione, come è il caso p e r la Francia, p e r la Spagna, p e r l'Inghilterra, p e r gli Stati Uniti, ecc.

Il c a r b o n e ad es., il quale costa in Inghilterra circa 35 lire la tonnellata è quotato, in Italia ufficialmente a L. 100, m e n t r e poi, in realtà chi vuol acquistarselo deve pagarlo il doppio e anche più !

La ghisa, tipo foneria, che si vendeva in Inghil t e r r a a L. 150 la tonn., è quotata in Italia ufficialmente a L. 320.

Le b a r r e di acciaio e f e r r o , invece di 50 lire alla tonn., si c o m p r a n o in Italia a L. 800.

E lo stesso dicasi per lo zinco, pel r a m e , p e r lo stagno, che noi paghiamo rispettivamente al prezzo incredibile di L. 2250, 4500, 9000 alla tonn. (e si tratta di quotazione ufficiali).

A questa p e n u r i a di m a t e r i e prime, fa poi stri-dente c o n t r a s t o l'aumento costante della popolazione. Si c o n f r o n t i ad es., la popolazione media p e r chilo-m e t r o q u a d r a t o degli Stati seguenti:

abitanti per chilometro quadrato

Italia . . . . 124,1 F r a n c i a . . . 74,7 S p a g n a . . . . 40,4 Stati Uniti . . 113,3

Solo mediante u n a grandissima attività industriale, a cui offra stimolo una r e m u n e r a t i v a esportazione, può l'Italia c o n t r a s t a r e al pericolo di affamamento i n e r e n t e a codesta s p r o p o r z i o n e f r a la sua ricchezza e le sue condizioni demografiche.

Prima della g u e r r a l'Italia potè cercare nella emi-grazione se non il rimedio, almeno un palliativo a queste condizioni; le statistiche attestano come l'e-s t r e m a indigenza (poiché tale fu l'e-sin qui il c a r a t t e r e della emigrazione italiana a differenza di quella dei Paesi aventi un livello culturale più alto del nostro) spingesse a n n u a l m e n t e una media di 2464 italiani su 100,000 a c e r c a r e f u o r i di patria il loro sostenta-mento. (Nel 1913 e m i g r a r o n o dall' Italia 872,598 re-gnicoli).

Oggi anche l'emigrazione è c e s s a t a : alcuni Paesi, come gli Stati Uniti la vietano a d d i r i t t u r a . Mi dica lei di che cosa vivrà l'Italia se si m e t t e r a n n o gli ita-liani in condizioni di non p o t e r lavorare e guadagnarsi il pane nè in casa nè f u o r i di casa.

— Certo la situazione d i v e r r e b b e o l t r e m o d o critica, specialmente in vista della smobilitazione di altre classi.

— Ma s i c u r o ! Mentre si minaccia di toglierci il lavoro, aumenta la disoccupazione ed a u m e n t a n o le richieste degli o p e r a i come conseguenza degli au-menti del costo della vita.

— Quali sono i salari attuali della Fiat'?

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L'ECONOMISTA 267 Ora con la concessione delle 8 ore di lavoro e

del 10 per cento in più sui cottimi degli operai, l'au-mento complessivo su queste cifre è stato del 15 p e r cento.

Io mi auguro che questi miglioramenti diano in tera all'operaio nostro, bravo e volonteroso, la co scienza del p r o p r i o dovere n e l l ' i n t e r e s s e generale : della produzione. Mi auguro p u r e che le altre ore I libere il nostro operaio le impieghi in cose utili alla I sua elevazioné morale, in guisa da non essere

infe-! riore all'operaio degli altri Paesi.

Ma vorrei pure che i governanti si r e n d e s s e r o pienamente ragione della necessità dell'Italia che le minacciate misure protezioniste non vengano t r a d o t t e in atto, visto che i primi colpiti, s a r e b b e r o gli operai che a diecine di migliaia v e r r e b b e r o ad essere pri-vati del lavoro.

— Insomma nella esportazione dei nostri manufatti

! lei vedrebbe il coefficente massimo a quello sviluppo

industriale indispensabile per un r a p i d o assetto eco-nomico dell'Italia?

— P e r f e t t a m e n t e : è l'unica possibilità a molte mi-gliaia di reduci dalla g u e r r a di lavorare e di vivere umanamente, provvedendo insieme al p r o p r i o decoro ed al risorgimento finanziario del Paese s t r e m a t o da tanti sacrifici di sangue e di ricchezze nazionali com-piuti per la causa comune.

Un Monte di Pietà durante la guerra.

I Monti di Pietà istitituiti verso il 1400 da muni-fiche persone o da enti di beneficenza allo scopo di fare la concorrenza agli ebrei che con esorbitanti usure taglieggiavano la povera gente, sono come un t e r m o m e t r o per m i s u r a r la miseria.

II p r i m o Monte di Pietà venne fondato in Italia da un Papa. Un gruppo di cospicui cittadini f o r n ì il ca-pitale: a coloro che r i c o r r e v a n o al Monte era fatto ,, pagare un interesse sufficiente a c o p r i r e le p u r e spese. La famiglia Medici aiutò questa iniziativa, e una de-rivazione del loro stemma — t r e palle d ' o r o — venne poi adottata come s t e m m a di quasi tutti i Monti di Pietà del mondo.

