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ezzo all'odio, la vita

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Academic year: 2022

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Notizie

stimoli

proposte pe~ gli amicd

tletmissionàri

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urundi.

l.:.J

Qui, come altrove, in questi mesi l'attenzione è rimasta bloccata dal- la nuova guerra all'I- raq. Ma non si deve di- menticare che la vita continua, il bene e il male coesistono gomito a gomito, mostrando che Dio scrive nella storia quotidiana della gente episodi di vita tanto semplici quanto preziosi. Ve ne racconto alcuni che mi sono succes- si proprio in questi giorni.

La gente prega Nel primo pomeriggio di

giovedì, sotto il sole co- cente della stagione delle piogge, vado alla missione di Gatumba. Questa co- munità si trova a 16 chilometri da Bujumbura e a quattro dal confine con il Congo. Era rima-

BURUNDI CAMERUN (W) CONGOR.D.

MOZM9ICO SIERRA LEONE IIANGlADESH RLl'PINE GIAPPONE INDONESIA TAIWAN

AMAZZONIA BRASILE COLOMIIA MESSICO

Centro Saveriano Animazione Missionaria Via Piamarta, 9 • 25121 Brescia Tel. 030.3772780 -Fax 030.3772781 E-mail: giornale@saveriani.bs.it

Direttore: Marcello Storgato

Direttore Responsabile: Domenico Milani Aut. Trib. di PR 07-03-1967 • n. 400 Grafica: Studio Zani Parma

Fotocomposizione e Stampa: IGEP Cremona In caso di mancato recapito rinviare all'ufficio P. T. Brescia C.M.P.,

detentore conto per la restituzione al mittente, che si impegna a pagare la relativa tariffa

ezzo all'odio, la vita

Episodi preziosi di ordinaria bontà

sta abbandonata per tanti anni.

Dal 1997 la seguiamo regolar- mente noi saveriani da Bujum- bura. Gatumba è terra di rifugia- ti, caratterizzata da piccoli ag- glomerati di case fatte alla meno peggio, che crescono e calano se- condo i ritmi della politica e del- la paura della gente.

Mi attendono i cristiani, gio- vani e adulti, per l'adorazione eu- caristica che fanno ogni giovedì.

Ma è anche occasione per con- fessarsi e per partecipare alla Messa. Mentre si confessano, nu- merosi e devoti, scorrono davan- ti alla mia mente scene di ordi- naria vita cristiana, su cui pesa lo spettro della guerra che da an- ni segna la loro vita.

Non riesco a rispondere Sono già le cinque e mezzo della sera quando rientro a casa.

Al cancello, trovo un giovane che mi aspetta. Non lo conosco, an-

che se lui, Giovanni Bosco, pre- tende d'avermi visto a Gitega in seminario maggiore. Io, franca- mente, non me ne ricordo. Ma questo è un modo consueto di presentarsi. Temendo che venga per scroccarmi dei soldi (la ra- gione più comune di tante visi- te), cerco di essere subito chia- ro. Ma era proprio questa la ra- gione della sua venuta.

Di fatto una volta seduti, tira fuori un certificato medico, an- cora ben tenuto, rilasciato alcu- ni giorni prima dal centro "La Nuova Speranza", gestito da un missionario tedesco. In poche pa-

Dio scrive, nella storia quotidiana della gente, episodi di vita preziosi, scampoli di ordinaria bontà. li bene continua ad esistere, nonostante l'odio e la guerra

p. GABRIELE FERRARI, sx

role, c'è il verdetto del laborato- rio analisi: Giovanni Bosco è sie- ropositivo. Vi è anche scritto che ha diritto alle medicine gratis sia per l'AIDS che per la tubercolo- si ... Ha infatti una brutta tosse.

Incrociando i miei con i suoi occhi, vedo che comincia a pian- gere. Una cosa molto rara negli uomini di qui. Mi chiede: "Che cosa devo fare? Devo preparar- mi a morire: che cosa mi sugge-

. '?'' nsc1 ..

Generalmente, io ho sempre una risposta pronta; ma questa volta non mi viene. È così diffi- cile. Cerco di invitarlo alla fidu- cia. Alla fine preghiamo e, con- gedandolo gli do, quasi con ver- gogna, un po' di soldi per com- perarsi da mangiare o per pren- dere l'autobus.

La volontaria Angela

Madri che si prendono cura dei bambini, propri e altrui

••• • ••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••

Ero veramente sconcertato. Ma non ho neppure il tempo di pen- sare, perché arriva a farmi visita Angela, una volontaria italiana che mi ha chiesto di darle una

moglie sono morti in un inciden- te stradale. La piccola Anna, co- sì si chiama la bambina, sta ora ricadendo nell'apatia. La sorella di Remy non la tratta bene come lui; la considera una piccola do- mestica. Così Anna non ha più voglia di studiare; è sempre più triste e non riesce a ritrovare il suo sorriso. Per questo Angela vuole che io vada a spiegare alla sorella di Remy le ragioni per cui la vuole far venire via da quella casa. C'è un'infermiera che, pur essendo dì un'altra razza, è pron- ta a prendersi cura di lei. Ci an- dremo domani.

D

confini dei diritti umani:

è il titolo della rubrica

"Sud/Nord Notizie", pagina 6.

Tutto ha un confine, un li- mite. Ma dove sono i confini dei diritti? Il leone ha diritto di mangiare; il lupo di bere ... Ma se leone e lupo non capiscono che i diritti degli altri, a man- giare e bere, sono per loro do- veri che impongono limiti e confini al loro legittimo diritto, allora la voracità diventa pre- potenza. I confini sono distrutti e i vandali hanno facile acces- so. I diritti del debole e dell'in- difeso vanno a farsi benedire.

Il cardinale Renato Martino, presidente del Consiglio di Giu- stizia e Pace, parlando di glo- balizzazione, ha detto:

"Porre dei con-fini vuol dire porre dei fini comuni. I confini di qualcosa si giustificano in quanto delimitano un'area al- l'interno della quale si con-di- vidono dei fini (con-fini). La Chiesa lavora per unire l'uma- nità attorno a dei con-fini e ad una con-divisione che abbiano al centro l'uomo, immagine di Dio e dotato di una trascen-

DARE LA PRECEDENZA

Il diritti

p. MARCELLO STORGATO, sx

dente dignità. Dando un volto umano alla globalizzazione, si possono trovare convergenze progressive verso un "codice etico comune".

di vita

• mano a risolvere un piccolo

• dramma. Vorrebbe aiutare una

• bambina che quattro anni fa lei aveva salvato dalla morte per de- nutrizione. Era vissuta con la fa-

• miglia nel mezzo della guerra;

• ma poi aveva perso la mamma, e

• suo padre non aveva tempo di : starle dietro. Al centro nutrizio-

• nale, Angela l'aveva salvata e l'a- : veva affidata a un suo infermie-

Dio suscita bontà

Il caso dell'acqua. L'acqua è un elemento essenziale per la vita. Anche su questo punto, il cardinale Martino ha indicato principi chiari e programmi di azione, al recente Summit di Kyoto sull'acqua. In sintesi:

privati, devono adattare i loro progetti per servire le necessi- tà umane, piuttosto che domi- narle. Secondo il principio della solidarietà, le nazioni più pro- gredite hanno il grave obbligo di aiutare le nazioni in via di sviluppo ...

