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Potere dei simboli o simboli di potere? La spada lunga tra Vicino Oriente ed Egeo nel II millennio a.C.

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Academic year: 2021

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Corso di Laurea Magistrale

in Scienze dell’antichità: letterature,

storia e archeologia

Tesi di Laurea

Potere dei simboli o simboli

di potere?

La spada lunga tra Vicino Oriente ed

Egeo nel II millennio a.C.

Relatrice

Prof. Elena Rova

Correlatori

Prof. Filippo Maria Carinci

Prof. Paola Corò

Laureanda

Vittoria Dall’Armellina

833665

Anno Accademico

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A Nancy Sandars1, archeologa, assiriologa e poetessa britannica, nata il 29

giugno del 1914 e venuta a mancare il 20 novembre 2015, all’età di 101 anni. Allieva di Gordon Childe, durante i suoi studi si è occupata principalmente di preistoria europea e vicino-orientale e di traduzione di testi in cuneiforme. Tra i suoi lavori si ricordano i due articoli del 1961 e del 1963, proprio sulle spade lunghe, dove per prima ipotizzò un rapporto tra gli esemplari egei e quelli anatolici e levantini.

                                                                                                               

1 Foto scattata a Zurigo nel 1954, tratta dal sito personale di Nancy Sandars:

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INDICE

INTRODUZIONE 4

STATUS QUAESTIONIS 6

IL SECONDO MILLENNIO A.C.: CRONOLOGIA E QUADRO STORICO 12

Transcaucasia 12

Anatolia 17

Levante 23

Creta 27

Grecia continentale e isole 31

LA SPADA: TIPOLOGIA, NASCITA, SVILUPPO 34

LA SPADA LUNGA: TIPOLOGIA, NASCITA, SVILUPPO 44

GLI ARCHETIPI: LE SPADE DI ALACAHÖYÜK 46

Catalogo delle spade di Alachöyük 49

SPADE LUNGHE TRANSCAUCASICHE 53

Catalogo delle spade georgiane 54

Catalogo delle spade armene 60

SPADE LUNGHE ANATOLICHE 68

Catalogo delle spade anatoliche 69

SPADE LUNGHE LEVANTINE 87

Catalogo delle spade lunghe levantine 88

SPADE LUNGHE EGEE 96

Catalogo delle spade cretesi 99

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Catalogo delle spade greche continentali 154

Catalogo delle spade delle isole greche 178

ICONOGRAFIA E SIMBOLOGIA DELLA SPADA LUNGA 190

LA SPADA LUNGA: ALCUNE CONSIDERAZIONI 238

Tipologia 238

Cronologia 245

Distribuzione geografica 248

Contesti di rinvenimento e associazioni significative 252

TABELLA RIASSUNTIVA DEI REPERTI 264

VESSILLO DI POTERE O ARMA D’OFFESA? 268

CONCLUSIONI 272

FONTI ANTICHE 276

BIBLIOGRAFIA 277

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INTRODUZIONE

Nel variegato panorama culturale del Vicino Oriente e del Mediterraneo orientale del II millennio a.C. compare una nuova tipologia di arma, destinata a diventare uno degli emblemi della nascente aristocrazia militare. Si tratta della cosiddetta “spada lunga”, un oggetto dal forte valore simbolico che accompagna i guerrieri anche dopo la morte e si ritrova spesso nel corredo delle sontuose tombe reali, dalla Transcaucasia alla Grecia.

Lo scopo di questo lavoro è in primo luogo, quello di raggruppare le informazioni, finora disperse in numerose pubblicazioni e studi settoriali, su un lotto consistente di spade lunghe in ognuna delle regioni analizzate, ovvero: Transcaucasia, Anatolia, Levante, Creta, Grecia continentale e infine le isole dell’Egeo. In questo modo è possibile trarre delle considerazioni circa la nascita, lo sviluppo e la diffusione di quest’arma, la cui distribuzione geografica travalica i confini di diversi settori disciplinari. Tramite l’analisi congiunta d’iconografia, testi scritti e contesti di rinvenimento dei manufatti si tenterà anche di ipotizzare il significato simbolico e i valori aristocratici che si celano dietro la spada lunga.

La bibliografia consultata al fine di stilare un lavoro il più possibile completo ed esaustivo è piuttosto eterogenea e comprende, accanto a rapporti di scavo datati ai primi anni del novecento, spesso mancanti d’informazioni oggi considerate fondamentali, notizie relative a recentissimi ritrovamenti ancora non pubblicati, reperite perlopiù tramite siti web che si occupano di divulgare le ultime informazioni in campo archeologico. D'altra parte i numerosi rinvenimenti sporadici e del tutto privi di contesto sono purtroppo spesso un limite alla completezza d’insieme. Dove possibile si è cercato di ricostruire la storia degli oggetti attraverso le poche informazioni fornite nelle pubblicazioni, derivate generalmente dalla parola dei venditori del mercato antiquario o dalla poche righe reperibili negli atti d’acquisto o di donazione dei musei.

La tesi, dopo alcuni capitoli introduttivi riguardanti lo stato delle ricerche sull’argomento e il quadro storico e cronologico delle varie are geografiche, pone le premesse fondamentali sulla storia dei più antichi esemplari di spade e

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sulla canonizzazione e le caratteristiche distintive, invece, della spada lunga propriamente detta. Segue il catalogo, si spera il più completo possibile, in cui sono riportati dati fondamentali quali: il luogo di rinvenimento, la presunta datazione del manufatto, la lunghezza, il materiale, la descrizione e tutte le informazioni rintracciate circa il contesto e le circostanze di rinvenimento.

Due capitoli sono dedicati rispettivamente all’iconografia e alle fonti scritte che attestano la presenza di spade lunghe in tutte le aree analizzate. Segue un capitolo dedicato alla discussione dei dati raccolti, che rappresenta il fulcro della tesi: esso contiene diverse osservazioni riguardanti la tipologia delle spade lunghe, la loro cronologia e distribuzione, i contesti di rinvenimento, e infine il loro utilizzo e la simbologia ad esse legata.

Impiegando un approccio multidisciplinare, il lavoro spazia su un’area geografica e temporale piuttosto ampia, da cui deriva un quadro abbastanza complesso ma completo. Rimangono comunque alcuni punti aperti e irrisolti che potranno essere chiariti solamente con il procedere delle ricerche e grazie a nuove ed illuminanti scoperte archeologiche.

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STATUS QUAESTIONIS

Le armi e in generale gli oggetti in metallo hanno costantemente suscitato un apprezzabile interesse negli archeologi, pertanto le pubblicazioni sull’argomento sono numerose ed eterogenee. Di seguito si cercherà quindi di ricordare soltanto i principali studiosi, ovvero quelli che hanno apportato nuovi contributi alla materia. Particolare attenzione andrà inoltre posta all’evoluzione degli studi e alle diverse fasi di ricerca, caratterizzate dal mutamento metodologico-teorico dell’approccio alla disciplina, che hanno contribuito a costruire un buon background di partenza per sviluppare nuove idee ed ipotesi. Il pioniere dello studio delle spade certamente fu Julius Naue che nel 1903 pubblicò il volume Die vorrömischen Schwerter: aus Kupfer, Bronze und Eisen.2 Lo studio è eterogeneo e tratta appunto le spade preromane in rame, bronzo e ferro di una vasta area europea (Grecia, Ungheria, Danimarca, Germania, Austria, Svizzera e Italia) con qualche riferimento al Vicino Oriente (perlopiù Egitto, Siria e Cipro).

Dopo di lui, vi fu Flinders Petrie che nel 1917 presentò il libro Tools and Weapons3. L’opera, che si occupa principalmente di oggetti di manifattura egiziana, è piuttosto classificatoria, ma la meticolosità del lavoro svolto dall'autore ha reso Tools and Weapons un caposaldo della materia, che ancor oggi rimane, per molti aspetti, un buon riferimento bibliografico.