L ' i m p r e s a ebbe pieno successo e fu imitata subito in Olanda, in Francia, nella Spagna ed altrove, non però in Inghilterra. I Monti di Pietà e b b e r o varie vi-cissitudini, e non f u r o n o s e m p r e r i s p a r m i a t i in tempo di guerra, come il loro scopo filantropico p o t r e b b e far c r e d e r e . Napoleone li saccheggiò spietatamente quando p o r t ò le a r m i vittoriose in Italia, e un Papa dovette p o r r e a contribuzione i Monti di Pietà dei suoi Stati, per pagare la indennità imposta dal Còrso. I francesi, più tardi, c e r c a r o n o di r i m e d i a r e ai f u r t i napoleonici r e s t i t u e n d o g r a t u i t a m e n t e i piccoli pegni q u a n d o v e n n e r o in Italia, ma questa spoglia-zione dei Monti di Pietà in periodi di g u e r r a , ha ser-vito anche questa volta a far c o r r e r voci di un acqui-sto di tutto l'oro depositato nei Monti, da p a r t e del Governo, p e r g e n e r a r e un panico nei depositanti, au-mentandone le difficoltà e le angustie.

Nel Monte di Pietà di Ffirenze, si e b b e r o nel 1911, pegni oltrepassanti le L. 1000, in n u m e r o di 385, p e r L. 1.041.600, e nello stesso periodo 26.360 pegni da una lira e 85.553 da due lire. Nel 1907 i piccoli prestiti erano aumentati a 135.000, il che vuol dire che a quel tempo circa la metà della popolazione della città si trovava in condizioni tali da aver bisogno di com-piere una operazione di pegno per avere una o due lire. Il n u m e r o di cotali pegni era asceso a 115.000 nel 1911 e alla metà circa nel 1916. D u r a n t e gli anni della g u e r r a essi sono venuti s e m p r e più d i m i n u e n d o per r i d u r s i a poche centinaia nel 1918. Infatti m e n t r e il pubblico nel 1911 con 348.000 prestiti richiedeva un capitale di L. 7.500.000, oggi con appena 80.000 prestiti chiede 3 milioni e mezzo.

Mentre quindi da una p a r t e migliaia di abitanti hanno t r o v a t o altrove i 4 milioni di differenza che prima richiedeva dal Monte di Pietà, si nota che la

proporzione f r a il capitale e il n u m e r o dei prestiti aumenta in modo da dare una media di prestiti di valore assai s u p e r i o r e alla una e due lire richieste negli anni precedenti.

Infatti il p r e s t i t o più comune che in qualunque anno vien c o n f e r m a t o dalle statistiche è quello da 2 a 10 lire.

Nella categoria da 10 a 20 lire si ha già una mi-n o r e percemi-ntuale, imi-nfatti questi mi-nomi-n r a p p r e s e mi-n t a v a mi-n o nel 1907 che 1/8 di quelli. Il n u m e r o più grande di prestiti fu fatto nel 1907 con la categoria da due lire con l'enorme n u m e r o di 105.356.

Ora, m e n t r e il n u m e r o dei prestiti di quasi tutte le categorie s u p e r i o r i alle 100 lire, si son mantenuti negli ultimi anni pressoché stazionari (la diminuzione tra il 1907 ed il 1918 è di appena poche diecine) i pic-coli prestiti già diminuiti della metà e dei due terzi nel 19J6 sono in questi ultimi tempi quasi scomparsi.

La riforma tributaria.

La Nuova Antologia pubblica un articolo del mini-s t r o delle Finanze, on. Meda, intitolato: « La r i f o r m a della imposizione diretta nel disegno di legge presen-tato alla Camera italiana ».

L'on. Meda comincia n o t a n d o come, chi diceva, già p r i m a della guerra, riforma tributaria, intendeva quasi esclusivamente r i f e r i r s i alla r i f o r m a dei t r i b u t i d i r e t t i ; non era allora la situazione finanziaria ri-dotta, per il carico e n o r m e dei debiti e per il cre-sciuto costo di tutti i servizi statali, alle difficoltà, un tempo n e p p u r e pensabili, nelle quali ora noi ci d i b a t t i a m o ; e così si aveva ragione di c r e d e r e che un più m o d e r n o assetto della imposizione sui redditi dei cittadini avrebbe potuto r e c a r e l ' i n c r e m e n t o di entrate bastevole per i nuovi compiti della pubblica amministrazione, attuando in pari tempo una mag-giore giustizia distributiva. Oggi però, prosegue il Ministro, le cose sono ben m u t a t e ; onde la r i f o r m a tributaria, posta in r a p p o r t o alla necessità del Te-soro, d o v r e b b e concepirsi in un senso ben più a m p i o ; p e r c h è la imposizione diretta non è più in grado di costituire la base del bilancio: ma può soltanto mi-r a mi-r e sia ad una s e m p mi-r e più efficace pami-rtecipazione agli oneri generali; sia ad una funzione perequativa, in quanto si p r e s t a agevolvente, a differenza d'ogni altro genere di tributo, a colpire la ricchezza con m i s u r a progressiva. Il disegno di legge p r e s e n t a t o testé alla Camera non deve d u n q u e essere giudicato alla stregua della sua efficienza r e s t a u r a t r i c e della finanza statale; p e r c h è da q u e s t o p u n t o di vista si illuderebbe pericolosamente chi vi facesse s o p r a un grande a s s e g n a m e n t o : p u r t r o p p o taluni c r e d o n o , o lasciano c r e d e r e , essere possibile far piovere nelle casse dello Stato quanti milioni si desiderino pren-dendoli presso chi li ha : ma non sono simili conce-zioni altro se non il f r u t t o di un grossolano empi-rismo, m e n t r e la verità è ben diversa ; la verità è che, p r e s c i n d e n d o dalle audacie consentite in c e r t i periodi eccezionali quali sono i periodi di g u e r r a , il r e n d i m e n t o sicuro ed ascensionale delle imposte sui r e d d i t i sta in ragione diretta della organicità e della moderazione con cui sono foggiate, non m e n o che della rigorosità con cui se ne esige la applica-zione.

Il disegno di legge ha da essere quindi giudicato a p p u n t o come un p r o p o s i t o serio, m a t u r a t o in ogni suo aspetto, e s c a t u r i n o da uno studio esauriente della materia, di d a r e al n o s t r o Paese un sistema po sitivo, chiaro, non timido, ma insieme p r u d e n t e , di imposizione diretta, tale che da una parte rimuova le deficienze ed i vizii dei sistema vigente, e dall'al-l'altra lo completi coll'accoglimento dei principi or-mai acquisiti alla d o t t r i n a ed alla pratica finan-ziaria.

