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Moto di un punto materiale in un campo di forze centrali

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Academic year: 2021

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(1)

1.1 (Lezione L15 – Prof. Della Valle)

1. Momento di una forza, momento angolare, II eq. cardinale

Momento di un vettore

Dati un vettore applicato a!ed un punto O, detto polo, si dice momento M!

di a! rispetto ad O il vettore:

a r M! ! !

!

= ,

dove r! è il vettore che va da O al punto di applicazione di a!. Come conseguenza della definizione, il momento è ortogonale al piano individuato da a! e da O ed ha per modulo M = r!a!sin" = d!a,

dove ! è l’angolo compreso tra r! ed a!, d è la distanza della retta di applicazione di a! dal polo O. Se trasliamo il vettore applicato a! lungo la sua retta di applicazione, il momento rispetto allo stesso polo O non cambia:

M!2 = ! r2!!

a = ! r1+!

r12

( )

!a =!

= ! r1!!

a +! r12!!

a = ! r1!!

a = ! M1 essendo r!12 ||a! " r!12 !a! = 0. Momento di una forza

In particolare, dati una forza F!

ed un polo O, si definisce momento !! della forza F!

rispetto ad O il vettore:

F r! !

! = !

" ,

dove r! è il vettore che va da O al punto di applicazione di F!

. Le dimensioni del momento di una forza sono:

[ ]

! = r

[ ] [ ]

F = L

[ ]

2

[ ]

M

[ ]

T "2

Nel S.I. il momento di una forza si misura in N !m. Momento della quantità di moto

Dati un punto materiale P, avente quantità di moto p! , ed un polo O, si definisce momento della quantità di moto o momento angolare L!

di P rispetto ad O il vettore p

r L! ! !

!

= ,

a!

r!

M!

d

O !

a!

r!2

M!

d O

r!1

a! r!12

(2)

dove r! è il vettore che va da O a P. Il momento angolare risulta così ortogonale al piano individuato dal vettore p! (ovvero da v!, ad esso parallelo) e dal punto O. Se un punto materiale compie un moto piano, ed anche il polo O viene scelto nel piano del moto, allora il momento angolare è ortogonale al piano del moto, e quindi la sua direzione resta costante nel tempo.

Viceversa: se il momento angolare L!

di un punto materiale P ha una direzione costante, allora il moto di P è un moto piano.

Esempi

a) Moto circolare

Consideriamo il moto lungo una circonferenza di raggio r e centro O: il momento angolare di P rispetto al centro O vale

!!

!

! ! 2

r m v r m

L = " =

b) Moto piano non circolare

Conviene utilizzare le coordinate polari, e scomporre la velocità secondo le componenti:

" !

" r

dt rd dt v

vr = dr ; = =

Il momento angolare rispetto all’origine, allora, vale:

( )

[

" "

]

" " !

"

"

!

!

!

!

!

!

! !

ˆ 2

ˆ ˆ

ˆ ˆ

r m u

r v m u

r v u r v m

u v u v r m v r m L

r r

r r

=

#

=

# +

#

=

= +

#

=

#

=

essendo r!!uˆ =r 0. c) Moto non piano

Anche in un moto non piano, ad ogni istante si può definire un piano del moto come il piano del cerchio osculatore della traiettoria. Si definisce anche una velocità angolare !! il cui modulo è la derivata temporale dell’anomalia ! di P, la direzione è ortogonale al piano istantaneo del moto, ed il verso è tale che punti verso un osservatore che vede la rotazione del raggio vettore r! avvenire in senso antiorario.

Anche in questo caso, allora, il momento angolare di P rispetto all’origine vale

!!

! 2

r L = m

La II equazione cardinale della dinamica

Consideriamo un riferimento inerziale, ed un punto materiale P in moto in esso; se deriviamo rispetto al tempo l’espressione del momento angolare di P rispetto ad un polo O troviamo:

( )

! ! ! ! ! ! !!

! !

! !

!

! !

=

"

=

"

+

"

=

"

+

"

=

"

= v p r F r F

dt p r d dt p

r p d

dt r d dt

L d

essendo v!|| p! " v!!p! = 0.

Resta così derivata la Seconda equazione cardinale o Teorema del momento angolare:

!!

r!

p!

O

v!

v!!

v!r

r!

