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Applicazione dei principi del Total Quality Management quale strumento di analisi organizzativa di una Azienda Sanitaria Pubblica

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA

DIPARTIMENTO DI ECONOMIA E MANAGEMENT

LAUREA MAGISTRALE IN STRATEGIA,

MANAGEMENT & CONTROLLO

TESI DI LAUREA

Applicazione dei principi del Total Quality Management quale

strumento di analisi organizzativa di una Azienda Sanitaria

Pubblica

Relatore: Prof.sa Taraballa Angela

Laureando: Giannella Silvia

Matr. N° 407534

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INDICE

INTRODUZIONE………...4

1. IL CONCETTO DI QUALITÀ……….7

2. I MODELLI……….12

3. IL TOTAL QUALITY MANAGEMENT E IL CICLO DI DEMING…………..28

3.1 QUALITÀ IN SANITÀ………32

4. RIFERIMENTI NORMATIVI DELLA QUALITÀ NEL SETTORE SANITARIO……….36

4.1 LEGGE NAZIONALE 502/92……….36

4.2 LEGGE REGIONALE 51/09 E DECRETO ATTUATIVO 61/R………39

5. CASO STUDIO “Azienda sanitaria 6 di Livorno”………...61

CONCLUSIONI………75

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI………77

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INTRODUZIONE

Al giorno d’oggi sentiamo sempre più spesso parlare di qualità, in tutte le attività, ma spesso non ci rendiamo conto di come questo concetto possa influire sulle nostre vite. La prima istintiva definizione di qualità è quella che identifica la qualità di un prodotto come “la mancanza di difetti” nel prodotto stesso.

In realtà, anche se tale definizione non è sbagliata in senso assoluto, essa risulta comunque essere estremamente generica ed inutile ai fini pratici. Tale definizione infatti risulta essere molto più adatta ad identificare la “difettosità” di un prodotto, piuttosto che la sua qualità.

Certamente non è un parametro assoluto, e soprattutto realizzare prodotti di qualità non vuole dire fare prodotti più o meno belli o senza difetti, ma significa realizzare ciò che il cliente vuole in quel momento.

Peter Drucker ha fornito la seguente definizione di qualità:

“ La qualità di un prodotto o di un servizio non è ciò che il fornitore vi mette, ma è ciò che il cliente ne ricava e per cui è disposto a pagare. Un prodotto non è di qualità perché è difficile da produrre o perché è caro. Questa è soltanto incompetenza.

I clienti pagano soltanto ciò che è loro utile e fornisce loro un valore. Null’altro costituisce la qualità.”

Pertanto, secondo la definizione ufficiale Norma ISO 8402 (anno 1986):

“ La qualità è l’insieme delle proprietà e delle caratteristiche del prodotto che gli conferisce l’attitudine a soddisfare i bisogni espressi o impliciti dei clienti.”

Quindi la qualità non è un attributo del prodotto o del servizio, ma è relativa all’uso di tale prodotto o servizio, ovvero secondo la definizione di M.Juran:

“ La qualità è l’idoneità all’uso”1.

Quotidianamente facciamo degli acquisti, abbigliamento, alimentari; utilizziamo dei servizi, trasporti, sicurezza e sanità…

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Nello scegliere, cerchiamo quello che più soddisfa le nostre esigenze, quello che più risponde ai nostri bisogni e ci adoperiamo a compiere scelte che siano le più vantaggiose. Nel campo dell’assistenza sanitaria queste preferenze assumono un ruolo fondamentale perché vanno ad incidere sulla sfera “salute personale” ed è necessario che siano affrontate nel miglior modo possibile.

Garantire una buona qualità dell’assistenza è oggi uno dei maggiori problemi che i sistemi sanitari si trovano ad affrontare con la spinta delle crescenti aspettative dei cittadini che richiedono sempre di più eccellenti livelli di assistenza. La qualità dell’assistenza è il risultato finale di un complesso intreccio di fattori, quali la capacità di gestione, la razionalità dell’uso delle risorse disponibili, la capacità di governo dell’innovazione, di indirizzare i comportamenti professionali degli operatori e, non ultima, la gestione del rischio; è il risultato di specifiche scelte di politica sanitaria che intervengono sugli assetti organizzativi e sui meccanismi di trasferimento delle conoscenze scientifiche nella pratica e sulla capacità del sistema di documentare i risultati ottenuti.

In questa trattazione focalizzeremo l’attenzione sul “Sistema Qualità” dell’azienda sanitaria USL 6 di Livorno, partendo dalla normativa vigente ed andando ad investigare come l’azienda oggetto di studio gestisce il suo sistema qualità, attraverso la definizione del ciclo di Deming (o PDCA).

Verranno utilizzati documenti regionali, quali la legge 51/09, documenti interni aziendali, quali le diverse procedure e istruzioni operative esistenti, etc. La metodologia prevede anche la somministrazione di interviste mirate a professionisti impegnati nel settore della qualità dell’azienda Usl 6. Nella prima fase della tesi definiremo i due percorsi, a livello normativo, legati al processo di “Accreditamento”: sia quello che prevede i requisiti minimi d’esercizio (“Verifica dei Requisiti di Esercizio” o VrE) sia quello previsto per l’accreditamento istituzionale dei percorsi sanitari (“Accreditamento” propriamente detto).

Una volta descritti i due percorsi il passo successivo sarà calare la teoria nella pratica andando ad utilizzare, quale strumento di analisi organizzativa della Azienda Sanitaria, il

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ciclo di Deming (o PDCA). Esso prevede che qualsiasi processo può essere visto come un ciclo che ha quattro fasi:

Fase del Plan, ovvero pianificazione ed individuazione dei problemi e scelta delle priorità, definizione dei criteri validi e di livelli soglia accettabili (standard), studio sull’entità e le cause dei problemi;

Fase del Do, ovvero mettere in atto le azioni studiate;

Fase del Check, ovvero controllare, monitorare i risultati derivanti dalle azioni; Fase dell’Act: ovvero dare seguito alle azioni di miglioramento necessarie ovvero

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1. IL CONCETTO DI QUALITÀ E LA SUA

EVOLUZIONE

Il termine qualità è diventato al giorno d’oggi come una parola d’ordine, un obiettivo da raggiungere in tutti i campi dall’attività umana; questa richiesta giunge non solo da chi acquista ed utilizza il bene, ma anche da chi usufruisce di servizi.

Nel libro “Juran on planning for quality” lo stesso Juran, pioniere della qualità, ci fa riflettere sulla definizione del concetto di qualità. Sostiene infatti che prima di parlarne sia doveroso fare chiarezza sulla definizione.

Come precedentemente richiamato Joseph Juran afferma con una semplice definizione, quasi in contraddizione con la sua affermazione di non cadere nella tentazione di dare una definizione troppo breve, che la “qualità è l’idoneità all’uso”.2 Il concetto di qualità è legato, quindi, sia al prodotto che all’utilizzazione; in altre parole è la rispondenza all’uso riscontrata dal consumatore in relazione alle esigenze che motivano l’acquisto del prodotto.

Nel corso della storia il concetto ha assunto sempre nuovi significati passando da quello tecnico, fulcro la difettosità del prodotto, attraverso la qualità percepita, riguardante il giudizio fornito dall’utilizzatore fino ad arrivare alla qualità totale, sinonimo di eccellenza aziendale. La qualità è, ormai, uno strumento per mantenersi competitivi nel mercato attraverso l’evoluzione di prestazioni e risultati misurabili in corso di continuo miglioramento nel tempo.