In Italia abbiamo p e r lo Stato delle imposte sui

redditi, non la imposta sul reddito; di più queste im

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po-268 8 giugno 1919 - N. 2353 stuiato che può atlermarsi ormai f u o r i di discussione,

si è che l'imposizione diretta tipica debba essere sul

reddito, cioè sul coacervo dei redditi, o, secondo una

parola dell'uso, globale; e c r e s c e r e in ragione

pro-gressiva del reddito imponibile, postulato già accolto

in parecchie legislazioni m o d e r n e e che da noi si è avuto il torto, finora, di a m m i r a r e e di applaudire, senza osarne la traduzione in atto.

L'on. Meda, spiega i motivi per i quali non si è seguita la via a p p a r e n t e m e n t e più semplice, quella cioè di s o p p r i m e r e le imposte d i r e t t e attuali, e di c r e a r e una unica imposta nuova sul r e d d i t o ; tale via s a r e b b e stata finanziariamente pericolosa; mentre, a tacere d'altro, la conservazione delle t r e imposte fon-damentali che noi possediamo, con basi di accerta-mento ben definite, presentava subito un risultato apprezzabile nel più alto g r a d o ; quello cioè di costi-t u i r e il primo e più i m p o r costi-t a n costi-t e f o n d a m e n costi-t o ; il p u n costi-t o di partenza, anzi di appoggio, per l'accertamento del reddito complessivo: cosicché dando, come il dise-•gno di legge dà, alla imposta progressiva sul reddito

c a r a t t e r e e funzione di imposta complementare d'una imposta normale la quale non è se non il riordina-mento razionale e la fusione logica delle tre imposte dirette già esistenti, si rende notevolmente più fa-cile, più rapida, più sicura nei suoi risultati la isti-tuzione della imposta stessa sul reddito.

L'articolo contiene poi una sintetica esposizione ed illustrazione polemica dei criteri direttivi fonda-mentali a cui si ispira il disegno di legge; ed il Mi-nistro conchiude e s p r i m e n d o l'augurio che esso possa venire discusso ed adottato con tutti i perfeziona-menti che il c o r p o legislativo v o r r à a p p o r t a r v i ; au-gurio alla cui realizzazione c r e d e p e r ò sia necessario c o n c o r r a , nella pubblica opinione e nell'alteggiamento dei partiti, la buona disposizione ad accettare due principi di senso c o m u n e ; e cioè: per gli uni, che il meglio è nemico del bene; p e r gli altri, che il d a r e a t e m p o evita il d a r e di più.

S P U N T I ED A P P U N T I

1. Mentre in Italia si parla molto di dividere le t e r r e ai contadini, la Francia tende a r i m e m b r a r l e , cioè r i u n i r l e per poi r i p a r t i r l e più economicamente, in r a p p o r t o alla c u l t u r a m o d e r n a , specialmente mecca-nica, che tanta importanza d o v r à avere dopo la g u e r r a e guasi vi costringe i p r o p r i e t a r i i . E p p u r e non può dirsi che la Francia abbia una agricoltura non svi-luppata o non curata dal g o v e r n o !

2. L'imposta sui sopraprofitti di guerra, con gli a r r e t r a t i e coi r e d d i t i del c o r r e n t e anno, r e n d e r à circa due m i l i a r d i : di essa le provincie che più con-t r i b u i r o n o sono Milano con 421 milioni, Genova 349, T o r i n o 264 e poi Roma con 74, Napoli con 58 e No-vara con 56: cioè le p r i m e tre con più di un miliardo e le p r i m e sei con 1, 2 miliardi. Questo è un notevo-lissimo indice dello s p o s t a m e n t o di ricchezza, che la g u e r r a ha o p e r a t o f r a le varie regioni e f r a le classi di occupazione e quelle di distribuzione. E' da augu-r a augu-r e che vengano pubblicati più minuti dati e vengano elaborati dagli studiosi. Tale imposta pare abbia reso in F r a n c i a anche 2 miliardi e in I n g h i l t e r r a ben 16. 3. « In un p e r i o d o come questo, m e n t r e o c c o r r e p r e p a r a r s i a demolire, ma anche a c o s t r u i r e , è un fatto confortevole l'adesione dei capitecnici, disegna-tori, ingegneri, ecc. alle Camere del Lavoro. Non si d o v r e b b e r o più a v e r e certe prevenzioni c o n t r o i così detti intellettuali ».

« In ogni parte d'Italia è un susseguirsi di scioperi, che, a n c h e q u a n d o si appalesano inopportuni, atte-stano un disagio spirituale c e r t a m e n t e più acuto ed e s a s p e r a n t e dello stesso malessere economico ».

Queste due frasi, di un giornale socialista, mi pa-iono degne di molta considerazione, sebbene in due diversi o r d i n i di i d e e : degne di considerazione in sè ed in r a p p o r t o al c a r a t t e r e del giornale che le pub-blica.

4. Demografia impolitica!

La pubblicazione dei dati del movimento della popolazione francese negli anni di g u e r r a (dati dai quali risulta c h e o r a m a i già l'Italia ha s u p e r a t o per n u m e r o di abitanti la sorella latina) è fatta molto a proposito in questo m o m e n t o politico, almeno dal punto di vista francese. Per noi è l'opposto!

5. Mi p e r m e t t o dissentire dal mio m a e s t r o Einaudi. 10 stamperei sui biglietti dei t r a m s : « costo nor-male 0,15 0,15 a u m e n t o salarii »: in tal modo il c o n s u m a t o r e del servizio si convincerebbe che l'au-mento è d o v u t o a quella ragione: e sarebbe educare il contribuente, facendogli leggere che l'aumento è dovuto a quella r a g i o n e ; e lo Stato imponga gli au-m e n t i : chi sa che, scudisciati così, i c o n t r i b u e n t i e c o n s u m a t o r i non si sveglino?

