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Indagine della Teoria della Mente in soggetti con Emicrania Cronica

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Academic year: 2021

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INDICE

ABSTRACT ... 1

1 INTRODUZIONE ... 1

1.1 L'EMICRANIA CRONICA ... 2

1.1.1 CENNI STORICI ... 3

1.1.2 L'EMICRANIA CRONICA OGGI ... 3

1.1.2.1 EPIDEMIOLOGIA ... 4

1.1.2.2 FATTORI DI RISCHIO PER LA PROGRESSIONE DELL'EMICRANIA, LA TRASFORMAZIONE EMICRANICA ... 4

1.1.2.3 I COSTI ASSOCIATI ALL'EMICRANIA CRONICA E LE CONSEGUENZE SUL PIANO PSICOSOCIALE ... 5

1.1.3 ANATOMIA E FISIOPATOLOGIA ... 6

1.1.4 ASPETTI NEUROPSICOLOGICI ... 7

1.1.5 EMICRANIA CRONICA E TEORIA DELLA MENTE ... 9

1.2 LA TEORIA DELLA MENTE ... 10

1.2.1 SVILUPPO DEL CONCETTO DI TEORIA DELLA MENTE ... 11

1.2.1.1 LA FOLK PSYCHOLOGY ... 11

1.2.1.2 LE RICERCHE SPERIMENTALI DAI PRIMATI ALL'UOMO ... 11

1.2.1.3 PRINCIPALI MODELLI TEORICI DELLA TEORIA DELLA MENTE ... 12

1.2.2 STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELLA TEORIA DELLA MENTE ... 19

1.2.3 PSICOPATOLOGIA DELLA TEORIA DELLA MENTE ... 20

1.2.4 BASI CEREBRALI DELLA TEORIA DELLA MENTE ... 21

1.2.4.1 BASI CEREBRALI NELLA PERCEZIONE DELLE EMOZIONI ... 21

1.2.4.2 BASI CEREBRALI NELLA TEORIA DELLA SIMULAZIONE ... 22

1.2.4.3 LE BASI CEREBRALI NELLA TEORIA MODULARE ... 23

1.2.4.3 BASI CEREBRALI NELL'APPROCCIO ESECUTIVO ... 24

1.2.4.5 BASI CEREBRALI DEL MODELLO INTEGRATIVO DI YANG ... 24

2 RICERCA SPERIMENTALE ... 26 2.1 IPOTESI DI LAVORO ... 26 2.2 OBIETTIVI E METODI ... 26 2.2.1 PARTECIPANTI ... 27 2.2.2 PROCEDURA ... 27 2.2.2.1 ASSESSMENT NEUROPSICOLOGICO ... 27

2.2.2.2 COMPITI DI TEORIA DELLA MENTE ... 28

2.3 ANALISI STATISTICHE ... 30

2.3.1 RISULTATI ... 30

2.3.1.1ASSESSMENT NEUROPSICOLOGICO ... 30

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2.3.1.3 ANALISI DELLA CORRELAZIONE DEI TEST ... 32

2.4 DISCUSSIONE ... 32

2.4.1 COMPITI DI TEORIA DELLA MENTE ... 33

2.4.2 ASSESSMENT NEUROPSICOLOGICO ... 36

2.5 LIMITI DELLO STUDIO ... 36

2.6 RIFLESSIONI CONCLUSIVE ... 36

3 BIBLIOGRAFIA ... 38

ABSTRACT

L'emicrania cronica (EC) è una condizione caratterizzata da cefalea che si verifica per 15 giorni o più al mese, per più di 3 mesi (Headache Classification Committee of the International Headache Society, 3rd Edition, 2013; ICHD-3), la sua incidenza è in netto aumento negli ultimi anni a livello mondiale (Rist & Kurth, 2013). Il suo trattamento prevede la condivisione tra più professionisti della salute (Valade, 2013).

L'EC viene considerata la malattia neurologica più comune che ha effetti significativi a livello cerebrale, di conseguenza sulla cognizione e sul comportamento (Borsook et al., 2015).

Per questo tale patologia è stata oggetto di studio da parte di psicologi e neuropsicologi al fine di spiegare le compromissioni cognitive causate dal malfunzionamento delle aree cerebrali.

La ricerca recente si sta concentrando in particolar modo sullo studio della compromissione della corteccia orbitofrontale (OFC) nei soggetti con EC e come questa possa compromettere la prestazione a più comuni test tra cui il Faux Pas Test e il Reading Mind in the Eyes, come verificato da Gomez-Beldarrain et al. nel 2011.

Tali test sono noti come compiti volti ad indagare la Teoria della Mente (ToM) cioè la capacità di inferire e prevedere le intenzioni, i pensieri, i desideri degli altri sulla base che gli altri abbiano stati mentali diversi dai propri (White et al., 2011).

La sua importanza per l'esistenza umana è ben documentata. Infatti la natura dell'attività sociale è stata descritta essere la prima pressione evolutiva selettiva per la straordinaria grandezza e complessità del cervello umano (Mitchell & Phillips, 2015).

Partendo dal lavoro di Gomez-Beldarrain et al. (2011) e da altre ricerche che hanno indagato le compromissioni cognitive sei soggetti con EC (ad esempio Schmitz et al., 2008; de Araùjo et al., 2012) questo studio è volto ad esplorare la maggior parte degli aspetti di ToM in gruppo di soggetti affetti da EC.

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Ad un gruppo di 20 soggetti con EC (età media 41,85 ± 14,04) è stata somministrata una batteria di test neuropsicologi tra cui: il Trail Making Test, il test di Fluenza Verbale per categoria fonemica, la Frontal Assessment Battery, il test di Stroop, il Clock drawing task e il test del Breve racconto per valutare gli aspetti cognitivi più generali tra cui le capacità delle funzioni esecutive, e 5 compiti che indagano la ToM tra cui: il Test di Attribuzione delle Emozioni, il Test delle Situazioni Sociali, il Faux Pas Test e il Reading Mind in the Eyes. I loro risultati sono stati confrontati tramite analisi statistiche con un gruppo di 20 soggetti di controllo (età media 41,70 ± 14.40).

I soggetti con EC hanno ottenuto una performance più bassa rispetto al gruppo di controllo per quanto riguarda i compiti di ToM ma non si può parlare di compromissione della capacità di ragionamento sulla ToM in quanto il gruppo di soggetti a cui è stato somministrato il test non è statisticamente rappresentativo della popolazione generale.

Tali risultati aprono, però, ulteriori studi sull'indagine della ToM in questa popolazione clinica al fine di studiarne i meccanismi e come questi siano implicati nel funzionamento psicosociale e occupazionale. Ciò potrebbe essere un ulteriore aspetto da tenere in considerazione nel trattamento psicologico affiancato a quello medico-farmacologico.

Parole chiave: Teoria della Mente, Emicrania Cronica, Corteccia Orbitofrontale, Faux Pas, Reading Mind in the Eyes.

1 INTRODUZIONE

L'emicrania è una condizione neurologica di dolore più comune rispetto ad altri tipi di patologie come l'asma o il diabete, infatti è stata classificata come il terzo disturbo più diffuso al mondo (Headache Classification Committee of the International Headache Society, 3rd Edition, 2013; ICHD-3) che affligge il 15% della popolazione mondiale (Borsook et al., 2015).

La prevalenza generale in Europa è approssimativamente del 10-15% (Cerritelli et al., 2015) mentre in Italia l'emicrania interessa l'11,6% della popolazione generale (Torelli et al., 2005) e l'incidenza si stima sia approssimativamente del 43% nelle donne e il 18% negli uomini (Pracilio et al., 2012). L'organizzazione mondiale della sanità (WHO) la colloca nelle prime 20 cause di disabilità globale (Borsook et al., 2015).

Oggetto dello studio è una condizione particolare di emicrania, quella di emicrania cronica (EC). L'EC è una condizione caratterizzata da cefalea che si verifica per 15 giorni o più al mese, per più di 3 mesi, la quale deve avere le caratteristiche di emicrania per almeno 8 giorni al mese (ICHD-3, 2013).

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L'EC crea un enorme carico nei pazienti attraverso frequenti attacchi di mal di testa, ipersensibilità agli stimoli olfattivi, visivi, uditori; nausea e vomito (Minet, 2014).

Questa patologia ha una prevalenza negli studi sulla popolazione che va da 1,4% a 4% e da 2,5% a 3% negli studi sugli emicranici (14% nei campioni clinici) (Buse et al., 2012) e progredisce ogni anno (Rist & Kurth, 2013).

I costi annuali diretti e indiretti sono stimati a 20 miliardi di dollari negli Stati Uniti e 27 miliardi di euro in Europa (Schwedt, 2014).

I soggetti con EC risultano resistenti ai trattamenti per l'emicrania, per questo motivo la responsabilità della cura per i pazienti con EC è condivisa da professionisti della salute specializzati a tutti i livelli tra cui neurologi e psicologici (Valade, 2013).

Inoltre è la malattia neurologica più comune che ha effetti significativi a livello cerebrale, di conseguenza sulla cognizione e sul comportamento (Borsook et al., 2015).