Parole estremamente chiare. :

re Remy, mio amico, che l'aveva tenuta come una figliola. Era ri- nata.

Lo scorso luglio Remy e la

Storie ordinarie di vita. Ve le ho raccontate questa volta per dirvi che la guerra dell'Iraq non ci deve far dimenticare che la vi- ta continua e ci offre questi scampoli di ordinaria bontà. In mezzo a tanto odio, fa bene ve- der sbocciare la vita e la speran- za. Serve a credere che il bene continua ad esistere, anche in

mezzo all'odio. •

L'acqua è un bene comune dell'umanità. Su questa idea di base è possibile sviluppare una cooperazione verso una politica dell'acqua che dia priorità alle persone che vivono in povertà e nelle aree con scarse risorse.

Il problema, oggi, non è tan- to la scarsità di acqua, ma quel- lo della sua distribuzione. Dare o negare l'accesso all'acqua, di- pende da decisioni precise. C'è quindi un legame tra decisioni politiche e principi etici. I pochi che hanno il controllo dell'ac- qua non possono distruggere o esaurire questa risorsa, che è destinata a tutti. I potenti inte- ressi internazionali, pubblici e

I problemi dell'umanità sono oggi così chiari ed estremi, da esigere una presa di posizione, verrebbe da dire, "papale pa- pale"! E non solo per l'acqua, ma anche per salute e medici- ne, pace e disarmo, sicurezza e convivenza ...

La precedenza evangelica. Gesù ha preso la parte dei po- veri e degli ultimi, fino a dare loro precedenza e preferenza.

In questo modo, egli afferma e dimostra che i loro diritti alla vita diventano per noi doveri di vita. Questa è la "buona noti- zia" annunciata per i poveri del Regno. I confini dei diritti vengono a coincidere con i do- veri. Diritti (altrui) e doveri (miei) diventano "vangelo", cioè felicità nella condivisione;

fraternità nella solidarietà. •

2003 maggio/giugno n.

ANNO 56°

L'avventura della fede 4r I~

Padre Giacomo Spagnolo e le Saveriane /

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La fatica e la gioia di dire "sì"

Un sogno del beato Conforti diventa realtà

Una presenza sobria e gioiosa

La misericordia onnipotente di Dio

I confini dei diritti umani

A proposito di acqua, malaria e nucleare

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2

MISSIONE E SPIRITO

L'ICONA DELLA MISSIONE

con Maria nella stanza alta

Restare dentro la storia, nella fede

TERESINA CAFFI, mM

r:,

arlare a te è come sentirsi

I.ili

parte di un'immensa folla che ti ha chiamata, lungo la sto- ria. Ne hai popolato le ore di ri- poso e di lavoro. Sgranando la corona, hanno portato a te le loro pene e le loro speranze. Labbra di credenti, donne e uomini, con- tinuano a mormorare: Ave Ma- ria!

Colgo di te l'ultima immagi- ne, in quel tempo dell'assenza di tuo Figlio, che è anche il nostro tempo. Tu hai provato la fatica delle nostre giornate vuote della sua presenza visibile, private del- la sua parola. Hai sperimentato la nostalgia di un incontro in cui anche gli occhi riuscivano a ve- dere, l'orecchio poteva udire, le braccia potevano abbracciare.

Eppure tu non eri sul monte con gli Undici a vederlo partire. ti:

Eri in città, nella stanza alta, ad ~ attenderli. Per orientare a lui quel jc gruppo composto di gente di fa- ~

miglia, di apostoli, di donne, e ~

per tenerli dentro la storia. ] Per questo ti preghiamo: atten- [ di ed accogli anche noi. Trattie- nici dal crearci zone di fuga, an- che se hanno il pretesto della spi-

ritualità. Insegnaci a restare den- tro la storia, sapendo; dentro la realtà, osando; dentro l'umanità, abbracciando questo mondo, che profuma da sempre del Verbo. Tu l'avevi compreso fin dai giorni della tua gestazione.

Nessuno più di te sa che quel Figlio era un figlio umano, un corpo vero di carne, un corpo mai rinnegato, neppure nel suo ritorno al Padre. Glie!' avevi dato tu, ma era il nostro corpo: era questa tribolata e affascinante ter- ra; era questa tribolata e affasci- nante storia. Se la scavalcassimo,

scavalcheremmo anche te. Per sempre, tu ci assicuri che quel Figlio era davvero come noi: un

"nato di donna".

Ti preghiamo perciò, donna coraggiosa fra tutte: attendici in città, dove risuonano i rumori, le sirene, lo smog, le propagande;

dove ci si fiancheggia e ci si ag- gira in solitudine; dove si dibatte e ci si scontra; si vince e si perde.

Tienici dentro alle vicende, alle costrizioni, al peso e alle gioie scarne del quotidiano; dentro agli incontri, alle tribolazioni, alle fi- le, alle tasse, ai dibattiti ... Ren- dici appassionati del mondo, mai rinunciando alla fatica condivisa di renderlo abita- bile.

Ma attendici nella stanza alta, come diceva il vescovo Tonino Bello. Da lì, si vedono spazi lon- tani: il bimbo di

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Gli apostoli tornarono a Gerusalemme dal monte degli Ulivi, che è vicino a Gerusalemme quanto il cammino permesso in un sabato. En- trati in città salirono al piano superiore dove abitavano.

Cerano Pietro e Giovanni, Giacomo e Andrea, Filippo e Tommaso, Bartolomeo e Matteo, Giacomo di Alfeo e Simone lo zelòta e Giuda di Giacomo. Tutti questi erano assidui e concordi nella preghiera, insie- me con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù, e con i fratelli di

lui. Atti 1, 12-14

Baghdad che chiede perché e il vecchio d'Africa che narra di quando le donne andavano al campo cantando, e gli uomini an- davano alla caccia, suonando i tamburi. Anche l'anziana sola del condominio e il ragazzo che vaga alla stazione della città. Dove non ci si perde in false questioni, ma ci si appassiona a quelle vere.

E orienta il nostro sguardo an- cora oltre, verso gli orizzonti che ci aprì il Figlio tuo beato. Allora impariamo da dove viene e dove va questa storia; intuiamo quale è l'opera in corso. Allora i nostri molteplici dei si dileguano ed ap- pare il volto di un Padre. Ci vie- ne offerta una vita nuova e un nuovo nome: figli! Ci scopriamo cittadini del cielo e forestieri ovunque.

Tutto questo lo apprendiamo ad una mensa, anch'essa avve- nuta nella stanza alta. Lì tuo Fi- glio, spezzando il pane e porgen-

do il vino, ci consegnò il corpo che tu gli avevi dato. Lì ci inse- gnò l'amore. Lì sbaragliò tutte le nostre leggi, le nostre giustizie, i nostri calcoli. Quel corpo dato ci liberò dall'affanno di vivere per noi stessi.

