• Non ci sono risultati.

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA Facoltà di Lettere e Filosofia

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA Facoltà di Lettere e Filosofia"

Copied!
18
0
0

Testo completo

(1)

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA

Facoltà di Lettere e Filosofia

DOTTORATO IN STORIA DELLE ARTI VISIVE

E DELLO SPETTACOLO

19° CICLO 2004-2006

Il piano di riordino dei musei pubblici

nella Roma napoleonica

(1809-1814)

Candidata:

Tutor:

(2)
(3)

INDICE

I

I

NTRODUZIONE

1

C

APITOLO PRIMO

L’insediamento delle autorità napoleoniche. La politica per le antichità

e le arti della Consulta straordinaria per gli Stati Romani

(giugno 1809- dicembre 1810)

1 I.1. Un proclama in favore della conservazione del patrimonio monumentale, archeologico e artistico e della promozione delle arti contemporanee

4 I.2. Lo stato di decadenza della città: la crisi del sistema romano delle arti 15 I.3. Mito e realtà di Roma. Napoleone, alcuni osservatori e le soluzioni per una

“rinascita” della città

19 I.4. Sextius-François Miollis, Joseph-Marie de Gérando e Camille de Tournon: breve ritratto dei principali esponenti del governo napoleonico

30 I.5. «Une politique qui n’est plus celle du directoire». Una legislazione protezionistica per le antichità e le arti

39 I.6. La soppressione degli ordini religiosi e l’incameramento dei beni della Chiesa. Le inedite iniziative di catalogazione e classificazione degli oggetti d’arte

43 I.7. L’ esportazione delle opere d’arte nel biennio 1809-1810: un sensibile calo dei flussi

48 I.8. Scavi, sterri, restauri. Il Foro Romano da «vasto immondezzaio» a «delizioso giardino»

54 I.9. Una nuova centralità per l’Accademia di San Luca

61 I.10. Un banco di prova per gli architetti: la progettazione di passeggiate pubbliche e giardini

65 I.11. Le mostre d’arte in Campidoglio. Un crogiolo di presenze a confronto

75

C

APITOLO SECONDO

Il sistema museale da Pio VII a Napoleone: tra declino ed elaborazione

di nuovi modelli

75 II.1. Il polo vaticano 90 II.2. Il polo capitolino

(4)

106 II.3. I provvedimenti della Consulta in favore delle gallerie capitoline 113 II.4. I provvedimenti della Consulta in favore delle gallerie vaticane 119

C

APITOLO TERZO

Un burocrate e un artista alla guida dei musei imperiali (febbraio

1811-gennaio 1814). La riorganizzazione del personale e le norme per la

frequentazione delle sale

119 III.1. L’insediamento dell’Intendente dei Beni della Corona Martial-Noël-Pierre Daru

126 III.2. «Una qualsivoglia direzione è assolutamente opposta alla maniera delle mie abitudini». La nomina di Antonio Canova a direttore dei musei di Roma 138 III.3. Il regolamento per la frequentazione dei musei imperiali, ovvero la fine

dell’«obbrobrioso abuso di dover pagare l’ingresso»

144 III.4. Museo Imperiale del Vaticano: il potenziamento del personale e la riforma del modello organizzativo d’ancien régime

150 III.5. Museo Imperiale del Campidoglio: il potenziamento del personale e la riforma del modello organizzativo d’ancien régime

153 III.6. Le guardie svizzere e il servizio di vigilanza al Portone di Bronzo dei palazzi pontifici

158 III.7. Nuovi diritti per i dipendenti dei musei: pensione, assistenza sanitaria e alloggio

162 III.8. Obblighi e divieti per il personale del Museo Vaticano: il tentativo (fallito) di introdurre regole e disciplina

168 III.9. Il costo complessivo della riorganizzazione del personale

171

C

APITOLO QUARTO

Gli spazi e le collezioni dei musei imperiali

171 IV.1. Il complesso vaticano: interventi di manutenzione straordinaria e ampliamenti degli spazi espositivi

189 IV.2. Il nuovo itinerario di visita del Museo Vaticano

192 IV.3. Il complesso capitolino: interventi di manutenzione straordinaria e progetti di ampliamento degli spazi espositivi