Alcuni autori hanno trovato correlazioni tra le differenze strutturali cerebrali tra i pazienti con EC e i controlli, e una compromissione nei test cognitivi, sostenendo l'ipotesi che il declino cognitivo nell'EC può essere causa di tali cambiamenti strutturali cerebrali nel corso del tempo (Schmitz et al., 2008).

Poco conosciamo della risposta neurale funzionale ai cambiamenti cognitivi nei pazienti con EC (Mathur et al., 2015). Le aree cerebrali ad oggi conosciute come compromesse in questa popolazione clinica di soggetti riguardano una riduzione della materia grigia nella corteccia anteriore cingolata (ACC), nella corteccia prefrontale, l'insula bilaterale, nella corteccia parietale posteriore destra (Aurora, Kulthia & Barrodale, 2011).

Inoltre è stato visto anche una compromissione a livello della corteccia orbitofrontale (OFC) nei soggetti con EC rispetto ai controlli (Mongini et al., 2005; Aurora, Kulthia & Barrodale, 2011). Un anormale funzionamento della OFC è stata trovata anche in relazione allo sviluppo anormale delle abilità socio-cognitive proprie della Teoria della Mente (ad esempio Baron-Cohen et al., 1994, Stone, Baron-Cohen & Knight, 1998; Sabbagh, 2004).

La Teoria della Mente (Tom) è la capacità di inferire e prevedere le intenzioni, i pensieri, i desideri, le intuizioni, le reazioni comportamentali, i piani e le credenze di altre persone, attraverso la consapevolezza che gli altri hanno una mente con stati mentali, informazioni e motivazioni che possono differire dalle proprie (White et al., 2011).

Attraverso la fertilizzazione dalle discipline tradizionalmente separate di psicologia sociale e neuropsicologia (cognitiva) negli ultimi anni, la ToM è stata senza dubbio uno degli sviluppi più fruttuosi nello studio della mente e del comportamento umano e culminata in un'esplosione di ricerche sulle neuroscienze cognitive (Adolphs, 2009).

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La sua importanza per l'esistenza umana è ben documentata. Infatti la natura dell'attività sociale umana è stata descritta essere la prima pressione evolutiva selettiva per la straordinaria grandezza e complessità del cervello umano: l'ipotesi del “cervello sociale” (Mitchell & Phillips, 2015).

Data questa importanza, la ToM, è stata indagata in diversi quadri clinici: nel disturbo bipolare e nella depressione maggiore (Montag et al., 2010), nello spettro dei disturbi autistici (ASD) (Baron-Cohen et al., 1995, Castelli, 2015), nei disturbi della Personalità primariamente con diagnosi di Disturbo Borderline di Personalità (Bateman e Fonagy, 2006), nei disturbi dementigeni in generale e nella demenza frontale con variante frontotemporale (Gregory et al., 2002), e nella schizofrenia (Green et al., 2008; Dimaggio & Lisaker, 2011; Dodell-Feder et al., 2014).

In associazione al deficit di ragionamento sulla ToM è stata ritrovata una disfunzione della OFC in particolare per quanto riguarda l'ASD (Baron-Cohen et al., 1994; Stone, Baron-Cohen & Knight, 1998; Sabbagh, 2004; Dodell-Feder et sl., 2014), nella demenza frontale con variante frontotemporale (Gregory et al., 2002), e nella schizofrenia (Nakamura et al., 2008).

Ad oggi non siamo a conoscenza di studi che indagano direttamente la ToM nei soggetti con EC. Date le analogie in letteratura tra anomalie cerebrali riscontrate nella ToM e nella EC, in particolare per quanto riguarda la compromissione della corteccia orbitofrontale, questo lavoro nasce con l'intento di indagare un possibile deficit della Teoria della Mente nei soggetti con Emicrania Cronica.

Nel corso del lavoro verranno da prima trattati gli aspetti teorici sia dell'EC che della ToM. Successivamente verranno riportati lo svolgimento della ricerca sperimentale, i risultati statistici e la relativa discussione.

1.1 L'EMICRANIA CRONICA

L'emicrania, secondo l'Headache Classification Committee of the International Headache, 3° edizione, del 2013 (ICHD-3, 2013), è una condizione neurologica caratterizzata da attacchi di mal di testa unilaterali, pulsanti, di moderati o grave intensità, ed è aggravata dall'esercizio fisico. Inoltre l'emicrania è associata a sintomi che includono nausea e/o vomito, fotofobia o fonofobia e allodinia (ICHD-3, 2013).

L'emicrania cronica (EC) è una condizione caratterizzata da cefalea che si verifica per 15 giorni o più al mese, per più di 3 mesi, la quale deve avere le caratteristiche di emicrania per almeno 8 giorni al mese.

Per parlare di EC devono essere soddisfatti i seguenti criteri:

A) Cefalea (di tipo tensivo o di tipo emicranico) per almeno 15 giorni al mese per più di 3 mesi e seguono i criteri B e C.

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B) Si verificano in un paziente che ha avuto almeno 5 attacchi seguendo i criteri B-D per l'emicrania senza aura e/o i criteri B e C per l'emicrania con aura (vedi tabella).

C) Per 8 giorni al mese per più di 3 mesi, rispettano uno dei seguenti: 1. criteri C e D per emicrania senza aura

2. criteri B e C per emicrania con aura

3. il paziente crede che sia emicrania all'esordio e trova sollievo con triptani e derivati dell'ergot.

D) Non meglio attribuita ad altre diagnosi dell'ICHD-3 (ICHD-3, 2013).

Nella tabella che segue sono state mostrate le caratteristiche dell’emicrania con aura e senza aura secondo l’ICHD-3 (2013).

EMICRANIA CON AURA EMICRANIA SENZA AURA

A) Almeno due

attacchi che rispettano i criteri B e C;

B) Uno o più dei seguenti sintomi di aura completamente reversibili: 1. visivo 2. sensoriale 3. del linguaggio 4. motorio 5. tronco-encefalico 6. retinico

C) Almeno due delle

seguenti quattro caratteristiche: 1. Almeno un sintomo dell’aura in espansione graduale per 5 minuti e/o due o più sintomi in successione; 2. Ogni sintomo di aura di durata compresa tra i 5 e i 60 minuti; 3. Almeno un sintomo di aura unilaterale; A) Almeno cinque

attacchi che rispettano I criteri B-D;

B) Attacchi di cefalea di durata compresa tra 4 e 72 ore (non trattati o trattati senza successo)

C) Cefalea con almeno 2 delle seguenti 4 caratteristiche: a. Posizioname nto unilaterale; b. Qualità pulsante; c. Dolore moderato o forte; d. Aggravata da o che causa l’evitamento di azioni fisiche di routine (ad esempio camminare o salire le scale).

D) Durante la cefalea si verificano almeno uno di questi sintomi accessori:

a. Nausea e/o

vomito;

b. Fotofobia e

fonofobia;

E) Non meglio

giustificati da altre diagnosi dell'ICHD-3

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4. L’aura è accompagnata o seguita entro 60 minuti da cefalea. D) Non meglio giustificati da altre diagnosi in accordo all’ICHD-3 ed è stato escluso un attacco ischemico transitorio.

Tabella . Criteri di diagnosi per l'emicrania con aura e senza aura, nella International Classification of Headache Disorders, 3rd Edition (ICHD-3, 2013).

Nei paragrafi successivi verranno descritti i cenni storici e lo stato dell'arte ad oggi sull'emicrania cronica, descrivendo in dettaglio l'epidemiologia, l'eziologia, le conseguenze e i costi associati alla EC e altri aspetti significativi.

In ultimo si tratteranno in dettaglio gli aspetti neuropsicologici della EC.

1.1.1 CENNI STORICI

I primi documenti, in cui sono presenti riferimenti all'emicrania risalgono all'antico Egitto, nei quali si credeva fossero causati da demoni ed entità maligne (Karenberg & Leitz, 2001).

Per trovare le prime descrizioni dell'emicrania bisogna risalire ad Ippocrate (460–380 a.C.), che descrisse la forma di emicrania con aura (Borsook, 2015).

Successivamente Areteo di Cappadocia, nel II secolo, la chiamò heterocrania ed egli stesso fu poi autore di una classificazione che fu seguita per moltissimi anni (Koehler & Van de Wiel, 2001). Grazie a Galeno (129 – 216) il termine mutò in «hemicrania». Egli attribuì le cause dell'emicrania agli umori che si elevano dal fegato alla testa mentre riteneva provenire il dolore dalle meningi e dai vasi sanguigni della testa (Borsook, 2015).

Avicenna nel Medioevo analizzò i sintomi e le origini del male, attribuendoli allo stile di vita e ad alcuni eventi tipicamente femminili, come la menopausa e l'aborto (Abokrysha, 2009).

Nel XVII secolo Thomas Willis e successivamente Graham e Wolff sostennero la teoria, ancora oggi ritenuta valida, dell'ipotesi vascolare, sostituendo l'ipotesi degli umori come causa possibile (Graham & Wollf, 1938).

