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Academic year: 2021

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CAPITOLO II

ISISTEMI DI RISOLUZIONE ALTERNATIVA DELLE CONTROVERSIE ATTIVI NELL’ORDINAMENTO

ITALIANO

1. Premessa

Le esigenze di tutela della clientela hanno condotto negli ultimi anni all’emanazione di regole e principi, come la disciplina della trasparenza del 20031, che hanno indubbiamente contribuito ad

accrescere la chiarezza delle relazioni tra gli intermediari e i clienti, nonostante la prassi applicativa abbia evidenziato nel tempo anche alcuni limiti, connessi ad esempio all’eccesso di informazioni fornite alla clientela, al numero elevato di documenti cartacei o requisiti di forma che non entrano affatto nel merito dell’equilibrio contrattuale e della sua equità sostanziale.

Al termine di un lavoro di analisi e di revisione delle attuali regole, la Banca d’Italia ha emanato nel luglio 2009 nuove disposizioni che, accanto alla trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari, hanno introdotto specifiche previsioni volte ad assicurare la correttezza sostanziale delle relazioni 1BANCA D’ITALIA, Istruzioni di vigilanza per le banche, Circolare n. 229, Titolo X, Trasparenza delle operazioni e dei servizi

bancari, Aggiornamento n. 9 del 25 luglio 2003. Si richiama,

inoltre, il provvedimento del Governatore della Banca d’Italia del 25 luglio 2003 rivolto agli intermediari ex art. 106 e 107 TUB e gli IMEL.

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tra intermediari e clienti2.

Un aspetto qualificante della nuova disciplina è rappresentato dall’introduzione di obblighi di natura organizzativa e procedurale riguardanti i rapporti con la clientela “al dettaglio”: specifici requisiti sono richiesti in merito al “confezionamento” di nuovi prodotti, alla remunerazione della rete di vendita e alle procedure di gestione dei reclami della clientela. Nella commercializzazione di prodotti bancari, anche tradizionali, sono richiesti standard di organizzazione e di controllo concernenti l’impiego della documentazione di trasparenza, nonché la preparazione degli addetti alla rete di vendita e l’assistenza che deve essere prestata alla clientela.

La trasparenza delle condizioni economiche e normative che regolano i contratti bancari e finanziari, nonché la correttezza dei comportamenti degli intermediari contribuiscono senz’altro ad alimentare la fiducia dei risparmiatori e a rafforzare la stabilità del sistema. Trasparenza e correttezza appaiono infatti come “valori cerniera” che traducono le finalità della vigilanza nel concreto delle relazioni commerciali.

Le linee guida degli organismi comunitari, hanno tuttavia posto in evidenza che senza un adeguato livello di preparazione finanziaria da parte dei 2 Le principali novità della nuova disciplina sono illustrate nella relazione che ha accompagnato la consultazione pubblica.

La relativa documentazione è accessibile sul sito:

http://www.bancaditalia.it/

vigilanza/banche/documcons/resoconto_consultazione_pubblic a/trasparenza_documento_consultazione.pdf.

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cittadini, gli obiettivi di protezione perseguiti attraverso iniziative regolamentari unitamente al controllo sul campo dell’effettivo rispetto della normativa rischiano di non produrre benefici apprezzabili

Al fine di garantire un’effettiva tutela della clientela si riscontra la necessità di rafforzare il livello di cultura finanziaria e di conoscenza dei principi di base della finanza da parte degli utenti dei servizi bancari e finanziari.

I sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie operano proprio a completamento del quadro delle iniziative di tutela della clientela bancaria e finanziaria3, come strumenti di redress

rapidi, economici ed efficaci che consentano di ottenere una risposta rapida e a basso costo4.

Su impulso della normativa comunitaria di cui si ampiamente discusso nel precedente capitolo, si vanno pertanto diffondendo nei vari Paesi sistemi di risoluzione delle controversie alternativi al ricorso alla giustizia ordinaria, quali efficaci sistemi di

enforcement che si affiancano agli strumenti di tutela ex ante costituiti dalla regolamentazione, dai controlli

delle autorità e dai programmi di educazione finanziaria.

3 In argomento, M. PELLEGRINI, Le controversie in materia

bancaria e finanziaria. Profili definitori, CEDAM, 2007.

4M. BIANCO– S. GIACOMELI– C. GIORGIANTONIO– G. PALUMBO B. SZEGO, La durata (eccessiva) dei procedimenti civili in Italia:

offerta, domanda o rito?, Rivista di politica economica,

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In un’ottica di sussidiarietà nei confronti della giurisdizione ordinaria – che potrebbe essere adita in via residuale per decidere i casi più rilevanti e complessi – i sistemi stragiudiziali garantiscono un rimedio meno complesso e costoso, più rapido ed efficace, tipicamente utilizzabile nell’ambito delle controversie finanziarie, contribuendo anche al rafforzamento della certezza dei rapporti giuridici.

La riforma del diritto societario del 2003 ha valorizzato il sistema della conciliazione stragiudiziale, prevedendo l’istituzione di un Registro di Organismi di conciliazione, tenuto dal Ministero della Giustizia, con il compito di gestire i tentativi di conciliazione relativi a controversie in materia societaria e finanziaria5. A tale proposito, e con

specifico riguardo alla materia bancaria, è importante segnalare l’Organismo di conciliazione costituito dal “Conciliatore BancarioFinanziario”, associazione non riconosciuta cui aderiscono molte componenti del sistema finanziario italiano (banche, Poste Italiane, società finanziarie), che dal 1 giugno 2007 gestisce 5V. gli artt. 38, 39 e 40 del d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5. Le materie oggetto di conciliazione sono quelle previste dall’art. 1 del decreto stesso e, in particolare, tra le altre, i rapporti societari; i rapporti in materia di intermediazione finanziaria, servizi e contratti d’investimento, compresi i servizi accessori, i fondi d’investimenti, la gestione collettiva del risparmio, la gestione accentrata di strumenti finanziari, la cartolarizzazione di crediti, le offerte pubbliche d’acquisto e di scambio, i contratti di borsa; le materie di cui al TUB, Testo Unico Bancario (d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385), quando la controversia è insorta tra banche o da o contro associazioni di consumatori e camere di commercio. Il citato art. 1 del d.lgs. n.5 del 2003 e tutti gli altri articoli in esso contenuti relativi al processo societario, salvo quelli relativi alla conciliazione stragiudiziale e all’arbitrato societario, sono stati però abrogati dall’art. 54, comma 5, L. 18 giugno 2009, n. 69.

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anche le attività dell’Ombudsman6.

L’art. 29 della L. 28 dicembre 2005, n. 262, ha introdotto nel TUB l’art. 128-bis, che prevede l’adesione di banche e intermediari finanziari a sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie insorte con la clientela7, la cui disciplina organizzativa,

con specifico riguardo alla determinazione delle procedure di risoluzione e alla composizione dell’Organo decidente8, la norma stessa ha affidato al

Comitato Interministeriale per il Credito ed il Risparmio (CICR). Quest’ultimo, in attuazione della delega, ha quindi assunto la deliberazione 29 luglio 2008, n. 2759, fortemente ispirata al regolamento

6 Il trasferimento dell’Ombudsman dall’ABI al Conciliatore Bancario Finanziario è stato comunicato dall’ABI con lettera circolare del 30 aprile 2007. Il Regolamento Ombudsman è stato modificato dal Conciliatore Bancario Finanziario con provvedimenti comunicati, rispettivamente, con lettera circolare del 26 giugno 2007 e con lettera circolare del 21 luglio 2008. Il Regolamento è stato ancora di recente modificato, a seguito dell’attivazione dell’Arbitro Bancario Finanziario, con provvedimento del 14 ottobre 2009.

7L’originaria formulazione dell’art. 128-bis limitava la previsione alle controversie fra intermediari e consumatori; in seguito, il comma 6 dell’art. 1 del d.lgs. 29 dicembre 2006, n. 303, ha modificato il testo con il riferimento alla “clientela”, accezione comprensiva anche delle imprese.

8Così definito dallo stesso art. 128-bis del Tub, nel comma 2. 9 Pubblicata in G.U. 22 settembre 2008, n. 222. Il CICR ha attribuito alla Banca d’Italia il compito di emanare disposizioni applicative della Deliberazione. La Banca d’Italia ha provveduto in data 18 giugno 2009, emanando le “Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari” (in G.U. 24 giugno 2009, n. 144).

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Ombudsman, di cui in molti luoghi mutua le previsioni.

