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Reliquie d'Ancien Régime nell'Europa contemporanea. L'istituto del Prestanome nel Diritto Comune vigente nel Principato di Andorra.

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Dipartimento di Giurisprudenza


Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza

TESI DI LAUREA

Reliquie d'Ancien Régime nell'Europa contemporanea.

L'istituto del Prestanome nel Diritto Comune vigente

nel Principato di Andorra.

RELATORE

Chiar.mo Prof.

Andrea Landi

CANDIDATO

(2)

Introduzione

Questo lavoro nasce all’interno di un proposito di ricerca finanziato attraverso il progetto Erasmus, che mi ha consentito una permanenza di sei mesi presso l’Universitat de Barcelona.


Tale soggiorno è stato essenziale ai fini dello studio dell’argomento e alla stesura di queste pagine, almeno sotto un duplice profilo. In primo luogo perché mi ha permesso la consultazione della ricca biblioteca dell’Università, nelle varie facoltà, contenente un gran numero di testi sull’argomento non reperibili altrove, e certamente non in Italia.

In secondo luogo, il soggiorno in Catalogna e in Andorra ha reso possibile il contatto diretto e la sottoposizione del mio lavoro alla guida, al confronto critico e ai consigli di due magistrati di livello apicale nel sistema giudiziario pirenaico: sia Juan Manel Abril Campoy, che Lluís Puig i Ferriol (rispettivamente presidente ed ex-presidente del Tribunale Superiore di Giustizia di Andorra), i quali sono unanimemente considerati, pur nelle loro piccole divergenze reciproche, anche come i due fari della dottrina andorrana.

Nel modello dell’ordinamento pirenaico, come si cerca di analizzare brevemente in queste pagine, e nella sua “giurisprudenzializzazione”, probabilmente non è eccessivo dire che Juan Manel Abril Campoy e Lluís Puig i Ferriol rappresentano congiuntamente una parte significativa del diritto vivente dello Stato Andorrano.

Devo confidare che il contatto frequente - e informale - che gli stessi mi hanno concesso durante questa esperienza, ritengo abbia rappresento un passo davvero straordinario per la mia formazione. Aggiungo che la ricerca in loco, nella quale devo altresì riconoscere di aver trovato grandissima disponibilità di tutto il personale, che ha consentito e facilitato la non sempre agevole ricerca dei testi, mi ha permesso di “toccare con mano” - nel vero senso della parola - anche le edizioni originali di alcuni testi e manoscritti fondamentali nel sistema delle fonti andorrane, quali, per citare i più significativi, l’originale del “La coutoume d’Andorre” ma anche del “Manual Digest de las Valls Neutras de Andorra”. Ho avuto la possibilità unica di tenere in mano tali testi.

Le pagine che seguono possono dirsi, quindi, il risultato e la sintesi di questa mia esperienza di ricerca.

(3)

Nel merito il lavoro si propone di analizzare il particolare atteggiarsi dell’istituto del prestanome all’interno dell’ordinamento del diritto del Principato d’Andorra, che, come è noto, è tutt’oggi vigente secondo un sistema di diritto comune.


Partendo da una sommaria ricostruzione della storia e delle fonti del diritto, questa cerca di addentrarsi in alcune questioni dottrinali riguardanti l’istituto del prestanome in generale, sottoponendolo a un vaglio comparatistico della disciplina dei paesi a diritto codificato, per poi approfondire le sue specificità nel diritto del Principato, luogo in cui il prestanome da tempo assume una rilevanza economica concreta del tutto peculiare ed altresì dei connotati caratteristici. Si conclude con l’analisi di alcuni casi giurisprudenziali specifici, in cui trapela - si ritiene - con evidenza la particolarità del sistema delle fonti andorrano e, a maggior ragione, del quotidiano agire degli operatori del diritto pirenaici.

In chiusura sono riportati in appendice i testi di alcune delle sentenze del Tribunale della Mitra e del Tribunale Superiore di Giustizia, più rilevanti al fine della ricostruzione compiuta.

(4)

I

UN ORDINAMENTO SINGOLARE, IN UN MONDO

GLOBALE: NOTA SULL’EVOLUZIONE STORICA E

DELLE FONTI DEL DIRITTO IN ANDORRA.

Premessa

Il Principato d’Andorra costituisce un osservatorio eccellente di diritto, e rappresenta un caso straordinario nel panorama giuridico, non solo perché il suo ordinamento è modellato attraverso il ricorso al diritto comune, ma anche e soprattutto perché ha mantenuto il suo ordine complesso anche nel momento attuale, quando i regimi codificati, ormai da secoli, trionfano sull’intero continente europeo. Gli istituti peculiari del diritto andorrano intervengono da sempre a plasmare le esistenze degli abitanti delle Valli, adattandosi alle esigenze sempre nuove della realtà sociale ed economica.

In tale contesto emerge, forse più che altrove, come un tratto saliente degli ordinamenti che non hanno fatto ricorso alla codificazione, sia costituito dal lavoro interpretativo operato dalla figura del giurista, il quale, a differenza dello storico, è collegato al presente e si spende nell’attività di “indirizzare” la realtà sociale all'interno dei canali del diritto. Nel procedere argomentativo degli atti giudiziari riconducibili all’esperienza di diritto comune, infatti, è centrale il riferimento all’opera dei giuristi ; spicca, a tal proposito l’esperienza del 1

Tribunale della Mitra.

V. CRESCENZI, Communis Opinio Doctorum in «Actes del I simposi

1

jurídic Principat d'Andorra/República de San Marino. El "ius commune" com a dret vigent: l'experiència judicial d'Andorra i San Marino», Andorra 1994 p. 675.

(5)

Questo lavoro muove proprio dallo stimolo - seppur accompagnato dalla chiara consapevolezza di non avere a disposizione gli strumenti conoscitivi adeguati - di raccogliere quella che mi è parsa essere una sfida lanciata alcuni anni fa: cercare cioè di capire, come la lezione 2

proveniente dai sistemi giuridici dell’Europa continentale di Ancien

Régime, oggetto di studio spesso solamente in chiave storica, sia

ancora attuale e riesca a funzionare per la soluzione di problematiche concrete che si agitano nel fòro. Come non sia strano in definitiva, che nel terzo Millennio, le controversie tra privati siano risolte sull’autorità della communis opinio di maestri quali Baldo, Bartolo e altri dottori.

Gettando lo sguardo sull’attività giurisprudenziale poi, ci accorgiamo inoltre di come essa sia, tutt’oggi, cosa strana per i giuristi continentali - inclini come siamo, ormai, a pensare il diritto nelle forme del codice, o in generale della legislazione, o addirittura pronti a risolvere l’intero diritto nella legge - libera di creare diritto a partire dal caso concreto.

In questo quadro risulta illuminante la disciplina dell’istituto del prestanome nel Principato. A proposito di tale contratto si pongono varie questioni: se esso sia o meno ammesso e con quali limiti, se si possa sostenere l'esistenza di una consuetudine contra legem, quali siano i rapporti tra i soggetti coinvolti.


Le risposte a queste e altre domande sono nelle mani dei giudici.

Da A. LANDI, Osservazioni per uno studio del diritto comune

2

vigente, in «Rivista di Storia del diritto italiano», Anno LXXIII

(6)

Ho avuto pertanto in questo tempo di ricerca, l’occasione unica di confrontarmi con il Prof. Lluís Puig i Ferriol, ex presidente del Tribunale Superiore della Mitra e con il Prof Juan Manel Abril-3

Campoy attuale presidente del Tribunal Superior de Justícia d’Andorra . Ad essi va, già da queste prime righe, un sentitissimo 4

ringraziamento per i moltissimi colloqui, per i consigli e per la autorevole guida nella ricerca, durante il mio periodo di permanenza presso l’Università di Barcellona.

Proprio nella figura del giudice in Andorra, ed in generale nei sistemi di diritto comune, lo storico del diritto non può che riconoscere alcune peculiarità affascinanti, da consegnare sommessamente al giurista positivo europeo “in trincea”, per tentare di distoglierlo da alcuni ideali illuministici di cui è intrisa la nostra concezione; dogmi che tuttavia risultano inesorabilmente erosi o talvolta radicalmente smentiti dalla pratica del diritto nel corso degli ultimi secoli.