! y

O x

(3)

In ogni istante, la derivata temporale del momento angolare di un punto materiale P è pari al momento della risultante delle forze applicate a P rispetto allo stesso polo O

Si dice “seconda equazione cardinale” perché la si incontra, nello studio dei sistemi di punti, preceduta da una “prima equazione cardinale”. In particolare, se

cost.

0

0 ! = ! =

= L

dt L

d! !

"!

in modulo, direzione e verso, e quindi il moto è piano. Dunque, come conseguenza della II equazione cardinale, se il momento delle forze applicate ad un punto materiale P rispetto ad un certo polo O è nullo, allora il momento angolare di P rispetto ad O è costante, ed il moto di P è piano.

2. Moto in un campo di forze centrali

Planarità del moto

In un campo di forze centrali avremo sempre:

( )

|| ! = r"F = 0 ! L = cost.

dt L r d

r

F ! ! ! !

!

! !

e quindi il moto è piano.

Si tratta di una delle caratteristiche principali dei campi di forze centrali. Più precisamente, in un campo di forze centrali, il momento angolare rispetto al centro di forza O si conserva.

Nota bene: non è vera, in generale, l’implicazione inversa. Se infatti il momento angolare è costante, avremo certamente che il momento della forza risultante si annulla, ma ciò può corrispondere a due situazioni differenti:

a) F!

( )

r! r! !

|| il punto materiale P si muove effettivamente in un campo di forze centrali di centro O.

b) il punto materiale P non è soggetto ad alcuna interazione e quindi si muove di moto rettilineo uniforme.

Energia potenziale centrifuga in un campo di forze centrali

L’energia di un punto materiale P di massa m che si muove con velocità scalare v in un campo di forze centrali e si trova a distanza r dal centro delle forze: E = Ep

( )

r +1

2m v2

Poiché siamo in un campo di forze centrali, il moto è piano (il momento angolare si conserva, ed in particolare la sua direzione resta costante); scriviamo allora la velocità vettoriale di P in un sistema di coordinate polari nel piano del moto: !u!

dt rd dtu

v! = dr ˆ +r ˆ

e dunque il quadrato della velocità scalare vale

2 2

2 2

2

2 !

"

$ #

%

&

! +

"

$ #

%

&

= +

= '

= dt

r d dt v dr

v v v

v r (

(

!

!

Sostituendo questa espressione in quella dell’energia otteniamo:

!!

! dt =

L d

(4)

E = Ep

( )

r +1 2m dr

dt

!

"

# $

%&

2

+1

2m r2 d' dt

!

"

# $

%&

2

Consideriamo, ancora, il momento angolare del punto materiale rispetto al centro delle forze:

(

r r

)

r uz

dt r d m u

u v r m u

v r u v r m v r m

L ˆ ˆ ˆ ˆ 2 ! ˆ

!

!

!

! = " =

"

+

"

=

"

= ! ! ! !

!

e quindi l’ultimo termine nell’espressione dell’energia può essere scritto in termini di modulo del momento angolare, e prende il nome di energia potenziale centrifuga del punto materiale P nel campo di forze centrali: 2 (centr)

2 2 2

2 2

1

Ep

r m

L dt

r d

m " = !

#

% $

&

' (

Poiché infatti questo termine non dipende esplicitamente dal modulo della velocità scalare, ma solo dalla distanza r, come l’energia potenziale, può essere interpretato come se fosse un’energia potenziale, benché in realtà sia stato ricavato dall’espressione dell’energia cinetica.

Il suo effetto è lo stesso che avrebbe una forza repulsiva (centrifuga, appunto) apparente (in un sistema non inerziale). Se infatti scegliamo un sistema di riferimento con l’asse z parallelo all’asse di rotazione di P e che ruota con la stessa velocità angolare (istantanea) di P, in tale sistema di riferimento abbiamo effettivamente una forza apparente centrifuga, e la sua energia potenziale ha proprio l’espressione introdotta sopra, e il moto di P, in questo sistema di riferimento, diventa monodimensionale, diretto lungo l’asse r. Per dimostrare l’asserto, calcoliamo l’energia potenziale della forza centrifuga:

( )

r

r E m dr L

r m u L

r m u L

r m

F p

r r

r

r (centr)

2 2 3

2 3

2 2 centr

ˆ 2

ˆ = ! = = =

=

"

#

#

L $

! %

Energia potenziale efficace in un campo di forze centrali

Di conseguenza definiamo un’energia potenziale efficace del campo di forze centrale come la somma dell’energia potenziale della forza del campo e dell’energia potenziale centrifuga:

Ep(eff ) ! Ep+ Ep (centr)

= Ep

( )

r + L

2

2m r2

L’energia potenziale efficace rappresenta l’energia potenziale totale del punto materiale nel sistema non inerziale sopra definito.