Il d.lgs. 8 ottobre 2007, n. 179 ha istituito presso la CONSOB una Camera di conciliazione e arbitrato deputata alla gestione di procedimenti di conciliazione e arbitrato relativi a controversie tra investitori e intermediari finanziari, originate dalla violazione, da parte di questi ultimi, degli obblighi di informazione, correttezza e trasparenza. L’attuazione del decreto è stata affidata alla stessa CONSOB, che vi ha provveduto emanando un regolamento con Deliberazione 29 dicembre 200810.

Infine, l’art. 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69, ha delegato il governo ad adottare uno o più decreti legislativi in materia di mediazione e conciliazione in ambito civile e commerciale, stabilendo, tra l’altro, che l’attività conciliativa può avere a oggetto tutte le controversie, senza limitazioni di materia, purché vertenti su diritti disponibili.

Il quadro sopra illustrato offre all’interprete la rappresentazione di un micro-sistema di norme dedicato agli strumenti alternativi di composizione delle controversie, che ha tratto origine da numerosi interventi legislativi succedutisi nel tempo, a testimonianza di un lungo itinerario non ancora giunto a compimento. Un sistema assai articolato, alla stregua del quale è possibile individuare distinti modelli procedimentali, da considerare e analizzare, peraltro, in un quadro d’insieme unitario. Tra questi si distingue il nuovo sistema di risoluzione delle 10Pubblicata in in G.U. 8 gennaio 2009, n. 5.

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controversie bancarie e finanziarie, cui sono dedicate le riflessioni svolte nelle pagine seguenti.

2. L’Arbitro Bancario Finanziario

Come anticipato nel paragrafo precedente, esercitando la delega contenuta nell’art. 128-bis del Tub e sulla base dei principi espressi dalla delibera del CICR del 29 luglio 2008, n. 275 11, la Banca d’Italia ha

emanato la disciplina dei sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie insorte con la clientela in relazione ad operazioni e servizi bancari e finanziari (Disposizioni della Banca d’Italia del 18 giugno 2009), cui gli intermediari sono obbligati ad 11L’art. 128-bis del Tub, introdotto dalla L. 28 dicembre 2005, n. 262 (Legge Risparmio), impone agli intermediari bancari e finanziari di aderire a sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie con i clienti. La stessa norma rimette ad una delibera del CICR la definizione dei criteri di svolgimento delle procedure e di composizione dell’organo decidente, in modo da assicurarne l’imparzialità e la rappresentatività dei soggetti interessati; le procedure devono garantire la rapidità, l’economicità della soluzione delle controversie e l’effettività della tutela, senza pregiudicare per il cliente il ricorso, in qualunque momento, a ogni altro mezzo di tutela previsto dall’ordinamento. In attuazione di quanto previsto dalla Legge Risparmio, il 29 luglio 2008 il CICR ha pubblicato la delibera n. 275, con la quale ha dettato la disciplina dei nuovi sistemi stragiudiziali, delineandone il campo di applicazione, la struttura, le regole fondamentali di svolgimento della procedura; alla Banca d'Italia sono stati in tale contesto affidati compiti di nomina dei membri dell’organo decidente, di svolgimento di attività di supporto tecnico ed organizzativo, nonché di emanazione delle disposizioni applicative. Su entrambe le norme e in generale sui sistemi di ADR, anche in un’ottica comparativa, cfr. CAMILLI, Sistemi di risoluzione alternativa delle

controversie e sistemi di vigilanza: un’analisi comparativa, in Giur. comm., 2009, II, 240 ss.

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aderire12.

Le Disposizioni prevedono che il sistema sia gestito da un Organismo (“Arbitro Bancario Finanziario” o “ABF”) – articolato su tre Collegi giudicanti (Milano, Roma e Napoli), competenti in base al criterio del domicilio che il cliente ha dichiarato nel ricorso13– il quale, su richiesta del

cliente, emette una decisione in relazione ai reclami rimasti insoddisfatti. Come si avrà modo di illustrare meglio in seguito, la proposizione di un reclamo all’intermediario è condizione necessaria per poter portare la controversia alla cognizione dell’ABF (cfr.

infra § 3.5).

12Per un approfondimento sul tema, cfr. Lettera Circolare ABI del 13 agosto 2009, Prot. OF/002879; in dottrina; SOLDATI, L’Arbitro

Bancario Finanziario della Banca d’Italia (ABF), in Contr., 2009,

8/9, 853 e ss.; RUPERTO, L’Arbitro Bancario Finanziario, in

Banca, borsa e titoli di credito, maggio – giugno 2010, 325 e ss. e,

per un approfondito sguardo comparatistico, BOCCUZZI I sistemi alternativi di risoluzione delle controversie nel settore bancario e finanziario: un’analisi comparata, in BANCA D’ITALIA, Quaderni di

Ricerca Giuridica della Consulenza legale, n. 68, settembre 2010,

disponibile all’indirizzo

www.bancaditalia.it/pubblicazioni/quarigi/qrg68/qrg_68/qua derno_68.pdf.

13Il Collegio con sede a Milano è competente per la decisione sui ricorsi presentati da clienti aventi il proprio domicilio in una delle seguenti Regioni: Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Lombardia, Piemonte, Trentino Alto Adige, Valle d’Aosta, Veneto; il Collegio con sede a Roma è competente per la decisione sui ricorsi presentati da clienti aventi il proprio domicilio in: Abruzzo, Lazio, Marche, Sardegna, Toscana, Umbria. Tale Collegio è inoltre competente per i ricorsi presentati da clienti aventi il proprio domicilio in uno Stato estero; infine, il Collegio con sede a Napoli è competente per la decisione sui ricorsi presentati da clienti aventi il proprio domicilio in: Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia.

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L’architettura del sistema in commento è stata predisposta per consentire una agevole soluzione delle controversie – di ammontare contenuto – la cui sottoposizione alla giustizia ordinaria comporterebbe un eccessivo dispendio economico14.

In ossequio al principio costituzionale in virtù del quale nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge (art. 25, comma 1, Cost.), tutte le fonti da cui origina l’ABF fanno salva la facoltà per le parti di ricorrere all’autorità giudiziaria, ovvero ad ogni altro mezzo previsto dall’ordinamento per la tutela dei propri diritti e interessi.

A seguito delle modifiche recentemente apportate alle Disposizioni (12 dicembre 2011), in conformità a quanto previsto dal d.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28, l’esperimento della procedura dinnanzi all’ABF costituisce – in alternativa al ricorso al procedimento di mediazione disciplinato dal medesimo decreto – condizione di procedibilità della domanda giudiziale relativa a contratti bancari e finanziari, nei limiti e alle condizioni previste dalle Disposizioni.

14Le modalità, estremamente semplificate, di ricorso all’ABF e la sua competenza per controversie di ridotto valore economico hanno suggerito alla Banca d’Italia di non richiedere la necessaria assistenza di un avvocato nel corso della procedura (circostanza, comunque, del tutto ammissibile, ove il cliente lo ritenga): d’altra parte, sebbene l’assistenza di un professionista possa indubbiamente agevolare il cliente nel rendere più efficace la rappresentazione delle proprie ragioni, la sua assenza consente di contenere i costi necessariamente connessi al patrocinio.

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2.1. L’adesione delle banche al sistema ABF

L’ABF è un organismo imparziale, avente il compito di risolvere le controversie sottoposte alla sua cognizione, attraverso l’emanazione di una decisione vincolante per l’intermediario.

L’ABF, quindi, non ha natura conciliativa, in quanto, a differenza della conciliazione, non mira al raggiungimento di un accordo tra le parti sulla base di un’eventuale proposta formulata da un terzo (“conciliatore”), ma, come detto, emette una decisione vincolante per una delle parti. Parimenti, nonostante il nomen “arbitro” utilizzato dalla disciplina in commento, il procedimento in esame presenta natura e caratteristiche diverse da quello arbitrale e la decisione dell’ABF non è idonea a produrre i medesimi effetti che il lodo arbitrale determina nei confronti delle parti15.

Non avendo natura di arbitro, l’ABF decide applicando le previsioni di legge e regolamentari in materia, nonché eventuali codici di condotta ai quali l’intermediario aderisca e non secondo equità, come avviene nell’arbitrato irrituale. Secondo un’interpretazione autentica della Banca d’Italia, 15Artt. 810 e ss. c.p.c. In particolare il lodo, se rituale, ha efficacia vincolante nei rapporti fra le parti e – se depositato presso cancelleria del Tribunale del luogo in cui è stato emesso - è suscettibile di ottenere efficacia di titolo esecutivo, al pari della sentenza emessa dall'autorità giudiziaria ordinaria. Il lodo inoltre può, a prescindere dall'esecutività, essere impugnato per nullità, per revocazione o per opposizione di terzo. Sul punto, cfr. il documento della Banca d’Italia recante il “Resoconto della

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infatti, la controversia va decisa sempre secondo

diritto.