Nel 1926 Hans Bonnet pubblicò il primo compendio sulle armi vicino-orientali, intitolato Die Waffen der Völker des Alten Orients.4 L’opera tratta armi

sia in pietra che in metallo affrontandone, in modo particolare, i diversi aspetti storici e funzionali. Lo studio ad oggi è piuttosto superato ma, per l’epoca, rimane esemplare.

Negli anni ’30 del novecento furono soprattutto le straordinarie scoperte dei bronzi del Luristan ad attirare l’attenzione degli studiosi, per la loro pregevole qualità e particolare fattura. Così nel 1930 René Dussaud pubblicò Haches à douille de type asiatique5, il primo contributo sulle asce iraniche. Un anno dopo                                                                                                                

2 Naue, 1903. 3 Petrie 1917. 4 Bonnet 1926. 5 Dussaud 1930.

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anche André Godard6 redasse un catalogo degli eccezionali oggetti bronzei, armi ma non solo, rinvenuti nella regione del Luristan. Il lavoro, anche se decisamente meticoloso, presenta delle gravi inesattezze cronologiche, molte delle quali ancora irrisolte.

Negli stessi anni un nuovo input allo studio della metallurgia egea si ebbe con l’uscita dell’opera Die Schachtgräber von Mykenai, in cui Karo pubblicava le tombe micenee del circolo A con i preziosi corredi, ricchi di armi e gioielli, che avevano suscitato tanto clamore all’epoca delle scoperte di Schliemann.7

Il padre degli studi della metallurgia anatolica fu invece Stefan Przeworski che nel 1939 pubblicò il volume Die Metallindustrie Anatoliens in der Zeit Von 1500-700 vor Chr. Rohstoffe, Technik, Produktion8. Egli si interessò in particolar modo alla questione dei materiali e della manifattura delle armi, trascurando invece l’aspetto tipologico.

Il primo studio su larga scala sui pugnali e sulle armi vicino-orientali fu affrontato nel 1946 da Rachel Maxwell Hyslop con la pubblicazione, sulla rivista Iraq, dell’articolo Daggers and Swords in Western Asia. A Study from Prehistoric Times to 600 B.C.9 Maxwell Hyslop analizzò le armi, purtroppo fuori contesto, conservate nei più importati musei inglesi da un punto di vista prettamente tipologico e classificatorio. Tre anni più tardi l'autrice amplierà la propria ricerca pubblicando un secondo articolo, sempre su Iraq, questa volta dedicato alle asce.10

Un notevole progresso nello studio della materia si deve a David Stronach, che nel 1957 pubblicò The Development and Diffusion of Metal Types in Early Bronze Age Anatolia11. L’opera affronta l’intero corpus di armi noto all’epoca

suddividendolo in tre categorie: pugnali, lance ed asce. Il lavoro è meticoloso ed esaustivo e mira a comprendere vari aspetti della metallurgia quali la produzione, lo sviluppo e la diffusione dei manufatti.

                                                                                                                6 Godard 1931. 7 Karo 1930. 8 Przeworski, 1939. 9 Maxwell Hyslop, 1946. 10 Maxwell Hyslop, 1949. 11 Stronach 1957.

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Rivoluzionaria, sia per la metodologia che per la mole di lavoro, fu l’opera del francese Jean Deshayes: Les outils en bronze: de l'Indus au Danube (IVe au IIe millénaire)12, datata al 1960. Al di là della vastità, che si può definire quasi

globale, del territorio analizzato, l’opera è decisamente apprezzabile per l’accuratezza e la meticolosità con cui il lavoro è stato svolto, a detta dell’autore seguendo tre criteri fondamentali: completezza, obbiettività e sintesi.

Uno studio innovativo riguardante le spade, dal titolo The First Aegean Swords and Their Ancestry13 fu invece pubblicato nel 1961 dalla Sandars. Per la prima volta in quest’ opera sono infatti messe in relazione e a confronto le spade anatoliche e levantine con esemplari egei coevi e simili. Solo due anni più tardi la Sandars continuerà il suo studio con un secondo articolo, ovvero Later Aegean Bronze Swords, in cui conclude il suo catalogo trattando anche le spade più tarde, in particolare quelle datate dal XV al XII secolo.14

Anche se non di rigorosa pertinenza, va ricordato il volume, del 1963, di Igael Yadin The Art of Warfare in Biblical Lands in the Light of Archaeological Discovery15. Lo studio, come afferma il titolo stesso, si concentra, più che sulle armi, sull’arte della guerra e sulle strategia militari e belliche dei popoli dell'antico Levante.

L’interesse, sempre crescente, per la metallurgia si espanse nel frattempo anche al di fuori del continente asiatico: nel 1964, nel volume Cypriot Bronzework in the Mycenaean World, Catling si occupò di pubblicare gli oggetti metallici, tra cui ovviamente sono comprese anche armi, rinvenuti a Cipro.16 Pochi anni più tardi, Renfrew17 si dedicò all’analisi della metallurgia cicladica

della Prima Età del Bronzo. Lo studio è abbastanza completo e confronta lo stile locale con quello delle regioni vicine; purtroppo però molto del materiale analizzato è fuori contesto, in quanto proveniente da scavi clandestini e dal mercato antiquario.                                                                                                                 12 Deshayes, 1960. 13 Sandars 1961. 14 Sandars 1963. 15 Yadin, 1963. 16 Catling, 1964. 17 Renfrew, 1967.

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Alla fine degli anni sessanta fu riaggiornata la cronologia dei bronzi del Luristan. A tal proposito vanno menzionate le pubblicazioni di Potratz18 (del

1968) e di Calmeyer19 (del 1969). Non va dimenticato infine lo studio,

leggermente più tardo, condotto da Amiet20 sulla collezione David-Weill con lo

scopo di chiarite la questione cronologica dei suddetti bronzi.

Negli anni ’70 riaffiorò l’interesse per la metallurgia egea, con il volume di Braningan 21 Aegean Metalwork of the Early and Middle Bronze Age. Nonostante la presenza di un significativo corpus, le armi in questo volume vengono affrontate in modo piuttosto superficiale.

Nel 1973 Mylonas pubblicò il catalogo completo delle tombe del circolo B di Micene fornendo importanti informazioni sulle armi contenute negli ingenti corredi del cimitero.22

Un buon catalogo di spade egee rinvenute dopo le pubblicazione della Sandars, e quindi non incluse in queste, fu redatto nel 1984 da Driessen e Macdonald in occasione dell’uscita del loro articolo Some Military Aspects of the Aegean.23

Nel 1987 fu pubblicata da Tallon24 la collezione completa dei reperti dal sito di Susa datati dal III al primo quarto del secondo millennio. Lo studio è esaustivo e spesso correlato da analisi archeometriche del materiale, tuttavia molti oggetti sono privi di contesto e quindi difficilmente databili.

A cavallo tra gli anni ottanta e novanta del novecento si collocano le due considerevoli e complete pubblicazioni di Graham Philip, che si occupò di recensire i ritrovamenti di un’ampia area che va dai territori siro-palestinesi all’Iran: la prima, datata 1989, dal titolo Metal weapons of the early and middle bronze ages in Syria-Palestine,25 la seconda, Warrior Burials in the Ancient

                                                                                                                18 Potratz, 1968. 19 Calmeyer 1969. 20 Amiet 1976. 21 Braningan 1974. 22 Mylonas 1973.

23 Driessen, J. & C. Macdonald, 1984. 24 Tallon 1987.

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Near-Eastern Bronze Age: The Evidence from Mesopotamia, Western Iran and Syria-Palestine26, datata 1995.

Per quanto riguarda l’ambito egeo, nel 1992 fu presentato un importante studio sugli armamenti micenei: da Càssola Guida e Zucconi Galli Fonseca intitolato Nuovi studi sulle armi dei Micenei.27

Va menzionato inoltre anche il catalogo sulle spade Greche, Bulgare e Albanesi di Imma Kilian-Dirlmeier, edito da Präistorische Bronzefunde (IV,12)28.