Senza partire dalla notte dei tempi ripercorriamo l’evoluzione storica del concetto di qualità, sostenendo che come concetto tende a mutare con l’evolversi delle esigenze socio-economiche e dalle esigenze e aspettative degli utilizzatori. Riprendendo in parte la classica suddivisione di Feigenbaum, padre del Total Quality Management, si possono distinguere fino ai giorni nostri, le seguenti fasi:

2

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• Fase del controllo qualità da parte dell’operatore (fino ai primi del 1900)

• Fase del controllo qualità da parte dei capireparto (1900-1920)

• Fase del controllo qualità da parte degli ispettori (1920-1940)

• Fase del controllo qualità statistico (1940-1960)

• Fase del controllo totale della qualità “TQC” (1960)

• Fasi dei sistemi di assicurazione, garanzia della qualità (1970-2000)

• Fase del “CWQC” e dei sistemi “TQM” (1980-1990)

• Fase di evoluzione dei sistemi “TQM” (1990 in poi)3

La prima fase, del controllo qualità da parte dell’operatore, è legata agli albori della civiltà industriale, in cui la produzione è esclusivamente di tipo artigianale. In quegli anni i volumi ed i ritmi industriali erano modesti, la situazione del mercato è caratterizzata da un’offerta nettamente inferiore alla domanda. L’artigiano è il fulcro della produzione e commercializzazione; prende personalmente i contatti con i clienti e questi hanno la possibilità di formulare le proprie richieste. Pertanto gli operatori, esperti nel lavoro, nei materiali e di tempi di realizzazione possono consigliare il cliente e tradurre le loro esigenze nel prodotto richiesto. L’autocontrollo era lo strumento dominante, la qualità costituisce l’obiettivo primario dell’artigiano. Esso risulta il primo collaudatore, alla cui ispezione si aggiunge la prova effettuata dal cliente.

Con la rivoluzione industriale le modalità produttive subiscono dei forti cambiamenti: l’obiettivo fondamentale è aumentare la qualità ottenuta e ciò attraverso l’aumento delle dimensioni aziendali. L’aumento repentino dei volumi produttivi avvia verso la specializzazione delle mansioni, non c’è assolutamente spazio alle diverse esigenze della clientela, ma si impone stessi prodotti e stessi modelli, cosicché gli operatori iniziano a cedere il controllo ai capireparto, responsabili di linea, concentrandosi maggiormente sulle attività di lavorazione. È la fase del controllo qualità da parte dei capireparto.

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Questa fase, iniziata grossomodo con il ventesimo secolo, si protrae fino agli anni ’20 perseguendo in una terza fase, del controllo qualità da parte degli ispettori, specializzazione della precedente. La qualità è un problema esclusivo dell’utilizzatore. Durante la terza fase, infatti, dall’idea di Ford, nasce la catena di montaggio che presuppone la specializzazione spinta delle mansioni, con enfasi sui tempi produttivi. Gli assetti organizzativi messi a punto da Taylor per l’inizio della mass production, prevedevano ispettori abili ai controlli, capireparto che cronometravano i ritmi produttivi ed operatori di linea simili a Charlie Chaplin in “Tempi Moderni”. Negli anni ’30 il mercato continua ad essere caratterizzato da un eccesso della domanda sull’offerta, i volumi delle produzioni continuano ad aumentare grazie anche all’introduzione di nuove tecnologie e, quindi, i controllo finali non possono più essere effettuati sui singoli prodotti. Si vedono nascere i primi metodi statistici con il controllo effettuato a campione. Si entra nel pieno del controllo qualità statistico e nascono, di conseguenza, i primi standard militari dedicati ai piani di campionamento per attributi subito usati anche dall’industria civile. Il controllo statistico della qualità ha lo scopo di segnalare immediatamente eventuali disfunzioni produttive, sulla base dell’osservazione di pochi esemplari di oggetti tra i molti prodotti. Consiste nell’impiego di tecniche statistiche per verificare la costante aderenza di campioni estratti agli standard prefissati dai tecnici della progettazione. L’impiego di queste tecniche equivale ad una diagnosi preventiva sulla qualità del prodotto prima dell’inizio della sua vita normale come bene d’uso e, in un certo senso, a una promessa di buon rendimento e di durata al momento della sua immissione sul mercato. 4

Gli anni del secondo conflitto mondiale, se da una parte rallentano l’accelerazione della mass production, dall’altra perfezionano i metodi di controllo in linea e finali, anche se, di fatto, ci si orienta più verso i controlli 100% indipendentemente dai costi sostenuti. In quegli anni si conia il concetto di garanzia della qualità (GQ) e si affinano sempre di più i principi dell’affidabilità. La garanzia di qualità è il risultato di un’integrazione di tutte le funzioni aziendali. Lo sviluppo delle metodologie per ottenere la qualità, ossia il

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passaggio da visione isolata delle diverse aree aziendali ad una integrazione per una gestione globale, si ritrova nell’evoluzione dei modelli interpretativi della realtà aziendale.5 L’estensione della Garanzia Qualità a tutti i settori ha portato ad una modifica nella normativa UNI 8402, in cui si parla di “insieme delle azioni pianificate e sistematiche necessarie a dare adeguata confidenza che un prodotto o servizio soddisfi determinati requisiti di qualità.”6 Questa metodologia si basa sulla definizione delle caratteristiche fondamentali per la qualità del prodotto che si vuole ottenere, quali sono gli attributi che influiscono su determinate caratteristiche e, attraverso una minuziosa conoscenza dell’intero processo produttivo, quali passaggi di questo sono fondamentali per garantire l’ottenimento dei predetti attributi. Una volta individuati i punti del processo si definisce quali tenere sotto controllo e quale dovrebbe essere il loro valore ottimale per raggiungere l’obiettivo. La struttura aziendale deve essere ben definita: devono essere ben definite responsabilità e autorità, chi ha il compito di fare cosa, quali sono le linee di comunicazione e chi occupa la funzione di GQ. Tale funzione deve avere autorità e libertà organizzativa sufficienti per identificare e risolvere i problemi relativi alla qualità e verificare l’attuazione delle soluzioni. Principio fondamentale per l’applicazione del sistema GQ è che la direzione aziendale riconosca l’importanza di una tale politica formalizzando l’autorità per la definizione del Programma di Garanzia della Qualità (PGQ) e sua verifica al responsabile della GQ. Il PGQ è “quel complesso delle attività di predisposizione e di sviluppo, di documentazione e di attuazione delle direttive e delle procedure per il conseguimento, la verifica e la dimostrazione della qualità.” La definizione prende inizio con l’elaborazione del Manuale della Qualità in cui viene fornita una descrizione del sistema qualità, senza entrare negli aspetti operativi. A completare questo documento vengono formulate procedure ed istruzioni. Le procedure servono a definire condizioni e modalità con cui deve essere svolta una certa attività, mentre le funzioni contengono informazioni più operative. La GQ introduce una serie di innovazioni nel campo delle metodologie utilizzate per il perseguimento della qualità.

5

Bonechi L., “ Evoluzione del concetto di qualità”, Giappichelli editore, 1993

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Il maggior contributo alla diffusione della GQ è stato portato da un regolamento federale degli Stati Uniti, che ne rese obbligatoria l’applicazione in campo nucleare.

La fase successiva, del controllo totale della qualità, iniziata con gli anni ’60 vede il coinvolgimento di altre funzioni, oltre alla produzione, nel controllo qualità. Nasce ad esempio il controllo della progettazione, i controlli e la valutazione dei fornitori, le visite ispettive interne. Inutile dire che la spinta verso il TQC proviene e costituisce un’estensione della garanzia della qualità, organizzata attraverso numerosi standard, coinvolgendo tutti coloro che hanno un ruolo attivo nella compagine aziendale, e sempre più diffusa tramite meccanismi veri e propri di certificazione di conformità. Sia il Tqc che l’assicurazione qualità portano al concetto di sistema qualità, in parte aderente a standard, e che confluirà, nel 1987, nella prima edizione della famosa serie di norme ISO 9000.

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2. I MODELLI

Modello di Deming

Lo scopo del libro “L’impresa di qualità” di W. Edwards Deming è la trasformazione dello stile manageriale occidentale. L’obiettivo è la creazione di una nuova struttura a partire dalle fondamenta. L’incapacità del management di pianificare per il futuro e di prevedere i problemi ha causato grande spreco di lavoro umano, di materiali e di tempo, tutti elementi che fanno aumentare i costi e il prezzo che l’acquirente deve pagare. Il consumatore, spesso, non è disposto a sovvenzionare questo spreco e il risultato inevitabile è la perdita di quote di mercato. Nella sua trattazione Deming adduce questa incapacità del management quale principale causa dei malanni dell’industria di quel periodo.