Il dettato normativo prospetta dunque l’adesione da parte delle banche e degli intermediari finanziari ai sistemi di risoluzione stra-giudiziale delle controversie non già come una libera scelta, bensì come un atto dovuto, al compimento del quale tali soggetti non possono dunque sottrarsi.

Come evidenziato dalla dottrina16, dalla lettura

della disposizione nasce perciò un primo interrogativo: se l’adesione ai sistemi di risoluzione, prescritta dalla legge per banche e intermediari finanziari, costituisca un obbligo giuridico, di fonte legale.

L’interesse che la questione pone, assume evidenza sia sul piano teorico-ricostruttivo, trattandosi comunque di valutare l’effetto della previsione normativa sotto il profilo classificatorio delle situazioni soggettive coinvolte; sia sul piano applicativo, segnatamente ai fini di una valutazione di conformità del precetto ai principi costituzionali.

È noto, infatti, il lungo e articolato dibattito sorto, già a partire dai primi decenni del secolo scorso, intorno alla natura e alla collocazione sistematica di quegli strumenti di risoluzione delle controversie, alternativi alla tutela giurisdizionale, imposti dalla legge a taluni soggetti, e il cui modello fondamentale e paradigmatico era costituito dal così detto “arbitrato 16RUPERTO, L'«Arbitro. Bancario Finanziario», in Banca borsa

tit. cred., 2010, 328 e ss., Autore della ricostruzione che si riporta,

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obbligatorio”17. Dibattito che, dopo la caduta del

regime fascista e l’entrata in vigore della Costituzione, si è concentrato sul tema dell’ammissibilità di tali strumenti nel nostro ordinamento, peraltro sempre negata dalla giurisprudenza costituzionale18.

Giova allora osservare, anzitutto, che di obbligatorietà dello strumento alternativo di giustizia, nel senso fatto proprio dalle varie ricostruzioni della figura del così detto arbitrato obbligatorio, si potrebbe nel caso di specie discorrere soltanto qualora al soggetto aderente al sistema di risoluzione delle controversie (l’intermediario) fosse precluso, dopo l’adesione, l’accesso alla tutela giurisdizionale: in sostanza, solo se il sistema di risoluzione delle controversie venisse dalla legge posto nei termini di un irriducibile dualismo con la tutela giurisdizionale, di modo che la alternatività dello strumento si configurasse – stante l’adesione al sistema – come ablativo del potere di ricorrere all’autorità giudiziaria ordinaria.

Ma una tale conclusione deve essere negata, vista l’assenza nella norma di legge di una previsione che sancisca per l’intermediario una preclusione all’azione in giudizio, derivante dalla stessa adesione al sistema o dalla proposizione del ricorso da parte del cliente. 17 Sul punto, tra gli scritti più recenti, ODORISIO, L’arbitrato

obbligatorio, in AA.VV., Arbitrato, ADR, conciliazione, a cura di

MAURO RUBINO SAMMARTANO, Bologna-Roma, 2009, 35 e ss.

18 A partire dalla sentenza 14 luglio 1977, n. 127, in Giur. cost., 1977, I, 1103, con nota di ANDRIOLI, L’arbitrato obbligatorio e la

Costituzione; in Foro it., 1977, I, 1849; in Giur. it., 1978, I, 1, 1809,

con nota di SCOZZAFAVA, Il problema della legittimità

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Preclusione che, per essere tale, dovrebbe comportare l’attribuzione al cliente convenuto nel giudizio ordinario, di una eccezione preliminare, assimilabile alla exceptio compromissi o, per il caso di domanda proposta dopo la pronuncia dell’organo decidente, alla exceptio rei transactae.

Nell’art. 128-bis manca qualsiasi riferimento alla posizione dell’intermediario e al suo potere di esercitare in ogni momento l’azione in giudizio. Da cui l’incontestabile conclusione che lo ius agendi dell’intermediario non è dalla norma in alcun modo compresso.

In verità, nel comma 3 dello stesso articolo si fa espressamente salvo e impregiudicato “per il cliente [e

non per l’intermediario] il ricorso, in qualunque momento, a ogni altro mezzo di tutela previsto dall’ordinamento”.

Ma un’interpretazione restrittiva (ubi lex voluit

dixit) che conducesse a escludere l’esistenza di un

corrispondente diritto dell’intermediario di agire in giudizio, sarebbe senz’altro da respingere. Il riferimento al cliente, contenuto nella previsione normativa, può infatti trovare ragione nella supposta volontà del legislatore di riconoscere soltanto a questi il potere di ricorrere al procedimento speciale, e dunque nella esigenza di chiarire espressamente che il ricorso non pregiudica l’accesso ad altre forme di tutela.

Tuttavia, non si può non rilevare che, così ragionando, si finisce col dedurre la legittimazione esclusiva del cliente ad adire l’Organo decidente, dalla previsione del comma 3, mentre, al contrario, sarebbe

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proprio tale previsione a dover rinvenire la sua ratio in detta legittimazione esclusiva, che ne costituirebbe il presupposto. Ma, sulla legittimazione esclusiva del cliente l’art. 128-bis tace. In nessuno dei tre commi che lo compongono vi è una previsione che riservi al cliente il potere di adire l’Organo decidente, escludendo un pari diritto dell’intermediario. A colmare la lacuna ha provveduto la Deliberazione del CICR: nell’art. 5, comma 1, è infatti previsto che il ricorso possa essere proposto dal cliente, e non anche dall’intermediario.

A rigore, tale ultima previsione dovrebbe essere intesa quale disposizione integrativa (e modificativa) della norma di legge; e come tale sarebbe inammissibile, giacché posta in violazione del principio di gerarchia delle fonti. Né si potrebbe sostenere che la Deliberazione disponga, sul punto, in attuazione della delega contenuta nel comma 2 dell’art. 128-bis. Questa, infatti, è espressamente limitata ai criteri di svolgimento delle procedure e di composizione dell’Organo decidente; mentre, nel caso di specie, oggetto di previsione è il diritto di ricorrere al sistema di risoluzione delle controversie.

L’indicata inammissibilità potrebbe essere esclusa solo ove si ritenesse la Deliberazione del CICR interpretativa di una regola ricavabile dalla stessa norma di legge, ma in essa contenuta solo implicitamente: la regola di cui al comma 3 dell’art. 128-bis, letta secondo l’opzione ermeneutica più sopra proposta.

La formulazione normativa si rivela dunque – già sotto questo primo profilo – piuttosto fallace:

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preferibile sarebbe stata la scelta di prevedere nel testo di legge la legittimazione esclusiva del cliente a ricorrere al sistema di risoluzione, tacendo sulla salvezza del suo diritto ad agire nel giudizio ordinario. Infatti, da un lato, dell’integrità di tale diritto non si sarebbe potuto dubitare, in assenza di una previsione che espressamente lo escludesse o che attribuisse alla pronuncia dell’Organo effetti assimilabili a quelli di un lodo arbitrale o di una transazione; mentre, dall’altro, non si sarebbero ingenerati dubbi sul fatto che l’intermediario mantiene impregiudicato il proprio diritto di agire in qualsiasi momento per via giudiziaria.

Quanto sopra osservato rafforza allora la conclusione che il nuovo modello di risoluzione delle controversie bancarie non configura un sistema “obbligatorio”, del tipo dei così detti arbitrati obbligatori. L’adesione ai sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie con la clientela non comporta per banche e intermediari un obbligo nel significato pieno del termine, per il semplice fatto che, rispetto a siffatto obbligo, non sarebbe ravvisabile il necessario carattere di destinatarietà del contegno dovuto, che contraddistingue il concetto di obbligo giuridico, stante l’impossibilità di individuare i soggetti nei cui confronti (e al fine della realizzazione del cui interesse) il contegno è tenuto, non potendo essi di certo identificarsi nei clienti delle banche.

La previsione di cui al comma 1 dell’art. 128-bis non traduce dunque l’essenza di un dovere, quanto quella di un requisito, di una condizione di ammissibilità allo svolgimento dell’attività di intermediazione creditizia. Essa si lascia configurare

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alla stregua di una situazione soggettiva che, sul piano classificatorio, appare più strettamente assimilabile alla figura dell’onere, il cui adempimento integra la schiera dei requisiti che l’intermediario deve possedere per ottenere (o mantenere) dalla Banca d’Italia l’autorizzazione all’esercizio dell’attività bancaria. Il comma 1 dell’art. 128-bis è quindi norma integrativa di un requisito previsto nell’interesse dello stesso soggetto onerato, e non rappresentativa di un dovere, il cui assolvimento – come avviene nel caso degli obblighi propria-mente intesi – dovrebbe di per sé realizzare un interesse (altrui) tutelato dalla norma.

