UNIVERSITÀ DI
PISA
Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale
Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell’Area Critica Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia
Corso di Laurea in Infermieristica
(abilitante alla professione sanitaria di Infermiere)
Tesi Triennale
See&Treat nell’U.O. Pronto Soccorso dell’Azienda
Ospedaliera Universitaria Pisana: nuova frontiera
per la professione Infermieristica
Relatore:
Prof. Salvatore Pagliaro
Laureanda: Lorenza Daniele
A Simone Masoni, A me stessa
Indice
Introduzione 1
1 Unità Operativa Pronto Soccorso 3
1.1 Triage Infermieristico . . . 3
1.2 Le competenze acquisite dall’infermiere triagista . . . 7
1.3 Il fenomeno dell’iperaffollamento in Pronto Soccorso . . . 10
2 Il modello See and Treat 13
2.1 See and Treat nella realtà anglosassone . . . 13
2.1.1 Emercency Nurse Practitioner . . . 14
2.2 La sperimentazione del See and Treat in Italia . . . 16
2.3 Competenze mediche–infermieristiche:
tra approvazione e polemiche . . . 17
2.3.1 La legittimità dell’agire infermieristico . . . 18
3 See and Treat nella realtà Toscana 22
3.1 Il progetto di sperimentazione . . . 22
3.2 Formazione del personale . . . 29
4 See and Treat nel Pronto Soccorso di Pisa 31
4.1 Approdo del S&T nell’AOUP . . . 31
4.2 Esperienza personale di See and Treat . . . 31
4.3 Interazione Fast Track e See and Treat . . . 35
4.4 Una giornata See and Treat . . . 39
4.5 Esempio di caso clinico trattato in See and Treat . . . 40
4.5.1 Protocollo operativo “Ustione Minore” . . . 40
4.5.2 Dal protocollo al reale caso clinico . . . 46
5 Caso di studio 54 5.1 Obiettivo della ricerca . . . 54
5.2 Materiali e metodi . . . 54
5.3 Analisi dei dati raccolti . . . 57
5.4 Conclusioni dello studio . . . 78
Conclusioni 82
Allegati 85
Bibliografia 95
Introduzione
Il presente lavoro ha come oggetto il modello operativo See and Treat, nato in Pronto Soccorso in quanto valido sistema per trattare i pazienti con problemi di salute non urgenti o poco gravi. Il progetto organizzativo S&T, pur essendo un tema molto dibattuto tra medici scettici e restii, si classifica come un’efficace solu-zione di miglioramento del servizio di Pronto Soccorso del nostro Paese, nonché un ottimo strumento di valorizzazione della professione infermieristica. A tal proposito, il S&T è un percorso gestito autonomamente da infermieri esperti ed opportunamente formati, i quali prendono in carico i pazienti con problematiche minori accompagnandoli fino alla loro dimissione, avendo premura di dare una risposta rapida ed efficace al problema di salute presentato e agendo, dunque, secondo protocolli operativi medico–infermieristici.
I Dipartimenti di Emergenza sono persistentemente sotto stress da oltre dieci an-ni, per via del flusso ininterrotto di utenti che richiedono l’erogazione di pre-stazioni sanitarie, urgenti e non, nel più breve tempo possibile. Si pensi che in Italia ogni anno si rivolge in Pronto Soccorso circa il 35-40% della popolazione [1]. Malgrado la consapevolezza del sovraffollamento nei Dipartimenti di Emer-genza e nonostante la frustrazione dei professionisti, impossibilitati nel fornire cure ottimali, l’istituzione di un ambulatorio See and Treat stenta a farsi strada in maniera globale nei Pronto Soccorso delle regioni italiane, di cui buona parte ignora quest’emergente innovazione sanitaria. Dieci anni fa, in maniera esclusi-va, la Regione Toscana si fece promotrice del progetto sperimentale See and Treat, ereditandone l’idea dai colleghi inglesi che, già a partire dagli anni Ottanta, col-laudarono questo sistema di gestione dei codici minori, vantandone il notevole successo in merito alla riduzione considerevole dei tempi d’attesa per gli uten-ti, alla diminuzione dei tempi di trattamento e all’alto grado di soddisfazione e gradimento dei pazienti.
L’obiettivo di questa tesi è di mettere in risalto come, presso l’U.O. Pronto Soccor-so di Pisa, l’istituzione di un ambulatorio S&T per la gestione dei codici minori sia una sostanziale strategia organizzativa dell’intero Dipartimento di Emergenza che, a sua volta, vanta il già presente percorso preferenziale Fast Track.
Introduzione
In questo lavoro si andrà a vedere specificatamente come è articolato il Diparti-mento di Emergenza, il problema emergente dell’iperaffollaDiparti-mento, nonché l’ori-gine anglosassone e toscana della sperimentazione S&T, con indicate le varie fasi del cammino percorso. Inoltre, sarà definito il rapporto ideale di collaborazione con l’équipe medica e la formazione specifica che l’infermiere dovrà avere per poter trattare i casi minori e raggiungere il titolo di infermiere certificato in trat-tamenti di S&T. L’attenzione maggiore sarà rivolta all’approdo dell’implementa-zione S&T nell’AOU di Pisa, con la presentadell’implementa-zione della mia diretta esperienza in Pronto Soccorso. Nel corso della stessa è avvenuta la raccolta sperimentalmen-te dei dati con somministrazione di questionari d’indagine al personale medico ed infermieristico e agli utenti. Lo studio condotto è stato incentrato sulla cono-scenza e sul parere dei pazienti e del personale medico–infermieristico riguar-do il nuovo modello organizzativo S&T, ariguar-dottato con grandi limitazioni pres-so l’AOUP. I risultati statistici finali saranno discussi nella parte conclusiva del presente lavoro.
Inoltre, il fine ultimo di questa mia tesi è di stimolare il miglioramento della pro-fessione infermieristica, sperando che il See and Treat sia un nuovo punto di par-tenza e rappresenti una nuova frontiera da raggiungere per la stessa professione.
1
Unità Operativa
Pronto Soccorso
1.1
Triage Infermieristico
Il percorso diagnostico d’assistenza in Pronto Soccorso (PS) inizia al triage infer-mieristico, momento primario d’accettazione delle persone che giungono in strut-tura e che richiedono un intervento d’emergenza-urgenza di varia entità. L’ado-zione del sistema di triage deve la sua origine al crescente flusso di utenti che si rivolgono al PS. Quest’ultimo è ormai la principale porta d’accesso al Servizio Sa-nitario diventato, con gli anni, un punto di riferimento della popolazione italiana e del suo bisogno di salute sempre più in aumento.
Il riferimento normativo fondamentale che ha permesso l’introduzione del siste-ma di triage all’interno dei Pronto Soccorso d’Italia è il D.P.R. 27 siste-marzo 1992 [2], la legge quadro dell’emergenza sanitaria territoriale e ospedaliera. Mentre, con la stesura delle sue Linee Guida nel 1996, è stato introdotto il concetto di triage in-fermieristico come sistema di selezione delle priorità assistenziali in PS, funzione gestita da personale infermieristico adeguatamente formato e che opera secondo protocolli prestabiliti dal dirigente di servizio [3]. A livello regionale l’organiz-zazione dei Pronto Soccorso ha iniziato a subire un cambiamento in seguito alla pubblicazione delle Linee Guida del 2001, in cui fu definita la natura e le carat-teristiche generali del triage, strumento volto a regolare gli accessi e a definire la priorità con cui il paziente sarà visitato dal medico [4].
Il termine triage deriva dal francese trier che significa “scegliere, selezionare” e rappresenta un processo decisionale infermieristico volto a valutare rapidamen-te i pazienti, secondo segni e sintomi clinici, in modo da consentire a ciascuno di essi l’accesso alle cure, secondo un ordine di priorità e non seguendo l’ordine di arrivo in ospedale. La presa in carico complessiva della persona da assiste-re avviene da parte di un infermieassiste-re qualificato e adeguatamente formato [2][3]
Capitolo 1 Unità Operativa Pronto Soccorso
che rileva le motivazioni che hanno indotto il paziente a richiedere un trattamen-to in urgenza. In particolare, durante questrattamen-to percorso, l’operatrattamen-tore si occupa di osservare l’aspetto generale della persona, delle sue condizioni cliniche e del lo-ro rischio evolutivo. Tramite un colloquio/intervista con l’utente e l’impiego di strumenti idonei per il monitoraggio di alcuni parametri vitali, l’infermiere rile-va segni e sintomi clinici e analizza la documentazione disponibile. In seguito, il professionista assegna un codice colore che ne indica la priorità di accesso alla vi-sita medica, attivando percorsi diagnostici–terapeutici specifici. Il codice priorità assegnato è inquadrato anche in base ad algoritmi elaborati per 19 problemati-che principali, elencate nella Tabella 1.1, e con l’ausilio decisionale di un algorit-mo più generale che è lo stesso utilizzato nell’elaborazione dei singoli algoritmi specifici [Figura1.1].