(5)

201 IV.5. La verifica della consistenza del patrimonio della Corona. L’inventario delle collezioni vaticane e capitoline

205 IV.6. L’inventario degli oggetti d’arte degli edifici religiosi soppressi di Roma e le norme per il trasferimento nei musei

210 IV.7. Il breve soggiorno di Dominique-Vivant Denon a Roma. L’invito a musealizzare per salvare dal degrado

215 IV.8. Dal convento al museo: marmi antichi e moderni in Vaticano 220 IV.9. Dal convento al museo: dipinti di età moderna in Campidoglio

227 IV.10. La missione di Tofanelli nel dipartimento del Trasimeno. Il progetto, fallito, della pubblica esposizione dei dipinti della “scuola romana”

239 IV.11. Dagli scavi al museo: l’incremento delle collezioni archeologiche del Vaticano

252 IV.12. Restauri e nuove collocazioni per le antichità del Campidoglio. La denuncia del conflitto d’interessi dei conservatori-restauratori

256 IV.13. Il restauro degli arazzi della Scuola Vecchia e della Scuola Nuova 263

C

ONCLUSIONE

269

A

PPENDICE DOCUMENTARIA

. A

NTOLOGIA LEGISLATIVA E REGOLAMENTARE

. P

LANIMETRIE

309

T

AVOLA DELLE ABBREVIAZIONI

311

B

IBLIOGRAFIA

(6)
(7)

Se vi è stato tempo in cui il mio amico venisse sovraccaricato d’infinite brighe; è al certo nel quinquennio della dominazione francese […]. Quanto ai musei, io insieme con i miei figli Giuseppe ed Alessandro gli scemavamo le occupazioni; il che faceva lui contento delle nostre fatiche. Lietissimo poi era, perchè non solo nulla toglievasi a quei pubblici stabilimenti, ma con gli oggetti che si andavan scavando e raccogliendo, i magazzini arricchivansi di nuove cose sempre utili alle arti ed all’archeologia […]; ed a lode della verità a cotale raccolta efficacemente contribuirono il generale Miollis, il Barone De Gerando e il Barone De Tournon che in quel tempo saggiamente governarono Roma nel politico e nell’amministrativo

(8)
(9)

I

INTRODUZIONE

Questa ricerca si propone di colmare una lacuna. Intende cioè ricostruire la storia dei musei romani nel breve ma intenso periodo compreso tra il maggio del 1809 e il gennaio del 1814, quando la città del papa, svincolata dal governo ecclesiastico, fu annessa all’impero francese.

Alla vigilia dell’occupazione napoleonica esistevano in città ben due complessi museali, entrambi frutto della cultura illuminista del XVIII secolo, aperti all’eterogeneo pubblico degli artisti, degli eruditi e dei viaggiatori internazionali: uno insediato sul colle capitolino, la giurisdizione del quale era ripartita tra le autorità pontificie e le autorità municipali; l’altro insediato in Vaticano, sotto l’egida del maggiordomo dei Sacri Palazzi Apostolici. Le collezioni custodite al loro interno erano state acquisite dai pontefici per impedirne la vendita ad acquirenti stranieri, con il fine cioè di salvaguardare la memoria storica dell’Urbe, la sua vocazione turistica, e di tutelare gli studi antiquari e la formazione artistica. A guidarli c’era Antonio Canova, la cui nomina ad ispettore generale delle Belle Arti (1802) aveva sancito l’ingresso degli artisti nell’amministrazione del patrimonio culturale.

La vicenda dei musei nel corso delle “seconda occupazione francese” ha goduto di una fortuna critica pressoché nulla, motivata dalla repentina rimozione, negli anni della Restaurazione, delle tracce di un’esperienza giudicata infausta e foriera della messa in discussione dell’ordine stabilito. Nel corso dell’Ottocento i pochi studiosi delle istituzioni culturali capitoline, impegnati a celebrare la prodigalità pontificia, hanno trascurato di far cenno alle vicende di quegli anni o hanno assimilato l’operato degli emissari del direttorio, responsabili delle requisizioni seguite alla firma del trattato di Tolentino, a quello degli emissari di Napoleone. Hanno cioè compreso in un unico giudizio negativo le scelte degli uni e degli altri. Gaetano Moroni, per esempio, alla voce Musei di Roma del Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica, senza far alcun cenno agli accadimenti di epoca imperiale, riduce l’iniziativa francese ad una generalizzata azione di confisca a vantaggio della «repubblica»1.