Tu, o Vergine, rendici consa- pevoli che tutto è dono; che la città nuova scende dall'alto; e che il nostro impegno deve esse- re totale. Aiutaci a tornare nella stanza alta, anche quando per- corriamo le frenetiche strade del- la città. Lo Spirito ti aveva co- perto, come ombra, rendendoti madre del Figlio di Dio.

Facci scoprire dove sono le no- stre vere sterilità ed insegnaci la via per portare un frutto che dura.

Tu eri una di noi, ma sei andata oltre noi tutti.

Chiedi per noi e con noi il sof- fio delle altezze, lo Spirito del

Figlio tuo. Amen. •

IL CARISMA DELLA MISSIONE

...

IL CROCEFISSO DELLA SPERANZA

. ·: Entrando per la porta stretta

p. MARIO MENIN, sx

• • r:I

ntrate per la porta stretta.

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È l'invito di Gesù ai suoi

• discepoli. Fa parte del discorso p. ALFIERO CERESOLI, sx

"Il Crocefisso è il gran libro sul quale si sono formati i san-

!

della montagna: "Entrate per la ti e sul quale noi pure dobbiamo formarci. Tutti gli inse- porta stretta, perché larga è la gnamenti contenuti nel santo vangelo sono compendiati porta e spaziosa la via che con- nel Crocefisso. Esso ci parla con l'eloquenza del sangue... duce alla perdizione, e molti so- Sant' Alfonso poteva ben scrivere ai piedi di un Crocefisso no quelli che vi entrano. Quanto queste parole: così si ama!" beato Guido Conforti stretta invece è la porta ed angu-

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i sono molti modi di guardare il Crocefisso. Non mi riferisco

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alle crocette, modeste o vistose, che pendono su parti del corpo di uomini e donne. Parlo dell'Uomo che vi è stato inchioda- to. Gli stessi evangelisti lo guardano, comprendono e contempla- no in modo diverso:

Marco vi scorge l'abbandonato da tutti: "tutti fuggirono". Anche il Padre sembra aver abbandonato quel Figlio amato, che grida:

Perché? Matteo scopre che le scritture si sono attuate nella dram- matica storia del Maestro.

Luca vede le ferite, l'umiliazione e il dolore, ma contempla lo spettacolo del martire che muore perdonan- do. Giovanni ascolta gli insulti; lo strazio dei • chiodi gli ferisce l'anima; ma preferisce con- templare il Re, che dona la vita e riunisce la sua comunità con l'effusione dello Spirito.

Così lungo i secoli: il Crocefisso sangui- nante e piagato; il Crocefisso sereno e quasi sorridente; il Crocefisso urlante e quasi di- sperato. Aleijadinho, lo scultore brasiliano del XVII secolo, vedeva nel Cristo il volto de- gli schiavi impiccati; tutti i suoi Crocefissi so- no segnati da un ematoma al collo: il segno

sta la via che conduce alla vita e quanto pochi sono quelli che la trovano!" (Matteo 7,13-14).

La disponibilità ad entrare per la porta stretta è uno dei segni certi di vocazione, di volere una vita autentica, cristiana ed uma- na.

Chi vuole vivere in modo au- tentico, deve remare contro cor- rente; deve affrontare rinunce e sacrifici. È il cammino indicato dal vangelo e percorso da Gesù.

È anche il cammino di chi si mette alla sua scuola.

Oggi, a livello educativo, sem- brano vincenti le scuole della porta larga. Secondo queste scuole, la persona non deve ri- nunciare a niente; non può essere costretta da esigenze o condizio- nata da limitazioni. Sarebbero

della corda. • una violenza contro la libertà

Il missionario, alla scuola del beato Con- forti, contempla il Cristo in croce con l'occhio dell'inviato ad an- nunciare la vita, che nasce.là dove la morte sembra trionfare.

Il missionario, davanti al Crocefisso, impara il perdono e la mi- sericordia; ascolta parole di giustizia e di pace; vede cancellata ogni violenza e percepisce l'ansia di riunire l'umanità in una sola fa- miglia di fratelli e sorelle; scopre la speranza di un mondo nuovo;

vi ammira l'amore esploso per tutti e per sempre. Contempla la bel- lezza di una vita donata, la meraviglia di una follia che è sapienza e potenza di Dio, la parola vincente della croce.

Senza timori la può innalzare fra le genti, per presentare una lo- gica diversa: la logica di Dio che ama fino a morire.

Conclude il Conforti: "Per questo al missionario che parte per an- nunciare la buona novella, non viene fornita altra arma all'infuo- ri del Crocefisso, perché questa possiede la potenza di Dio". •

personale; una castrazione alla realizzazione di se stessi.

In sostanza, oggi sembra trion- fare la pedagogia che ignora la porta stretta e rifiuta il sacrificio.

Eppure, la porta larga, senza ri- nunce e sacrifici, non conduce molto lontano. Anzi, conduce al degrado dell'umanità. Soddisfa le esigenze superficiali della per- sona, la voglia del piacere imme- diato; ma non risolve i problemi di fondo né offre i grandi oriz- zonti che danno senso alla vita.

Prima o poi, l'educazione sen- za rinunce e senza sacrifici è co- stretta a fare i conti con la me- schinità e la mediocrità. Non è solo questione di disciplina per- sonale o collettiva, ma di auten- ticità umana. Quello che più spa- venta nell'educazione della porta larga è il fatto che ai giovani non si insegna più la fatica di ricer- care ·1a bellezza della verità, di assaporare il gusto della bontà.

Non siamo masochisti. La sof- ferenza in sé non è un bene. Nes- suno si compiace di soffrire. Ma ci sembra di dover affermare che il sacrificio è una buona scuola di vita.

Lo dice anche il maestro Ge- sù: "Se qualcuno vuole venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua.

Perché chi vorrà salvare la pro- pria vita, la perderà; ma chi per- derà la propria vita per causa mia e del vangelo, la salverà" (Marco 8,34).

Queste parole significano due cose: il cammino della vita è in- separabile dal cammino della croce; la vita è autentica nella

Per i cristiani dell'India ap- partenenti a varie tradizio- ni, perché siano spinti ad of- fri re insieme una testimo- nianza di piena unità e co- munione nell'unico Spirito che li guida.

• ••

Manda su noi, Signore, il do- no del tuo Spirito.

Concedi al mondo inquieto la giustizia e la pace.·

Amen

misura in cui la si costruisce, non nel soddisfare il proprio egoismo, ma vivendo secondo il vangelo.

Ricordo volentieri la figura di un prete che mi ha ispirato: don Lorenzo Milani, il priore di Bar- biana, autore della famosa Lette- ra a una professoressa (1967).

Alla chiesa che si era messa sul- la difensiva, dimenticando la via della croce e i tanti crocifissi del- la storia, don Lorenzo ricorda:

"Abbiamo compromesso i no- stri sacramenti e la dottrina. Dob- biamo chiuderci nel segreto del nostro cuore, in un esame di co- scienza che duri almeno un de- cennio. Temprarci alla fonte del- la grazia. Riaprire e sviscerare ancora i sacri testi e le encicli- che. Pregare. Fare penitenza del male che abbiamo fatto alla cau- sa di Cristo e della chiesa"

(Esperienze pastorali, 1958).