In particolare con riguardo al metodo interpretativo, alla luce delle “stranezze” pirenaiche, possiamo rileggere in filigrana le parole di

Già professore ordinario di diritto civile alla Università Autonoma

3

di Barcellona, già direttore dell’ IEA (Institut d'Estudis Andorrans), già magistrato del Tribunale Superiore di Giustizia di Catalogna, Segretario generale del secondo congresso giuridico catalano e membro della Acadèmia de Jurisprudència i Legislació de Catalunya, insignito dell’onorificenza Premi Creu de Sant Jordi da parte della Generalitat de Catalunya.

Professore ordinario di diritto civile all’Università Autonoma di

4

Barcellona, attuale membro del Tribunale Costituzionale d’Andorra già Magistrato del Tribunale Superiore di Giustizia di Catalogna, già direttore dei servizi giuridici per l’Ajuntamento di Barcellona.

(7)

Tarello per il quale interpretare è sempre un’opera di creazione del 5

diritto, anche nell’universo codificato.

1. Un millennio di fonti e organi del diritto andorrano


Lo studio del fenomeno del prestanome nel diritto andorrano, non può che prendere le mosse da una - seppur rapida - analisi dei tratti storici principali che hanno interessato il popolo pirenaico, capaci di giustificare le particolarità giuridiche e costituzionali persistenti nel contemporaneo Stato di Andorra, nel quale, per usare le parole di Pizzorusso “i principî fondamentali dell’organizzazione politica e giuridica risultano in tutto o in parte dal costume o da convenzioni non scritte o da una pluralità di testi scritti ma non concepiti per essere utilizzati come una Costituzione” 6

Secondo le leggende - con cui, nel sentire comune della gente delle Valli, la ricostruzione storica si confonde spesso - Carlo Magno fondò Andorra nell'anno 805 in riconoscimento dell'aiuto fornito dai suoi abitanti contro i Saraceni. 


In particolare, risalirebbero all’epoca carolingia i primi documenti ufficiali che parlano di Andorra come un popolo verosimilmente cosciente della propria identità e delimitazione geografica. A tal proposito, in molti testi è fatto riferimento alla Carta de poblament, emanata da Carlo Magno e suo figlio, Ludovico il Pio. Nonostante il dibattito sulla veridicità di tale documento non si sia mai placato in R. GUASTINI, Rileggendo Tarello sull’interpretazione, in «Saggi

5

scettici sull’interpretazione», Torino 2017, p. 6.

A. PIZZORUSSO, «Evolució de la noció de Constitució», in «A

6

l’entorn d’una Constitució. Annals de la VIII Universitat d’Estiu, Andorra 1992, p. 68.

(8)

modo definitivo, attualmente la maggior parte degli studiosi ritiene tale Carta un falso storico, elaborato nell’ XI o nel XII secolo per rivendicare l’indipendenza completa di Andorra nei confronti dei signori feudali del tempo .
7

Un altro documento conosciuto in cui è rinvenibile un riferimento al territorio di Andorra, riguarda una donazione a Sigfredo, conte di Urgell e Cerdanya, da parte di Carlo il Calvo, risalente all’anno 843 . 8

Concordanza piena tra le fonti vi è invece a proposito dei Pariatge, due lodi arbitrali risalenti al XIII secolo, costituenti il primo atto documentato di istituzione delle linee maestre dell’attuale sistema pubblico andorrano . 
9

Tale periodo fu caratterizzato da lotte e ostilità tra i Vescovi di Urgell e dei conti di Foix per ottenere la sovranità su Andorra. Queste dispute si conclusero con la firma di due sentenze arbitrali, note con il nome di Pariatges tra Vescovo di Urgell, Pere d'Urtx e il conte di Foix, Roger Bernat III. 


La firma del primo Pariatge avvenuta l’8 Settembre 1278, probabilmente a Lleida , stabilì le basi della sovranità condivisa; 10

principio cardine dell’accordo era l’uguaglianza nell’esercizio dei diritti signorili da parte dei due firmatari sopra il territorio di

A. PIGOT, Les fonts del dret Andorrà, Andorra 2005, pp. 25-26.

7

J. GRAMUNT Y SUBIELA, El derecho civil en el principado de

8

Andorra, Tarragona 1923, pp. 10-11.

L. ROMÁN MARTÍN, El nou estat andorrà, un estudi juridic,

9

Andorra 1999, pp. 20-23.

AA.VV. L’Estat andorrà: Recull de textos legislatius i

10

(9)

Andorra: nacque il co-Principato . Non è da trascurare tuttavia, 11

come sottolinea la dottrina maggioritaria, che tale equiparazione dei domini si articola sotto una relazione di stampo feudale, e per tanto di inferiorità formale del conte di Foix rispetto al vescovo di Urgell. Per questo motivo alcuni parlano di “Pariatge imperfetto” 
12

Il secondo Pariatge (6 Dicembre 1288 ) mantenne la linea di parità 13

tra le due parti dell’accordo.

Malgrado questi due patti non possano essere intesi alla stregua di norme costituzionali nel senso attuale , è innegabile il loro carattere 14

fondante il sistema giuridico e politico andorrano .
15

Il secondo momento chiave della storia istituzionale di Andorra è rintracciabile nel riconoscimento del Consiglio della Terra, chiamato anche Consell General de tots els homes i habitants de les Valls, antenato del futuro Consiglio generale, l’attuale Assemblea

Non tutti gli autori sono concordi sulla denominazione di

co-11

Principato. Secondo F. DELOS RÍOS URRUTI Vida e instituciones del

pueblo de Andorra, Una supervivencia señoral, Madrid, 1994; tale

dizione risulta completamente fuori luogo, dovendosi preferire i termini diarchia o co-signoria.

M. FONT I RIUS, Els origens del co-senyoriu andorrà, Estudis

12

sobre els drets i institucions locals en la Catalunya medieval,

Barcellona 1985 pp 750-751. A. PIGOT, Les fonts, cit., p. 31.

13

G. DE VERGOTTINI Derecho Constitucional Comparado, Madrid

14

1985, pp 130-143.

Merixell Mateu, storica ed ex ministra degli affari Esteri del

15

Principato, sottolinea l'originalità dei Pariatges, che hanno saputo resistere a sette secoli di storia, attraverso la ristrutturazione del loro contenuto attraverso gli anni e gli eventi susseguitisi. Si veda M. MATEU I PI e F. LUCHAIRE, La Principauté d'Andorre, hier et aujord’hui; Parigi 1999, p. 20.

(10)

parlamentare. Il suo funzionamento e la sua composizione rimasero senza molti cambiamenti sostanziali fino alla Nuova Riforma nel XIX secolo.


Questa assemblea generale e comunitaria, fu richiesta al vescovo di Urgell dai cittadini andorrani attraverso dei soggetti denominati «prohoms», i quali presentarono al vescovo la richiesta di poter scegliere due o tre uomini per ogni parrocchia capaci di rappresentare gli affari della gente delle Valli e vigilare sul rispetto dei privilegi e degli usi.


L’11 Febbraio 1419 con Decreto il vescovo concede la possibilità di riunirsi e “(...) a fer Consell General de tots els homes i habitants

que hi viuen (...) a elegir, assignar i delegar certes persones a les quals lliurement (...)” [es pugui] “ (...) concedir potestat perquè en nom i substitució de les mateixes Valls tinguin poder per a intervenir, defensar i man tenir a favor de tots els homes (...)” [ i ] “ (...) també a favor de qualssevol altres inmunitats, drets i llibertats concedides a les dites Valls."

La creazione di questo organo presenta vari aspetti di assoluta rilevanza sul piano di una ricostruzione storico-istituzionale. In primo luogo, la natura giuridica di questa concessione resta incardinata nelle relazioni tipiche del modello feudale; il decreto si configura come un privilegio ottriato dal signore al suo popolo. Il suo carattere unilaterale risulta chiaramente, nonostante alcuni autori 16

vogliano rinvenire nella petizione l’origine popolare del potere legislativo del Principato, sembra ragionevole affermare che tali affermazioni manchino di un adeguato supporto giuridico. 