1 G. Moroni, s.v. Musei di Roma, in Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica da S. Pietro sino ai nostri giorni, XLVII, Venezia 1847, p. 92.

(10)

II

La perdita della memoria del quadriennio napoleonico ha condizionato la ricerca storica. Fino alla metà del Novecento, inoltre, l’impegno degli archeologici e degli storici dell’arte alla stesura dei cataloghi delle collezioni, ha contribuito ad estromettere quell’epoca dall’orizzonte degli studi. La maggior parte delle opere musealizzate tra il 1809 e il 1814, e specialmente i dipinti, era tornata infatti nei luoghi di provenienza già nei mesi successivi al ritorno di Pio VII. Quanto alle poche trattenute, soprattutto antichità di scarsa rilevanza estetica, esse finirono per essere comprese nel nutrito novero di quelle di incerta provenienza2.

Come noto, solo con l’affermarsi, alla fine degli anni Settanta, dell’interesse per la storia della conservazione del patrimonio, il dibattito intorno al museo - alle sue origini, ai suoi presupposti, alla sua evoluzione - si è imposto come tema cardine della ricerca storico-artistica3. All’interno di una disciplina quale la museologia ha trovato spazio l’indagine sul significato e la forma dell’istituzione nel suo sviluppo in età moderna, con un particolare risalto al momento dell’acquisizione di una dimensione propriamente pubblica. A partire dagli anni Ottanta gli studi di ambito capitolino si sono dunque concentrati sui momenti fondanti ciascuna raccolta, forti del progredire delle conoscenze sulla Roma del XVIII secolo, capitale del Grand Tour e centro propulsore della cultura antiquaria e neoclassica4. Il Museo Pio-Clementino ha goduto, in particolare, delle attenzioni maggiori, riconosciuto come il massimo simbolo dell’universalismo romano, capace di accomunare, in nome del culto per l’antico, uomini di culture e religioni diverse; un luogo in grado di rappresentare

2 A. Venturi, La Galleria del Campidoglio, in “Archivio Storico dell’Arte”, II, 1889, pp.

441-454; Idem, La Galleria del Campidoglio, Roma 1890; W. Amelung - G. Lippold, Die

Skulpturen des Vatikanischen Museums, 3 voll., Berlin 1903-1956; H. Stuart Jones, A Catalogue of the Ancient Sculptures preserved in the Municipal Collections of Rome. The Sculptures of the Museo Capitolino, Oxford 1912; Idem, A Catalogue of the Ancient Sculptures preserved in the Municipal Collections of Rome. The Sculptures of the Palazzo dei Conservatori, Oxford 1926.

3 Per il contesto italiano fondamentali gli interventi di Andrea Emiliani, tra i quali si segnalano: Musei e museologia, in Storia d’Italia. V.2. Documenti, Torino 1973, pp. 1614-1655; Una politica per i beni culturali, Torino 1974; Dal museo al territorio: 1967-1974, Bologna 1974.

Importante inoltre il volume Capire l’Italia. I Musei, a cura del Touring Club Italiano, Milano 1980.

4 Il merito di aver sottoposto la cultura figurativa romana del Settecento ad un’accurata

indagine storico-critica va riconosciuto primariamente ad Anthony Clark, Italo Faldi, Giovanni Sestieri e Stella Rudolph.

(11)

III

esemplarmente, con coerenza e arditezza al tempo stesso, lo spirito della città di Winckelmann e di Canova5.