Il primo passo della trasformazione consiste nell’imparare come cambiare usando i 14 punti, da lui elaborati, per curarsi dai malanni dell’industria americana.

La peculiarità dei 14 punti è che possono essere applicati ovunque, alle piccole organizzazioni come a quelle grandi, alle aziende di servizi come a quelle industriali; possono essere anche applicati ad una divisione all’interno di un’azienda.

Come indicato nel libro “L’impresa di qualità”, alle pagg. 21 e seguenti, i punti sono i seguenti:

1. Formare e mantenere ferma determinazione per ottenere il miglioramento continuo dei prodotti o dei servizi, con lo scopo di diventare e restare competitivi, di rimanere sul mercato e di dare lavoro;

2. Adottare la nuova filosofia. Il management occidentale deve rispondere alla sfida, deve assumersi le proprie responsabilità e dirigere il processo di cambiamento; 3. Per ottenere qualità, cessare di dipendere dall’ispezione. Inserire la qualità

direttamente nel prodotto;

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5. Migliorare costantemente e definitivamente il sistema di produzione o il servizio per migliorare la qualità e la produttività e ottenere così una costante diminuzione dei costi.

6. Istituire corsi di addestramento “on the job”; 7. Creare una leadership

8. Eliminare la paura in modo che ognuno possa lavorare in modo efficiente per l’azienda;

9. Eliminare le barriere tra i vari reparti;

10. Eliminare slogan, esortazioni e obiettivi che mirano a eliminare i prodotti difettosi e a raggiungere nuovi livelli di produttività;

11a. Eliminare gli standard di lavoro in fabbrica. Sostituirli con la leadership; 11b. Eliminare la gestione per obiettivi. Sostituirli con la leadership;

12a. Eliminare le barriere che privano l’operaio del diritto di essere orgoglioso del proprio lavoro;

12b. Eliminare le barriere che privano manager e tecnici del diritto di essere orgogliosi del loro lavoro;

13. Organizzare un buon programma di addestramento e di auto miglioramento; 14. Fare in modo che tutti, nell’azienda, partecipino all’opera di trasformazione. Tutti

devono collaborare alla trasformazione.

Riferendoci allo scritto di W. Edwards Deming “L’impresa di qualità” passiamo all’analisi dei punti sopra elencati:

1. Darsi l’obiettivo costante di migliorare il prodotto o il servizio. Per le aziende che sperano di rimanere sul mercato esistono due tipi di problemi: i problemi di oggi e i problemi di domani. È facile lasciarsi sopraffare dai problemi di oggi e affrontarli con efficienza sempre maggiore.

I problemi del futuro esigono la ferma determinazione di migliorare la posizione competitiva in modo che l’azienda possa rimanere in attività e sia in grado di dare lavoro ai propri dipendenti. Obiettivi di lungo periodo implicano di accettare di:

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a) Innovare. Destinare risorse per la pianificazione a lungo termine (es. prodotti e servizi nuovi, materiali nuovi,addestramento del personale e dei quadri e dirigenti…)

Condizione necessaria per l’innovazione è la fiducia che esista un futuro. Non ci potrà essere innovazione, il fondamento del futuro, se l’alta direzione non si dedica con tenacia e costana alla qualità e produttività.

b) Destinare le risorse:

• Alla ricerca

• All’addestramento

c) Migliorare costantemente la progettazione del prodotto e del servizio. Non si può venir meno a quest’obbligo, il consumatore è la parte più importante della linea di produzione.

2. Adottare la nuova filosofia. Non è più accettabile il livello di errori, di prodotti difettosi, di materiali non adatti al lavoro, di personale ch non sa che cosa sia il proprio lavoro e che ha paura di chiedere spiegazioni. È necessaria una trasformazione nei metodi di lavoro e di gestione.

3. Cessare di dipendere dal controllo totale. Predisporre il controllo al 100% come procedura abituale per migliorare la qualità equivale in ultima analisi a programmare la produzione di prodotti difettosi e ad ammettere che il processo produttivo non è idoneo alle specifiche richieste. Ricorrere al controllo è una misura tardiva, inefficace e costosa. La qualità si ottiene con il miglioramento del processo e non con l’ispezione.

4. Perdere l’abitudine di scegliere soltanto in base al prezzo. Il prezzo non ha significato senza una valutazione della qualità che viene acquistata.7

5. Migliorare costantemente il sistema produttivo. La qualità deve essere perseguita a partire dallo stadio della progettazione. Nella progettazione, il lavoro di gruppo è fondamentale. I sistemi di collaudo devono essere sempre perfezionati e si deve cercare di capire sempre meglio le necessità del cliente e il modo in cui

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egli usa un prodotto. La qualità desiderata parte da un obiettivo che il management deve prefiggersi. Questo obiettivo deve tradursi in progetti, specifiche e collaudi nel tentativo di consegnare al cliente la qualità in ogni attività.

6. Formazione. È necessario che la formazione sia completamente ristrutturata e che chi si occupa di formazione sappia tutto sull’azienda.

7. Adottare e istituire la leadership. Il lavoro del management non consiste nel controllo ma nella leadership. il management deve pensare a quali siano le origini del miglioramento, deve avere il proposito di migliorare la qualità del prodotto e del servizio e tradurre questo proposito in progettazione e produzione. Perché si verifichi la necessaria trasformazione dello stile manageriale occorre che i manager siano dei leader.

8. Eliminare la paura. Nessuno può dare il meglio di sé se non si sente sicuro. È sempre causa di peggioramento delle prestazioni e manomissioni di dati che dovrebbero rappresentare la realtà effettiva.

9. Eliminare le barriere tra i vari reparti. Le persone che si occupano di ricerca, di progettazione, di acquisti, di vendite e del ricevimento materiali devono essere informate dei problemi che i reparti riscontrano. Il lavoro di gruppo è necessario in tutta l’azienda con priorità assoluta.

10. Eliminare slogan, esortazioni e obiettivi. Eliminare obiettivi, slogan, esortazioni, avvisi che sollecitano il personale ad aumentare la produttività. Avvisi e slogan di questo tipo non hanno mai aiutato nessuno a lavorare meglio.

11a. Eliminare le quote numeriche. Le quote numeriche consistono in definizioni di quantità di lavoro per giornata o per ore lavorate o in altri standard di lavoro. La quota e l’obiettivo quantitativo sono una barriera alla qualità e alla produttività. Fissare quote è totalmente incompatibile con un miglioramento costante.

Standard di lavoro, incentivi e lavoro a cottimo sono segni di incapacità di capire e di effettuare una giusta supervisione.

11b. Eliminare gli obiettivi quantitativi. Gli obiettivi interni di un’azienda, stabiliti senza indicazione del metodo per realizzarli, sono risibili. I soli numeri che un

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manager dovrebbe presentare ai suoi dipendenti sono quelli relativi alla sopravvivenza dell’impresa o di un dato reparto.

12. Eliminare le barriere che privano le persone dell’orgoglio professionale. Queste barriere devono essere eliminate per due gruppi di persone. Un gruppo è costituito dal management e dalle persone che percepiscono uno stipendio. La barriera è la valutazione annuale delle prestazioni, o la valutazione in base al merito. L’atro gruppo è formato dagli operai. Barriere e ostacoli di vario tipo privano l’operaio di un suo diritto fondamentale; di essere orgoglioso del proprio lavoro.

13. Incoraggiare tutti a istruirsi e a migliorarsi. Un’organizzazione non ha bisogno soltanto di persone capaci, ma necessita anche di persone che istruendosi

migliorino.

Il rafforzamento della posizione competitiva di un’impresa ha le sue radici nell’acquisizione di nuove conoscenze.

14. Agire per trasformare la situazione: tutti devono partecipare. Ogni attività arriva a una fase, cambia stato e passa alla fase successiva. L’ultima fase manderà il prodotto o il servizio al cliente finale. A ogni fase dovrà esserci:

• Produzione: cambiamento di stato.