2.2. Ambito di applicazione soggettivo e oggettivo

Il soggetto attivo della procedura è il “cliente”, il quale rappresenta l’unico soggetto legittimato ad attivare il nuovo sistema stragiudiziale.

Secondo le Disposizioni il cliente è colui che ha o

ha avuto con un intermediario un rapporto contrattuale avente ad oggetto la prestazione di servizi bancari e finanziari, escludendo

espressamente dalla categoria i soggetti che svolgono in via professionale l’attività bancaria e finanziaria. Come si avrà modo di specificare meglio in seguito (cfr. infra § 3.4), sembra ragionevole ritenere che nella categoria dei clienti legittimati a proporre ricorso rientrino anche i c.d. “clienti occasionali”.

Quanto ai soggetti passivi della procedura, la nuova disciplina si rivolge a tutti gli intermediari finanziari, siano essi sottoposti o meno all’attività di Vigilanza della Banca d’Italia. Secondo le Disposizioni, pertanto, le istituzioni finanziarie obbligate ad aderire

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al nuovo sistema di risoluzione stragiudiziale delle controversie sono, tra gli altri, le banche e gli intermediari finanziari iscritti negli elenchi previsti dagli articoli 106 e 107 del Tub che operano nei confronti del pubblico.

A seguito del recepimento della Direttiva sui servizi di pagamento nel mercato interno (Direttiva 2007/64/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 13 novembre 2007) – compiuto dal d.lgs. 27 gennaio 2010, n. 11 – la Banca d’Italia ha ampliato l’ambito di applicazione delle Disposizioni, sia sotto il profilo soggettivo (dal lato passivo, attraverso l’estensione dell’obbligo di adesione ai prestatori di servizi di pagamento; dal lato attivo, mediante l’inclusione dei clienti che hanno fruito di servizi di pagamento tra i soggetti legittimati ad adire l’ABF), sia sotto il profilo oggettivo (ampliando la competenza dell’ABF anche alle controversie aventi ad oggetto la prestazione di servizi di pagamento).

Accanto alle predette modifiche, inoltre, la Banca d’Italia ha inoltre chiarito, da un lato, che l’obbligo di adesione all’ABF riguarda anche i confidi e i cambiavalute (in ragione della loro iscrizione nell’elenco speciale di cui all’art. 107 del Tub) e, dall’altro lato, che tale obbligo non è invece rivolto alle società veicolo (SPV) costituite nell’ambito di operazioni di cartolarizzazione, anche nell’ipotesi in cui tali soggetti siano cessionari di rapporti disciplinati dal Titolo VI del Tub (ad esempio, mutui ipotecari e finanziamenti revolving).

Quest’ultima scelta sembra originare non tanto dalla cancellazione delle società di cartolarizzazione

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dall’elenco speciale di cui all’art. 107 Tub (disposta d’ufficio dalla Banca d’Italia lo scorso 25 settembre 2009, sulla base del decreto del MEF del 17 febbraio 2009, n. 29), le quali restano pur sempre iscritte nell’elenco generale di cui all’art. 106 del Tub, quanto dal fatto che le SPV non soddisfano il requisito, previsto dalle Disposizioni, dell’esercizio dell’attività

nei confronti del pubblico.

Tuttavia – in un’ottica di tutela del cliente – la deroga nei confronti delle SPV opera solo nell’ipotesi in cui l’adesione all’ABF sia comunque effettuata dal soggetto incaricato dell’attività di servicing e purché quest’ultimo a) sia contrattualmente incaricato di gestire il contenzioso relativo ai crediti ceduti per conto dell’SPV; b) abbia la facoltà di dare attuazione alle decisioni dell’ABF. Naturalmente, l’eventuale sanzione della pubblicità dell'inadempimento (cfr.

infra § 3.6) riguarderà il soggetto incaricato

dell’attività di servicing19.

Con riguardo all’ambito di applicazione oggettivo, al fine di garantire l’efficienza e la funzionalità del sistema, specialmente nella fase di avvio, la disciplina in esame prevede che possano essere sottoposte alla cognizione dell’ABF le controversie aventi ad oggetto fatti avvenuti o comportamenti posti in essere successivamente al 1 gennaio 2007 e per le quali, comunque, non sia intervenuta la prescrizione secondo le regole generali del nostro ordinamento.

19Su questi ultimi aspetti, cfr. Circolare ABI, serie Legale n. 7 del 2 aprile 2010.

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Fermi restando i predetti limiti temporali, la competenza dell’ABF è limitata alle controversie relative ad operazioni e servizi bancari e finanziari20

(ivi compresi i servizi di pagamento), restando così escluse le controversie relative ai servizi di investimento che, invece, potranno essere sottoposte agli strumenti di tutela stragiudiziale previsti nel nostro ordinamento, come le procedure gestite dagli organismi di conciliazione di cui agli artt. 38 e ss. del d.lgs. n. 5 del 2003 - tra cui il Conciliatore BancarioFinanziario o l’Ombudsman-Giurì bancario21

- ovvero la Camera di Conciliazione e Arbitrato attiva

20 All’ABF possono essere sottoposte anche le controversie in materia di bonifici transfrontalieri, fermo restando quanto previsto dal D.M. 13 dicembre 2001, n. 456, emanato in attuazione del d.lgs. 28 luglio 2000, n. 253.

21 Al fine di evitare sovrapposizioni con il nuovo sistema, l’Ombudsman-Giurì bancario, attivo presso l’Associazione Conciliatore BancarioFinanziario, ha disposto la cessazione delle funzioni coincidenti con l’ambito di applicazione oggettivo dell’ABF (vale a dire per le controversie inerenti le operazioni bancarie e finanziarie assoggettate al Titolo VI del Tub). Lo stesso Conciliatore BancarioFinanziario, tuttavia, continuerà a mettere a disposizione dei clienti il servizio di conciliazione – disciplinato dal d.lgs. n. 5 del 2003 – che potrà essere utilizzato non solo per le questioni che non possono essere sottoposte alla cognizione dell’ABF, in quanto non rientranti nel suo ambito di applicazione (i.e. controversie di valore superiore a 100.000 euro, ovvero ricorsi presentati oltre il previsto termine di 12 mesi dalla presentazione del reclamo) ma, più in generale, per tutte le controversie che riguardano sia le operazioni bancarie e finanziarie assoggettate al Titolo VI del Tub sia quelle attinenti i servizi di investimento.

Per un approfondimento sul punto, cfr. Circolare del Conciliatore BancarioFinanziario del 30 aprile 2009, Prot. n. 7263/2009/AS.

(20)

presso la Consob22.

Nell’ambito delle controversie relative ad operazioni e servizi bancari e finanziari, l’ABF ha cognizione in merito all’accertamento di diritti, obblighi e facoltà, indipendentemente dal valore del rapporto al quale si riferiscono. Se la richiesta del cliente, invece, ha ad oggetto la corresponsione di una somma di denaro, la competenza dell’ABF sussiste solo nell’ipotesi in cui l’importo richiesto non sia superiore a 100.000 euro.

Restano quindi escluse dalla cognizione dell’ABF (oltre alle questioni relative ai servizi di investimento, anche) le controversie già sottoposte all’Autorità giudiziaria o a decisione arbitrale, ovvero per le quali sia pendente un tentativo di conciliazione o di mediazione23 e le richieste di risarcimento dei danni

che non siano conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento o della violazione dell’intermediario, nonché le questioni relative a beni

22 Al fine di individuare in modo chiaro la ripartizione delle rispettive competenze, il Regolamento n. 16763 del 29 dicembre 2008, istitutivo della Camera Consob, rimette ad un protocollo di intesa tra la Camera e l’ABF la risoluzione delle questioni relative all'ambito di applicazione; tale protocollo ha il compito di regolare gli aspetti operativi della collaborazione tra i due sistemi stragiudiziali in modo da assicurare che i clienti, in caso di inesatta individuazione del sistema di risoluzione stragiudiziale applicabile alla propria controversia, vengano indirizzati al sistema competente.

23 Le Disposizioni specificano che il ricorso all’ABF è comunque possibile in caso di fallimento della procedura conciliativa: in tal caso il ricorso può essere proposto entro 6 mesi dal fallimento del tentativo di conciliazione, anche qualora sia decorso il termine di 12 mesi previsto dalla Sezione VI, Paragrafo 2.