Il recupero della “storia francese” dei musei romani non è emerso comunque come una necessità fino a tempi recentissimi. Coloro che hanno precocemente riconosciuto agli anni del pontificato di Pio VII una centralità nella storia del collezionismo pubblico e delle istituzioni artistiche hanno trascurato infatti di analizzare le vicende napoleoniche - collocate negli anni di mezzo del lungo regno di papa Chiaramonti. Nel fondamentale volume I Musei Vaticani. Cinque secoli di storia (1985) Carlo Pietrangeli ha ricondotto, per esempio, all’iniziativa pontificia pressoché ogni risoluzione maturata nel periodo di governo francese: l’incremento del personale, l’emanazione del primo regolamento di frequentazione delle sale, l’ampliamento dell’itinerario di visita, ecc.. E senza mettere in discussione quei convincimenti si è mosso successivamente Paolo Liverani6. Negli ultimi anni, grazie all’ordinamento del

materiale documentario dell’Archivio di Stato di Roma7, e sull’esempio del lavoro compiuto dagli storici dell’archeologia e degli scavi8, la cortina è stata però infranta. Valter Curzi, in particolare, all’interno di una più generale indagine sulle politiche di tutela a Roma, tra ancien régime e Restaurazione, ha analizzato l’azione della

5 Mi limito a citare al riguardo: C. Pietrangeli, I Musei Vaticani al tempo di Pio VI, in

“Rendiconti della Pontificia Accademia Romana di Archeologia”, XLIX, 1976-1977, pp. 195-233; Idem, I Musei Vaticani. Cinque secoli di storia; Roma 1985; G.P. Consoli, Il Museo

Clementino. La scena dell’antico in Vaticano, Modena 1996; P. Liverani, The Museo Pio-Clementino at the Time of the Grand Tour, in “Journal for the History of the Collections”, XII,

2, 2000, pp. 151-159; O. Rossi Pinelli, Per una “storia dell’arte parlante”: dal Museo

Capitolino (1734) al Pio-Clementino (1771-91) e alcune mutazioni della storiografia artistica,

in Intellettuali ed eruditi tra Roma e Firenze alla fine del Settecento, a cura di L. Barroero - O. Rossi Pinelli, numero monografico di “Ricerche di storia dell’arte”, 84, 2004, pp. 5-23.

6 P. Liverani, Dal Pio-Clementino al Braccio Nuovo, in Pio VI Braschi e Pio VII Chiaramonti. Due pontefici cesenati nel bicentenario della Campagna d’Italia, atti del convegno (Cesena,

maggio 1997), a cura di A. Emiliani - L. Pepe - B. Dradi Maraldi, Bologna 1998, pp. 27-41; Idem, L’evoluzione della collezione vaticana di antichità tra il trattato di Tolentino e il

congresso di Vienna, in Ideologie e patrimonio storico-culturale nell’età rivoluzionaria e napoleonica, atti del convegno (Tolentino, 1997), Roma 2000, pp. 339-35; Idem, La nascita del Museo Pio-Clementino e la politica canoviana dei Musei Vaticani, in Canova direttore di musei, atti della prima settimana di studi canoviani (Bassano del Grappa, 1999), a cura di M.

Pastore Stocchi, Bassano del Grappa 2004, pp. 75-103.

7 C. Nardi, Consulta Straordinaria per gli Stati Romani (109-1810). Inventario, Roma 1990;

M. Calzolari, Le commissioni preposte alla conservazione del patrimonio artistico e

archeologico di Roma durante il periodo napoleonico (1809-1814). Nuove ricerche sui fondi documentari dell’Archivio di Stato di Roma, in Ideologie e patrimonio, 2000, pp. 514-559. 8 M. Jonsson, La cura dei monumenti alle origini. Restauro e scavo di monumenti antichi a Roma 1800-1830, numero monografico di “Acta Instituti Romani Regni Sueciae”, XIV,

Stockholm 1986; R.T. Ridley, The eagle and the spade. Archaeology in Rome during

(12)

IV

Consulta Straordinaria per gli Stati Romani nel settore delle Belle Arti, evidenziando caratteri di continuità e discontinuità con la pratica della conservazione pontificia9. Ha raccontato dunque il periodo come un momento di messa a punto del concetto di patrimonio culturale, elemento identitario da salvaguardare e proteggere a vantaggio della collettività. Ha riconosciuto inoltre alle autorità d’oltralpe il merito di una politica museale riformista, volta al rinnovamento delle strutture organizzative e delle modalità di fruizione degli spazi.

