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Industria e Progresso Tecnologico. Le trasformazioni del mondo del lavoro tra rischi ed opportunità

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Academic year: 2021

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Industria e Progresso Tecnologico

Le trasformazioni del mondo del lavoro tra rischi ed opportunità

Indice

Introduzione 3

Cap. 1 Le Rivoluzioni Industriali e l'avvento dell'automazione

1.1 Le prime due rivoluzioni industriali: cambiamenti di natura economico-sociale 6

1.2 La divisione del lavoro in Adam Smith 9

1.3 La divisione del lavoro in F. W Taylor 11

1.4 Henry Ford e la produzione di massa 12

1.5 L'alienazione dell'uomo operaio 16

1.6 Critiche al sistema Taylor - Fordista: gli studi condotti da Elton Mayo 18

1.7 La questione del tempo nella Grande Industria 21

Cap. 2 La crisi del modello Fordista

2.1 Introduzione 23

2.2 La crisi del capitalismo liberale 24

2.3 Harry Braverman e la degradazione del lavoro 25

2.4 I giochi di produzione 27

2.5 Il mercato interno del lavoro e lo Stato Di Diritto 30

2.6 Il modello Toyotista e la filosofia del Kaizen 32

2.7 Il principio del Just In Time: la produzione snella 35

2.8 Come cambiano le gerarchie di fabbrica 38

2.9 Nuovi rapporti con i fornitori: collaborazione e fiducia 41 2.10 Limiti di applicazione del modello giapponese: gestione da stress 42

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Cap. 3 La IV Rivoluzione Industriale: fattori tecnologici del cambiamento

3.1 Introduzione 52

3.2 La Terza Rivoluzione Industriale: la nascita della Società dell'informazione 53

3.3 L'intelligenza artificiale 58

3.4 L'intelligenza artificiale all'interno dell'industria 59 3.5 Un caso di tecnologia intelligente: la stampa in 3D 61 3.6 La green-economy all'interno della manifattura additiva 63

3.7 Riflessioni e conclusioni 65

Cap. 4 La IV Rivoluzione Industriale: fattori socio-economici del cambiamento

4.1 Introduzione 67

4.2 L'impatto della IV Rivoluzione Industriale nel mercato del lavoro 68 4.3 Disuguaglianze di genere nella IV Rivoluzione Industriale 69

4.4 La disoccupazione tecnologica 70

4.5 Politiche europee a sostegno dell'Industria 4.0 72

4.6 Il ruolo dell'Italia nel nuovo sistema di fabbrica 73

4.7 Progresso tecnologico, lavoro e società: indagine conoscitiva sulle 75 opinioni circa il rapporto tra la tecnologia, il lavoro e la società

4.8 Riflessioni e conclusioni

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Introduzione

Il progresso tecnologico venuto alla luce con le prime due rivoluzioni industriali, è ancora oggi fonte di forti dibattiti e discussioni. Gli avanzamenti tecnologici sono talmente veloci da non permettere o comprendere fino in fondo come gestirli o affrontarli al meglio, tanto che diviene molto difficile stare al passo con i tempi. In particolare, sono molte le questioni che sorgono circa il rapporto tra l'uomo e la macchina, quindi l'influenza che la tecnologia può esercitare sulle capacità umane e all'interno degli ambienti di lavoro. Le società industriali hanno subito una profonda trasformazione a causa anche del continuo avanzamento tecnologico che ha messo alla luce macchinari potenti e capaci di affiancare o sostituire l'uomo in numerose mansioni. L'intento della ricerca, che ho condotto attraverso la lettura di fonti bibliografiche, è stato quello di osservare quali ripercussioni, partendo dalle prime due rivoluzioni industriali, la tecnologia e il suo continuo avanzamento stanno esercitando e hanno in passato esercitato sulla società, con particolare riguardo a quella industriale e alle relative conseguenze circa la nascita di una nuova domanda di lavoratori, più istruiti, informati, specializzati, a scapito della manodopera poco qualifica o con medie capacità.

La tesi si struttura su quattro capitoli, di cui due introduttivi che sviscerano la questione fondamentale che viene trattata lungo tutto il percorso e cioè le trasformazioni che la società ha subito dopo l'avvento dell'automazione e dopo la nascita delle industrie all'interno delle città. Il capitolo primo perciò ruota attorno a uno sfondo storico-sociale in cui vengono riportati alla luce i principali aspetti che hanno caratterizzato le prime due rivoluzioni industriali, verificatesi in Inghilterra tra il XVIII e XIX secolo che hanno visto la nascita di macchinari potenti, di nuove tecnologie di comunicazione e di nuovi servizi, contribuendo a cambiare totalmente l'apparato cittadino e industriale. L'avvento dell'automazione rese i compiti dell'operaio, molto rigidi, parcellizzati, monotoni. Questo incise negativamente sulla mente e sull'umore dell'individuo che lentamente iniziò ad alienarsi dalla realtà lavorativa. Il fattore umano divenne penalizzato, dequalificato e ininfluente e questo incoraggiò studi di psicologia industriale rivolti a ripristinare una sorta di umanità e socialità all'interno delle officine. Dopo la Seconda Guerra Mondiale (Cap. 2) si fece strada in Giappone, un modello di industria e di produzione completamente innovativi, i quali seguirono il principio della produzione snella, flessibile e della qualità totale, andando in completo contrasto con il sistema Fordista. Il Toyotismo aprì la strada a industrie più specializzate dove al loro interno vi si trovavano operai polivalenti, carichi di grosse responsabilità, sottoposti a forti stress emotivi e fisici, tanto quanto i precedenti modelli. Alcuni autori, come Braverman e Friedman (anni Settanta), iniziarono ad associare al lavoro di fabbrica una sorta di degradazione e di svalutazione delle doti tipiche di un artigiano di bottega, completamente perdute con l'avvento del task management e della assembly line (cap.1) e si iniziò perciò a studiare che tipo di interventi dovessero essere fatti per ricostituire

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all'interno delle officine, ambienti più sereni in cui l'operaio potesse riconquistare la sua autonomia e il pieno controllo sui suoi compiti.

Il terzo capitolo approfondisce la questione dell'importanza delle nuove tecnologie, ripercorrendo alcune tappe fondamentali che caratterizzano la Terza Rivoluzione Industriale: la nascita di internet, del web, dei primi computer, fino ad arrivare a primissime forme di intelligenza artificiale. Internet ha rivoluzionato l'apparato sociale e industriale, trasformando il nostro modo di comunicare, interagire, e trasmetterci informazioni e da semplici fruitori passivi di notizie, siamo divenuti produttori attivi di contenuti da condividere all'interno della piattaforma digitale che oggi, soprattutto, è fonte di profonde discussioni anche tra gli esperti. Inoltre, nella società contemporanea, si possono trovare forme di tecnologia intelligente come quella dell'economia della condivisione, della manifattura digitale, e dell'intelligenza artificiale, che hanno contribuito alla nascita di una domanda di lavoratori completamente diversa dal passato cancellando dallo scenario lavorativo figure di media qualifica, sostituite da macchine più avanzate e capaci.

L'apparato industriale diviene e diverrà un ambiente interattivo, in cui tutti i macchinari comunicheranno tra di loro e con noi attraverso la tecnologia del cloud-computing, una nuvola di dati trasmessi alla velocità della luce. Questa piattaforma (Cap. 4) avrà un ruolo molto importante anche sulla qualità del lavoro, che potrebbe migliorare per certi aspetti, come quelli legati alla manutenzione o alla gestione del tempo, ma anche “negativi” perché richiederà dei costi molto elevati legati alla manutenzione degli impianti, una formazione costante e continua, delle capacità nuove, più specifiche e specializzate. Il progredire dell'intelligenza artificiale ha fatto nascere delle questioni circa le capacità che una macchina può arrivare a possedere e se tali capacità possano in qualche modo rappresentare una “minaccia” per l'uomo. Nuove industrie, nuove forme di comunicazione, ambienti di lavoro molto più interattivi, possono rappresentare la nuova fabbrica del futuro, dove al suo interno uomini e macchine lavorano gli uni con gli altri, in un team molto collaborativo. Questo però è possibile solo per alcuni soggetti che sono in possesso di competenze ben specifiche, complesse, che non tutti possiedono.

Alla tecnologia, oggi come ieri, vengono e verranno delegati molti compiti che fino a qualche tempo fa venivano svolti dall'uomo, perciò si sta discutendo ed è stato discusso a lungo circa gli interventi che potrebbero essere adottati per integrarla al meglio nella società, senza lasciare indietro alcuni soggetti, specie quelli di media qualifica, che rischiano di rimanere emarginati da un sistema in continua evoluzione.