• Miglioramento continuo dei metodi e dei procedimenti per una maggiore soddisfazione del cliente.

Ogni fase lavora con la successiva e con quella precedente verso un obiettivo ottimale; tutte le fasi lavorano insieme per la qualità terminale che sarà l’orgoglio dell’ultimo cliente.

Attraverso questi 14 punti Deming ha esplicitato quali siano i doveri dei vertici di un’organizzazione per supportare la trasformazione e per sostenere il cambiamento. “Deming spiegò che per lui investire in qualità non significa pensare di produrre e poi tentare di vendere, bensì significava analizzare statisticamente le richieste dei clienti, lavorare in stretta collaborazione coi fornitori, riprogettare il prodotto e verificarne gli

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effetti. Significava, in sintesi, attivare un processo di miglioramento a piccoli passi, ma perpetuo.”8

L’impegno della direzione deve essere totale e deve esplicitarsi attraverso una leadership capace di creare una ambiente di lavoro nel quale le persone possano migliorare e sentirsi orgogliose di quello che fanno.

Modello di Juran

Juran assume che ogni organizzazione produce e distribuisce i propri prodotti attraverso una serie di reparti specializzati che includono dallo sviluppo del prodotto al marketing. Questa serie di attività è portata avanti da reparti specializzati. La “spirale di Juran” (fig. 1) mostra, una progressione tipica di attività svolte in azienda. Ad ogni reparto quindi è data la responsabilità di svolgere la funzione a loro assegnata. In aggiunta, ad ogni reparto è anche assegnata una quota di responsabilità a livello aziendale, relazioni umane, finanza e qualità. Una buona qualità a livello aziendale deriva dal fatto che la qualità del prodotto sia la risultante del lavoro di tutti i dipartimenti che gravitano attorno alla “spirale”. I reparti quindi non hanno solo la responsabilità delle funzioni che svolgono ma hanno anche la responsabilità di fare le cose correttamente per fare il prodotto idoneo all’uso. Altro aspetto interessante e stimolante dell’approccio di Juran attraverso la Spirale è rappresentato dal continuo migliorarsi, utilizzando le esperienze precedenti, correggendone gli errori e potenziando gli aspetti postivi; mostra inoltre, come al termine di un ciclo produttivo non ci si debba ritrovare allo stesso punto di partenza, ma a un livello qualitativo superiore. La spirale di Juran illustra il ciclo continuo di attività interne, output intermedi (ordini di acquisto), output finali (vendite), input esterni (informazioni di ritorno dai clienti) che caratterizzano l’attività aziendale. Soltanto una corretta e continuativa azione di controllo e di innovazione garantisce il miglioramento necessario per rimanere competitivi.9

8

Erto P., “ La qualità Totale in cui credo” edizione CUEN, 1995, pag 14

9

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Figura 1 – Spirale di Juran

Il modello di Juran propone un approccio alla qualità basato su tre processi, chiamata la “Trilogia della qualità”: quality plainning, quality assurance e quality control. Juran sostiene nel suo libro “Juran on Planning for Quality” che molte aziende sostengono serie perdite dovute all’inefficienza della pianificazione della qualità:

1. Calo delle vendite dovuto alla competizione di qualità. Negli ultimi anni molte industrie chiave si sono viste diminuire del 25% le loro vendite rispetto ai concorrenti stranieri. Una delle principali cause è stata la qualità del prodotto. 2. Costi dovuti a scarsa qualità, includono i reclami dei clienti, rifare il lavoro

difettoso, prodotti rottamati e altri ancora. In molte aziende lo sforzo è concentrato nel rifare ciò che è stato fatto male, questo causato dalla scarsa qualità.

Sommate, il calo delle vendite e i costi, hanno contribuito alla crisi della qualità. Questa crisi ha stimolato molte aziende a riesaminare il loro approccio della qualità. La

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riflessione ha portato a capire che molti dei loro problemi sono riconducibili a carenze nei metodi di pianificazione. Per sbarazzarsi delle carenze, è necessario rivedere il processo di pianificazione e acquisire padronanza di questo processo.

I passaggi importanti di questo approccio sono:

• Creare consapevolezza sulle opportunità create dal miglioramento continuo e sulle esigenze di supporto necessarie per gestire correttamente la qualità

• Fissare gli obiettivi di miglioramento

• Formare le persone al miglioramento continuo

• Individuare le azioni per il miglioramento

• Fissare le metriche per controllarne l’applicazione

• Tracciare i progressi

• Misurare i risultati raggiunti e le performances

• Fornire report sui risultati

• Procedere a nuove azioni di miglioramento

La pianificazione della qualità è uno dei tre concetti di base, nonché la base di partenza, del processo manageriale attraverso cui si gestisce la qualità. La pianificazione – è l’attività relativa allo sviluppo dei processi e dei prodotti/servizi necessari a soddisfare le esigenze dei clienti.

In questa fase andranno:

• identificati i clienti;

• determinate le loro necessità;

• sviluppati il prodotto o servizio che soddisfino questi requisiti;

• sviluppare processi che siano in grado di produrre tali caratteristiche richieste;

• trasferire i piani alle forze operative.

Il controllo – è la fase in cui si valutano le performance raggiunte che dovranno essere poi confrontate con gli obiettivi posti in sede di pianificazione.

Consiste nei seguenti steps:

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• confrontare il rendimento effettivo con gli obiettivi;

• agire sulle differenze.

Il miglioramento – è la fase in cui andranno identificati i progetti di miglioramento, stabiliti i gruppi di lavoro, fornite le risorse e le infrastrutture necessarie, definita la formazione da erogare e create le motivazioni

I tre processi (The Juran Trilogy)10 sono interconnessi. La figura 1.2 mostra questa interrelazione.

La “Juran Trilogy” è un grafico rappresentante sull’asse orizzontale il tempo e i cosi dovuti ad una scarsa qualità sull’asse verticale. L’attività iniziale è la pianificazione della qualità. I pianificatori determineranno chi sono i consumatori e quali sono i loro bisogni, svilupperanno il prodotto e i processi rispondenti alle loro esigenze. Dopo di che passano il piano operativo alla forza lavoro. Il lavoro delle forze operative è di eseguire i processi e produrre il prodotto. Una volta avviato il processo operativo, diventa evidente che le carenze abbondano. Nella compagnia rappresentata della figura 1.2 il livello di difetti risulta pari al 20 per cento. La domanda che si pone Juran nel suo trattato è la seguente: Perché ci sono difetti? La risposta, il più delle volte, è rintracciabile nella pianificazione dei processi. Juran sostiene che i difetti diventeranno cronici perché “i processi operativi sono pianificati in quella maniera”11Attraverso modelli di responsabilità convenzionali, le forze operative non saranno in grado di sbarazzarsi di queste carenze, cosa che invece viene fatta attraverso il “quality control” per prevenire che le cose vadano sempre peggio. Il livello di carenza deve essere guidato fino al livello progettato. Questo guadagno in qualità è stato raggiunto grazie al terzo processo della trilogia “quality improvement”; le carenze sono un’opportunità per il miglioramento.

Quindi, per concludere, per migliorare il processo di pianificazione si richiedono alcune modifiche:

1. Rivedere le priorità in modo tale da dare il tempo e le risorse necessarie ai progettisti per svolgere un lavoro di pianificazione di qualità;

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JURAN J. M. “Juran on Planning for Quality”, Juran Institute, 1988

11

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2. Un approccio più strutturato per la pianificazione della qualità;

3. Un data base di “lezioni apprese” per i progettisti da consultare specialmente durante il processo di miglioramento.

Fig. 1.2 The Juran Trilogy

Modello di Crosby

Philip B. Crosby nel libro “La qualità è facile” afferma che l’individuazione delle aziende con grossi problemi di qualità è estremamente semplice. L’insoddisfazione per i prodotti o i servizi offerti da un’organizzazione viene definita un problema di qualità ma è, invece, soltanto un sintomo di quanto avviene all’interno dell’azienda.