Un fondamentale contributo a considerare le vicende napoleoniche all’interno di una trama più ampia, che si distende dalla Repubblica romana alla seconda Restaurazione, è venuto inoltre dagli studi storici. Gli atti del convegno Roma negli anni di influenza e di dominio francese 1798-1814 e il fondamentale scritto di Philippe Boutry nella Storia d’Italia Einaudi hanno stabilito l’appartenenza di quell’esperienza ad un unico processo riformatore, guidato da gruppi sociali e uomini influenzati in diversa misura dalla cultura illuminista e arruolati nei quadri dell’amministrazione in vari momenti del periodo considerato10. In accordo con tale interpretazione, Marina Caffiero si è fatta promotrice, nel giugno del 2005, di un convegno che ha indagato le trasformazioni della società capitolina nella sfera culturale, religiosa e giuridica11. Non posso trascurare, infine, di far cenno agli studi di Stefano Susinno, meritevoli di aver restituito alla storia figure e dinamiche dell’arte a Roma nel primo Ottocento, con una costante attenzione alla figura sociale dell’artista, alla sua formazione professionale e al suo ambiente di lavoro12. All’interno della cultura accademica di inizio secolo, permeata del sentimento dell’antico, all’istituzione museo venne, in

9 V. Curzi, Bene culturale e pubblica utilità. Politiche di tutela a Roma tra Ancien Régime e Restaurazione, Bologna 2004.

10 Roma negli anni di influenza e di dominio francese 1798-1814, atti del convegno (Roma,

maggio 1994), a cura di Ph. Boutry - F. Pitocco - C.M. Travaglini, Napoli 2000; Ph. Boutry, La

Roma napoleonica fra tradizione e modernità (1809-1814), in Storia d’Italia, Annali 16. Roma, la città del papa. Vita civile e religiosa dal giubileo di Bonifacio VIII al giubileo di papa Wojtyla, a cura di L. Fiorani - A. Prosperi, Torino 2000, pp. 935-973.

11 L’impero e l’organizzazione del consenso. Religione, cultura e diritto al servizio del potere napoleonico: gli Stati Romani (Roma, Museo Napoleonico, 13-15 giugno 2005). Gli atti sono

in corso di stampa.

12 Mi limito a citare, per la pittura, il fondamentale: La pittura a Roma nella prima metà dell’Ottocento, in La pittura in Italia. L’Ottocento, a cura di E. Castelnuovo, Milano 1991, pp.

399-430; Per la scultura: Bertel Thorvaldsen 1770-1844 scultore danese a Roma, catalogo della mostra (Roma, 1989), a cura di E. di Majo - B. Jørnaes - S. Susinno, Roma 1989. Esito delle più avanzate ricerche dello studioso è stata la mostra, in tre sedi, Maestà di Roma. Da

Napoleone all’Unità d’Italia (Roma, 2003), il catalogo della quale è stato curato da Sandra

(13)

V

effetti, confermata la centralità acquisita precedentemente. Tappa fondamentale dell’educazione artistica, la pratica della copia dei modelli statuari classici e delle testimonianze pittoriche d’età rinascimentale (in particolare raffaellesche) assicurò alle sale espositive, anche in periodi di contrazione dei flussi turistici, le cure delle autorità - che non disdegnarono di ricorrere, al fine di una gestione condivisa, alle intelligenze dei professori di San Luca e, in particolare, di Antonio Canova.

Pur contemplando la gamma delle sollecitazioni indicate, la ricerca si fonda principalmente sullo spoglio di una inedita documentazione archivistica. Si è fatto ricorso al materiale custodito nell’Archivio di Stato di Roma, riguardante gli atti del governo della Consulta Straordinaria, e a quello custodito nell’Archivio Storico dei Musei Vaticani, relativo alla direzione degli stessi da parte di Antonio D’Este. Soprattutto nel secondo caso la gran mole di fogli esaminati ha permesso di ricostruire nel dettaglio la vicenda del complesso espositivo nel periodo compreso tra il maggio del 1811 e il gennaio del 1814. Si è trattato di un lavoro piuttosto complesso, che non ha beneficiato se non superficialmente del breve scritto di Massimiliano Pavan sull’argomento13. Lo studioso, unico ad aver consultato in precedenza gli incartamenti, non ha affrontato infatti un’indagine complessiva, puntando piuttosto sulla restituzione dei fatti relativi al personale, e con un interesse davvero scarso alla contestualizzazione degli episodi esaminati.