Concludo infine l'ultima parte della tesi (Cap.4) con un breve questionario esplorativo volto a conoscere le opinioni comuni circa il progresso tecnologico e la sua possibile influenza, negativa o positiva all'interno del mondo del lavoro. Questo con l'intento di capire e confermare se effettivamente ci sono ancora dei forti dubbi e come possono o potrebbero essere colmati al meglio. L' indagine che ho condotto, conferma ulteriormente che l'imminente IV Rivoluzione Industriale costituisce una sfida per la società, per l'essere umano e per le istituzioni. Rimane

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perciò necessario comprendere come affrontare il cambiamento in corso, cercando, ove possibile, di applicare una politica basata soprattutto sull'eguaglianza delle possibilità, sull'inclusione e il controllo democratico, che abbatta le barriere che sono presenti ancora oggi (come quella ad esempio del digital divide) le quali producono forti problemi di accessibilità alle nuove tecnologie .

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Cap 1 Le Rivoluzioni Industriali e l’avvento dell’automazione

1.1 Le prime due Rivoluzioni Industriali: Cambiamenti di natura economico-sociale Il periodo delle prime due Rivoluzioni Industriali racchiuse due secoli; il XVIII ed il XIX. Protagonista indiscussa di questo avvenimento fu l’Inghilterra, la quale all'inizio delle Rivoluzioni rappresentava una potenza molto forte all'interno dello scenario europeo: possedeva delle colonie ricche di materie prime e forza lavoro a basso costo, poteva esportare le proprie merci attraverso tutto l'Oceano Atlantico, e aveva nella fase pre - industriale un'economia che ruotava attorno al settore agricolo (la maggior parte della popolazione inglese viveva nelle campagne). (Accornero, 1994)

Intorno al XVII secolo si verificò un dissolvimento dei rapporti feudali nelle zone rurali, un processo per cui la terra si era affermata come proprietà individuale ed era stata privatizzata attraverso il fenomeno delle enclosures1 (La proprietà terriera definiva ora la posizione sociale,

determinata dai rapporti di mercato, il quale a sua volta subì una profonda trasformazione divenendo luogo di scambio fra domanda ed offerta di merci e di forza lavoro) . Questo accrebbe le fila di coloro rimasti senza terra e disponibili a lavorare in cambio di un salario. Con il capitalismo, anche il ruolo dello Stato cambia, non più neutrale ma assistenziale (mentre nell’epoca pre-monetaria la politica del laissez-faire caratterizzava uno stato liberale e una economia naturale, con un mercato in grado di autoregolarsi). La forza - lavoro divenne una merce da poter scambiare sul mercato e l’economia inglese arricchì ulteriormente I settori tessile, siderurgico e agricolo.

Prima delle due rivoluzioni vigeva, all’interno delle mura domestiche, un sistema di tipo manifatturiero, dove i tessuti, soprattutto il cotone, venivano lavorati all’interno delle case, con macchinari ed utensili assai rudimentali. Il lavoro era scandito da ritmi più lenti e i macchinari richiedevano l’intervento dell’uomo. (Accornero, 1994)

L’invenzione della macchina a vapore automatizzò i processi produttivi: i congegni funzionavano grazie alla forza motrice e venivano alimentati con il carbone. La prima importante invenzione in tale ramo fu lo spinning jenny (1765, James Hargreaves) che permetteva di lavorare più bobine di filo alla volta, non più una soltanto. (Accornero, 1994) Questo contribuì a migliorare le condizioni di lavoro e ad accelerare i processi produttivi. 1 Recinzioni di terre coltivabili in Europa Occidentale. Prima delle enclosures le terre erano libere, e

molti coltivatori le lavoravano solo durante la stagione fertile, fino al termine del raccolto per un determinato anno. Quando le terre erano lasciate libere, tutti potevano utilizzarle per il pascolo del bestiame o per altri scopi. Con le recinzioni questo non fu più possibile. In Inghilterra tale procedura fu messa in atto nel XII secolo e nel XIX ormai era completa. Lo scopo di tale pratica fu quello di aumentare la quantità di terra destinata al pascolo per i signori feudali. Nel resto d'Europa tale procedura fece dei piccoli progressi nel XIX secolo. Enclosure, European History, Enciclpædia Britannica School And Library Subscribers, www.brittanica.com.

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Vi furono successivamente altre invenzioni come il filatoio idraulico (1761) ed il telaio meccanico (1787). Lo sviluppo industriale richiese quantità sempre maggiori di energia e James Watt modificò la macchina a vapore (1736 - 1819) ottenendo un rendimento quattro volte superiore a quello delle precedenti. Anche il settore dei trasporti fu coinvolto in tale fase (per esempio le merci iniziarono ad attraversare l’Oceano Atlantico su navi alimentate a vapore e la prima locomotiva a vapore debuttò nel 1829). Nel giro di cinquant’anni, la Gran Bretagna ebbe più di seimila miglia di linea ferroviaria. Nel 1820, l'ingegnere scozzese John McAdam (1756-1836) sviluppò un nuovo processo per la costruzione di strade, grazie al quale, si ebbero strade più lisce, resistenti, meno fangose.

La Rivoluzione, oltre ad apportare cambiamenti nel settore industriale e dei servizi, contribuì a modificare la distribuzione geografica della popolazione, perché la domanda di lavoro si spostò dalle campagne alle città e molti, rimasti disoccupati, emigrarono nei centri urbani dove sorgeva il nucleo industriale (Accornero, 1994). Le città però, si dimostrarono impreparate ad accogliere nuovi arrivati, i quali, vennero stipati in alloggi fatiscenti dove le condizioni igienico - sanitarie erano praticamente inesistenti. Questo contribuì al dilagarsi di epidemie. Tali cambiamenti sociali, economici e tecnici, migliorarono le condizioni delle classi più abbienti, ma incisero negativamente su cittadini più umili, che dovettero adattarsi ad uno stile di vita e di lavoro, poco consono alle loro precedenti abitudini.

Il sistema di fabbrica, sviluppatosi successivamente, fu testimone di un enorme impiego di manodopera affiancata alle macchine, manovalanza talmente semplice, poco specializzata che poteva essere sostituita con facilità dagli imprenditori (Bonazzi, 2007). Non più artigiani erano richiesti all’interno delle fabbriche, ma uomini con nessuna particolare dote artistica, ma molta forza fisica. Anche le abitudini di vita delle persone vennero cambiate affinché si allineassero con le politiche economiche attuate da mercanti e imprenditori.

Dal 1873 al 1896 si manifestò inoltre, una Grande Depressione Economica dovuta a una eccessiva sovrapproduzione: molto prodotti rimasero invenduti e questo provocò un crollo dei prezzi dei beni agricoli (la rivoluzione dei trasporti consentiva di importare cereali dalla Russia e dagli Stati Uniti a prezzi molto bassi; l’Europa abbassò i propri costi non riuscendo a rimanere un concorrente temibile). Per tutelare la produzione interna e incentivare la domanda di mercato, gli imprenditori applicarono delle politiche protezionistiche sui prodotti importati per avvantaggiare i propri (molti paesi europei tornarono ad applicare dazi sulle proprie merci, abbandonando il principio del libero scambio sui mercati internazionali2).

2 Le politiche protezionistiche vennero attuate con l'intento di favorire le esportazioni piuttosto che le importazioni, questo per abbattere la concorrenza straniera. Venivano applicate delle tariffe, dei sussidi, delle quote di importazione, sulle importazioni straniere. Le tariffe protettive sono state applicate per abbattere la recessione e la depressione economica in determinati paesi. Le Quote di Importazione (altro strumento di protezionismo) ponevano un limite assoluto alla quantità di merci da importare ed erano più efficaci delle tariffe protettive perché non sempre queste dissuadevano i consumatori, i quali erano disposti a pagare un prezzo alto per un bene importato. Protectionism, economics, Enciclpædia Britannica, School and Library Subscribers, www.brittanica.com.