Le emicranie sono stati divise nei due tipi ora utilizzati, emicrania con aura (emicrania ophthalmique) ed emicrania senza aura (emicrania vulgaire), nel 1887 da Louis Hyacinthe Thomas (Borsook, 2015).

Per quasi tutto il '900 gli scienziati hanno ritenuto plausibile la spiegazione della dilatazione e della tensione dei vasi sanguigni come causa del dolore e che questo fenomeno fosse preceduto da un

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calo di flusso e da un breve restringimento dei vasi.

Da qualche anno i ricercatori propendono invece per una origine neurologica localizzabile nel tronco encefalico (Dodick & Gargus, 2008).

Qui di seguito verrà analizzato lo sviluppo del concetto di Emicrania Cronica.

1.1.2 L'EMICRANIA CRONICA OGGI

Vi sono una serie di diversi sistemi di classificazione per le cefalee.

Il più riconosciuto è quello proposto dall'ICHD-3 (2013) che li distingue in cefalee primarie e secondarie.

In particolare, tra le cefalee primarie, quelle più comuni sono la cefalea di tipo tensivo e l’emicrania, entrambe possono presentarsi in forma episodica o cronica (Schwedt et al.,2013). I sotto tipi dell'emicrania, secondo l'ICHD-3 (2013) sono elencati nella tabella che segue.

1. Emicrania

1.1 Emicrania senza aura 1.2 Emicrania con aura

1.2.1 Emicrania con aura tipica

1.2.1.1 Aura tipica con cefalea emicranica 1.2.1.2 Aura tipica senza cefalea

1.2.2 Emicrania con aura di origine troncoencefalica 1.2.3 Emicrania emiplegica

1.2.3.1 Emicrania emiplegica familiare (FHM)

1.2.3.1.1 Emicrania emiplegica familiare di tipo 1 (FHM1)

1.2.3.1.2 Emicrania emiplegica familiare di tipo 2 (FHM2)

1.2.3.1.3 Emicrania emiplegica familiare di tipo 3 (FHM3)

1.2.3.1.4 Emicrania emiplegica familiare in altri loci

1.2.3.2 Emicrania emiplegica sporadica 1.2.4 Emicrania retinica

1.3 Emicrania cronica

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1.4.1 Stato emicranico

1.4.2 Aura persistente senza infarto 1.4.3 Infarto emicranico

1.4.4 Epilessia indotta dall'emicrania 1.5 Probabile emicrania

1.5.1 Probabile emicrania senza aura 1.5.2 Probabile emicrania con aura

1.6 Sindromi episodiche che potrebbero essere assiociate con emicrania

1.6.1 Disturbi ricorrenti gastrointestinali 1.6.1.1 Sindrome del vomito ciclico 1.6.1.2 Emicrania addominale 1.6.2 Vertigine parossistica benigna 1.6.3 Torcicollo parossistico benigno Tabella . I sottotipi dell'emicrania secondo l'ICHD-3 (2013).

Inoltre i mal di testa cronici di lunga durata sono attribuiti ad altre tre diagnosi oltre l'Emicrania Cronica, tra cui il New Daily-Persistent Headache (NDPH), l'emicrania continua e la cefalea di tipo tensivo cronica (Schwedt, 2014).

A differenza dei pazienti con Emicrania Cronica che tipicamente sviluppano il disturbo dopo una lenta progressione di frequenti attacchi di cefalea, i pazienti con NDPH hanno mal di testa continui all'interno delle prime 24 ore all'esordio della cefalea (Schwedt, 2014).

Diversamente l'emicrania continua è caratterizzata da un continuo mal di testa concentrato in un lato, con un dolore da lieve a moderata intensità e ulteriori esacerbazioni del dolore associato a sintomi craniali autonomici ipsilaterali (come lacrimazione, iniezione congiuntivale, o rinorrea). Sebbene i sintomi autonomici craniali da lievi a moderati possono anche essere presenti nell’emicrania cronica, i sintomi autonomici dell'emicrania continua sono più comuni e più prevalenti.

La cefalea tensiva di tipo cronica è una “cefalea senza sintomi”, non è accompagnata da sintomi emicranici come una ipersensibilità alla luce e al suono, nausea o vomito. In aggiunta, il dolore della cefalea di tipo tensivo cronica è da lieve a moderato, mentre il dolore di un pieno attacco di emicrania varia da moderato a grave (Schwedt, 2014).

In particolare i pazienti con EC spesso hanno giorni in cui i mal di testa assomigliano alla cefalea di tipo tensivo cronica ma come già riportato in precedenza, per parlare di Emicrania Cronica i

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soggetti devono esperire, almeno per otto giorni al mese, sintomi conclamati di emicrania oppure se vengono trattati con triptani o derivati dell'ergot per un'emicrania presunta prima della piena espressione dei sintomi (ICHD-3, 2013).

1.1.2.1 EPIDEMIOLOGIA

L'emicrania è una delle patologie più comuni infatti è stata classificata come il terzo disturbo più diffuso al mondo e studi epidemiologici hanno documentato un'alta prevalenza (Headache Classification Committee of the International Headache Society, 2013). Per prevalenza si intende il rapporto tra il numero di eventi sanitari rilevati in una popolazione in un definito momento (o di un breve arco temporale) e il numero degli individui della popolazione osservati nello stesso periodo (Verrone, 2014).

Le stime di prevalenza dell'emicrania variano significativamente a seconda degli studi effettuati, infatti, vari fattori contribuiscono alla variabilità delle osservazioni, includendo il periodo di tempo usato per stimare la prevalenza (ad esempio, un anno contro lifetime), a seconda dell'età e altri fattori sociodemografici, i metodi di accertamento per la diagnosi di emicrania e la concorrenza di diversi tipi di emicrania (Ramadan, 2007).

La prevalenza generale in Europa è approssimativamente del 10-15% (Cerritelli et al., 2015).

Tre studi europei con disegno longitudinale hanno stimato che in un anno, l'incidenza dell'emicrania, va da 3 ai 18 casi per 1000 persone (Lipton, 2009).

L'incidenza è una misura di frequenza, che misura quanti nuovi casi di una data malattia compaiono in un determinato lasso di tempo (Varrone, 2014). L'incidenza lifetime di emicrania è stata riportata approssimativamente del 43% in donne e 18% in uomini (Hopkins et al., 2012).

Secondo altre statistiche, nel nostro Paese l'emicrania interessa l'11,6% della popolazione generale (Torelli et al., 2005).

In particolare, per quanto riguarda la EC, le stime di prevalenza nel mondo variano in un range che va dallo 0% al 5.1% e la maggior parte degli studi nella popolazione generale riportano una prevalenza dell'1,4-2,2%. La variazione riscontrata, probabilmente, riflette vere differenze tra le popolazioni e anche l'uso di definizioni diverse (Schwedt, 2014).

Uno studio di Buse et al. (2012), ha scoperto che negli Stati Uniti la prevalenza dell'EC aumenta durante l'adolescenza, durante i picchi di mezza età e poi declina dopo i 50 anni. La prevalenza più alta è nelle donne, di età compresa tra 18-49 anni (Buse et al., 2012). In campioni basati sulla popolazione generale l'EC rappresenta circa l'8% dei casi di emicrania. La percentuale di emicranici che hanno un modello di EC, aumenta leggermente con l'età (Schwedt, 2014). Uno studio pubblicato nel 2009 rileva che in Europa sono il 4% di persone con EC, in particolare in Italia il

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4,4% (Lipton, 2009).

La seguente figura mostra i dati di emicrania cronica dallo studio di Lipton (2009).

Figura . Prevalenza dell’emicarania Cronica in diverse città europee. Fonte: Lipton (2009).

1.1.2.2 FATTORI DI RISCHIO PER LA PROGRESSIONE DELL'EMICRANIA, LA TRASFORMAZIONE EMICRANICA

Tipicamente l'EC sviluppa da un'emicrania episodica, dopo un lento incremento della frequenza di cefalea per più mesi all'anno, un processo chiamato “trasformazione emicranica” (Schwedt, 2014). Più precisamente circa il 2,5% di persone con emicrania episodica sviluppano EC (Aurora, Kulthia & Barrodale, 2011).

I fattori di rischio associati alla trasformazione includono: obesità, disturbi del sonno, eccessiva assunzione di caffeina, disturbi psichiatrici, alta frequenza di attacchi di mal di testa, eccessivo uso di farmaci sintomatici, sesso femminile, basso stato socio-economico, comorbidità con disturbi del dolore, storia di traumi pregressi alla testa o al collo e presenza di allodinia cutanea (Lipton, 2009). Anche grandi cambiamenti di vita, come il divorzio, il matrimonio, o il cambiamento dello stato di occupazione, aumenta il rischio di trasformazione a emicrania cronica (Buse et al., 2012). I maggiori fattori di rischio che portano alla trasformazione emicranica sono elencati nella tabella che segue.