Tuttavia, è innegabile rintracciare in questo embrione di assemblea C. BARATE E G. RIERA, Le dépassement des contradictions en

16

Andorre: un scénario de l’ impossible?, in «Revue du Droit Public et

(11)

parlamentare, il primo tentativo di canalizzare giuridicamente la partecipazione del popolo andorrano alla vita pubblica del Principato; un aspetto peculiare riguarda il fatto che i cittadini per riunirsi non avessero bisogno del permesso del co-principe e i suoi poteri non sembrano limitarsi a prerogative meramente formali . La 17

sua continuità temporale e funzionale rappresenta peraltro un

unicum, da uno sguardo alla storia costituzionale comparata, emerge

infatti come tra le assemblee di stampo feudale ed i moderni parlamenti si siano interposte chiare fratture istituzionali.


Un’ ultima precisazione importante alla luce dell’evoluzione delle istituzioni andorrane è quella per cui il decreto utilizza le parrocchie come unità territoriali e politiche, base di accesso al Consiglio della

Terra. 18

Nella seconda metà del diciannovesimo secolo, la cosiddetta Nuova Riforma apportò sostanziali cambiamenti nel campo politico e amministrativo. Questa riforma, analogamente a quanto avvenuto nel 1419, trovò origine nell’iniziativa della maggioranza degli andorrani i quali chiesero una ristrutturazione istituzionale organica, che venne concessa con Decreto il 22 Aprile del 1866; come sottolineano vari autori questo intervento comportò una importante alterazione dei fondamenti costituzionali del Principato e dette inizio alla tappa più moderna della storia di Andorra . 
19

J. M. A. MAGÁ PERALES, Andorra, estat de dret: el model de

17

govern, dret públic i administració dins l'actual sistema normatiu del Principat d'Andorra, perspectives de futur al primer decenni de Constitució, Barcellona 2004, p. 31.

L. ROMÁN MARTÍN, El nou estat, cit. pp. 23-26.

18

R. VIÑAS I FARRÉ, Nacionalitat i drets polítics al Principat

19

(12)

I tratti più importanti della Riforma sono l'attribuzione dei diritti di voto a tutti i capifamiglia maggiori di venticinque anni e l'aumento dei poteri del Consiglio generale.

La posizione di confine di Andorra è stata un fattore determinante nel processo di crescita e modernizzazione che ha interessato lo stato 20

negli ultimi decenni, per il quale si è assistito ad una vera e propria metamorfosi: da società agricola e pastorale ad emporio commerciale e finanziario - basato sul transito di merci e valute - e crocevia turistico; metamorfosi per la quale, progressivamente, il Principato ha avviato un particolare processo di adattamento che ha investito anche il piano legislativo e giuridico , nei confronti del quale 21

qualcuno non ha esitato a parlare di “perdita dell’innocenza” . In 22

particolare, nel 1981, con la creazione del Consiglio esecutivo, iniziarono importanti riforme per il Principato che culminarono con l'entrata in vigore il 14 marzo 1993 della prima Costituzione di Andorra, che ne fissò i connotati quale stato indipendente, di diritto, Per approfondire la tematica della evoluzione economica del

20

Principato si vedano: Andorra i l'obertura econòmica: 25a Diada Andorrana: XLIV Universitat Catalana d'Estiu, Andorra la Vella 2014 e À.VALLS Andorra entre l'anacronisme i la modernitat : un

estat singular en el món global Lleida 2009.

Per un rassegna delle tappe dell’apertura giuridico-economica si

21

veda D. RIOS I RIUS, La inversió estrangera a Andorra, un llarg

camí recorregut, in «Andorra i l’obertura econòmica» 25å diada

andorrana XLIV Universitat catalana d’Estiu Prada de Conflent, 18 Agosto 2012, Andorra la Vella 2014, pp 55-68; e anche R. VIÑAS I FARRÉ Las relaciones del principado de andorra con la unión

europea en materia monetaria in AA.VV. Entre Bruselas y la Haya:

Estudios sobre la unificación internacional y regional del derecho internacional privado, Madrid 2013.

À. VALLS, Andorra entre l'anacronisme i la modernitat, cit., Lleida

22

(13)

democratico e sociale, stabilendo un nuovo assetto nelle competenze istituzionali.

Il 28 luglio 1993, Andorra si unì all'ONU , il che significò il pieno 23

riconoscimento internazionale del paese. Il Principato fa anche parte di altri organismi internazionali, come il Consiglio d'Europa dal 1994 . 24

2. Il processo costituente

Merita una menzione particolare, per il carattere rivoluzionario dell’ordinamento e soprattutto del sistema delle fonti, il processo costituente. La crescita demografica e della spesa pubblica esplosa negli anni ottanta, ha messo in luce la necessità di ristrutturare le istituzioni di una società fino a quel momento piccola e tipicamente rurale, per adeguare il sistema istituzionale e normativo alle nuove esigenze socio-economiche.

Si segnalavano in particolare tra gli osservatori, le criticità dovute alla mancanza radicale del principio di separazione dei poteri che rendeva Andorra una “nebulosa istituzionale” , l'esigenza di 25

affermare maggiori diritti civili, anche e soprattutto attraverso R. PANIAGUA SOTO, Andorra: Naciones Unidas y los Derechos

23

Humanos, in Andorra en el ámbito jurídico europeo. XVI Jornadas

de la Asociación Española de Profesores de Derecho Internacional y Relaciones Internacionales. Principado de Andorra, 21-23 de septiembre de 1995’, Madrid, 1996; p. 52.

Per una analisi completa dei rapporti tra Andorra e le istituzioni

24

europee si veda l’articolo dell’allora ministro degli esteri G. SABOYA I SUNYÉ, Andorra i el nou marc de relacions amb la UE, in «Andorra i els petits estats d'Europa : 28a Diada Andorrana ; XLVII Universitat Catalana d'Estiu, 22 d'agost del 2015, Prada de Conflent». Societat Andorrana de Ciències, Andorra la Vella 2016.

ROMÁN MARTÍN, El nou estat, cit. p. 36.

(14)

adeguate garanzie giurisdizionali, e la precarietà del sistema con riguardo soprattutto alla situazione degli stranieri . 26

3. La particolarità del sistema delle fonti

Le peculiarità storiche menzionate nei paragrafi precedenti aiutano a comprendere meglio le specificità del sistema delle fonti normative vigente nel Principato.


Sulla scorta della ricostruzione dottrinale più attenta , possiamo 27

affermare che il sistema normativo andorrano è costituito da delle fonti definibili primarie, quali la legge, la consuetudine, il diritto suppletorio e la giurisprudenza e delle fonti secondarie, ossia i principî generali del diritto e la dottrina degli autori.

Si cercherà nei paragrafi successivi di dare un quadro di massima dell'evoluzione delle singole fonti, con una attenzione specifica alle tipicità dell’ordinamento del Principato, antecedenti e successive alla novità costituzionale, la quale è intervenuta in maniera pregnante su tale sistema.


3.1 Legge

3.1.1. Situazione pre-costituzionale: Co-prìncipi, delegati permanenti e Veguers.

Prima della riforma costituzionale, intervenivano nel procedimento legislativo più soggetti.

Ibidem. pp. 49-51.

26

A. PIGOT, Les fonts, cit., p. 17.

(15)

Al vertice del potere legislativo vi sono, fin dalla stipulazione dei

Pariatges nel XIII sec. i co-principi, I quali hanno nei secoli

esercitato tale prerogativa sia personalmente sia attraverso dei delegati ad hoc. Nella fase finale della epoca della signoria, in particolare i co-signori hanno legiferato in modo pressoché concorde secondo i canoni della signoria indivisa.

La forma generalmente assunta dalle espressioni legislative è stata quella di Decreto, in particolare si segnalano numerosi interventi in ambito pubblico, mentre nel settore privato si è nel tempo consolidato il principio della autonomia delle parti , secondo il 28

costume accettato da tutti.

Come accennato, i Co-prìncipi si sono spesso avvalsi della assistenza di delegati permanenti e di Veguers , il cui compito fondamentale 29 30 era quello di ”assicurare la pace”. Per far ciò erano dotate di poteri regolamentari in materia penale e processuale così come pare

L’intangibilità della autonomia delle parti costituisce, del resto, un

28

tratto saliente ed essenziale dell’esperienza di diritto comune, come emerge dalla lettura di A. LANDI, Storia giuridica per futuri giuristi:

temi e questioni, Torino 2015, pp. 81-90; Secondo il principio che

governa l’extratestualità del diritto privato, il giudice può intervenire nella contrattazione soltanto se tale concertazione non risponde ai canoni di giustizia sostanziale. In particolare, e precipuamente sulla questione della aequitas, in tale saggio si rinvia alla dottrina di P. GROSSI, Ricerche sulle obbligazioni pecuniarie nel diritto comune, Milano 1960, p. 138; Ancora sul tema del “potere della volontà di autoqualificarsi” si veda U. SANTARELLI, La categoria dei contratti

irregolari. Lezioni di Storia del diritto, Torino 1990, pp. 145-155.