In un campo di forze centrali attrattivo, l’energia potenziale del campo è sempre negativa, (come per il campo gravitazionale); l’energia potenziale efficace, invece, può essere negativa, positiva o nulla a seconda che predomini il termine dovuto alla forza del campo o il termine centrifugo (che è sempre positivo), o infine i due termini si bilancino esattamente.

Le condizioni iniziali del moto stabiliscono il valore del momento angolare, quindi l’andamento dell’energia potenziale efficace al variare della distanza r, e l’energia totale del punto materiale P, che si conserva durante il moto;

Il tipo di traiettoria che si ottiene dipende da queste due condizioni.

Consideriamo ora il caso di un campo di forze centrali attrattivo la cui energia potenziale dipenda dall’inverso della distanza dal centro di forze, come nel caso del campo gravitazionale percepito da una massa m in presenza di una massa M >> m, o come nel caso del campo elettrostatico percepito da una particella carica leggera in presenza di una seconda particella di carica opposta molto più pesante: Ep

( )

r = !k

r .

(5)

L’energia potenziale efficace sarà dunque Ep(eff )

( )

r = !k

r + L2 2m r2

Osserviamo che l’energia potenziale efficace sarà positiva per valori bassi di r, poiché in questo caso predomina il contributo centrifugo, inversamente proporzionale al quadrato di r, e negativa per valori alti di r, dove predomina il contributo attrattivo, inversamente proporzionale ad r (per r"! tenderà a zero, poiché entrambi i contributi tendono ad annullarsi) (vedi figura).

Il valore limite che separa la zona a valori positivi da quella a valori negativi è: rz = L2

2km. Nella zona a valori negativi è presente il punto di minima energia potenziale efficace, in corrispondenza della distanza doppia di quella per cui l’energia si annulla:

rmin = L2

km = 2rz. Il minimo di energia potenziale efficace vale: Ep,min(eff ) = !k2m

2L2 .

3. Moto dei pianeti e leggi di Keplero

Moto di un punto materiale in un campo gravitazionale

Il concetto di energia potenziale efficace appena introdotto è utile per studiare il moto di un punto materiale di massa m immerso nel campo gravitazionale generato dalla massa M >> m.

Le condizioni iniziali stabiliscono il momento angolare L!

e l’energia totale E, che si conservano; la direzione di L!

stabilisce il piano del moto, mentre dal suo modulo dipende l’entità dell’energia potenziale centrifuga, e quindi i valori r , z r ed min E(peff,min) . Poiché risulta

E = 1 2m dr

dt

!

"

# $

%&

2

+ Ep (eff )

( )

r ' Ep(eff )

( )

r , avremo anzitutto che, fissato il valore di L, sarà certamente E ! E(peff,min)

L’uguaglianza, poi, può valere solo nel caso in cui la velocità radiale sia nulla (in modo che l’energia totale coincida con l’energia potenziale efficace), ed al tempo stesso la distanza dal centro delle forze corrisponda proprio al minimo di energia potenziale efficace. Inoltre:

a) Se l’energia totale è negativa

(

E = E1 < 0

)

, avremo che anche l’energia potenziale efficace deve sempre restare negativa, ed in particolare al di sotto del valore E1 <0. Di conseguenza il punto materiale P si trova confinato entro una buca di potenziale, e la sua distanza dal centro delle forze varierà tra un valore minimo ed un valore massimo (vedi

rz

O rmin r

rper

raf

) (

min , eff

Ep

E1

E2

r0

( )

r

Ep

( )

r

Ep(centr)

( )

r

E(eff)p

(6)

figura); la traiettoria, pertanto, è un ellisse. Il perielio e l’afelio si trovano alle distanze rper,af

tali che sia: Ep(eff )

( )

r = !"Mm

rper,af + L2

2m rper,af2 = ! E1 => E1 2m rper,af2 ! 2"Mm2rper,af + L2 = 0 =>

=>

1 2 2

1 1

af 1

2 2 1 1

per ; 2 2 2

2 2

2 mE

L E

Mm E

r Mm E

m L E

Mm E

r Mm "" !