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La Seconda Rivoluzione Industriale si affacciò alle porte di un paese (l'Inghilterra) coinvolto in profondi cambiamenti ma non ancora in grado di gestirli al meglio. Innovazioni tecnologiche e fonti energetiche entrarono a far parte del mercato economico inglese. Il petrolio e l’acqua, per esempio, sostituirono il carbone per alimentare il motore elettrico e a scoppio, in più, l’elettricità poteva essere immagazzinata e trasmessa a grandi distanze, distribuita e utilizzata per illuminare ( Edison nel 1879 inventò la lampadina), riscaldare, per la locomozione, per costruire macchine nuove. Grandi centrali termoelettriche nacquero negli ultimi decenni del XIX secolo, questo comportò una profonda trasformazione nell'industria e nella vita quotidiana. Altre invenzioni in campo elettrico rivoluzionarono la società, come il telefono, il telegrafo senza fili, la radio, il cinematografo. Tali scoperte cambiarono enormemente il settore delle telecomunicazioni. Anche la chimica e la meccanica furono interessate da questo progresso (l’acciaio venne sostituito al ferro per rotaie, navi, caldaie, automobili, aerei, cannoni, macchine industriali in quanto molto più resistente ma più costoso). Intorno agli ultimi decenni del XIX secolo, nuove tecniche di fabbricazione resero possibile produrne grandi quantità a basso prezzo e questo favorì processi di meccanizzazione.

All'interno del progresso tecnologico e del cambiamento socio-economico le banche iniziarono ad avere un ruolo centrale: divennero creditori per i capitalisti dell’epoca, i quali essendo possidenti terrieri stringevano molta ricchezza da reinvestire. Nel 1770 a Londra venne costituita una borsa, mentre a New York nacque nei primi anni ‘90 del XVIII secolo.

Il sistema di fabbrica (così definito da Karl Marx) arricchì le casse dello Stato e contribuì a un aumento della speranza di vita della popolazione (tra il 1770 ed il 1846, il Reddito Nazionale era triplicato, passando da 130 milioni di sterline nel 1770 a 414 milioni nel 1846) (Accornero, 1994).

L'industrializzazione si dilagò e dalla Gran Bretagna arrivò in Belgio , Francia, Germania, Stati Uniti (entro la metà del XIX secolo, fu consolidata in tutta la parte occidentale della regione nord-orientale dell'Europa e dell'America). All'inizio del XX secolo, gli Stati Uniti erano divenuti la nazione industriale leader a livello mondiale, mentre in Italia, la Rivoluzione avvenne solo dopo il 18613.

3 Rivoluzione Industriale. www.treccani.it Industrial Revolution. www.history.com. Industrial Revolution. Encyclopædia Britannica, school and librabry subscribers.www.brittanica.com

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1.2 La divisione del lavoro in Adam Smith

Il periodo delle rivoluzioni industriali fu caratterizzato dal sorgere di molte politiche economiche. Il precursore fu Adam Smith (1723 – 1790), considerato il padre della scienza economica (il primo fra gli economisti classici4), il quale teorizzò una divisione del lavoro

(Stegmann, 2004). Per illustrare la sua teoria si immaginò quante operazioni occorressero per fabbricare degli spilli e ne individuò diciotto. Visitò realmente una fabbrica di spilli dove i dieci operai di questa piccola manifattura, riuscivano a produrre dodici libbre di spilli al giorno, cioè più di quarantotto mila spilli in un giorno (una libbra ha più di quattromila spilli). Una sola persona ne produceva circa venti. (Fanciulli, Potestà, Ruggeri, 1986) La divisione dei compiti apportò una notevole specializzazione degli operai, che ripetendo la stessa operazione più volte, acquisirono abilità e destrezza. Questo comportò un risparmio notevole di tempo e il lavoratore aveva la possibilità di migliorarsi e velocizzarsi per raggiungere prima il risultato finale. Secondo Adam Smith dividere i compiti rappresentava dei forti vantaggi come: un risparmio dei costi e un maggior beneficio, in quanto l'operaio ripetendo gli stessi compiti ciclicamente, diveniva più rapido e più abile. Non c'erano più i tempi morti che si avevano con il passaggio dell'uomo da una mansione all'altra e l'introduzione delle macchine aveva ridotto ulteriormente i tempi di produzione. Smith si riferì alle manifatture e all'industria, dove erano impiegate le macchine e dove il lavoro si svolgeva in una successione di fasi (per questo poteva essere suddiviso in parti piccolissime svolte da specifiche squadre di operai). Il lavoro per Smith, rappresentava la prima attività nella quale l'uomo trovava la sua razionalità, con la quale poteva soddisfare i suoi bisogni e il suo intelletto. Nella misura in cui cercava di rendere più produttivo il suo operato per soddisfare i suoi bisogni (ogni individuo svolgeva l'attività lavorativa e solo quella più confacente alle sue capacità) l'egoismo (tipico di un approccio individualista) si attenuava, per lasciare spazio al bene della collettività. (Stegmann, 2004, Fanciulli, Potestà, Ruggeri, 1986)

L’uomo di Smith è un Homo Oeconomicus legato alla ricchezza della propria nazione (La Ricchezza Delle Nazioni 1776 ), le sue azioni sono spinte dalla ragione che lo conduce al lavoro. Una mano invisibile secondo Smith, muove gli uomini verso l’interesse della collettività (il ruolo che attribuisce allo stato è di semplice spettatore). (Fanciulli, Potestà, Ruggeri, 1986)

4 L'economia classica si sofferma sul rapporto tra valore di scambio tra le merci, la distinzione tra prezzo naturale e prezzo di mercato, sull'idea che sia l'offerta a determinare il prezzo, mentre la domanda ne determina solo la quantità, l'analisi economica in termini di capitale, terra e lavoro/profitto, rendita, salario, e la teoria di Malthus, secondo la quale l'indigenza dipende dal naturale squilibrio tra popolazione e mezzi di sostentamento. Economisti classici, www.wikipedia.it, malthusianesimo, www.treccani.it

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Il mercantilismo5 che si sviluppò con questa corrente di pensiero, aveva come protagonista il

mercato, luogo di incontro tra domanda e offerta, possibile scambio di ricchezza6.

La divisione del lavoro e dei compiti portò ad una divisione sociale, dove la società divenne frammentata al suo interno, perché composta di classi disuguali generate da una distribuzione non equa della ricchezza.

Infine Smith si rese conto che ripetere le solite operazioni non dava modo all’operaio di sviluppare la sua intelligenza e creatività, doti tipiche di un artigiano di bottega. In particolare egli annotò:

"Un uomo che spende tutta la sua vita compiendo poche semplici operazioni (...) non ha nessuna occasione di applicare la sua intelligenza o di esercitare la sua inventiva e di scoprire nuovi espedienti

per superare difficoltà che non incontra mai. Costui perde quindi naturalmente l'abitudine a questa applicazione ed in genere diviene tanto stupido ed ignorante quanto può esserlo una creatura umana."

(Fanciulli, Potestà, Ruggeri, 1986)

5 Principio base di tale modello sosteneva che la potenza di una Nazione dipendesse dalla prevalenza delle esportazioni sulle importazioni, quindi dal surplus commerciale. Mentre per I fisiocratici, dall'agricoltura si traeva la vera attività economica, l'industria trasformava, e il commercio distribuiva. Era nello scambio che si generava ricchezza. Mercantilismo, www.wikipedia.it, Fisiocrazia, www.wikipedia.it

6 Il mercantismo raggiunse il suo culmine verso la metà del XVII secolo in Inghilterra e Francia. All'interno di questo modello, l'intervento del potere pubblico in materia industriale, commerciale, monetaria, acquisì molta importanza e fu la trasformazione del potere sovrano da feudale a assoluto che determinò la nascita di nuove funzioni e esigenze finanziarie. Principi del mercantilismo, www.treccani.it

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1.3 La divisione del lavoro in F.W Taylor

Un altro precursore della divisione dei compiti fu F.W.Taylor ((1855-1932), il quale propose una Organizzazione Scientifica Del Lavoro, una completa rivoluzione nel modo di pensare il lavoro di fabbrica. L'ingegnere impegnato in innovazioni tecniche, vide all’interno dell’Industria Tradizionale un grande caos, dovuto anche alle consistenti migrazioni che interessarono gli Stati Uniti e che accolsero manodopera dequalificata7. (Bonazzi, 2007)

Spesse volte al Taylorismo viene associata un’accezione negativa: Divisione, dequalificazione, svalutazione, degradazione del lavoro operaio ma è da considerare che prima dell’intervento di Taylor, il capitalista non aveva idea di come muoversi all’interno della Grande Industria ma che anzi gli operai subivano uno sfruttamento dai capireparto, i quali costituivano una sorta di impero (imponevano sul lavoratore la propria arbitrarietà, lo costringevano ad orari faticosi, senza riconoscergli nessun compenso aggiuntivo ma solo un salario minimo). Oltre ai capireparto vi erano i contrattisti, operai qualificati con il compito di assumere personale e di eseguire il processo produttivo nei tempi precedentemente stabiliti.