Anche il motto / care, scritto su una parete della scuola di Bar- biana, interpreta bene la voca- zione di questo prete. Don Mila- ni scriveva ai giudici: "/ care. È il motto intràducibile dei giovani americani migliori. Me ne im- porta, mi sta a cuore. È il contra- rio esatto del motto fascista, Me ne frego". (Lettera ai giudici (1965).

Cari giovani che cercate la vi- ta, entrate per la "porta stretta"

del vangelo. Camminate per la via faticosa della croce. Non ac- contentatevi delle soluzioni sem- plici, perché il cammino della vi- ta richiede definizioni più com- plesse e prospettive più pene- tranti. Non abbiate paura, perché le difficoltà e le persecuzioni so- no segno di vita autentica. •

(3)

I~ l ~i~,~ I I 2003 MAGGIO/GIUGNO

VITA SAVERIANA

Volevano portarmi via il rosario

quella strada. Tutte le volte che incontro i soldati, il mio pen- siero corre a tutte quelle terribili noti- zie che ogni giorno devo dare agli ascoltatori. In que- sti giorni, abbiamo parlato a lungo delle violenze inumane fatte sulle donne

La storia di mamma Solange, giornalista

r.r,'I amma Solange è la gior-

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nalista più conosciuta a Bukavu. Ha una trentina d'anni, mamma di tre bellissimi bambi- ni, é in attesa del quarto. Lavora a radio Maria Regina di Pace, come giornalista reporter e come redattrice capo dei notiziari in lingua swahili, una delle emis- sioni più ascoltate nella città di Bukavu.

Una giornalista coraggiosa

Mamma Solange vive in una casetta presa in affitto in uno dei quartieri della città. Nonostante il suo stato di gravidanza avan- zato, si alza di buon'ora e parte:

alle sette in punto deve essere pronta per entrare nello studio, con tutto il suo staff. E la sera è già buio, quando lascia lo studio per tornare a casa. Deve salire la ripida strada in terra battuta, che durante la stagione delle piogge diventa viscida ed insidiosa per il fango.

La incontro spesso. È affati- cata, ma si sente pienamente rea- lizzata per il lavoro fatto. Dalla sua bocca, mai una parola di più.

Sulle sue labbra c'è sempre un sorriso: la sua arma preferita per vincere tutte le battaglie, anche con gli avversari politici. Ma di- nanzi al microfono la sua voce diventa ferma, persuasiva, corag- giosa. Non manca occasione per fustigare e denunciare con la sua dolce voce i continui abusi, le violenze e le ingiustizie com- messe da soldati e da uomini po-

litici sulla debole popolazione.

Le minacce non devono farci paura

Le minacce? Non le contiamo più; ci siamo abituati a riceverle ogni giorno. È come il nostro pa- ne quotidiano, che ci dà forza per andare avanti.

L'altro giorno, in una delle no- stre riunioni settimanali con lo staff della radio, dicevo: "Le mi- nacce nÒn devono farci paura.

Dobbiamo aver paura di non es- sere al servizio della verità. Dire la verità dinanzi ad un microfono comporta rischi. Ne siamo pie- namente coscienti, noi che ab- biamo scelto il mestiere di gior- nalista". Avevo concluso dicen-

Mamma Solange, la giornalista di Radio Maria Regina di Pace di Bukavu, con le sue tre bambine;

nella foto sopra, Solange alla radio

RICORRENZE SAVERIANE

11 GIUGNO 1902

Conforti è consacrato vescovo

ed emette i voti religiosi missionari

nella basilica di San Paolo a Roma.

Ricorre il centenario della breve ma significativa esperien- za episcopale del beato Conforti nell'arcidiocesi di Ravenna.

La diocesi ha già commemorato l'evento con una Settimana Confortiana, dal 20 al 27 ottobre scorso. Per l'occasione, il Conforti è tornato a Ravenna, sostando anche nella casa sa- veriana di San Pietro in Vincoli. L'urna con le reliquie del Bea- to è stata accolta con grande devozione e solennità.

1116 maggio 1902, Papa Leone Xlii convoca a Roma il Con- forti per comunicargli la nomina ad arcivescovo di Ravenna. Viene consacrato vescovo 1'11 giu- gno, dopo aver fatto i voti religiosi missionari, nella basilica di San Paolo, a Roma. Il Papa af- ferma che il Conforti governerà "non con la sola autorità, ma con la mansuetudine". Fa stampare la prima Lettera pastorale ai sacer- doti e al popolo di Ravenna; ma verrà distri- buita solo il 15 dicembre seguente. Tanto tem- po c'è voluto per ottenere l'exequatur regio, il decreto di consenso necessario, a quei tempi, per rendere esecutiva la nomina papale.

Il 4 gennaio 1903, alle 22, 15, il Conforti arri- va a Ravenna in forma privata e alla chetichel- la, per evitare manifestazioni anticlericali. Lo accoglie un gruppo di giovani di Azione cattolica. Il Conforti dice loro: "Ora sono vostro per tutta la vita".

Il 6 ottobre 1904, Pio X accetta le dimissioni del Conforti, per ragioni di salute. Resterà Amministratore apostolico di Ravenna fino all'ingresso del successore, il 2 luglio 1905. Per lettera, come padre affettuoso, comunica l'addio "ai figli che ha amato intensamente e per i quali era disposto a sacrifica- re tutta la sua vita".

In pratica, il Conforti è stato arcivescovo di Ravenna per ventuno mesi (dal 6 gennaio 1903 al 6 ottobre 1904).

Il dipinto, di Rina Paro/in, è esposto nella casa saveriana di S. Pietro in Vincoli, Ravenna

p. LUIGI LO STOCCO, sx

do: "E poi noi abbiamo la Ma- donna che ci protegge. Siamo nell'anno del rosario; noi giorna- listi non dobbiamo temere".

Il rosario per vincere la paura Proprio uno di questi giorni, nel pomeriggio, mamma Solan- ge mi fa una confidenza:

"Padre Luigi, ogni sera, quan- do lascio la radio per rientrare a casa, mentre salgo per la strada scoscesa su per la collina, in quel buio fitto, prendo in mano il mio rosario ed inizio a recitarlo passo per passo .

Lo recito anche per vincere la paura che mi prende, quando ini- zio la salita di Mater Dei, dove incontro sempre delle pattuglie di soldati ruandesi e congolesi ...

A quell'ora, sono rare le perso- ne che salgono o scendono su

•••••••••

INDONESIA: P. BARAVALLE, SUPERIORE DEI SAVERIANI Durante l'assemblea elettiva dei saveriani in Indonesia, te- nutasi all'inizio di maggio, è stata eletta la nova équipe che animerà le comunità saveriane operanti in Indonesia per i prossimi anni.

