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Al fine di conoscere i reali utilizzi e i valori rappresentati da questa particolare tipologia d’arma è utile analizzare anche le fonti iconografiche giunte fino a noi che riproducono le sopra descritte spade lunghe.

L’area transcaucasica è la zona geografica con le evidenze iconografiche più scarse; tuttavia non può non essere citato il goblet argenteo rinvenuto nel Grande Kurgan di Karashamb, attuale Armenia. Il vaso, recuperato nel 1937, si data all’inizio del II millennio ed è attualmente conservato all’History Museum of Armenia a Yerevan.479 L’oggetto presenta una complessa iconografia con animali, reali e mitologici, e uomini che si avvicendano lungo cinque registri distinti.480 Le scene sono state interpretate come vicende mitiche, atte però all’esaltazione dell’autorità politica.481 Nei vari registri del goblet sono raffigurate numerose armi, tra cui, probabilmente anche delle spade. Premettendo che lo stile del decoro non permette di comprendere le reali proporzioni delle armi e pertanto risulta difficile intuire la lunghezza delle lame, e quindi definirle come spade o pugnali, vanno comunque menzionati due particolari della raffigurazione. Nel secondo registro partendo dall’alto è possibile individuare due coppie di soldati impegnati in un duello, ognuna delle quali presenta un uomo armato di lancia e l’avversario con in mano un’arma che potrebbe essere identificata come spada. Nel registro sottostante invece alcune armi fungono da riempitivi tra le scene; vi si possono notare anche delle probabili spade.

                                                                                                                479 Rubinson 2008, 90.

480 Rubinson 2013, 13. 481 Rubinson 2008, 92.

Goblet di Karashamb482

Particolari della decorazione del globet483

Per quanto riguarda l’area anatolica, il contesto che ha restituito il più alto numero di testimonianze iconografiche sulla spada lunga è il santuario rupestre di Yazilikaya. L’area sacra, in parte scavata nella roccia, è composta da due camere principali (A e B) e da una camera più piccola (C), tutte in comunicazione tra loro. La particolarità del complesso sta nelle stanze A e B,

                                                                                                               

482 Foto tratta da: Rubinson 2008, fig. 55. 483 Disegni tratti da: Bobokhyan 2008, taf. 52.

adornate da numerosi bassorilievi rupestri con processioni di divinità e demoni e con il ritratto del re Tudhaliya IV.484

Il primo utilizzo dell’area da parte degli Ittiti lo si ebbe durante l’Antico Regno, all’incirca verso il 1500 a.C.; tuttavia la costruzione del santuario avvenne durante il XIII secolo. Questa datazione è stata calcolata, in modo approssimativo, in base all’analisi stilistica dei rilevi e tenendo presente il fatto che i nomi delle divinità rappresentate sono Hurriti. Sappiamo, infatti, che la cultura ittita subì infiltrazioni culturali hurrite specie nel XIII secolo durante il regno del Gran Re Hattušili II che sposò Puduphepa, una sacerdotessa della dea del sole hurrita, Hepat. E proprio il loro figlio, il Gran Re Tudhaliya IV, fu colui che costruì, o per lo meno portò a termine, il santuario di Yazilikaya.485

Ritornando all’iconografia delle spade, queste compaiono sia nella camera A e che nella camera B, e sono gli attributi di alcune delle divinità rappresentate.

Nello specifico, diverse armi sono portare dalle divinità ritratte nella processione divina nella parete dirimpetto all’entrata della stanza A. La scena rappresenta l’incontro tra le due principali divinità del pantheon hurrita: Tešub, il dio della tempesta, e Hebat, la dea del sole, accompagnati rispettivamente da un corteggio divino maschile e femminile. Tešub è rappresentato con una lunga barba, vestito con una corta tunica e un sontuoso copricapo. Il dio reca in mano una mazza; e legata alla cintura pende una spada con impugnatura a crescente. Egli poggia i piedi sopra due figure maschili che sono state interpretate come i due dei delle montagne, Namni e Hazzi. Dietro a questo gruppo c’è anche un animale con un cappello a punta e una scritta che può essere tradotta con “il torello di Tešub”.486

La dea è invece vestita con una lunga gonna plissettata e un cappello cilindrico e posa i piedi sopra una pantera. Anche dietro di lei c’è la figura di un toro con il medesimo cappello a punta, ma la scritta in geroglifico questa volta non è stata decifrata.487

                                                                                                                484 Seeher 2011b, 17-19. 485 Seeher 2011b, 144-147.

486 Bittel et al. 1975, 150-151 (taf. 25-28); Seeher 2011b, 66-67 (fig. 61, 62, 64). 487 Bittel et al. 1975, 151-152 (taf. 26-30); Seeher 2011b, 67 (fig. 61, 62, 64).