CEFALEA EMORRAGIA DIGESTIVA
TRAUMA ADDOMINALE DISPNEA
DISTURBO NEURO FOCALE INTOSSICAZIONE ACUTA
TRAUMA CRANICO E AGLI ARTI PERDITA DI COSCIENZA
DOLORE ADDOMINALE MANIFESTAZIONI CUTANEE
TRAUMA TORACICO PALPITAZIONI
USTIONI TRAUMA VERTEBRALE
DOLORE TORACICO FERITE
MAL DI SCHIENA O DOLORE LOMBARE VERTIGINI
Tabella 1.1: Elenco sintomi guida per la stesura degli algoritmi decisionali di triage
In ultima istanza si procede con la registrazione, sui software gestionali di PS, delle generalità dell’utente e dell’informazioni cliniche raccolte. Durante l’attesa, il paziente è sottoposto a una rivalutazione delle sue condizioni, per confermare o rilevare eventuali variazioni delle stesse, e nell’eventualità andando a modificare il codice priorità precedentemente assegnatogli.
Inoltre, occorre tener presente che il codice di triage non corrisponde necessaria-mente al codice finale di gravità clinica, che è attribuito solo dal medico in seguito agli accertamenti e alla visita clinica.
Capitolo 1 Unità Operativa Pronto Soccorso
• Dolore (VAS 8-10) • Estesa perdita di sostanza
• Impotenza funzionale, parziale o totale • Fratture, lussazioni (compr. ossea)
• Assenza di polsi periferici (compr. vascolare)
• Emorragia attiva difficilmente controllabile • Corpo estraneo ritenuto in presenza di
strutture neurovascolari o articolazioni • Ferite con modalità a rischio di infezione o
esposizione a materiale infettante entro le 72h
• Dolore (VAS 1-4) • Ferite recenti, superficiali
• Ferita non recente (oltre 24h), ma con segni di infiammazione locale
• Ferite penetranti alla testa, all’addome e al torace
• Emorragia non controllabile
• Corpo estraneo ritenuto in presenza di organi o strutture vitali
• Dolore (VAS 5-7)
• Ferite profonde degli arti non sanguinanti o sanguinamenti in modo modesto e controllabile • Ferite non recenti (oltre 24h), con segni di
interessamento sistemico (febbre)
• Ferite non recenti senza segni di flogosi locale • Richiesta di rimozione dei punti di sutura e/o
medicazione Rosso Giallo Verde Azzurro Bianco NO NO NO NO SI SI SI SI SI
Capitolo 1 Unità Operativa Pronto Soccorso
I codici di priorità, in analogia con i criteri definiti dal D.M. Sanità del 15 maggio 1992, sono di colore rosso, giallo, verde, bianco in ordine di urgenza decrescente. Essi sono qui di seguito descritti [4]
• Codice rosso: paziente molto critico con priorità massima. Accesso imme-diato alle cure per compromissione di almeno una delle funzioni vitali;
• Codice giallo: paziente mediamente critico con priorità intermedia. Accesso rapido alle cure per rischio evolutivo delle proprie condizioni;
• Codice verde: paziente poco critico, con priorità bassa. Accesso dopo rosso e giallo. Soggetto con problema acuto ma con funzioni vitali nei limiti; • Codice bianco: paziente non critico con problema non acuto e/o di minima
entità. Accesso dopo rosso, giallo e verde.
In merito alla regione Toscana il Servizio Sanitario Regionale, tramite il D.G.R.T. n. 736/2001, ha aggiunto un ulteriore codice priorità di colore azzurro, per con-sentire una migliore organizzazione dei flussi interni dei vari Pronto Soccorso toscani.
• Codice azzurro: paziente con problema acuto ma di lieve entità. Assenza di compromissione delle funzioni vitali e assenza d’indicatori d’urgenza. Priorità interposta tra codice verde e codice bianco.
L’integrazione del quinto codice colore con i precedenti quattro, ha rappresenta-to un enorme passo in avanti verso i sistemi di triage all’avanguardia mondiale. La regione Toscana, difatti, ha definito il proprio sistema di triage a 5 livelli di priorità ispirandosi al modello canadese CTAS (Canadian Triage & Acuity Sca-le), australiano ATS (Australiasan Triage ScaSca-le), inglese MTS (Manchester Triage System), statunitense ESI (Emercency Severity Index).
In generale nel sistema di triage, a parità di priorità, è prevista una precedenza nell’accesso ai bambini, agli anziani e ai diversamente abili, a persone che han-no subito violenza e alle donne in stato di gravidanza. Si tratta di codici colore che esulano dai 5 codici priorità precedentemente descritti, in quanto sono codici d’accesso preferenziale, assegnati in aggiunta come fossero “un codice nel codi-ce”. In questo senso la regione Toscana, con il D.G.R.T. n. 339/2013, ha introdotto il codice rosa, ed è stata selezionata come luogo di sperimentazione del progetto “codice argento”, presentato il 18 dicembre 2008.
Capitolo 1 Unità Operativa Pronto Soccorso
• Codice rosa: è un percorso speciale riservato a tutte le vittime di violenze che, a causa di particolari condizione di fragilità, più facilmente possono diventare vittime di violenza e discriminazioni sessuali. Riguarda donne, uomini, adulti e minori che hanno subito maltrattamenti e abusi;
• Codice argento: è un percorso speciale riservato agli anziani fragili, con lo scopo di identificare coloro a maggior rischio per garantirgli un iter assi-stenziale e terapeutico controllato e validato, sia nella fase di accesso all’o-spedale sia nella fase di dimissione.
Infine, sempre in ambito di triage, possono essere utilizzati altri due codici colore:
• Codice nero: identificativo del decesso del paziente;
• Codice arancione: indicativo del paziente contaminato.
In un tempo successivo all’assegnazione del codice di triage, l’infermiere può at-tivare il percorso diagnostico terapeutico assistenziale più appropriato, ottimiz-zando i tempi di presa in carico e trattamento, contribuendo alla diminuzione dei periodi di attesa. In questo senso è fondamentale il ricorso, all’interno dei PS e dei Dipartimenti di Emergenza-Accettazione (DEA), di percorsi separati clinico organizzativi diversi in base alla priorità [5]. Ad ogni modo, in seguito agli accer-tamenti diagnostici e a visita medica/specialistica, si procede fino al termine della permanenza in PS del paziente. Questa può avvenire per ammissione del pazien-te in Osservazione Breve Inpazien-tensiva (OBI), per ricovero presso un’unità di degenza della struttura ospedaliera, in seguito a trasferimento presso altra struttura o al domicilio, con affidamento alle strutture territoriali.
1.2
Le competenze acquisite dall’infermiere triagista
L’adozione del sistema di triage ha sancito l’inizio del ruolo oggi assunto dal-la professione infermieristica. Le medesime Linee Guida del 2001, riprendendo esplicitamente quanto già affermato nel D.P.R. del 1992, consolidano il concetto dell’agire infermieristico, fortificandone il ruolo da professionista, esperto e spe-cificatamente formato a effettuare la valutazione e a determinare un codice di priorità per ciascun paziente che accede in DEA. Inoltre, va precisato che l’infer-miere di triage deve possedere una serie di requisiti iniziali, quali il diploma di laurea in infermieristica o titoli equipollenti, un’esperienza lavorativa di almeno
Capitolo 1 Unità Operativa Pronto Soccorso
sei mesi in Pronto Soccorso, una formazione clinica, relazionale e sulla metodolo-gia del triage. Dunque, per svolgere la funzione d’infermiere triagista in Pronto Soccorso è richiesta una formazione di accesso e, una volta acquisite le cono-scenze e le competenze nell’ambito dell’emergenza-urgenza, è reso responsabile e autonomo nell’intervenire in modo tempestivo e globale ai bisogni di salute dei pazienti.
In termini di responsabilità e autonomia le competenze acquisite dall’infermiere affondano le loro radici nei riferimenti normativi che hanno accompagnato l’e-voluzione di questa figura professionale. Di cui sono guida quelli relativi alla formazione, al profilo professionale e il codice deontologico, bussola etica delle azioni professionali. Fino al 1999 la professione infermieristica era disciplinata dal mansionario (D.P.R. n. 225/1974) in cui s’indicavano, in maniera tassativa, tutte le azioni lecite per l’infermiere privandolo di autonomia decisionale. Nel corso degli anni però quella rigida gabbia legalizzata, costruita sulle mansioni, fu limitata dalla promulgazione di varie leggi che indicavano, di volta in volta, qual-cosa in più che l’infermiere poteva svolgere, rispetto a ciò che regolamentava il mansionario. Partendo da un excursus storico-legislativo, è possibile sintetizzare l’evoluzione delle competenze raggiunte dall’infermiere professionista.