(21)

materiali o a servizi diversi da quelli bancari e finanziari oggetto del contratto tra il cliente e l’intermediario ovvero di contratti ad esso collegati24.

Di recente, l’ABF ha chiarito che le Disposizioni devono essere intese nel senso che l’Organo decidente può conoscere anche le controversie riguardanti le trattative precontrattuale – tra cui quelle concernenti il rispetto delle norme in materia di trasparenza (di cui alle Istruzioni di Vigilanza del 29 luglio 2009) – indipendentemente dall’effettiva conclusione del contratto.

La precisazione desta alcune perplessità, specie nella parte in cui consente all’ABF di conoscere tali controversie indipendentemente dall’effettiva conclusione del contratto. Quest’ultima precisazione, infatti, si concilia difficilmente con la già citata definizione di “cliente”, che le Disposizioni individuano in colui che ha o ha avuto un rapporto

contrattuale con un intermediario; di conseguenza,

sulla base di tale definizione, il soggetto che non ha effettivamente concluso un contratto con l’intermediario, non essendo “cliente”, sarebbe privo della legittimazione a proporre ricorso all’ABF.

Tale soggetto, inoltre, non potrebbe avrebbe il titolo per proporre un reclamo all’intermediario (che, secondo le il Disposizioni, rappresenta qualunque contestazione scritta proveniente da un “cliente”), che – come si avrà modo di specificare meglio in seguito – 24Ad esempio, quelle riguardanti eventuali vizi del bene concesso in leasing o fornito mediante operazioni di credito al consumo, ovvero quelle relative alle forniture connesse a crediti commerciali ceduti nell’ambito di operazioni di factoring.

(22)

è condizione preliminare e necessaria per proporre ricorso all’ABF.

2.3. La natura giuridica della decisione dell’Organo decidente

La pronuncia dell’Organo decidente non produce in realtà alcun effetto giuridico tra le parti della controversia: da essa, infatti, non scaturiscono obblighi, né alcun’altra conseguenza classificabile come effetto giuridico.

L’art. 128-bis, comma 2, ha delegato al CICR il dovere di disciplinare la procedura del Sistema ABF, anche allo scopo di assicurare l’effettività della tutela. La Deliberazione del CICR, ispirata essenzialmente al Regolamento dell’Ombudsman, ha adottato, a tal fine, lo strumento della sanzione c.d. “reputazionale”.

In particolare, l’art. 6, comma 7, della Deliberazione prevede che «nei casi di

inadempimento o di ritardo nell’adempimento della decisione ovvero nei casi di mancata cooperazione dell’intermediario, l’inadempienza è resa pubblica secondo le modalità stabilite dalla Banca d’Italia».

Esso riproduce, nella sostanza, la previsione di cui all’art. 10, comma 8, del Regolamento Ombudsman; il quale, tuttavia, nel primo comma premette che la decisione dell’Ombudsman «è

vincolante per la banca o per l’intermediario». Tale

ultima formulazione non è, invece, ripresa dalla Deliberazione del CICR; e, come evidenziato dalla dottrina25, si tratta «di una scelta quanto mai

25

RUPERTO, L’Arbitro Bancario Finanziario, in Banca, borsa e titoli

(23)

opportuna, poiché altrimenti sarebbe emersa un’evidente contraddizione tra il fatto di prevedere una sanzione solo “reputazionale” e quello di far sorgere a carico dell’intermediario l’obbligo di adempiere alla pronuncia dell’Organo».

Infatti, attribuire alla pronuncia carattere “vincolante”, significa che la stessa costituisce, a carico dell’intermediario, un obbligo, la cui fonte dovrebbe essere individuata nel consenso manifestato con l’atto di adesione all’ABF o all’Ombudsman: in altre parole, alla pronuncia conseguirebbe un effetto ragguagliabile a quello di un lodo arbitrale. Alla stregua di un ordinario obbligo giuridico, esso, in caso di inadempimento, sarebbe suscettibile di tutela di fronte al giudice ordinario. Ma tale conseguenza è, in realtà, esplicitamente esclusa nella regolamentazione dell’ABF: e, per via interpretativa, deve ritenersi esclusa anche con riguardo all’Ombudsman, il cui regolamento, con quella previsione, pone però un problema di coordinamento tra le diverse disposizioni.

L’analisi del dato normativo porta, quindi, a concludere che l’intermediario non è obbligato ad adempiere la decisione dell’Organo. Il suo inadempimento resta insuscettibile di tutela, non essendo esperibile, da parte del soggetto nei cui confronti l’obbligo dovrebbe essere eseguito, alcuna azione avente a oggetto quell’inadempimento. Conseguentemente, la decisione dell’Organo non è fatto costitutivo di obblighi (e dunque di effetti giuridici) per le parti della controversia, né, per l’appunto, porta a definizione la lite.

(24)

Per individuare la natura della decisione dell’Organo, occorre allora riportarsi alla prospettata considerazione d’insieme del procedimento, la cui struttura va analizzata nei suoi singoli elementi costitutivi.

In primo luogo, si osservi che, a differenza di quanto avviene nel caso dell’arbitrato e dell’arbitraggio (di una transazione o di un negozio di accertamento transattivo), la banca e il cliente non hanno alcun rapporto diretto con l’Organo decidente. Con l’adesione al sistema ABF, e con la proposizione del ricorso, l’intermediario e il cliente instaurano un rapporto solamente con la Banca d’Italia, il cui oggetto è la trattazione di particolari controversie tra loro insorte. Ma con tale adesione l’intermediario non conferisce un incarico di gestione della controversia finalizzato all’ottenimento di una decisione, come avviene nel caso degli arbitrati, bensì si limita ad “autorizzare” la Banca d’Italia a irrogargli la sanzione in caso di inottemperanza o inesecuzione di una decisione dell’Organo, assunta e comunicata conformemente alla regolamentazione in vigore.

Trattasi di un’autorizzazione riconducibile, sotto un profilo essenzialmente giuridico, alla figura del consenso dell’avente diritto. Tale consenso, che viene originariamente manifestato con l’adesione, impedisce di qualificare come fatto illecito il provvedimento di pubblicazione della notizia dell’inadempimento, il quale, altrimenti, non sarebbe consentito alla Banca d’Italia.

L’atto della pubblicazione diviene così un atto

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Il consenso dell’intermediario è in ogni momento liberamente revocabile, ma la sua revoca comporterebbe anche la revoca della stessa adesione all’ABF, e determinerebbe il venir meno di uno dei requisiti previsti dalla legge per l’esercizio dell’attività bancaria e finanziaria.

In questa prospettiva, sembra agevole affermare che la decisione dell’Organo è totalmente priva dei caratteri tipici della pronuncia.

Difatti, l’Organo decidente non è investito di poteri decisori dalle parti contendenti, e segnatamente dall’intermediario; la decisione dell’Organo non determina, come atto, la definizione della lite, che solo eventualmente potrà intervenire ma al ricorrere di ben distinti fatti; essa, infine, non produce effetti direttamente riferibili alla sfera giuridica delle parti.

La decisione dell’Organo non presenta, per altro verso, neppure i caratteri tipici del provvedimento amministrativo, che invece contraddistinguono senza dubbio l’atto di irrogazione della sanzione reputazionale, assunta dalla Banca d’Italia nell’esercizio della sua attività di vigilanza e controllo sull’attività bancaria.

In tale contesto, quindi, la decisione dell’Organo sembra allora ridursi ad una sorta di “parere pro

veritate”, essendo l’Organo decidente sostanzialmente

investito dalla Banca d’Italia dell’incarico di esprimere una valutazione sulla controversia in atto fra l’intermediario e il cliente: incarico per l’esecuzione di una prestazione d’opera intellettuale.

(26)

L’Organo svolge un’attività logica, di giudizio, consistente nel prendere posizione rispetto alla controversia attribuendo una ragione e un torto, ma solo in astratto, cioè senza che si producano effetti propriamente accertativi. La Banca d’Italia, sulla base del parere dell’Organo che, accogliendo il ricorso, faccia prevalere la ragione del cliente, sarà legittimata a irrogare la sanzione all’intermediario soccombente, in caso di sua inerzia nell’attuazione dei comportamenti qualificati nel parere come dovuti.