Fondamentale è stata inoltre l’analisi del fondo Maison de l’Empereur degli archivi nazionali di Francia, setacciato in passato da Gérard Hubert e Ferdinand Boyer, per ricerche inerenti la pratica collezionistica di Napoleone14, e dagli autori del volume, in due tomi, Il palazzo del Quirinale. Il mondo artistico a Roma nel periodo napoleonico15. All’interno della complessa macchina burocratica messa in piedi da

Bonaparte, centralizzata al massimo, gli scambi epistolari tra funzionari periferici e autorità centrali dello stato furono costanti e frequenti; in generale, ogni decisione

13 M. Pavan, I Musei Vaticani, il Canova e il governo napoleonico (1809-1814), in Studi in onore di Elena Bassi, Venezia 1998, pp. 135-154.

14 G. Hubert, La sculpture dans l’Italie napoléoniènne, Paris 1964. Gli studi di Boyer, condotti

tra gli anni Quaranta e Sessanta del secolo scorso, sono confluiti nel fondamentale volume: Le

monde des arts en Italie et la France de la Révolution et de l’Empire. Etudes et recherches,

Torino 1969.

15 Il palazzo del Quirinale. Il mondo artistico a Roma nel periodo napoleonico, a cura di M.

(14)

VI

venne concordata e certificata su carta ufficiale. L’intendente generale della Casa Imperiale, a capo dell’organo amministrativo preposto al governo delle più prestigiose proprietà demaniali, musei inclusi, fu dunque il referente privilegiato del consesso di artisti e burocrati residenti a Roma. I registri della sua corrispondenza e i documenti confluiti in copia nel suo ufficio offrono indicazioni utili a chiarire, oltre che la natura, l’iter progettuale ed esecutivo degli interventi.

Muovendomi dalla convinzione che la storia del museo non possa essere isolata da quella del patrimonio culturale - «fra conservazione, dispersione, progressivo affermarsi del suo interesse pubblico e definizione delle sue istituzioni»16 - sono

partita dalla ricostruzione della politica della Consulta Straordinaria per gli Stati Romani, l’organo di governo provvisorio istituito con il fine di introdurre negli ex territori pontifici la legislazione vigente nel resto dell’impero17. Sulla scia del lavoro

compiuto da Curzi, ho dunque tracciato le linee generali di un’azione orientata con fermezza alla salvaguardia del variegato e diffuso patrimonio monumentale, archeologico e artistico, e insieme al sostegno delle arti contemporanee. A funzionari illuminati, di formazione moderata e di fede cattolica, Napoleone affidò in effetti il compito di riscattare gli abusi del biennio giacobino. Il sogno di restaurazione della passata grandezza della città, alimentato dall’ideologia imperiale, si tradusse in iniziative volte ad esaltare il volto e le tracce della Roma antica. Al di fuori della violenta disputa con il precedente governo, difendendo anzi i fondamenti della pratica di tutela pontificia, le nuove autorità procedettero al varo di una struttura amministrativa complessa, garante dei principi protezionistici, alla quale furono chiamati a concorrere intellettuali, eruditi e artisti già al servizio di Pio VII. Forti delle conquiste di età rivoluzionaria e post-rivoluzionaria, le stesse schiusero inoltre alla pratica conservativa romana nuovi orizzonti, quali la catalogazione del patrimonio (di quello musealizzato e di quello distribuito sul territorio) e la rigorosa strutturazione degli organi direttivi, con specifiche attribuzioni di incarichi e responsabilità. Quanto al sostegno alle arti contemporanee - in difficoltà all’inizio del secolo a causa dell’interruzione del traffico dei grand tourists, del declino economico della nobiltà e

16 M.V. Marini Clarelli, Che cos’è un museo, Roma 2005, p. 33.

17 C. Nardi, Napoleone e Roma. La politica della Consulta Romana, Collection de l’Ecole

(15)

VII

del ridimensionamento delle ambizioni temporali dei pontefici - esso si manifestò nel finanziamento e nella riforma dell’Accademia di San Luca, nella promozione degli interventi di riqualificazione urbana e nel lancio di pubbliche esposizioni aperte ai talenti di tutte le nazioni. In polemica con l’amministrazione uscente, accusata dell’abbandono del mecenatismo artistico, le iniziative mirarono in questo caso, non senza contraddizioni, a riconsegnare alla città quel primato di “capitale delle arti” che le requisizioni del 1797 avevano contribuito a mettere in discussione.