Nell’ambito della formazione di base e post-base, un passo in avanti si ebbe con il disegno di riforma universitaria varato nel 1990 e con la riforma del Sistema Sa-nitario nel 1992 [6], che sancì la titolarità dell’università nel rilascio del diploma dell’infermiere. Con l’approvazione e l’attuazione del D.M. n. 739 del 1994 [7], co-nosciuto come profilo professionale, sono state introdotte delle importanti inno-vazioni che hanno portato a un notevole cambiamento e alla valorizzazione del-la figura professionale dell’infermiere che, in possesso del diploma universitario abilitante e dell’iscrizione all’albo professionale, è il responsabile dell’assistenza generale infermieristica. Con la legge n. 42 del 1999 [8] si abolì il mansionario che ingabbiava l’infermiere escludendolo da qualsiasi potere decisionale, e si proce-dette a sostituire l’impropria definizione di “professioni sanitarie ausiliarie” con “professioni sanitarie”, sottolineando il campo proprio di attività, responsabilità, competenza e autonomia dell’infermiere. A fissare gli ultimi tasselli al percorso di riordino della professione fu la legge n. 251 del 2000 [9]. Suddetta normativa ri-prese il concetto di autonomia professionale nell’esercizio dell’attività pertinente la propria sfera di competenza, delineando i limiti di responsabilità nel rapporto interprofessionale. In aggiunta, la medesima legge stabilì che gli infermieri, in possesso dei titoli di studio rilasciati con i precedenti ordinamenti, possono
acce-Capitolo 1 Unità Operativa Pronto Soccorso
dere alla laurea di secondo livello in Scienze Infermieristiche. E ancora in merito alla formazione post-base, la legge n. 43 del 2006 [10] avviò la specializzazione dell’infermiere in precisi ambiti, sviluppando conoscenze e capacità avanzate per fornire specifiche prestazioni infermieristiche in determinate aree. In ultimo, la legge n. 190 del 2014 [11] , aprì la strada alla formazione dell’infermiere specia-lista in sei diverse aree: pediatrica, chirurgica, medica, salute mentale, territorio (infermiere di famiglia) ed emergenza-urgenza.
Si noti come il ruolo assunto oggi dall’infermiere di triage sia il risultato dell’in-tegrazione fra la formazione universitaria e quella post-base, con cui l’infermiere di PS raggiunge una qualifica specialistica. Nella sua funzione operativa potreb-be essere descritto come colui che è chiamato a compiere scelte decisionali ra-pide e precise e che riveste quindi, in un certo senso, un ruolo di “comando”. In realtà, si è appena visto come l’infermiere professionista ha raggiunto consa-pevolezza e indipendenza professionale e come il ruolo assunto sia legittimato dalle leggi. Certamente la formazione certificata nell’area triage costituisce l’uni-co processo che attribuisce valore legale alle l’uni-competenze acquisite. In partil’uni-colare l’infermiere può espletare la funzione di triage solo dopo aver frequentato uno specifico corso di formazione e addestramento, aver acquisito un’esperienza di lavoro in Pronto Soccorso, di norma non inferiore a sei mesi, ed essere stato af-fiancato da un infermiere/tutor esperto nell’attività di triage. Infine, per il man-tenimento delle competenze dev’essere previsto un percorso formativo specifico di ricertificazione.
L’infermiere di triage e di PS deve possedere dei requisiti specifici per ricoprire il proprio ruolo nell’ambito delle emergenze–urgenze. Nel Pronto Soccorso il suo incarico è addirittura critico, specie quando è chiamato a fare una gerarchia dei pazienti in funzione della loro gravità. Il suo contributo diventa essenziale quan-do gli interventi non lasciano tempo al dialogo. Occorrono, dunque, attenzione, disponibilità, precisione, elasticità mentale, manualità tecnica, iniziativa e senso critico, elevata preparazione professionale, sensibilità e tatto nei rapporti inter-personali, spirito di osservazione, rapida valutazione e definizione di problemi e obiettivi, spirito di collaborazione, interesse verso l’aggiornamento professionale. È un ruolo tanto affascinante quanto complesso [12].
Capitolo 1 Unità Operativa Pronto Soccorso
1.3
Il fenomeno dell’iperaffollamento in Pronto Soccorso
Negli ultimi decenni gli operatori di Pronto Soccorso hanno dovuto affrontare il problema critico dell’iperaffollamento nei Dipartimenti di Emergenza (DE). Gli ospedali, fino agli anni Sessanta, erano pressoché deputati ad accogliere pazienti ricoverati in elezione. Ma dagli anni successivi il numero di richieste per visite e ricoveri in urgenza è salito vertiginosamente. Si tratta inoltre di pazienti con quadri clinici e problematiche assistenziali eterogenee, che accedono in PS richie-dendo l’erogazione di prestazioni sanitarie urgenti e non, nel più breve tempo possibile. Basti pensare che in Italia ogni anno si rivolge ai DE circa il 35-40% della popolazione [1].
Secondo i dati ISTAT 2014, in Italia, si è avuta una diminuzione del numero delle strutture ospedaliere pubbliche e private, passando da 1.286 a 1.165 nell’ultimo decennio. Mentre si è assistito a un aumento considerevole della popolazione italiana, che conta oltre 60 milioni di residenti. Ma questi non sono gli unici fat-tori determinanti l’aumento di domanda di cure sanitarie. Fra le cause di questo fenomeno si hanno il progressivo invecchiamento della popolazione, l’aumento del numero di pazienti complessi con malattie croniche, la diversa percezione del bisogno di salute, l’avvento di nuove tecnologie di diagnosi e cura, che induco-no la gente comune, magari suggestionata, a voler allontanare anche un semplice sospetto di malattia.
Il concetto di iperaffollamento all’interno del DE può essere definito, semplicisti-camente, come la situazione in cui il servizio di PS è saturo di utenti, per cui non c’è più spazio adeguato per provvedere alla cura degli stessi nelle fasi successive l’accettazione. Si tratta di un fenomeno paneuropeo, come pure coinvolge tutto il mondo civilizzato e, noto internazionalmente con il termine inglese di overcro-wding, è meglio definito come la situazione in cui l’attività del Dipartimento di Emergenza è ostacolata dal fatto che il numero di pazienti, in attesa di essere vi-sitati, sottoposti ad accertamenti e cure oppure dimessi, è superiore alle risorse logistiche o professionali dello stesso dipartimento. Nel medesimo contesto, un grave disagio per la gestione sanitaria è rappresentato dalla difformità fra nume-ro di accessi in DEA e la recettività delle aree di ricovenume-ro. In merito a ciò si parla di access block traducibile in “blocco di uscita”, definibile come la situazione in cui i pazienti non riescono ad accedere a un posto letto adeguato in un lasso di tempo ragionevole, inferiore alle 8 ore [13]. Quindi le nuove criticità dei servizi di Pronto Soccorso sono rappresentate dal ritardo di accesso alle cure e dallo sta-zionamento dei pazienti in attesa di ricovero, quello che gli americani chiamano
Capitolo 1 Unità Operativa Pronto Soccorso
boarding.
È evidente che il prolungarsi dei tempi di attesa per la visita o per un posto letto abbia un impatto negativo sui pazienti stessi, non esonerati da ulteriori episodi di stress psico-fisico. Non sono rari i casi in cui gli utenti, magari con problematiche minori, siano costretti a lasciare “il posto in coda” e a tornare a casa insoddisfatti, proprio perché i tempi d’attesa si dilatano oltre i target orari massimi istituiti dai servizi sanitari.
Per comprendere al meglio le cause e cercare soluzioni atte a risolvere le varie criticità dell’iperaffollamento è meglio esaminare le varie componenti di questo problema, secondo un modello concettuale [14]
• La componente in ingresso, input, è costituita dall’eterogenea tipologia di pazienti che richiedono cure in emergenza-urgenza. Oltre a quelli con le-sioni traumatiche o malattie acute gravi, trasportati dalla Centrale Opera-tiva 118, ci sono tutti i malati affetti da patologie croniche riacutizzate. In più fanno parte anche coloro che preferiscono ricevere una visita in urgen-za, anziché richiederne una al medico di famiglia o al Servizio di Guardia Medica, soprattutto per problematiche urgenti soggettivamente. E infine c’è la fascia debole della popolazione che, bisognosa di una rapida risposta, ritiene il PS quasi l’unico modo per accedere alle cure sanitarie. Parliamo, ad esempio, dei cittadini più disagiati, come gli immigrati e i senza tetto, o le vittime di abusi e violenze, oppure la popolazione giovanile che guarda il servizio di Pronto Soccorso come una salvezza “mordi e fuggi”, con la richiesta del “tutto e subito”.