Nel 1994 invece, Andreas Müller-Karpe pubblicò un esaustivo articolo sulle spade anatoliche: Anatolische Bronzeschwerter und Südosteuropa29 e, nello

stesso anno, un secondo lavoro sulla metallurgia anatolica, tutt'oggi di fondamentale importanza, ovvero Altanatolisches Metallhandwerk30. Lo studio tratta non solo le tipologie di armi e il loro sviluppo, ma anche la nascita e il progresso della metallurgia nell'area anatolica a partire dal Neolitico.

Nei tardi anni 90', con Waffen der Bronzezeit aus Ost-Georgien31, un catalogo sulle armi litiche e metalliche della Georgia orientale ad opera di Konstantin Picchelauri, l’attenzione si sposta anche su una regione fino ad allora abbastanza trascurata dagli studiosi europei occidentali: la Transcaucasia. Questa regione in realtà era già stata indagata in precedenza, le pubblicazioni però, redatte in russo o in altre lingue locali, risultavano pressoché inaccessibili agli studiosi occidentali. Lo studio dei materiali georgiani, in particolare dei cosiddetti "rapiers", proseguirà nel 2001 con Michail Abramishvili e la sua pubblicazione Transcaucasian Rapiers and the Problem of their Origin32.

Per quanto riguarda le tecniche belliche e le strategie di combattimento, va menzionata la monografia di Hambling, del 2006, intitolata Warfare in Ancient Near East to 1600 BC. Holy Warriors at the Dawn of History. Partendo dai dati archeologici, lo studioso analizza lo sviluppo e il progresso delle tattiche militari e dell’arte bellica in tutto il Vicino Oriente, proponendo interessanti                                                                                                                

26 Philip 1995.

27 Càssola Guida & Zucconi Galli Fonseca, 1992. 28 Kilian-Dirlmeier, 1993.

29 Müller-Karpe, 1994. 30 Müller-Karpe, 19942. 31 Picchelauri 1997. 32 Abramišvili, 2001.

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prospettive.33 Sempre dello studio delle pratiche guerresche, ma questa volta in ambito minoico, si occupa anche l’articolo Martial Minoans? War as Social Process Practice and Event in Bronze Age Crete34, pubblicato da Molloy nel

2011. Dello stesso autore, ma datato al 2010, è l’articolo Swords and Swordsmanship in the Aegean Bronze Age35.

Un nuovo approccio allo studio delle armi e dei ricchi corredi micenei è quello esposto nel lavoro della Gonzato, datato al 2012, Ostentazione di rango e manifestazione del potere agli albori della società micenea36. La studiosa interpreta gli oggetti rinvenuti nelle tombe dei guerrieri non come semplici armi o utensili, ma come insignia dignitatis del potere dei capi.

Infine, uno dei lavori più recenti e degni di nota è la ricerca di dottorato completata da Guillaume Gernez, che ha portato alla pubblicazione L'armement en metal au Proche et Moyen-Orient: des origines a 1750 av. J.-C.37. In questa monografia lo studioso affronta in modo estremamente esaustivo le diverse tipologie di armi, studiandone non solo lo sviluppo stilistico, ma anche la diffusione geografica.                                                                                                                 33 Hambling 2006. 34 Molloy 2011. 35 Molloy 2010. 36 Gonzato 2012. 37 Gernez 2007.

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IL SECONDO MILLENNIO A.C.: CRONOLOGIA E QUADRO

STORICO

Transcaucasia

Nel caso della Transcaucasica, data la vastità territoriale e la complessità culturale, è bene compiere una breve digressione sulle principali culture e popolazioni di cui ci sono note le tracce archeologiche.

Nei territori transcaucasici la transizione dal Bronzo Antico al Bronzo Medio presenta tratti di forte discontinuità: alla Cultura Kura-Araxes succede, infatti, attraverso una fase di transizione detta degli “Early Kurgan”, quella che fu definita da Kuftin “la brillante cultura dei tumuli di Trialeti”38. La data che

tradizionalmente sancisce la fine del passaggio culturale è collocata intorno al 2000 a.C.39 Questa nuova fase è caratterizzata dai cosiddetti "kurgan" ovvero

enormi tumuli sepolcrali che possono raggiungere le dimensioni di 175 metri di diametro (si veda ad esempio la tomba numero 36 di Trialeti) con camere funerarie interrate fino a una profondità di otto metri.40 I defunti erano inoltre dotati di straordinari corredi composti da: ornamenti in oro e argento, stendardi, armi metalliche (argentee o bronzee) e ceramica dipinta.

Questi ingenti tesori sono indicatori, oltre che di una raffinata tecnica manifatturiera, di una stratificazione politico-sociale assai complessa. L’accumulo di ricchezze in vita, e quindi il ricco corredo funerario al momento della morte, sono indissolubilmente connessi con la gestione del potere. Va ricordato inoltre che non è stato finora rinvenuto nessun insediamento Trialeti, quindi il fenomeno dei kurgan rimane l’unica evidenza archeologica sfruttabile per lo studio di questa cultura.41 I kurgan transcaucasici sono sepolture individuali: generalmente i defunti erano cremati al di fuori dalla tomba e le ceneri successivamente deposte all’interno. Secondo Kuftin la cerimonia funebre doveva essere qualche cosa di simile ai riti mortuari ittiti, su cui                                                                                                                

38 Boris Kuftin (1892-1953) fu un archeologo ed etnologo sovietico che negli anni trenta del

novecento per primo si occupò degli scavi dei kurgan e dello studio della cultura Trialeti.

39 Edens 1994, 53-56; Narimanishvili 2004, 120. 40 Puturidze 2003, 111.

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possediamo alcune testimonianze scritte.42 Sono attestate tuttavia alcune inumazioni, specialmente in tombe più piccole e meno sfarzose.43

L’origine della Cultura Trialeti è stata per lungo tempo oggetto di ardenti dibattiti. Kuftin, ma anche Piotrovskii e Japaridze44, sostenevano che il

fenomeno dei kurgan derivasse direttamente dalla precedente Cultura Kura-Araxes, e che la Cultura Trialeti ne fosse il naturale sviluppo. 45 Successivamente invece, grazie a nuove scoperte, si stabilì l’esistenza di una fase intermedia, definita “Cultura degli Antichi Kurgan” (Early Kurgans Culture) che presenta chiaramente una propria identità. Infatti, sebbene la Cultura degli Antichi Kurgan e la Cultura Trialeti si caratterizzino per riti funebri e sepolture affini, esse sono ben distinguibili sulla base delle stratigrafie di diversi siti archeologici46. Dal punto di vista socio-economico non ci furono notevoli cambiamenti tra la fase Antichi Kurgan e la fase Trialeti: si nota solamente qualche inevitabile variazione stilistica nella cultura materiale. Ciò dimostra come il cambiamento culturale maggiore non avvenne nel passaggio Antichi Kurgan-Trialeti, ma con il collasso della Cultura Kura-Araxes. Ad esempio gli elementi di maggior novità, quali la nuova tipologia sepolcrale e la diffusione del carro, in precedenza sconosciuto in Transcaucasica, furono introdotti con l’avvento dei Primi Kurgan e non durante il periodo Trialeti.47 Tuttavia ciò che rimane ancora inspiegabile, o almeno su cui ad oggi non possediamo dati archeologici sufficienti, è se il nuovo orizzonte culturale sia il naturale sviluppo di un’identità regionale che affonda le sue radici nella stessa Transcacucasia, oppure se sia frutto di migrazioni di popoli stranieri, portatori di nuove e differenti tradizioni.48

La cultura Trialeti presenta una periodizzazione principalmente basata su criteri tipologici che prevedono l’analisi delle diverse varietà di sepolture e corredi. Sulla base dei rinvenimenti ceramici Kuftin in primis suddivise i kurgan

                                                                                                                42 Abramishvili 2001, 1; Kuftin 1941, 81. 43 Abramishvili 2001,1. 44 Piotrovskii 1949, 46; Japaridze 1969, 46. 45 Puturidze 2003, 114. 46 Makharadze 1994, 44-66; Kushnareva 1997, 90-92. 47 Puturidze 2003, 120-122. 48 Puturidze 2003, 127.