Dietro a Hebat è rappresentato il figlio della coppia, il dio Šarrumma, abbigliato con corto gonnellino e cappello a punta. Šarrumma è in piedi sopra un felino, come la madre; in una mano tiene un’ascia e nel feretro la spada, della medesima tipologia di quella del padre.488

Seguono due figure femminili vestite allo stessa maniera della dea Hebat che poggiano i piedi sopra un’aquila a due teste. Si tratta rispettivamente della figlia e della nipote della coppia reale.489

Dietro Tešub invece sono presenti altri due dei che poggiano i piedi su due montagne. Entrambi presentano una lunga barba e una particolare gonnellina corta davanti ma lunga dietro; hanno inoltre un cappello a punta, uno dei quali con un bue accovacciato sulla sommità. Tutti e due portano una spada legata alla cintura e quello più a sinistra reca in mano una mazza e un bastone. Il primo è stato interpretato come il dio Kumarbi e il secondo come il dio della tempesta di Hatti.490

Disegno del rilevo con l’incontro della coppia divina491

Anche il re Thudhaliya IV, che è rappresentato due volte: nella camera A e nella camera B, porta alla cintura la stessa tipologia di spada.

                                                                                                               

488 Bittel et al. 1975, 153-154 (taf. 25, 29, 30) Seeher 2011b, 67 (fig. 61, 62, 65). 489 Bittel et al. 1975, 154-155 (taf. 25, 26, 30, 31); Seeher 2011b, 68 (fig. 66, 68, 69). 490 Bittel et al. 1975, 148-150 (taf. 24-26); Seeher 2011b, 65 (fig. 60, 62, 63).

491 Immagine tratta da:

Nel primo rilievo il Gran Re è raffigurato con una lunga tunica, un mantello appoggiato su una spalla e un copricapo semicircolare. Da sotto il mantello spunta l’impugnatura a crescente lunare della spada. In una mano regge una lunga verga con punta ricurva e con l’altra solleva un cartiglio con iscrizione in geroglifico recante il suo nome ed i suoi titoli.492

La stessa iconografia del sovrano compare anche nella camera B. Il re è abbigliato nel medesimo modo ma questa volta è abbracciato, in segno di protezione, dalla sua divinità tutelare, il dio Šarrumma. Entrambi portano appesa alla cinta la medesima spada.493

Camera A494 Camera B495

E’ difficile valutare la reale lunghezza di queste spade: nelle rappresentazione di Thudhaliya la punta è coperta dal mantello, ma anche quando le armi sono rappresentate in tutta la loro lunghezza, come nel rilievo dell’incontro della coppia divina, le proporzioni non sono comunque troppo affidabili. La scultura parietale tende, infatti, alla semplificazione trascurando l’attenzione ai dettagli. Ad esempio le spade sono posizionate indifferentemente                                                                                                                

492 Bittel et al 1975, 155-157 (taf. 39, 40, 60); Seeher 2011b, 83 (fig. 85-90). 493 Bittel et al 1975, 161-163 (taf. 47-49); Seeher 2011b, 110-111 (fig.119-121). 494 Immagine tratta da:

http://www.bibliotecapleyades.net/sitchin/planeta12/12planeteng_03.htm.

495 Immagine tratta da:

sul lato destro o sinistro, senza che questo rispecchi l’attitudine destrorsa o sinistrorsa del personaggio.

Per quanto concerne la tipologia è invece caratteristica l’impugnatura a crescente lunare. Non vi sono testimonianze archeologiche di spade con questa elsa in area anatolica. Tuttavia un’arma molto simile, anche se date le dimensioni sembrerebbe più un pugnale, è rappresentata anche in alcuni rilevi lapidei rinvenuti ad Hattusa.

Particolare del rilievo da Hattusa496

Una buona corrispondenza diretta invece la si ritrova in Levante, nell’esemplare proveniente da Tell Atchana (S_Levante.10).

Di tutt’altra fattura è invece la spada raffigurata accanto alla coppia composta dal re Tudhaliya e dal dio Šarrumma. Il rilievo è stato denominato, dagli archeologi, “il dio-Spada” sebbene non ci sia nessuna didascalia che attesti questa nomenclatura. Della lama non si scorge la punta, poiché essa scompare nella roccia, come se vi fosse infilata. Anche in questo caso quindi è impossibile capirne la reale lunghezza. Vi è però una nervatura centrale tripartita, tipica

                                                                                                               

delle armi piuttosto lunghe in quanto utilizzata per bilanciare il peso di una lama longilinea e sottile.