Secondo Crosby i sintomi da analizzare sono i seguenti:

Il prodotto o il servizio finali generalmente di scostano dalle specifiche formali, concordate e dichiarate: i risultati delle aziende manifatturiere sono il risultato di tutte le eccezioni e le deviazioni dalle specifiche e di tutte le decisioni prese durante la lavorazione;

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l’azienda dispone di un servizio capillare di assistenza esterna o di una rete di rivenditori esperti in modifiche e interventi correttivi fantasiosi per mantenere soddisfatti i clienti: accade a volte che i prodotti vengano ritirati dal mercato per consentire all’azienda di apportare qualche modifica. Per lo più, questi difetti, erano già noti in precedenza. Capire che il cliente non potrebbe usare il prodotto senza di loro è fondamentale. Il servizio di assistenza esterna e i rivenditori si considerano come collegamento tra l’azienda e il cliente. Il servizio di assistenza esterna contribuisce notevolmente ai ricavi attraverso i contratti di assistenza.

La direzione non stabilisce standard di lavoro precisi e non definisce cosa è la qualità: come conseguenza, i dipendenti se ne creano di propri: nelle aziende di produzione gli standard qualitativi tendono a conformarsi a ciò che il processo effettivamente produce. Quando si produce una % di prodotto difettoso quello diventa lo standard, questo significa che ci si sta adagiando su un livello di incompetenza.

La direzione non conosce il prezzo delle non conformità: “le aziende di produzione spendono il 20 per cento o più del loro fatturato facendo cose sbagliate e ripetendole”.12 Un sistema di gestione orientato alla prevenzione può evitare tutti questi costi con un modesto investimento in un processo di formazione e controllo. La direzione nega di essere la causa del problema: questo atteggiamento, per

tutti i tipi di aziende, si basa sui miglioramenti saltuari che si verificano quando si affronta un determinato problema senza tener conto del fatto che spesso risolvere un problema in un punto significa crearne altri altrove. C’è sempre il rifiuto di ammettere l’esistenza del problema. La gravità della situazione non viene percepita fino al momento in cui tutti i problemi non vengono a galla contemporaneamente. Crosby ha formulato le quattro Verità Assolute come i quattro concetti base del processo di miglioramento della qualità.

12

Philip B. Crosby “La Qualità è facile. Un metodo efficace per risolvere i problemi aziendali.” Mc Graw Hill Book Company GmbH ,1986, pag 21

(23)

1. La qualità è la conformità alle specifiche: si richiede a tutti di svolgere bene il proprio lavoro fin dall’inizio. Il segreto del successo di questo approccio, è quello di assicurare che le specifiche vengano capite in ogni minimo particolare. Compito della direzione è la definizione delle specifiche che i collaboratori devono rispettare, fornire i mezzi che occorrono per raggiungere tali obiettivi e dedicare tutto il proprio tempo a fornire incoraggiamento e aiuto ai collaboratori impiegati in questo sforzo.

2. La prevenzione assicura la qualità: il segreto della prevenzione è quello di esaminare il processo e di identificare le occasioni di errore che possono essere controllate.

3. Lo standard deve essere Zero Difetti: la definizione di determinate specifiche è un processo facilmente comprensibile, la necessità di rispettarle in ogni occasione, invece, non lo è altrettanto. Nel 1961, Crosby introduce il concetto Zero Difetti. Sosteneva che dovevano dire ciò che desideravano che le persone facessero. Ciò che voleva era che il lavoro fosse fatto nel modo giusto fin dall’inizio. Filosofia sposata dai giapponesi, mentre negli USA è stato recepito, almeno inizialmente, come un programma di motivazione.

4. Il criterio di valutazione della qualità è il costo della non conformità: occorre un criterio per valutare la qualità e il migliore risulta il denaro. Il costo della qualità è uno strumento manageriale. Si divide in due aspetti: il costo della non conformità e il costo della conformità. Il primo è costituito da tutte le spese derivanti dal fare le cose in modo sbagliato. Il secondo comprende ciò che occorre spendere per assicurare un risultato finale positivo.

Crosby afferma che “un’organizzazione può essere vaccinata contro la non conformità provocando la generazione di anticorpi che prevengano le situazioni problematiche. Alcuni di questi anticorpi sono costituiti dagli interventi manageriali, altri da procedure di buon senso.”13

13

Crosby P. B., “La Qualità è facile. Un metodo efficace per risolvere i problemi aziendali.” Mc Graw Hill Book Company GmbH, 1986, pag 25

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Tutti i problemi di non conformità sono provocati e qualsiasi cosa provocata può essere evitata.

Modello di Ishikawa

Questo modello propone un approccio alla qualità basato su dati analitici e rappresentazioni organiche di come i processi ed i progetti di miglioramento procedono. In particolare Ishikawa14 fa riferimento a 7 strumenti.

I principali strumenti del controllo statistico, chiamati i magnifici sette, sono elencati e brevemente descritti, facendo riferimento al testo “Aspetti statistici del controllo della qualità” di Alberto Iacobini:

- Diagrammi a rami e foglie - Fogli di verifica

- Diagrammi di Pereto - Diagrammi causa-effetto

- Diagrammi di concentrazione dei difetti - Diagrammi di dispersione

- Carte di controllo

Il diagramma a rami e foglie è un metodo grafico per rappresentare un insieme di dati numerici di due o più cifre ciascuno, riportando su una colonna la prima cifra, detta ramo e, accanto a ciascun ramo, le rimanenti cifre, dette foglie. Ne deriva una sorta di istogramma fatto di numeri, che è di ausilio per una rappresentazione sintetica dei dati. Il foglio di verifica è una sorta di questionario che elenca i difetti da cui questi difetti si sono presentati e il totale per difetto.

Il diagramma di Pareto è un grafico a barre verticali nel quale i difetti da cui è affetto un dato processo sono riportati lungo l’asse orizzontale e ordinati secondo la frequenza di ciascuno. Utile per determinare l’importanza prioritaria dei difetti.

Il diagramma causa-effetto è uno schema grafico per rappresentare la relazione tra gli effetti che si verificano in un dato processo produttivo e tutte le possibili cause che

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possono averli determinati. Dall’elenco delle cause si cerca di selezionare, e analizzare in maniera più approfondita, quelle che sembrano più probabili.

Il diagramma di concentrazione dei difetti è un disegno dove il prodotto è rappresentato sotto gli angoli di visuale più rilevanti e sul quale vengono riportati, per sovrapposizione grafica, i diversi tipi di difetto, di modo che la loro posizione possa aiutare ad individuarne le cause potenziali.

Il diagramma di dispersione è uno strumento grafico che serve per individuare un possibile legame funzionale tra due variabili, una delle due dipendente dall’altra, l’eventuale correlazione, positiva o negativa, tra le due variabili e la forma di tale legame funzionale.

La carta di controllo è un grafico dove sono riportati i valori delle stime campionarie di grandezze o parametri di processo per verificarne la stabilità nel tempo, che si manifesta, di regola, anche se non in misura esclusiva, attraverso la permanenza delle stime all’interno di una striscia delimitata dai cosiddetti limiti di controllo

European Foundation for Quality Management (EFQM)

L’European Foundation for Quality Management (EFQM) è un’organizzazione fondata nel 1988 a Bruxcelles. La missione della fondazione è quella di promuovere nelle aziende europee l’adozione di approcci alla gestione totale della qualità, il miglioramento continuo dei processi, verso la soddisfazione di clienti e dipendenti, e verso il successo collettivo.15

Non si tratta propriamente di una metodologia ma di linee guida su come impiegare le altre metodologie e su cosa concentrarsi nel gestire la qualità.

Il modello prende in considerazione nove elementi, di cui alcuni sono obiettivi di risultato e altri sono leve di manovra.