Superiore è padre Vincenzo Baravalle, in sostituzione di pa- dre Franco Qualizza. Come vi- ce superiore è stato confermato padre Bruno Orrù. Fanno par- te del Consiglio i padri Rodol- fo Ciroi, Vitus Rubianto e Mat- teo Rebecchi. All'assemblea erano presenti il superiore ge- nerale p. Rino Benzoni e il con- sigliere padre Robledo Guada- lupe.

Padre Vincenzo è originario di Villafranca Piemontese, in provincia di Torino; ha 62 anni;

è saveriano dall'età di 18 anni e sacerdote dal 1967. Ultima- mente era missionario nella parrocchia cattedrale di Padang in Indonesia .

P. Bruno è maestro dei novi- zi a Jakarta; p. Rodolfo è pro- motore vocazionale; p. Mat- teo è in una piccola isola di fronte a Sumatra; p. Vitus, in- donesiano, è vicerettore della

nella regione dell'Ituri ...

L'altra sera, un gruppetto mi sbarra la strada. Erano una deci- na di soldati, tutti giovani, dai 15 ai 18 anni. Volevano portarmi via il rosario a tutti i costi. Mi ero sentita perduta. Intorno a me non c'era anima viva. Le porte delle case vicine erano sbarrate. Questi soldatini, con i fucili spianati si avvicinavano sempre di più ...

Non sapevo più a cosa aggrap- parmi. All'improvviso, mi sono messa a gridare, come una for- sennata e con una voce che cer- tamente non era la mia: "Ave Maria, Ave Maria", gridavo ...

Deve essere stato un attimo, ma mi è sembrato un'eternità.

comunità saveriana dove 21 giovani indonesiani frequenta- no i corsi di filosofia.

Padre Franco Qualizza ha così terminato il suo turno di servizio come superiore in In- donesia . Intervistato, ha rispo- sto: "Provo una grande gioia perché ora posso riprendere a lavorare direttamente nella pa- storale missionaria. In questi sei anni ho cercato di essere vicino ai missionari, facendo anche la parte del Cireneo e condivi- dendo con loro il peso della croce. Ci sono stati momenti difficili e burrascosi in questa nazione; ma ero certo che il Si- gnore ci avrebbe aiutato a su- perare le difficoltà, giorno per giorno.

I saveriani sono impegnati nel dare il meglio di sé per la missione. "L'amore di Cristo ci sospinge": questo assillo, rifles- so nella vita e nelle attività dei confratelli, ha spinto anche me a dare il meglio di me stesso.

Le difficoltà incontrate restano nel mio cuore, come una cara esperienza personale. Ma posso dire che le maggiori difficoltà, tante volte, non provengono tanto da avvenimenti e circo- stanze complicate, quanto da semplici malintesi!". •

Ecco la "nuova" squadra direzionale dei saveriani in Indonesia:

(da sinistra) Bruno Orrù, Rodolfo Ciroi, Vincenzo Baravalle (superiore), Vitus Rubianto, Matteo Rebecchi

Maria è sempre con me Tornata in me stessa, mi sono ritrovata sola, davanti alla porta del piccolo santuario della Ma- donna di Fatima. Quelle facce dei ragazzi armati, con gli occhi in- fuocati di droga e l'odore di si- garette ed alcool, erano tutte spa- rite .

Ho ripreso a respirare normal- mente, ho sentito il bimbo muo- versi nel mio ventre, ho conti- nuato il mio cammino verso ca- sa, con il mio rosario in mano.

Me l'ero vista davvero brutta.

Ma grazie a Maria, l'ho scampa- ta. La Madre di Gesù non mi la- scia mai sola, è sempre con me.

Lo so che mi ama". •

••••••••••••

AFRICA: NUOVI CRISTIANI NELLE MISSIONI SAVERIANE

Nelle missioni, la notte di Pas- qua è caratterizzata dai batte- simi, soprattutto di adulti e gio- vani che hanno fatto il cammi- no catecumenale. Anche que- st'anno molte persone sono state accolte nella chiesa attra- verso il battesimo, la cresima e l'eucarestia. Tutti sanno, infatti, che i tre sacramenti dell'inizia- zione cristiana sono ricevuti da- gli adulti nello stesso giorno.

Anche nelle missioni dell'A- frica, dove lavorano i saveriani, la chiesa si è arricchita di nuovi cristiani. Qualche esempi,:,:•

In Camerun Ciad, 1.930 ca- tecumeni adulti e giovani han- no aécolto il battesimo; la festa e le danze con i nuovi cristiani sono continuate per tutta la notte. La notte di Pasqua "è la notte che ripaga a dismisura la fatica del missionario".

In Mozambico, nella missio- ne di Dondo, 200 nuovi çristiani sono entrati a far parte della comunità. In Sierra Leone, do- ve la vita sta lentamente tor- nando alla normalità, varie cen- tinaia di persone hanno ricevu- to il battesimo .

Anche in Congo i nuovi cri- stiani sono stati numerosi, spe- cialmente nelle missioni dove i sacerdoti hanno dovuto eva- cuare insieme alla popolazione, a causa dei conflitti armati.

In Burundi, nelle quattro missioni seguite dai saveriani, 1.361 nuovi cristiani sono stati accolti in comunità.

Dicono i missionari: "Speria- mo che l'acqua battesimale spenga i tanti fuochi di guer- ra! Speriamo e preghiamo per- ché il nuovo governo di transi- zione favorisca l'intesa fra tut- ti e non ci siano altre vittime

innocenti". •

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I~ l fii~i~~ I I 2003 MAGGIO/GIUGNO

l'AWENTURA DELLA FE

LA FATICA E LA GIOIA DI DIRE "SÌ" NELLA FEDE

Un sogno del beato Conforti diventa realtà

TERESINA CAFFI, mM

Padre Giacomo Spagnolo ha l'ispirazione di iniziare una nuo- va famiglia missionaria: l'Istituto delle missionarie saveriane.

Solo in seguito scopre che, allo stesso progetto, aveva già pen- sato il beato Conforti. Padre Giacomo incontra "la signorina Bòttego", una donna di grande umanità e spiritualità. Dopo quasi un anno di incertezza, ella accetta di collaborare all'o- pera.

r;!I

il 24 maggio 1944. Padre Giacomo Spagnolo è sulle

1.:1

colline parmensi, a Capriglio, sfollato insieme alla co- munità degli studenti saveriani di teologia, di cui è rettore.

Predica un corso di esercizi spirituali ai giovani saveriani in preparazione ali' o.rdinazione sacerdotale.

Quella signorina con la corona in mano Anche Celestina Bòttego, loro insegnante d'inglese, è sfol- lata nel paese e partecipa alle conferenze. Terminata la terza conferenza della giornata, padre Giacomo sta risalendo dalla chiesa verso casa. Vede "la signorina" che, uscita anch'essa di chiesa, si avviava verso la grotta di Lourdes con la corona in

mano. Si ricorda allora che all'ufficio postale del paese sotto-

Padre Giacomo e madre Celestina in Sierra Leone nel 1962, con mons. Augusto Azzolini, vescovo saveriano di Makeni

stante era stata depositata una valigia per lei e le va incontro per informarla.