La produzione inoltre seguiva il sistema del drive system o dello spintone: i lavoratori erano costretti ad accelerare le proprie operazioni per restare al passo con i tempi. Questo comportava la totale mancanza organizzativa di tutto l’apparato aziendale, e operai e imprenditori erano in continua disputa per il surplus finale. (Bonazzi, 2007)

Taylor propose una organizzazione scientifica del lavoro, per distinguere ruoli e compiti (chi stava alla scrivania non poteva dedicarsi alle macchine e viceversa). Non ci sarebbero dovute più essere lotte di classe per rivendicare migliori condizioni di lavoro e aumenti salariali ma invece rapporti di collaborazione fra la direzione e la manodopera.

L’organizzazione taylorista del lavoro intendeva selezionare scientificamente il personale, addestrare gli operai, individuare i tempi, modi di esecuzione per eliminare ogni spreco costituito anche dai tempi morti. Per Taylor il libero arbitrio dell’operaio lo conduceva a rallentare la produzione, a fare di meno e “prendersela comoda”. Questa era la così detta pratica del soldiering. La profonda ignoranza era costituita dal non avere assolutamente idea del tempo necessario per ogni tipo di attività e mansione svolta all’interno dell’officina (il tempo era il minimo comune denominatore dell’azione lavorativa e quotidiana, non ci si poteva più permettere di sprecarlo, in quanto aveva un valore ed un costo). (Accornero, 1994)

Principio base dell’osl (Organizzazione Scientifica del Lavoro) era quello del one best way: vi è una sola e unica soluzione ottimale per risolvere un problema (metterlo in pratica comportava sottoporre a un esperimento un gruppo di circa dieci/quindici persone, analizzare i metodi, i tempi, la posizione fisica, forma, peso, l’uso degli attrezzi). Taylor fece addestrare gli operai 7 Intorno alla metà del XVIII secolo si ebbe un gigantismo industriale, dovuto ad uno spostamento repentino di forza-lavoro dalle campagne alle città con un conseguente “intasamento” della domanda di lavoro. Ciò portò malcontento, soprattutto all’interno della classe lavoratrice che si sentiva estraniata dal proprio impiego. Italiani, Irlandesi, polacchi, vennero inseriti nelle grandi officine e istruiti a mestieri molto semplici, dove il ricambio di forza - lavoro era continuo. (Bonazzi, 1992)

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affinché fossero stimolati a fare meglio per conquistarsi un premio in caso fossero riusciti a rispettare i tempi del task management (misurazione dei tempi e metodi). Rivoluzionò l’apparato direttivo, suddivise i compiti su otto figure di professionisti, i quali avevano ognuno una propria mansione. In questo modo, non vi erano più direttivi oberati di responsabilità. Spartire i compiti della direzione consentì di applicare il principio di eccezione, una sorta di priorità: nell’ufficio del direttore dovevano arrivare prima le problematiche più serie, selezionate e lette da un addetto a tale compito, il quale redigeva rapporti concisi su lamentele e problematiche aziendali (mentre nella fabbrica tradizionale, la scrivania del direttore era inondata di documenti e carte che leggeva e firmava con disattenzione). Taylor aveva in mente un' azienda di piccole dimensioni, con pochi lavoratori al suo interno, per permettere al potere decisionale di avere un rapporto più diretto con l’operaio, un rapporto umano, in cui anche un semplice rimprovero potesse essere fonte di stimolo e di attenzione prima mai avuta. (Bonazzi, 2007)

Organizzare scientificamente la produzione, significava considerare fattori economici più che psicologici. Per esempio per studiare il tempo e le modalità dello scarico della merce considerò un tipo di operaio, soprannominato “uomo bue”, dotato di forza fisica considerevole ma pochissimo intelletto, quindi facilmente manipolabile (Bonazzi, 2007).

1.4 Henry Ford e la produzione di massa

Chi mise in pratica massicciamente l’osl fu Henry Ford (1863 -1947) agli inizi del ‘900, all’interno della sua fabbrica automobilistica (Fanciulli, Potestà, Ruggeri 1986). Ford, così come Smith, era convinto che si dovessero eliminare tutti i movimenti superflui e che l’operaio dovesse dedicarsi a una sola mansione e specializzarsi su quella. A differenza di Taylor, che intendeva insegnare all’operaio il modo migliore per fare il suo lavoro, era convinto che si dovessero disporre le cose affinché l’operaio potesse lavorare al meglio (avviò un sistema salariale che garantiva un minimo di 5 dollari al giorno, ridusse la giornata lavorativa da 9 a 8 ore per una settimana di 48 ore) (Accornero, 1994). All’interno della fabbrica Fordista ci fu un forte acceleramento della produzione, dovuto sì alla innovazione tecnologica ma soprattutto alla standardizzazione dei compiti e alla loro parcellizzazione. Il lavoro venne scandito dalla catena di montaggio, dove al suo interno ogni operaio svolgeva un solo compito in un ciclo continuo (si trattava di operazioni molto semplici, spesse volte non richiedevano grosse responsabilità, ma non permettevano al lavoratore di “pensare ad altro”). Il lavoro venne meccanizzato, gli uomini divennero con il tempo degli automi. Questo condusse ad una anomia del processo produttivo e del lavoro in sé, a una alienazione dell’uomo operaio che divenne a quel punto un “uomo-macchina”(Fanciulli, Potestà, Ruggeri, 1986).

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Ford, a differenza di Taylor, decise di puntare sulla massa, sia dal punto di vista dei consumi che da quello della produzione. Vendere un gran numero di auto comportava creare un modello uguale per tutti, con pezzi intercambiabili ma soprattutto a buon prezzo (Accornero, 1994). Inoltre, sia Taylor che Ford non ebbero un rapporto positivo con il sindacato. Taylor non andava d’accordo con le associazioni sindacali (i sindacati8 mettevano in atto il principio del closed

shop: imponevano agli imprenditori di assumere solamente i propri iscritti. ) perciò puntava a conquistare il lavoratore con buoni - spese, la scuola, l’ospedale, la polizia privata. Mentre Henry Ford firmò il suo primo contratto con il sindacato nel 1942 (quando ormai gli Stati Uniti erano in guerra con la Germania) per anni si era rifiutato di applicare il Wagner Act legge che cercava di riequilibrare i rapporti fra capitale e lavoro9. (Accornero, 1994)

Una differenza fra Taylor e Ford fu il loro modo di trattare la manodopera. Affinché accettasse il task management, Taylor aveva fatto in modo che ricevesse un premio in caso fosse riuscita a rispettare i tempi prestabiliti (il lavoro degli operai era cronometrato, figure come i tagliatempi si aggiravano nei reparti, muniti di cronometri, per controllare che tutto procedesse come era stato scientificamente calcolato e descritto puntualmente al lavoratore). (Bonazzi, 2007)

Nella fabbrica di Taylor l’operaio aveva dei compiti ben definiti da svolgere attraverso un metodo migliore e unico che gli era stato precedentemente “spiegato”.

Nell’impresa fordista la catena di montaggio, la standardizzazione abbrutirono ulteriormente i sensi dell’uomo che vi lavorava, il quale non aveva modo di scegliere quanto guadagnare, perché venne eliminato il cottimo: il ritmo dei suoi compiti era scandito meccanicamente, la produzione di massa e la catena di montaggio sostituirono il lavoro umano con delle macchine.