Non è poi a meravigliare che lo Stato a s s u m e r à le t r a m v i e : piuttosto è da segnalare quali f o r m e di pro-duzione ancora non passano allo Stato.

6. Il conto del tesoro al 31 m a r z o aveva un'attivo di 13 miliardi (uno in cassa e dodici di c r e d i t o verso i varii ministeri) ed un deficit di 13, f o r m a n t i un passivo di 26. dovuto per 13 a buoni del t e s o r o , .5 ad anticipazione di banche, ed uno per ognuna delle par lite di biglietti di banca, di Stato, Cassa Depositi, Debito Pubblico, ecc).

7. Secondo recenti statistiche le varie nazioni hanno a u m e n t a t o la circolazione cartacea d u r a n t e la g u e r r a così:

I n g h i l t e r r a da 30 a 393 miliardi, Francia da 6 a 30, Italia da 3 a 13, Germania da 3 a 33, Austria da 3 a 35 cioè l ' h a n n o moltiplicata p e r 13, 5, 4, 11 e 12. Esclu-dendo quello r i g u a r d a n t e l'Inghilterra, che ha condì zioni speciali, queste cifre dicono molto.

8. Anche gli enti pubblici c o n t r o lo S t a t o ? 11 consiglio provinciale di Genova, la provincia più i m p o r t a n t e pel c o m m e r c i o nazionale, ha votato un'or-dine del giorno c o n t r o la burocrazia militare com-m e r c i a n t e p e r conto dello Stato e c o n t r o il- d i s o r d i n e amministrativo. G. C.

NOTE ECONOMICHE E FINANZIARIE

Circolazione c a r t a c e a . — Le condizioni della

cir-colazione dei biglietti di Banca h a n n o dato a r g o m e n t o alla stampa ad osservazioni e deduzioni che m e r i t a n o qualche c h i a r i m e n t o p e r ristabilire lo stato reale delle cose.

La massa dei biglietti bancari circolanti che al 31 dicembre ascendeva a undici miliardi e 750 milioni, era salita al 20 maggio d e c o r s o a undici miliardi e 999 milioni, con un a u m e n t o complessivo di 249 mi-lioni di lire. Distinguendo la circolazione bancaria emessa p e r conto del c o m m e r c i o da quella p e r conto dello Stato, risulta che la p r i m a , fra le due date, era notabilmente diminuita, m e n t r e quella per c o n t o dello Stato era a u m e n t a t a p e r circa un miliardo.

Ora qui è bene di p o r r e in rilievo che l'aumento avvenuto in tale circolazione di biglietti degli Istituti di emissione a carico dello Stato devesi soltanto nella m i n o r porzione a bisogni di cassa, e non r a p p r e s e n t a se non l'utilizzazione di una p a r t e delle anticipazioni s t r a o r d i n a r i e autorizzate a n c o r a nel 1918 nessuna nuova emissione essendo stata consentita posterior-mente.

Soltanto nel gennaio e nel marzo del c o r r e n t e anno, in c o r r i s p o n d e n z a con il notevole i n c r e m e n t o delle liquidazioni belliche, si fece r i c o r s o alle antici-pazioni stesse p e r un a m m o n t a r e complessivo di soli 305 milioni. La gran massa delle nuove emissioni, per un a m m o n t a r e di circa 630 milioni è conseguenza diretta del r i t i r o dei noti buoni della Cassa Veneta, del r i s c a t t o delle c o r o n e a u s t r o - u n g a r i c h e che trova-vansi nelle provincie r e d e n t e e nelle provincie già invase dal nemico e dei r i m b o r s i in lire n o s t r e con-ceduti ai prigionieri di g u e r r a d e t e n t o r i di corone.

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8 giugno 1919 — N. 2353 L'ECONOMISTA delle corone, poco si discosti dalla quota dei biglietti

bancari che sarebbe spettata alla Venezia Giulia e al Trentino, con l'Alto Adige, p r o p o r z i o n a l m e n t e alle altre provincie del Regno, p r e n d e n d o per base la circolazione esistente al 31 dicembre. Ma. indipenden-t e m e n indipenden-t e da ciò, è c e r indipenden-t o che con la nuova emissione di biglietti di Banca italiani si è avuto un migliora-mento molto sensibile nella circolazione cartacea com-plessiva, essendosi tolta dal n o s t r o m e r c a t o una quan-tità assai, ma assai più considerevole di biglietti di emissione austriaca deprezzantissimi, che vi pesavano gravemente. La sistemazione della valuta non avrebbe potuto compiersi in modo diverso.

Gettito delle imposte. — Dai ruoli pubblicati fino

a quelli di prima serie 1918, risulta che il gettito della imposta e della sovrimposta sui nuovi e mag-giori redditi realizzati in conseguenza della g u e r r a , è salito a L. 1.570.019.185.

Di quesia somma L. 594.447.306si riferiscono ai dicias-sette mesi del p r i m o periodo (1919-1915) q u a n d o le aliquote non erano ancora state elevate; L. 663 386.371 al secondo p e r i o d o (1916); L. 309.049.799 al terzo pe riodo (1917); e sole 135.707 al q u a r t o p e r i o d o (1918) per il quale gli a c c e r t a m e n t i sono appena incomin-ciati : anche relativamente al secondo ed al terzo pe riodo sono ancora pendenti molte c o n t r o v e r s i e onde, tenendo conto degli a r r e t r a t i e dell'annata 1919, du-rante la quale il t r i b u t o eccezionale ha ancora vali-dità, è lecito p r e s u m e r e che si a r r i v e r à ai due mi-liardi di gettito, cifra che, se r a p p r e s e n t a un risultato non disprezzabile, giova riconoscere non essere cor-rispondente all'effettivo movimento economico p r ò dotto dalla g u e r r a ; il che deve i m p u t a r s i alla insuf-ficienza numerica del personale di cui l'amministra-zione finanziaria ha dovuto servirsi.