Ecco il suo racconto .

"La signorina mi disse che desiderava chiedermi un consiglio. Dopo la sua decisione presa a riguar- do dell'opera, non erari- masta tranquilla perché le pareva che fosse basata sulla vita comoda; che l'immagine del Crocifis- so che io le avevo manda- to a Pasqua con dietro scritto 'Tutto', l'aveva an- cora più scossa e che par- ticolarmente questi giorni di ritiro le avevano fatto comprendere chiaramente che per cercare unicamente il Signore, e non se stessa, doveva dire il suo 'sì'. Io da parte mia le dissi che ciò veniva a confermare il principio che i confessori e i direttori di spirito parlano in nome di Dio".

L'inquietudine e la pace di dire "sì"

Padre Giacomo, infatti, si era consigliato con due missio- nari di grande esperienza, parlando con loro del progetto di affidare gli inizi della nuova famiglia missionaria alla signorina Bòttego. Ed essi l'avevano incoraggiato, ritenendo che ciò era secondo la volontà di Dio.

Il diario continua: "Alla domanda se le sembrasse di ritornare quieta dicendo il 'sì', rispose che sarebbe stata pacificata da qualsiasi decisione che togliesse la sua indecisione. La risposta è ovvia. Le espressi la mia intenzione di cercare e seguire uni- camente la volontà di Gesù, attendendo sempre da Lui il segno per agire. In sostanza, oggi la Congregazione ha trovato la sua fondatrice, che al Signore dice il suo 'fiat'".

Ma come giunse p. Giacomo Spagnolo alla decisione di fondare il ramo femminile dell'Istituto saveriano per le mis- sioni estere?

VIVI COME VIVREBBE MARIA

Dagli scritti di P. GIACOMO SPAGNOLO

• Il mistero della Visitazione ci mostra Maria, unitissima a Gesù, che lo porta sulle strade del mondo ed è da lui guidata nell'esercizio della carità umana ed apostolica. Ella va e porta il suo Gesù, che la muove e la conduce; si presenta come ogni altra donna, ma ha un grande segreto, una grande missione da compiere per l'umanità. Considerando la grandezza della In- carnazione operata in lei per la salvezza delle future genera- zioni, ella innalza l'inno più bello che persona umana abbia mai formulato all'onnipotenza e misericordia di Dio.

• Dobbiamo vivere come la Vergine santissima vivrebbe al nostro posto. "Come in cielo così in terra" era il tema pratico della vita umana e divina di Maria.

Recitiamo quotidianamente il Rosario con attenzione e amore. Questa preghiera, ispirata dalla Vergine santissima ai suoi santi e alla chiesa, è sommamente adatta a condurre l'a- nima verso l'unione mistica con Dio.

Madre Celestina, di ritorno dagli Stati Uniti (1955), saluta le sorelle saveriane. Teresa Del Gaudio (terza da sinistra)

e Maria Grechi (af fianco di p. Giacomo) ·restarono vittime nel tragico naufragio della nave Andrea Doria (1956)

Negli anni della seconda guerra mondiale, padre Giacomo era un giovane saveriano. Era nato a Rotzo, sull'altopiano di Asiago il 31 gennaio 1912. Entrato a undici anni nell'Istituto saveriano, nel 1934 era stato ordinato sacerdote. Nel '38 ave- va conseguito a Roma la laurea in missiologia. Nel '40, men- tre insegnava al liceo saveriano di Parma, frequentava anche i corsi d'ingegneria, prima a Parma e poi a Bologna.

Ci aveva già pensato il beato Conforti Era l'inizio della quaresima del 1942. Padre Giacomo, pur non conoscendo il progetto del Conforti, aveva cominciato a pensare alla fondazione di un Istituto di saveriane. Fu nell'in- contro con un altro saveriano, il p. Giovanni Bonardi, nel me- se di marzo, che egli venne a sapere del desiderio del Con- forti.

P. Giacomo aveva chiesto la collaborazione di una giovane che le era sembrata adatta per l'opera. Questa, tuttavia, dopo un iniziale consenso, declinò l'invito. Ma ormai l'idea abita i pen- sieri di padre Giacomo, che annota nel diario: ''Tra un teorema e l'altro di matematica o di scienza delle costruzioni, mentre ri- torni a colloquiare col tuo Signore, ti ritorna alla mente quel progetto ... Non si può lasciarlo languire. Ma sarà proprio que- sto che devi fare?".

"Mi è venuta in mente la signorina Bòttego"

P. Giacomo si confronta con persone di fiducia e ne riceve incoraggiamento. Intanto la guerra continua e i bombarda- menti cominciano a farsi sentire. Il 2 luglio del '43 scrive:

"Giorni fa, pensando all'Istituto delle nostre suore missionarie, mi è venuta alla mente la signorina Bòttego come una persona adatta sotto tutti i punti di vista ... ". Rompendo ogni indugio, quella sera stessa andò ad incontrarla, in una casa di Suore della città, dove la signorina Bòttego stava facendo gli eserci- zi spirituali.

Celestina Bòttego aveva allora 48 anni. Il papà, fratello del famoso esploratore Vittorio Bòttego, era di Parma; la mam- ma era statunitense di origine irlandese. Celestina era nata e cresciuta, fino a quindici anni, negli Stati Uniti. Venuta in Ita- lia, aveva approfondito gli studi di inglese, che insegnava in va- rie scuole di Parma e anche ai missionari saveriani. Si dedica- va, con grande sollecitudine, al soccorso materiale e spirituale di tante persone in difficoltà.

Il Crocifisso di Pasqua e l'augurio: "Tutto"

La signorina Bòttego, di fronte alla proposta di p. Giaco-

mo, si mostrò negativa. Egli scrive: "Disse che era disposta a

dare i mezzi, ma non se la sentiva di organizzare l'opera. Le ri- sposi che aveva fatto bene a dirmelo, e che io cercavo solo di fare per me e per gli altri la volontà di Dio, e che quindi non in- tendevo violentare nessuno ... Riconfermai a Gesù la dedizio- ne della mia volontà a questo scopo, in attesa che Lui agisse e mostrasse la via. Qualche settimana dopo la signorina Bòttego ritornò sull'argomento chiedendomi se avessi fatto qualcosa di nuovo. Quel suo interessarsi mi piaceva ... ".

Nell'agosto del 1943, padre Giacomo fu nominato rettore della Casa Madre dei missionari saveriani a Parma. Dovette perciò abbandonare gli studi di in- gegneria. Come rettore, inviò per la Pasqua dell'anno successivo gli auguri a Celestina, con quella car- tolina del Crocifisso su cui aveva scritto: "Tutto". Fu come la goc- cia che fece traboccare il vaso! •

P. Giacomo era incline alle scienze sperimentali e ai mestieri pratici

IL SUO GRANDE AMORE P

enmnq p.rtco tego, delmis

Al suofller rioregier,

lui:

"P.YJn gio• d

dem

CHI SIAMO: COME, DOVE ...