8 Nel 1889 avviene una svolta e un rilancio del movimento sindacale britannico. Si ha il new unionism, un mutamento della struttura del vecchio movimento (trade union, sviluppatosi in Gran Bretagna tra il XVIII e il XIX sec). Al suo interno è presente la causa della coscienza “politica”, motiva la lotta di classe per la conquista della giornata lavorativa di otto ore e del salario minimo. Molti unionisti, convertiti al socialismo (corrente di pensiero contraria al capitalismo perché richiedeva che fosse lo stato a possedere le risorse naturali, era contro l'individualismo sostenendo che gli uomini lavorano gli uni con gli altri) lottavano per la rappresentanza autonoma e la costituzione di un partito indipendente del lavoro. Palazzolo C. Dal Fabianesimo al Neofabianesimo. Itinerario di storia della cultura socialista brittanica, G. Giappichelli Editore, Torino, 1999, cap. 1. Socialim, Enciclpædia Britannica, School And Library Subscribers, www,brittanica.com. Trade Unions, www.treccani.it 9 National Labor Relations Act emanato negli Stati Uniti nel 1935. Scopo principale fu quello di

garantire il diritto ai lavoratori di potersi riunire in associazioni sindacali e di poter partecipare alla contrattazione collettiva con I loro datori di lavoro. Wagner Act, Enciclpædia Britannica, School And Library Subscribes, www.brittanica.com

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Henry Ford con il suo modello di automobile standard Fonte: media.ford.com

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I Capireparto al controllo del tempo e dei modi di esecuzione nel rispetto dell’osl (1936) Fonte: State Library of NSW

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1.5 L’alienazione dell’uomo operaio

Le macchine quindi resero gli uomini degli automi e spesso si sostituirono alla forza- lavoro umana. Il meccanicismo generò strutture politiche e sociali parcellizzate e frammentate. (Stegman, 2004)

Molti, come Thomas Carlyle10 (1795 – 1881), ritenevano che la società industriale avesse

strappato all’uomo la sua dignità e identità: i valori caratteristici della società agricola erano stati estirpati per far spazio a un crescente processo di automazione.

Il proletariato, secondo Marx (1818-1883), doveva acquisire una coscienza di classe universale che gli desse consapevolezza di un’appartenenza a un ceto protetto e supportato dallo stato, il quale, fino a quel momento, aveva soddisfatto gli interessi borghesi. (Fanciulli, Potestà, Ruggeri, 1986)

La coscienza di classe, della quale parlerà anche Carlyle, è l’unica via per una rinascita. Come può il proletariato rivendicare i propri diritti e tornare a una vita in cui non vi sia più sfruttamento?La proprietà della ricchezza che produce deve tornare nelle sue mani.

Per Marx era necessaria una rivoluzione del proletariato come atto di giustizia. Fu uno dei primi che riconobbe una sorta di svalutazione del lavoro e delle capacità intellettuali dell’uomo inoltre l’avvento del capitalismo portò ricchezza sconsiderata ma mal ripartita, perché la borghesia sfruttava il lavoro dell’operaio per vivere come un parassita alle sue spalle.

Perciò diviene necessaria un' emancipazione dell’uomo dalla sua natura e dai suoi vincoli, permettendogli di essere razionale ed empirico. Il primo vincolo è quello religioso e per Feuerbach (1804 -1872) la religione è una raffigurazione fantastica di ciò che l’uomo vorrebbe essere in rapporto a ciò che è. Essendo l’essere umano limitato e condizionato proietta fuori di sé un Dio. (Stegman, 2004)

L’uomo per Marx è il prodotto della storia, non è un’astrazione, ma un prodotto sociale e la religione è il risultato delle sofferenze e mancanze che è costretto a subire, perciò la società è alienata e sofferente a causa delle ingiustizie sociali e cerca illusoriamente nell’aldilà quello che non trova nell’aldiqua. La razionalizzazione del lavoro e la sua conseguente degradazione conduce gli uomini a un processo di estraneazione, dove il capitalista acquista forza-lavoro ormai divenuta merce e ne diviene il proprietario. Una volta ceduto le proprie capacità all’imprenditore il proletario è alienato dal proprio lavoro, perché non ne ha più il controllo. Non ha la proprietà neanche sulle merci che produce, le quali sono in possesso del capitalista. Più ricchezza crea più contribuisce alla sua miseria. Questo impoverimento caratterizza anche il 10 Epigrafe del suo saggio “Cartismo” (1840) “It never smokes but there is fire” (non c'è fumo senza fuoco), Carlyle pone una forte critica al meccanicismo, uno dei mali dell'Inghilterra dell'Ottocento, ponendo la contrapposizione macchine-natura, macchine-uomo. La macchina ha meccanizzato la cultura, la politica, la società La felicità dell'uomo dipende da ciò che egli è piuttosto che dalle condizioni esterne in cui agisce. Per Carlyle il problema dello Stato è garantire libertà e crescita interiore piuttosto che esteriore. Palazzolo C. Dal Fabianesimo al Neofabianesimo. Itinerario di storia della cultura socialista brittanica, G. Giappichelli Editore, Torino, 1999, cap. 1 (Stegmann, 2004)

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lavoro divenuto monotono, ripetitivo, e vuoto; un’attività forzata dalla quale non trae nessun piacere. (Fanciulli, Potestà, Ruggeri, 1986) L’uomo, si trova a suo agio solo quando non lavora ed inizia a vedere i suoi simili come degli oggetti, come ostacoli da superare. Le macchine lo hanno reso ottuso, inconsapevole di quello che sta facendo, senza dargli la possibilità di specializzarsi, migliorarsi, sfruttare appieno il proprio intelletto e capacità. Non essendo più proprietario del suo lavoro né dei mezzi con il quale produce, non è cosciente delle sue azioni né ha consapevolezza dell’ambiente che lo circonda. Perde perciò contatto con la realtà, con i suoi colleghi, con la parola stessa, uno dei pochi strumenti di socializzazione (Fanciulli, Potestà, Ruggeri, 1986).

Karl Marx 1818 - 1883

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1.6 Critiche del sistema taylor-fordista: Gli studi condotti da Elton Mayo

L'alienazione e l'estraneazione di cui tratta Marx sono uno dei punti negativi del sistema Taylor-Fordista che non considerò l’aspetto psicologico del lavoro di fabbrica.

Il metodo di Taylor fu uno strumento di sfruttamento della classe operaia dove il lavoro divenne merce da scambiare sul mercato e l’operaio anche. L’errore di Taylor fu quello di non prendere in considerazione il fatto che non si poteva stabilire una soglia standard di fatica valida per tutti, altri fattori dovevano erano altrettanto importanti, come l’età, il peso corporeo, il sesso. (Bonazzi, 2007)

Se gli operai tendevano a rallentare la produzione e a “prendersela comoda”, forse non trovavano interessante quello che facevano. La noia e la monotonia nei compiti potevano affaticare il lavoratore, fisicamente e mentalmente. Il lavoro divenuto individuale, non dava modo ai manovali di confrontarsi gli uni con gli altri, imparare gli uni dagli altri e se veniva scoperto un nuovo modo per arrivare prima al risultato lo si teneva nascosto, senza condividerlo. (Fanciulli, Potestà, Ruggeri, 1986) L’animo dell’uomo operaio è egoista, impaurito, I suoi bisogni primari e necessari, come la fame, lo conducono ad accettare lavori debilitanti per tutti i suoi sensi, fisici e psichici. Sebbene la catena di montaggio non richiedesse grande sforzo intellettuale, esigeva un’attenzione necessaria affinché tutto andasse a buon fine e nonostante non svolgessero compiti difficili che richiedessero grosse responsabilità, gli operai erano costretti a concentrarsi su lavori monotoni e ripetitivi.

Secondo Wyatt, Fraser e Stock, i quali condussero i primi studi di psicologia industriale nel 1929, era necessario ripristinare il cottimo affinché fungesse da stimolo positivo, invitare a lavorare in gruppo e non più individualmente, inserire delle pause durante l’orario di lavoro, organizzare l’attività in modo da favorire nell’operaio una consapevolezza di quello che stava facendo. (Bonazzi, 2007)

Uno dei primi a occuparsi di studiare gli aspetti socio-psicologici del lavoro fu lo psicologo e sociologo australiano Elton Mayo (1880-1949) che condusse degli studi nel 1924 alla Western Electric Company di Hawthorne presso Chicago. Il suo obiettivo fu quello di analizzare come stimoli economici (incentivi di produzione) e psico-sociali (rapporti cordiali fra responsabili e prestatori d’opera) potessero influenzare positivamente o negativamente la produzione. Il primo esperimento riguardò aspetti ergonomico-ambientali e con esso si intendeva analizzare il grado di connessione tra illuminazione e rendimento per scoprire se a un incremento di luce all’interno dei reparti corrispondesse un aumento produttivo.

Alla fine dell’esperimento si notò che in alcuni locali dove era stata migliorata l’illuminazione, si ebbe un leggero aumento di produzione e questo si verificò anche in altri ambienti che non avevano subito nessun cambiamento di natura ergonomica. Il peggioramento delle condizioni ambientali aveva fatto sì che le operaie pensassero di essere messe alla prova perciò si erano impegnate a fare meglio, per dimostrare di essere in grado di lavorare anche in condizioni

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ambientali scarse o disagiate. Successivamente vennero svolti altri esperimenti dove si stimolava il lavoro di gruppo e di squadra e dove al loro interno si notò che i partecipanti instaurano un legame forte e solidale, si aiutavano gli uni con gli atri, formando delle norme interne alla squadra, che attivava dei meccanismi di autodifesa di fronte alle pressioni esterne, per esempio nei confronti di un aumento forzato della produzione.