#

$

%%&

! '

=

"" !

#

$

%%&

+ '

= ( ( ( (

con: 0

2 2 1

3 2 ) 2

( min

, = " ! E <

L m Epeff # M

b) Se, in particolare, l’energia totale (negativa) coincide con l’energia potenziale efficace minima, la traiettoria è una circonferenza, ed infatti le distanze corrispondenti al perielio e all’afelio vanno a coincidere perché la radice si annulla, ed entrambe valgono proprio r . min c) Se l’energia totale è positiva

(

E = E2 > 0

)

, il punto materiale P è libero di sfuggire alle forze del campo (vedi figura), e la traiettoria è un’iperbole; il massimo avvicinamento consentito al centro delle forze si determina imponendo velocità radiale nulla e quindi uguaglianza fra l’energia potenziale efficace e l’energia totale. Si ottiene il valore:

2 2

2 2 2

0 2 2 2E

Mm mE

L E

r ! Mm !

"

## +

$

%

&&

'

= ( con E2 > 0

(l’altra soluzione dell’equazione va scartata perché risulta negativa)

d) Se infine l’energia totale della particella è nulla, avremo che essa possiede l’energia minima necessaria per sfuggire al campo, e la sua traiettoria risulta parabolica. Il punto di massimo avvicinamento è a distanza r , ove l’energia potenziale efficace si annulla, e quindi z coincide con l’energia totale.

Le leggi empiriche di Keplero

Nel II sec. d.C. Tolomeo di Alessandria propose il modello geocentrico dell’Universo, in cui il Sole ruota intorno alla Terra. I pianeti descrivono orbite abbastanza complicate intorno alla Terra (epicicli). Si tratta di un sistema complesso, ma capace di prevedere la posizione dei pianeti.

Nel 1510 Niccolò Copernico propose il modello eliocentrico del Sistema Solare, in cui la Terra e gli altri pianeti ruotano intorno al Sole. Utilizzava, in pratica, un sistema di riferimento con buona approssimazione inerziale (solidale col Sole), che permette una descrizione analitica molto più semplice del moto dei pianeti.

T C S

T C D P

Deferente Epicicloide

Sistema Tolemaico Sistema Copernicano

Saturno

Giove

Venere Marte

Terra Luna

Mercurio Sole

(7)

L’astronomo danese Tyco Brahe (1546-1601) fece accurate osservazioni astronomiche del moto dei pianeti; in base ai dati raccolti da Brahe, l’astronomo Keplero (1571-1630) formulò le 3 leggi empiriche sulla cinematica del moto dei pianeti:

I. Ogni pianeta descrive un’orbita ellittica ed il Sole occupa uno dei due fuochi dell’ellissi.

II. Il vettore posizione di ogni pianeta rispetto al Sole descrive aree uguali in tempi uguali.

III. Il quadrato del tempo di rivoluzione di ciascun pianeta è proporzionale al cubo del semiasse maggiore della sua orbita T2 ! a3.

Dimostrazione delle leggi di Keplero

Le leggi di Keplero possono essere dedotte dalla teoria della dinamica del moto sotto l’azione di una forza centrale che dipende dall’inverso del quadrato della distanza.

I.

Infatti in presenza di un campo di forze centrali abbiamo dimostrato che il momento angolare del sistema si conserva, e ciò implica che il moto è piano e che le traiettorie chiuse del moto sono in generale delle ellissi.

L = m r! 2!

! = cost

"

# d$

dt = L m

1

r2 da cui d!

dt = "L m

d dr

1 r

#

$% &

'( )dr dt = "L

m d d*

1 r

#

$% &

'( L’energia totale del sistema è costante e vale E = !k

r +1 2m dr

dt

"

#$ %

&

'

2

+1

2m r2 d(

dt

"

#$ %

&

'

2

da cui

E = !k r +1

2 L2 m

d d"

1 r

#

$% &

'( )

*+ ,

-.

2

+1

2m r2 L mr2

#

$% &

'(

2

=> d d!

1 r

"

#$ %

&

( '

)* +

,-

2

= 2mE

L2 +2mk L2

1 r . 1

r2 . Posto ora mk

L2 =1

c si ha d d!