MAGÁ PERALES, Andorra, estat de dret, cit., p 134.

29

J. VIDAL Y GUITART, Instituciones políticas y sociales de Andorra,

30

(16)

confermato da alcune fonti dottrinali rilevanti quali il Politar e il

Manual Digest . 31

Come appare chiaro già da questa brevissima analisi, nel quadro delle fonti del diritto antecedente all'ingresso del nuovo sistema costituzionale, non era riscontrabile una suddivisione precisa del potere legislativo né un confine netto tra il contenuto della legge e quello dei regolamenti; in generale, tuttavia, osservando il prodotto dell'attività normativa dei soggetti in questione, pare si potessero ascrivere alla competenza generalmente riconosciuta ai Veguers le questioni di ordine pubblico e di polizia, le norme in materia processuale, la normativa di dettaglio ancillare alla applicazione delle norme emanate dai Co-principi. Più raramente, è accaduto anche che tali delegati siano stati incaricati - su delega dei Co-signori - a intervenire su materie più propriamente espressive di volontà

Il Manual Digest e il Politar, sono due manoscritti a cui il popolo

31

delle Valli riserva una ammirazione reverenziale, tenendoli in considerazione quali principali opere di riferimento del diritto andorrano (A. PIGOT, Les fonts, cit., p. 77). In particolare, il Manual

Digest de las Valls Neutras de Andorra risale al 1748, ed è opera del Veguer del co-principe episcopale e Dottore in Legge Antoni Fiter i

Rossell, il quale su richiesta del Consiglio Generale, redasse questo compendio di storia, usi, costumi e privilegi di Andorra. Nel medesimo testo sono proposte, inoltre, una serie di raccomandazioni ai politici andorrani, sotto la forma di “màximes”. Ci tengo a segnalare che mi è stato concesso, durante uno dei miei viaggi tra le parrocchie di Andorra, il privilegio di veder sfogliare le pagine del manoscritto originale, conservato nella Casa Fiter-Riba, luogo di nascita di Fiter i Rossell, ad Ordino. Il Politar, invece, fu scritto nel 1763 da parte del reverendo di Escaldes, un villaggio andorrano, Mossén Antoni Puig; attraverso tale opera, il curato divulgò, commentando e completandolo in alcune sue parti, il Manual Digest.
 Si veda J. M. A. MAGÁ PERALES, Andorra, estat de dret, cit, pp. 31-32.

(17)

politiche. 
32

Questa “confusione tra poteri” non ha mancato di produrre nei 33

secoli e fino alla fine XX secolo dei conflitti di attribuzione anche piuttosto gravi . 34

3.1.2. Consiglio Generale

Dalla creazione del Consiglio della Terra, completata con la Riforma del 1866, l'assemblea è progressivamente diventata, mercé la sua caratteristica di supremo organo di rappresentanza popolare del Principato, l’altro attore principale nella storia di Andorra, vedendosi attribuite competenze in materia legislativa, esecutiva e amministrativa . In particolare la materia legislativa costituisce da 35

sempre per tale organo una facoltà condivisa con i co-principi e i loro delegati, senza che vi sia una adeguata delimitazione del potere esercitabile. Infatti risale solamente alla riforma costituzionale l’introduzione nell'ordinamento del principio di separazione dei poteri, per cui per secoli non si può parlare nell'esperienza andorrana di legge in senso formale, chiaramente distinta, cioè, da altri testi contenenti norme di diritto emanati da soggetti tradizionalmente ritenuti competenti . 36

K. ZEMANEK, L'estatut internacional d'Andorra: situació actual i

32

perspectives de reforma., Andorra la Vella 1981, p. 43.

P.VILANOVA, Andorra i el seu moment polític , in «A l'entorn d'una

33

Constitució. Annals de la VIII Universitat d’Estiu»; Andorra, 1992; p. 86.

MAGÁ PERALES, cit, p 79.

34

ROMÁN MARTÍN, El nou estat, cit, p. 41.

35

A. PIGOT, Les fonts, cit., p. 52.

(18)

Ciò tuttavia, non equivale ad affermare l’inesistenza di un iter normativo, aperto alla consultazione di organismi quali le corporazioni locali, i comuni e i quartieri, sottoponibile all’ esame della Assemblea Magna, una istituzione antichissima di stampo puramente consuetudinario . 37

3.1.3. Situazione post-costituzionale

La breve indagine sul sistema delle fonti antecedente alla riforma iniziata negli anni 80, ci mostra, quindi, un complesso di matrici normative decisamente caotico, soprattutto se guardato con gli occhi del giurista continentale, formatosi tipicamente in ordinamenti ormai codificati, che basano tutta l’architettura normativa sulle fondamenta della delimitazione puntuale di attribuzioni e competenze dei singoli organi che intervengono nella fase genetica delle leggi, e trovano la chiave di volta in una una gerarchia precisa tra tali fonti.

L'entrata in vigore della Costituzione, nel 1993, ha influito profondamente sui principî in questione.


Da allora, il sistema delle fonti è caratterizzato dalla preminenza del principio di legalità e dall’affermazione del primato della legge, che è legata alla volontà generale del popolo di Andorra, il quale esprime tale volontà attraverso i suoi rappresentanti secondo le procedure stabilite dalla Costituzione stessa.

Ciò ha comportato, come testé anticipato, il superamento del disordine sistematico tra legge formale e altre norme, introducendo

A. ARMENGOL I ALEIX, La Reforma de l’any 1866. Anàlisi i

37

(19)

anche una gerarchia puntuale, soprattutto in ambito amministrativo delle fonti . 38

3.1.4 Codificazione

Come è noto ai più, una specificità del sistema andorrano, che lo rende un’enclave eccezionale nel mondo del diritto codificato continentale, è costituita dal perdurare dell’assenza in tale ordinamento di un codice civile.

L'eventuale codificazione di tale ramo del diritto, sembra essere una questione delicata e mai sopita, ma anzi risvegliata negli ultimi decenni proprio dall’entrata in vigore della carta costituzionale.
 Per molti, ancora oggi, solo una tale codificazione potrebbe essere in grado di garantire l'effettiva applicazione dei principî costituzionali della certezza del diritto e della pubblicità delle norme giuridiche contenuti nell'articolo 3.2 della Costituzione . 39

In realtà sono molte le voci che nutrono forti dubbi sulla assoluta necessità a tale operazione, innanzitutto perché tale compito risulterebbe delicato, molto lungo e di una complessità considerevole, anche in considerazione del fatto che il diritto contrattuale assume un ruolo sempre più preponderante negli ordinamenti attuali, sia a scala europea che globale.


C’è poi la consapevolezza proveniente dalla storia, che la codificazione non ha comportato quella semplificazione della vita giuridica, nel modo in cui probabilmente i portatori dell’ideale

A. PIGOT, Les fonts, cit., p. 39-48.

38

Ibidem. p. 51.

(20)

illuministico si aspettavano , e la crisi del diritto comune vigente 40

non consiste essenzialmente in un problema delle fonti del diritto, quanto piuttosto, come sempre del resto, in un problema circa la consapevolezza del ruolo che hanno, in un sistema siffatto, gli interpreti del diritto. 41

3.2. Costume

Per secoli, prima della introduzione della Costituzione nel 1993, il costume è stato la fonte principale di diritto, relegando le norme scritte in una posizione secondaria.

Alla consuetudine andorrana sono applicabili le medesime considerazioni che possono essere fatte anche nel sistema italiano, e in generale a tutte le norme consuetudinarie dei paesi di tradizione romano-germanica, in particolare circa la scomponibilità di tale fonte negli elementi oggettivo dell’usus e psicologico dell’opinio iuris ac

necessitatis . 42

Con riguardo alla particolarità del Co-Principato, tuttavia, alcune interessanti precisazioni possono essere fatte, da un lato, circa gli elementi storici costitutivi del costume e, dall'altro, alla loro posizione all'interno dell'intero sistema giuridico.