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del Medio Bronzo in tre differenti gruppi cronologici (MB I; II e III).49 Questa periodizzazione fu in seguito rivisitata da Gogadze50, che invertì il primo gruppo

con l’ultimo e standardizzò la sequenza, che ora viene pressoché unanimemente accettata.

Non essendo stati rinvenuti insediamenti Trialeti, è necessario analizzare la società dei vivi tramite la gerarchizzazione dei morti, ma fortunatamente le evidenze sono lampanti. I kurgan si possono, infatti, dividere almeno in quattro categorie. I più ricchi (ad esempio kurgan 3 a Zurtaketi51 e il kurgan 36 a Tsalka52), di dimensioni notevoli e con corredo particolarmente fastoso, erano

riservati a quella che, a tutti gli effetti, sembra a rappresentare un’aristocrazia guerriera. L’elemento distintivo di queste tombe è la presenza di una strada di accesso al kurgan costruita per ospitare la processione funebre rituale.53 La seconda tipologia (rappresentata dai kurgan 6, 7 e 15 di Tsalka54) comprende kurgan con un corredo discretamente ricco ma con un minor numero di oggetti prestigiosi e una cerimonia funebre più umile. Sono stati identificati poi dei kurgan riservati alla sepoltura di artigiani specializzati (in particolare orafi e ceramisti). Queste tombe sono facilmente identificabili per la presenza di materie prime non finite nel corredo (come ad esempio alcuni kurgan della regione di Dmanisi55). Infine l’ultima categoria è rappresentata da kurgan di modeste dimensioni che contengono un corredo formato da sole ceramiche e qualche esiguo manufatto metallico (come alcune tombe di Shida Kartli56 e della Georgia orientale57).58

La presenza delle strade processionali e la particolare struttura della tomba mettono in luce l’esistenza di un complesso rito funebre. Dopo la processione, i

                                                                                                                49 Kuftin 1941,85-86. 50 Gogadze 1972,95. 51 Japaridze 1969, 24-25. 52 Kuftin 1941, 79. 53 Narimanishvili 2004, 120-133. 54 Narimanishvili 2004, 120-133. 55 Materiale non pubblicato. 56 Kuftin 1948.

57 Puturidze 1983. 58 Puturidze 2003, 126.

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morti erano bruciati59, in alcuni casi la pira funebre era costituita da un carro cerimoniale, probabilmente costruito appositamente per l’occasione.60

La variazione di mole dei kurgan, i corredi più o meno ingenti e i riti funerari dai più semplici ai più complessi e opulenti dimostrano una forte stratificazione della società transcaucasica della Media Età del Bronzo. Bisogna tenere presente quindi che non si afferma solamente un’élite dominante, ma si configura una vera e propria struttura sociale piramidale formata da svariate e differenti classi sociali.

Con la seconda metà del secondo millennio la Transcaucasia del sud entra in una nuova fase: la regione appare ora unificata dal punto di vista culturale, economico e politico. Per il Tardo Bronzo sono stati indagati anche degli insediamenti e ciò ha permesso di delineare con maggiore chiarezza l’orizzonte culturale del periodo. Tra gli insediamenti vanno citati ad esempio: Beshkenasheni, Sabechdavi, Tezi, Knole and Utsklo, che vengono definiti “siti Ciclopici” a causa delle loro possenti opere murarie di fortificazione.61

In questo periodo è forte l’influsso vicino-orientale e non sono rare le importazioni siriane e mesopotamiche, ma anche levantine ed egiziane. Gli orientalia sono stati rinvenuti soprattutto in contesti funerari, e ciò fa presumere che questi articoli fossero considerati oggetti di prestigio. Vanno ricordati in particolare: uno scarabeo egiziano rinvenuto nel cimitero di Saphar-Kharaba e diversi amuleti aurei a forma di rana, oggetti molto popolari in Mesopotamia, rinvenuti in numerose sepolture della Transcaucasica (ad esempio nel kurgan 2 di Lchashen).62 Le vie commerciali che collegavano i territori transcaucasici con

il Vicino Oriente con ogni probabilità passavano attraverso le regione del lago di Van e Urmia. Tuttavia gli interessi mercantili degli abitanti del Caucaso meridionale si rivolgevano anche verso l’altopiano iranico, e ciò è ben testimoniato anche dalla cultura materiale.63

Di seguito una tavola cronologica esplicativa.                                                                                                                

59 Va ricordato che l’incinerazione è il rito funerario predominante ma non esclusivo: sono stati

rinvenuti infatti anche alcuni cadaveri inumati.

60 Narimanishvili 2012, 92-93; Kuftin 1941, 81. 61 Shanshashvili & Narimanishvili, 2012.

62 Shanshashvili & Narimanishvili 2012, 177-178. 63 Shanshashvili & Narimanishvili 2012, 179.

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AB MB I MB II MB III TB 2700 2600 2500 2400 2300 2200 2100 2000 1900 1800 1700 1600 1500 1400 1300 1200 Kura-Araxes Early Kurgan Culture

MARTQOPI

Early Kurgan Culture

BEDENI

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Anatolia

Il Medio Bronzo anatolico è caratterizzato da una serie di centri amministrativi autonomi, definibili come una sorta di piccoli principati. Ciò è ben documentato dalle ingenti quantità di documenti amministrativi e corrispondenze intrattenute dai mercanti Assiri, rinvenuti specialmente negli archivi di Kültepe, Alişar e Boğazköy. Le fonti scritte ci tramandano anche i nomi dei principali centri dell’epoca, ovvero: Kaniš, Purušḫattum, Waḫšaniya, Muma. I mercanti assiri utilizzavano un preciso sistema di datazione basato sugli eponimi (līmu) dei regnanti sulla città di Assur. Il rinvenimento di una lista a Kültepe che associa alle attività commerciali la successione regale è stata estremamente utile ai fini di chiarificare la cronologia della regione.64 Questo periodo, caratterizzato dalla costante presenza di empori assiri, va all’incirca dalla metà del ventesimo secolo alla fine dal diciottesimo ed è comunemente chiamato periodo dei Kārum. L’Anatolia, in questa fase, è in pieno sviluppo urbanistico e la cultura materiale, particolarmente fiorente, combina elementi locali a stili esotici e stranieri.65

Il principale centro dei commerci assiri in Anatolia è appunto Kaniš (Kültepe). La località è stata ampiamente indagata e la sua stratigrafia funge da riferimento cronologico per tutta la piana anatolica durante il Medio Bronzo. Il sito è suddiviso in due settori: la cittadella e il kārum, che presentano stratigrafie distinte. Il livello kārum II, che corrisponde all’incirca al livello 8 della cittadella, rappresenta il periodo di maggior attività assira nell’insediamento. Il livello I a descrive l’ultima fase di utilizzo del sito e si conclude con un incendio.66 Di seguito una breve tabella esplicativa.67