1 r

"

#$ %

&

' = 2mE

L2 +2 c

1 r( 1

r2 + 1 c2 ( 1

c2 = 2mE L2 + 1

c2 ( 1 r2 (2

c 1 r+ 1

c2

"

#$ %

&

'

e ponendo 2mE L2 + 1

c2 = e2

c2 , così che risulti definita una grandezza adimensionale e = 1+2L2E

mk2 e definendo una grandezza d =c

e che ha le dimensioni di una lunghezza, si trova l’equazione differenziale d

d!

1 r

"

#$ %

&

' = d 1 ( d r (1

e

"

#$ %

&

'

2

che possiamo integrare per separazione delle variabili:

d d r !1

e

"

#$ %

&

'

! 1 ! d r !1

e

"

#$ %

&

'

2 = d( => arccos d r !1

e

"

#$ %

&

' ! arccos 1

( )

=( ! 0 => d r !1

e= cos(") Otteniamo quindi

r = ed

1+ ecos !

( )

che rappresenta in coordinate polari l’equazione di una conica di eccentricità e e parametro della direttrice d (pari alla distanza della direttrice dal fuoco della conica scelto come origine del sistema di riferimento polare).

(8)

Osserviamo quindi che in base alla espressione assunta dal parametro e = 1+2L2E

mk2 risulta:

Eccentricità e = 0 0 < e < 1 e = 1 e > 1 Orbita Circonferenza Ellisse Parabola Iperbole

Energia Negativa Negativa Nulla Positiva

Dunque le orbite legate, che per quanto visto nel paragrafo precedente sono quelle con energia totale negativa, sono tutte e sole le ellissi che hanno il Sole in uno dei fuochi.

II.

Si può facilmente dimostrare che la velocità areolare dA dt, cioè l’area spazzata dal raggio vettore nell’unità di tempo, è costante.

L = m r! 2!

! = cost

"

# r2d$

dt = cost.

ma: dA = 1

2r ! r d

(

"

)

= 1

2r2d"

(possiamo approssimare l’areola dA a quella di un triangolo che ha per altezza r e per base l’arco di cerchio rd!)

Allora abbiamo che la velocità areolare risulta cost.

2 1 2

1 2

=

=

= m

L dt

r d dt

dA !

(seconda legge di Keplero per il moto dei pianeti: il raggio vettore copre aree uguali in tempi uguali).

III.

Infine, consideriamo una generica orbita ellittica di semiasse maggiore a ed eccentricità e. E’

noto dalla geometria elementare che l’area di tale ellisse vale: A = !a2 1 " e2 . D’altra parte possiamo esprimere questa stessa area come l’integrale della velocità areolare ricavata in precedenza integrata sull’intero periodo T dell’orbita: A = dA

0 dt

T

!

dt = 12mLdt

0 T

!

=2mLT .

Eguagliando le due espressioni troviamo LT = 2m!a2 1 " e2 . Inoltre si può dimostrare che il momento angolare del sistema in funzione dei parametri dell’orbita ellittica può scriversi nella forma seguente: L = mka(1 ! e2) (vedi appendice matematica). Per il caso particolare di un orbita circolare (e = 0), questa relazione si dimostra banalmente, infatti abbiamo, dalla I eq.

cardinale: F = m! ! aN = m!

aC ! " k

R2 ˆur = " m#2R ˆur ! mkR

R2 = m2#2R2 ! mkR = mR

(

2#

)

2 = L2

quindiL = mkR.

Quindi (in generale, per orbite ellittiche): T mka = 2m!a2 => T2 =4!2m

k a3= 4!2

" M a3 (terza legge di Keplero per il moto dei pianeti, indicando con M la massa del Sole). Si noti che la costante di proporzionalità tra il cubo del semiasse maggiore ed il quadrato del tempo di rivoluzione è la stessa per tutte le orbite.

dA d!

!

v!

P

O y

x P!

S

(9)

4. Modello classico di atomo

Il modello atomico di Thomson

Il modello più semplice di atomo è quello proposto dallo scopritore dell’elettrone, Joseph John Thomson il quale nel 1902 ipotizzò che l’atomo fosse costituito da una sfera priva di massa ma dotata di carica positiva uniformemente distribuita nella quale si troverebbero immersi dei “grumi elementari” massivi di carica negativa, gli elettroni appunto.