2.4. Procedimento e decisione

Come espresso dalla disciplina in commento, il contenimento dei rischi legali e reputazionali e l’efficiente funzionamento dei sistemi stragiudiziali dipendono in larga misura dalla capacità dell’intermediario di preservare un rapporto corretto e trasparente con i clienti; in questa prospettiva, quindi, è essenziale che gli intermediari riservino la massima cura alla funzione di gestione dei reclami, al fine di prevenire l’insorgere di controversie e di risolvere, già in questa fase preliminare, le situazioni di potenziale insoddisfazione del cliente.

Come anticipato, la centralità del reclamo è dimostrata, peraltro, dalla previsione secondo la quale l’espletamento della fase di reclamo presso l’intermediario costituisce una condizione preliminare e necessaria per adire l’ABF. A tal fine, ne viene offerta una puntuale definizione, che lo individua in “ogni

atto con cui un cliente chiaramente identificabile contesta in forma scritta (es. lettera, fax, e-mail) all’intermediario un suo comportamento o

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un’omissione”26. In proposito, dal combinato disposto

tra la già richiamata definizione di cliente (inteso come colui che ha o ha avuto con un intermediario un

rapporto contrattuale avente ad oggetto la prestazione di servizi bancari e finanziari ) e quella di

“reclamo”, sembra discendere la necessità di considerare e gestire come “reclamo” ogni contestazione (scritta) proveniente da qualsiasi soggetto che abbia o abbia avuto con la banca un rapporto di natura contrattuale, compreso quindi anche il c.d. “cliente occasionale”.

Una volta ricevuto il reclamo da parte del cliente, gli intermediari avranno 30 giorni di tempo per pronunciarsi nel merito dello stesso, indicando, in

26Al fine di assicurare una corretta e sollecita gestione dei reclami, le Disposizioni prevedono che gli intermediari si dotino di adeguate strutture organizzative e procedure interne, istituendo un ufficio reclami o individuando un responsabile della funzione di gestione dei reclami della clientela, secondo le relative disposizioni contenute nella disciplina sulla trasparenza dei servizi bancari e finanziari, emanata dalla Banca d’Italia il 29 luglio 2009. Con riguardo all’organizzazione interna degli intermediari, la Banca d’Italia – nel ribadire l’esigenza di evitare situazioni di conflitto di interessi potenzialmente connesse alla commistione tra funzione di gestione dei reclami e uffici aziendali preposti alla commercializzazione dei prodotti – ha comunque ritenuto ammissibile che una medesima struttura organizzativa si occupi sia della gestione dei reclami sia di quella dei rapporti con la clientela (c.d. customer satisfaction). Inoltre, gli intermediari potranno anche scegliere di esternalizzare le funzioni di gestione dei reclami, affidando l’ufficio reclami ad una struttura esterna, purché all’interno dell’azienda sia comunque individuato un soggetto responsabile; ciò, in conformità al principio generale secondo cui l’intermediario può affidare a terzi determinati compiti o attività, senza spogliarsi integralmente della responsabilità di controllare che le funzioni esternalizzate siano adeguatamente gestite.

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caso di accoglimento, i tempi previsti per l’adempimento. Tuttavia, è opportuno evidenziare che la scadenza del termine di trenta giorni concesso all’intermediario per la gestione del reclamo non pregiudica affatto una successiva composizione bonaria della lite tra le parti: rientra, infatti, nella piena disponibilità del cliente, una volta scaduto il predetto termine, decidere di proporre il ricorso all’ABF, ovvero – nell’ipotesi in cui l’interlocuzione intrapresa con l’intermediario appaia avviata verso una proficua soluzione – attenderne gli sviluppi.

Pertanto, se il cliente è rimasto insoddisfatto della soluzione individuata in esito alla gestione del reclamo – ovvero nell’ipotesi in cui l’intermediario non si sia pronunciato nel predetto termine di trenta giorni – si potrà proporre ricorso all’ABF, purché l’oggetto del ricorso corrisponda a quello del reclamo27.

Dopo aver presentato ricorso all’ABF, il cliente dovrà darne tempestiva comunicazione all’intermediario, avvalendosi di modalità di trasmissione recanti data certa (lettera raccomandata A.R. o posta elettronica certificata). Una volta ricevuta la predetta comunicazione, l’intermediario avrà trenta giorni di tempo per trasmettere alla competente

27 L’ABF ha recentemente offerto sul proprio sito internet un chiarimento di natura applicativa al riguardo, affermando che

l’ABF si pronuncerà sull’eventuale domanda di risarcimento del danno anche se proposta dal cliente per la prima volta nel ricorso, purché la domanda stessa si riferisca alla medesima contestazione oggetto del preventivo reclamo fatto all’intermediario.

(29)

Segreteria tecnica28 le proprie controdeduzioni29,

unitamente a tutta la documentazione utile ai fini della valutazione del ricorso, ivi compresa quella relativa alla fase di reclamo.

Compiuta l’istruttoria da parte della Segreteria tecnica, il Collegio prende cognizione della controversia e si pronuncia entro sessanta giorni dalla ricezione delle controdeduzioni, applicando le previsioni di legge e regolamentari in materia, nonché quelle previste da eventuali codici di condotta ai quali l’intermediario aderisca.

28 Il ruolo di Segreteria tecnica dell’ABF è svolto dalla Banca d’Italia. Tramite un avviso pubblicato sul proprio sito internet l’ABF ha precisato che che, in questa prima fase di avvio, l’ABF opererà a Segreterie tecniche “unificate” e, pertanto, l’unica Segreteria tecnica ad essere attualmente attivata è quella di Roma. Di conseguenza, fino all’attivazione delle restanti Segreterie tecniche (prevista per la fine del mese di marzo 2010), qualsiasi comunicazione prevista dalle Disposizioni dovrà essere trasmessa alla Segreteria tecnica di Roma. Sembra ragionevole ritenere che la Banca d’Italia provvederà a dare pubblicità dell’inizio dell’operatività delle restanti Segreterie tecniche (Milano e Napoli), presumibilmente attraverso il proprio sito internet e/o attraverso il citato sito internet dell’ABF. Appare, tuttavia, opportuno precisare che sono soltanto le Segreterie tecniche di Milano e Napoli a non essere state ancora attivate e non già i rispettivi Collegi giudicanti; tali Collegi, infatti – al pari di quello con sede a Roma – sono attivi già dal 15 ottobre 2010.

29Se l’intermediario aderisce a un’associazione degli intermediari la tempistica è ampliata, atteso che le controdeduzioni e la citata documentazione sono trasmesse, entro il medesimo termine di 30 giorni, alla predetta associazione, che entro 15 giorni dalla ricezione delle stesse provvede a inoltrarle alla segreteria tecnica. Dal tenore delle Disposizioni sembra potersi concludere che – ove l’intermediario abbia aderito ad una delle predette Associazioni – la comunicazione delle controdeduzioni debba avvenire esclusivamente per il loro tramite.

(30)

Quanto al contenuto della decisione, il Collegio non si limita ad affermare l’esistenza del diritto violato, ma può anche condannare l’intermediario a tenere un comportamento specifico (dare, facere o

non facere). Tale assunto sembra trovare conferma

nella previsione in virtù della quale la decisione sul ricorso deve contenere indicazioni volte a favorire le

relazioni tra intermediari e clienti, la quale

presuppone che il Collegio, oltre a dichiarare la spettanza al ricorrente di somme di denaro, può anche condannare l’intermediario a tenere un comportamento specifico.

La decisione, corredata della relativa motivazione, è comunicata alle parti entro 30 giorni dalla pronuncia; da tale momento, se non disposto diversamente, l’intermediario avrà ulteriori 30 giorni di tempo per adempiervi, ferma restando la facoltà per entrambe le parti di ricorrere all’Autorità giudiziaria, ovvero ad ogni altro mezzo previsto dall’ordinamento, per la tutela dei propri diritti ed interessi. Entro lo stesso termine l’intermediario dovrà comunicare alla Segreteria tecnica le azioni poste in essere per dare attuazione alla decisione del Collegio.

È appena il caso di osservare che – a differenza di quanto previsto per la Camera di conciliazione e arbitrato della Consob – la vincolatività della decisione dell’ABF non ha reso necessario prevedere la facoltà di richiedere l’omologazione della pronuncia del Collegio.