Analizziamo il modello, come descritto da Gilimberti e Maiocchi ne “La gestione totale della qualità come strategia per il successo dell’impresa”, partendo dal fondo della figura:

15

Galimberti R., Maiocchi M., “ La gestione totale della qualità come strategia per il successo dell’impresa – il modello dell’efqm come guida all’eccellenza dei risultati aziendali”, FrancoAngeli srl, 1998

(26)

Risultati:

o soddisfazione del cliente: un’azienda senza profitto può sopravvivere; un’azienda senza clienti no; il cliente è il bene più importante di un’impresa, e la sua soddisfazione deve essere salvaguardata al massimo;

o soddisfazione del dipendente: un’azienda con clienti soddisfatti ma dipendenti scontenti è instabile

o risultati economici: un’azienda con clienti e dipendenti soddisfatti ma che perde è un danno sociale, è un’azienda che dissipa invece di produrre;

o rispetto ambientale: l’azienda può spostare ricchezza o generarla; un’azienda che sposta ricchezza (es. danno ecologico con costo di rimozione superiore al beneficio ricavato dall’azienda) non può essere considerata positiva, mentre la generazione di ricchezza reale permette di seguire il successo collettivo.

I risultati quindi sono obiettivi che l’azienda deve perseguire, e che deve misurare quantitativamente per verificarne l’ottenimento rispetto agli obiettivi prefissati. Tale ottenimento si basa sul corretto uso delle

leve di manovra

o leadership: l’alta direzione deve avere chiara la propria visione e la propria missione, ma soprattutto deve essere in grado di spiegarla e farla percepire;

o politiche e strategie: da visione e missione scendono le politiche e le strategie aziendali, che devono essere conosciute e condivise dal personale dell’impresa;

o gestione delle risorse: un’azienda impiega materie prima di disparate natura; è importante una loro oculata e corretta gestione;

o gestione delle risorse umane: la risorsa umana deve essere gestita dall’acquisizione alla crescita fino alla conclusione del suo ciclo di attività lavorativa nell’azienda;

o processi: dove si riesce ad influire sulle attività aziendali per l’ottenimento dei risultati è all’interno dei processi, ove una corretta definizione, misura e

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monitoraggio degli stessi permettono una gestione del miglioramento continuo in un approccio totale alla qualità, abilitando tutti quei meccanismi che portano all’eccellenza dei risultati.

Il modello EFQM perciò individua gli elementi rilevanti da tenere sotto controllo nella gestione dell’azienda. Tale modello risulta di ampia validità, e disponibile a diverse interpretazioni.

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3. TOTAL QUALITY MANAGEMENT E CICLO

PDCA

L’idea della Qualità Totale nasce negli Stati Uniti all’inizio degli anni ’50 ma, paradossalmente, dove era nata, e a cascata nelle aziende occidentali, la Qualità Totale arriva dopo, agli inizi degli anni ’80, sull’ondata di quanto era già operativo nelle aziende giapponesi.

L’approccio ‘Total Quality Management’ è la sintesi di una serie di riflessioni sulla qualità dei prodotti e dei servizi e sulle forme organizzative adatte ad ottenerla, sviluppatesi nel corso di una ottantina di anni, come detto, prima negli Stati Uniti, poi in Giappone, ed infine applicate a livello internazionale. Nel periodo del primo dopoguerra, il Giappone uscitone completamente distrutto, povero di materie prime, e con leggi sindacali restrittive imposte dagli americani, si trova a fare i conti con i costi industriali alti e bassa qualità dei prodotti, servizi. Attraverso lo sviluppo e l’applicazione rapida su vasta scala dai Giapponesi degli insegnamenti di grandi maestri della qualità, quali Edward Deming e Joseph Juran, si fa spazio la convinzione che il controllo statistico di processo sia l’elemento primo per la riduzione dei costi e la conformità dei prodotti.

Già a partire dall’inizio degli anni ’60 le più importanti Aziende giapponesi adottano la Qualità Totale come nuovo strumento strategico di gestione aziendale, sperimentando i primi circoli della qualità, parlando di miglioramento continuo, e zero difetti; dapprima come riduzione della variazione dei processi produttivi, poi come filosofia capitale di tutti i processi.

Nel Total Quality Management, l’approccio alla qualità diventa manageriale e strategico. Infatti, la qualità viene considerata un’arma competitiva, e ci si affida sempre di più alla motivazione ed al coinvolgimento di tutte le persone e di tutte le funzioni aziendali. Per la

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prima volta si riconosce che la qualità dei prodotti e dei servizi è il risultato degli sforzi congiunti di tutte le funzioni aziendali.

Secondo questo approccio, quindi, tutta l'impresa deve essere coinvolta nel raggiungimento dell'obiettivo (mission). Ciò comporta anche il coinvolgimento e la mobilitazione dei dipendenti e la riduzione degli sprechi in un'ottica di ottimizzazione degli sforzi. Proprio nell’estensione, dei concetti e delle tecniche del Controllo Qualità, a tutti i settori aziendali risiede la rivoluzione culturale portata dal TQM . L’obiettivo ‘qualità’ non è più solo nel prodotto ma sta nei processi aziendali; l’azienda produce qualità.

La norma ISO 9001:2000 ha definito gli otto principi fondamentali della gestione della qualità:

• I bisogni dei clienti

• Leadership (capacità dei dirigenti di creare e mantenere un clima costruttivo e stimolante)

• Miglioramento dei processi

• Un approccio sistemico alla gestione

• L’aumento di responsabilità dei collaboratori

• La tendenza verso il miglioramento continuo

• Problem solving di gruppo

• Rapporti di reciproco beneficio coi fornitori

Un’azienda in base ad un approccio globale e coerente riesce a costruirsi vantaggi competitivi sulla concorrenza; una strategia improntata alla Qualità Totale ha come obiettivo la soddisfazione di tutte le parti interessate.

Il fine ultimo dell’approccio TQM è il miglioramento della competitività. Lo si ottiene migliorando la soddisfazione dei clienti attraverso la miglior qualità del prodotto o del servizio.

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Al giorno d’oggi la Qualità Totale è adottata da tutte le aziende leader, interpretata inizialmente solo come strumento di miglioramento continuo, adesso è considerata una vera e propria strategia di business.

I principali fattori che concorrono ad alimentare questa evoluzione sono:

• La consapevolezza che solo una strategia di “soddisfazione al cliente” può garantire importantu risultati di business sul medio-lungo termine.

• La scoperta che la Qualità Totale offre alle direzioni la possibilità di pianificare e gestire in modo globale e coerente gli sviluppi strategici e organizzativi, come mai realizzati

• Gli importanti e inaspettati risultati ottenibili già in breve tempo su produttività, qualità.

Uno dei principali strumenti della gestione della qualità è il ciclo PDCA sviluppato proprio da W. E. Deming. Il concetto di PDCA è basato sul metodo scientifico. Il metodo scientifico può essere scritto come "ipotesi" - "esperimento" - "valutazione" o pianificare, fare, e controllare.

Secondo lo statista Deming qualsiasi processo può essere visto come un ciclo che ha quattro momenti: plan (progettare,pianificare), do (agire, realizzare), check (controllare) e act (stabilizzare o correggere e riavvio del ciclo di intervento).

Il ciclo di Deming ( PDCA ) consente di avviare un processo continuo di miglioramento della qualità. “Il miglioramento continuo è la prima “pescrizione” per tutte le aziende che oggigiorno vogliono competere sui mercati.”16 La costante iterazione delle fasi PDCA permette al sistema aziendale di realizzare un

16

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miglioramento continuo dei processi, dell'utilizzo delle risorse aziendali e della soddisfazione del cliente. Nella strategia di qualità totale ( TQM ) le fasi Plan-Do-Check-Act si susseguono costantemente. Si dovrà ricominciare un’ulteriore fase di Plan, che a questo punto, però, sarà più precisa perché saranno utilizzate le esperienze fatte con il ciclo precedente. Si completeranno diversi cicli finchè non si arriverà alla soluzione del problema o, meglio, finchè non si raggiungerà l’obiettivo che si era imposto.17Il metodo viene ideato da W. Edwards Deming negli anni '50 del Novecento per introdurre una strategia di qualità totale nel sistema produttivo d'impresa_. Fino a questo momento abbiamo parlato di TQM e ciclo PDCA riferendoci ad aziende industriali, adesso inizieremo a definire meglio cosa si intende qualità in ambito sanitario e a riferirci ad aziende sanitarie.