: Per vivere la missione

LE SAVERIANE

• •

• • r.:I

osì ci definiscono le nostre Costituzioni, che sono il do-

~ cumento che regola la vita, la spiritualità e l'attività mis-

• sionaria delle saveriane:

"Siamo una congregazione missionaria religiosa. Il Signore ci : ha chiamate per stare con lui e per inviarci alle genti. Seguia-

• mo Cristo missionario del Padre, nella professione dei consigli evangelici di castità, povertà e obbedienza. Non usiamo abito

• uniforme, ma vestiamo 'modestamente e dignitosamente', se-

• condo l'uso dei vari luoghi in cui ci troviamo, per favorire un : contatto semplice e fraterno con tutti".

La saveriana ideale: "o perfetta o misericordiosa"

Padre Giacomo Spagnolo ci voleva così:

La vita di missione richiede molta preghiera ed ascolto della Parola

"Quando penso alla save- riana ideale, me la raffiguro come la Ma- donna: tutta di Dio e tutta dei fratelli, ordina- ta e modesta, piena di amore e senza attacca- menti, gioiosa e impegnata, atti- va e tranquilla, misericordiosa e giusta insie- me, umile e co- raggiosa, rac- colta ma attenta ad ogni cosa, di poche parole e molti fatti, ' razionale e giustamente affettuosa, sempre pronta a donarsi ma docile ali' obbedienza, esigente per sé e comprensiva per gli altri, soave nei modi e forte nella ricerca dei fini, colta ma non ambiziosa, contenta e non chiassosa, sempre e in tutto desi- derosa di Dio e delle cose eterne, ma senza perdere contatto con le cose umane, soprannaturale e umana insieme".

• Tra l'ideale e la realtà c'è lo spazio della misericordia, che

• non può mai mancare fra noi, come ci ricordava p. Giacomo:

• "Per sussistere, o si è perfetti tutti o tutti misericordiosi".

(5)

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P. GIACOMO SPAGNOLO

2003 MAGGIO/GIUGNO ,~ 1

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1 ,

PADRE GIACOMO SP.AGNOLO

SAVERIANI E SAVERIANE UNA PRESENZA FAMILIARE, SOBRIA E GIOIOSA

Affidandosi alla misericordia onnipotente di Dio

TERESINA CAFFI. mM

1titlque anni fa, il 22 marzo 1978, moriva a Parma il saveriano Gtcomo Spagnolo, fondatore, insieme a madre Celestina Bòt- llE111issionarie saveriane.

f~erale, mons. Gianni Gazza, il vescovo che era stato supe-

~éerale dei saveriani subito dopo il Concilio, così testimoniò di

S~nolo ha avuto due grandi amori che hanno costituito la ra- Jrf della sua vita: l'Istituto missionario saveriano e l'Istituto e/I missionarie di Maria. Del primo è stato membro esemplare,

;itome semplice saveriano che nelle più alte responsabilità

~la direzione dell'Istituto. Del secondo è stato fondatore e ,adre. Questi due amori, a volte, hanno comportato impegni

che, per cause esterne, venivano in concorrenza fra di loro.

P. Spagnolo ha sofferto, nel profondo dell'animo, questa duplice tensione. Ma l'ha sofferta e vissuta con una dis-

ponibilità assoluta, di tipo eucaristico. Quello che più gli premeva era l'esigenza di trovarsi sempre dentro il disegno di Dio ... Il suo supremo interesse era solo la

volontà di Dio".

Nel diario, il 5 dicembre 1945, padre Giacomo scri- ve: "Signore, voglio rendere testimonianza alla tua misericordia infinita. Sono peccatore, misero, inde-

gno, ma sono certo che tu mi farai santo, non solo, ma padre di tante anime sante. Anzi, quanto mag-

giori saranno queste mie indegnità tanto mag- giormente io so che devo rafforzare questa mia certezza, perché questo torna di grande gradi-

mento alla tua bontà e di lode alla tua infinita misericordia" .

Oggi le missionarie di Maria, comunemente chiamate "saveriane", sono una famiglia di 237

sorelle.

,vi,30 luglio 1971. Padre Giacomo e madre Celestina accompagnano le itilia Fumiko, Gemma Kiuoko e Rosa Casali, partenti per il Giappone

I primi passi del nuovo Istituto delle saveriane, missionarie di Maria sono accompagnati dalla duplice presenza ed ispira- zione di padre Giacomo Spagnolo e di madre Celestina Bòt- tego. Padre e madre sono sempre "davanti ed accanto", come nella vita di ogni famiglia.

r:,

adre Giacomo Spagnolo e Celestina Bòttego comincia-

i.li

rono "a guardarsi attorno e a fare progetti concreti".

Siamo ormai verso la fine della guerra.

La signorina Celestina diventa la madre Bottego La prima giovane, Teresa Danieli, sorella di un missionario saveriano, arrivò il 19 luglio 1945. Nel frattempo, anche altre giovani desideravano diventare missionarie.

Quasi subito, le giovani furono accolte in casa Bòttego e il loro affluire ne rese necessari successivi ampliamenti. La si- gnorina Celestina divenne "Madre", di nome e di fatto. Si prese cura della formazione e anche del sostentamento delle giovani, pur continuando nel suo lavoro, per qualche tempo an- cora.

Il 2 luglio 1950, lei e le prime tre sorelle fecero la prima professione religiosa. In tale data, la liturgia faceva allora me- moria della Visitazione, la visita di Maria ad Elisabetta. Que- sto incontro tra la madre di Cristo e la madre del Battista di- venne motivo ispiratore per l'identità delle saveriane.

La Società missionaria di Maria e i missionari saveriani

Nel 1951, il Capitolo generale dei missionari saveriani ri- conobbe nell'istituzione, da poco iniziata, il ramo femminile dell'Istituto. "Si vede che mons. Conforti continua a lavorare anche dal paradiso ... Voi dovete sentirvi come

figlie di mons. Conforti, perché figlie del suo desiderio, del suo pensiero, del suo spirito, del- le sue regole e della sua azione", scrive p. Gia-

• corno.