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 Obesità  Russamento  Disturbi del sonno

 Eccessiva assunzione di caffeina  Disturbi psichiatrici

 Alta frequenza di attacchi emicranici

 Abuso di farmaci sintomatici per l'emicrania  Maggiori cambiamenti di vita

 infortuni alla testa o al collo  Allodinia cutanea

 Sesso femminile

 Comorbidità con altri disturbi del dolore  Basso stato socio-economico

Reversione in emicrania episodica

 Aderenza al trattamento profilattico  Bassa frequenza di attacchi di emicrania  Assenza di allodinia cutanea

 Esercizio fisico

 Ritiro dell'abuso dei farmaci sintomatici

Tabella . Fattori associati con un incremento dirischio di trasformazione e reversione di emicrania cronica. Fonte: Schewedt, (2014).

In particolare è l'abuso di farmaci (medication overus) il maggior rischio di trasformazione emicranica, poiché è comune in questo tipo di popolazione clinica. La prevalenza di soggetti con EC che fanno abuso di farmaci è dello 0,3-1,1% nella popolazione generale (Schwedt, 2014).

Circa la metà delle persone con Emicrania Cronica che si presentano in cliniche specializzate di cefelea fanno uso eccessivo di farmaci (Raggi et al., 2015).

In particolare, il rischio di sviluppare EC dipende soprattutto dalla frequenza con cui vengono utilizzati i farmaci sintomatici e il tipo di farmaco utilizzato. I rischi più elevati sono associati all'uso/abuso di barbiturici e di oppiacei (Lipton, 2009).

L'abuso specifico di agenti come i triptani è associato ad un aumentato rischio di trasformazione; tale rischio è comunque inferiore a quello associato all'uso eccessivo di barbiturici e di oppiacei (Schmitz et al., 2008).

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I farmaci anti-infiammatori non steroidei (FANS) possono ridurre il rischio di trasformazione in pazienti che presentano fino a nove giorni di cefalea al mese, ma aumenta il rischio nei pazienti che hanno cefalea fino a 10-14 giorni al mese (Stuginski-Barbosa et al., 2012).

Pazienti con Emicrania Cronica spesso ritornano all'emicrania episodica dopo la sospensione dei farmaci (Schewdt, 2014).

Uno studio di Manack et al. (2013) sulla popolazione generale di 383 persone con Emicrania Cronica ha trovato che il 33,9% ha avuto emicrania cronica persistente durante i due anni dopo la registrazione, il 26,1% è ritornato a meno di 10 giorni di cefalea al mese (bassa frequenza dell'emicrania episodica) e il 40% “entrava e usciva dallo stato di emicrania cronica”.

I fattori che possono portare alla reversione dell'Emicrania Cronica includono minor numero di episodi di cefalea al mese, assenza di allodinia, aderenza alla profilassi farmacologica, la sospensione dell'abuso dei farmaci e l'esercizio fisico (Schewdt, 2014).

1.1.2.3 I COSTI ASSOCIATI ALL'EMICRANIA CRONICA E LE CONSEGUENZE SUL PIANO PSICOSOCIALE

Dato che, come scritto nei paragrafi precedenti, gli individui che ricevono una diagnosi di EC mostrano in molti casi di avere avuto una storia di emicrania episodica, in questo paragrafo verranno analizzati e valutati i costi relativi all'emicrania stessa e la differenza riscontrata tra emicrania episodica e EC, le conseguenze socio-economiche le relative conseguenze psicologiche associate.

Per quanto riguarda i costi sociali e individuali, possiamo tranquillamente affermare che sono enormi (Schwedt, 2014).

L'organizzazione mondiale della sanità (WHO) la colloca nelle prime 20 cause di disabilità globale che affligge il 15% della popolazione mondiale (Borsook et al., 2015).

I costi annuali diretti e indiretti della cefalea sono stimati a 20 miliardi di dollari negli Stati Uniti e 27 miliardi in Europa (Schwedt, 2014).

Rispetto all'emicrania episodica, le persone con EC hanno un minore reddito, hanno meno probabilità di essere occupati a tempo pieno, ed è più probabile che siano professionalmente disabili (Buse et al., 2012).

Uno studio di Payne et al. nel (2011) basato su una vasta popolazione, ha trovato in un periodo di tre mesi, 57% che le persone con EC hanno perso 5 giorni di lavoro o di scuola, rispetto al 27% di emicranici episodici. Inoltre, il 58% di coloro che avevano EC e il 18% con emicrania episodica, hanno riferito produttività ridotta riguardo alle faccende domestiche, per almeno 5 giorni nei tre mesi.

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testa di grave intensita e di lunga durata, sia trattati che non e hanno più probabilità di avere disturbi in comorbidità (Lipton, 2009).

I pazienti con EC richiedono un uso delle risorse sanitarie maggiori rispetto a quelli con emicrania episodica (Schwedt, 2014). Infatti essi si fanno visitare da specialisti e vanno in dipartimenti di emergenza più spesso, inoltre sono ricoverati in ospedale, richiedono test diagnostici e farmaci frequentemente (Buse et al., 2012).

I costi totali annuali, diretti e indiretti, sono 4.4 volte maggiori nei pazienti con EC rispetto a quelli con emicrania episodica, di cui circa il 70% attribuibile alla perdita di tempo produttivo (Munakata et al., 2009). In persone con EC, si ha una media di 4.6 ore di perdita di tempo produttivo per settimana, 0.8 ore di assenteismo e 3.8 di presenteismo (Buse et al., 2012).

La storia di emicrania episodica, come detto nei paragrafi precedenti, generalmente precede quella di EC da anni ma, allo stesso tempo, l'emicrania episodica può trasformarsi rapidamente in EC (Farmer et al., 2012).

In uno studio dell'American Migraine Prevalence and Prevention (AMPP), è stato riscontrato che i pazienti con EC avevano la probabilità 2 volte maggiore di sviluppare depressione, ansia e dolore cronico rispetto a quelli con emicrania episodica (Munakata et al., 2009).

In particolare la presenza di depressione nell'emicrania cronica ha portato a suggerire una patogenesi comune tra i due disturbi (Gomez-Beldarrain et al., 2011). L'importanza di indagare la depressione nei soggetti con EC è dovuta al fatto che l'EC, insieme alla depressione, sono noti fattori di rischio per l'ideazione o il comportamento suicidario nei pazienti con emicrania (Payne et al., 2011). Oltre alla depressione, i soggetti con EC hanno anche significativamente più probabilità di sviluppare un disturbo bipolare (Schwedt,2014).

L'International Burden of Migraine Study (IBMS), che ha collegato dati da diverse città dall'Europa Occidentale, America del Nord, e le regioni dell'Asia e del Pacifico, ha riportato che, oltre ad una significativa disabilità e alti livelli di ansia e depressione rispetto ai soggetti con emicrania episodica, pazienti con EC dimostrano anche una bassa Qualità di Vita (QdV) (Payne et al., 2011). Con QdV si intendono le percezioni che gli individui hanno della propria collocazione nella vita in relazione al contesto culturale e al sistema di valori in cui vivono e rispetto ai propri obiettivi, aspettative, standard e interessi. Si tratta di un concetto molto ampio che comprende, in modo complesso, lo stato di salute fisico e psicologico di ogni singolo individuo, il livello di indipendenza, le relazioni sociali, le credenze personali e il rapporto con le caratteristiche salienti dell’ambiente (The WHOQOL Group, 1994). Sebbene siano stati trovati vari fattori predittivi per la QdV nei pazienti con EC, l'associazione tra depressione e emicrania è uno dei fattori più consistente (Payne et al., 2011; Buse et al., 2012). Una riduzione della QdV è anche stata riportata in pazienti

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con emicrania rispetto ai soggetti senza emicrania (Stuginski-Barbosa et al, 2012).

Inoltre pazienti con emicrania hanno dimostrato una compromissione significativa della QdV rispetto ai controlli, indipendentemente dalla presenza di depressione e disturbo d'ansia (Lipton, 2009).

Infine uno studio più recente (Kim & Park 2014), ha valutato il contributo dell'EC sulla qualità della vita, in relazione alle variabili cliniche, psichiatriche e psicosociali in pazienti con EC. I pazienti con EC avevano variabili cliniche e psichiatriche più gravi e una QdV più povera rispetto ai pazienti con emicrania episodica.

Il più forte predittore del punteggio della QdV in tutti i pazienti con emicrania è stata la presenza di depressione (come è stato trovato negli studi precedenti) seguito dalla presenza di disabilità, il sesso femminile, la durata di attacco, e mal di testa cronico.

In sintesi l'EC ha avuto un effetto diretto sul punteggio della QdV e ha esercitato un effetto indiretto su tale punteggio attraverso la presenza di disabilità e la presenza di depressione, quindi l'emicrania cronica sembra mettere in pericolo la Qualità di Vita sia in maniera diretta che indirettamente provocando disabilità e depressione (Kim & Park 2014).

1.1.3 ANATOMIA E FISIOPATOLOGIA

La fisiopatologia dell'Emicrania Cronica e i meccanismi che portano alla trasformazione emicranica sono ancora oggetto di studio (Schwedt, 2014).