L’impugnatura dell’arma è composta da quattro leoni posti a due a due specularmente e in posizione araldica. La coppia più vicina alla lama è rappresentata a corpo intero, con gli animali paralleli tra loro con le zampe posteriori accostate. Le fauci, rivolte verso le spalle dell’arma, sono spalancate. Dei restanti due leoni vi è solo la protome; anche in questo caso essi sono speculari tra loro, ma perpendicolari rispetto ai primi due. Le fauci sono spalancate e sono rappresentate solo le zampe anteriori in posizione rampante. Alla sommità della composizione vi è una testa con fattezze umane posta di profilo con indosso un copricapo a punta e un orecchino circolare.497

Al personaggio è stata dato il titolo di dio in primo luogo per la presenze delle corna sul copricapo, attributo tipicamente divino, ma anche sulla base di alcuni testi sacri ittiti. Questi testi, di cui si parlerà in seguito, descrivono un rituale in durante il quale gli dei inferi venivano plasmati con la creta in forma di spada da un sacerdote. Spesso il “dio-Spada” di Yazilikaya viene riconosciuto nella figura di Nergal, sebbene non ci siano prove certe a sostegno di questa ipotesi. Tale identificazione deriva semplicemente dal fatto che la divinità, come già spiegato in precedenza, è molto spesso associata con la simbologia della spada, inoltre il leitmotiv della camera B sono le divinità ctonie, e Nergal appartiene a questa tipologia.498

Il gruppo di personaggi, specie la presenza dei leoni, ricorda le sontuose impugnature delle spade micenee. Purtroppo non sono rimaste else di epoca ittita con cui tracciare dei confronti. L’esemplare più vicino è la spada con iscrizione in accadico di periodo Karūm con i due leoni retrospicenti ai lati dell’impugnatura (S_Anatolia.10). Ciò potrebbe quindi rappresentare l’evidenza di una tradizione iniziata nel periodo paleo-assiro che prosegue poi durante il regno ittita.

                                                                                                               

497 Bittel et al. 1975, 163-164 (taf. 47, 50, 51); Seeher 2011b, 113-115 (fig. 121-125). 498 Güterbock 1965, 198.

Il dio-Spada499

Particolarmente interessante è anche la rappresentazione del mangiatore di spada di Alacahöyuk, datata all’incirca al XIII secolo. L’ortostrato in basalto faceva parte della cinta muraria della città ed ora è conservato al museo di Ankara. La scena, resa con un bassorilievo appena modellato e a tratti piuttosto stilizzati, mostra in tutto tre personaggi: due acrobati e un giocoliere.500 Gli

uomini sono tutti vestiti con una corta tunica stretta in vita da una cinta, due di essi indossano un copricapo a calotta e un orecchino circolare. Il terzo sembra sfoggiare una particolare pettinatura: è rasato ai lati con una lunga coda centrale. I due acrobati, che sono rappresentati più piccoli, sono raffigurati a sinistra della composizione e stanno compiendo un numero con una scala. La figura più interessante però è il giocoliere di destra, o meglio, il mangiatore di spade; il personaggio è raffigurato nell’atto di inserirsi in gola una grossa spada                                                                                                                

499 Disegno tratto da: Seeher 2011b, Fig. 122. 500 Akurgal 1962, 101 (fig. 62).

che afferra con entrambe le mani. Anche in questo caso la lunghezza della lama ci è sconosciuta poiché è visibile solamente l’impugnatura a crescente lunare, dello stesso tipo dei rilievi di Yazilikaya. L’iconografia è estremamente interessante: in questo caso infatti la spada non rappresenta né un arma né un oggetto di prestigio, ma viene utilizzata come uno strumento da gioco e questo pone nuovi interrogati sul significato simbolico e gli utilizzi di questo utensile nell’antichità.

Particolare del mangiatore di spade501

Anche nel rilievo rupestre attiguo al monumento sepolcrale di Gâvur Kalesi, nei pressi di Ankara, sono rappresentate due spade. La scena raffigura due re, connotati dal copricapo a punta, vestiti con un gonnellino e con una, discretamente lunga, spada appesa alla cintura.502 I due sovrani sono in atteggiamento orante, davanti a una dea che non è visibile dall’immagine. Le spade anche in questo caso presentano la solita impugnatura a crescente lunare.

                                                                                                               

501 Fotografia tratta da Akurgal 1962, fig. 62. 502 Akurgal 1962, 99 (fig. 99).

Particolare del rilievi di Gâvur Kalesi503

La spada come attributo reale compare anche nel rilievo di Karabel, dove è raffigurata una figura maschile con copricapo conico e corto gonnellino.504 Le

condizioni di conservazione non sono ottimali ma si riescono a distinguere alcune armi: arco e frecce e una spada, in questo caso indiscutibilmente lunga.

Vi è inoltre un cartiglio con iscrizione in geroglifico. Non è stato possibile decifrare l’epigrafe ma i segni presentano notevoli somiglianze con quelli riportati accanto al ritratto dell’abbraccio di Tudhaliya con il dio Šarrumma. Per questo e sulla base di elementi stilistici, questo rilievo è stato datato al regno del Gran Re Tudhaliya IV.505

                                                                                                               

503 Fotografia tratta da Akurgal 1962, fig. 99. 504 Arkurgal 1962, 99.