La scuola delle relazioni umane ha avuto il pregio di considerare per la prima volta il “fattore umano” all’interno del mondo del lavoro.

Taylor e successivamente Ford non avevano posto l’attenzione ai fattori informali e quindi soggettivi che caratterizzano le risorse umane, pretendendo di standardizzare le persone così come i prodotti. La scuola, con i suoi esperimenti dimostrò che l’ambiente di lavoro poteva esercitare un'influenza positiva o negativa sul rendimento degli operai ed era importante rendere i locali dell’officina accoglienti, con una disposizione dei macchinari più consona alle esigenze del lavoratore, instaurare rapporti armoniosi, amicali tra gli impiegati e i superiori, stimolare gruppi di lavoro affinché sorgesse cordialità e affiatamento tra i colleghi, rapporti solidali e di sostegno reciproco (Fanciulli, Potestà, Ruggeri, 1986).

Anche con Mayo si ritorna al concetto di “coscienza di appartenenza” a una condizione e classe, proprio come avevamo visto con Karl Marx e Thomas Carlyle.

Mayo concepisce la società capitalistica molto turbata a causa di una profonda crisi di valori. Per spiegare fenomeni come delinquenza, alcolismo, violenza, prostituzione, riprende l’anomia di Ėmile Durkheim (1858 – 1917)11 che rappresenta una condizione in cui le norme morali, che

prima caratterizzavano la società agricola, si sono indebolite. Tale indebolimento è dovuto principalmente al progresso verificatosi con l’avvento delle rivoluzioni industriali.

La società industriale è caratterizzata da fenomeni innovativi come l’introduzione delle macchine all’interno delle officine, una forte urbanizzazione, cambiamento nelle abitudini di vita della classe lavoratrice, mentre la società non anomica è una comunità di piccole dimensioni, dove all’interno i singoli membri hanno una chiara identità sociale, sanno qual è il loro ruolo all’interno della società e conoscono le tappe fondamentali della loro esistenza. In questa comunità, gli interessi individuali non contrastano con quelli collettivi. (Bonazzi, 2007, Semenza, 2014)

Mayo non critica l’industria e l’urbanizzazione ma non si trova d’accordo con il modo sregolato in cui si sono verificate.

Le sue idee liberiste lo vogliono contro l’intervento statale, piuttosto crede nelle istituzioni secondarie. Essendo la fabbrica l’istituzione secondaria per eccellenza, non si deve preoccupare più solamente del profitto, ma anche dell’aspetto sociale. Deve favorire spazi sociali, associazioni ricreative, sportive e culturali e come una “grande madre” dispensare comprensione e calore umano (Bonazzi, 2007)

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La Western Electric Company, Illinois Fonte: communyawalk.com

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1.7 La questione del tempo nella Grande Industria

Oggi nel XXI secolo, esistono ancora forme di alienazione, in parte forse anche causate dal progresso tecnologico, il quale oltre ad aver apportato profondi miglioramenti nella vita delle persone ha cambiato il modo di vivere, di socializzare, di credere e combattere per dei valori. Come abbiamo visto nei precedenti paragrafi, la rivoluzione industriale cambiò l’aspetto sociale oltre a quello economico o politico. Con il capitalismo si assistette a una rivoluzione del lavoro, della ricchezza e del tempo. Il lavoro, un tempo artigianale, venne sostituito dalla fabbrica e divenne monotono e automatizzato. La proprietà dei mezzi di produzione e dei prodotti venne conquistata dagli imprenditori (Accornero, 1994). Questo condusse a una estraniazione dal lavoro e una anomia della società, non più stabile e guidata da leggi morali solide, ma nuova, grande e fragile. L’urbanizzazione aveva trasformato l’apparato cittadino e i piccoli borghi con il tempo divennero delle grandi città dove la vita iniziò a essere scandita dal tempo, il quale trasformò e venne trasformato a sua volta in merce con un valore in grado perciò di produrre ricchezza (Accornero, 1994).

“Time is money” sosteneva Benjamin Franklin12 (1706 -1790) e nelle sue massime ci ricorda

che il tempo è denaro, il credito è denaro, il denaro a sua volta è fecondo e produttivo. Puntualità, precisione, operosità, parsimonia sono le virtù per chi le pratica della via del successo nel mondo. Le massime di Franklin vengono viste da Max Weber13 come un’etica, una

morale, la cui violazione viene considerata un peccato (Fanciulli, Potestà, Ruggeri, 1986, Semenza, 2014).

Il progresso tecnologico condusse così a un nuovo assetto dell’apparato sociale: la vita e le abitudini degli uomini cambiarono per stare al passo con le nuove routine quotidiane e l’industria, oltre a cambiare il modo di lavorare e le forme del lavoro, ormai divenuto salariato, animò un tempo rigido, parcellizzato, più veloce di quello precedente (Accornero, 1994). Tutto ruotava intorno alla nuova sfera temporale, che disciplinava il lavoro già all’ingresso delle fabbriche, dove la pendola di timbratura rilevava la puntualità e la presenza. La giornata degli uomini iniziava con l’entrata in azienda, per finire con il fischio della sirena. Così la temporalità 12 É stato un editorie, stampatore, inventore e scrittore. Frlanklin ha contribuito alla stesura della Dichiarazione di Indipendenza ( 4 luglio 1776), fu uno dei suoi firmatari. Aveva rappresentato gli Stati Uniti in Francia durante la Rivoluzione Americana (1775-1783), era un delegato alla Convenzione Costituzionale. Ha apportato importanti contributi alla scienza, specie nella comprensione dell'energia elettrica, è ricordato per la sua arguzia, saggezza, eleganza della sua scrittura. Declaration of Indipendece, Enciclpædia Britannica, School and Library Subscribers, www.brittanica.it, Benjamin Franklin, Enciclpædia Britannica, School and Library Subscribers, www.brittanica.it

13 1864 – 1920 è stato un sociologo e politico economico tedesco, famoso per il suo “Etica Protestante e lo spirito del capitalismo”(1904-05). Nella sua opera sostiene che l'etica protestante è stata un fattore importante per il successo economico dei gruppi protestanti nelle prime fasi del capitalismo europeo. Il comportamento capitalistico si caratterizza per Weber, dalla separazione tra concetto di bisogno e concetto di guadagno, si va oltre l'appagamento dei bisogni. Analizzò inoltre, I motivi che stanno dietro l'azione umana. Max Weber, Enciclpædia Britannica, School And Library Subscribers, www.brittanica.com

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passata, quella delle società rurali, forse più lenta e dalle giornate più brevi, venne soppiantata a favore di una forma temporale nuova ma allo stesso tempo destabilizzante. (Accornero, 1994) Con la meccanizzazione si assistette a una sincronizzazione dei movimenti, in quanto era fondamentale che fossero ancora di più in sintonia con le macchine. Con il taylorismo si pone una forte attenzione a questo particolare e tutta l’attività degli impiegati era cronometrata dai capireparto. Vi erano poche pause al fine di sprecare meno giornata di lavoro possibile e tutta la cronologia della società si fa più rigida, perché la durata della settimana viene ancorata a quella degli orari di fabbrica. (Accornero, 1994, Bonazzi, 2007)

Le nuove forme di vita quotidiana e lavorativa generarono un malessere e malcontento all’interno della società, tanto che nel 1886 in Gran Bretagna, delle operaie proposero di dividere la giornata di 24 ore così: 8 di lavoro, 8 di sonno, 8 di vita.

Si chiesero turni e orari meno disumani, per minori e donne, un mitigamento della punizione per chi arrivava in ritardo. Verso la fine del secolo l’uso del tempo venne razionalizzato e nelle officine si inserì la pratica del cottimo, un incentivo salariale che variava in base a quanto veniva prodotto dal singolo operaio. Tale pratica allettava i lavoratori a dare il massimo e chi non lo faceva veniva punito. (Accornero, 1994, Bonazzi, 2007)

Con l’organizzazione scientifica del lavoro si introdussero dei premi alla produzione per chi fosse stato in grado di rispettare i tempi e i modi consigliati nell’addestramento, mentre

chi non riusciva a rispettare le regole veniva punito con delle sanzioni di riduzione salariale. Taylor non aveva compreso che I lavoratori se la prendevano comoda non perché era una caratteristica intrinseca della loro natura umana ma perché si stavano ribellando al sistema di fabbrica, cercando di contrattare i tempi di esecuzione del lavoro.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, l’operaio aveva conquistato una retribuzione più alta ed un orario più corto, l’imprenditore iniziò a considerarlo un consumatore.