• La componente interna, throughput, riguarda il tempo di permanenza dei pazienti nelle strutture del PS. In un primo momento l’attesa riguarda la valutazione medica, in un secondo momento interessa la terapia d’urgenza e il tempo necessario per esami di laboratorio e diagnostici. Il tutto è condi-zionato dalla disponibilità di spazio fisico, numero di medici e infermieri, efficienza dei servizi, tempi di risposta delle consulenze richieste.
• La componente in uscita, output, è data dalla capacità di gestire i pazienti dei quali si è deciso il ricovero o la dimissione/trasferimento. L’impossibilità di avere, in tempi brevi, dei posti letto disponibili per i ricoveri causa il fenomeno boarding. Ciò alimenta la difficoltà di prendersi cura dei pazienti che arrivano in PS. Lo stesso staff sanitario dedica almeno il 40% del proprio
Capitolo 1 Unità Operativa Pronto Soccorso
tempo lavorativo ad assistere i pazienti in attesa di ricovero, sottraendolo alla cura di quelli in entrata.
I sistemi di triage sono stati adottati proprio per gestire al meglio l’afflusso di pa-zienti nei DEA. In più la letteratura internazionale dimostra che nei PS in cui sono stati realizzati percorsi a bassa priorità, questi permettono di trattare dal 30 al 40% dei pazienti con l’obiettivo che la permanenza, nel 90% dei casi, non superi i 60 minuti. Inoltre, la National Health Service (NHS) dei PS inglesi, per contrastare il fenomeno boarding, prevede che il ricovero, la dimissione o il trasferimento, del 95% dei pazienti, avvengano entro 4 ore dall’arrivo nel DE [1].
Gli ambulatori per la gestione dei codici minori hanno contribuito a tamponare il problema e, sulla falsa riga di questa strategia, sono stati adottati disegni orga-nizzativi che prefigurano percorsi e interventi diversificati già dalla fase di accet-tazione in triage. È nato il cosiddetto percorso veloce, Fast Track, atto a fornire una pronta risposta direttamente dal medico specialista. Oppure un’altra soluzio-ne è rappresentata dal Post-Triage, innovaziosoluzio-ne mirata ad utilizzare in maniera proficua il tempo d’attesa. È previsto, dunque, l’anticipo di alcune indagini stru-mentali e di laboratorio, nonché il trattamento precoce del dolore che consente di alleviare lo stato di disagio dei pazienti in attesa di esser visitati. Si noti come l’invio diretto al medico specialista di pazienti con specifici segni e sintomi sia un importante passo in avanti per arginare il fenomeno delle inutili lunghe attese in PS, ma soprattutto per non ostruire l’area per le emergenze.
2
Il modello See and Treat
2.1
See and Treat nella realtà anglosassone
Il See and Treat (S&T) nasce in Inghilterra intorno agli anni Ottanta per dare una risposta efficace al fenomeno dell’overcrowding nei Dipartimenti di Emergenza. Si tratta di un modello organizzativo introdotto nell’emergenza sanitaria inglese nel 2003 dalla NHS, come valido sistema per trattare i pazienti che si presentano in Pronto Soccorso con problemi di salute o traumi minori.
Originariamente [1], l’intuizione del percorso S&T fu concretizzata nel 2001 per migliorare i servizi della Sanità pubblica britannica. La Modernisation Agency dell’NHS commissionò alla Business School dell’Università di Warwick uno stu-dio sul fenomeno del sovraffollamento e delle lunghe attese in PS. Con la nascita dell’indagine Ideal Design of Emergency Access Project, meglio nota come proget-to IDEA, si approvò che una delle principale cause dei problemi organizzativi dei DE fosse attribuibile al fatto che tutti i pazienti in ingresso al PS venissero guidati verso la medesima modalità di trattamento, senza alcuna distinzione del-le diverse esigenze assistenziali. Per questa ragione, apparvero subito necessari percorsi diagnostico terapeutici ben distinti, nei quali far confluire i pazienti fin dal momento dell’accettazione in triage. Furono individuati due flussi: il pri-mo era riservato ai casi di maggior gravità con accesso rapido (major accidents), mentre il secondo era destinato a regolare gli accessi di minor gravità e urgenza (minor accidents), con azzeramento, quasi completo, dei tempi intermedi d’atte-sa. Condizione necessaria per il funzionamento del sistema era fare in modo che i due flussi mantenessero percorsi separati per tutto l’iter diagnostico–terapeutico, evitando di convogliare gli utenti in unico accesso, come accadeva in un triage tradizionale.
Sulla base del progetto IDEA si suggerì, inoltre, che i casi di minor gravità fos-sero trattati da personale infermieristico appositamente formato, delineando, per la prima volta, la professionalità dell’Emercency Nurse Practitioner (ENP), infer-miere specializzato in emergenza che, in autonomia e con responsabilità, svolge la sua attività sulla base di protocolli. Questa gestione da parte dell’ENP fu la
for-Capitolo 2 Il modello See and Treat
mula maggiormente utilizzata in Inghilterra. D’altro canto, a valutare e trattare il paziente potevano essere, in base alle risorse professionali disponibili, un medico o un infermiere specializzato, oppure entrambe le figure.
L’innovazione del See and Treat ben presto iniziò a diffondersi nei diversi PS del Regno Unito, creando un certo grado di soddisfazione nell’opinione pubblica e nel personale medico-infermieristico. Numerosi studi hanno dimostrato che l’in-troduzione di un ambulatorio dedicato al trattamento dei pazienti con problemi di salute minori, ha fornito importanti risultati in termini di riduzione delle attese e dei tempi di permanenza nei Pronto Soccorso, di riduzione della quota di pa-zienti che si allontanano spontaneamente, con conseguente miglioramento della qualità d’assistenza percepita.
2.1.1 Emercency Nurse Practitioner
Dagli anni ’90 in Inghilterra è stato mostrato particolare interesse nei confronti del Nurse Practitioner (NP). Si parla di un infermiere opportunamente formato che, in possesso di un master universitario e di specializzazioni, è in grado di gestire in maniera autonoma pratiche più avanzate: dalla raccolta anamnestica all’esame fi-sico del paziente, dalla prescrizione all’interpretazione di indagini diagnostiche, alla decisione di alcuni trattamenti terapeutici, anche farmacologici, divenendo un Non Medical Prescriber (NMP). Si tratta di una figura professionale altamente specializzata in una delle discipline previste dalle norme vigenti, con possibilità di avanzamento di carriera fino a livelli di autonomia professionale importanti. Precisamente parliamo di: Acute care NP; Adult NP; Family practice NP; Psy-chiatric NP; Geriatric NP; Pediatric NP; Obstetric NP; Neonatal NP; Emergency NP; Hepatology NP.
Uno dei luoghi in cui la figura infermieristica del NP risulta particolarmente utile è proprio il sistema dell’emergenza. L’Emergency Nurse Practitioner si configura come un infermiere con competenze clinico avanzate, una formazione post-base, capace di erogare un’assistenza sanitaria di alta qualità, diagnosticando e trattan-do numerosi problemi di salute, unitamente alla promozione della stessa e alla prevenzione delle malattie [15].
Nel Regno Unito il Dipartimento d’Emergenza è organizzato in diverse aree, vol-te ad ospitare classi evol-terogenee di pazienti con le loro diverse priorità d’accesso. Parallelamente all’Amber Area per codici maggiori, riservata ai pazienti giunti in ambulanza con codice rosso, arancione o giallo, vi è la Green Area per codici
Capitolo 2 Il modello See and Treat
minori. Questa è riservata ai pazienti giunti a piedi, aventi codice verde o blu. Mentre, la Blue Area per la bassa priorità comprende diverse postazioni ambu-latoriali, tra cui: Urgent Care Centre, General Practitioner (GP) in funzione di medico curante e/o guardia medica, Minor Injuries Unit (MIU) gestita da Nurse Practitioner, Walk In Centre gestita dal General Practitioner e dal Nurse Advance Practitioner, in grado di trattare sia traumi non gravi degli arti sia casi di infezioni minori, eruzioni cutanee, tagli superficiali e contusioni, stiramenti e distorsioni, tosse, raffreddore e sintomi simil influenzali.
In relazione al ruolo ricoperto dai Nurse Practitioner, essi operano, dunque, nei percorsi assistenziali Minor accidents Treatment Service collocati all’interno dei Pronto Soccorso, e praticano nei servizi MIU, occupandosi di problemi ortope-dici e traumatologici minori degli arti superiori e inferiori, e ferite superficiali. L’utilizzo delle MIU, presenti anche esternamente al DE, comporta un doppio vantaggio, poiché si combatte il sovraffollamento con la gestione di buona parte dell’utenza direttamente sul territorio e si fornisce una risposta sanitaria evitando di dover accedere al Pronto Soccorso più vicino.