                                                                                                                64 Yakar 2011, 74-75.

65 Michel 2011, 313.

66 Kulakoğlu 2011, 1019-1021. 67 Michel 2011, 314.

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Cittadella Kārum

10 IV Fine III millennio a.C.

9 III

8 II (archivi assiri) Metà del XX-XIX secolo a.C.

7 Ib (archivi assiri) XVIII secolo a.C.

6 Ia Inizio del XVII secolo

La regione dell’altopiano anatolico era particolarmente ricca di materie prime, in particolare legname e giacimenti minerari; ciò costituiva una risorsa importantissima sia per lo sfruttamento locale, sia a fini commerciali. Le miniere metallifere erano molteplici: filoni di galena e d’argento si collocavano soprattutto lungo la catena montuosa del Tauro, cave d’oro sono attestate nelle montagne Hahhun a nordest di Malatya; i giacimenti di rame si trovavano invece principalmente lungo le coste del Mar Nero. Tutti questi metalli erano particolarmente apprezzati dai mercanti assiri che li acquistavano sotto forma di lingotti, oggetti finiti o rottami. 68 Così durante il periodo dei kārum si

svilupparono lungo le principali vie mercantili una serie di centri con una struttura e un’organizzazione simile a quella di Kültepe. Questi siti sono generalmente fortificati e si accomunano per la presenza del palazzo e quindi una gestione del potere controllata dall’amministrazione palatina. La sussistenza, oltre che dal commercio, era garantita dalla fertilità del terreno, che permetteva il prosperare di buone coltivazioni e l’allevamento di bestiame.69

Tra questi centri va ricordato Acemhöyuk (in particolare i livelli stratigrafici 3 e 4), dove sono stati rinvenuti due complessi palatini e una vasta serie di reperti tra cui: ceramica, utensili metallici, avori e oggetti in cristallo di roccia. Non sono stati scoperti quartieri commerciali o archivi di testi cuneiformi, tuttavia un cospicuo corpo di cretule e sigilli attesta la presenza di attività amministrative abbastanza complesse.70

Per quanto riguarda la cultura materiale in Anatolia, in questo periodo si affermano due classi ceramiche particolarmente distintive: grandi contenitori fabbricati al tornio, con vernice rossa o bruna, decorati con elementi rettangolari                                                                                                                

68 Michel 2011, 324-326. 69 Michel 2011, 321-333. 70 Michel 2011, 316.

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e brocche a becco ricurvo su alto piedistallo. Sono inoltre abbastanza comuni rhyta zoomorfi o figurati e statuette in avorio. La glittica è molto varia e sono presenti numerosi stili d’importazione: siintrecciano iconografie anatoliche, siriane, assire e babilonesi.71

La fitta rete di commerci assiri termina all’incirca intorno al diciottesimo secolo. Ad essa seguirà la nascita del regno ittita. Va tuttavia precisato che la presenza assira non ebbe mai una caratterizzazione politica. Non vi fu nemmeno nessun intento di conquista ma la convivenza si basava su rapporti pacifici e patti commerciali reciproci.

Con l’avvento del Tardo Bronzo si assiste a un vero e proprio cambiamento dell’assetto politico anatolico. Circa un secolo separa l'ascesa del regno Ittita dal livello di distruzione dei kārum e il periodo è estremamente scarso di testimonianze. La fondazione della capitale Hattusha è convenzionalmente datata al XVII secolo. La questione della cronologia ittita è particolarmente complessa. Sebbene, infatti, non manchino le fonti scritte e, anzi, gli archivi ittiti siano piuttosto ricchi di annali ed editti regi, in realtà le data ancorabili con certezza ad altre cronologie sono molto scarse (tra esse, la Battaglia di Qadesh, l’eclissi di sole sotto il regno di Murshili II).72 Inoltre ancora non tutti gli studiosi sono concordi sulla ripartizione della storia ittita in Antico Regno, Medio Regno ed Età imperiale ed alcuni preferiscono suddividerla in due soli periodi. Ci sono anche forti discordanze sull’utilizzo della cronologia lunga, corta o media.73 In questa sede si adopererà lo schema tripartito, facendo riferimento alla cronologia media tradizionale: si veda a tal proposito la tabella cronologica che segue.74

                                                                                                                71 Michel 2011, 317.

72 Sul problema della cronologia Ittita si veda De Martino 1993, 218-240. 73 Seeher 2011a, 377-378.

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1500 a.C. 1400 a.C. 1300 a.C TB Ia TB Ib TB IIa ANTICO REGNO MEDIO REGNO EPOCA IMPERIALE Hattusili 1650-1620 Mursili I 1620-1590 Hantili 1590-1560 Zidanta I 1569-? Ammuna Huzziya ?-1525 Telepinu 1525-1500 Alluwamna 1500-? Tahurwaili Huzziya II ?/Zidanta II?/Hantili II ? Muwatalli I ?-1400 Tudhaliya I/II 1400-? Arnuwanda I Hattusili II ?-1360 Tudhaliya III 1360-1340 Suppiluliuma I 1344-1322 Arnuwanda II 1322-1321 Mursili II 1321-1295 Muwatalli II 1295-1272 Urhi-Teshub 1272-1267 Hattushili III 1267-1237 Tudhaliya IV 1237-1209 Arnuwanda III 1209-1207 Suppiluliuma II 1207-1178

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Prescindendo dai problemi cronologici, gli ampliamenti e i cambiamenti di assetto del territorio dello stato ittita sono molto ben documentati dai numerosi archivi di testi, che in molti casi sopperiscono alla mancanza di dati archeologici ad ampio spettro. I siti al momento indagati, infatti, si concentrano in una zona abbastanza circoscritta e i margini del regno non possono quindi ancora essere tracciati con certezza. Tuttavia alcuni rinvenimenti, molto spesso anche fuori contesto, principalmente di steli e rilievi sembrano dimostrare che l’impero, al culmine della sua espansione, si estendesse su un territorio molto vasto: dalla costa mediterranea della Turchia alla zona orientale dell’altopiano.75

Anche il declino dell'egemonia ittita non è testimoniato da resti archeologici ma è ricostruibile solamente tramite le testimonianze storiche. Non si sa molto nemmeno sulle cause che portarono, tra il 1200 e 1180 a.C., alla scomparsa di questa grande potenza.76

Per quanto riguarda i dati archeologici, vanno senza dubbio menzionate le scoperte nelle capitale. Il sito di Boğazköy si espande per circa 180 ettari e comprende un’area fortificata suddivisa in numerosi distretti. Il cuore della città è rappresentato dalla cosìddetta “Cittadella Reale” dove sorgeva il sontuoso palazzo, rimodificato svariate volte nel corso del tempo. Anche la Città Bassa possedeva però strutture estremamente complesse, tra cui innumerevoli magazzini e l’imponente Tempio 1. Oltre ai molti templi rinvenuti all’interno del perimetro urbano, a circa un chilometro dalla capitale è stato portato alla luce il santuario extraurbano di Yazilikaya, le cui sculture rupestri datate al XIII secolo rappresentano una delle massime espressioni dell’arte ittita.77 Altre città che

vale almeno la pena menzionare sono: Eskiyapar e Alacahöyük, rispettivamente a trenta e trentacinque chilometri a nordest della capitale, Ortaköy a Alişar Höyük circa sedici chilometri a nordest e diciassette a sudest di Hattusha e la più lontana Maşat Höyük, a ben cento chilometri dal centro del regno.78                                                                                                                 75 Seeher 2011a, 379. 76 Seeher 2011a, 379. 77 Mielke 2011, 1031-1039. 78 Seeher 2011a, 381.

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Per quanto riguarda la cultura materiale, specialmente nella ceramica si denota una forte continuità con le precedenti tradizioni anatoliche. Particolarmente di pregevole fattura è la ceramica tornita dell’Antico Regno che presenta forme raffinate e proporzionate, superfici levigate e decorazioni plastiche. Tipica forma del periodo è la giara a becco ricurvo che ricorre sia nella ceramica da tavola che nel vasellame rituale. Per quanto riguarda la ceramica d’importazione, si riscontra la presenza di vasellame cipriota, in particolare i ben noti contenitori per olii ed essenze della tipologia “Red Lustrous Wheel-made” datati dal XV al XII secolo a.C., e una più rara occorrenza di ceramica micenea, datata all’incirca XV-XIII secolo a.C..79

I tipici sigilli itiiti sono a stampo, in metallo, avorio o pietra; i cilindri sono del tutto assenti.80

Le fonti scritte descrivono gli Ittiti come profondi conoscitori dell’arte metallurgica e, sebbene non ci siano riscontri archeologici, i testi dichiarano un uso del ferro molto precoce. Purtroppo i rinvenimenti in questo campo sono scarsi ma i pochi oggetti in metallo recuperati, come ad esempio l’ascia decorata da Şarkişa, dimostrano manifatture decisamente raffinate.81

In conclusione, seppure i dati archeologici siano ancora scarsi, la complessa storia del mondo ittita può essere ricostruita sulla base delle nutrite ed esaustive fonti scritte che combinate con i pochi, ma sorprendenti, rinvenimenti forniscono preziose informazioni su questa grande potenza anatolica del II millennio.