Per quanto riguarda le aree cerebrali connesse al dolore cronico, esse sono distribuite in una rete neurale complessa e possiamo riconoscerle principalmente in quelle aree che sono importanti per:

– i processi somatosensoriali e la corteccia dell'insula posteriore

– i processi motori: il cervelletto, il putamen e il globo pallido, la corteccia motoria supplementare, la corteccia premotoria ventrale e la corteccia cingolata anteriore (ACC) – i processi affettivi come la corteccia cingolata anteriore e la corteccia dell'insula

– i processi attenzionali quali l'ACC, la corteccia primaria somatosensoriale, e la corteccia premotoria ventrale

– le funzioni autonomiche come l'ACC e la corteccia dell'insula (Coghill, 2010).

Un modello semplice del dolore emicranico nello specifico, è invece quello descritto da Ramadan (2007) secondo cui il dolore potrebbe essere sezionato in 4 luoghi distinti:

1. gli organi di senso come la pelle e i vasi sanguigni,

2. regioni discriminative-sensoriali, le quali includono il nucleo caudato del trigemino, il talamo e la corteccia sensoriale, primaria e secondaria.

3. la rete che risponde al comportamento, memoria ed emozioni. Queste includono l'insula e l'ippocampo, le quali codificano la memoria e il riconoscimento del dolore; il cingolato, che

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modula gli aspetti affettivi e motivazionali del dolore; e la corteccia precentrale, il cervelletto e il cingolato, che sono coinvolte nelle reazioni dell'esperienza del dolore.

4. Infine abbiamo regioni modulatorie, principalmente inibitorie come l'ipotalamo, la base anteriore del cervello, e varie altre strutture cerebrali (Ramadan, 2007).

Attualmente sono riconosciuti il ruolo dell'elaborazione del dolore atipico, la sensibilizzazione centrale, l'ipereccitabilità corticale e l'infiammazione neurogenica.

In particolare la modulazione atipica del dolore potrebbe avere un ruolo nella trasformazione, dato che è stata identificata la riduzione dell'inibizione del dolore dalle regioni delle vie discendenti che hanno un ruolo di modulazione nell'EC (Aurora, Kulthia & Barrodale, 2011).

Negli emicranici, infatti, il dolore indotto dall'attivazione funzionale delle regioni tronco encefaliche di inibizione del dolore e la connettività funzionale delle regioni modulatorie del dolore del tronco encefalico sono atipiche (Schwedt, 2014). La portata di queste anomalie correla con la presenza di allodinia cutanea, un sintomo di sensibilizzazione centrale (Valade, 2013).

Si ipotizza che gli attacchi di emicrania ricorrente portano alla sensibilizzazione del sistema trigemino, che si traduce in una ridotta soglia per l'attivazione di questo sistema, più frequenti attacchi di emicrania e infine la trasformazione emicranica (Valade, 2013).

Un'altra possibile causa della trasformazione emicranica potrebbe essere l'ipereccitabilità corticale (Aurora, Kulthia & Barrodale, 2011). Gli studi di stimolazione magnetica transcraniali in pazienti con EC, suggeriscono che la corteccia occipitale di questi pazienti è ipereccitabile, ancor più che in pazienti con emicrania episodica (Aurora, Kulthia & Barrodale, 2011).

Kim & Park (2014) hanno anche trovato che la struttura e la funzione di altre regioni di elaborazione del dolore in pazienti con emicrania sono atipiche come ad esempio regioni che partecipano alla discriminazione sensoriale, affettiva e all'elaborazione cognitiva del dolore.

Gli stessi autori hanno anche trovato correlazioni positive tra la portata di queste anomalie e l'aumento della frequenza di mal di testa, suggerendo che essi sono precursori o biomarcatori della trasformazione in EC (Kim & Park, 2014).

Studi di neuroimmagine che hanno specificamente analizzato pazienti con EC, hanno trovato che, sia l'elaborazione del dolore che le strutture cerebrali preposte sono atipiche in queste condizioni (Schwedt et al, 2013).

Il rilascio di neuropeptidi vasoattivi come il peptide rilasciato dal gene della calcitonina (CGRP) e la risultante infiammazione neurogenica potrebbero anche contribuire alla fisiopatologia dell'EC (Schwedt, 2014).

Un recente studio di Cernuda-Morollon et al. (2013) hanno trovato alte concentrazioni plasmatiche di CGRP in emicranici durante la fase interictale dell'emicrania rispetto ai partecipanti senza

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emicrania. Inoltre le concentrazioni di CGRP erano più alti nei pazienti con emicrania cronica, rispetto a pazienti con emicrania episodica (Cernuda-Morollon et al., 2013). Non è chiaro se le alte concentrazioni di CGRP sono il risultato di più frequenti attacchi di emicrania, servendo così come un potenziale biomarcatore di emicrania cronica, o se sono parte del processo che porta ad attacchi di emicrania più frequenti (Schwedt, 2014).

Cairns et al. (2014), hanno dimostrato che la neuroinfiammazione e le attivazioni delle cellule gliali, in particolare nel ganglio della radice dorsale e nel midollo spinale, potrebbero essere il meccanismo che porta verso il dolore cronico. Questo ha portato al focus verso cellule non-neuronali nel sistema nervoso centrale e periferico. Inoltre l'infiltrazione dei macrofagi, le cellule di Schwann e le cellule gliali satellite rilasciano delle citochine e pertanto fanno parte di un meccanismo importante nel mantenimento del dolore. L'attivazione delle cellule di Schwann, le cellule gliali satellitari, le microglia e gli astrociti, possono contribuire alla sensibilità del dolore rilasciando citochine che portano ad una funzione neuronale alterata nella direzione della sensibilizzazione (Cairns et al., 2014).

Le anomalie cerebrali, riscontrate nei soggetti con EC, in relazione alle funzioni cognitive alterate sono riportate nel paragrafo successivo.

1.1.4 ASPETTI NEUROPSICOLOGICI

Gli effetti dell'emicrania sulle funzioni cognitive sono state oggetto di dibattito all'interno della letteratura (Pearson et al., 2006; Schimtz et al., 2008; Mathur et al., 2015).

Dalla letteratura emerge comunque che in maniera simile ad altre condizioni di dolore cronico l'emicrania e in particolare l'EC è stata connessa alla compromissione delle funzioni cognitive (Apkarian et al., 2004).

In linea di massima l'EC, sembra condividere i profili psicologici (Boyer et al., 2014) e clinici (Buse et al., 2012) con altre condizioni di dolore cronico.

Un'intervista recente ha notato gli effetti significativi dell'emicrania sulle funzioni cognitive: i pazienti intervistati mostravano una compromissione dei diversi domini cognitivi (de Araújo et al., 2012).

Le compromissioni cognitive in soggetti con EC, trovate in letteratura, sono le seguenti: memoria visuale ritardata (Le Pira et al., 2004), memoria prospettica ridotta (Sacquegna et al., 1987), compromissione del tempo di reazione e deficit di attenzione (Farmer et al., 2012).

Le compromissioni cognitive sono maggiormente prominenti durante gli attacchi di emicrania, ma persistono anche tra gli attacchi (periodo interictale) riducendo le funzioni cognitive degli individui (Schmitz et al., 2008).

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gravità della malattia: ad esempio durata della malattia, durata della frequenza di emicrania e intensità del dolore emicranico (Mathur et al., 2015).

Nonostante le varie indagini sulle funzioni cognitive nei soggetti con EC, illustrate precedentemente, gli studi neuropsicologici sui soggetti emicranici non sono conclusivi.

Pochi sono gli studi che indagano le funzioni cognitive e l'EC (Mathur et al., 2015).

Inoltre anche la relazione tra le funzioni cognitive e l'anatomia cerebrale in tali soggetti non è ancora chiara, perché ad oggi pochi studi hanno correlato i deficit cognitivi nei soggetti emicranici con anomalie cerebrali della stessa popolazione (Schmitz et al., 2008).

Vi è comunque un incremento della prova delle anomalie del lobo frontale negli emicranici (Rocca et al, 2006) e un aumento delle evidenze dei deficit delle funzioni esecutive nell'emicrania e nell'EC oltre ad un incremento delle prove a sostegno di una relazione di questi deficit con le anomalie del lobo frontale (Mongini et al., 2005; Schmitz et al., 2008).

In particolare con il termine funzioni esecutive (FE) si fa rifermento a quelle funzioni corticali superiori deputate al controllo, principalmente mediati dai lobi frontali e coinvolti nel regolamento dei processi cognitivi e delle risposte comportamentali. Sono quelle abilità che permettono ad un individuo di anticipare, progettare, stabilire obiettivi, attuare progetti finalizzati ad uno scopo, monitorare, e se necessario, modificare il proprio comportamento per adeguarlo a nuove condizioni. A livello cerebrale le FE possono essere localizzate nelle seguenti regioni:

 corteccia prefrontale dorsolaterale (DLPFC) - responsabile della pianificazione, attenzione divisa e set-shifting (flessibilità cognitiva, ovvero lo spostamento flessibile dell’attenzione sulle informazioni rilevate). Tali funzioni sono dette “funzioni esecutive fredde”.

 corteccia prefrontale ventro-mediale (VMPFC) - riguarda la motivazione

 corteccia cingolata anteriore (ACC) - controlla la soppressione alle risposte automatiche in compiti non convenzionali (sensibilità all'interferenza) (Stievano & Valeri, 2013).