A. IGLESIA FERREIRÓS, Prologo in «Actes del I simposi jurídic

40

Principat d'Andorra/República de San Marino. El "ius commune" com a dret vigent: l'experiència judicial d'Andorra i San Marino», Andorra 1994, p. 8.

V. CRESCENZI, Communis opinio cit., p. 697.

41

La definizione, in particolare, dell’elemento psicologico sarebbe

42

da ricondurre all’opera di di Bartolo da Sassoferrato. Si veda A. PIGOT, Les fonts, cit., p. 66.

(21)

A) Origine ed elementi costitutivi del costume andorrano

Non siamo in grado di fare osservazioni precise sulla formazione inizialmente spontanea di questi usi. Secondo gli autori classici che hanno redatto il Manual Digest e il Politar, sembra probabile che le consuetudini andorrane si siano affermate dopo il periodo romano, e successivamente alla applicazione del Breviario Alariciano e il Codice di Eurico - antenato del Liber iudiciorum - durante la 43

fioritura del feudalesimo medievale, quando nacque nella società la necessità di un diritto specifico e diverso.

I principali elementi costitutivi del costume di Andorra, seguendo l’indicazione di Brutails sono costituiti, oltre che dagli usi di origine locale, quindi, dalla massa di consuetudini che costituiscono il diritto catalano (con la preminenza del costume di Barcellona), con cui gli usi andorrani si confondono spesso, in virtù di influenze reciproche, dal diritto canonico e dal diritto romano, che è elemento basilare, peraltro, nella formazione della consuetudine catalana stessa. 


Tali affermazioni paiono supportate dalle tesi del professor Iglesia Ferreirós , il quale a seguito di un minuzioso lavoro sulle fonti 44

documentali, conferma la linea diretta tra i precetti normativi contenuti nel Liber iudiciorum e il contenuto delle consuetudini successive, che trovano in tale riferimento legislativo il loro nucleo principale . 45

B) Posizione nell'ordinamento giuridico. In ogni caso, la consuetudine occupava in tempi pre-costituzionali un posto E. CORTESE, Le grandi linee della storia giuridica medievale,

43

Roma 2000 pp. 46-47.

A. IGLESIA FERREIRÓS, Actes cit., vol I.

44

A. PIGOT, Les fonts, cit., p. 73.

(22)

preminente nel sistema delle fonti di diritto andorrano, che è considerato essenzialmente un sistema consuetudinario che, in aggiunta, di fatto includeva sia regole orali che scritte.

È interessante, specificare proprio la relazione tra consuetudine, spesso orale e la norma scritta.

La legge, nel senso formale di regola scritta che promana da un organo abilitato a stabilire una regola applicabile alla comunità, e la consuetudine, che viceversa origina “dal basso" in modo spontaneo nella comunità stessa, hanno sempre avuto in Andorra una relazione di generale interattività, secondo un lento processo di interiorizzazione della norma espressa dai signori, con cui la comunità accetta le prescrizioni della legge o, altrimenti, le lascia cadere in disuso. In tal caso la norma può essere sostituita da una consuetudine contra legem tacitamente diversa, o essere modificata dal legislatore stesso, in conformità alle aspirazioni del comunità, all’interno del rapporto di fiducia tra un legislatore da sempre “discreto”, da una parte, e il popolo della Valle dall’altra . 46

3.2.1 Prova della consuetudine

In caso di dubbio sull'esistenza di un costume o sulla sua portata, avrebbe potuto essere consultato il Consiglio generale, poiché tra le sue competenze c’era quella di conservare il contenuto delle consuetudini. Tale consultazione poteva avere luogo su istanza di un cittadino, di una parte in un processo o su richiesta di un giudice per avere un parere su una questione di diritto.

Sembra che il numero di queste opinioni espresse dal Consiglio Generale sia abbastanza considerevole e che questa pratica sarebbe

A. PIGOT. Les fonts, cit., p. 74.

(23)

durata fino a tardi, poiché esisteva ancora alla fine del diciannovesimo secolo. Brutails ci segnala come in alcuni casi tali pareri abbiano coinvolto il Consiglio Generale nella specifica decisione giudiziaria . 47

3.2.2 Scrittura delle consuetudini

Negli ultimi secoli si è spesso dibattuto tra i giuristi pirenaici, circa la possibilità di una formulazione scritta e ufficiale delle consuetudini, che, come anticipato, spesso restavano tramandate solo oralmente, con l’intento di dare maggiore certezza giuridica a tali fonti del diritto, come è avvenuto in altre zone d’Europa.

Si segnalano vari tentativi, mai sfociati in un testo compiuto. Nel 1866, nell'appendice della Nuova riforma, si insistette per cercare di raccogliere i vari "usi, costumi e consuetudini" su cui si basavano le decisioni prese nelle Valli.

Ancora, il Consiglio Generale, il 17 dicembre 1868, convocò una commissione incaricata di "formare un codice di leggi e sanzioni, secondo le abitudini e le pratiche della Valle”. Risale a una cinquantina di anni più tardi, ossia all’8 maggio 1913, un'altra decisione del Consiglio generale, il quale dispose “[...] che si faccia una raccolta di costumi legali delle Valli, ordinati in modo da poter J.A. BRUTAILS, La coutoume d’Andorre, Andorra 1965, p. 59; Tale

47

opera, insieme al Manual Digest e al Politar, ha esercitato un'influenza considerevole nei confronti degli operatori del diritto all’interno del Principato. Essa costituisce il primo studio approfondito, condotto attraverso l’utilizzo di un metodo scientifico, delle fonti del diritto, dei costumi e delle istituzioni andorrani. Ho avuto nel mio periodo di permanenza nella Universitat de Barcelona, la possibilità unica di accedere a una edizione originale, risalente al 1904, di tale testo. Per approfondimenti si rinvia a A. PIGOT. Les fonts, cit., p. 77.

(24)

essere insegnati nella-scuola e servizio per l'istruzione di Andorra “. Un ulteriore tentativo di raccolta delle consuetudini avrebbe visto la collaborazione Università di Tolosa negli anni ’60, ma anche questo sforzo non comportò risultati rilevanti.

Le consuetudini in diritto privato sono rimaste orali ed in quanto tali esposte all'erosione e alla contaminazione dei diritti suppletori romano e catalano, aperte ad una interpretazione sempre più ampia e invasiva, da parte della giurisprudenza . 48

3.2.3. Gli autori

La mancanza di una formulazione ufficiale delle consuetudini andorrane non è stata realmente sostituita dalla stesura delle consuetudini private, anche se è opportuno ricordare, per l’importanza che hanno avuto, i lavori svolti da storici e giuristi, tra i quali spiccano tre personaggi: Antoni Fiter i Rossell, autore del

Manual Digest (1748), Antoni Puig, autore del Politar (1763), e il

già ricordato J. A. Brutails, autore da La coutume d'Andorre (1904).

3.2.4. Situazione post-costituzionale e importanza pratica residuale

Già è stato segnalato come l'entrata in vigore della Costituzione del 1993 abbia trasformato in modo radicale il sistema delle fonti in Andorra, che da allora è dominato dalla principio di legalità formale. Nel nuovo sistema, la consuetudine, soprattutto se orale, pare scontrarsi inevitabilmente con i principî di legalità, certezza del diritto e pubblicità delle norme giuridiche sanciti dall’articolo 3.2.,

A. PIGOT. Les fonts, cit., p. 76.

(25)

che sembrano relegare tale fonte, un tempo centrale nell’ordinamento al ruolo di fonte secondaria.

La sua importanza tuttavia è ancora essenziale nel campo del diritto civile, non solo in virtù dei frequenti rinvii formali da parte del legislatore, ma anche perché le parti possono ricorrere agli usi, nella stipulazione di contratti, in assenza di regole imperative. La giurisprudenza, inoltre, ha sempre giocato e giocherà sempre di più, un ruolo chiave per il riconoscimento delle consuetudini.

Possiamo dire che la consuetudine è ancora applicata in diritto civile e costituisce il diritto comune, negli spazi in cui non è intervenuto il legislatore. Questa affermazione è confermata da una sentenza del 1996 del Tribunal Constitucional , che, basandosi sul contenuto 49 dell’art 10 della CPA sostiene che “a manca de regulació escrita no

es pot entendre, no obstant això, com a determinant de la inexistència d’aquest dret, sinó que ens obliga a acudir al sistema de font del dret andorrà en què, a manca de regulació escrita, es regeix en pnmer lloc pels’ usos i costums’ del país"

Questa decisione sembra avere una portata generale per quanto riguarda la continuità, in ambito civile, dell'applicazione delle consuetudini, in assenza di regole scritte: in virtù di essa è possibile affermare che, nelle materie relative al diritto civile non regolate dalla legge, la consuetudine costituisce ancora oggi una fonte primaria, benché residuale, del diritto.