17

Galgano A., “La qualità totale Il company-wide quality control come nuovo sistema manageriale”, Il sole 24 ore libri

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3.1 QUALITÁ IN SANITÁ

Diversamente da molti servizi commerciali, i servizi sanitari non hanno un semplice compratore-cliente. Per assicurarsi un guadagno nel particolare tipo di mercato le aziende che vi operano devono soddisfare il diretto beneficiario (cliente), i familiari che forniscono assistenza, coloro che inviano i pazienti (medici generici principalmente) e gli acquirenti (in massima parte costituiti da istituzioni sanitarie e liberi professionisti). Ciascun servizio deve valutare l’importanza di questi punti di vista.

Trattando di qualità dei servizi sanitari, è opportuno chiarire che non è possibile definire un concetto universalmente valido in quanto la qualità stessa non è assoluta ma scaturisce da una mix di elementi soggettivi e oggettivi.18

Secondo la classica tripartizione di Avedis Donabedian, fautore degli studi di qualità in sanità, la qualità può essere investigata su tre assi: struttura (qualità organizzativa), processo (qualità professionale) ed esito (qualità percepita).

Quando si parla di struttura (qualità organizzativa) si fa riferimento all’insieme, relativamente stabile nel tempo, delle risorse disponibili, del personale, delle attrezzature, degli edifici, ecc., ed alle modalità organizzative delle stesse.

Quando si parla di processo si intende il prodotto, le prestazioni, la loro tempestività e la loro appropriatezza in merito alle decisioni di intervento, al livello di effettuazione ed all’uso delle risorse. Quindi la dimensione della qualità di processo fa riferimento all’insieme delle attività che svolte dai medici e sanitari in genere nei confronti del paziente.

Pertanto è l’asse che si riferisce al comportamento degli operatori.

In qualità totale indica una sequenza finalizzata ed interconnessa di attività con lo scopo di fornire un prodotto al cliente. Sequenza che quasi sempre coinvolge più di una unità organizzativa e più di una figura professionale.

18

Olla G., Pavan A., Nardi G., Gugliotta A., “Il management nell’azienda sanitaria”, Giuffrè editore spa Milano, 1996

(33)

I processi sono tanto più importanti quanto più, in base alle evidenze scientifiche ed al consenso di esperti, aumentano le probabilità che si verifichino esiti favorevoli.

Nel mondo della qualità industriale, ma anche nella sanità, si da molto peso all’analisi dei processi come mezzo di miglioramento, soprattutto se ci si pone il problema dell’appropriatezza delle prestazioni.

Quando si parla di esito si intendono le modificazioni delle condizioni di salute dovute agli interventi sanitari. In senso positivo sono da intendersi il prolungamento della vita, la riduzione della sofferenza e della disabilità. In senso negativo sono rappresentati dalle complicazioni e dagli effetti iatrogeni. Nel campo della prevenzione l’esito è la riduzione dell’incidenza delle malattie.

Un esito particolare è rappresentato dalla soddisfazione dei pazienti, dei familiari e della popolazione.

E’ necessario distinguere l’esito dal risultato ed usare il risultato per indicare il grado di raggiungimento di un obiettivo.

Le dimensioni proposte da Liva e Di Stanislao19 (1996) fanno riferimento a:

- qualità manageriale: direzione, strutture, attrezzature, informazione, formazione, valutazione e miglioramento;

- qualità tecnica: procedure tecniche per discipline cliniche e procedure di supporto quali gestione dei farmaci, aspetti alberghieri, pulizia, igiene, ecc.;

- qualità percepita: sicurezza e soddisfazione degli operatori, diritti e soddisfazione dei clienti.

Focarile20 (1998) individua più analiticamente come contenuti della qualità dell’assistenza:

- Accessibilità: possibilità per gli utenti di accedere e/o utilizzare i servizi, nel luogo e nei tempi appropriati, in funzione dei bisogni indipendentemente dalle caratteristiche individuali, sociali ed economiche ;

19

Di Stanislao F., Liva C., “ Accreditamento dei servizi sanitari in Italia” Ed. Centro Scientifico Editore, 1998

20

(34)

- Appropriatezza: definisce un intervento sanitario (preventivo, diagnostico,

terapeutico, riabilitativo) correlato al bisogno del paziente o della collettività, fornito nei modi e nei tempi adeguati, sulla base di standard riconosciuti, con un bilancio positivo tra benefici, rischi e costi;

- Competenza: è la “messa in atto” di comportamenti che consentono di eseguire con sicurezza ed efficacia le specifiche attività professionali, ottenendo esiti compatibili con best practice o standard di qualità definiti. Ciò richiede conoscenze, attitudini, appropriati atteggiamenti e abilità intellettuali e psicomotorie;

- Continuità: grado di integrazione nel tempo tra diversi operatori e strutture sanitarie che hanno cura dello stesso soggetto o di un gruppo di soggetti;

- Efficacia attesa: capacità potenziale di un intervento di modificare in modo favorevole le condizioni di salute dei soggetti ai quali è rivolto;

- Efficacia pratica: risultati ottenuti dall’applicazione di routine dell’intervento; - Efficienza: capacità di raggiungere risultati in termini di salute con il minor

impegno di risorse possibile;

- Sicurezza: grado in cui l’assistenza erogata pone il paziente e gli operatori nel minor rischio;

- Tempestività: grado in cui l’intervento più efficace è offerto al paziente nel momento in cui gli è di massima utilità;

- Umanizzazione: livello di rispetto della cultura e dei bisogni individuali del paziente anche per ciò che riguarda l’informazione e la qualità del servizio.

Queste diverse declinazioni del concetto di qualità in sanità ci consentono di rilevare che non si da qualità per un solo attore, o una categoria di attori coinvolti nel “processo salute”.

Crozier21 (1988) afferma che non c’è qualità se non è qualità per tutti i soggetti coinvolti nel processo.

(35)

Sulla base dell’analisi delle diverse dimensioni della qualità, si può affermare, in sintesi, che le metodologie di approccio alla qualità sono tese alla:

- qualità professionale; se il servizio soddisfa i bisogni così come definiti dai professionisti che forniscono le cure; se vengono eseguite correttamente le tecniche e procedure che sono necessarie per soddisfare i bisogni del cliente;

- qualità organizzativa; l’uso più efficace e produttivo delle risorse all’interno dei limiti e delle direttive stabiliti dalle autorità preposte/acquirenti;

- qualità partecipata e/o percepita; ciò che i clienti e i fornitori di cure desiderano dal servizio (come individui e come gruppi).

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4. RIFERIMENTI NORMATIVI

In questa trattazione verranno presi a riferimento soltanto articoli ed estratti di articoli di pertinenza e significatività.

4.1 LEGGE NAZIONALE 502/92

Il sistema sanitario nazionale è il primo settore chiamato normativamente a misurarsi con la logica della qualità dei servizi. I motivi sottostanti sono da ricercarsi nel fatto che si tratta di un settore che gestisce servizi indispensabili per la totalità della popolazione22. La storia della Qualità in Sanità inizia nel 1992 con D. L 502. Nasce così il complesso fenomeno dell’innovazione di riforma per migliorare il Servizio Sanitario.

La sanità inizia ad essere definita, quindi, come un sistema di “servizi alla persona” in cui si diffonde la cultura dell’assicurazione della qualità, intesa come processo di miglioramento continuo nell’organizzazione dei processi interni alle aziende e delle performance erogate.

La valutazione della qualità dal punto di vista dell’utente ha assunto una rilevanza crescente in tutti i processi di rapporto con i servizi pubblici, e quelli sanitari in particolar modo, e questo spiega la propensione a considerare i livelli di soddisfazione come una variabile strategica della valutazione delle prestazioni del SSN e come una dimensione essenziale negli interventi sui processi organizzativi tesi al miglioramento della qualità dei servizi sanitari.