Il danneggiamento cognitivo dovuto ad una lesione della corteccia cingolata anteriore (ACC), è associato a deficit di natura attentiva, controllo inibitorio (più cognitivo, diversamente dalla corteccia orbitaria dove è un controllo più comportamentale) di risposte precedentemente apprese che si presentano in compiti cognitivi come “automatismi” (Golden & Freshwater, 1978).

Le aree dorsali della ACC sembrano legate all'abilità cognitiva della sensibilità all'interferenza, cioè la capacità di inibire la risposta automatica a favore di aspetti meno oggettivi. La parte ventrale della ACC sembra invece partecipare alla regolazione emozionale (Vallar & Papagno, 2007), cioè un processo top-down che permette di rispondere ad un'esperienza affettiva con una serie di emozioni spontanee e al contempo socialmente tollerabili.

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alla OFC sono incapaci di fare scelte appropriate sulla base di informazioni riguardanti il contesto (Vallar & Papagno, 2007). Essi possono anche esibire alterazioni del comportamento personale e sociale fino a severe manifestazioni conosciute come “sociopatia acquisita” per cui gli individui diventano scarsamente apatici, incapaci di comprendere le conseguenze delle loro azioni e sono senza senso di colpa (Adolphs et al., 2005).

Una semplificazione delle FE e la connessione con le relative aree cerebrali sono state schematizzate nelle tabelle che seguono.

Pianificazione Descrizione Correlato

neuro-anatomico Pianificazione

(planning)

Delineare, organizzare ed integrare i comportamenti atti a raggiungere un obiettivo

Corteccia prefrontale dorsolaterale

Attenzione selettiva

(selective attention) Capacità di focalizzare la propria attenzione su uno stimolo target in presenza di distrattori Corteccia prefrontale dorsolaterale/Corteccia cingolata anteriore Flessibilità cognitiva (cognitive flexibility)

Compiti in cui si richiede

l’individuazione di un criterio ed il passaggio da un criterio ad un altro (set-shifting) Corteccia prefrontale dorsolaterale Controllo inibitorio (Inhibitory control) Soppressione di risposte comportamentali inadatte al contesto Corteccia orbitofrontale

Decision-making Capacità di indirizzare il porprio comportamento e di produrre risposte appropriate sulla base di esperienze passate e delle loro conseguenze Corteccia orbitofrontale Sensibilità all’interferenza (sensitivity to interference) Soppressione di risposte automatiche in compiti non convenzionali

Corteccia cingolata anteriore

Tabella . Schema delle FE e relative aree cerebrali. Fonte Vallar & Papagno (2007).

Dimensione Descrizione Alterazioni

comportamentali specifiche

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Disinibizione Le alterazioni della condotta sociale sono costituite da un insieme

di comportamenti

eterogenei, quali

trascuratezza dell’igiene personale o iperoralità, disturbi della condotta alimentare, abuso di sostanze, impulsività, aggressività

Una grave alterazione della condotta sociale causata da lesione orbitofrontale è data dalla sociopatia acquisita: i pz diventano sensibili, poco empatici, privi di senso di colpa, incapaci di comprendere i propri atti di violenza sulle vittime

Impulsività Aggressività Alterazione della condotta sociale Disturbi ossessivo-compulsivi Sociopatia acquisita Corteccia orbitofrontale

Tabella . Schema delle FE e le relative aree cerebrali. Fonte: Vallar & Papagno (2007).

Dimensione Descrizione Correlato

neuro-anatomico Motivazione La motivazione influenza tutte le fasi di un

comportamento: determina lo scopo, la selezione e l’elaborazione delle risposte, nonchè la valutazione delle conseguenze di un’azione.

L’apatia consiste nei comportamenti diretti al raggiungimento di un fine per mancanza di motivazione.

L’apatia è associata a disfunzione del circuito cingolato anteriore mediato dal sistema

dopaminergico. La dopamina è implicata nei meccanismi di rinforzo e ricompensa alla base della

motivazione. L’abulia consiste nello stato più grave di

apatia, caratterizzato da profondo disinteresse per l’ambiente e le proprie necessità. I pz non mostrano alcuna tendenza a muoversi e comunicare

(mutismo acinetico = afasia e paralisi degli

Tale sindrome è legata ad ampie lesioni bilaterali del giro cingolato anteriore o delle sue connessioni.

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arti). Tale sindrome è legata ad ampie lesioni bilaterali del giro cingolato anteriore e delle sue funzioni

L’anedonia è l’incapacità di provare piacere nelle attività che di solito dovrebbero procurarlo (attività di nutrizione, attività sessuale; c’è anche l’aspetto sociale: anedonia sociale). Essa è legata ad una alterazione del sistema mesolimbico corticale.

Circuito fronto-sottocorticale coinvolto:

mesolimbico-corticale.

Tabella . Schema delle FE e le relative aree cerebrali. Fonte: Vallar & Papagno (2007).

Ad oggi vi è un grande incremento di evidenze rispetto alle anomalie del lobo frontale nei soggetti con EC (Schmitz et al., 2008).

Uno studio di Schmitz et al. (2008), ha esaminato le FE e la sostanza grigia della corteccia frontale negli individui con emicrania rispetto ad un gruppo di controllo. I risultati di questo studio dimostrano che gli emicranici, rispetto ai soggetti di controllo, mostrano un decremento della densità della materia grigia del lobo frontale e parietale e tempi di risposta più lenti in compiti di set-shifting.

Anche la diminuzione della risposta correlava significativamente con la riduzione della densità della materia grigia dei lobi frontali negli emicranici.

Le anormalità del lobo frontale e parietale negli emicranici potrebbero essere una delle cause dei tempi di risposta più lenti durante i compiti cognitivi di set-shifting (Schmitz et al., 2008).

Ad oggi sappiamo che le aree implicate nell'EC sono l‘ACC, la corteccia prefrontale, anche l'insula bilaterale e la corteccia parietale posteriore destra (Aurora, Kulthia & Barrodale, 2011).

Uno studio recente di Schwedt (2014) ha dimostrato che i soggetti con EC mostrano maggiore attività nelle aree che si pensa possono essere associate con gli aspetti cognitivi della elaborazione del dolore che sono la corteccia premotoria controlaterale (PM), la corteccia prefrontale dorsolaterale (DLPFC) destra e l'ippocampo ipsilaterale, durante una stimolazione dolorosa.

Sono stati trovati sia deficit nelle prestazioni ai test che valutano le funzioni della DLPFC che sia deficit nei test che indagano la OFC (Mongini et al., 2005; Aurora, Kulthia & Barrodale, 2011). Queste anomalie sono anche in parte indipendenti dai tratti psicologici e dai disturbi psichiatrici (Mongini et al., 2005).

Grazie allo studio di Fumal, Laureys e Di Clemente (2006), attraverso uno studio PET (Positron Emission Tomography) si è avuta una conferma per quanto riguarda la disfunzione della OFC nei soggetti con EC.

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Alcuni autori hanno proposto che la durata dell'emicrania, la frequenza e la gravità degli attacchi di mal di testa, determinano il malfunzionamento di un circuito implicato nell'elaborazione del dolore e delle emozioni che includono le regioni orbitofrontali (Valfrè et al., 2008).

Compromissioni nelle prestazioni ai test che indagano le disfunzioni dorsolaterali sono state trovate anche nei soggetti con emicrania, EC e EC con abuso di farmaci (Gomez-Beldarrain et al., 2011). Gli autori hanno rilevato una persistente ipofunzione della OFC in soggetti con EC e EC con abuso di farmaci, prima e tre settimane dopo dalla sospensione dei farmaci, rispetto ai controlli sani. Inoltre gli autori hanno concluso che l'abuso dei farmaci nei soggetti con EC potrebbe essere la conseguenza della disfunzione della OFC la quale potrebbe creare una suscettibilità per tale abuso. Gomez-Beldarrain et al. (2011) hanno trovato che questa ipofunzione della OFC correla con una compromissione delle prestazioni ai test che indagano tali aree.

Infine la compromissione ai test che indagano l'OFC, predice una prognosi sfavorevole per quanto riguarda l'outcome dell'emicrania e l'abuso dei farmaci in questi pazienti (Gomez-Beldarrain et al., 2011).

1.1.5 EMICRANIA CRONICA E TEORIA DELLA MENTE

In conclusione, le anomalie cerebrali di interesse per questo lavoro, riscontrate nei soggetti con EC, riguardano in particolare una riduzione della materia grigia nelle aree del lobo frontale come l’ACC, l'insula bilaterale, la corteccia parietale posteriore destra e la OFC, oltre al deficit delle FE (Mongini et al., 2005; Schimtz et al., 2008; Aurora, Kulthia & Barrodale, 2011).