Dall’esperienza britannica è emerso che gli infermieri specialisti rappresentano una realtà stimata e consolidata. Infatti, il ricorso alla figura del Nurse Practitio-ner ha indotto numerosi benefici. Sta di fatto che, in una revisione sistematica del 2002 [16], sono state messe in risalto le competenze dei NP nel fornire un’assi-stenza equivalente a quella prestata dai colleghi medici.
Nell’ambito del modello See and Treat
• ha permesso una riduzione considerevole del tempo di attesa per la visita, stringendo i limiti temporali fino ad un massimo di 4 ore d’attesa per i codici di lieve entità (target orario massimo divenuto il gold standard dell’NHS);
• ha consentito di ridurre l’utilizzo delle risorse mediche per i codici minori, impegnandole nella cura dei casi clinici più complessi;
• dal punto di vista comunicativo-relazionale, è emerso che i NP comunica-no meglio, dancomunica-no molti più consigli, raccolgocomunica-no più informazioni cliniche, spendendo più tempo per i pazienti, tanto dall’aver aumentato il loro livello di soddisfazione riguardo la qualità d’assistenza ottenuta.
Per la riuscita degli obiettivi del servizio di See and Treat occorre che l’infermiere specialista si attenga alla sua sfera di competenza, tenendo in considerazione i limiti ben definiti del proprio ruolo (non presa in carico di traumi maggiori o da
Capitolo 2 Il modello See and Treat
ricoverare, bambini al di sotto del primo anno di vita, etc...) e il rispetto per il paziente che voglia farsi visitare da un medico.
2.2
La sperimentazione del See and Treat in Italia
Nel nostro Paese l’adozione del modello S&T è stata attuata, per la prima volta in via sperimentale, dalla regione Toscana nel 2007 [17], identificando nel progetto una possibile risposta assistenziale alle urgenze minori, come strategia per argi-nare il problema delle attese in Pronto Soccorso.
Un disagio condiviso dai DEA toscani è proprio l’iperafflusso di utenti che si ri-volgono al PS. E l’infermiere di triage con cui si relazionano, inconsciamente per anni, ha risolto piccoli problemi o semplici dubbi sanitari, agendo secondo il si-stema S&T, pur non conoscendolo. Nonostante sia nato in un contesto culturale diverso da quello italiano, questo modello operativo fu accolto favorevolmente dai professionisti della Medicina di Emergenza–Urgenza, in vista dell’esperienza esasperante di molti Pronto Soccorso, testimoniata dal sovraffollamento. Si pre-se atto della necessità di operare un profondo rinnovamento organizzativo dei Dipartimenti di Emergenza, e di questa esigenza si è fatta promotrice la giunta Toscana con il D.G.R.T. n. 140 del 25 febbraio 2008 [18], un atto legislativo in cui il concetto di “accesso improprio” è stato sostituito da quello di “urgenza perce-pita”, ammettendo così la mancanza nei PS di alternative valide per la gestione dei bisogni del cittadino.
Quanti casi potevano essere risolti rapidamente al momento dell’accettazione in PS, evitando o riducendo le code in triage? Questo interrogativo ha portato i singoli Pronto Soccorso a dare risposte diverse al problema. Si è parlato già, nel capitolo precedente, dei modelli organizzativi Fast track e Post-Triage, percorsi veloci volti a utilizzare in maniera proficua le inutili attese. Ciò nonostante sono risultati insufficienti a gestire gli innumerevoli accessi “non urgenti” in PS.
La regione Toscana, richiamando il sistema inglese, ha istituito l’attività di See and Treat in quanto percorso di accesso facilitato per gli utenti con problemi di salute minori. I pazienti sono selezionati in fase di triage e vengono trattati in modo completamente autonomo da personale infermieristico appositamente for-mato, nel rispetto di protocolli clinico–assistenziali.
Come illustrato nel capitolo precedente, durante la fase d’accettazione coloro che accedono in PS sono distribuiti su cinque codici colore, inquadrati dall’infermiere triagista anche in base ad algoritmi decisionali. Su questa riga, nel S&T i criteri
Capitolo 2 Il modello See and Treat
di attribuzione del codice di priorità sono quelli adottati in triage, mentre l’eleg-gibilità al percorso See and Treat avviene quando la problematica in questione del paziente rientra tra le 49 previste dal progetto. Dunque ripercorrendo il si-stema anglosassone, dal triage derivano due accessi distinti: uno per i casi più gravi trattati tradizionalmente, l’altro per le prestazioni più semplici trattabili ra-pidamente dal solo infermiere esperto, in un ambulatorio See and Treat dedicato, seguendo i casi fino alla dimissione.
È bene sottolineare che in presenza di segnali/criteri di esclusione, l’infermiere invierà il paziente al tradizionale accesso di PS per una valutazione medica.
La filosofia cui sottende il progetto è duplice. Da un lato migliorare la qualità dell’attesa e ridurne i tempi per quanto possibile, dall’altro migliorare l’efficienza complessiva del sistema: valorizzando la professionalità infermieristica attraver-so la realizzazione di un modello assistenziale più dinamico e commisurato al contesto e alla specificità dei bisogni di salute manifestati, e ottimizzando le ri-sorse professionali per far sì che i professionisti medici possano essere disponibili per la cura di pazienti con patologie più gravi.
2.3
Competenze mediche–infermieristiche:
tra approvazione e polemiche
Fin dalla sua messa in pratica, il progetto sperimentale See and Treat ha visto schierarsi due linee di pensiero opposte. In una si collocava la classe medica, che con scetticismo nutriva dubbi non solo sulla validità del S&T ma soprattutto in merito alla gestione autonoma da parte di un infermiere di problemi clinici, sep-pure a bassa criticità. Mentre, l’altro orientamento includeva medici e infermieri che, in un clima di serena collaborazione, hanno valorizzato il rapporto inter-professionale e reso possibile qualcosa che molti consideravano inaccettabile sul piano normativo: attribuire agli infermieri un’autonomia decisionale in campi considerati di esclusiva pertinenza medica.
Si intravedeva da subito come l’istituzione di questo nuovo sistema operativo in PS rappresentasse un piano ambizioso, che avrebbe comportato una mag-gior responsabilità per la professione infermieristica, in linea con il suo profilo professionale.
Il Pronto Soccorso è un’unità operativa in cui la condivisione e la collaborazione fra le professioni mediche e non mediche sono condizioni necessarie per l’efficien-za e l’organizl’efficien-zazione stessa del dipartimento. Ciò significa che lo svolgimento
Capitolo 2 Il modello See and Treat
di atti sanitari coinvolgenti figure professionali diverse non deve indurre alcuna conflittualità nelle relative aree di competenza, e sul piano giurisprudenziale non deve sussistere alcuna ipotesi di esercizio abusivo della professione.
L’infermiere di See and Treat è un infermiere con competenze avanzate, in posses-so di un master clinico di specializzazione o della laurea magistrale [10], che ha se-guito uno specifico percorso di formazione e che, per problemi clinici minori, ope-ra nel rispetto di protocolli clinico assistenziali di tope-rattamento. Quest’ultimi sono stati concordati da un’équipe multiprofessionale di lavoro con la collaborazione di medici tutor e l’approvazione del Consiglio Sanitario Regionale.
In un epoca in cui occorre ottimizzare i sistemi d’emergenza–urgenza con la rea-lizzazione del S&T, assume grande importanza il lavoro interprofessionale, da cui si valorizza la professione infermieristica, permettendo un impiego più ef-ficace di quella medica sui casi di maggior complessità. Purtroppo, nonostante sia stato questo l’obiettivo della regione Toscana, una buona parte del personale medico ha visto una delegittimazione della propria professionalità, non tenendo assolutamente conto delle reali competenze raggiunte dalla figura infermieristica, e soprattutto non considerando i vantaggi che potrebbero derivare dalla nume-rosità di pazienti trattabili in S&T. Il fine contrapposto di alcuni sindacati medici era quello di avviare un’attività giurisprudenziale per fermare un processo che vede l’infermiere protagonista, capace di interpretare un ruolo di riferimento in una sanità in continua evoluzione.
2.3.1 La legittimità dell’agire infermieristico
L’avvio della sperimentazione Toscana e di altre realtà italiane ha suscitato di-verse critiche. L’Ordine dei Medici (OMCeO) di Bologna [19] ha presentato un esposto in cui ritiene che il sistema operativo S&T possa diventare un elemen-to favorente l’esercizio abusivo della professione medica, oltre che elemenelemen-to di deresponsabilizzazione dell’infermiere nelle attività riservate tipicamente al per-sonale medico. Più precisamente l’OMCeO sostiene l’illegittimità del provvedi-mento adottato dalla regione Toscana in violazione dell’art. 117, comma 3, della Costituzione Italiana in tema di ripartizione delle competenze tra Stato e Regioni. In quanto tutti i protocolli e le normative che regolano il S&T in Toscana nasco-no dalla legislazione regionale che, secondo l’OMCeO, andrebbe contro l’articolo 348 del codice penale, il quale è al di sopra delle normative regionali.