Il nocciolo focale della nostra trattazione iene ritrovato nell’ Art. 8 del Titolo II “PRESTAZIONI”, in particolar modo nell’art. 8 bis e seguenti.

In questa norma si lascia il potere decisionale a livello regionale; le regioni assicurano i livelli essenziali e uniformi di assistenza avvalendosi dei presidi direttamente gestiti dalle aziende locali, delle aziende sanitarie, delle aziende universitarie e degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico.

22

(37)

Per quanto riguarda la realizzazione di strutture sanitarie e l’esercizio di attività sanitarie, l’esercizio di attività sanitarie per conto del Servizio sanitario nazionale e l’esercizio di attività sanitarie a carico del Servizio sanitario nazionale sono subordinate, rispettivamente, al rilascio delle autorizzazioni di cui all’articolo 8-ter, dell’accreditamento istituzionale di cui all’articolo 8-quater, nonché alla stipulazione degli accordi contrattuali di cui all’articolo 8-quinquies.

Nell’art. 8-ter si fa riferimento alle autorizzazioni necessarie per la realizzazione di strutture e l’esercizio di attività sanitarie e sociosanitarie.

Tali autorizzazioni si applicano alla costruzione di nuove strutture, all’adattamento di strutture già esistenti e alla loro diversa utilizzazione, all’ampliamento o alla trasformazione nonché al trasferimento in altra sede di strutture già autorizzate

L’esercizio delle attività sanitarie da parte di strutture pubbliche presuppone il possesso dei requisiti minimi, strutturali, tecnologici e organizzativi.

Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo le regioni determinano:

a) le modalità e i termini per la richiesta e l’eventuale rilascio della autorizzazione alla realizzazione di strutture e della autorizzazione all’esercizio di attività sanitaria e sociosanitaria, prevedendo la possibilità del riesame dell’istanza, in caso di esito negativo o di prescrizioni contestate dal soggetto richiedente;

b) gli ambiti territoriali in cui si riscontrano carenze di strutture o di capacità produttiva, definendo idonee procedure per selezionare i nuovi soggetti eventualmente interessati.

Per quanto riguarda l’accreditamento istituzionale si fa riferimento all’art. 8-quarter. Tale accreditamento è rilasciato dalla regione alle strutture autorizzate, pubbliche o private e ai professionisti che ne facciano richiesta, subordinatamente alla loro rispondenza ai requisiti ulteriori di qualificazione, alla loro funzionalità rispetto agli indirizzi di programmazione regionale e alla verifica positiva dell’attività svolta e dei risultati raggiunti. Al fine di individuare i criteri per la verifica della funzionalità rispetto alla programmazione nazionale e regionale, la regione definisce il fabbisogno di assistenza

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per garantire i livelli essenziali e uniformi di assistenza, nonché gli eventuali livelli integrativi locali.

Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo, sentiti l’Agenzia per i servizi sanitari regionali, il Consiglio superiore di Sanità, e, limitatamente all'accreditamento dei professionisti, la Federazione Nazionale dell'Ordine dei medici chirurghi e degli odontoiatri, sono definiti i criteri generali uniformi per:

a) la definizione dei requisiti ulteriori per l’esercizio delle attività sanitarie per conto del Servizio sanitario nazionale da parte delle strutture sanitarie e dei professionisti, nonché la verifica periodica di tali attività;

b) la valutazione della rispondenza delle strutture al fabbisogno e alla funzionalità della programmazione regionale, inclusa la determinazione dei limiti entro i quali sia possibile accreditare quantità di prestazioni in eccesso rispetto al fabbisogno programmato, in modo da assicurare un’efficace competizione tra le strutture accreditate;

c) le procedure e i termini per l’accreditamento delle strutture che ne facciano richiesta, ivi compresa la possibilità di un riesame dell’istanza, in caso di esito negativo e di prescrizioni contestate dal soggetto richiedente nonché la verifica periodica dei requisiti ulteriori e le procedure da adottarsi in caso di verifica negativa.

Successivamente, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore dell’atto di indirizzo e coordinamento, le regioni definiscono i requisiti per l’accreditamento, nonché il procedimento per la loro verifica.

Entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore dell’atto di indirizzo e coordinamento le regioni avviano il processo di accreditamento delle strutture.

Come si evince tra le innovazioni introdotte dal Decreto Legislativo 502/92 la sanità si è “regionalizzata”: spetta quindi alle Regioni determinare ai fini dell’accreditamento, con un atto di indirizzo e coordinamento emanato d’intesa con la Conferenza Stato-regioni, sentito il parere del Consiglio Superiore di Sanità, i requisiti strutturali, tecnologici e

(39)

organizzativi minimi richiesti per l’esercizio delle attività sanitarie e la periodicità dei controlli sulla permanenze degli stessi.

Continuando nell’identificazione dei riferimenti normativi passiamo, come logico, ad investigare la norma regionale che regola, regione per regione, quanto sopra detto. Noi prenderemo a riferimento la Legge regionale del 05 agosto 2009 n. 51 “Norme in materia di qualità e sicurezza delle strutture sanitarie: procedure e requisiti autorizzativi di esercizio e sistemi di accreditamento” ed al Decreto del Presidente della giunta regionale del 24 dicembre 2010 n. 61/R.

4.2 LEGGE REGIONALE 51/09 E DECRETO ATTUATIVO 61/R

Il decreto 61/R, attua la norma n°51/2009 (Norme in materia di qualità e sicurezza delle strutture sanitarie: procedure e requisiti autorizzati vidi esercizio e sistemi di accreditamento) e disciplina:

a) i requisiti per l’esercizio delle strutture sanitarie pubbliche e private;

b) i requisiti per l’accreditamento istituzionale delle strutture sanitarie pubbliche e private; c) le modalità e le procedure per il rilascio e il rinnovo dell’accreditamento istituzionale per le strutture.

Tutte le strutture sanitarie pubbliche in esercizio alla data di entrata in vigore del regolamento attestano i requisiti di esercizio e di accreditamento utilizzando la modulistica predisposta.

REQUISITI ORGANIZZATIVI, STRUTTURALI E TECNOLOGICI GENERALI E SPECIFICI

Le strutture pubbliche e private che erogano le attività sanitarie nelle tipologie di cui alla lettera a), sono tenute al rispetto dei requisiti organizzativi, strutturali, impiantistici e tecnologici generali e specifici.

Tali requisiti sono articolati in 4 sezioni. SEZIONE A

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La sezione A individua i requisiti organizzativi, strutturali e tecnologici generali che tutti i soggetti devono possedere per l’esercizio delle attività sanitarie, siano esse di tipo ambulatoriale, che di ricovero a ciclo continuativo per acuti e non acuti, riportati rispettivamente in:

A1 = Requisiti organizzativi generali: 1. Politica, obiettivi e attività 2. Struttura organizzativa 3. Gestione risorse umane

4. Gestione risorse strutturali e impiantistiche 5. Gestione risorse tecnologiche

6. Gestione, valutazione e miglioramento della qualità, linee guida e regolamenti interni

7. Sistema informativo 8. Informazione all’utenza.

A2 = Requisiti strutturali e tecnologie generali.

1. Politica, obiettivi ed attività

La Direzione aziendale provvede alla definizione delle politiche complessive dell’azienda ed esplicita gli obiettivi da raggiungere, sia per la tipologia ed i volumi che per la qualità delle prestazioni e dei servizi che intende erogare.

La Direzione deve esplicitare ai presidi, alle unità operative ed alle altre articolazioni organizzative, il ruolo, gli obiettivi e le funzioni assegnate agli stessi. E’ adottato un documento, definito annualmente dalla Direzione, in cui è esplicitata la missione, e cioè la ragion d’essere dell’organizzazione ed i valori cui si ispira, le politiche complessive, e cioè l’indirizzo dato dalla Direzione, che consiste nel definire i campi prioritari di azione e quali metodi adottare per raggiungere gli obiettivi. Per singolo presidio e struttura organizzativa vengono individuati i responsabili delle articolazioni operative e di supporto tecnico

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