                                                                                                                79 Seeher 2011a, 386.

80 Seeher 2011a, 386. 81 Seeher 2011a, 387.

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Levante

Il Medio Bronzo levantino è un periodo storico abbastanza ben conosciuto grazie alle numerose risorse testuali, specie i ricchi archivi marioti. Per la prima volta si forma inoltre una sorta di koinè culturale tra le regioni del nord e quelle del sud, sebbene le differenze, soprattutto sul piano archeologico, siano evidenti.82 Per quanto riguarda la cronologia, il Medio Bronzo nel Levante può essere suddiviso nei tre periodi di seguito riportati.83

MBI 1900-1700 A.C.

MBII 1799-1600 A.C.

MBIII 1600-1530 A.C.

Il Medio Bronzo I vede l’emergere di un nuovo gruppo etnico: gli Amorriti. L’avvento di questa nuova popolazione non avviene però in modo repentino ma tramite un processo graduale, iniziato nel Levante del nord già nell’ultimo periodo del terzo millennio a.C. L’ipotesi dell’invasione violenta collegata con le evidenze di distruzione dei maggiori siti siriani (Ugarit, Byblos, Ebla) è da tempo stata abbandonata. Sembra invece che la presenza amorrita sia dovuta principalmente a nuovi canali economici e commerciali, sviluppatesi tra il 1900 e il 1700 a.C.84

In seguito si assiste alla fondazione, da parte dei nuovi arrivati, di vere e proprie dinastie, tanto che testi da Umm el-Marra rivelano che sovrani amorriti governavano su diverse città levantine come: Ashkelon, Byblos, Ullaza e ‘Arqa. Tuttavia questi documenti non ci permettono di identificare la durata di questi principati. Anche alcuni testi di Mari, datati al XVIII secolo (MB II), parlano di regni governati da autorità amorree, il più grande e potente dei quali si trovava nel nord e dominava un territorio che andava da Aleppo a Ashkelon.85

L’espansione amorrea è testimoniata anche dal punto di vista archeologico: sono stati rinvenuti, infatti, i resti di numerose fortificazioni apportate alle                                                                                                                

82 Burke 2014, 403

83 Per quanto riguarda la cronologia si fa riferimento al lavoro di Bietak, 2002. 84 Burke 2014, 404-405.

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principali città levantine in questo periodo. Si assiste inoltre alla creazione di nuovi insediamenti di natura commerciale lungo due rotte mercantili principali: il tratto di costa da Ugarit ad Ashkelon e la strada interna da Aleppo a Hazor.86

Un’altra evidenza particolarmente significativa sono le tombe amorree, attestate soprattutto a Byblos e a Ebla. Le sepolture includono quasi sempre ricchi e prestigiosi corredi che comprendono armi cerimoniali in metalli preziosi e fastosi gioielli, spesso di derivazione egiziana.87

Durante il Medio Bronzo II le fortificazioni si fanno più complesse e si afferma l’utilizzo dei bastioni. Questo è ben evidente ad esempio a: Ugarit, Qatna, Hazor, Tel Dan.88 Gli insediamenti di questo periodo sono di differenti dimensioni e questo testimonia un’organizzazione politica gerarchica. 89 L’amministrazione aveva come suo centro primario il palazzo, il cui esempio meglio conservato è quello di Qatna. Il complesso presenta un’architettura simile ai palazzi mesopotamici, come ad esempio il palazzo reale di Mari, e si sviluppa in diversi ambienti, tra cui una corte centrale e una sala del trono. Le stanze del palazzo erano inoltre decorate da ortostati, pavimentate con piastrelle, sostenute da travi lignee e dotate di articolate opere di drenaggio idrico. Al di sotto del palazzo di Qatna è stato rinvenuto anche un fastoso cimitero reale. Questo tuttavia è solo uno tra i tanti complessi palatini di area levantina, che per tutto il MB è investita da una koinè culturale che vede una diffusa omogeneità di costumi, pratiche religiose, tecniche costruttive e cultura materiale.90

La maggior parte degli studiosi è concorde nell’identificare la fine del Medio Bronzo levantino come una fase parallela e contemporanea alla supremazia degli Hyksos in Egitto. Non bisogna però fraintendere i rapporti tra le due regioni: sebbene la cultura levantina del MB III sia fortemente influenzata dalla XV dinastia egiziana, non ci sono prove che il Levante fosse sotto il controllo di Avaris. Le influenze culturali invece rispecchiano rapporti di natura commerciale. In questo periodo i traffici mercantili levantini sono                                                                                                                

86 Burke 2014, 406.

87 A tal proposito si veda Garfinkel 2001.

88 Per maggiori informazioni sull’argomento si veda Burke 2008. 89 Burke 2014, 408.

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particolarmente prosperi: sono testimoniati consistenti contatti anche con Cipro e i Micenei.91

Questo periodo di pace e prosperità economica termina intorno al 1540 con l’inizio delle campagne di conquista delle due grandi potenze nascenti del Vicino Oriente: gli Egiziani e gli Ittiti.92Per quanto riguarda la Tarda età del

Bronzo, un primo problema si presenta con la suddivisione cronologica. Vi sono, infatti, diverse periodizzazioni regionali che non permettono di stabilire una cronologia unitaria per tutta l’area. Di seguito verrà quindi riportata una tabella riassuntiva.93

ISRAELE/PALESTINA GIORDANIA LIBANO SIRIA

1550 1500 1450 1400 1350 1300 1250 1200 1150 TB IA TB IB TB IIA TB IIB

TB III o Età del Ferro

TB IA TB IB TB IC o TB IIA TB II o TB IIB TB I TB IIA TB IIB TB AI TB AII

Il Tardo Bronzo levantino è rappresentato da quelli che il Liverani definisce “Grandi Regni” e “Piccoli Regni”, ovvero le tre grandi potenze: Egitto, Impero Ittita e Impero Mitannico e le innumerevoli città-stato e piccoli principati satelliti.94 Se i “Grandi Regni” erano impegnati a farsi la guerra e ad espandere i propri territori gli uni a scapito degli altri, i “Piccoli Regni” subivano di volta in                                                                                                                

91 Burke 2014, 410-411. 92 Burke 2014, 411. 93 Sherratt 2014, 499. 94 Liverani 1987, 66-67.

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volta il controllo di diverse autorità, venendo coinvolti nelle vicende bellico/politiche come alleati o stati vassalli o, a volte, sottomessi in qualità di città nemiche.95 La regione levantina rappresentava una grande risorsa

economica sia per la posizione strategica tra le rotte marittime mediterranee e le vie carovaniere orientali, sia per le pregiate produzioni autoctone, come ad esempio: olio, vino, tessuti e avorio. Vanno nuovamente ricordati i fiorenti traffici con Cipro, che forniva ingenti quantità di rame e fungeva da intermediario con l’Egeo.96

Questo è in generale un periodo d’intensi scambi, commerciali e di conseguenza anche stilistici, che sono ben evidenti soprattutto nella cultura materiale. La circolazione di materiale di prestigio, spesso inserita nel complesso sistema dello scambio di doni tra autorità, ma anche di manodopera specializzata, porta a quello che è stato definito in Levante, e non solo, “stile internazionale”.97

Sebbene quindi il Tardo Bronzo sia per certi versi un periodo d’instabilità politica, dal punto di vista commerciale esso è particolarmente prospero. La regione levantina, in questo periodo, subisce innumerevoli influssi culturali divenendo un vero e proprio recettore di diverse tradizioni spesso convergenti tra loro in una sorta d’ibridazione che si trasforma poi in uno stile autoctono.