Un’altra lamentela è stata mossa dall’Ordine dei Medici di Roma [20], con un ricorso per l’annullamento della delibera che avrebbe concesso all’ASL RMC di
Capitolo 2 Il modello See and Treat
attivare, in via sperimentale, il primo ambulatorio infermieristico territoriale sul modello See and Treat. Le ragioni della richiesta, respinte dal Tar Lazio in sen-tenza, erano incentrate sull’ipotesi di danneggiamento della categoria dei medici. Ad esempio, l’OMCeO ritiene che il medico, non essendo presente al percorso valutativo e terapeutico delineato dall’infermiere S&T, non possa validare a po-steriori il trattamento, in quanto la norma lo ritiene responsabile solo degli atti compiuti sotto la sua supervisione, che con il See and Treat sono delegati alla dia-gnosi e alla cura dell’infermiere. Ma la scelta di assegnare determinate attività sanitarie alla categoria degli infermieri non è da definirsi irragionevole. Lo stesso processo formativo degli infermieri ha avuto l’obiettivo di migliorare le prestazio-ni erogate nell’area di PS, attraverso lo sviluppo e la certificazione di competenze del personale infermieristico per la valutazione e il trattamento di casi di salute minori. Nella sentenza del Tar Lazio si è precisato, inoltre, che agli infermieri non è attribuita la funzione di diagnosi della malattia proprio perché il See and Treat non è assolutamente un processo che porta ad una diagnosi medica, e agli infermieri è attribuita la cura dei codici bianchi in base all’elenco delle patologie minori individuate. Inoltre, il medico di Pronto Soccorso è sempre in contatto in via telematica col servizio S&T e dunque la supervisione è sempre diretta, costan-te e concostan-testuale all’incostan-tervento infermieristico.
Non mancarono altre “guerre di posizione” tra professioni e altre proteste [21], come quella del presidente della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medi-ci, Amedeo Bianco, che si espresse rinforzando il ruolo del medico, affinché resti centrale e di garanzia per il cittadino nei percorsi di diagnosi e cura e che non sia emarginato o bypassato. Non ha mancato di esprimere la propria contrarietà il presidente dell’ Ordine dei Medici di Milano, Ugo Garbarini, che si è detto for-temente contrario a questa sperimentazione: “Ci sembra un’esagerazione perché la responsabilità è sempre del medico e non dell’infermiere. Lo spunto da cui la sperimentazione parte può essere anche buono, perché punta a ridurre i tempi di attesa in Pronto Soccorso; ma gli infermieri già fanno una cosa molto importante, l’attribuzione del codice dal bianco al rosso, che è già una bella responsabilità, perché sbagliare può condannare i pazienti”.
Sono parole molto pesanti da digerire per la professione infermieristica, che con la recente evoluzione normativa ha acquisito le competenze e le conoscenze per il compimento della propria attività. Il modello See and Treat non crea alcun perico-lo per i pazienti, proprio perché la metodoperico-logia di gestione delle urgenze rientra nelle regole, nelle leggi, nelle competenze dell’infermiere professionista in area critica. Nessun esercizio abusivo della professione, ma solo il rispetto dei compiti
Capitolo 2 Il modello See and Treat
affidati agli infermieri dalla legge 42/1999 prima e dalla 251/2000 poi, che hanno indicato gli ambiti di autonomia delle professioni sanitarie.
La Società Italiana di Medicina d’Emergenza–Urgenza (SIMEU) ha preso le di-stanze da quanto sostenuto dall’Ordine dei Medici di Bologna, affermando che una tale linea di pensiero “mette in crisi l’identità professionale degli infermieri che operano nei servizi di emergenza–urgenza non riconoscendo il ruolo fonda-mentale che da anni gli infermieri hanno assunto nel rispondere ai bisogni di sa-lute dei cittadini; vanifica i tentativi di collaborazione interprofessionale medico– infermiere oggi più che mai necessari nel settore dell’emergenza–urgenza, anche per il perdurante e progressivamente crescente problema del sovraffollamento”. La SIMEU richiama, dunque, le norme sui profili professionali, sugli ordinamen-ti universitari e formaordinamen-tivi post-base, attribuisce all’infermiere un ruolo primario nell’ambito dell’emergenza–urgenza territoriale e ospedaliera, tenendo conto del campo proprio ed esclusivo di competenza e dell’ambito collaborativo con le altre professioni sanitarie, con attento rispetto delle reciproche abilità e con la consa-pevolezza dei limiti del proprio ruolo.
La presidente della Federazione Nazionale dei Collegi IPASVI, Annalisa Silve-stro, è intervenuta nel dibattito sostenendo che l’assistenza sanitaria non si strut-tura solamente in un insieme di processi diagnostici e terapeutici, ma anche nel-la rilevazione e nelnel-la risposta appropriata ai molteplici bisogni che il paziente evidenzia o che l’infermiere autonomamente rileva nell’esercizio della sua quo-tidiana professionalità [15]. Netta fu anche la risposta dell’avvocato Luca Benci. In un contesto italiano in cui non esistono definizioni legislative del cosiddet-to “atcosiddet-to medico”, il confine tra quescosiddet-to e l’atcosiddet-to infermieristico è individuacosiddet-to in relazione alla formazione di base e post-base, in seguito a specifico percorso di formazione e di certificazione delle competenze dell’infermiere di S&T, in virtù dell’adozione di protocolli clinico–assistenziali, diagnostici e terapeutici, algorit-mi, di responsabilità condivisa tra medici e infermieri. Il medico partecipa alla formazione del personale non medico nell’area di competenza interprofessionale, alla standardizzazione delle procedure, contribuisce a erogare prestazioni sanita-rie appropriate, e l’infermiere rimane responsabile degli atti che pone in essere, e in collaborazione col medico garantisce e assicura la corretta applicazione delle procedure, assumendosi la diretta responsabilità [22]. L’avvocato Barbieri Gian-nantonio sostiene che occorre distinguere tra interventi infermieristici autonomi e interventi infermieristici su prescrizione del medico, in collaborazione con que-st’ultimo. Le leggi parlano chiaro: sono distinte e autonome [23]. D’altro canto, al di là delle norme legislative vigenti, il medico è e resta il responsabile unico
Capitolo 2 Il modello See and Treat
della gestione del malato, il leader del percorso assistenziale. Ma l’infermiere che segue il malato, tuttavia, è ormai in grado di assumersi le proprie responsabilità, implicite nella sua preparazione e nel suo ruolo.
Concludendo si può ribadire che infermieri e medici, che amano la loro profes-sione e vogliono davvero renderla un servizio al cittadino, dovrebbero mettere da parte la loro conflittualità e collaborare, condividendo i diversi saperi, attraverso il lavoro di squadra. Punto cardine per la riorganizzazione dei PS, per la messa in pratica del modello See and Treat.
3
See and Treat
nella realtà Toscana
3.1
Il progetto di sperimentazione
L’idea di sperimentare un modello See and Treat in Toscana è nata nel 2007 [17], per essere tradotta in realtà nel novembre del 2010 con l’avvio alla sperimentazio-ne sul campo. La nuova politica sanitaria prevedeva alcuni interventi importanti volti alla creazione di un’area assistenziale dedicata ai codici minori, gestita da un infermiere formato e certificato.
La metodica del See and Treat vuole essere, dunque, un’iniziativa che concorre alla risoluzione del sentimento di disagio che accomuna i vari PS della regione. L’alto numero di accessi con necessità di una prestazione semplice e i lunghi tem-pi di attesa possono essere risolti direttamente all’accoglienza, evitando passaggi e procedure superflui.
Una prima sperimentazione, articolata tra il 2007 e il 2008, si è svolta in sei PS del-la regione, distribuiti secondo tre Aree Vaste, aspirando a realizzare un progetto pilota in vista di un secondo disegno sperimentale, maggiormente definito e sup-portato da un’adeguata normativa. Con la delibera n. 449 del 2010 [24], la giunta Toscana avviò la seconda fase di sperimentazione del S&T, quella definitiva. So-stanzialmente si trattava della revisione del D.G.R.T. n. 958/2007 ed esplicitava nel dettaglio il progetto, con l’intento di condurre una valutazione oggettiva sul-l’efficacia del modello, con l’ottimizzazione dei tempi di risposta all’utenza e con una miglior gestione delle risorse medico–infermieristiche.