La proposizione del ricorso all’ABF, comunque, non pregiudica il diritto dell’intermediario di portare la controversia innanzi all’Autorità giudiziaria

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ordinaria. Tuttavia, anche nell’ipotesi in cui si apra un procedimento giudiziario, le Disposizioni consentono al cliente di optare per la prosecuzione del procedimento dinanzi all’ABF. Tale ultima previsione – finalizzata ad evitare che l’intermediario possa sottrarsi alla decisione sul ricorso sottoponendo la controversia all’Autorità giudiziaria – astrattamente consente la coesistenza di due diversi giudizi (l’uno dinnanzi all’ABF, l’altro davanti all’autorità giudiziaria ordinaria) sulla medesima controversia, con il rischio che si pervenga a due pronunce contrastanti. Le Disposizioni, peraltro, non contengono alcuna previsione che stabilisca la prevalenza della decisione giudiziaria rispetto a quella dell’ABF e, pertanto, muovendo dal presupposto che le predette decisioni hanno natura diversa e che l’indipendenza dello strumento stragiudiziale rispetto a ogni altro mezzo di tutela previsto dall’ordinamento è sancita dalla legge (art. 128-bis Tub), la Banca d’Italia ha precisato che nell’ipotesi di condanna da parte dell’ABF l’intermediario dovrà adempiere la decisione, indipendentemente dall’esito del giudizio eventualmente instaurato dinnanzi al giudice ordinario30.

2.5. Il tentativo di conciliazione o di mediazione nelle more del procedimento

30 Il principio è chiaramente espresso dalla Banca d’Italia nel Documento recante il “Resoconto della Consultazione” ove si afferma (p. 33) che “l’eventuale proposizione dell’azione

giudiziaria non può essere considerata un’alternativa all’adempimento alla decisione”.

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La proposizione del ricorso all’ABF, inoltre, non pregiudica la facoltà delle parti di tentare, nelle more del procedimento, di comporre bonariamente la lite attraverso un tentativo di conciliazione o di mediazione. Al riguardo, le Disposizioni prevedono che il Collegio giudicante, d’ufficio o su istanza di parte, dichiari l’interruzione del procedimento qualora consti che in relazione alla medesima controversia sia stato avviato un tentativo di conciliazione o di mediazione ai sensi di norme di legge.

Tuttavia, le Disposizioni contemplano la sola ipotesi di esito negativo del tentativo di conciliazione (in tal caso, il cliente potrà riproporre il ricorso senza necessità di un nuovo reclamo all’intermediario), senza nulla disporre per l’ipotesi in cui le parti giungano invece ad una composizione bonaria della lite.

In tal caso, comunque, nulla sembra vietare che il cliente rinunci al ricorso già proposto, prima che intervenga la decisione del Collegio. In assenza di previsioni sul punto, pertanto, si ritiene che in caso esito positivo della conciliazione sarà necessario che il cliente – in qualità di parte che ha dato impulso alla procedura di ricorso – debba informarne l’ABF, attraverso un atto di rinuncia al ricorso. Tuttavia, ove consti che il cliente non vi abbia provveduto, nulla dovrebbe vietare di considerare valida una comunicazione effettuata dalla banca, eventualmente corredata dal verbale della conciliazione o da copia della transazione sottoscritta dalle parti. All’atto di rinuncia al ricorso, dovrà comunque seguire la dichiarazione del Collegio di cessazione della materia

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del contendere.

Nell’accordo di rinuncia al ricorso, infine, le parti potranno dettare disposizioni anche con riguardo al versamento dei contributi alle spese della procedura. In tal caso – vale a dire nell’ipotesi in cui le parti si accordino sulla sorte delle spese del giudizio – il Collegio dovrebbe limitarsi a prendere atto della scelta effettuata nella transazione, non avendo motivo per sostituirsi alla volontà delle parti.

2.6. La sanzione reputazionale: la pubblicità dell’inadempimento

La norma di legge sulla quale si fonda l’istituzione dell’ABF (art. 128-bis Tub) non prevede l’applicazione di sanzioni amministrative a fronte dell’inadempimento da parte degli intermediari alle decisioni dell’organo giudicante; la delibera del CICR, pertanto, ha previsto – come conseguenza di un’accertata violazione della pronuncia da parte dell’intermediario – la possibilità per la Banca d'Italia di adottare misure reputazionali, consistenti nella pubblicità dell’inadempimento.

Tuttavia, la sanzione della pubblicità riguarda non soltanto il caso di inadempimento alle decisioni del Collegio (al quale, come detto, è assimilato l’inadempimento delle disposizioni relative al contributo alle spese), ma anche l’ipotesi di mancata cooperazione al funzionamento della procedura (vale a dire il mancato versamento dei contributi dovuti all’organo decidente e il mancato invio della documentazione richiesta, ove ciò impedisca una

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pronuncia sul merito della controversia).

In tutti i predetti casi, quindi, la Segreteria tecnica ne dà relativa pubblicità sul sito internet dell’ABF, sul sito internet della Banca d’Italia e, a cura e a spese dell’intermediario, in due quotidiani ad ampia diffusione nazionale.

2.7. I rimedi esperibili avverso le decisioni dell’ABF

Una delle questioni maggiormente dibattute nella prassi operativa riguarda l’individuazione dei rimedi esperibili dagli intermediari finanziari avverso eventuali decisioni sfavorevoli assunte dall’ABF, posto che le Disposizioni non prevedono alcun mezzo di gravame o impugnativa avverso le pronunce dei Collegi giudicanti.

Muovendo dal presupposto che le decisioni dell’ABF rappresentano provvedimenti (non già dell’Autorità giudiziaria, ma) di un organismo di natura stragiudiziale, si ritiene che – dinnanzi ad una pronuncia sfavorevole – gli intermediari finanziari abbiano la facoltà di scegliere se adempiere alla decisione, ponendo in essere le misure o i comportamenti prescritti entro il termine stabilito, ovvero non adempiere a quanto stabilito dall’ABF, restando però soggetti alla sanzione reputazionale della pubblicazione dell’inadempimento.

Indipendentemente dall’adempimento, si ritiene che gli intermediari finanziari possano sottoporre la questione al Giudice ordinario, promuovendo

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un’azione di accertamento negativo volta ad ottenere non tanto l’annullamento o, in generale, la riforma della decisione dell’ABF (ciò, infatti, rappresenterebbe una sorta di giudizio di appello, come detto non previsto dalle Disposizioni), quanto una dichiarazione del Giudice circa la correttezza dei comportamenti tenuti dallo stesso intermediario, a dispetto di quanto dichiarato nella pronuncia del Collegio giudicante.

Resta inteso che la devoluzione della controversia al Giudice ordinario non esclude l’applicazione della sanzione reputazionale in caso di inadempimento: come confermato da un’interpretazione autentica della Banca d’Italia, infatti, l’eventuale proposizione dell’azione giudiziaria non può essere considerata un’alternativa all’adempimento alla decisione31. Al riguardo,

comunque, un recente comunicato della Banca d’Italia ha evidenziato la possibilità per gli intermediari di comunicare all’ABF l’avvio di un’eventuale azione giudiziaria, affinché se ne faccia menzione in sede di pubblicazione dell’inadempimento32.

3. La Camera di Conciliazione e Arbitrato costituita presso la Consob

Come accennato, a seguito di una pubblica consultazione con il mercato, la Consob ha pubblicato

31Cfr. Documento della Banca d’Italia recante il “Resoconto della consultazione” p. 33.

32 Cfr. Comunicato del 26 ottobre 2010, pubblicato sul sito internet dell’ABF.

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il Regolamento 29 dicembre 2008, n. 16763, che disciplina il funzionamento di una camera di conciliazione e di arbitrato, istituita presso la Consob dal d.lgs. 8 ottobre 2007, n. 17933.

Sebbene la Consob abbia concretamente avviato l’operatività della Camera solo nel recente passato, i profondi mutamenti intervenuti negli oltre tre anni dall’adozione del regolamento hanno suggerito una complessiva revisione dell’attuale disciplina, la quale infatti, risulta attualmente sottoposta ad una pubblica consultazione con il mercato34

3.1. Ambito di applicazione del Regolamento Consob

Esercitando la delega contenuta nell’art. 27, comma 1, della legge 28 dicembre 2005, n. 262 (c.d. “legge risparmio”), il Decreto n.179 del 2007 attribuisce alla Camera la competenza a conoscere delle controversie insorte in sede di prestazione di servizi e attività di investimento e di servizi accessori, per la violazione, da parte degli intermediari, degli obblighi di informazione, correttezza e trasparenza previsti nei rapporti contrattuali con gli investitori.

33Per un approfondimento sul tema, si veda Circolare ABI, Serie Legale n. 3 del 2 marzo 2009; in dottrina, GUERINONI, La

conciliazione e l’arbitrato per le controversie nell’intermediazione finanziaria, in Contr., 2008, 3, 301 e ss.

34 Si veda il documento recante “Modifiche al regolamento concernente la Camera di conciliazione e Arbitrato presso la Consob – documento di consultazione 5 aprile 2012”.