Quasi due terzi dell'intero gettito sono dati dalle tre Provincie di Milano (L. 421.164 390), Genova (lire 349.223.243) e T o r i n o (L. 264.538.988). Seguono la Pro-vincia di Roma col gettito di L. 73.804.492, quella di Na-poli con L. 58.263.347 e quella di Novara con L. 55.741.584-Tutte le altre Provincie sono al disotto dei 50 milioni. Como e Firenze s u p e r a n o tuttavia i 30 milioni, la prima con L. 39.540.574 la seconda con L. 34.834.715 : Brescia, Pavia e Bergamo si aggirano i n t o r n o ai 20 mi boni ; Bologna ai 13; Livorno e Venezia ai 12; Fer-rara, Cremona e Catania agli 8 ; Mantova, Verona, Pa-lermo, Bari, Cuneo e Reggio Emilia ai 7 ; Alessandria dà 6 milioni e mezzo ; Modena, Parma, Udine e Porto Maurizio sono tra i 5 e 6 milioni ; Lecce, Messina e Siena tra i 4 e i 5; Caserta, Vicenza, Rovigo, Piacenza Ancona, Girgenti, Lucca, Perugia, fra i 3 ed i 4; Pa-dova, Salerno, Foggia e Forlì f r a i due ed i tre. Le rimanenti Provincie vanno d e c r e s c e n d o da L. 1.950.000 con Arezzo fino a L. 200.678 con T e r a m o .

Per la libertà dei traffici. — L'on. Luigi Luzzatti

è stato intervistato sulla Conferenza di Parigi, e par-ticolarmente sulle questioni economiche e finanziarie connesse alla Conferenza. L'on. Luzzatti ha d e t t o :

8 La g u e r r a insieme combattuta dagli Alleati con sì

telici effetti aveva abbozzato un principio di f r o n t e unico finanziario ed economico, che la pace sta per cancellare. Questo temevo, ed è p e r ciò che, per il cambio ed altre vitali questioni, ho sostenuto la tesi che bisognava profittare della g u e r r a p e r f o n d a r e isti-tuzioni economiche e finanziarie sopravviventi nel periodo della pace. La g u e r r a sprigionò t r a gli Alleati nobili qualità, delle quali poi in tempi meno gravi si perde la traccia ». I n t e r r o g a t o sull'atteggiamento della Francia a n o s t r o r i g u a r d o , l'ex-presidente del Consi-glio ha soggiunto: « Tanto in Francia q u a n t o in Ita-lia i Governi parlano dell'opportunità di- r i d o n a r e ai traffici internazionali il loro libero svolgimento. II danno che ebbe l'Italia dagli ostacoli posti alle espor-tazioni non è abbastanza conosciuto, e si r i v e r b e r a nell'asprezza del cambi, della quale fu una delle ra-gioni principali. In un m o m e n t o di ansia, in cui la Francia, per mezzo della sua Commissione parlamen- i tare, voleva alzare i dazi, colpendo specialmente le |

importazioni italiane, si minacciò di f e r i r e lo spirito degli accordi dei 1898, dieci anni dopo la loro con-clusione. Era pure allora presidente del Consiglio "lernenceau. Gli esposi, per incarico del ministro de-gli Esteri, Tittoni, la gravezza delle conseguenze e la possibilità di una nuova guerra doganale, e Clemen-ceau, forte, ma più sereno di oggidì, mi aiutò, insieme coll'ambasciatore B a r r è r e , ' a t r a r r e illeso dal nuovo pericolo l'accordo del 1898. Speriamo che cosi avvenga anche nel nuovo guaio che ora lo assale. In un note-vole discorso fatto ora dal ministro delle Finanze al Senato francese, è annunziato un grave aumento delle tariffe doganali. Ai vecchi dazi si aggiungerebbero diritti supplementari sui valori delle merci introdotte e se ne attendono duecento milioni di franchi a fa-vore dell'erario. Qui non si t r a t t a più di congetture, ma di una notizia ufficiale e chiara. Naturalmente ì Parlamenti alleati, anziché avvicinarsi ad accordi do-ganali più facili, si m e t t e r e b b e r o sulla via dei reci-proci colpi bene assestati colle inasprite tariffe do ganali.

— Ma l e i — osservò il giornalista — parecchi anni o r sono si compiaceva di essere riuscito ad abolire in Italia e, coll'esempio nostro, anche altrove, i dazi

ad valore/li, t r a m u t a n d o l i in dazi specifici.

. — Sicuramente •— rispose l'on. Luzzatti. — Mi ri-cordo di aver fatto s o r r i d e r e un grande u o m o di Stato straniero, il principe Bismarck, quando gli dissi che gli e r r o r i dei dazi ad valorem erano f r e q u e n t i e più gravi delle oscillazioni della coscienza umana quando denunzia le entrate all'agente delle imposte. Il dazio protettivo, più che il valore di tutti i pro-dotti, riguarda la trasformazione del lavoro e del ca-pitale, all'infuori delle materie prime. E' evidente che i n t r o d u c e n d o in Europa i dazi ad valorem coi prezzi attuali gravissimi" delle cose, si passerebbe dal regime di una protezióne tollerabile alla proibizione. P e r esempio, mi giunge la notizia che si colpirebbero le automobili r i e n t r a n t i in Francia col dazio del 75 per cento del loro valore. Tutto questo spero che, c o m e altre volte, non avverrà, e poiché io sono di quelli che desiderano sinceramente la permanenza in Fran-cia degli effetti politici della alleanza militare e non possono essere sospettati di poca o dubbia amicizia verso la F'rancia, così mi sono indotto a par-lare chiaro in varii giornali, confidando in una solu zione più equa e serena di questi a r d u i p r o b l e m i che ci affaticano.