Quando ad un atomo viene fornita energia, come nei suoi esperimenti con i tubi a raggi catodici, esso manifesta la tendenza a liberare degli elettroni, perdendo carica negativa (processo di ionizzazione) e divenendo quindi uno ione positivo (a causa della disparità tra la carica totale positiva e la carica totale negativa che è diminuita a seguito della ionizzazione).

Questo modello pur fornendo una prima intuitiva descrizione microscopica dell’atomo presentava numerosi limiti:

i) Attribuendo massa esclusivamente agli elettroni si trovava che già un singolo atomo dell’elemento più leggero in natura, l’idrogeno, doveva contenere circa 2000 elettroni (per poter tener conto della sua massa).

ii) Non spiegava l’origine della diversa tendenza degli atomi di elementi diversi a perdere elettroni (diverse energie di ionizzazione).

iii) E’ in disaccordo con teoria dell’elettrostatica, in base alla quale si può dimostrare che nessun sistema di cariche ammette una configurazione di equilibrio statico.

iv) Evidenze sperimentali dovute a Ernest Rutherford nei primi anni del 1900 dimostravano che la massa dell’atomo è concentrata in una regione molto più piccola dell’atomo stesso (il cosiddetto nucleo, di raggio circa 10-5 volte inferiore al raggio atomico). Si tratta di esperimenti di scattering di particelle alfa su sottili lamine di oro...

Il modello atomico di Rutherford

Per queste ragioni il modello di Thomson fu presto sostituito nel 1911 dal cosiddetto modello di Rutherford, che proponeva un modello per così dire planetario dell’atomo: un nucleo denso e piccolo carico positivamente circondato da elettroni in moto rotatorio su orbite di diverso raggio.

Il modello di Rutherford è un modello dinamico dell’atomo che predice un equilibrio dinamico del sistema di cariche positiva del nucleo e negative degli elettroni dovuta ad un bilanciamento della forza di attrazione del nucleo con la forza centrifuga dovuta al moto rotatorio degli elettroni, esattamente come accade nel nostro sistema planetario per i pianeti in moto rotatorio intorno al Sole.

In base alla terza legge di Keplero, possiamo anche facilmente stimare il periodo di rivoluzione dell’elettrone intorno al nucleo su di un orbita circolare di raggio R:

T = 4!2me

k R3 = 4! R !"0meR e2

Sapendo poi, dalla teoria dell’elettromagnetismo classico, che una carica che compie un moto oscillatorio di periodo T emette radiazione elettromagnetica alla frequenza (1/T) di tale oscillazione, è possibile stimare l’ordine di grandezza della frequenza della radiazione emessa dagli atomi nei processi di eccitazione e diseccitazione (osservata negli esperimenti di assorbimento o di emissione):

(10)

! = 1 T = 1

4" R e2

"#0meR

I valori dedotti da questo calcolo, note le costanti fisiche e posto R circa uguale al raggio dell’atomo (dell’ordine di 10-10 m), risultavano dello stesso ordine di grandezza delle frequenze realmente osservate (cioè centinaia di THz). Nonostante questo buon accordo qualitativo, anche questo modello presentava alcune fondamentali incongruenze sia con la teoria classica dell’elettromagnetismo sia con importanti evidenze sperimentali:

i) Poichè l’elettrone ruotando intorno al nucleo irraggia esso dovrebbe perdere energia e quindi portarsi su orbite sempre più interne fino a cadere sul nucleo stesso.

ii) I calcoli mostrano che il tempo impiegato per questo decadimento è dell’ordine di 10 ns circa, quindi l’atomo di Rutherford è estremamente instabile ed il modello planetario non può in alcun modo rendere conto della stabilità della materia nell’universo.

iii) Infine, esperimenti di eccitazione e diseccitazione di numerose specie chimiche avevano dimostrato che ogni elemento quando si diseccita emette luce di particolari e caratteristiche lunghezze d’onda, cioè ogni elemento ha un caratteristico spettro di emissione a righe, mentre un decadimento alla Rutherford prevedrebbe la emissione di un continuo di lunghezze d’onda.

L’analisi critica di queste fondamentali incongruenze del modello planetario dell’atomo, e quindi della fisica classica su cui esso si fondava, determinò il nascere di una nuova teoria fisica, la meccanica quantistica.

(11)

Appendice matematica.

Cambiamento di polo per il momento angolare

Dati due poli O ed O!, entrambi fissi, cioè tali che O!O = cost., avremo:

L!O! = !r " ! p = !

r + !O O" !"""