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L’ambito di applicazione oggettivo del Regolamento e, in particolare, l’opportunità di deferire alla competenza della Camera anche le controversie relative alla prestazione del servizio di gestione collettiva del risparmio, ha destato alcune perplessità. Infatti, nonostante il decreto e la Legge Risparmio non contenessero un espresso riferimento in tal senso, la Consob ha comunque preferito ampliare l’operatività della Camera, prevedendo che anche le controversie in tema di gestione collettiva del risparmio siano suscettibili di composizione in via conciliativa, sul presupposto che tale scelta sia maggiormente aderente all’impianto normativo su cui si fondano le procedure di conciliazione e di arbitrato35.

35 Nel documento pubblicato dalla Consob in occasione della pubblica consultazione del 4 agosto 2008, a sostegno della propria interpretazione la Commissione ha portato le seguenti motivazioni:

§ il richiamato art. 1, comma 1, lett. b) del d.lgs. n. 179/2007 costituisce norma definitoria, afferente al “soggetto” generalmente legittimato a prendere parte alle procedure di conciliazione e di arbitrato. La norma, quindi, assume esclusiva valenza di individuazione dei soggetti che solo potranno essere parti del procedimento conciliativo ovvero di quello arbitrale (investitori e intermediari); e, sotto questo profilo, non v’è dubbio che anche la SGR debba essere presa in considerazione, rientrando nell’alveo dei “soggetti abilitati” enumerati all’art. 1, comma 1, lett. r) del d.lgs. n. 58/1998 (richiamato dalla norma definitoria in esame) ed essendo essa senz’altro abilitata alla prestazione di servizi di investimento (dalla autorizzazione al servizio di gestione collettiva del risparmio discende naturaliter la possibilità per la SGR di prestare professionalmente nei confronti del pubblico il servizio di gestione individuale di portafogli ed il servizio di consulenza in materia di investimenti: cfr., art. 18, comma 2, d.lgs. n. 58 del 1998);

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Inoltre, la Consob ha ritenuto di attribuire alla Camera anche la gestione della fase di “composizione non contenziosa” della lite collettiva, prevista dall’art. 140-bis, comma 6, del d.lgs. 206 del 2005 (c.d. “Codice del consumo”), laddove la lite abbia ad oggetto le materie di competenza della Camera stessa (vale a dire, come detto, l’accertamento della responsabilità dell’intermediario per violazione degli obblighi di informazione, correttezza e trasparenza nella prestazione dei servizi di investimento e di gestione collettiva del risparmio). Si osserva, tuttavia, che il citato art. 140-bis, comma 6 del Codice del § l’art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 179 del 2007, nel disciplinare l’ambito “oggettivo” di operatività delle procedure, testualmente dispone la “istituzione” della Camera presso la Consob per “l’amministrazione, in conformità al presente decreto, dei procedimenti di conciliazione e di arbitrato promossi per la risoluzione di controversie insorte tra gli investitori e gli intermediari per la violazione da parte di questi degli obblighi di informazione, correttezza e trasparenza previsti nei rapporti contrattuali con gli investitori”. Nella concreta perimetrazione del thema decidendum, pertanto, si fa riferimento esclusivamente alla natura degli obblighi asseritamene violati dagli “intermediari” (tra cui rientrano, come detto, anche le SGR) e non anche alla natura dei rapporti contrattuali con gli investitori (gli obblighi di informazione, correttezza e trasparenza, dunque, ben possono afferire al servizio di gestione collettiva oltre che ai servizi di investimento);

§ l’art. 6 del d.lgs. n. 179 del 2007, nel disciplinare – conformemente ai principi desumibili dal Codice del consumo – l’efficacia della clausola compromissoria (“vincolante solo per l’intermediario”) testualmente fa menzione dei “contratti di gestione collettiva del risparmio” ove detta clausola può essere inserita; ebbene, tale disposizione sarebbe priva di senso alcuno – ed anzi patentemente incoerente con il sistema – ove si intendesse escludere il servizio di gestione collettiva dalle procedure di conciliazione ed arbitrato amministrate dalla Camera.

(39)

consumo consente la gestione non contenziosa della fase della controversia, attinente la determinazione del quantum da restituire ai singoli consumatori, soltanto agli organismi di conciliazione iscritti in un apposito registro36, con ciò escludendo la competenza

degli organismi di conciliazione contemplati da leggi speciali, tra i quali peraltro rientra anche la Camera. Stante, quindi, l’impossibilità per la Camera di iscriversi in tale registro, la Consob – nel presupposto che la mancata modifica della predetta disposizione sia frutto di una mera dimenticanza del legislatore37

ha comunque provveduto, in via regolamentare, ad attribuire alla cognizione della Camera anche la gestione della composizione non contenziosa della lite collettiva di cui all’art. 140-bis, laddove la lite abbia ad oggetto materie di sua competenza.

Quanto, infine, all’ambito di applicazione soggettivo, la Consob ha previsto che la Camera sia competente per la risoluzione delle controversie insorte fra intermediari e investitori diversi dai clienti professionali38.

36Si tratta del registro previsto dall’art. 38 del d.lgs. n. 5 del 2003 e istituito con il D.M. n. 222 del 2004.

37 A sostegno della propria interpretazione, nel documento di consultazione la Consob ha sostenuto che “tutte le proposte di

legge confluite nell’emendamento alla legge finanziaria che ha introdotto l’art. 140-bis (d.d.l Bersani, d.d.l. Benvenuto, p.d.l. Maran), presentavano identico riferimento al registro di cui all’art. 38 del d. lgs. 5/2003 anche considerando che tali proposte sono state presentate alle relative camere nell’estate del 2006 quando ancora la Camera di conciliazione presso la Consob non era stata istituita”.

38Le Disposizioni definiscono gli investitori come “gli investitori

(40)

3.2. La conciliazione stragiudiziale

Il Titolo III del Regolamento detta le regole per lo svolgimento della conciliazione stragiudiziale.

In via generale, il Regolamento prevede che la procedura di conciliazione si ispiri ai principi dell’immediatezza, della concentrazione e dell’oralità, che venga garantita la riservatezza in tutte le sue fasi e che, in sede di trattazione, siano rispettati i principi dell’imparzialità e della garanzia del contraddittorio.

La conciliazione è ammessa a condizione che non siano state avviate, anche su iniziativa dell’intermediario, altre procedure di conciliazione cui l’investitore abbia aderito; inoltre, è necessario che l’investitore abbia presentato un reclamo all’intermediario cui sia stata fornita espressa risposta e che sia decorso il termine di novanta giorni, o il termine più breve eventualmente stabilito dall’intermediario per la trattazione del reclamo, senza che l’investitore abbia ottenuto risposta.

Il procedimento ha inizio con il deposito presso la Camera di un’istanza, formulata dall’investitore e comunicata all’intermediario con mezzo idoneo a dimostrarne l’avvenuta ricezione. La Camera, valutata l’ammissibilità dell’istanza, invita l’intermediario a comunicare - entro cinque giorni dall’invito stesso - la propria adesione al tentativo di conciliazione,

2-quater, lettera d) e dai clienti professionali di cui ai successivi commi 2-quinquies e 2-sexies, del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 e successive modificazioni”.

(41)

procedendo senza indugio alla nomina del conciliatore.

La procedura si conclude entro sessanta giorni dal deposito dell’istanza, ovvero dal successivo deposito delle integrazioni e delle correzioni previste dal Regolamento. Tuttavia, il conciliatore ha la possibilità di prorogare il predetto termine per un periodo non superiore a sessanta giorni, se le parti vi consentono e se ricorrono i presupposti espressamente previsti dal Regolamento.

Se la conciliazione riesce, i contenuti dell’accordo sono riportati in un apposito processo verbale, sottoscritto dalle parti e dal conciliatore. Nell’ipotesi in cui le parti non diano spontanea esecuzione alle previsioni dell’accordo conciliativo, il verbale -omologato con decreto del presidente del Tribunale nel cui circondario ha avuto luogo la conciliazione -costituisce titolo esecutivo per procedere all'espropriazione forzata, all'esecuzione in forma specifica e all'iscrizione di un’ipoteca giudiziale.

Al contrario, nell’ipotesi in cui l’accordo non venga raggiunto, il conciliatore - su istanza congiunta delle parti - formula una proposta rispetto alla quale ciascuna delle parti indica la propria definitiva posizione ovvero le condizioni alle quali sarebbe disposta a conciliare. Di tali posizioni il conciliatore dà atto in apposito verbale di fallita conciliazione.

3.3. L’arbitrato amministrato: arbitrato ordinario e semplificato. Regole comuni e disposizioni specifiche

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