Avendo la giornata lavorativa più breve aveva la possibilità di dedicarsi anche a se stesso. Si iniziò a parlare di tempo libero, un godimento che staccava l’operaio dall’alienazione di fabbrica.

Nel 1962 in Italia i metalmeccanici si conquistarono la settimana corta, cinque giorni settimanali di lavoro invece che sei. (Accornero, 1994)

Si iniziò a parlare di week-end, e se gli uomini avevano del tempo libero potevano dedicarlo ai propri interessi, passioni, consumi, e chi poteva permetterselo ai viaggi.

Nell’epoca contemporanea occorre una organizzazione sociale del tempo che dia la possibilità al lavoratore di scegliere il proprio.

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Cap 2. La crisi del modello Fordista

2.1 Introduzione

Le prime due rivoluzioni industriali trasformarono i piccoli villaggi in città, dove al loro interno sorsero industrie di grandi dimensioni. Le scoperte come quella del vapore (I Rivoluzione Industriale) e del motore a scoppio (II Rivoluzione Industriale) contribuirono ad accelerare il processo produttivo, grazie anche all'ingresso in fabbrica di macchinari molto potenti, che andarono a irrigidire e razionalizzare i compiti dell'operaio, il quale si trovò con il tempo spaesato, estraneato, alienato (Marx) dalla propria attività. La produzione di massa e standardizzata si dimostrò debilitante per l'uomo e alcuni paesi, in particolare il Giappone, implementarono un modello completamente innovativo, dove il lavoratore diveniva più polivalente e con il tempo veniva investito di grosse responsabilità.

Si svilupparono inoltre degli studi condotti anche da Braverman e Friedman (anni Settanta) che osservarono i cambiamenti apportati anche dal continuo progresso tecnologico, talmente veloci da non permettere di essere compresi fino in fondo.

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2.2 La crisi del capitalismo liberale

La Rivoluzione Industriale e la nascita della macchina e della fabbrica diedero vita all'economia di mercato e al mercato del lavoro, il quale favorì la produzione di massa e l'economia di scala (Polanyi in Block, 2001). L'accumulazione di capitale non doveva trovare ostacoli, perché generava ricchezza: affinché il sistema di fabbrica si espandesse, era necessario che si costituisse un mercato del lavoro.

Un importante intervento statale nell'economia si iniziò a riscontrare nelle politiche economiche adottate dal presidente americano Franklin Delano Roosvelt (1882 - 1945) durante il periodo della Grande Crisi del 1929. Una gravissima recessione economica che colpì molti paesi e che vide gli Stati Uniti mettere in pratica un piano per risollevare le sorti della Nazione (Il New Deal 1933-1939). Tale programma conteneva politiche differenti per l'industria, l'agricoltura, le banche, le risorse energetiche. Uno dei primi che rivoluzionò le politiche di intervento statale in ambito economico fu John Maynard Keynes (1883 – 1946), che metterà in discussione le politiche neoclassiche14. Keynes non era pienamente in disaccordo con la politica del

laissez-faire ma sosteneva comunque un intervento statale. Secondo Keynes, l'intervento pubblico deve agire nell'interesse dell'occupazione e i mercati non si autoregolano, ma devono essere governati per evitare sprechi di risorse e inefficienze. Un aumento della spesa pubblica genera un aumento della produzione con un conseguente aumento dell'occupazione, e il deficit di bilancio serve a raggiungere l'obiettivo del pieno impiego.

L'economia liberale sorta nel XIX secolo, dipendeva da politiche pubbliche e da un'idea di società influenzate dall'ideologia del laisse-faire. Ma un'economia dominata dalle leggi di mercato presupponeva dei costi sociali insostenibili (Polanyi in Block, 2001).

L'economia di mercato, sostiene Polanyi, viene a costituirsi dopo l'abolizione delle Poor Law15

nel 1834 e termina con la nascita delle associazioni sindacali e del Welfare State16. Lo Stato

Sociale nasce in quanto risposta a una politica liberale che aveva posto al centro dell'attenzione il capitale, ponendo dei costi sociali elevati generati dall'espansione del mercato17. (Polanyi in

14 Uno dei più importanti economisti neoclassici fu Alfred Marshall (1842-1924) che nella sua opera “Principi di Economia” del 1890, scrive che il prezzo dei beni è determinato dalle forze che regolano la domanda e l'offert. La teoria Neoclassica e la rivoluzione Keynesiana, www.ginnasi.it

15 Corpo di leggi brittanico entrato in vigore nel XVIII secolo (1797-1834) che intendeva dare sostegno ai poveri. Nel 1601 fu costituita una legge che costringeva I poveri a lavorare indipendentemente dal salario che ne potevano ricavare. Nel 1834 fu varato il Poor Law amendement act, che dettava condizioni più restrittive, accompagnando l'erogazione dei sussidi all'attività che veniva svolta nelle workhouse, presenti in Gran Bretagna già dal Medioevo. Poor Laws, www.treccani.it

16 L'espressione si riallaccia a un sistema di sicurezza sociale, nel quale ogni bisogno ritenuto essenziale è oggetto di intervento normativo e istituzionale nei confronti di una popolazione. La definizione di Welfare State si sviluppa dopo la Seconda Guerra Mondiale, in questo caso si parla di Stato Sociale o di benessere, quando si ha un governo che cerca di promuovere lo sviluppo economico e il benessere sociale dei cittadini. Il Welfare State caratterizza uno stato con funzioni di gestione e organizzazione dei servizi sociali, assistenziali, previdenziali in favore dei suoi cittadini. Myles J. Quadagno G. Political Theories of the Welfare State, University of Toronto, 2002

17 Esping-Andersen nella sua opera del 1990 The Three Worlds of Welfare Capitalism individua tre regimi di welfare: liberale, conservatore e socialdemocratico. Nel welfare liberale I cittadini sono incoraggiati a cercare il proprio benessere all'interno del mercato, esempi di questo regime sono le

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Block, 2001) È un'alternativa ai regimi fascisti delle due guerre nati per contenere i costi sociali del mercato.

La politica del laissez-faire in realtà era tanto pianificata quanto un intervento statale nell'economia. (Polanyi in Block, 2001).

2.3 Harry Braverman e la degradazione del lavoro

Intorno agli anni ‘7018 il modello produttivo taylor-fordista incontra difficoltà dovute anche al

processo di terziarizzazione. Con terziarizzazione si intende la nascita e lo sviluppo del settore dei servizi, generato da un progresso tecnologico, il quale coinvolge maggiormente il settore informatico e informativo. Oggi, molte persone sono impiegate nel terziario, nel quale sono richieste figure più professionali e qualificate rispetto a quelle del passato. Come abbiamo visto precedentemente, il sistema della produzione di massa e della catena di montaggio aveva svalutato e degradato il lavoro umano. Molti sociologi criticarono il capitalismo industriale sviluppato dall’Ottocento, fino agli anni Sessanta del Novecento, in particolare, Braverman19

(1974). In riferimento allo scientific management parla di svalutazione, degradazione, dequalificazione, del lavoro e dell’uomo stesso, con particolare riguardo al suo intelletto e alle sue capacità (Bonazzi, 2007). Il capitalismo monopolistico e la separazione netta tra esecuzione e progettazione, avevano fatto sì che l’operaio non fosse più focalizzato sul suo lavoro, ma che lo eseguisse meccanicamente, senza dargli la giusta importanza. L’innovazione tecnologica era pensata in funzione della massima ricerca del profitto, e la standardizzazione e razionalizzazione dei compiti aveva comportato un impoverimento intellettuale e di controllo sul proprio lavoro. Ma secondo Braverman il progresso tecnologico fu un atto inevitabile, e gli esseri umani non avrebbero potuto far nulla per impedirlo (Fanciulli, Potestà, Ruggeri, 1986). Il democrazie anglo-americane. Il regime conservatore è fortemente influenzato dalla dottrina cattolica, respinge il primato del mercato e privilegia la famiglia come luogo di benessere sociale. Esempi di questo regime si trovano in Europa Continentale. I welfare socialdemocratici (Scandinavia) rappresentano un modello di società caratterizzato da ampi diritti sociali, sottolineando il principio di uguaglianza, dando una notevole enfasi alla ridistribuzione della ricchezza per fornire a tutti alti livelli di sicurezza economica. I servizi sociali (come ad esempio la cura dei bambini) consentono alle donne e ai genitori in generale, di partecipare al mercato del lavoro. Myles J. Quadagno J. Political Theories of the Welfare State, University of Toronto, Florida State University, 2002.