Tutte queste aree hanno a che fare con il concetto di Teoria della Mente (ToM), cioè l'abilità di predire le intenzioni, pensieri, desideri, intuizioni, reazioni comportamentali, piani e credenze di altre persone (Frith & Frith, 2005; Green et al., 2008), attraverso una conoscenza del fatto che gli altri hanno degli stati mentali, motivazioni, informazioni che potrebbero differire dalle proprie (Sabbagh, 2004).

Sappiamo che i lobi frontali sono considerati capaci di svolgere una funzione insostituibile nel comportamento umano; infatti un danno in queste regioni non solo altera le funzioni cognitive superiori ma anche il comportamento sociale, la personalità, i ricordi individuali e la consapevolezza di sé (Dodell-Feder et al., 2014).

L'ACC si crede partecipare alla regolazione emozionale, nel comportamento emotivo e sociale (Vallar & Papagno, 2007).

Una lesione alla OFC, invece, può provocare marcate alterazioni del decision making e anch'essa alla regolazione emozionale (le cosiddette “funzioni esecutive calde”) (Vallar & Papagno, 2007). Con il termine decision-making si intendono quelle funzioni esecutive connesse alla capacità decisionale e all'abilità nel modulare la percezione della ricompensa e della punizione al fine di

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effettuare scelte vantaggiose (Bechara & Damasio, 2005).

Da lungo tempo si è a conoscenza del fatto che un danno ventrale o orbitale delle regioni frontali può produrre marcati cambiamenti della personalità e del funzionamento sociale, includendo disinibizione, mancanza di empatia, egocentrismo, devianza sociale, difficoltà nella comunicazione pragmatica e l’interpretazione dei segnali non verbali (Eslinger & Damasio, 1985; Gregory et al., 2002).

Inoltre un danno orbitofrontale può portare ad alterazioni del comportamento personale e sociale fino a severe manifestazioni conosciute come “sociopatia acquisita”, per cui gli individui diventano scarsamente apatici, con ridotta empatia, difficoltà nelle interazioni sociali e incapacità di inferire le emozioni avvertite da altre persone in situazioni che usualmente evocano rabbia, disgusto e imbarazzo, incapaci di comprendere le conseguenze delle loro azioni e sono senza senso di colpa (Adolphs, 2005).

Visto che l'OFC è stata considerata un'area importante per il decision-making, è stata implicata anche come un'area sensibile all'attenzione agli stimoli di ricompensa sociale e aiuta a determinare un interesse degli individui nell'impegnarsi in interazioni sociali e a rispondere a indizi sociali (Yang et al., 2015).

La OFC si può considerare come un epicentro dove dare un senso al mondo sociale che ci circonda, mettendo insieme esperienze interne e quelle esterne, compie una valutazione sociale istantanea che ci dice cosa percepiamo con la persona con cui siamo, cosa sente nei nostri confronti e come agire in base alle sue reazioni (Goleman, 2008).

Già Baron-Cohen et al. (1994) e Stone, Baron-Cohen e Knight (1998) avevano proposto che le abilità di ToM coinvolgono un sistema distribuito costituito da molte regioni della corteccia prefrontale e il sistema limbico, includendo la OFC.

In aggiunta a questi studi vi sono qualche evidenze che anche gli individui con lesioni prefrontali mediali-ventrali (inclusa la OFC) sono compromessi nelle abilità nel decodificare le emozioni dalle espressioni facciali (Hornak, Rolls, & Wade, 1996).

Infine anche un'alterazione dell'insula nei soggetti con EC, la cui oltre ad essere implicata nei processi del dolore, gioca un ruolo in diverse funzioni spesso legate all'emotività sociale in particolare la sensazione di disgusto (Sprengelmeyer et al., 2006), la percezione e l'auto-consapevolezza (Karnath et al., 2005).

Inoltre la corteccia insulare riceve informazioni dalle vie sensoriali afferenti omoestatiche e le rimanda ad altre aree correlate al lobo limbico come l'amigdala, lo striato ventrale e la OFC (Craig, 2003).

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e convenzioni sociali) (Sanfey et al., 2003), nell'empatia ed è una delle aree coinvolte nella percezione delle emozioni (Klucken et al., 2012). Tale abilità viene considerata come uno dei precursori della ToM (Mitchell & Phillips, 2015).

Come scritto in precedenza vi è un aumento delle evidenze dei deficit delle funzioni esecutive nell'EC (Mongini et al., 2005; Schmitz et al., 2008) e anche le FE sono state considerate importanti per alcuni tipi di ragionamento sulla ToM (Mahy, Moses & Pfeifer, 2014). Date le anomalie delle aree cerebrali riscontrate nei soggetti con EC, le quali si credono implicate nella percezione della ToM, questo lavoro è volto ad indagare se la capacità di ToM può essere alterata in questi soggetti. Nel paragrafo successivo verrà analizzato il concetto di ToM, i cenni storici, le teorie che sono state formulate e un'analisi delle aree cerebrali osservate durante vari test che indagano la ToM.

1.2 LA TEORIA DELLA MENTE

Il concetto di Teoria della mente è stato, negli ultimi decenni, oggetto di grande interesse da parte di molti psicologi, di diversi orientamenti teorici e scientifici (Caviglia, 2005).

La Teoria della Mente (ToM) è la capacità di inferire e prevedere le intenzioni, i pensieri, i desideri, le intuizioni, le reazioni comportamentali, i piani e le credenze di altre persone, attraverso la consapevolezza che gli altri hanno una mente con stati mentali, informazioni e motivazioni che possono differire dalle proprie (White et al., 2011).

Le persone, infatti, hanno una tendenza diffusa nello spiegare i propri stati mentali e le azioni degli altri in termini di credenze, desideri, obiettivi e intenzioni (Castelli, 2015).

Con il termine “intenzione” o “intenzionalità” si intende la caratteristica che fa sì che gli stati mentali siano completamente indipendenti dagli stati fisici (Brentano & von, 1970).

Gli stati mentali possiedono la proprietà di “indicare verso” certi oggetti o situazioni (intendere in latino significa mirare), ma questi oggetti o situazioni non necessitano di esistere.

L'intenzionalità è la peculiarità comune delle attitudini proposizionali, questi stati cognitivi vengono descritti nel linguaggio di ogni giorno con l'uso del “che” (tipicamente credenze o desideri, ad esempio, “io credo che...”) (Castelli, 2015).

La teoria della mente è stata anche definita come l'abilità di predire la relazione tra i fatti esterni e gli stati mentali interni (Frith & Frith, 1995).

Questa abilità richiede il disaccoppiamento della propria realtà soggettiva dalle percezioni degli altri (Frith & Frith, 2005) e si crede sia presente unicamente negli umani (Saxe, 2009).

La capacità di comprendere che gli stati mentali siano la causa di comportamenti e pensieri serve per spiegare e prevedere il comportamento degli altri, garantendo grandi vantaggi strategici agli individui, come quella di sapersi muovere in un ambiente sociale complesso (Premack & Woodruff,

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1978; Wan, 2012).

È stato ipotizzato, da un punto di vista evoluzionistico, che una Teoria della Mente di sé e degli altri sia emersa nell’evoluzione degli ominidi come una risposta adattiva a un ambiente sociale diventato più complesso (Brothers & Ring, 1992).

In accordo con ciò che è chiamato “ipotesi del cervello sociale” (Brothers & Ring, 1992), gli individui con buone capacità di lettura della mente sarebbero più capaci degli altri nelle relazioni sociali, avendo quindi un maggior successo riproduttivo (Bradford et al., 2015).

Alla luce del suo vantaggio evolutivo, è possibile che la ToM sia una prestazione dovuta ad un meccanismo cognitivo innato (Leslie, 1987).

Lo sviluppo della ToM, inoltre, è culturalmente invariante e relativamente indipendente dal livello intellettivo e dalle abilità cognitive (Baron-Cohen, Leslie & Frith, 1985), con piccole variazioni tra gli individui (Happe, 1994).

L'uso della ToM è anche rapido, automatico, non richiede un particolare sforzo dell'attenzione e ha una sequenza di sviluppo stereotipato (Stone, Baron-Cohen & Knight, 1998).

Un altro aspetto importante della ToM è quello dell'elaborazione delle informazioni controfattuali, per esempio riuscire a rilevare il sarcasmo o le bugie.

Ogni giorno nelle interazioni sociali, il rilevamento del sarcasmo e delle bugie, comportano andare dietro il significato letterale di un messaggio utilizzando degli indizi sociali (Fletcher et al., 2000).

1.2.1 SVILUPPO DEL CONCETTO DI TEORIA DELLA MENTE

1.2.1.1 LA FOLK PSYCHOLOGY

La teoria della mente costituisce un particolare approccio di quella viene comunemente chiamata “psicologia del senso comune” o “psicologia intuitiva” (folk psychology), definizioni usate per indicare il modo in cui le persone descrivono e spiegano la propria quotidiana comprensione del mondo facendo costantemente riferimento a stati mentali quali desideri, credenze, emozioni, intenzioni (Harris, 1991).