La D.G.R. n. 24 del 21 gennaio 2008 affidò al Gruppo di Lavoro per il Proget-to di MiglioramenProget-to del PS l’attuazione e la valutazione della sperimentazione del S&T, consentendo l’elaborazione dei criteri guida per la stesura di protocolli operativi. Il Gruppo si avvalse inoltre della collaborazione di altri professioni-sti con competenze specifiche, medici, operatori di Pronto Soccorso ed esperti di Medicina Legale, che diedero il loro contributo in base alle proprie conoscenze e capacità.
Capitolo 3 See and Treat nella realtà Toscana
Il See and Treat rappresenta l’evoluzione del triage di PS, in cui non ci si limi-ta ad assegnare un codice di priorità, ma si slimi-tabilisce lo specifico percorso che il paziente dovrà seguire durante la sua permanenza.
IL cammino sperimentato comprende vari step che vanno dalla stesura del pro-getto, con la scelta del contenuto di ciascun protocollo, alla formazione del per-sonale infermieristico e medico, dall’attività condotta sul campo alla discussione e valutazione dei risultati finali.
Vediamone nel dettaglio le diverse fasi [1]
Prima fase: selezione delle problematiche
Il gruppo di lavoro della regione Toscana selezionò le problematiche a bassa criti-cità da trattare in regime di S&T. La selezione avvenne in base alla loro incidenza, alla gravità, al tipo di intervento diagnostico–terapeutico necessario e alla copre-senza del medico tutor. Quindi vennero scelti tutti i problemi clinici minori di accesso frequente che, per un corretto inquadramento diagnostico e terapeutico, non richiedessero esami strumentali e di laboratorio (fatta eccezione di quelli ra-diologici connessi alla valutazione dei traumi delle dita delle mani e dei piedi). L’elenco delle problematiche comprende oggi 49 casistiche, raggruppate in 8 se-zioni specialistiche, consultabili in Tabella 3.1.
Seconda fase: elaborazione dei protocolli d’intervento
Gli specifici protocolli operativi sono stati elaborati dal Gruppo di Lavoro con la collaborazione dei medici tutor e con l’approvazione del Consiglio Sanitario Regionale. La scelta di ricorrere a dei protocolli operativi fu resa necessaria sia per motivi di sicurezza sia per rendere omogenea la gestione delle problematiche trattabili nel nuovo percorso di cura.
Lo schema di ogni protocollo operativo contiene le seguenti voci
• Note introduttive con epidemiologia, cenni di anatomia e fisiologia dell’a-rea descritta, segni e sintomi principali correlati all’apparato in esame;
• Area triage e modalità di presentazione del paziente con descrizione dei principali segni e sintomi, riferiti al momento dell’accesso;
• Segnali d’allarme/esclusione per il problema clinico minore, la cui presenza determina l’esclusione dal percorso S&T. Sono rilevabili sia in sede di triage sia dopo colloquio con il paziente nell’area di S&T; È previsto quindi un
Capitolo 3 See and Treat nella realtà Toscana
doppio controllo da parte di due operatori diversi: l’infermiere di triage e quello di See and Treat;
• Area See and Treat con conferma dell’eleggibilità del caso in valutazione;
• Attenzioni/trabocchetti con risalto di situazioni fuorvianti e suggerimenti per l’individuazione e la gestione del problema minore esaminato;
• Scopo/finalità del protocollo;
• Materiali con lista dei presidi indispensabili per effettuare il trattamento;
• Interventi con elenco delle azioni da eseguire in sequenza per il trattamento;
• Istruzioni che l’infermiere di See and Treat rilascia al paziente per il rinvio al domicilio;
• Avvertenze e indicazioni che il paziente dovrà seguire dopo il rinvio a do-micilio;
• Flow chart ovvero schema delle principali fasi di trattamento che contrad-distinguono ciascuna problematica [Figura3.1].
Il Gruppo di Lavoro Regionale ha sentito l’esigenza di mettere a punto altri pro-tocolli, definiti trasversali, per il fatto di affrontare aspetti comuni alle varie aree patologiche. La loro elaborazione ha evitato continue ripetizioni di indicazioni nei protocolli operativi. I sei argomenti oggetto sono il dolore, l’anestesia, la pro-filassi antitetanica, la terapia antibiotica, le applicazioni fredde, il test gravidico d’esclusione.
Terza fase: identificazione dei Pronto Soccorso sedi della sperimentazione Con l’esclusione dei PS specialistici, i DE sono stati selezionati tenendo conto del numero di accessi annui (superiore a 25000) e la distribuzione sul territorio regionale. Per ciascuna Area Vasta sono stati scelti due Pronto Soccorso:
• per l’Area Vasta Nord–Ovest : PS di Livorno e Pontedera
• per l’Area Vasta Centro: PS di Firenze S. M. Annunziata e Prato
Capitolo 3 See and Treat nella realtà Toscana
Segnali d’allarme/esclusione • Segni di infezione locale e/o sistemica • Febbre > 38°C
• Raccolta ematica sottocicatriziale
• Necrosi dei bordi (in particolare per le ferite a lembo)
CONFERMA e invio percorso AREA SEE & TREAT
Valutazione Rimozione punti di sutura Scollamento minimo dai tessuti? Medicazione a piatto NO Consegna foglio informativo Rinvio a domicilio SI segnali d’allarme/esclusione? NO PERCORSO See & Treat
Applicazione cerotti sterili perpendicolari alla ferita desuturata
NO
SI
Figura 3.1: Esempio di un protocollo operativo di S&T: RIMOZIONE DEI PUNTI DI SUTURA
Capitolo 3 See and Treat nella realtà Toscana
Quarta fase: ideazione e realizzazione dei percorsi formativi
La formazione degli infermieri e dei medici tutor rappresentò il fulcro più impor-tante dell’intero progetto sperimentale. Gli operatori di S&T, già arricchiti con il proprio bagaglio culturale e professionale fornito dalla preparazione univer-sitaria e post–base, hanno seguito un percorso formativo specifico nello studio teorico–pratico dei protocolli operativi da seguire. Si stabilì venissero selezionati quattro medici e sei infermieri per ogni PS sede di sperimentazione.
La formazione dei professionisti verterebbe non solo sull’acquisizione della fa-coltà di attuare una serie di interventi diagnostici–terapeutici, ma consisterebbe anche nel dimostrare capacità, professionalità ed esperienza, garantendo il mas-simo di competenza e di sicurezza per il cittadino.
Quinta fase: sperimentazione sul campo
Iniziata nel novembre del 2010, la sperimentazione terminò nel maggio del 2011. Nel corso dei sei mesi, nelle sedi prescelte sono stati trattati più di 7000 casi. L’a-rea See and TL’a-reat dedicata, attiva dalle ore 08:00 alle 20:00 di tutti i giorni feriali, ha visto l’impiego di un infermiere dedicato. Fu previsto che ogni caso venisse supervisionato da un medico tutor il quale, di volta in volta, avrebbe dovuto vali-dare l’appropriatezza e la coerenza del trattamento messo in pratica. Comunque, la figura del medico cambiò nell’arco del tempo, assumendo prettamente un ruo-lo di consulenza per i casi problematici, e non avendo più una funzione ufficiale di controllo.
In realtà, attualmente il parere del medico è vincolante per la dimissione del pa-ziente, per la quale è prevista la doppia firma sia del medico che dell’infermiere di S&T. Questo passaggio è stato descritto come un momento critico poiché i tempi d’attesa aumenterebbero proprio per la necessità di avere sul foglio della dimis-sione la controfirma del medico, magari impegnato su un altro caso. D’altro canto è emerso che gli infermieri vivono con frustrazione l’impossibilità di dimettere in autonomia il paziente, nonostante l’evidente crescita di autostima e sicurezza pro-fessionale e aumento di fiducia del personale medico. La doppia firma, dunque, si sarebbe dovuta eliminare in questa fase, come previsto dal progetto, e la sua voluta permanenza ha assunto il significato di controllo e di vincolo sull’operato dell’infermiere di S&T.
Sesta fase: rilevazione dei dati e valutazione della sperimentazione
Capitolo 3 See and Treat nella realtà Toscana
modifica dei software gestionali dei Pronto Soccorso, estendendo la scheda di triage e introducendo un’apposita scheda per l’ambulatorio S&T. Il Gruppo di Lavoro per il Miglioramento del Pronto Soccorso individuò degli indicatori spe-cifici, in base ai quali valutare i risultati ottenuti in termini di efficienza, sicurezza e gradimento degli utenti. Dai dati rilevati sono emersi risultati positivi relativa-mente alla riduzione dei tempi di attesa, di permanenza e degli allontanamenti dal PS, oltre all’affidabilità dei trattamenti e all’apprezzamento dei pazienti. In merito a ciò, nel 2011 il Laboratorio Management e Sanità della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa ha condotto un’indagine avendo come obiettivo la rilevazione dell’esperienza e del grado di soddisfazione degli utenti, a proposito del servizio di See and Treat presso i Pronto Soccorso della regione Toscana [25]. Da ciò è emerso che la maggior parte dei cittadini gradiscono tale modulo operativo. Visti gli esiti positivi, l’Assessorato alla Sanità ha stabilito di prolungare l’esperienza di S&T nelle sei sedi partecipanti, estendendola anche ad altri PS della regione Toscana.