18 Tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta ci fu una lenta crescita economica, accompagnata da alti livelli di disoccupazione e da un invecchiamento della popolazione. La globalizzazione economica è uno dei fattori che vengono presi in considerazione circa il carattere mutevole delle politiche del wlefare, in quanto intorno agli anni Settanta la maggior parte degli Stati aveva abbandonato il sistema dei controlli sui capitali messo in atto dal secondo dopoguerra con gli accordi di Bretton Woods. L'apertura economica aumenta l'insicurezza dei lavoratori nei grandi settori economici e gli stati sociali vengono progettai per attutire gli impatti della crescente competizione internazionale. Myles J. Quadagno J. Political Theories of the Welfare State, University of Toronto, Florida State University, 2002.

19 Harry Braverman è stato un marxista americano, economista, politico e rivoluzionario. Nasce a New York il 9 dicembre 1920 da una famiglia di classe operaia. In gioventù lavora per molte industrie metallurgiche, per poi diventare redattore del Grove Press, e del Monthly Review Press, dove vi lavorerà fino alla sua morte (2 agosto 1976). È conosciuto soprattutto per il libro: Labor and Monopoly Capital: the degradation of work in Twentieth Century - Lavoro e Capitalismo Monopolistico: La degradazione del lavoro nel XX Secolo - en.wikipedia.org

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capitalismo, per l’autore è un sistema di rapporti di proprietà, in cui vi è chi amministra ricchezza e chi la produce. Critica Proudhon20, per non aver compreso che i rapporti sociali sono

saldamente legati a quelli economici. Se avviene qualcosa all’interno dell’economia e della produzione da far sì che gli uomini apportino delle modifiche al lavoro, inevitabilmente tali modifiche influenzano anche la loro vita quotidiana. Per Harry Braverman, come per Karl Marx, erano i rapporti di produzione a generare una divisione di classe non i macchinari. Il lavoro umano per Braverman è cosciente e finalizzato, al contrario di quello degli animali che è istintivo, “è una diretta espressione dell’intelligenza umana e deve trascendere dall’attività animale (Fanciulli, Potestà, Ruggeri, 1986).” Essendo per egli il lavoro espressione dell’attività umana e dei rapporti sociali, acquisisce dei caratteri negativi ogni qualvolta viene subordinato al capitale. All’interno del capitalismo vi è una forte pressione dovuta alla concorrenza, la quale spinge a rinnovare i processi produttivi con nuove tecnologie e a estendere la propria arbitrarietà e controllo sulla forza-lavoro. Braverman sostiene che lo scientific management sia nato perché divenne inevitabile gestire il progresso tecnologico. Il lavoro artigianale è stato soppiantato dal capitalismo, il quale ricolloca all’interno della sua catena l’attività umana, adattandola ai suoi interessi. In questo stesso scenario si inserisce il taylorismo, la “direzione scientifica del lavoro” e la presenza delle macchine (Fanciulli, Potestà, Ruggeri, 1986). Tanto più la scienza e la tecnologia si incorporano nella produzione, tanto meno l’operaio è in grado di capirla e controllarla. Meno riesce a comprendere il processo produttivo nel quale si trova, meno riesce a restare umano. Questo porta a una lenta ma inevitabile degradazione del lavoro. L’addestramento che deve subire l’operaio dell’Osl, non è un arricchimento delle sue capacità e qualità, ma finisce una volta raggiunti i risultati. Il lavoratore è semplicemente messo nelle condizioni di seguire determinati compiti. Per Braverman, studiare i movimenti del lavoro, significa osservare anche gli spostamenti del valore svolto nel Capitale Monopolistico, il quale ha condotto a un processo di estraneazione del lavoro e il dominio del capitale all’interno dei rapporti sociali, il quale annienta la “soggettività creatrice” insita nell’essere umano, per lasciare spazio a una organizzazione più rigida, dettata dalle leggi di mercato, perché essa contrasta con le politiche interne ai rapporti tra capitale e lavoro (Fanciulli, Potestà, Ruggeri, 1986). Il capitalista però, necessita di tale soggettività, perché solo attraverso di essa si può realizzare il processo di produzione sociale. Cosa resta della soggettività creatrice, se questa deve adattarsi alla tecnologia? In questo caso “il lavoro cessa di essere un’attività naturale per divenire estorta”. Se gli uomini hanno trascorso secoli formando la propria cultura grazie alle loro 20 Pierre Joseph Proudhon nasce a Besançon (Francia) nel 1809. Nel 1848 viene eletto all’Assemblea Nazionale, dove vi eserciterà una intensa attività politica. Critica il capitalismo ed in particolare la proprietà privata che non può essere legittimata in quanto rappresenta un furto. In particolare è contro il “Droit D’Aubaine”: L’Istituto Di Diritto Antico, con il quale lo Stato incamerava i beni di uno straniero chenon avevalasciato eredi. Si trattava letteralmente di una appropriazione indebita. Grazie a questo diritto il proprietario “mieteva senza arare, consumava senza produrre, raccoglieva senza coltivare” e colui che veramente lavorava la terra era escluso da tale godimento. La proprietà, secondo Proudhon va abolita, perché contraria ai principi di libertà ed uguaglianza. Proudhon muore nel 1865 a Parigi www.treccani.it

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attività manuali e intellettuali, adesso perdono questo valore, per favorire il meccanicismo che schiaccia la creatività e l'inventiva umane, a sostegno di un sistema in cui i fattori soggettivi del lavoro cedono spazio a fattori oggettivi, inanimati. “ La realtà lavorativa è quindi attraversata da due motivi di dinamismo:

• Il rapporto capitale/lavoro

• le trasformazioni dell’attività lavorativa da forma individuale a forma collettiva e integrata

Le due dimensioni sono collegate insieme, in modo non casuale; la divisione sociale del lavoro suddivide la società, quella parcellizzata frammenta gli umani. “La divisione sociale può valorizzare l’individuo, ma la sottodivisione dell’uomo, se messa in atto senza considerare i bisogni e le capacità umani, è un crimine contro la persona e l’umanità”. (Fanciulli,Potestà, Ruggeri, 1986)

2.4 I giochi di produzione

Andrew Friedman (1977) sostenne che i manager adottarono due strategie di controllo sull’operato degli operai (Bonazzi, 2007). Nel capitalismo di tipo concorrenziale utilizzano metodi dispotici, esercitando un controllo diretto e coercitivo sulla produzione. Nel capitalismo monopolistico intraprendono tattiche di incoraggiamento e consenso. La forza - lavoro è malleabile ma indocile, i lavoratori possono fare molto di più di quanto stabilito nel contratto, ma spesse volte sono ostili al management. Essendo però dotati di coscienza e intelletto, hanno bisogno di dare senso alle proprie azioni. Se l’imprenditore intende esercitare la propria volontà sui suoi subalterni, è necessario che lasci loro un po’ di spazio, di “libertà”, che Friedman chiama autonomia responsabile. Con l’evoluzione tecnologica cambia la forma specifica del controllo, più che la sua natura21. Nella ricerca Manufacturing Consent (1979) Michael

Burawoy22 dedica al proletariato e alle fabbriche una particolare attenzione. Per spiegare lo

sviluppo della logica capitalista, parte da un analisi economica, in cui raffronta l’economia del feudalesimo con quella capitalistica. Nel sistema di tipo feudale, il servo della gleba, lavora alcuni giorni fissi per il padrone della terra su cui vive, e sa sin da subito quale sarà il suo compenso, indipendentemente dal raccolto. Il surplus da versare al padrone è trasparente. Nella fabbrica, il prelievo di surplus è oscurato; l’operaio non è proprietario né dei mezzi di produzione né del proprio lavoro, vive una condizione di subordinazione, in quanto il 21 Commisso G. Il controllo diretto e l'autonomia responsabile. Soggettività al lavoro: operai italiani

ed inglesi nel post-fordismo, Rubbettino, 2004, pagg 38-40

22 Michael Burawoy (15 giugno 1947) è un professore di sociologia, presso l’Università Della California. È conosciuto per la sua opera più importante; Manufacturing Consent: Changes in the Labor Process Under Monopoly Capitalism - uno studio sul lavoro e le organizzazioni tradotto in numerose lingue. en.wikipedia.org

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