Sent. Tribunal Constitucional del 27/02/1996.

(26)

3.3 Diritti suppletori

Con il termine diritto suppletorio ci si riferisce a un sistema a cui viene fatto ricorso in caso di lacune delle fonti legislative e consuetudinarie. Sono tradizionalmente utilizzati, a questo proposito, nell’ordinamento andorrano il diritto catalano, il diritto canonico e il diritto romano, ciascuno secondo alcuni aspetti. Anche questa circostanza ci permette di parlare ancora di vigenza, nell’ambito privatistico, del diritto comune nell’ordinamento del Principato. La questione più dibattuta riguardo tale meccanismo di supplenza riguarda la gerarchia tra diritti suppletori, ovvero in presenza di un vuoto normativo, quale sia l’ordine con cui fare ricorso a tali sistemi. Nel Manual Digest e nel Politar si dice che in Andorra si osservano le disposizioni di diritto comune e dei costumi patri, il giudice è tenuto ad applicare il diritto comune andorrano, salvo ciò che è esplicitamente derogato dalla legge contro la consuetudine. Il

Politar, inoltre, elenca a tale proposito una serie di questioni

civilistiche. Entrambe le opere, tuttavia, non percepiscono la necessità di precisare il contenuto del diritto comune andorrano .
50

La questione pare chiarita, innanzitutto, in un testo del 1876 del Consiglio Generale, in cui ufficialmente attribuì priorità al diritto romano. La stessa linea venne fatta propria dal Tribunale della Mitra. Tuttavia, sembra dare una ricostruzione diversa il Brutails, nella sua opera , in cui sostiene che nel caso di vuoto nella legislazione e 51

nelle consuetudini, in prima istanza debba essere seguito il diritto catalano, in secondo luogo il diritto romano, e infine (con divergenza di opinioni), il diritto canonico o il diritto castigliano.


A. PIGOT. Les fonts, cit., p. 95-102.

50

BRUTAILS La coutume, cit., pp. 48-54.

(27)

La gerarchia fatta propria dalla dottrina più recente , invece, sembra 52

essere quella per cui, in caso di lacuna sia delle norme emanate da organi legislativi, sia della consuetudine, si debba applicare il diritto comune integrato in primo luogo dal diritto canonico, essenzialmente dalle decretali di Gregorio IX e in secondo luogo dal diritto romano.

3.3.1 Dopo la Costituzione

Con l’entrata in vigore della Costituzione il ricorso al diritto suppletorio ha continuato ad essere operato in ambito privatistico. Leggendo le sentenze della Sala civile del Tribunale Superiore di Giustizia d’Andorra (il Tribunale civile di seconda istanza unico, istituito con l’ introduzione della Costituzione, il quale sostituisce i precedenti Tribunali della Mitra e il Tribunale Superiore di Perpinyà) non è raro imbattersi in citazioni del Codex di Giustiniano, del Digesto, delle Novelle o delle Istituzioni, così come si possono spesso incontrare le opinioni dei giureconsulti romani, soprattutto Ulpiano, Gaio, Paolo e Celso, e non meno raramente, dei glossatori

J.M. ABRIL CAMPOY, La liquidació del règim econòmic

52

matrimonial de separació de béns en l’ordenament jurídic andorrà,

in Aspectes de la jurisprudència andorrana, balanç de 20 anys de constitució, Andorra, 2014, p.18.

(28)

bolognesi, in particolare di Accursio. Sono citate anche le decretali papali e le Costituzioni di Catalogna . 53

4. Giurisprudenza

In Andorra costituisce una fonte primaria di diritto.

Possiamo fare alcune osservazioni circa le peculiarità persistenti nel metodo dei giudici andorrani.

Prima di tutto, è utile segnalare come non vi sia alcun testo che vieti al giudice civile, una mancanza di norme applicabili o in caso di lacune di queste, di esprimere norme generali di stampo giurisprudenziale. Non esistono, infatti, come nel caso della legge francese , ad esempio, disposizioni legislative che, in virtù di un 54

principio di completezza dell’ordinamento, vietano di procedere attraverso una risoluzione normativa creatrice.

La Costituzione d’Andorra stabilisce che i giudici, nel quadro delle loro funzioni giurisdizionali, sono soggetti solo alla Costituzione e alla legge, cosa che permette di considerare che, in assenza o lacuna di queste norme, i giudici civili possono, esattamente come durante il

A titolo esemplificativo si ricorda la Sentenza VII del 18

53

Novembre 1975 del Tribunale Superiore della Mitra, avente ad oggetto un rapporto di società, in cui si fa riferimento costante a frammenti di Codex e di Digesto. In Particolare , poi nel “Considerant” IX si citano le Istituzioni e una eccezione contenuta nelle Novellae. Ulpiano viene citato dalla Sentenza CCCXXXVIII del 12 Giugno 1990, emessa dallo stesso Tribunal. Anche nelle decisioni più recenti della Sala Civil del Tribunal Superior de

Justícia è rintracciabile il ricorso al diritto suppletorio (ancora, solo

a titolo di esempio, la Sentenza num. 369 del 20 Dicembre 2016 in cui viene citato Paolo in un passaggio argomentativo). Le Costituzioni di Catalogna sono citate, tra le altre, nella Sentenza della stessa Corte num. 395 del 26 Settembre 2018, al punto III.

Artt. 4 e 5. Code civil.

(29)

periodo pre-costituzionale, applicare il costume, sempre che non sia

contra legem, e il diritto suppletorio e hanno anche, in ultima analisi,

la capacità di creare diritto. Non sembra, quindi, che nell’ordinamento andorrano i giudici abusino del loro potere quando creano regole, nel contesto summenzionato .55

In pratica, osservando un buon numero di cause civili, non è raro incontrare esempi di tale potere creativo, in particolare nei casi relativi agli obblighi convenzionali (che, peraltro, costituiscono la maggioranza delle risoluzioni della sezione del Tribunale Superiore di Giustizia).

In questo modo, questa corte ha la possibilità di specificare il contenuto degli usi nei contratti, dove generalmente si applicano principî romano-canonici che dominano la materia, seguendo così l'esempio dei giuristi romani, che hanno creato diritto a partire dallo studio del caso.

Questo metodo risulta evidente in una pronuncia del Tribunale Superiore , in cui la corte argomentando alcuni passaggi 56

interpretativi, ritiene che "la codificazione […] non comporta una

fossilizzazione del diritto". Pertanto, ricorre a una interpretazione

finalizzata a “raggiungere una soluzione equa piuttosto che una

soluzione esatta”, sempre rispettosa delle esigenze della realtà

sociale”.

Con questa presa di posizione, il giudice andorrano pare far prevalere all’ interpretazione teleologica quella evolutiva, riservandosi in questo modo, una grande libertà nel procedimento ermeneutico.

Sul ruolo della giurisprudenza si veda anche R. VIÑAS I FARRÉ,

55

Dret internacional privat del Principat d’Andorra, vol I, Madrid

2002, pp 27-31.

Sent. num. 989 del 30 Giugno 1995 in Recull de les resolucions de

56

(30)

4.1. Su una giurisprudenza creatrice di diritto.

Il ruolo del giudice andorrano è - senza alcun timore, nel caso dell’istituto del prestanome - quello di un creatore di diritto.


Senza voler addentrarmi nell’ambito gnoseologico dell’ermeneutica, porre l’accento su di un ruolo così peculiare mi è parso inevitabile, nel corso del lavoro svolto.

Le riforme illuministiche prima, e il positivismo legislativo poi, hanno ridotto, nella nostra concezione, il giudice a funzionario, a “bocca della legge”, come direbbe Montesquieu, limitando l’area di legittimità del suo intervento al procedimento di sussunzione della fattispecie addotta dalle parti in causa nella norma emanata dal legislatore . Sappiamo bene che questa idea si è radicata in modo 57

così profondo nella coscienza dei giuristi positivi europei, che essi non sono riusciti a concepire altro modo per applicare il diritto e decidere i casi della vita.