In questo primo approccio, l’obiettivo primario degli sperimentatori era opera-re in assoluta sicuopera-rezza stabilendo, per l’eleggibilità al percorso S&T, criteri vin-colanti quali il doppio controllo dei segnali d’allarme/esclusione, il tutoraggio medico, un limitato accesso alla diagnostica, il riconoscimento della facoltà del cittadino di opporre il proprio rifiuto. Gli esiti soddisfacenti hanno stimolato a continuare nell’implementazione di questo modello di risposta assistenziale, raf-forzandone i punti di forza e migliorando gli aspetti più critici. Infatti, a causa delle diverse esigenze organizzative e delle carenti disponibilità di organico, non in tutte le sedi è stato possibile impiegare un infermiere S&T a tempo pieno nel-l’area dedicata, e il ricorso al tutoraggio medico ha reso impossibile l’impiego dei medici sui casi più critici. Nonostante questo, globalmente la fase sperimentale ha dimostrato, non senza limiti e difficoltà, la fattibilità del progetto nella gestione dei casi a minor criticità.
Capitolo 3 See and Treat nella realtà Toscana
OCULISTICI: GASTROENTEROLOGICI:
Irritazione da lenti a contatto Diarrea acuta non ematica
Congiuntivite Singhiozzo
Ecchimosi periorbitale senza disturbi Rimozione/sostituzione sondino
della funzione visiva naso-gastrico
Emorragia sottocoingiuntivale Corpo estraneo congiuntivale
OTORINOLARINGOIATRICI: UROLOGICI:
Corpo estraneo nell’orecchio esterno Infezioni del tratto urinario inferiore
Tappo di cerume Ostruzione/sostituzione
Otite esterna di catetere vescicale
Corpo estraneo nel naso Epistassi
Rinite
MUSCOLOSCHELETRICI: TRAUMATOLOGICI:
Torcicollo Ferite
Lombalgia acuta ricorrente Rimozione dei punti di sutura
Dolore monoarticolare acuto Abrasione
di origine non traumatica Avulsione superficiale
della punta del dito Contusioni minori degli arti Pronazione dolorosa del gomito Intrappolamento nella lampo Rimozione di anello da un dito Rimozione di amo da pesca Punture di animale marino Ritenzione di zecca
Ustioni minori Ustioni solari
Trauma delle dita della mano e del piede
ODONTOSTOMATOLOGICI: DERMATOLOGICI:
Lussazione ricorrente della mandibola Ciste sebacea
Odontalgia Geloni
Problemi post-estrazione dentaria Dermatite da contatto (eczema)
Foruncolo Orticaria Infezioni ungueali Idrosadenite Verruche Pediculosi
Capitolo 3 See and Treat nella realtà Toscana
3.2
Formazione del personale
Nell’ottica del nuovo modello sperimentale See and Treat occorreva definire una solida base formativa per il personale sanitario, protagonista per eccellenza del neo percorso. L’obiettivo generale prefissato dalla regione Toscana è stato quel-lo di incentivare quel-lo sviluppo di nuove competenze infermieristiche nella valuta-zione, nel trattamento e nella dimissione in sicurezza del cittadino, che accede in Pronto Soccorso per problematiche non critiche. Uno dei punti di forza del-l’intero percorso formativo è stato quello di sottolineare l’ambito di autonomia dell’infermiere con la valorizzazione del suo bagaglio di studi e della sua respon-sabilizzazione, in linea con gli atti normativi che ne sanciscono la liceità operativa senza contraddizioni [9].
Nel rispetto delle indicazioni rilasciate dalla delibera Toscana n. 449/2010 [24], un’attenzione particolare è stata riservata al reclutamento del personale idoneo a prendere parte alla fase sperimentale. Sono stati emanati bandi aziendali interni per la selezione dei professionisti e sono stati scelti nel complesso 36 infermieri e 24 medici. Il percorso di formazione prevedeva due corsi, uno per i medici tutor nell’ambito della sperimentazione S&T in PS, l’altro riservato al personale infer-mieristico per l’acquisizione di specifiche competenze pratiche.
Il corso per medici tutor, a cura del Gruppo di Lavoro Regionale, prevedeva un percorso di alta formazione di 42 ore, comprendente esercitazioni pratiche sui protocolli operativi. Mentre, i corsi destinati agli infermieri erano a cura del Gruppo di Lavoro e dei medici tutor, precedentemente formati. La preparazio-ne si articolava in 4 moduli, finalizzati ad acquisire un insieme di competenze specifiche nelle diverse aree.
1. Area Clinico Assistenziale e Organizzativa: gestire il paziente nell’area S&T;
2. Area Tecnico-Professionale Operativa: gestire la casistica minore su proto-colli;
3. Area Etico Relazionale: gestire gli aspetti relazionali e comunicativi in rap-porto all’équipe e al paziente;
4. Area Verifica Formazione sul campo.
La durata complessiva era di 180 ore, di cui 138 di approfondimento teorico e 42 ore di formazione sul campo, in laboratori dedicati.
Capitolo 3 See and Treat nella realtà Toscana
In realtà, uno degli aspetti principali di questo percorso innovativo resta l’alter-nanza fra formazione in aula e contestualizzazione operativa, attraverso labora-tori d’apprendimento, formazione on the job e supervisione sul campo. Durante tutta la durata del corso, sono state impiegate, come strumenti di apprendimen-to, anche esercitazioni individuali e di gruppo, simulazioni e discussioni dei casi tratti dalla propria esperienza. Questi spazi e momenti d’incontro hanno permes-so al Gruppo di Lavoro di effettuare un monitoraggio sia del livello di apprendi-mento dei partecipanti sia dell’andaapprendi-mento della sperimentazione stessa.
Per valutare conoscenza e capacità dei professionisti, sono state ideate delle pro-ve specifiche. Il ruolo di valutatore era affidato al Comitato Tecnico Scientifico di Progetto e il giudizio finale scaturiva dalla valutazione delle competenze acqui-site relativamente ai singoli moduli. Quindi erano previste delle valutazioni in itinere, una al termine di ogni modulo, tese a certificare le competenze prefissate. La mancanza di un esame unico finale dipendeva, per l’appunto, dalla varietà di abilità richieste dalle situazioni cliniche, maturate durante la formazione di S&T. La valutazione finale comprendeva, perciò, tre categorie di prove: orali, scritte e di simulazione su specifici percorsi S&T. Nel caso in cui il candidato non avesse superato l’esame, avrebbe dovuto sostenerne un altro, previo approfondimento delle tematiche previste dal modulo. D’altro canto, se avesse superato la prova finale, avrebbe ottenuto il titolo di infermiere certificato in interventi di See and Treat.
4
See and Treat
nel Pronto Soccorso di Pisa
4.1
Approdo del S&T nell’AOUP
Con la delibera n. 210 del 2012 [26], la giunta Toscana ha approvato il prosegui-mento della sperimentazione ed il consolidaprosegui-mento del modello di risposta assi-stenziale See and Treat in ulteriori Pronto Soccorso delle aziende sanitarie tosca-ne. Visti i risultati positivi nei 6 PS sedi sperimentali, l’implementazione è stata estesa anche ai DE specialistici, così distribuiti in ciascuna Area Vasta:
• Area Vasta Nord–Ovest : PS di Livorno, Pontedera, Massa e AOU Pisa • Area Vasta Centro: PS di Firenze S.M.A., Prato, Pistoia, AOU Careggi
• Area Vasta Sud–Est: PS di Grosseto, Poggibonsi, Arezzo e AOU Siena
Fu così che, a partire dal biennio 2012-13, all’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana fu data l’occasione di riorganizzare il proprio Dipartimento d’Emergenza includendovi il modello S&T, quale requisito organizzativo di risposta alla bassa priorità. Dopo una selezione per test, furono formati 8 infermieri S&T che avreb-bero dovuto operare in un ambulatorio dedicato h12, originariamente posto a fianco della bassa priorità, ed essere seguiti dal medico tutor nelle varie fasi del processo di gestione del paziente.
Sfortunatamente, il percorso S&T non è mai diventato parte integrante dell’orga-nizzazione del DEA di Pisa, poiché sono venuti a mancare i requisiti indispensa-bili affinché il progetto potesse decollare definitivamente: in primis il supporto manageriale, cui si aggiunge oggi la scarsa motivazione del personale formato.
4.2
Esperienza personale di See and Treat
Al fine della mia tesi di laurea, ho trascorso un periodo d’internato all’interno del Pronto Soccorso dell’AOUP, avendo l’opportunità di conoscere ed affiancare