Questo costante ricorso a questo “mentalismo” rende la nostra psicologia intuitiva una teoria della mente (Camaioni, 1995).

Gli eventi sociali di cui facciamo quotidianamente esperienza o che semplicemente osserviamo acquisiscono un senso solo se mediati da un complesso apparato di attribuzioni di intenzionalità; tale sistema di attribuzioni, comunemente denominato folk psychology, è preposto all’interpretazione del comportamento umano.

La folk psychology si riferisce alla comprensione che le persone hanno dei propri stati mentali, così come la gente possiede una conoscenza ingenua del mondo fisico, analogamente essa sviluppa

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concetti ingenui relativamente al mondo psicologico.

Nell’ambito della psicologia sociale si è cercato di individuare i processi che consentono agli individui sia di descrivere e interpretare il comportamento dei loro simili, sia di strutturare le loro osservazioni in schemi di giudizio e aspettativa stabili e organizzati. Grande importanza ha assunto, in particolare, l’analisi del giudizio sociale, ossia lo studio di come le persone cercano spiegazioni per il loro e l’altrui comportamento (Harris, 1991).

Quando devono inferire le cause che stanno dietro specifici azioni e sentimenti, le persone mettono in atto dei processi di “attribuzione causale”. Il primo psicologo ad occuparsi di questi problemi è stato Heider (1958) secondo cui è compito della psicologia del senso comune comprendere il modo in cui le persone interpretano gli avvenimenti del loro mondo sociale. Esse agiscono secondo i principi di un’epistemologia ingenua, i cui assiomi possono essere messi in luce attraverso un’analisi del linguaggio impiegato dalle persone stesse per descrivere le proprie esperienze. Sempre in questo ambito Jones e Davis (1965), raccogliendo l’eredità concettuale di Heider, propongono la teoria dell’”inferenza corrispondente”, che suggerisce in che misura il comportamento degli individui corrisponde o riflette disposizioni interne di tipo stabile. Secondo tale approccio, nelle situazioni di giudizio quotidiane, le persone, sulla base delle caratteristiche del comportamento messo in atto e tenendo conto delle situazioni in cui esso si è manifestato, producono delle inferenze sul grado di intenzionalità e sulle disposizioni stabili che lo hanno determinato (Arcuri, 1995).

Nella vita quotidiana le persone fanno continue previsioni sul comportamento degli altri, attribuendo loro degli scopi e dei piani volti al raggiungimento degli stessi, oltre a delle credenze, con cui regolare il rapporto mezzi-fini. Le previsioni che derivano dalla psicologia ingenua hanno molto spesso successo e consentono, la maggior parte delle volte, un’efficace coordinazione di scopi e comportamenti tra le persone. La psicologia del senso comune rappresenta dunque una teoria in grado di rendere prevedibili i comportamenti (Semerari et al., 2000).

La psicologia del senso comune assume che il comportamento sia regolato da un sistema gerarchico di scopi e di credenze e che esistano meccanismi di regolazione per i conflitti tra scopi. Le persone agiscono in vista dei loro scopi e in base al loro giudizio e, quando insorgono incompatibilità tra scopi, è possibile operare un bilancio e quindi una scelta.

1.2.1.2 LE RICERCHE SPERIMENTALI DAI PRIMATI ALL'UOMO La tradizione cognitiva di ricerca sperimentale della teoria della mente inizia con la

pubblicazione nel 1978 di un lavoro di Premack e Woodruff, i quali, in un documento pionieristico, si chiedevano se gli scimpanzé avessero la capacità di inferire gli stati mentali del comportamento altrui.

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Gli autori hanno utilizzato il primo test non verbale che indaga la ToM con Sarah, un scimpanzé adulto femmina.

Le è stata mostrata una serie di eventi videoregistrati in cui gli attori umani stavano lottando per ottenere degli oggetti inaccessibili, dopodiché le è stato chiesto di indicare cosa avrebbero fatto gli uomini per risolvere il loro problema.

In una delle scene, per esempio, viene presentato l'attore in una gabbia simile a quella degli scimpanzé, mentre lotta per ottenere delle banane che sono state appese al soffitto in alto. All'animale poi sono state presentate un paio di fotografie fisse, una delle quali rappresentata dall'attore impegnato in un comportamento che costituiva una soluzione pratica per l'ostacolo, per esempio, salire su una scatola.

Premack e Woodruff (1978) hanno sostenuto che la scelta coerente della fotografia corretta può essere dovuta al fatto che l'animale possieda una “Theory of Mind”.

Per ToM gli autori intendevano la capacità dello scimpanzè di comprendere lo stato mentale di un altro organismo, sulla base dell'analisi del suo comportamento.

L'animale, risolvendo tale problema, è in grado di attribuire all'attore sia un'intenzione che la conoscenza della finalità dell'azione.

Secondo gli autori, inoltre, quando lo scimpanzé guarda le videocassette che mostrano l'attore nel momento in cui salta per raggiungere le banane legate al soffitto, l'animale presuppone che l'attore vuole le banane e che egli sta lottando per raggiungerle.

Lo scimpanzè dovrebbe presumere anche che l'attore sa come raggiungere le banane in modo che quando indica quale fotografia ritrae la soluzione, sceglie correttamente l'immagine dell'attore sopra la scatola (Premack & Woodruff 1978).

In un commento allo studio di Premack e Woodruff, Dennett (1978) ha sostenuto che le prove della scelta coerente dello scimpanzè potrebbero ugualmente essere supportate dal fatto che la scelta sia dovuta ad abitudini (di pensiero) e alle convinzioni su altre caratteristiche del mondo (ad esempio, dall'esperienza della regolarità nei comportamenti degli altri).

Secondo Dennet (1978), l'unica prova certa della capacità di un soggetto di avere ToM è la sua capacità di attribuire a un altro individuo credenze differenti dalle proprie.

Solo in questo caso è possibile affermare con certezza che quell’individuo è capace di attribuire stati mentali.

Quando invece gli stati mentali che il soggetto attribuisce all’altro coincidono con la conoscenza che egli stesso ha della realtà, non è possibile escludere che il successo sia attribuibile a un’adeguata strategia comportamentale, o a una mera proiezione sull’altro delle proprie credenze (Dennett, 1978).

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Seguendo i suggerimenti di Dennett, Wimmer e Perner (1983), hanno accettato la sfida di sviluppare un test per indagare la capacità dei bambini di attribuire stati mentali agli altri.

Gli autori hanno sviluppato un paradigma sperimentale dello “spostamento inatteso” che prende in esame la capacità dei bambini di rappresentare la particolare credenza, che differisce da ciò che il bambino sa corrispondere alla realtà, di un’altra persona. È il classico paradigma del “False Belief Task” (compito della falsa credenza) che indaga la capacità di comprendere che una credenza non è unica cioè, che vi può essere una diversa convinzione su un singolo evento. Quindi, il test si basa sul presupposto che la comprensione di una falsa credenza di qualcun altro richieda la rappresentazione di uno stato mentale che differisca da ciò che è noto per essere vero. Se un bambino è in grado di rappresentare uno stato mentale dell'altro, allora lui o lei sarà in grado di prevedere i comportamenti profani di un'altra persona, che non è più appropriato nelle circostanze mutate.

Successivamente nel 1985, Baron-Cohen, Leslie e Frith hanno testato l'ipotesi che i bambini con “Disturbi dello Spettro Autistico” (ASD-Autism Spectrum Dirsoders), con un età mentale di circa 4 anni hanno un deficit di ToM.

L'ASD è caratterizzato da un persistente e prominente deficit nella comunicazione sociale e nell'interazione sociale così come nei comportamenti ristretti e ripetitivi (APA, 2013).

Baron-Cohen, Leslie e Frith (1985) hanno usato una variazione del paradigma Wimmer e Perner (1983) dello “spostamento inatteso” con un gruppo di bambini con normale sviluppo (età media 4,6 anni), un gruppo di bambini con sindrome di Down (età media 11 anni), e bambini con autismo (età media 12 anni), con il “compito di Sally e Ann”.

Baron-Cohen, Leslie e Frith (1985) hanno concluso che i bambini con ASD fallendo nel fare inferenza delle credenze degli altri individui, dimostrano un'alterata capacita della ToM.

Parallelamente agli studi svolti da Dennet (1978), Pylyshyn (1978), ha iniziato gli studi sulla metarappresentazione come spiegazione della ToM.

La metarappresentazione è una rappresentazione di una rappresentazione, cioè una rappresentazione di ordine superiore contenente al suo interno una rappresentazione di ordine inferiore (Dannet, 1998).

Pylyshyn (1978) ha proposto la seguente congettura: se qualcuno ha una ToM, non solo possiede una rappresentazione di uno stato di cose (x) ed è in una certa relazione nei confronti di queste rappresentazioni (ad esempio ‘vuole x’ o ‘crede x’), ma rappresenta anche esplicitamente queste relazioni. Tale abilità è nominata dallo stesso autore abilità di “metarappresentazione” (Castelli, 2015).

Riferimenti

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