                                                                                                                95 Sherrat 2014, 500.

96 Sherrat 2014, 502-503. 97 Sherrat 2014, 504.

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Creta

La prima metà del II millennio a.C. è contraddistinta dalla fioritura dei cosìddetti palazzi. L’età palaziale minoica si suddivide in due fasi98: la fase dei primi palazzi, che va dal MM IB fino alla fine del MM II, e la fase dei secondi palazzi dal MM III al TM IB.99

Il processo che sfocia nella gestione palatina del potere inizia a Creta verso la fine dell’AM come conseguenza dell’affermazione di ristretti gruppi elitari in grado di gestire la produzione e l’accumulo di beni e prodotti di prima necessità. La spinta verso l’aggregazione di genti in centri gestiti dal potere aristocratico non significa tuttavia un totale abbandono della vita rurale. Nell’orbita palatina gravitavano, infatti, anche tutti i piccoli centri limitrofi, che erano essenziali per l’economia e la sussistenza del palazzo.100

Per quanto riguarda l’architettura, i complessi palaziali sono contraddistinti da degli elementi strutturali comuni. Tra i più importanti vanno ricordati: l’orientamento nord-sud, il cortile centrale lastricato e la presenza di magazzini.101 Accanto ai palazzi potevano sorgere altri edifici che adempivano varie funzioni di produzione o di deposito: è il caso ad esempio del ben noto quartiere Mu di Mallia.102

Tra le principali attività svolte nel palazzo, vi erano l’immagazzinamento e la redistribuzione, ben attestate dalla presenza di vaste quantità di grosse giare per la conservazione e di tazze e globet per il consumo di vivande.103 Va ricordato a tal proposito il cospicuo deposito di ceramica in stile Kamares nella parte sud dell’ala ovest del palzzo di Festo.104

Accanto alla ceramica Kamares, una raffinata produzione policroma festia, continua nella zona della Messarà la produzione di ceramica decorata in bruno                                                                                                                

98 Per la periodizzazione si veda la tabella a fine capitolo, tratta da Manning 2010, Table 2.2. 99 Bornga 2006, 132.

100 Carinci, La Rosa, Vagnetti 1995. Consultazione on-line Enciclopedia dell’Arte Antica:

http://www.treccani.it/enciclopedia/civilta-e-arte-minoico-micenea_(Enciclopedia-dell'-Arte-Antica)/.

101Banti, Pugliese Carratelli, Levi, 1963. Consultazione on-line Enciclopedia dell’Arte Antica:

http://www.treccani.it/enciclopedia/arte-minoico-micenea_(Enciclopedia-dell'-Arte-Antica)/.

102 Borgna 2006, 132. 103 Schoep 2010, 118. 104 Schoep 2010, 119.

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su fondo chiaro, ma circa contemporaneamente si afferma anche lo stile light on dark.105

Per quanto riguarda le pratiche funerarie, i rituali di sepoltura sono molto vari: seppellimenti in grotta, tombe scavate nella roccia, tombe a cista e ossuari a casa. Tipiche invece della Creta meridionale sono le tombe a tholos. Alcune tholoi erano inoltre dotate di annessi utilizzati per scopi cultuali e deposizioni di offerte, come nel caso di Hagia Triada.106

Dopo i terremoti del MM IIB e del MM IIA i palazzi subiscono diversi interventi di risanamento e rifacimenti, tuttavia l’architettura non avverte un cambiamento radicale, ma più che altro un sostanziale miglioramento qualitativo. L’età neopalaziale è caratterizzata da una marcata uniformità di modelli costruttivi, sebbene permangano dei regionalismi caratterizzanti nei vari siti.107

Le principali nuove introduzioni architettoniche sono: il propileo, il mégaron e il bagno (o bacino lustrale). 108 Oltre ai palazzi veri e propri, come quelli di Festos, Cnosso, Mallia, Zakros, nascono in questo periodo le così dette “Ville” ovvero degli edifici più piccoli rispetto ai palazzi ma con le medesime caratteristiche strutturali.109

L’amministrazione palatina si fa più complessa e viene gestita in modo sistematico dal potere centrale. A testimonianza di ciò sono state rinvenute numerose tavolette inscritte in Lineare A, sigilli e cretule con funzioni amministrative. 110

Per quanto concerne le pratiche funerarie, è palese l’influenza continentale che si esprime nelle ricche sepolture di guerrieri, che si ritrovano in particolare a Cnosso.111 La tomba a camera è molto diffusa in questo periodo, ma sono

presenti anche tombe a fossa e a pozzo e varianti particolari e uniche come ad

                                                                                                                105 Hallager 2010,408-410.

106Banti, Pugliese Carratelli, Levi, 1963. Consultazione on-line Enciclopedia dell’Arte Antica:

http://www.treccani.it/enciclopedia/arte-minoico-micenea_(Enciclopedia-dell’-Arte-Antica)/. 107 Borgna 2006, 133. 108 Hallager 2010, 153. 109 Borgna 2006, 144. 110 Hallager 2010, 153. 111 Hallager 2010, 154.

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esempio la tomba a falsa volta di Isopata.112Tra i luoghi di culto più interessanti e frequentati vanno ricordati il complesso di Anemosphilia e i numerosi santuari extraurbani, denominati “Santuari delle Vette”.113

La ceramica neopalaziale vede la comparsa della così detta Ripple Ware. A Cnosso e nella Creta orientale si trovano inoltre vasi dallo spiccato gusto naturalistico decorati con tecnica light on dark. Con l’avvento del TM queste tecniche scompariranno per lasciare il predominio alla ceramica con decorazioni scure su fondo chiaro, il cosìddetto Stile del Palazzo di Cnosso.114

Con le prime fasi del Tardo Bronzo inizia un periodo di decadenza. I siti archeologici mostrano chiaramente i segnali di una catastrofe avvenuta nel TM IA: le strutture palatine, ad eccezione di quella di Cnosso, vengono distrutte.115Sebbene siano stati rinvenuti resti di ceneri vulcaniche a Creta, l’attribuzione della distruzione dei palazzi minoici all’eruzione del vulcano Thera è una questione ancora discussa dagli studiosi.116 Un’altra ipotesi, anche in questo caso non accettata in modo unanime, sostiene che la causa della fine del periodo dei palazzi sia da ricercarsi in incursioni esterne ad opera dei Micenei.117 C’è inoltre chi attribuisce la caduta della civiltà minoica a un insieme più complesso di fattori, come: l’eruzione del vulcano unita a crisi sociali interne, e, solo in seguito, alla venuta micenea.118

La presenza dei Micenei è comunque ben attestata, in particolare da un lotto di tavolette con scrittura lineare B, rinvenute a Cnosso nel periodo TM II TM III; tuttavia non è chiaro il ruolo svolto da questa nuova potenza nascente.119 La presenza di elementi micenei nella regione di Cnosso è ben rappresentata anche in ambito funerario: nelle necropoli, a partire dal TM II, compaiono monumentali tholoi ed altri elementi tipici dello status del guerriero come armi e vasi metallici.120

                                                                                                               

112 Banti, Pugliese Carratelli, Levi, 1963. Consultazione on-line Enciclopedia dell’Arte Antica:

http://www.treccani.it/enciclopedia/arte-minoico-micenea_(Enciclopedia-dell'-Arte-Antica)/.