La conferma di una pratica di tutela dal carattere protezionistico garantì alle gallerie espositive una centralità nel sistema delle arti. Alla ricostruzione della politica museale della Consulta Straordinaria, nel suo rapporto con la complessa e contraddittoria situazione preesistente, ho dunque dedicato il secondo capitolo. Ho rintracciato i provvedimenti legislativi che assegnarono al Museo Capitolino il ruolo di deposito esclusivo dei beni confiscati ai contravventori del divieto di esportazione e alle corporazioni religiose soppresse. Ho recuperato i rapporti “statistici” che il ministro Joseph de Gérando inviò, nel corso del 1810, alle autorità centrali, preliminari alla concessione della dotazione necessaria a sostenere il piano di riordino. Grazie all’alleanza stretta con gli artisti dell’entourage canoviano, il capo degli Affari Interni fu in grado di suggerire soluzioni rispettose dell’identità delle collezioni e degli spazi; diede dunque prova di una condotta antitetica a quella dei commissari direttoriali o dei tribuni giacobini, rei di aver tollerato episodi di profanazione e di saccheggio.

A conclusione dei lavori della Consulta spettò al governo ordinario - destinato nelle intenzioni a durare a tempo indeterminato - il compito della complessiva riforma del sistema museale: un’impresa senza precedenti che ricondusse sotto un’unica amministrazione gli spazi capitolini e quelli vaticani, fino a quel momento segnati da percorsi paralleli. L’intendente dei Beni della Corona Martial Daru - con il contributo essenziale ma discreto di Canova - fu il promotore dell’iniziativa. Nel terzo e nel quarto capitolo ho dunque centrato l’analisi sulle trasformazioni che, tra il 1811 e il 1814, investirono i musei, negli elementi costitutivi la loro struttura: il personale, il pubblico, gli spazi e le collezioni.

Nello sforzo di adeguare la realtà romana a quella delle altre capitali dell’impero, e specialmente di Parigi, le nuove autorità si preoccuparono di sancire in via definitiva il carattere pubblico delle raccolte. Rimasta piuttosto estranea al dibattito sulla funzione

(16)

VIII

educativa e civica dell’arte, la classe dirigente pontificia aveva certamente difeso l’apertura dei musei agli artisti e ai curiosi, senza tuttavia garantire la gratuità dell’ingresso e la disponibilità del personale di custodia. Aveva dunque provveduto solo parzialmente a tradurre in pratica le istanze di democratizzazione della cultura maturate in seno al pensiero illuminista. La stesura di un regolamento di frequentazione delle sale, certificante la quotidiana apertura e il divieto di elargire e riscuotere mance, fu dunque l’iniziativa che inaugurò il nuovo corso politico. Il potenziamento del personale, con la connessa suddivisione di competenze e l’attribuzione di diritti e doveri, fu il passaggio successivo. Il serrato confronto tra Daru e Canova produsse il superamento del modello organizzativo d’ancien régime, centrato sulla concentrazione delle molteplici incombenze (pulizia, accoglienza, sorveglianza) nelle mani di un solo custode. L’introduzione della figura del portiere, in particolare, pose fine alla deprecata pratica dell’attesa al cancello d’ingresso. Feroci furono le resistenze ai cambiamenti del personale dipendente; segno di quella disaffezione del popolo alla causa napoleonica indagata in studi lontani e recenti18. Quanto agli spazi, essi furono oggetto di una campagna di manutenzione straordinaria che da uno stato di degrado li ricondusse in sicurezza. Cospicui finanziamenti furono inoltre indirizzati all’accrescimento delle aree espositive, e conseguentemente dell’itinerario di visita, con esiti del tutto compiuti in Vaticano, parziali in Campidoglio. Venne favorita, in generale, la comunicazione tra le gallerie di antichità e le sale delle “pitture”; una soluzione in grado di offrire al pubblico l’opportunità, fino a quel momento negata, del confronto agevole e immediato tra le massime testimonianze dell’arte antica e quelle dell’arte moderna.