Tuttavia, l’esperienza del diritto comune ci insegna in maniera lapalissiana come, in realtà, tale opzione non sia l’unica via percorribile nell’orizzonte dello iuris-dicere.
58

I nostri ordinamenti, in virtù dei principî di indipendenza e imparzialità dei giudici hanno previsto una serie di guarentigie al loro operato, il quale è protetto dal vaglio dell’opinione pubblica da un lato, e delle pressioni politiche dall’altro. Tuttavia, se soltanto ci rimettiamo agli insegnamenti di Tarello e di Barak , e in generale a 59 60

tutta una corrente pensiero che travalica i secoli, assumiamo che A. GAMBARO, Presentazione in, A. BARAK, La discrezionalità del

57

giudice, Milano 1995. pp. XI-XII.

L. BIGLIAZZI GERI, L’interpretazione, Milano 1994, pp. 120-121.

58

G. TARELLO, Diritto, enunciati, usi. Studi di teoria e metameria

59

del diritto, Bologna 1974, pp. 394-395.

A. BARAK, La discrezionalità, cit., pp. 189-190.

(31)

(quantomeno nelle decisioni che il giurista israeliano definisce “casi difficili”), in definitiva, l’opera interpretativa consista sempre nella scelta discrezionale tra un numero di alternative, optando tra valori contrastanti sottesi a tali opzioni.

Ecco che tale opzione non può che essere definibile alla stregua di scelta politica, l’attività del giudice, secondo tale impostazione, non è meramente cognitiva ma decisoria . Le contestazioni, come 61

sappiamo, sono che tale operazione si pone al di fuori del circuito democratico di rappresentanza, dal momento che il giudice non viene designato dalla volontà popolare (oltre che in modo eterodosso rispetto al presunto dogma della separazioni dei poteri), dando così spazio a un “germe” potenzialmente antidemocratico.


Il giudice andorrano, come emerge dalla analisi delle fonti del diritto, è al contrario, da sempre consapevole, così come lo è la coscienza sociale , delle proprie funzioni nomofilattiche (potere di creare delle 62

norme giuridiche generali) per cui nella decisione, egli stesso partecipa alla creazione di diritto, seppur in via secondaria e non autonoma. Come direbbe Troper , la creazione giurisdizionale non 63

avviene ex nihilo, ma presuppone un testo da interpretare. Il diritto, inteso come combinazione tra legislazione in senso materiale e attività di interpretazione del giudice. 64

Tutto questo risulta esplicito e vive nelle decisioni su casi concreti, nel quotidiano delle sale di giustizia del Principato.

R. GUASTINI, Ermeneutici e analitici, in «Saggi scettici

61

sull’interpretazione», Torino 2017, p. 24. A. BARAK, La discrezionalità, cit., p. 202.

62

M. TROPER, Pour une théorie juridique de l’État, Parigi 1994, p.

63

100.

Per approfondimenti M. TARUFFO, Legalità e giustificazione della

64

creazione giudiziaria del diritto, in «Rivista trimestrale di diritto e

(32)

5. Le fonti secondarie: i principî generali del diritto

Tale nozione è sempre stata presente nel diritto andorrano, essi si presentano sotto forma di massime o di adagi, a seconda che si siano sviluppati nel periodo di vigenza del diritto romano ovvero nel periodo di prevalenza del diritto consuetudinario. Tali principî generali possono essere esplicitati in testi legislativi ovvero non formalizzati, in tal caso benché risultino latenti nell’ordinamento, e la loro esistenza si manifesterà mediante il ricorso ad essi da parte del giudice.


Prima della riforma costituzionale i principî generali del diritto hanno ispirato il legislatore ma soprattutto l’attività forense, dei giudici e degli avvocati. In materia civile, la maggior parte di questi principî generali trova le proprie radici nel sistema romano-canonico.


Successivamente all’entrata in vigore della Costituzione, l’affermazione del primato della legge non ha impedito ai giudici di continuare a citare nelle proprie decisioni i principî generali in oggetto, al fine di sostenere le loro argomentazioni.65

A. PIGOT. Les fonts, cit., pp. 153-155.

(33)

II

NULLA SI CREA, NULLA SI DISTRUGGE?

VECCHIE E NUOVE QUESTIONI SUGLI ISTITUTI

DEL PRESTANOME

Premessa. «Agire per altri» e «Agire per mezzo di altri».

Con l’espressione “agire per altri”, la dottrina odierna designa una 66

categoria di amplissima rilevanza sul piano sistematico, dogmatico, ma - addirittura - di applicazione concreta.

In questa categoria, tale dottrina fa rientrare ogni «attività posta in essere da chi entra in contatto con terzi per conto e, eventualmente, in nome di un'altra persona la quale non vuole o non può agire personalmente» . 67

Essa si colloca, cioè, all’interno di un rapporto, di carattere negoziale (o eventualmente processuale), le cui parti non sono soltanto due, ossia colui che agisce e la controparte negoziale, ma tre l’agente, la

P.P. ONIDA, «Agire per altri» o «Agire per mezzo di altri»: Appunti

66

romanistici sulla «rappresentanza», Napoli 2018, pp. 4-5; In

particolare sul piano semantico, l’autore critica l’utilizzo dell’espressione “agire per altri” fatto proprio dalla dottrina corrente per esprimere il genus istituzionale della “rappresentanza/ sostituzione”, a proposito anche del diritto romano, dal momento che tale espressione pare non lasciare spazio ad altri significati se non quello che esclude qualsiasi attività volitiva degli “altri”, ossia i sostituiti; A tal proposito viene proposta in tale sede - con una inversione semantica - la dizione “agire per mezzo di altri”, enfatizzando il ruolo, altrimenti emarginato della volontà del rappresentato.

B. DE DONNO SFORZA, “Rappresentanza in diritto comparato”, in

67

Digesto delle discipline privatistiche, Sezione civile, XVI, Torino 1997, p. 289.

(34)

controparte e gli “altri” per conto (ed, eventualmente, in nome) dei quali il soggetto opera.


La medesima dottrina, pertanto, conia l’espressione “rappresentanza/ sostituzione” (ovviamente prescindendo dallo specifico significato tecnico e positivo che può assumere il termine “rappresentanza” all’interno dei vari ordinamenti, e segnatamente di quello italiano); Ai nostri fini appartengono, pertanto, all’istituto, o per meglio dire al

genus istituzionale della “rappresentanza/sostituzione” tutta la

congerie di atti giuridici complessi sopra accennati nei quali, sostanzialmente, colui il quale “agisce” è “rappresentante” e gli altri sono “rappresentati”.


Riprendendo le parole di Ugo Natoli, possiamo considerare tale categoria-istituto «la più rilevante ipotesi di gestione di affari altrui […] oggetto di uno dei più significativi capitoli della teoria generale del negozio giuridico» .
68

A fronte di questi primi accenni al tema, possiamo subito dire che, quello dell’“agire per altri”, è un universo vastissimo da esplorare, sia dal punto di vista della teoria generale del diritto, sia dalla prospettiva dello storico, il quale dovrebbe cominciare la sua ricostruzione già dall’esperienza giuridica romana , passando poi, 69

U. NATOLI, “Rappresentanza (dir. priv.), in Enciclopedia del

68

diritto, XXXVIII, Milano 1987, p.463.

L. NANNI, L’interposizione di persona, Padova 1990, pp. 29-36.

(35)

per quella del diritto comune , fino a giungere alle elaborazioni che 70

ne sono state fatte dalla scuola pandettistica . 71

Questo capitolo si limiterà, per tutto ciò, al tentativo di delineare compendiosamente le “grandi linee” utili a individuare, nella vastità del tema, gli spazi ricostruttivi in cui possa trovare collocazione sistematica l’istituto del prestanome - oggetto di questo lavoro - al fine di meglio comprenderne le problematiche precipue, nel loro atteggiarsi all’interno dell’ordinamento andorrano, a cui è all’uopo dedicato il capitolo successivo.

1. Negozi indiretti.

La figura del prestanome (quantomeno nel suo specifico atteggiarsi tipico, ai fini del presente lavoro, dell’esperienza andorrana), costituisce indubitabilmente una ipotesi di contratto fiduciario . Si 72

può sostenere, ormai universalmente, senza timore di smentita, che la fiducia costituisca una delle applicazioni più importanti del contratto indiretto .
73

Seppure gli interpreti del diritto pirenaici non riconoscano valenza di Si veda, a tal proposito G.P. MASSETTO, La rappresentanza

70

negoziale nel diritto comune classico, in «Agire per altri: la

rappresentanza negoziale processuale amministrativa nella prospettiva storica». Atti del convegno, Università di Roma Tre, 15-17 novembre 2007, Napoli 2007, p. 393.