113 Borgna 2006, 145. 114 Hallager 2010, 409-411.

115 Per approfondire la questione si veda Marinatos 1931. 116 Borgna 2006, 134.

117 A tal proposito si veda Hood 1969.

118 Per approfondire questa ipotesi si veda Driessen & MacDonald 1997. 119 Borgna 2006, 136.

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Con l’avvento del TM IIIB si assiste a un nuovo e letale declino, forse ricollegabile alle prime turbolenze che nel continente porteranno poi alla caduta dell’egemonia micenea. Gli insediamenti incominciano ad essere abbandonati e la popolazione a spostarsi verso l’interno dell’isola, formando piccoli agglomerati insediativi all’interno di grotte o in luoghi considerati sicuri e strategici.121 Questi piccoli gruppi sociali sono spesso guidati da individui dotati di capacità di leadership ma portatori di un potere effimero e non strutturato.122 E’ questa la fine della fiorente società palaziale cretese.

MEDIO MINOICO TARDO MINOICO MM IA MM IB MM II MM III (A-B) TM IA TM IB TM II TM IIIA1 TM IIIA2 TM IIIB TM IIIC 2100/2050-1925/1900 a.C. 1925/1900-1875/1850 a.C. 1875/1850-1750/1700 a.C. 1750/1700-1700/1675 a.C. 1700/1675-1625/1600 a.C. 1625/1600-1470/1460 a.C. 1470/1460-1420/1410 a.C. 1420/1410-1390/1370 a.C. 1390/1370-1330/1315 a.C. 1330/1315-1200/1190 a.C. 1200/1190-1075/1050 a.C.                                                                                                                 121 Hallager 2010, 157-158. 122 Borgna 2006, 159.

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Grecia continentale e isole

Verso la fine dell’Antico Elladico123 nella parte meridionale del continente si verifica un periodo di crisi, le cui cause sono ancora in parte dibattute. Si assiste, infatti, a una serie di spopolamenti e una riduzione della popolazione in numerosi siti. Questi sintomi sono stati ricollegati principalmente a migrazioni e infiltrazioni di nuovi gruppi etnici nella regione.124

Le evidenze archeologiche mostrano forti discontinuità insediative: molti siti sono distrutti ed abbandonati proprio tra la fine dell’AE e l’inizio del ME. Sono pochi i siti, databili a questo periodo, indagati in modo esaustivo. La cittadella fortificata di Malthai può considerarsi un esempio isolato.125 Alcune importanti

informazioni si possono però ricavare dai siti di Lerna, Asine e Kolonna. A Lerna è stata riportata alla luce una struttura abitativa che comprende un’area utilizzata per l’immagazzinamento e la cottura dei cibi; qui sono state rinvenute anche delle giare minoiche.126 Ad Asine invece le case ritrovate sono molto più grandi e complesse e sono disposte secondo una planimetria ben congegnata.127 Un caso a parte è rappresentato dall’insediamento di Kolonna che presenta, oltre a un assetto abitativo strutturato secondo criteri specifici, una struttura monumentale datata ME I e una possente cinta muraria difensiva.128

Per quanto riguarda gli usi funerari, l’inizio del ME è caratterizzato da costumi piuttosto vari: semplici fosse, tombe a cista e sepolture entro a pithoi. Generalmente le inumazioni sono singole e non mostrano corredo. La situazione tuttavia cambia, seppure in modo graduale, all’incirca dal ME III quando si assiste alla nascita di cimiteri extramurali dove vengono costruite tombe, principalmente a camera, a fossa o a tholos, predisposte per il riutilizzo. I defunti sono ora dotati di corredo, principalmente composto da materiale ceramico.129

                                                                                                               

123 Per la periodizzazione si veda la tabella alla fine del capitolo tratta da Cline 2010, XXX. 124 Si veda a tal proposito Hood 1986.

125 Voutsaki 2010, 102-103. 126 Voutsaki 2010, 103.

127 Sull’insediamento di Asine si veda Nordquist 1987. 128 Per approfondire si veda Felten 2007.

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La ceramica caratteristica del periodo è la cosiddetta ceramica Minia, un impasto fine e dall’aspetto brillante che vuole, probabilmente, imitare i vasi argentei.130 Nel passaggio dal ME al TE avvengono nuovi e importanti

cambiamenti nella Grecia continentale: da una parte si registrano drastiche contrazioni demografiche e l’abbondono di numerosi siti nell’Argolide, dall’altra si assiste all’affermarsi di un nuova aggregazione di genti nella vicina Micene.131

L’evidenza archeologica di maggiore importanza legata a questo periodo è senza dubbio il Circolo B di Micene, insieme al di poco posteriore Circolo A. Il ricco corredo delle tombe, composto da enormi quantità d’oro e da gioielli di pregiate manifatture, ha stimolato le più disparate teorie sulla provenienza di questa nuova ed emergente casta di capi guerrieri.132

La cultura micenea non rimane ancorata al suo luogo natio, ma durante il TE I-II tende ad espandersi in tutta l’area continentale e in particolar modo nelle regioni centro-occidentali della Grecia. Inoltre, approfittando probabilmente della crisi di potere dei centri minoici, i Micenei riescono ad ampliare le loro aree d’influenza anche verso le Cicladi e il Dodecaneso.133

Le evidenze più palesi sono le ricche tombe guerriere che contengono ingenti quantitativi di oggetti di prestigio come armi da parata e vasi metallici, un esempio tra molti la tomba del “Principe di Vaphio” rinvenuta in Laconia.134

Con il TE IIIA si entra appieno nell'acme del periodo palaziale miceneo con l’affermarsi di una gestione amministrativa e politica centralizzata che trova il suo fulcro simbolico e pragmatico nel complesso palatino. Questo periodo è inoltre caratterizzato da un forte processo di micenizzazione della Grecia.135 Si

assiste all’affermazione di una comune koinè culturale che comprende vari aspetti amministrativi, cultuali, architettonici e di cultura materiale. I nuovi modelli architettonici sono appunto il palazzo e le strutture difensive che                                                                                                                

130 Puglisi 1960, Consultazione on-line Enciclopedia dell’Arte Antica:

http://www.treccani.it/enciclopedia/civilta-elladica_res-b00e9641-8c5f-11dc-8e9d-0016357eee51_(Enciclopedia-dell'-Arte-Antica)/.

131 Cultraro 2006, 49.

132 Per un breve ma esaustivo riassunto sulle innumerevoli teorie circa la provenienza dei

Micenei si veda Cultraro 2006, 50-54.

133 Cultraro 2006, 54-55. 134 Cultraro 2006, 55. 135 Shelton 2010, 143.

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circondano gli insediamenti, mentre la caratteristica dell’architettura funeraria è la tomba a tholos. La ceramica micenea, che appare marcatamente standardizzata, si ritrova in tutto il Mediterraneo e questo dimostra il prosperare di fiorenti commerci e un’oculata esportazione del surplus per ricevere in cambio le materie prime mancanti.136

La repentina caduta del sistema palaziale miceneo rimane una questione ancora irrisolta. Ciò che è noto è che, intorno al 1200 a.C., tutti i complessi palatini furono improvvisamente distrutti per non essere più ricostruiti.137 Sulle cause che portarono a questo molto è stato detto, tutte le ipotesi confluiscono però in tre concetti fondamentali: incursioni di popolazioni straniere, catastrofi naturali e conflitti interni.138 Eppure la fine dell’egemonia micenea non può essere ricercata in una sola cagione scatenate: è molto più probabile che un complesso di fortuiti fattori abbiano congiuntamente causato la catastrofe.

MEDIO BRONZO O MEDIO ELLADICO TARDO BRONZO O TARDO ELLADICO ME I ME II ME III TE I TE II TE IIIA TE IIIB TE IIIC 2000-1900 a.C. 1900-1800 a.C. 1800-1700 a.C. 1700-1600 a.C. 1600-1400 a.C. 1400-1300 a.C. 1300-1200 a.C. 1200-1100 a.C.                                                                                                                

136 Sui commerci micenei si veda Cline 2007. 137 Shelton 2010, 146.

138 Per una breve ma esaustiva spiegazione delle maggiori teorie sulla caduta dei palazzi

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