( )

"p =! !r "p + !! O O" !"""

" ! p = !

LO+ !O O" !"""

"! p Allora, derivando rispetto al tempo, otteniamo:

F O dt O

L d dt

p O d dt O

L d dt

L

d!O !O ! !O !

" ! +

=

" ! +

" =

II equazione cardinale rispetto ad un polo mobile

Consideriamo ora un polo O che si muove con velocità v!O in un riferimento inerziale. Il momento angolare di P rispetto ad O vale:

O P O P O

P v v

dt r d dt

r d dt

r v d r

r r p r

L! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! !

!

=

!

=

=

"

!

=

#

= ;

(

! !

)

! !! ! ! !!

! !

! !

!

+

"

#

= +

"

#

=

"

+

"

= p r F v v p v p

dt r d dt

L d

O O

P O

essendo v!P || p! " v!P!p! = 0. In conclusione, la II equazione cardinale rispetto ad un polo mobile con velocità v!O diventa:

Energia totale in funzione dei parametri dell’orbita e del momento angolare.

L’equazione di una sezione conica di eccentricità e in coordinate polari del piano con l’origine nel fuoco a distanza d dalla direttrice della conica è ed

r = 1+ ecos(!). Derivandola rispetto all’angolo teta si ha !ed

r2 dr

d" = !esin("), da cui dr

d!

"

#$ %

&

'

2

= r4

d2sin2(!) = r4

d2

(

1 ( cos2(!)

)

, e ricordando l’equazione della conica abbiamo infine:

dr d!

"

#$ %

&

'

2

= r4

d2 1 ( d r (1

e

"

#$ %

&

' ) 2

* ++

, -

.. (1)

Ricordiamo poi che l’energia totale vale E = 1 2m dr

dt

!

"

# $

%&

2

+ Ep,eff(r) =1 2m dr

dt

!

"

# $

%&

2

+ Ep(r) + L2 2mr2 , da cui ricaviamo dr

dt = 2

m

(

E ! Ep(r)

)

! L

2

mr2 . Ma in generale è L = mr2(d! / dt) , quindi O!

O O!O

r!

p!

r !!

!!

!

! !

=

"

+v p

dt L d

O O

v!O

p v!P || ! r!

r!O

r!P

y z

x

P

O

(12)

possiamo scrivere d! dt = L

mr2 e perciò combinando le ultime due relazioni per eliminare la derivata temporale avremo:

dr dt

dt d!

"

#$ %

&

'

2

= dr d!

"

#$ %

&

'

2

=m2r4 L2

2

m

(

E ( Ep(r)

)

( L

2

mr2 )

*+ ,

-. (2)

Combinando ora la (1) con la (2) troviamo:

1 !d2 r2 +2d

er ! 1

e2 =2d2mE

L2 !2d2mEp(r) L2 !d2

r2

Eliminando ora i due termini in r2, ed eguagliando i termini costanti e quelli che dipendono da r si trova 2d

2mE

L2 = 1 ! 1

e2 e 2d2mEp(r)

L2 = !2d

er da cui rispettivamente:

E = ! L2 2md2

1 ! e2 e2

"

#$ %

&

', e Ep(r) = ! L2

mder o anche L = mked = mka(1! e2) ricordando che il semiasse maggiore dell’ellisse è dato dalla espressione a = ed / (1! e2) .

Osserviamo quindi che:

Eccentricità e = 0 0 < e < 1 e = 1 e > 1 Orbita Circonferenza Ellisse Parabola Iperbole

Energia Negativa Negativa Nulla Positiva

Velocità di fuga

La velocità minima con cui un corpo deve essere lanciato per poter sfuggire al campo gravitazionale della Terra, ipotizzando di trascurare l’attrito dell’aria, prende il nome di velocità di fuga. Per calcolarla, in base a quanto visto sulla forma delle orbite, basta imporre che l’energia totale del corpo sia nulla. Se allora il corpo si trova sulla superficie terrestre, avremo:

2 2

,

, 2

1 2

; 1 i

T T i

i i

c T

T i

p mv

R m E M

v m R E

m

E = !# M = " = !# +

Ei = 0 ! vi = vfuga = 2"MT RT

Nota: la velocità di fuga è la stessa in tutte le direzioni, essendo stata ricavata da un’equazione scalare.

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