— E dei cambi non si ha t e m e r e che sì inaspriscano ancora di p i ù ?

— Anche per i cambi, malgrado le delusioni, man-tengo più che mai la m a antica proposta. La li b e r t à dei traffici internazionali — t e r m i n ò l'on. Luz-zatti — p o t r e b b e contribuire, q u a n t u n q u e non sia il fattore solo, a meglio assestarli. Ma come vuole che si creda alla libertà dei traffici internazionali con l'annunzio di dazi altissimi, somiglianti nei loro effetti a divieti di importazioni e di e s p o r t a z i o n i ?

La circolare ministeriale « delle organizzazioni in dustriali, padronali e operaie ». — Il decreto 17

no-v e m b r e 1918, n. 1911, stabilisce che i r a p p r e s e n t a n t i dei c o n d u t t o r i di opera e i r a p p r e s e n t a n t i dei lavo-r a t o lavo-r i nelle commissioni plavo-roposte agli Uffici di col-locamento registrati o istituiti per d e c r e t o reale, e i r a p p r e s e n t a n t i delle due classi nelle Commissioni co-munali e provinciali di avviamento al lavoro, siano nominati dalle rispettive organizzazioni ove queste esistano.

Con d e c r e t o 13 aprile 1919, n. 641, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 10 maggio c o r r e n t e n. 112, si dònno le n o r m e per la formazione, presso le prefet-ture, delle liste elettorali delle dette organizzazioni.

(8)

8 8 giugno 1919 - N. 2353 n. 1889, per l'esecuzione del decreto legge 23 agosto,

1917, n. 1450, c o n c e r n e n t e l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro in agricoltura. ,

Presso ogni p r e f e t t u r a debbono essere formati due distinti elenchi, uno delle organizzazioni industriali padronali e l'altro delle organizzazioni industriali ope raie esistenti nella provincia.

Le organizzazioni che si propongono esclusivamente la tutela professionale dei soci e che sono composte soltanto di persone appartenenti alla classe degli eser centi di aziende industriali, e, rispettivamente, gli ope. rai, qualora intendano essere inscritte nelle liste elet-torali della provincia, devono farne domanda in carta libera al Prefetto, entro il giorno 19 giugno prossimo. Alla domanda devono essere uniti i seguenti docu-menti :

1) copia in doppio esemplare dello statuto in vi-gore;, le copie dello statuto d o v r a n n o essere contro-firmate da un consigliere e dal s e g r e t a r i o ;

2) l'indicazione del n u m e r o dei soci eflettivi; non debbono c o m p r e n d e r s i in questa indicazione coloro che, in base alle n o r m e dello statuto sono conside-rati come morosi nel pagamento dei contributi ;

3) l'ultimo bilancio approvato dall'organizzazione. Le Camere del lavoro, le leghe e le altre associa-zioni, che abbiano più sezioni per la tutela profes-sionale dei soci, dovranno indicare distintamente il n u m e r o dei soci inscritti in ciascuna sezione. Nella domanda sarà indicata s e m p r e la circolazione o zona t e r r i t o r i a l e in cui l'organizzazione recluta i soci e svolge la sua attività.

Il Prefetto, e n t r o il 10 luglio prossimo, dopo avere esaminate le domande e i documenti ad esse allegati e dopo aver fatto le indagini che o c c o r r e s s e r o p e r accertare che le organizzazioni possiedono i r e q u i s i t i richiesti, forma due separati elenchi, uno delle orga-nizzazioni professionali padronali, l'altro delle orga" nizzazioni professionali operaie della provincia, su modulo predisposto da questo Ministero. I due elen-chi debbono essere pubblicati, mediante affissione nell'albo della P r e f e t t u r a , per quindici giorni d a l l ' I l al 25 luglio, d u r a n t e il quale periodo le organizzazioni interessate possono p r e s e n t a r e r i c o r s o motivato, con-t r o la formazione degli elenchi. Non più con-t a r d i del 10 agosto, Il P r e f e t t o dovrà t r a s m e t t e r e a questo Mi nistero, Ufficio del lavoro, le domande delle organiz-zazioni, con tutti i documenti presentati a loro cor-redo, gli elenchi da lui f o r m a t i e i ricorsi pervenu-tigli, unendo a ciascun r i c o r s o le sue osservazioni eventuali.

Gli elenchi definitivi s a r a n n o approvati dal Mini-stro per l'industria, il c o m m e r c i o e il lavoro, su p r ò posta del Comitato p e r m a n e n t e del lavoro, e indiche-r a n n o anche il n u m e indiche-r o di voti assegnati a ciascuna organizzazione.

Gli elenchi definitivi saranno approvati dal Mini-s t r o per l'induMini-stria, il c o m m e r c i o e il lavoro, Mini-su pro-posta del Comitato p e r m a n e n t e del lavoro, e indiche-r a n n o anche il n u m e indiche-r o di voti assegnati a ciascuna organizzazione.

Le organizzazioni i cui amministratori o segretari nelle domande di inscrizione o nei documenti a corredo di esse, o in altre comunicazioni fatte al P r e -fetto o al Ministero, abbiano enunciato dati non ve-ritieri, possono essere radiate dall'elenco, con decreto del Ministro per l'industria, il commercio e il lavoro, sentito il Comitato p e r m a n e n t e del lavoro.

Rimetto ora a codesta organizzazione un congruo n u m e r o di moduli per la domanda affinchè possa chiedere alla P r e f e t t u r a di codesta provincia la pro-pria inscrizione negli elenchi preveduti dal decreto luogotenenziale 13 aprile 1919, n. 641, e invitare le organizzazioni affini, cui non fosse pervenuta la pre-sente circolare, a p r e s e n t a r e da parte loro analoga domanda entro il t e r m i n e p e r e n t o r i a m e n t e stabilito, e che scade il giorno 10 giugno prossimo.