L. NANNI, L’interposizione di persona, cit., pp. 29-36.

71

M. GETE-ALONSO I CALERA, Contractes fiduciaris i indirectes, in

72

Fonaments de dret privat andorrà - sota la coordinació de Lluís Puig i Ferriol, Volume 3, Andorra 2005 p. 118.

L. BIGLIAZZI GERI, U. BRECCIA, F.D. BUSNELLI, U. NATOLI,

73

(36)

categoria giuridica autonoma a tale negozio, considerandolo alla stregua di un modus di contrarre che si caratterizza per il fatto che le parti utilizzano uno schema tipico piegandolo però ad una finalità ulteriore e diversa da quella sua propria , tale figura ha raccolto fin 74

dai tempi di Jhering l’attenzione degli studiosi . 75

1.1. Nucleo del concetto.

Il negozio indiretto, in base alla definizione data da Bianca, è costituito dall’utilizzo di una fattispecie negoziale per il perseguimento di un risultato non corrispondente alla causa tipica di esso . Ciò è possibile a volte in forza dell’apposizione di speciali 76

clausole o patti accessori, altre, dalla combinazione con ulteriori atti . 77

Nell’opera di Torrente, il fenomeno del negozio indiretto - o meglio a scopi indiretti - viene così descritto: «le parti ricorrono ad un determinato negozio giuridico, ma lo scopo pratico che esse si propongono, non è affatto quello normalmente attuato mediante il M. GETE-ALONSO I CALERA, Contractes fiduciaris i indirectes, cit,

74

p. 134.

A. TORRENTE, La donazione, in «Trattato di diritto civile e

75

commerciale», Milano 2006, p. 25-26.

M. BIANCA, Diritto civile, vol III, Milano 2000, p. 485.

76

In L. BIGLIAZZI GERI, U. BRECCIA, [ET. AL.] Diritto civile vol. 1

77

tomo 2, cit, p. 745, si distingue a tal proposito tra negozio indiretto e

procedimento indiretto, indicando nel primo caso «l’alterazione dello schema tipico attraverso l’inserzione di clausole che deviano l’atto dalla funzione astrattamente determinata». Il procedimento indiretto, invece, è descritto come «il collegamento di più schemi in vista del conseguimento di un risultato pratico che potrebbe ottenersi anche in maniera diretta e tipica, facendo ricorso cioè a un unico modello di negozio caratterizzato da una funzione autonoma».

(37)

negozio da essi adottato, ma uno scopo diverso, talora analogo a quello di un altro negozio, più spesso mancante di una propria forma tipica in un determinato ordinamento» . 78

Quindi, è proprio il perseguimento di scopi ulteriori, rispetto ai quali la causa del negozio adottato costituisce un presupposto (un punto di passaggio, un negozio-mezzo), il fattore decisivo che ci permette di individuare questa categoria dottrinale .
79

Per Ascarelli , l’elemento caratterizzante del negozio indiretto si 80

coglie distinguendo lo scopo tipico dagli eventuali scopi ulteriori; la causa dai motivi. Il diritto, cioè, secondo la prospettiva accennata, si preoccupa della sussistenza nella causa tipica del negozio, non dell'importanza che essa assume nel pensiero delle parti.

Si può dire, quindi, sulla scorta di quanto affermato da questi esponenti della dottrina italiana, che l'aggettivo “indiretto”, si riferisce non già agli effetti di ciascun atto negoziale, bensì, alla funzione pratica, che non corrisponde a quella cristallizzata nella causa in astratto assegnata dalla legge al tipo di atto adoperato.


Si tratta, in sostanza, di una aberrazione causale, della mancanza, cioè, di corrispondenza tra causa in astratto e causa in concreto . 81

Si dice anche che, nella figura del negozio indiretto, vi sia una eccedenza dello scopo rispetto al mezzo: la finalità pratica perseguita

A. TORRENTE, La donazione, cit, p. 26.

78

Ibidem.

79

T. ASCARELLI, Il negozio indiretto, in «Saggi giuridici», Milano

80

1949, p. 149.

M. BIANCA, Diritto civile, cit, p. 486.

(38)

dai contraenti va al di là della causa tipica dell’atto .
82

1.2. La disciplina e le critiche alla categorizzazione

La questione maggiormente controversa, al punto di andare alla radice dell’esistenza stessa di questa categoria giuridica, riguarda la sua effettiva rilevanza: in particolare, se essa sia solamente una fattispecie descrittiva (utile eventualmente nelle ipotesi in cui ci si approcci a una frode, alla legge o al fisco, da smascherare) o viceversa, essa giustifichi l’applicazione di una disciplina peculiare. La disciplina a cui è sottoposto il negozio, stando all’impostazione di Ascarelli, non può che essere quella del negozio tipico che viene adoperato alla stregua di negozio-mezzo . 83

Si pone, tuttavia, a questo proposito, un problema nato in seno alla dottrina tedesca , la quale osserva che alcune disposizioni 84

denominate “norme materiali”, non si limitano a vietare una determinata forma giuridica, ma mirano piuttosto a “colpire” un determinato scopo pratico (il raggiungimento di un risultato economico stabilito) qualunque sia la via iuris prescelta dalle parti. Senza addentrarci in questioni eccessivamente complesse, l’idea di questo filone dottrinale era quella per cui le attività realizzate, attraverso un negozio diverso da quello a cui l'ordinamento attribuisce la causa tipica perseguita, non sono sottomesse alle

F. SANTORO PASSARELLI Dottrine generali del diritto civile,

82

Napoli, 1997, p.182.

T. ASCARELLI, Il negozio indiretto, cit. p. 163.

83

Si veda J. KOHLER, Studien über Mentalreservation und

84

(39)

disposizioni di forma disposte dal tipo contrattuale, ma soggiacciono a quelle che ne regolano la sostanza . 85

Da più parti, tuttavia, si mossero critiche a questa concezione di negozio indiretto, tali da ingenerare seri dubbi sul fondamento stesso della figura giuridica in questione, che pareva fosse destinata a un vicolo cieco, se sottoposta a un vaglio critico approfondito . 86

In particolare si obiettava all’impostazione derivante dalla dottrina tedesca , che delle due l’una: o sussiste anche empiricamente la 87

causa tipica, nel qual caso il negozio produce i suoi effetti ed è valido, ma sono irrilevanti i motivi ulteriori che si accompagnano a quella causa; oppure la causa tipica non sussiste empiricamente, ed allora è vano parlare di negozio indiretto.


Il principio generale dell’irrilevanza dei motivi, in sostanza, minava Nella sostanza aderisce a questa impostazione anche D. RUBINO, Il

85

negozio giuridico indiretto, Milano 1937, p. 114.

A. TORRENTE, La donazione, cit, p. 28.

86

C. GRASSETTI, Del negozio fiduciario e della sua ammissibilità nel

87

nostro ordinamento giuridico, in «Riv. dir. comm.», 1936, I, p. 20. La

stessa obiezione era stata antecedentemente fatta da F. SANTORO -PASSARELLI, Interposizione di persona negozio indiretto e

successione della prole adulterina, in «Foro italiano» 1931, p. 176;

Chiarissima, a questo proposito, risulta l’indicazione dello stesso SANTORO PASSARELLI, Dottrine generali cit, p.182: «Il negozio indiretto ha in comune col negozio fiduciario l'insistenza di un motivo che va oltre la causa del negozio, ma ne differisce nel mezzo tecnico, attraverso il quale le parti perseguono un loro scopo ulteriore, al di là dello scopo tipico del negozio, e cioè della causa del medesimo. Il raggiungimento dello scopo ulteriore qui non viene affidato a un'obbligazione diretta a ridurre l'effetto tipico del negozio, ma è una conseguenza, in senso giuridico o anche soltanto economico, dello stesso effetto tipico del negozio, o anche di più negozi all'uopo collegati. Poiché si tratta appunto di un motivo, che resta estraneo al negozio e alla sua causa, il negozio indiretto non costituisce una categoria giuridica».

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