Tutte unite per la stessa missione : Nel 1954, un primo gruppo di sorelle partì Tutta la vita e le scelte della Congregazione devono essere • per gli Stati Uniti d'America , per lavorare, in- orientate al suo fine esclusivo: la missione, l'annuncio in ope- • sieme alla Madre Bòttego, nelle comunità dei re e parole di Cristo e del suo vangelo a popoli e gruppi che an- : saveriani. Due sorelle, partite nel 1956 sull' An- cora non lo conoscono, affinché, come scriveva il beato Con- • drea Doria, perirono nel naufragio. L'anno se- forti, si faccia del mondo una sola famiglia, secondo il pro- • guente la Madre accompagnò le sue prime ti-

getto del Padre. • glie in Brasile. Nel 1959 altre sorelle partirono

Oltre alle comunità in Italia, siamo attualmente presenti in • alla volta del Giappone e l'anno dopo altre par- Brasile, Messico, Stati Uniti, Giappone, Thailandia, RD Con- • tirono per il Congo e il Burundi.

go, Burundi, Camerun, Ciad. •

Il suo metodo: fermezza e flessibilità Gli Amici delle Missionarie di Maria ; Padre Giacomo accompagnò, con amore e con rispetto, la fa- Anche il laicato può condividere con noi la stessa spiritualità • miglia che andava crescendo. Con le sue meditazioni mattuti- e fine missionario. Attualmente, in collegamento con le no- • ne, ne orientò la spiritualità verso la contemplazione, come stre comunità in Italia, Congo-Kinshasa e Brasile, esistono • motore e anima della missione. Era deciso nel proporre le gruppi di laici, uomini e donne, chiamati gli "Amici delle Mis- • grandi idee di orientamento , ma anche capace di ascolto e di sionarie di Maria". • confronto con la madre Bòttego e con le stesse giovani mis-

Siamo convinte che questo cammino condiviso è di reci- • sionarie. Le metteva in guardia da ogni fissismo che ne tar- proco arricchimento e di utilità per il regno di Dio e per la • passe le ali.

missione.

a •

Non esitava ad intervenire con energia quando vedeva che

In Italia, le saveriane hanno comunità a Milano, Ceggia (VE), Roma, Oristano e Parma.

La Casa Madre è in Via Omero, 4 - 43100 Parma.

Te/. 0521 493841 E-mail: misma.cm@libero.it Chi desidera tenersi informato sulle loro attività, può richiedere il loro simpatico mensile dal titolo:

"Missionarie di Maria saveriane".

erano in gioco i principi fondamentali della vita religiosa mis-

• sionaria, ma era aperto alla pluralità. Diceva: "Nelle cose ne- cessarie, unità! Nelle dubbie, libertà! In tutte, carità!".

Attenzione spirituale, familiarità

e gli strumenti del mestiere ...

• Visitò le comunità nei vari paesi in cui le sorelle saveriane : lavoravano. La sua presenza era preziosa per la gioia che por-

• tava, l'incoraggiamento, il consiglio. Ma si metteva a fare an-

• che tanti lavori pratici, specialmente riparando e aggiustando

• con pazienza i vari utensili ed attrezzi di casa, per "essere uti-

• le" alle sue figlie.

: Padre Giacomo sapeva godere delle bellezze della natura e

• del congegno di una macchina; si appassionava alla fotografia

• e gustava anche una partita a carte. Con tutti intesseva relazioni positive, affettuose e libere. Amava le famiglie delle missio-

• narie; le visitava spesso; sapeva farsi loro vicino soprattutto : quando le missionarie erano lontane. Veniva percepito come

• una persona di casa, perché subito si immedesimava nelle lo-

• ro situazioni.

e

"Ci ha insegnato a vivere e a morire"

La sua serenità nasceva da un profondo affidamento a Dio.

Anche di fronte alla malattia al polmone, che manifestò la . • sua gravità nell'ottobre 1977, egli non perse questa serenità.

-~ : Non si affannò a scrivere memoriali, consegne, testamenti ...

Le saveriane si dedicano al servizio dell'umanità più bisognosa, per amore di Cristo

• Visse con semplicità e fede il suo ultimo tratto di strada e,

• dopo averci insegnato a vivere, ci insegnò anche a morire.

La visita di padre Giacomo era sempre una festa. L'ultima visita in Trentino (1977), con ai lati le sorelle Maria Teresa e Caterina, (da sinistra) Rosa Mistica, Fausta, Liduina e una giovane ospite

Così terminava l'ultima lettera alle sue figlie: "La vita di Cristo si manifesti sempre più anche nei nostri esseri mortali.

Sono questi i bellissimi ed efficaci auguri che ci facciamo , perché non c'è cosa più grande ed importante per noi che rea- lizzare il nostro fine: essere conformi all'immagine del Figlio di Dio, in terra e nella gloria!".

Padre Giacomo morì il 22 marzo 1978. La madre Bòttego, in quei giorni, scrisse: "Per noi è un dolore profondo questo dis- tacco dal nostro padre, ma in fondo io credo che sia un dono del Signore. Adesso il padre ci rivelerà ancora meglio il pen- siero di Dio e noi potremo capirlo ... ".

Poco più di due anni dopo, il 20 agosto 1980, anche madre Bòttego concludeva la sua vita terrena.

L'amore misericordioso è onnipotente L'amore misericordioso di Dio fu un costante punto di riferimento di padre Giacomo. Già nel- ]' agosto del '44 scriveva a Celestina Bòttego:

"Dio è infinitamente misericordioso nell'usare strumenti così poveri e inadatti. Egli, che sa tut- to e che conosce meglio di noi la nostra miseria, farà tutto per l'opera che ci ha affidato".

Nel 1953, rifulse nel suo spirito l'idea che la misericordia doveva avere come strumento l' on- nipotenza. Fu per lui come una vetta, da cui con- templare l'esistenza del missionario e la stessa storia. In una lettera scriveva:

"Ora sono tutto preso dal pensiero dell' onni- potenza misericordiosa di Gesù. Egli non solo usa misericordia , ma, essendo onnipotente, fa prodigi per chi ha bisogno di misericordia e sa trasformarci in un vivente "Magnificat" all'onnipotenza misericordiosa di Dio. Non è cosa venuta da noi. Gesù ci ha condotti, passo pas- so, su per la china di questo monte ed ora, dall'alto, vediamo tutto il panorama".

Maria, nel mistero della Visitazione, col suo canto ci dà l'in- tonazione per fare della nostra vita un inno di lode alla onni- potenza misericordiosa di Dio.

Donne consacrate

all'onnipotenza misericordiosa di Dio Padre Giacomo compone la preghiera di consacrazione al- 1' onnipotenza misericordiosa di Dio, con la quale le saveriane, votandosi per sempre alla vita religiosa missionaria, conse- gnano se stesse, per essere strumenti viventi dell'onnipotenza misericordiosa di Dio. "La nascita di un figlio di Dio - scrive padre Giacomo alcuni anni prima della morte - è miracolo più grande della creazione dell'universo . Essere missionarie si- gnifica essere completamente disponibili, con-per-in Cristo, al- 1' azione dell'onnipotenza misericordiosa di Dio per la gene-

razione dei figli di Dio".

a

SPIRITUALITÀ EVANGELICA

Dagli scritti di p. GIACOMO SPAGNOLO

La scuola - Il Crocifisso resta per noi la scuola dove si impara a pagare di persona, fino in fondo, per amore.

Grandezza delle piccole cose - La perfezione non è espressa tanto da cose eccezionali, che destano meravi- glia, quanto dalle piccole cose, vissute con costanza e con grande amore.

Amare come Gesù - Amatevi come Gesù ci ha ama- ti, con un amore spirituale, tutto delicatezza e bontà, un amore che non misura, che non cerca se stesso, che va ol- tre la giustizia nel darsi, che non riserva nulla per sé, che ama il sacrificio, che gode di vedere gli altri con- tenti e soffre solo di vedersi risparmiare, che è persuaso che solo quello che diamo a Gesù nelle anime resta ve- ramente nostro per l'eternità.

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