Per il Ministro: Ruini.

Iniziative italiane negli Stati Uniti. — Un gruppo

di capitalisti italiani, con a capo il comm. avv. Ric-cardo Guatino, di Torino, e r a p p r e s e n t a t i negli Stati Uniti dal cav. Alvise Bragadin, ha investito conside-revoli somme in costruzioni navali — e s t à preparan-dosi ad investirne di maggiori — nei cantieri degli Stati Uniti per c r e a r e una flotta mercantile da impie-garsi nel traffico tra questo Paese e l'Italia salvo estendere i suoi servizi ad altri Paesi appena le cir costanze lo p e r m e t t e r a n n o .

La nuova compagnia si chiama « Marinile and Com-merce Corporation » ed ha cominciato col c o m p r a r e la International Shipbuilding Co. di Gulfport, Miss. — la quale ha due grandi cantieri di costruzioni navali ad Orange, Texas, ed a Pascagoula Miss. — ed intende perciò anche di o p e r a r e e controllare tutto il tonnel-laggio che verrà varato da quei cantieri. Si calcola che l'impianto d i q u e s t i cantieri abbia un v a l o r e d i d o l lari 87,000,000, benché il capitale della Compagnia che fino ad ora li possedeva non fosse che di doli. 81,000,000. Al momento di acquistare questi cantieri, la Marine and Commercial Corporation vi aveva già per p r o p r i o conto, in costruzione o sotto contratto, ben otto pi roscafi di acciaio, ciascuno di 6000 tonnellate peso morto, o più.

La nuova compagnia possiede inoltre la « Piave Mill C o m p a n y » di Gulfport, Miss., la quale ha cinque grandi segherie negli Stati dell'Alabama, del Missis-sipi e della Florida, da cui ricava immense quantità di legname da costruzione.

Il movimento commerciale nel Brasile nel 1908. —

Nel corso dell'anno f u r o n o i m p o r t a t e nel Brasile tonnellate 1,736,048 di merci p e r il valore ufficiale di Lst. 53,262,000. Gli Stati di provenienza, con a lato le cifre per il 1917 ed il 1913, si dispongono come segue

1918 Lst. 18,984.413 10,783,721 10,020,245 2,518.993 2,208,341 2,027,917 ' 1,126,521 1917 Lst. 21,065,302 7,979,264 5,791,925 • 1,785,118 867,678 1,435,574 878,005 Stati Uniti Inghilterra Argentina Francia Uruguay Portogallo Italia

Le esportazioni del Brasile nel corso dell'anno a m m o n t a r o n o a tonnellate 1,771,754, del valore di Lst. 61,167,975; d u n q u e in diminuzione, sia r i g u a r d o alla quantità che al valore, in c o n f r o n t o con le quote del 1917. I principali paesi di destinazione delle espor-tazioni brasiliane, assieme alle cifre c o r r i s p o n d e n t i 'per il 1917 e per 11 1913, sono i s e g u e n t i :

1913 Lst. 10,553,433 16,431,421 4,998,706 6,571,965 1,450,096 2,948,059 2,544,407 Stati Uniti Argentina Inghilterra Italia Uruguay Francia 1918 Lst. 21,287,015 9,296,626 6,168,829 6,421,278 6,362,338 5,564,065 1913 Lst. Lst. 1917 28,013,136 21,013,483 5,707,387 3,104,188 7,811,815 8,623,309 4,853,614 836,890 4,685.202 1,512,503 8,325,754 7,992,442

Finanze francesi. — Preoccupa g r a n d e m e n t e in

Francia la questione finanziaria ed è facile immagi-nare la ragione di tal fatto q u a n d o si pensi che il bilancio francese, secondo le previsioni del ministro Klotz, dovrà salire almeno a 16 miliardi. Questa cifra a non pochi pare t r o p p o ottimista, e vi sono degli scrittori di finanza f r a n c e s i che accennano ad una spesa annuale di quasi 18 miliardi.

(9)

9 8 giugno 1919 - N. 2353 L'ECONOMISTA 271 ha messo avanti una serie di proposte che è

oppor-tuno indicare, perchè, pur non avendo lo scopo di ri-stabilire l'equilibrio nel bilancio dello Stato francese, dovrebbero p r o c u r a r e una somma importante. Del resto, egli stesso riconosceva che un calcolo esatto delle spese permanenti dello Stato nell'avvenire non è possibile farlo in questo momento. Le spese di guerra non sono ancora intieramente finite; gli oneri definitivi che esse lascieranno non possono adunque essere liquidati con sufficiente precisione; non è in-fine possibile di sapere fin d'ora come p o t r a n n o tra-dursi nelle leggi di finanza le riparazioni richieste al nemico responsabile. Le entrate medesime dipendono direttamente, nella loro evoluzione, dalla più o meno grande rapidità della rinascenza della Francia, che si può senza dubbio giudicare come prossima, ma di cui sarebbe forse arrischiato voler valutare in cifre pre-cise gli effetti di bilancio.

P e r t a n t o il ministro Klotz propone una soluzione parziale del problema, riservando la restaurazione completa dello finanza ad altro m o m e n t o e lasciando capire che la emissione di un nuovo prestito non è lontana. Non la sola Francia, del resto, dovrà ricor-r e ricor-r e al cricor-redito; anche l'Italia ed altricor-ri Stati, a pace conchiusa, dovranno emettere altri prestiti; intanto bisogna provvedere le entrate per quelli già emessi sotto una forma o l'altra, che tutti esigono interessi, e quando quest'onere non c'è, come nel caso di carta monetata, gl i effetti economici e finanziari sono an-che peggiori.