La confisca dei manufatti provenienti dagli scavi archeologici e dagli edifici religiosi soppressi assicurò l’incremento delle due raccolte, rompendo lo squilibrio, a vantaggio del Vaticano, maturato nell’ultimo quarto del XVIII secolo. I complessi monumentali assunsero, nell’occasione, una specifica caratterizzazione; stante il tradizionale assetto, frutto delle molteplici funzioni rivestite nel tempo, quello d’oltretevere venne cioè riconosciuto come il privilegiato deposito della scultura classica, mentre quello capitolino fu scelto come il luogo di custodia dei dipinti d’età moderna.

18 L. Madelin, La Rome de Napoléon. La domination française à Rome de 1809 à 1814, Paris

1906; C. Canonici, La fedeltà e l’obbedienza: governo del territorio a Viterbo e nel Patrimonio

(17)

IX

L’incameramento del patrimonio ecclesiastico segnò inoltre l’ingresso nei musei delle tavole primitive e di “seconda grandezza”, estranee al novero dei capolavori da imitare, ma capaci di restituire la storia della scuola pittorica locale. Si trattava di una conquista in linea con i più avanzati indirizzi museografici contemporanei, in particolare con le risoluzioni di Dominique-Vivant Denon, che secondo un ordinamento geografico e temporale aveva allestito la Grande Galerie del Musée Napoléon. Una conquista che trasferì in ambito pittorico alcuni raggiungimenti della disciplina antiquaria: non già antichità di prima grandezza quanto piuttosto opere qualitativamente meno pregevoli, utili a dar conto degli sviluppi dello stile e della trasmissione delle iconografie, erano confluite all’inizio del secolo, su scelta di Canova, nella Galleria Chiaramonti.

Lungi dal potersi considerare una parentesi poco degna di nota, la dominazione napoleonica contribuì a proiettare i musei romani verso la modernità del XIX secolo. Apprezzata dai contemporanei, e in primis dalla comunità artistica, l’azione degli amministratori d’oltralpe lasciò il segno. Con essa finirono per scontrarsi le autorità restaurate, che la recepirono per buona parte.

(18)

X

Avvertenza al lettore

Per rendere più agevole la lettura ho tradotto personalmente le citazioni in lingua francese e inglese, riordinando al minimo la punteggiatura.

Riferimenti

Documenti correlati

Sono riconoscente ad Eva, mia amica e collega, per la sua dolcezza, la sua solarità, a Pippo, Gabriele, Piccololord, Davide, Paul, Matilde, Massy, Angelica, Frank,

la più piccola unità fisica della catena fonica ricavata in base al principio della diversità. la più piccola unità sprovvista di senso di un’immagine fonica ricavata in base

Il Corso di laurea specialistica/magistrale è finalizzato alla formazione di laureati specialisti in possesso di approfonditi strumenti teorici e metodologici

C07391 Lingua e letteratura francese (solo se sostenuto prima del 31.1.2002) C07411 Lingua e letteratura inglese (solo se sostenuto prima del 31.1.2002) C07511 Lingua e

32 Pirandello, nella prima parte del suo Umorismo, dove confronta i giudizi critici espressi da vari scrittori sull’umorismo degli antichi e su quello dei moderni, cita

Secondo alcuni interpreti, il tentativo di individuazione della natura dell’intelletto attraverso le sue proprietà anziché attraverso la sua essenza, come richiede

di Yosef Qimḥi (ed. Talmage; qui pp. infatti la totalità dell’essenza [della religione] consiste nella fede, e le opere sono secondarie... Si tratta di un punto fondamentale

Antropologia, filosofia e politica tra Immanuel Kant e Hannah Arendt M-FIL/03 FILOSOFIA MORALE. DOTTORANDA COORDINATORE DEL COLLEGIO