Lo sforzo finanziario finora compiuto dalla Fran-cia non è stato, relativamente parlando, assai grande. Infatti il ministro constatò che le imposte e i mono-polii arrecano al bilancio del 1919, in confronto a quello del 1914, un supplemento di entrate che si eleva, dedotta la contribuzione pei profitti di guerra, a 2820 milioni di franchi. Ora si t r a t t e r e b b e di otte-nere assai più.

Le officine Krupp. — Recentemente là direzione

della Società Krupp invitò alcuni corrispondenti di giornali a visitare le sue officine, per m o s t r a r loro la trasformazione subita in questi ultimi tre mesi. Un corrispondente della « Kòlnische Wolkszeitung » ha descritto come segue le sue impressioni :

La società ha esleso in modo assai considerevole nella sua fonderia di acciaio ad Essen la fabbrica-zione delle parti in f e r r o per la costrufabbrica-zione di car-rozzoni e locomotive. Questa trasformazione ha già assunto proporzioni assai ra ragguardevoli. La dire-zione sta organizzando la costrudire-zione completa di lo-comotive e di carrozzoni ferroviari, che hanno la spe-cialità di scaricarsi automaticamente mediante un con-gegno che mette in movimento il fondo del carroz-zone. In altre sezioni della società, viene intrapresa su vasta scala la costruzione di bastimenti mercantili. Nonostante questi cambiamenti, una parte consi-derevola delle officine è tutt'ora inoperosa e nono-stante tutti i suoi sforzi la direzione non ha ancora potuto p r o c u r a r e lavoro al maagior n u m e r o dei suoi operai.

Durante i q u a t t r o anni e mezzo di guerra, le offi-cine si sono estese da una superficie di IfiO ettari ad una di 150 ettari. Il n u m e r o degli operai impiegati a Essen salì da 34 mila a 105 mila e per tutte le offi-cine Krupp da 65 mila a 170 mila, di cui 25 mila donne, le quii vennero tutte licenziate. Il n u m e r o comples-sivo, per tutte le officine di operai tutt'ora impiegati è di 32 mila, ossia meno della metà della cifra di ope-rai occupati prima della guerra. Il n u m e r o degli im-piegati invece, ha subito una diminuzione molto meno considerevole e l'organico si trova attualmente sullo stesso piede che era nel luglio 1914.

Durante l'ultimo anno di g u e r r a la società Krupp produsse giornalmente 90 mila carcasse di proiettili per artiglieria di cui 60 mila intieramente ultimate e 30 mila allo stato greggio, che venivano consegnate ad altre officine. Il salario medio era p e r gli operai e gli apprendisti di marchi 6,38 al g i o r n o ; nel 1916

era salito a 9 marchi e nell'ottobre 1918 a 13 marchi. P e r gli apprendisti al disotto di 16 anni il salario quo-tidiano salì gradualmente fino a 3 marchi, per le ope-raie a 7 marchi, per gli operai fra 16 e 21 anni a 10 marchi, per gli assistenti 12 marchi e per gli arti-giani a 17 marchi, e alcuni specialisti ebbero perfino 25 marchi al giorno.

Le grandi officine, dove si fabbricavano cannoni e affusti di cannóni, sono deserte ad eccezione di alcune dove si fabbricano grandi tubi per alta pressione, non-ché r u o t e per carrozzoni e per locomotive. Nelle of-ficine dove si fabbricavano prima le lastre per co-razzate di bastimenti si produce, ora, una grande quantità di acciaio laminato. La direzione sta prepa-rando la trasformazione di altre sezioni fin qui de-dite alle industrie di guerra per la fabbricazione di macchine da Scrivere, cassette per gli incassi dei ne-gozi, ingranaggi per la meccanica fine, viti, ecc. La società non ha ordinazioni per occupare tutto il p e r -sonale, che attualmente lavora nei suoi r e p a r t i ; fa la-v o r a r e in discreta misura per p r e p a r a r e delle scorte.

Nell'ultimo esercizio non fu pagato nessun divi-dendo; p e r ò era stata portata a conto nuovo una somma di 19 milioni di marchi. La direzione prevede che l'esercizio in corso si chiuderà con una perdita.

Crisi del carbone in Inghilterra. — Il ministro

inglese della ricostruzione economica, Sii' Auckland Geddes, ha gettato in questi giorni un vero e p r o p r i o grido di allarme contro la diminuzione della produ zione di carbone in Inghilterra.

Continuando di questo passo, ha dichiarato Sir A. Geddes, d o v r e m o o r i d u r r e il consumo interno di carbone con gravissimo danno p e r l'industria britan-nica, o r i d u r r e le nostre esportazioni di carbone al l'estero, con danno e n o r m e del nostro commercio e c o r r e n d o il pericolo di vedere il carbone americano rimpiazzare il carbone britannico su tutti i mercati del mondo.

La diminuzione di produzione di carbone inglese, conseguenza delia-giornata di sei ore e dell'aumento del 30 per. cento dei salari concessi ai minatori non-ché della statizzazione delle miniere di carbone, è messa in evidenza dalle seguenti cifre che ricaviamo da una pubblicazione statistica ufficiale britannica edita in questi giorni:

l'rod. per ogni minat. tonn. 252 255 239 255 251 265 257 243 226 Anno Minatori 1910 . . . 1.049.407 1911 . . . 1.067.213 1912 . . . 1.089.090 1913 . . . 1.127.890 1914 . . . 1.057.505 1915 . . . 953.642 1916 . . . 998.063 1917 . . . 1.021.340 1918 . . . 1.008.867 Per i primi t r e mesi del

Produzione tonnellate 264.417.588 271.878.124 260.398.578 287.411.869 265.643.030 253.206.081 256.375 366 248.499 240 227.714.579 f r e seguenti: Mese Febbraio Marzo Aprile Minatori 1.064.828 1.097.541 1.106.299. Produzione t o n n e l l a t e 18.321.100 19.472.200 18.676.200

Prod. per ogni minat. tonn.

17.1 17.7

16.2

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